Dopo un miraggio c'è sempre un
miraggio da considerare, “Viaggi & Miraggi” Francesco De Gregori “Canzoni d’amore”, 1992 14. Nulla è come appare Circa
ventiquattro ore prima che gli uomini di Collman rapissero Spike e Dru –
se di rapimento si poteva parlare - , per la MeilenHaus si aggirava Renée, alla
ricerca del suo Karl. Lo trovò
alla fine sulla terrazza sopra la loro camera da letto, rilassato sul morbido
divano posto sotto il gazebo fiorito di bouganville, con gli occhi chiusi a
fumare; questo le parve una buona cosa. Dopo una
lunga passeggiata e lunghissime riflessioni egli era giunto ad una soluzione,
ad un razionale sistema di idee che potesse porre ordine nel caos che veniva a
turbare la sua olimpionica calma e il placido sonno che ogni giorno lo
abbracciava. Ma lei ignorava ancora della conversazione con Padre
Nicanor. “Scendo subito, tesoro, tu vai
pure a letto che poi ti raggiungo” le disse, tirando una boccata dalla
sigaretta, senza neppure aprire gli occhi o girarsi verso di lei. “Ti devo
parlare. Di Collman.” Il
vampiro le riservò allora tutta la sua attenzione, posando il libro che stava
leggendo e la sigaretta turca che stava fumando. “Stavo giusto pensando a lui.
Ma lo sai che il filosofo Voltaire scriveva cose degne di lui e dei
Nazionalsocialisti· ?” Renée
non si aspettava una reazione del genere, e rimase interdetta un attimo, ma si
riprese subito, ed andò a sedersi vicino al suo Karl. “Non so
di cosa stai parlando e non lo voglio sapere. Credo abbiamo dei problemi con
lui.” Ella gli disse, prendendogli la mano tra le sue. La sua
dolce metà si lasciò andare all’indietro, la schiena ben aderente al cuoio
(umano?) dell’ottomana e fissando il cielo mormorò: “Non dirmi vuole che ospiti
qualcun altro, ti prego. Già i Nagel sono stati una tal prova …” Magari,
pensò, la vampira: la realtà è forse ben peggiore. Ci siamo fatti ingannare
come due scolaretti. “È da
quando li ho visti che mi chiedo perché, con tutto il mondo a disposizione,
Collman avesse bisogno proprio di William il Sanguinario per i suoi omicidi su
commissione. È il vampiro meno discreto e manovrabile del globo, penso. Si
sarebbe potuto rivolgere all’Ordine di Taraka, ad esempio, a quello studio
legale con cui anche noi facciamo affari, la … la …” “La
Wolfram & Hart.” le venne in soccorso Karl, che continuava ad
ascoltarla fissando il cielo e maledicendo nell’ordine: la Grande Guerra, i
seguenti accordi di pace, la crisi economica, la Repubblica Tedesca, i Nazisti,
Ford, Kennedy, Collman e Nagel. Last but not least. “Esatto,
quello. Per questo mi sono un po’ studiata i fascicoli che possediamo su
Herr Hitler ed il suo partito. Ma sai che i quadri dirigenti provengono tutti
da una loggia segreta tedesca di nome Thule?” “Me la
sogno anche di notte, oramai.” biascicò il Tedesco. Povero caro, pensò Renée,
ed iniziò a dargli teneri bacetti alla mano. Se li meritava, per quello che
Collman e quei Nagel gli stavano facendo subire. “Ho
scoperto così che sono tutti esoteristi, fanno riti strani, credono cose
assurde … e lì ho capito il loro interesse per i Nagel. Se tu facessi parte di
un’accozzaglia di folli disorganizzati che credono negli spiriti e negli
oroscopi, praticano assurdi culti neopagani e vogliono conquistare la Germania
e mezza Europa, cosa faresti?” Senza
neppure alzare la testa e guardarla, il signore e padrone della MeilenHaus
borbottò che, fosse stato in loro, lui si sarebbe cercato un’altra attività
meno impegnativa, oppure si sarebbe fatto curare il cervello. “Esatto,
cioè … no! Ecco quello che non torna! Loro non hanno nulla in comune con
Nagel, e lui non ha nulla che li possa interessare! Loro vogliono Drusilla!”
esclamò concitata Renée gesticolando, e lasciando la mano della sua dolce metà.
Ottenendo
in cambio la meno entusiasmante delle reazioni: Karl, puntellandosi con un
gomito, si tirò su e la fissò con uno sguardo … assente. “Non hai
capito, eh? Ti spiego. Io penso a loro non interessi nulla di quei tre
che hanno fatto uccidere, erano solo un’esca per attirare qui quei due vampiri,
studiarli, scoprire se lei ha veramente la Vista e poi portatala da Ford
od in Germania, utilizzare le sue profezie per sapere come e cosa fare per
conquistare il potere! Dev’essere un’idea di quell’Hess! ” Il
Tedesco, durante tutta questa esposizione, non aveva fatto una piega, ma
continuava a fissarla basito e vagamente perplesso. Renée decise di ricorrere
alle maniere forti e pungerlo sul vivo. Come avrebbe fatto, al posto suo, il
99.9999 periodico delle mogli. “Non
capisci? Collman ti ha preso in giro! Ti ha usato per catturare a tua insaputa
quei due discendenti dell’Ordine di Aurelius! E non dirmi che mi sbaglio,
perché questa è l’unica spiegazione che abbia un senso in tutta questa storia
assurda!” “No” fu
l’unica, sintetica e profondamente irritante risposta del Tedesco, che
continuava a guardare Renée come se la matta fosse lei. “No? No
… cosa?” Karl
sorrise, di gusto, nei suoi limiti: praticamente un ghigno da iena con lo
stomaco pieno. “Beh, per parlare come lui, ti potrei dire che da un punto di
vista essoterico, cioè pubblico, mi ha preso in giro. Ma da un punto di vista
esoterico, per noi pochi iniziati … no, non mi ha ingannato. Lo avrebbe fatto
se io non avessi saputo quasi da subito che loro volevano Drusilla.” “E
perché diavolo me lo dici solo ora?!” “Tesoro,
mi pare ovvio!” replicò lui, serafico “Perché tu non me lo hai chiesto!” L’inaudita,
orrorifica risposta riuscì in una vera e propria mission impossible.
