Hai visto
piovere sulle rovine, e le
montagne crollare, e hai
visto il sangue e le stelle alpine e la neve
bruciare. E hai
visto l’aquila volare. Io da qui
vedo uomini caduti per terra e nessuno
fermarsi a guardare. E gli innocenti contendersi e gli
assassini ballare, e gli innocenti corrompersi e gli
assassini brindare. “Tutto più chiaro che
qui” Francesco De Gregori “Canzoni d’amore”,
1992 5. Se il crimine non paga … cambia avvocato! Uscito assieme a Herr Nagel, Stroessner era salito sulla vettura, aveva
lasciato che questa facesse un giro dell’edificio, lo lasciasse di nuovo
davanti l’ingresso dell’Hotel, era entrato e tornato a discutere con Collman:
ora che non c’era quello strano vampiro finalmente si poteva parlare in modo
serio, da uomo a uomo. Quello che si dissero non gli piacque, e sicuramente non sarebbe
piaciuto neppure al Señor: “Diamine, questi sono tutti matti!” pensò nel
sentire l’importante richiesta che gli veniva mossa. Mentre Spike intratteneva Johnny Smithson e Stroessner era costretto a
sentir discettare di stelle e congiunzioni astronomiche, il Tedesco aveva
deciso che quella sera si sarebbe divertito con Renée, con la signora
Stroessner e suoi bambini, con le consorti e i figli di molti dei suoi
collaboratori: quella sera si guardavano le comiche. Quando la sala di proiezione non era occupata da puttane e clienti,
spesso il Señor faceva portare giù divani, canapè e poltrone e organizzava una
piacevole serata cinematografica, il più delle volte davanti a Charlot o ai
Fratelli Marx, benché anche Harold Lloyd· non
gli dispiacesse (e in seguito maturasse il segreto desiderio di incontrare
Greta Garbo, vampirizzarla e vivere con lei per l’eternità). Renée non apprezzava molto queste sue abitudini: se proprio il suo Karl
voleva vedere un film perché non fare un salto giù in città, così almeno si
incontrava qualcuno, si faceva due passi, ci si divertiva … e invece sempre lì
dentro alla MeilenHaus, sempre le solite facce, sempre la solita gente. Forse era per questo che lei preferiva l’Opera a cui almeno un paio di
volte a stagione trascinava la sua dolce metà, che invece detestava mettere il
frac e trovava insulso quel compositore da sartine che era Puccini. Puccini, tzé: Wagner se lo sarebbe mangiato a colazione! Come si fa a
trovare interessante la storia di un marinaio che mette incinta una mezza
puttana giapponese, quando si possono ascoltare “I cantori di Norimberga”? Queste divergenze sarebbero state inizialmente ricucite di lì a due
anni, con “Il cantante di jazz”, il primo film sonoro e si sarebbero poi acuite
col passare dei decenni, quando Renée sarebbe divenuta una fanatica dei
musical. Cinquantacinque anni dopo quelle sere, sdegnato, a proposito di “The
Blues Brothers” lui le avrebbe detto: “Ma come ti può piacere questa musica
degenerata e negroide? Ma vuoi mettere l’Opera?” Mentre Charlot distruggeva una nave che doveva solo risistemare,
Stroessner entrò nella stanza di proiezione: sua moglie ed il loro piccolo
Alfred erano seduti su un divano là a destra, e sicuramente lui mangiucchiava
quei dolciumi che il Señor gli regalava; nella penombra intravide Lotario
Thugut, la moglie e tre o quattro dei suoi figli si erano accampati su un paio
di canapè, Don Francisco Josè sprofondato in una poltrona, e qualche altra
testa (un annoiato possidente che aspettava di entrare alla Maison,
probabilmente) che non riconobbe subito. “Benarrivato, Herr Stroessner.” La voce del padrone lo gelò sulla soglia, appena scostata la pesante
tenda di velluto che assicurava il buio in sala. “Com’è la notte là fuori?