Tacitò Renée quel tanto che bastava perché il suo compagno potesse tentare una
manovra diversiva, antica e collaudata variante della tecnica conosciuta come
‘rigirare la frittata’, così consueta nell’ambito delle discussioni coniugali
e/o more uxorio. Il
Señor si accomodò quindi di nuovo sul divano, bevve un sorso di sangue
assaporandolo e le sorrise. “Permettimi
di spiegarti. I membri della Thule, di cui tu conosci già le idee, vogliono
conquistare la Germania, far trionfare la stirpe ariana e cose simili. Solo che
dal momento che non siamo più nel Settecento, ed esiste la democrazia
parlamentare, i partiti e tutti quegli orpelli lì, con una Loggia segreta più
di tanto non sarebbero stati in grado di fare. Quindi, per prendere il potere
in Germania serviva loro un partito, con cui inoltre divulgare i loro assurdi
principi. Anche perché un’organizzazione segreta più di tanti membri mica li
può avere, no?” Certo,
convenne Renée, sono i partiti ad essere movimenti di massa, mica le elitarie
società esoteriche. Il Tedesco annuì. “Così
il popolino prende la tessera del Partito NazionalSocialista dei Lavoratori
Tedeschi, e le persone che contano diventano membri della Thule. A quanto pare
è da metà del secolo scorso che fioriscono tutte queste logge, sette e
buffonate del genere, che vanno tanto di moda soprattutto tra i ricchi borghesi,
i militari … Non capisco cosa ci trovino a mettersi addosso strane tuniche e
dire formule senza senso …” Renée
non aveva nessuna voglia di fare delle discussioni sulle mode
occultistiche europee, tanto meno con una persona così prosaica come il suo
compagno, quindi cercò di non farlo divagare. “Sì, mi
sono fatta un’idea: si vestono come ad un’opera di Wagner, con dei corni da
nibelunghi in testa e ne ascoltano la musica.” “Beh,
non c’è molto altro da dire, sai? Io ero e sono dell’idea che sostanzialmente
siano una banda di imbecilli che non andranno molto lontano. Dovresti leggere
come hanno tentato di fare un colpo di stato, da non credere!” “Ho
letto … disperante, direi.” Si
fissarono, godendo di quell’istante di assoluta, rinfrescante, riposante comprensione
reciproca. “Quindi,
quando Collman mi ha detto che lavorava per loro, tra un suo delirio e l’altro,
ho preso le mie informazioni e mi sono fatto l’idea che puntare su di loro sia
una idiozia. E qualcuno di molto intelligente ci è cascato a piedi
pari.” Renée,
che aveva le idee solo un poco più chiare, domandò se si stesse riferendo ad
Henry Ford. “Ah,
mia cara! Mica solo lui: sembra che l’attività preferita dei multimilionari
americani sia fare affari e finanziare i nazisti.” le rispose, facendo
trasparire il fastidio per azioni
tanto sciocche·. Si alzò
dal divano, si sistemò la giacca e disse a Renée di seguirlo nello studio:
aveva alcuni appunti sulla faccenda. Ecco, avevano appena litigato eppure lui -
di nuovo - era il solito, preciso e compito, serio ingegnere che basava le sue
conclusioni su appunti e dati … Herr
Nagel era proprio un tipo diverso, pensò Renée dal profondo del suo
cuore morto. Non le veniva in mente altro, e non voleva ulteriormente esplorare
quell’intrigante (intrigante? sexy?) concetto. Diverso. Il suo
studio privato, sancta sanctorum della MeilenHaus, soglia pressoché
invalicabile da comuni mortali e vampiri. Alcune teste di daini e cervi appese
ai muri, ricordi di antiche cacce alpine, molti schedari sui muri, vedute dei
laghi svizzeri, un’ottomana, due sedie e, in fondo alla stanza, la scrivania,
altare di quel tempio del lucro. Aprì un
cassetto e tirò fuori alcuni fogli, vergati con la minuscola grafia gotica, che
rendeva quindi quegli appunti pressoché illeggibili da tutti coloro che non
fossero di stirpe o cultura germanica. Renée si accomodò sull’ottomana, Karl si
sedette, in un momento di rara informalità, su un bordo della scrivania e
iniziò a spiegarle gli arcani della
storia, citando quando servivano dati, nomi, fatti o date. Partiamo
dal presupposto, iniziò, che sono una banda di matti incompetenti, e questo si
dimostra in re ipsa anche dal fatto che si servono di Collman. Renée non
poté non dargli ragione. Quello che lo aveva convinto a collaborare con loro era
stata, in definitiva, la presenza di nomi molto grossi dietro il loro partito:
gente che contava, e su tutti e due i lati dell’Atlantico. Ad
esempio la I.G. Farben, multinazionale da poco creata da Herman Schmitz con
prestiti americani, contava tra i propri dirigenti negli Stati Uniti Edsel B.
Ford della Ford Motor Company, C. E. Mitchell della Federal Reserve Bank di New
York e Walter Teagle, della Standard Oil Company of New Jersey. E il piano di
ricostruzione dell’economia tedesca era stato firmato dai banchieri Charles
Dawes e Owen Young con il presidente della Reichsbank Hjalmar Horace Greeley
Schacht. Che
qualche anno più tardi, ma questo né Renée né Karl lo potevano sapere, sarebbe
divenuto ministro nel governo nazista. Delle comuni visioni del mondo tra Henry
Ford e Hitler, era inutile dire, poiché erano fin troppo chiare. La povera vampira iniziò a
sorbirsi una dotta conferenza di politica economica da parte del compagno: il
mondo degli affari non poteva permettere che uno stato quale la Germania, ricco
di materie prime, di manodopera e di fabbriche, uscisse dal primo conflitto
mondiale con l’economia disastrata. Ecco il motivo per cui Adolf
Hitler aveva ricevuto aiuti finanziari dagli ambienti della grande industria
tedesca, da Fritz Thyssen, August Borsig, Albert Voegler, Alfred Krupp, Emil
Kirdorf, Fiedrich Flick e George von Schnitzler: era l’uomo che avrebbe di
nuovo reso grande la Patria – e la sua economia, quindi- e tenuto lontano i
comunisti con le loro pretese di nazionalizzazione ed esproprio. Ma una
Germania economicamente potente faceva comodo anche alle multinazionali
americane, che avrebbero avuto un ricco mercato con cui fare affari. I tre
principali cartelli industriali di Weimar - primi beneficiari di quel piano di
ricostruzione appena citato -, cioè quello del carbone e dell’acciaio,
Vereinigte Stahlwerke; quello della elettricità, AEG e Osram; e quello chimico,
IG Farben, erano finanziati da Wall Street e tutti e tre, a loro volta,
figurano tra i sostenitori di Hitler. Henry
Deterding della Royal Dutch - Shell – aveva fatto pervenire personalmente al
leader tedesco, nel 1922, quattro milioni di fiorini olandesi, con i quali
questi acquistò il quotidiano Völkischer Beobachter, trasformandolo nel
settimanale politico del movimento. Probabilmente
il Tedesco sarebbe andato avanti a lungo, ma Renée lo riportò coi piedi per
terra. “Drusilla! Cosa c’entra quella vampira matta con gli affari di
Wall Street?” domandò abbastanza seccata per la digressione, ai suoi occhi
inutile. “Ci
arrivo, cara, dammi tempo. Come hai capito, quando ho saputo di questi
interessi, mi è sembrato il caso non tirarmi indietro e dare una mano: c’è
sempre da guadagnare, no? Collman mi aveva detto che aveva bisogno di un killer
e aveva pensato a William il Sanguinario. E mentre cercavo informazioni e come
contattarlo il dettaglio non calcolato è saltato fuori: quella scema di Danka. Poco dopo aver stretto l’accordo
con Collman, incontrai qua sia lui che la sua puttana; non ricordo cosa ci
facessero, forse era venuto per accertarsi di qualche insignificante
particolare. Lui si era trattenuto in cortile perché aveva avuto problemi con
la macchina, così feci due chiacchiere con lei, che mi disse di essere molto
felice che il suo uomo facesse affari con noi, perché sapeva che noi eravamo
seri, affidabili … le solite ovvietà, insomma. Peccato,
aggiunse, che questi accordi fossero stipulati quando il suo compagno si fosse imbarcato con gente così strana che
credeva a tutto. Io avevo iniziato appena a prendere informazioni sui nazisti e
quindi non ne sapevo ancora molto, ma mi colpì una sua frase. Mi disse che non
le sembrava molto affidabile gente che ‘cerca una veggente per sapere se
conquisterà il mondo.’ La
vampira spalancò gli occhi, indispettita: lui sapeva ogni cosa da mesi! “Il
resto lo intuisci anche da te: ho capito che i tre omicidi erano poco più che
un amo da gettare, quello che importava era ottenere lei. Purtroppo ho
fatto un grosso errore di calcolo.” “Che
errore? Allora tutti quei tre assassini sono stati una scusa?” No, non
lo erano stati: incredibile a dirsi, quei matti pensavano realmente di
preparare la nuova Germania del futuro all’equatore, e sulle rive
dell’Atlantico. Karl sapeva da quando Ford aveva pagato i primi uomini cosa
quei dementi stessero preparando a San Blas, la loro assurda Repubblica di
Thule·, e anche se non lo avesse saputo subito … aveva potuto
consultare i documenti che Nagel aveva trafugato al pastore ed al giornalista. “Probabilmente
Collman pensava che mi sarei interessato al misterioso motivo per cui faceva
uccidere quelle persone, e per stare dietro a quel mistero non mi sarei chiesto
per quale assurda ragione aveva cercato il vampiro meno adatto del mondo per un
simile compito. Ma quello non mi interessa minimamente, il problema è un
altro!” “Sì, il
problema, l’unico che vedo, è che tu non mi hai detto il vero motivo per
cui erano qua quei due!” gli ricordò piccata Renée. Ovviamente lui non le diede
retta, preso com’era nel grande sforzo di confessare un proprio grande errore.
“Io ho scoperto che loro avevano bisogno di una vampira veggente … e loro
credono nella teoria della terra cava!” “Sì, l’ho letta: la terra è cava e al suo
interno vivono i Superiori Sconosciuti. Non vedo dove sia il nesso.” “Ma Renée!
Tu crederesti ad un imbecille che racconta queste cose?” Lei
scosse la testa. “Esatto,
neanch’io, e così, visto che quelli sono tutti imbecilli … io pensavo
che Drusilla non avesse la Vista! Che fosse una delle loro tante idiozie! Ti
rendi conto?” C’era
del pathos, del sincero accoramento nella voce del Tedesco, ma il motivo
continuava a rimanere oscuro. Conosceva il suo uomo, quindi aspettò arrivasse con
i suoi tempi alla questione: e sapeva che lo avrebbe fatto in maniera
analitica, senza saltare neppure un passaggio: sperò ci giungesse prima
dell’alba. No, Renée non si rendeva affatto conto di quale fosse il vero
problema che lo angustiava. “Ma via! Se quelli sono veramente
così pazzi da credere a tutte queste storie, saranno così folli da mettere
realmente in pratica il loro programma politico! Quei luridi tedeschi vogliono
sterminare gli ebrei ed annettersi tutti i popoli di stirpe germanica!
Invaderanno la Polonia, l’Austria, la Cecoslovacchia, l’Italia, la Francia e la
Svizzera! Invaderanno la Svizzera, e io gli ho messo in mano una troia
sciroccata che prevede il futuro e li aiuterà! Sarà una guerra peggiore di
quella appena finita! Avremo per anni i porti chiusi, il traffico sul Canale
crollerà, nessuno verrà più da noi! Non ho intenzione di subire un’altra crisi
economica come quella appena passata! Quei bastardi non avranno mai quella
vampira!” Lei lo
guardò quasi incredula: era giunto alla conclusione che stava per favorire una
futura Guerra Mondiale e tutti i suoi problemi si riducevano ad una diminuzione
dei propri utili … e lo diceva con una passione rara in lui, alzando la voce e
spalancando le braccia. Ma
forse c’era ancora qualcosa: aveva citato per ben due volte la Svizzera:
probabilmente anche nel più prosaico dei vampiri si celava un minimo di amore
per la propria terra e la sua secolare libertà e neutralità, per i boschi mai
bruciati da lanciafiamme nemici e per i tetti aguzzi delle case mai sventrati
dalle bombe. “Fortunatamente
so già cosa fare. Ho chiesto informazioni alla stessa Drusilla. E dopo la riunione
di questa mattina diramerò gli ordini. Collman non avrà mai quella vampira.” Renée
sollevò lo sguardo al cielo. E poi, colta da improvviso sospetto, lo fissò. Quello
che lui le avrebbe detto allora l’avrebbe lasciata letteralmente a
bocca aperta. Circa
ventiquattro ore dopo, il convoglio degli uomini di Collman, con il camion al
centro, preceduto e seguito dalle altre due macchine di scorta, marciava verso
il porto sull’Atlantico a tutta la velocità che quei motori e quella strada non
troppo curata potevano permettere. Dopo oltre un’ora avvistarono il cartello di
benvenuto che segnava il territorio metropolitano. Prima
qualche rara casa di contadini, man mano sempre più frequenti, poi un edificio
industriale, un villino in stile eclettico, l’aumentare dei bungalow spersi nei
giardini dell’amministrazione statunitense: i lampioni illuminavano rari esempi
di cattivo gusto architettonico e strade deserte, ma finalmente ben asfaltate. L’andatura
aumentò, entrarono in città e presero la strada che conduceva diritto al porto,
un lungo e largo rettifilo che portava il nome di una gloriosa battaglia vinta
dalle truppe confederate nella Guerra Civile. Erano in
prossimità dell’incrocio tra Gettysburg Street e Potomac Street: su un angolo
un edificio di cinque piani ospitava uffici ed un grande magazzino al livello
stradale, sovrastando alcuni villini a schiera ed altre costruzioni più basse.
D’improvviso da sinistra sbucò un’ambulanza, a sirene e lampeggianti spenti: il
guidatore svoltò per Gettysburg Street trovandosi così davanti al convoglio che
trasportava Spike e Dru. La
macchina aveva una velocità minore, ma, prima che le auto dietro pensassero di
sorpassarla questa inchiodò di colpo, causando un tamponamento a catena. Gli
uomini della prima vettura si era appena riavuti, ed erano ancora confusi dal
colpo preso, che il portellone posteriore dell’ambulanza si aprì rumorosamente
ed una pioggia di proiettili li uccise subito. I tre seduti dietro fecero
appena in tempo a mettere mano alle proprie pistole che furono come accecati
dall’esplosione dei vetri rotti; morirono pochi secondi dopo, ancora seduti,
senza neppur aver sparato un colpo. Al
rumore del tamponamento, da Potomac Street una macchina, parcheggiata
nell’ombra con il motore acceso, partì sgommando e si affiancò alla vettura che
chiudeva il corteo, la stessa il cui autista, meno di due ore prima, era stato
ucciso e lasciato ai bordi della strada. I finestrini erano già abbassati
perché gli uomini con i visi parzialmente nascosti da sciarpe potessero usare
subito, senza perdere tempo, le canne dei mitra. Armati di fucili invece,
nascosti dietro una panchina, due uomini dall’altro lato della strada fecero
fuoco. La
sparatoria durò meno di un minuto e quando finì c’erano una dozzina di morti
tra morti e feriti gravi nelle due macchine ferme in mezzo alla strada: nessuno
aveva sparato un solo colpo contro il camion, il suo guidatore ed Herr Rohm,
che nella posizione in cui erano non potevano fare fuoco se non sporgendosi
molto dai finestrini. Il che voleva dire ricevere un proiettile in fronte prima
ancora di aver preso la mira. Un uomo
sbucò da dietro una cassetta della posta, infilandosi lesto in tasca il rosario
e troncando a metà un Pater Noster, ed iniziò a sbracciarsi urlando. “Yom
Kippur·! Chanukah·! Shalom!
Tel Aviv! Kasher·!
Kasher! Qoelet·! Torah·!” A
sentire queste parole coloro che avevano compiuto l’agguato saltarono fuori
dalle macchine e circondarono il furgone, tenendolo sempre sotto mira. “Kasher!”
urlò lo stesso, che sembrava essere il capo, mentre le due mani alzate in segno
di resa dell’autista si vedevano da oltre il finestrino, seguite poco dopo da
quelle di Rohm. “Tel
Aviv!” sbraitò la solita persona, e due uomini in contemporanea aprirono le
portiere anteriori del camion, facendo quasi cadere i due, novelli prigionieri,
che ci si erano appoggiati. Prima di essere colpito dal calcio di un fucile, e
quindi svenire, l’uomo che aveva fondato le SA, le più rudi e violente truppe
d’assalto del Partito NazionalSocialista dei Lavoratori Tedeschi, riuscì appena
a vedere quegli uomini armati, il cui capo pronunciava parole in una lingua
sconosciuta. Ma che Herr Hess, a Monaco, avrebbe poi capito benissimo quale
fosse. Per
quanto veloce fosse stato l’agguato, non c’era tempo da perdere: già delle luci
si accendevano dietro le finestre delle case circostanti, qualche bravo
funzionario, svegliato nel cuore della notte, cercava le ciabatte per andarsi
ad affacciare alla finestra e capire cosa stesse succedendo. Spari? Possibile?
Non erano mica a Chicago! L’uomo
che aveva urlato non ebbe neppure il tempo di iniziare a recitare un De Profundis o un Requiem per l’anima di quei poveri morti che fu strattonato per un
braccio e spinto in fretta dentro l’autoambulanza, la quale partì a tutta
velocità, al primo incrocio girò a destra e si diresse al luogo
dell’appuntamento. Gli uomini armati di mitra risalirono sulla loro macchina e
fecero rumorosamente inversione, evitando per un pelo Rohm, abbandonato sulla
strada. I due
che erano sbucati da dietro una panchina si avventarono sull’auto che portava i
bagagli dei vampiri, oltre a sei corpi lordi di sangue; senza grazia né cura
strattonarono i cadaveri ed i feriti buttandoli a terra, poi si divisero: uno
salì sul camion e l’altro prese posto nella macchina, dopo aver spazzato via al
meglio i frammenti di vetro sul sedile del guidatore. Quanto alle macchie di
sangue … qualcuno gli avrebbe lavato i pantaloni. I rumori
ed i sobbalzi non turbarono minimamente il riposo dei due vampiri. Spike
entrava ed usciva da un soporoso stato di dormiveglia con il capo sul grembo di
Dru, che gli accarezzava i capelli con dita sottili. Le piaceva passarle da un
lato all’altro delle tempie del suo volto stretto e spigoloso, con un movimento
regolare, per niente turbata dal movimento esterno, dalle urla, dagli spari. Il loro
orologio interno era sintonizzato su di una cronologia del tutto distinta e
diversa da quella umana. Le loro esistenze, pur così fragili, non si misuravano
in anni, bensì in secoli. Ciò che
finiva i vampiri non erano né le malattie, né gli incidenti né una generica,
poetica malaise du vivre, rifletté Spike, ridendo. Era solo
la consueta, terribile stupidità, tratto umano da cui nemmeno
l’immortalità poteva guarire. Ora, il
lettore attento – e se è arrivato fin qui in questa storia quasi, quasi, senza
né capo né coda come certe litanie dei monaci tibetani (che forse abitano sopra
i Superiori Sconosciuti), deve essere attento per forza – avrà trovato
qualche incongruenza in tutta questa virile scena di rapimenti e contro
rapimenti. Tipo….certi
atti di vaudeville, dove tutti entrano ed escono contemporaneamente dalle
porte. Il
rosario. Tipo le scenette della settimana enigmistica dove
devi indovinare gli elementi sbagliati. Il pater noster. Ok. Basta. Abbiamo pietà. E preghiamo il cortese
lettore di seguirci impavido in un altro impervio flashback, fino alla …
mattina precedente al rapimento. Rewind. Quella
mattina, invero, i principali dirigenti della Meilenhaus erano stati convocati
nella sala d’onore dell’appartamento del Señor, e non sapevano il perché. Frau
Blucher stava parlando di cucina con Herr Thugut; Stroessner nell’attesa s’era
seduto in poltrona a fumare una sigaretta turca senza degnare di grandi
attenzioni gli altri, domandandosi solo il motivo della convocazione a
quell’ora. Chen Segundo guardava fuori dalla finestra.
Si aprì una porta a doppio battente ed i signori e padroni della MeilenHaus
entrarono: lui sempre vestito di bianco, lei -
in un abito color borgogna di Worth (letteralmente cucitole addosso)
vecchio di qualche decennio ma mai fuori moda - che gli dava il braccio. I
convocati si alzarono rispettosamente in piedi e si sedettero al grande tavolo
di mogano solo dopo un magnanimo cenno del Señor. “Signori,
come alcuni di voi già sanno, ieri, dopo una soddisfacente conversazione con
Herr Collman, siamo giunti alla definizione degli ultimi dettagli circa la
partenza dei Nagel. La festa dall’ambasciatore olandese inizierà alle otto: una
delle nostre vetture ve li porterà e un’ora dopo un’altra nostra macchina,
contenente solo i bagagli, si metterà in moto e parcheggerà a questo incrocio.”
Il lungo
secco dito del vampiro si posò sulla mappa posata al centro del tavolo in
mogano: le altre persone presenti si sporsero un poco per vedere meglio. “Ai
Nagel, dopo aver ucciso e preso quello che devono, basterà scendere al primo
piano ed aprire la porta secondaria che dà su Roosvelt Street: Collman porterà
loro tra qualche ora una cartina dell’edificio e gli darà tutte le informazioni
che servono. Da quella porta alla macchina impiegheranno due minuti scarsi e
nessuno li vedrà, perché attraversata la strada gireranno subito l’angolo con
l’Indipendence Boulevard. Oltre
alla macchina coi loro bagagli troveranno l’automobile di Collman: ci sarà un
rapido scambio, il saldo della paga in cambio dei documenti, poi partiranno, e
il nostro autista li porterà al loro imbarco a Colòn, cui dovranno arrivare
necessariamente entro le due del mattino. Tutto a posto, dunque, tutto
perfetto.” Herr
Thugut guardò il Señor e non gli ci volle molta fantasia per capire che
ovviamente non era affatto così, anzi! Solo che non capiva dove fosse il
problema nell’avvicinarsi del grato momento in cui quei due se ne sarebbero
andati per sempre. “So per
certo, adesso, che Herr Collman rapirà i Nagel prima che arrivino al porto, per
portarli in altro luogo.” Stroessner
diventò tutt’occhi e spalancò la bocca: come? come? come? e lui non lo sapeva?!
Renée lo guardò divertita e sorrise. “Le era
sfuggito questo dettaglio? Non si dolga Herr Stroessner, non poteva saperlo.
Non lo sapeva quasi nessuno.” “Quindi
quei cadaveri … erano una scusa?” balbettò l’uomo, tra le macerie della sua
autostima, già temendo egual sorte per la propria carriera. “Non
esattamente. Credo che abbiano voluto tenere sotto osservazione i Nagel per
vedere cosa farne: immagino che tutti quei matti esoteristi sappiano già qual
sarà il destino di Miss Drusilla, ma forse volevano appurare se William the
Bloody potesse essere utilizzato anch’esso per i loro piani.” “Credo ne faranno polvere il prima possibile
…” intervenne Stroessner. “No, io
penso di no. Sono troppo legati, si amano, loro. Se lui morisse chissà
cosa potrebbe essere accadere in quella testolina matta.” sentenziò Renée, con
un filo di invidia per la passione effulgente che legava quei due strani
vampiri. “Lui in una gabbia, lei che vaneggia ed Herr
Hess che cerca di capirci qualcosa? Che spettacolo meraviglioso.” fu
l’unico commento del Señor, che per l’occasione sfoderò anche un filo di
sarcasmo. “Peccato
che non ami essere preso in giro dalle persone con cui faccio affari, e quindi
Collman si ritroverà con un pugno di mosche. Ed io coi suoi soldi, quelli che
abbiamo prelevato dai Nagel ed una grossa soddisfazione. Quindi adesso è venuto
il momento di organizzare la partenza dei Nagel da Panama: non possiamo neppure
consentire che vadano a Venezia.” Perché,
chiese Stroessner. “Troppo
vicino alla Germania, ed inoltre è una città piena di statunitensi in vacanza:
sono stati così mendaci nei miei confronti, e quindi non ho la minima
intenzione che possano raggiungere il loro scopo appropriandosi di quei due
piantagrane. Ho in mente un luogo difficilmente raggiungibile sia da Ford che
dai nazisti. Chen Segundo mi ha
assicurato che il Giappone è delizioso, in questo periodo.” Renée
assentì. Drusilla sarebbe stata una favola con quei chimoni delicati ed
impalpabili. Il
Tedesco ebbe un raro sorriso di compiacimento per il proprio piano ben
congegnato, e terminate le spiegazioni, iniziò con gli ordini. “A
mezzogiorno arriveranno stenografate le conversazioni che Collman compie al
telefono. Thugut, a lei l’organizzazione dell’agguato. Studi la strada che
unisce Panama City a Colòn e dove potremo rapire i Nagel; veda lei come ci
dovremo muovere e quali e quanti uomini impegnare. Chen, scenda dai tipografi a
faccia preparare due passaporti falsi per i nostri ospiti: i signori Nagel
muoiono, nascono … Mister William e Miss Edith … Shelby. Sì,
faccia preparare i documenti per i coniugi inglesi Shelby. Stroessner, voglio
l’elenco di tutte le navi che salpano da Panama verso il Pacifico, e tutti gli
orari, in modo che se anche quel matto uscisse dall’ambasciata olandese ad
un’ora strana, noi sapremmo già dove imbarcarlo. Poi ci raggiunga. Renée,
Frau Blucher, seguitemi nell’Archivio: dobbiamo vedere su chi scaricare la
colpa di tutte queste macchinazioni. Non voglio che Herr Ford, metà dei trust
industriali e delle lobby politiche statunitensi inizino ad essere in cattivi
rapporti con la MeilenHaus.” Renée
soffocò un colpo di tosse. Già. Non si
smette mai di imparare sul proprio compagno (mortale od immortale che si
sia). Il Señor
precedette le due donne nella prima stanza dell’Archivio, lasciò che
chiudessero le porte ed iniziò ad impostare il lavoro di ricerca. Il consulto
con Drusilla, e la successiva conferma da parte di padre Nicanor, gli aveva
schiarito molto le idee: non bisognare che loro facessero nulla, non dovevano
mettersi in gioco. Sarebbe bastato dare la colpa a coloro che sanno che il
nome di Dio è segreto. “Signore,
credo voi conosciate già le linee di pensiero del Partito Nazionalsocialista,
le credenze di Herr Hess e di Collman. Sapete chi può voler far fallire i loro
piani?” “Tutti
gli uomini di buona volontà.” scherzò Renée. “In
Germania possono non volere che abbiano successo … socialdemocratici, comunisti
ed altri gruppi di destra. Io punterei sui comunisti.” Intervenne
Frau Blucher. “La
Terza Internazionale Socialista e l’Unione Sovietica potrebbero avere saputo di
queste manovre ed aver deciso di impedirle.” Il Señor
e la Señora guardarono Frau Blucher compiaciuti: la vampira sembrava aver avuto
un’idea abbastanza buona, e senza la sua solita confusione mentale. “Altrimenti
ci sono i servizi segreti di Francia ed Inghilterra, che non vogliono una
Germania troppo potente.” meditò il Tedesco grattandosi un gomito, intento a
tramare ed elucubrare loschi disegni. “Ma vi
prego, nella ricerca, di porre particolare attenzione a tutto ciò che può
essere legato a gruppi e movimenti ebraici: Collman passa il tempo a dire che
essi dominano il mondo? Bene, ne avrà una prova tangibile, allora! Al lavoro, e
troviamo chi o cosa possa rappresentare a Panama gli interessi di questi stati
od organizzazioni.” Di lì a
mezz’ora entrò nell’Archivio Stroessner, con gli orari dei piroscafi su cui
avrebbero potuto contare e la notizia che i tipografi cinesi stavano
completando, con la millenaria perizia calligrafica del loro popolo, i due
falsi passaporti. Il
Tedesco diede un’occhiata al foglio che il sottoposto gli aveva porto e
malignamente sperò che quei due matti facessero abbastanza in fretta
nell’ambasciata da poter prendere il vapore per l’Australia. Sarebbe stato così
divertente pensarli a bersi canguri e altre simili bestie. Si
misero tutti all’opera, alla ricerca frenetica di qualcuno di credibile da
incolpare: purtroppo riuscire a trovare un ipotetico agende sovietico a Panama,
ad esempio, era quantomeno impossibile. Stroessner
si tuffò ad indagare la pista “interna”, cioè esponenti di partiti od
organizzazioni tedesche che volevano mettere i bastoni tra le ruote ai nazisti,
Renée si annoiava spulciando faldoni sulle organizzazioni segrete inglesi ed il
Señor si grattava la testa tentando in tutti i modi di far cadere la colpa alla
Terza Internazionale Comunista, mentre Frau Blucher continuava a portare
fascicoli di diverso spessore. Solo
dopo lunghi ed infruttuosi quarti d’ora, in cui i quattro congiurati avevano,
ognuno per conto proprio, elaborato i più assurdi e complicati piani che
contemplavano tirare in ballo Rosacroce, Gesuiti, massoni, lobby politiche,
industriali e religiose, logge di ogni natura e collocazione politica e
geografica, ci fu un valido appiglio. “Questo
forse potrebbe fare al caso nostro.” disse Frau Blucher rompendo il silenzio
nell’Archivio: tre paia di occhi si volsero verso di lei. “Qui si
parla di un’associazione ebraica di mutuo soccorso nata ottant’anni fa negli
Stati Uniti. Sembra abbia influito molto nel riconoscimento statunitense
dell’URSS e che ne facciano parte, tra gli altri, alcuni multimilionari come
Guggenheim ed Hammer.” I due
vampiri e Stroessner si posero alle spalle della donna e lessero quelle righe
che sembravano risolvere i loro problemi. “Un’organizzazione
formata da ebrei ha tutto da guadagnare nel fermare questi folli tedeschi.”
commentò René, evitando di aggiungere alcun commento personale. “E poi
scommetto che questi ricconi vanno a nozze all’idea di rendere ad Herr Ford la
vita un po’ più difficile.” aggiunse il Señor. “E io ho
in mente anche il loro agente segreto a Panama. C’è un giovanotto che da
pochissimo tempo presta servizio nell’ambasciata statunitense, e che giusto
ieri si è incontrato con Collman.” concluse Stroessner. James F.
Wilkinson, il solerte funzionario tanto stupito dal mondo di Panama, non seppe
o capì mai che le sevizie, lo stupro e la lenta morte per dissanguamento
che avrebbe conosciuto nove giorni dopo, per mano di un commando di uomini
mascherati, avevano avuto origine in quella stanza della MeilenHaus. E che
erano state organizzate dall’uomo che gli aveva mostrato le porte di un laido,
peccaminoso ma tanto piacevole paradiso: il suo amico mister Stroessner. Quella
mattina il povero De Marina era uno straccio: aveva avuto più incubi del solito
la notte, ed ora era preda di un orrido mal di testa. Si era fatto fare una
tisana e si era sdraiato sul divano, una pezza bagnata sugli occhi,
completamente al buio; e che nessuno si azzardasse a disturbarlo. Infatti,
dopo meno di venti minuti il telefono della stanza era suonato, perforandogli
il cervello con il suo trillo fastidioso. “Chi accidenti è?” sbraitò nella
cornetta, dimenticando il suo mitteleuropeo aplomb. “Disturbo
… forse?” L’unica volta che rispondeva male al telefono era il Señor! Ma qual
era la sua colpa? Cosa aveva fatto di male? Un secondo dopo questa retorica
domanda rimbalzata nella testa, De Marina si immaginò l’espressione del suo
confessore e lasciò perdere le recriminazioni. Perché
il Tedesco domandava di lui a quell’ora del mattino, di cosa aveva bisogno?
Forse c’era qualcosa che non andava? Aveva compiuto un errore? Quando
finalmente arrivò al cospetto del Señor era in uno stato deplorevole, sudato,
col fiato corto e le fauci secche, la mano distrutta da un tremito
incontrollabile e lievi contrazioni anche ai muscoli del collo. Un
cameriere aprì le porte del salone e il pover’uomo si trovò davanti il Señor e
la Señora, oltre a due tra i suoi più cari
colleghi. E noi
dovremmo impiegare questa carcassa schifosa, si domandò mentalmente Herr
Thugut, trattenendo a stento il disgusto. Stroessner non fece neanche una piega
e continuò a rimanere comodamente seduto sul divano, mentre il Tedesco
assaporava compiaciuto il rumore della paura che pompava il sangue del
suo sottoposto. Solo
Renée ebbe un vago moto di compassione (forse perché quel cadavere ambulante
serviva vivo ed in forma) e gli si avvicinò sorridente, conducendolo alla
poltrona più vicina, sperando non gli svenisse tra le braccia. Il Señor
gli si avvicinò e gli porse un bicchiere pieno. “Grazie, ma non bevo in servizio.”
balbettò De Marina, abituato a rifiutare sempre ogni alcolico durante l’orario
di lavoro. “È
limonata, non si preoccupi.” sorrise Renée, cercando di metterlo vagamente a
suo agio. “Se non
ricordo male lei conosce l’ebraico.” disse il Tedesco entrando subito in media res. Al capocontabile sembrò di
non aver capito e chiese umilmente gli venisse ripetuta la domanda. “Se non
ricordo male lei aveva una fidanzata ebrea a Vienna e aveva imparato alcune
espressioni base di quella lingua.” “Non
posso in tutta coscienza, Señor, dire di conoscere tale lingua. Quando lavoravo
al Ministero ero in affitto presso una famiglia di origine askenazita· e, frequentandoli, avevo
imparato alcuni termini, soprattutto quelli dei piatti tipici della loro
tradizione … alcune festività ed espressioni benaugurali, ma nulla oltre a
questo.” “Ce lo
vedo che trema, sbava e sbraita nella notte nomi di pietanze …” commentò
acidamente Stroessner. “Grazie
per il suo parere sicuramente necessario.” lo gelò Renée. “Che ne
dice Herr Thugut? Ci può essere utile?” chiese il Señor, parlando davanti a De
Marina come se questi non esistesse. Il soldato sospirò, soppesò quello scarto
di truppa nonché disertore dell’Imperial e Regio Esercito e sospirò rassegnato.
“Se lo
droghiamo un po’ magari sarà quasi presentabile. Comunque sempre meglio che
indossare i cappotti con quei grossi cappelli.” Una
volta deciso a chi dare la colpa, nella fattispecie l’organizzazione ebraica
statunitense, il Señor iniziò a mettere appunto alcuni dettagli dell’operazione.
Mentre
Thugut da qualche parte studiava la zona in cui intervenire, consultando mappe
e controllando su quali case dotate di telefono poter contare, nell’Archivio
Segreto si meditava come rendere palese chi fossero i colpevoli. Gli
uomini della MeilenHaus avrebbero lasciato vivi per apparente puro caso alcuni
tra quelli di Collman, in modo che questi potessero riferire al loro capo chi
fossero i responsabili dell’agguato. Il
Tedesco ebbe l’idea del secolo: vestire i propri uomini con quei pesanti
cappotti neri e quei cappelli a larga falda che portavano gli ebrei in tutto
l’Est Europa. A questa proposta calò il silenzio nella stanza. “Caro,
credo che nessuna spia od agente segreto girerebbe per Panama conciato in quel
modo … è decisamente visibile. E soprattutto penso che sverrebbero di caldo ad
indossare pesanti pastrani di lana con questo clima. Siamo nel Centro America,
non in un ghetto in Ucraina o Polonia.” Il
Tedesco guardò un poco seccato Renée, ma accettò magnanimamente il suo parere.
L’idea successiva fu quella di trovare persone che parlassero l’ebraico,
confidando che i sicari di Collman capissero quale lingua fosse quella
impiegata dagli uomini che avrebbero teso loro l’imboscata. “Credo
che la sinagoga più vicina sia negli Stati Uniti. Ma se siamo fortunati forse
ne troviamo una in Colombia.” disse Renée, tentando di mascherare il
divertimento per quella serie di assurde proposte. “Manda
Frau Blucher a … anzi, vai tu a prendere le schede del personale e controlla se
abbiamo qualcuno che conosce la lingua.” le risposte seccato la sua dolce metà.
E in
tutta la MeilenHaus l’unico era De Marina. Ma Herr Thugut preferiva imbottire
quella mezza calzetta di camomilla ed oppio per renderlo più tranquillo che
doversi vestire, lui ed i suoi uomini, come un rabbino ortodosso dell’Europa
slava. Il
ritrovo era davanti alla chiesa di San Vigio l’Inquisitore, decorativo edificio
d’epoca coloniale, che vantava una largo sagrato, dove le vetture avrebbero
potuto sostare nell’attesa, ci fossero tutte. Giunsero
nell’ordine la macchina piena di armati, l’autoambulanza, il camion che
trasportava Spike e Dru, infine la macchina con i bagagli, che in quella notte
aveva perso il proprio legittimo autista ed aveva rimediato danni ingenti alla
carrozzeria. Gli
uomini scesero, qualcuno si accese una sigaretta, altri –quelli che avevano
finito il lavoro - aprirono una bottiglia d’acquavite mentre l’uomo che aveva
urlato in mezzo alla strada, nonostante l’incontrollabile tremito alla mano
sinistra, seduto sul parafango recitava le orazioni dei defunti per le anime
degli uccisi. Solo
allora la persona che aspettava da quasi un’ora nel sidecar si alzò e si
avvicinò al consesso. Gli
uomini senza alcun problema fecero dei commenti grevi sulla sua bellezza
superba ed altera, ma lei non diede loro la minima importanza: nelle ultime
quarantotto ore aveva visto tutti gli aspetti del volto del demonio, ed era
ancora in piedi. Figurarsi se quei cafoni abbruttiti le potevano fare effetto. Un uomo,
il vero capo di quella spedizione, le si avvicinò e le consegnò le chiavi del
camion, quelle chiavi che ne aprivano anche il portellone posteriore, dove
erano rinchiusi due vampiri, di cui tutti ignoravano quale potessero essere le
reazioni. Lei, educatamente bussò, come sua madre le aveva insegnato. “Miss
Drusilla … Mister Nagel, mi sentite? Sono io … state bene?” “Siamo
tutti e due morti di sonno...” scherzò la vampira, che non solo era
perfettamente lucida, ma per una volta rubava al suo Re di Coppe il sarcasmo.
Il quale, capito di chi era la voce, rimase senza parole! Erano
stati rapiti due volte in un paio d’ore, s’era scatenata una battaglia
d’inferno fuori da lì … e quello scricciolo era esattamente l’ultima persona al
mondo che si sarebbe aspettato di sentire. “Adesso vi
apro. Non abbiate timore, ora siete veramente tra … intendo, ora non dovete più
aver … insomma, ora è tutto tranquillo ed apposto.” Avrebbe
voluto dire che si trovavano tra amici, ma le sembrava eccessivo; e dir loro
che non dovevano aver paura le sembrò stupido: due creature infernali come loro
non si scomponevano certo per qualche sparatoria. “Ehi,
cucciola, ti avevo detto di stare lontano dai guai!” le rispose Spike,
facendola sorridere. Guai?
Sembrava non averne più eccessivo timore. Di quelli come di molte altre cose. “Cosa
volete, dal nostro incontro i guai …sembrano rincorrermi.” rispose divertita
Marthe, aprendo il portellone . “Mia
cara, nulla è come appare” L’alba
era già nell’aria. Profumo di seducenti, terrorizzanti (per gli altri)
novità. Dru tirò
fuori la testa, annusò la notte. Tendendo
il suo lungo, snello braccio bianco tirò Spike fuori con lei, ed emersero
entrambi dal vano buio, come esotici fiori notturni. Spike
l’aiutò a rassettarsi il lungo abito da sera, sporco di sangue sull’orlo. Pensò
che era bellissima. Pronta
per altre mille avventure, come sempre al suo fianco, come sempre meravigliosa
e intatta. Il suo
cuore morto si riempì di gioia. Quella
serena consapevolezza era l’essenza dell’amore. Eterno
finché durava. Marthe
li guardò andare via da lei, leggeri, sensuali ed eterei come sogni notturni,
verso la nave, il mare aperto, l’estrema libertà. E, come
sempre, un poco li invidiò. Sapeva
che li avrebbe rimpianti. “Dici
che torneranno?” Il
Tedesco si voltò, prendendo dalle mani della sua vampira, Renée, un bicchiere
di Mint Juleep e traendone un sorso distratto. “È
probabile.” mormorò, soprappensiero. “Spero
proprio di no.” ammise Renée. Anche se era strano. Nell’alba ormai incipiente
sembrava mancasse qualcosa, lì alla Meilenhaus. A volte si rimpiange
pure la peste bubbonica, rifletté. Tutto è
relativo, aveva detto, alcuni anni prima, qualcun altro. Sempre
di stirpe germanica. “Ma…”
Renée fissò il suo compagno. “Scherzavi vero? Quando hai detto che….” “No.”
sorrise il Tedesco. “Io non scherzo mai.” Renée si
riprese il bicchiere ed ingoiò il forte liquore verde tutto d’un fiato. Il
Tedesco sospirò. “William
the Bloody è rognoso e insopportabile, la sua vampira è matta come una cavalla,
non sarà mai troppo presto quando pianteranno ad entrambi un paletto nel cuore,
ma … ammetto che almeno per quel che mi riguarda, quei folli di nazisti non
vinceranno. Sono troppo stupidi per meritarselo.” “Non mi
riferivo a questo.” sussurrò Renée. “Lo so.”
sorrise il Tedesco, prendendola per un braccio e facendola sollevare. “Vedi che
bella luna? Andiamo a farci una passeggiata.” Lei
sbuffò, frustrata. Uomini! Mai che
ti dessero davvero soddisfazione! Il
Tedesco sorrise ancora, mentre camminavano nella notte silenziosa e pulita del
loro piccolo regno, tra i fiori odorosi del giardino, sotto una luna rossa e
beffarda, già pentito di averle rivelato quel piccolo, trascurabile dettaglio.
Lei gli avrebbe dato il tormento per anni, per quella ridicola
informazione, c’avrebbe scommesso. Donne! E solo
perché sua nonna, madre della sua dolce mamma, la nonna del vampiro a tutti
noto come il Tedesco, e di cui ricordava le dolci ninna-nanne, era stata ebrea. FINE · Nel
Dizionario Filosofico (Garzanti, Milano, V Edizione 1993) Voltaire parla molte
volte degli ebrei, sempre con il solito tono: queste sono solo alcune
citazioni, tra le decine possibili. Alla voce ‘Antropofagi’: ‘E d’altra parte
perché gli ebrei non avrebbero dovuto essere antropofagi? Sarebbe stata la sola
cosa che mancava al popolo di Dio per essere il più abominevole popolo della
terra.’ Alla voce ‘Cielo’: ‘Quel popolo rozzo era ben lungi dal possedere un
sistema; non aveva nemmeno una scuola di geometria; non ne conosceva neanche il
nome; la sua sola scienza era il mestiere di sensale e l’usura’. Alla voce
‘Giobbe’: ‘I fenici coltivarono le lettere molto tempo prima degli ebrei. La
professione di costoro non fu che l’usura e la senseria.’ Alla voce ‘Stati.
Governi’ (circa l’esistenza nell’antichità di repubbliche nell’Asia Minore):
‘Ce n’era anche un’altra verso l’Arabia Petraia, in un piccolo paese chiamato
Palestina, se si può onorare col nome di repubblica un’orda di ladri ed
usurai.’ Essendo questo filosofo morto nel 1778 è chiaro come non sia potuto diventare Ministro della Propaganda nel Terzo Reich; meno comprensibile come tutt’ora venga ritenuto emblema della tolleranza e di quelle virtù che rendono grande un uomo ed un intellettuale. · Sui rapporti tra nazismo e Stati Uniti a livello
economico, politico ed ideologico c’è una bibliografia ampia e spesso
contraddittoria. Gli autori hanno consultato, tra gli altri, questi articoli: http://www.pasti.org/losurd12.html http://www.kattoliko.it/leggendanera/eta_contemporanea/wall%20street.html http://www.kattoliko.it/Leggendanera/eta_contemporanea/ibm.html http://www.disinformazione.info/prescottbush.html http://www.oism.info/it/societa/spychiatry/psichiatria_britannica_eugenetica_assassinio.html · La Repubblica di Tule (senza
alcuna ‘h’ !)è realmente esistita. Nelle isole di
San Blas gli indigeni di etnia Kuna continuarono a battersi per la propria
autonomia fin dai tempi della conquista spagnola. Dopo aver vanificato i
tentativi di assimilazione seguiti alla nascita del Panama nel 1903, nel 1925
cacciarono la polizia coloniale proclamando la ‘Repubblica tule’ (cioè
‘Repubblica degli uomini’). I successivi, lunghi negoziati portarono il governo
panamense a decretare nel 1938 la nascita della “Comarca de San Blas”,
ribattezzata dagli indigeni Kuna-Yala (“terra dei Kuna”) e a riconoscere nel
1957 l'autorità dei tre cacicchi nominati dal “Congresso generale kuna”, in
cambio dell'accettazione della Costituzione e delle leggi nazionali. La bandiera di questo effimero stato centroamericano è visibile in http://www.rbvex.it/ameripag/amercen.html
e in http://www.fotw.us/flags/pa-nat.html
· Yom Kippur
(Giorno dell'espiazione) è la ricorrenza religiosa ebraica che celebra il
giorno dell’espiazione. Nella Torah viene chiamato Yom haKippurim (Ebraico,
“Giorno degli espìanti”). È uno dei cosidetti Yamim Noraim (Ebraico, “Giorni di
timore reverenziale”). Nel calendario ebraico Yom Kippur incomincia al
crepuscolo del decimo giorno del mese ebraico di Tishri (che cade tra Settembre
e Ottobre del calendario gregoriano), e continua fino al crepuscolo del giorno
successivo. Il rito
dello Yom Kippur viene descritto quattro volte nel sedicesimo capitolo del
Levitico (vedi Esodo 30;10, Levitico 23;27-31 e 25;9, Numeri 29:7-11). Durante
il digiuno è vietato cibarsi ed è proibita qualsiasi attività o lavoro che
distolga l’attenzione dall'espiazione e dal pentimento. In passato dovevano
essere offerti sacrifici al Tempio di Gerusalemme. Yom
Kippur completa il periodo di penitenza di dieci giorni iniziato con il
capodanno di Rosh haShana. Sebbene le preghiere con le quali si chiede perdono
siano consigliate durante l’intero anno, diventano particolarmente sentite in
questo giorno. La
preghiera mattutina viene preceduta da alcune litanie e richieste di
dimenticare chiamate selihot; nel giorno di Kippur queste vengono aggiunte in
abbondanza nella liturgia. Le
melodie tradizionali con i loro toni di lamento (della tradizione Askenazita)
danno espressione sia all'angoscia individuale a fronte dell'incertezza del
destino e al lamento di un popolo per le glorie perdute. Nel giorno di
espiazione l’ebreo osservante dimentica la mondanità e le sue necessità e,
escludendo l’odio, l’antipatia e tutti i pensieri ignobili, cerca di occuparsi
unicamente di cose spirituali. I libri ebraici di preghiera fanno notare che,
se gli atti di pubblica contrizione sono obbligatori, il correttivo più
efficace è quello stabilito dai Profeti biblici, che insegnano che il vero
digiuno di cui Dio gioisce è lo spirito di devozione, gentilezza e penitenza. Il
carattere austero impresso alla cerimonia dal tempo della sua istituzione è
stato conservato fino ad oggi. Anche se altre cose sono divenute desuete, la
presa sulla coscienza di ogni ebreo è così forte che pochi, a meno che non
abbiano reciso ogni legame con l’ebraismo, evitano di osservare il giorno di
espiazione astenedosi dal lavoro quotidiano e partecipando alle funzioni. Con
poche eccezioni, anche le sinagoghe riformate conducono il servizio per tutto
il giorno. Gli
ebrei Sefarditi, ovvero gli ebrei di origine spagnola, portoghese o
nordafricana chiamano questa festività il “Digiuno Bianco”. Di conseguenza,
molti ebrei hanno l’usanza di indossare solo vestiti bianchi, per simbolizzare
il candore delle loro anime. · Chanukah (o
Hannukkah) è una festività ebraica, conosciuta anche con il nome di Festa delle
Luci. In ebraico la parola “chanukah” significa “dedica” ed infatti la festa
commemora la consacrazione di un nuovo altare nel Tempio di Gerusalemme dopo la
vittoria dei Maccabei sull’ellenismo propugnato dai Seleucidi, al regno dei
quali apparteneva Eretz Israel nel II secolo AC. Il dominatore greco riteneva
di far scomparire la specificità giudaica proibendo la pratica della Legge, ma
una rivolta armata guidata da Mattatia, un anziano sacerdote della famiglia
degli Asmonei, di Modin, cittadina a nord-ovest di Gerusalemme, permise -
secondo Zc 4,6 – “la vittoria dello spirito sulla forza brutale che minaccia
Israele nella sua vita religiosa e spirituale.” La
festa di Chanukah venne istituita proprio da Giuda Maccabeo e dai suoi fratelli
per celebrare questo evento (Maccabei I, 4;59). Dopo la riconquista di
Gerusalemme e del Tempio, Giuda ordinò che il Tempio fosse ripulito, fosse
costruito un nuovo tempio e che le luci del Candelabro venissero riaccese,
venne ripristinata l'Arca santa. Quando la luce venne riaccesa sul Candelabro,
la riconsacrazione dell'altare venne celebrata per otto giorni con sacrifici e
canti (Maccabei I 4;36). · Kasher è un
termine che intende un insieme di regole religiose che governano la nutrizione
degli Ebrei osservanti. La parola ebraica kasher significa “conforme alla
legge, consentito”, le regole principali derivano dalla lettura della Bibbia.
Spesso la cucina Kasher viene servita alla clientela ebraica negli alberghi e
sugli aerei (in confezione espressamente contrassegnata). Sono esclusi dalla cucina ebraica tutti gli animali definiti impuri (quelli con lo zoccolo o l’unghia fessi e che non ruminano), animali marini senza squame e senza pinne, uccelli rapaci e rettili. La cucina kasher non consente il contatto tra carne e latticini, gli animali devono essere uccisi con un netto taglio alla gola che ne assicurano il totale dissanguamento e deve scomparire ogni traccia di sangue, sono proibite bevande fermentate fatta eccezione per il vino che deve essere comunque prodotto secondo alcune regole, il tutto sotto il controllo dell'autorità religiosa, che certifica i cibi permessi con il la scritta “kasher”. · Qoelet è una
parola di origine ebraica, che si trova nella Bibbia ebraica, anche scritta
Cohelet e che é stata tradotta in italiano dal greco, con la parola
Ecclesiaste. L’etimologia del termine ebraico Qoelet, deriva dal participio passato
femminile del verbo cahal che significa convocare, adunare. Letteralmente
dovremmo tradurre Qoelet, participio passato femminile, con “l'animante”, nel
senso di colei che anima il discorso, l'animatrice. Nel
Qoelet viene esposto, in forma dialettica, un contradditorio tra il bene e il
male. La riflessione ruota intorno a due interrogativi, ovvero a cosa serva
fare il bene e a cosa serva fare il male. Se la morte è l'unica conlcusione
della vita, allora tutto sembra vano. Qoelet allora suggerisce: "Abbi
fiducia nel Padre e segui le sue indicazioni". · Torah è una
parola ebraica che significa “legge”, “insegnamento”. Con questo termine si
indicano i primi 5 libri del “Tanakh”, conosciuti anche col nome greco di
Pentateuco (pente in greco significa cinque, teuchos significa libro), forse in
riferimento ai 5 rotoli di pergamena in cui sono scritti. Con il
medesimo termine, l’ebraismo indica anche la Legge ebraica intesa in senso
generale. Più precisamente si utilizza la dicitura “Torah shebiktav” (significa
“La legge che è scritta”) per indicare i 5 libri del Pentateuco e la dicitura
“Torah shebehalpeh” per indicare tutto l’insieme di tradizioni orali codificate
successivamente. I libri della Torah sono Genesi, Esodo, Levitino, Numeri e Deuteronomio. · “Negli ultimi mille
anni, fiorirono nella vita ebraica due importanti tradizioni, corrispondenti ai due gruppi che hanno detenuto
l’egemonia spirituale: prima quello
spagnolo sefardita e, nel periodo successivo, quello askenazita. […] La
comunità askenazita comprende i discendenti degli gli ebrei venuti da
Babilonia e dalla Palestina verso i Balcani e l’Europa centro-orientale,
e che dal basso medioevo hanno cominciato a parlare l’yiddish. Fino al XIX
secolo, tutti gli ebrei ashkenaziti che vivevano nell’area delimitata dal Reno
e dal Dniepr, dal Baltico e dal Mar Nero ed anche in alcune regioni vicine, si
presentarono come un gruppo culturalmente uniforme.”. da Abraham Joshua Heschel, «Le due grandi
tradizioni» in “La terra è del
Signore. Il mondo interiore dell’ebreo in Europa orientale”, Marietti,
Genova, 1989. |