Avrei voglia di fare due passi. Spero mi vorrà fare compagnia: viene?” Il Tedesco amava usare toni dolci e gentili nel fare domande la cui
risposta era invariabilmente positiva: nessuno disse nulla o fece una sola
mossa, ma nel buio Stroessner sentì su sé gli occhi spaventati di sua moglie e
del loro Alfrediño. I due passi che il Señor aveva intenzione di fare li portarono
inevitabilmente ai ‘giardini privati’, che nelle notti di buona luna ammirava
dalla sua camera da letto: quelli erano i regni incontrastati di Mauricio
Babilonia·, l’angosciato giardiniere che lottava ogni
giorno contro il malvagio clima di quelle latitudini, clima che non voleva
saperne di essere come quello svizzero. “Babilonia, pensa che attecchiranno gli abeti?” domandò una volta il
Señor che, come quasi tutti i tedeschi, aveva grande e sviluppato il sentimento
della Natura. Assieme a una buona dose di freddezza, tramutata in sottile
crudeltà dalla vampirizzazione: da questo connubio, corretto dall’amore per
l’antichità classica, era sorto il Canopo, la più brillante e sanguinaria perla
di quel tentativo di giardino alla francese che Babilonia cercava di mantenere
in vita, lottando con pazienza biblica destinata al più amaro degli insuccessi
contro le calure di luglio e i nubifragi d’agosto, i venti di settembre e
l’aria stantia di giugno, l’umidità assoluta dell’estate e il secco implacabile
dell’inverno. Il Canopo, originariamente, era una delle parti della villa
dell’Imperatore Adriano a Tivoli, idea mutuata da una costruzione originaria di
Alessandria d’Egitto. La sua parte centrale era costituita da una lunga vasca
d’acqua, punteggiata per tutto il perimetro da colonne corinzie che reggevano
quelle che nel Rinascimento sarebbero state chiamate serliane (o “arco siriaco”),
un’alternanza regolare di archi a tutto sesto e lineari architravi; statue
erano disposte tra le colonne. Ugualmente, con calma e negli anni, anche quei magnifici e
lussureggianti giardini, illuminati la notte da discrete lampade, avevano avuto
il loro Canopo, uguale in tutto e per tutto a quello originale, eccetto che
nelle statue. Procurarsi delle copie parve al Tedesco degno di qualche parvenu
americano, e originali sarebbero state troppo dispendiose, per cui decise di
fabbricarsele da solo. Quando
qualche vampiro compiva scorrettezze (sempre meno, col passare degli anni, e
c’erano ancora tanti spazi vuoti tra quelle colonne), dopo essere stato
torturato e seviziato in ogni modo possibile, veniva mutilato all’altezza delle
ginocchia e dei gomiti e privato delle corde vocali, mentre già da qualche
giorno alcuni scultori locali preparavano gli impasti, ed il Tedesco sceglieva
quale calco usare, benedicendo l’uso del cemento, gloriosa invenzione del
secolo XIX. In
uno di quei grossi calchi di gesso, cavi all’interno e modellati sulle fattezze
di statue antiche (consoli e imperatori, arringatori e generali, dei e
semidei,) veniva posto quel misero tronco di carne ancora non – morta, su cui
veniva fatto colare il cemento liquido da vari fori: lasciato asciugare il
cemento, rotto il calco, ecco una bella copia di statua antica incorporata di
vampiro insubordinato al proprio interno! Inoltre il vampiro non si putrefà,
quindi non puzza e restando integro offre un buon sostegno al cemento intorno. Stroessner, come tutti, odiava quel luogo. Passeggiarono facendo
scricchiolare il ghiaino bianco sotto le loro scarpe, mentre il Tedesco con
occhio vigile osservava ogni singola foglia, fiore e frutto di quel paradiso
vegetale e il suo sottoposto raccontava religiosamente, per filo e per segno,
il contegno di Herr Nagel durante la discussione e le richieste che, andatosene
il vampiro, Herr Collman gli aveva posto. Terminato il resoconto Stroessner attese paziente e abbastanza
trepidante una qualsiasi reazione da parte del Señor, che si limitò a dirigersi
verso una panchina e a sedersi lentamente, avendo ben cura di alzare le falde
della giacca. “Oroscopo.” affermò abbastanza perplesso. “Oroscopo.” confermò
Stroessner imbarazzato. “Mi rifiuto di chiederglielo: mi sentirei un idiota.”
decise stringendo le labbra. “Vuole che incarichi una puttana di
domandarglielo, Señor?” Il Tedesco scosse la testa. “No, non mi fido. Ci
penserà Renée, durante una di quelle insulse chiacchierate da donnicciole.” Stroessner, in piedi, rigido e timoroso di altre domande, sperava si
potesse finalmente abbandonare quell’ostentato cimitero di non – morti,
pubblica esposizione di trofei di nemici vinti, lasciati ad aeternum
come monito. “Ed è partito subito, senza studiare le abitudini delle sue vittime,
senza preparare alcunché?” Stroessner annuì. “Herr Collman ha insistito nel
ricordare a Herr Nagel di trafugare documenti, scritti privati, diari e simili
oggetti di quell persone, dopo averli discretamente uccisi. Herr Nagel ha dato
solo una veloce lettura alle informazioni sulle vittime contenute nelle
cartelline che gli ha porto Herr Collman, e poi si è congedato. Se mi permette,
Señor, quel vampiro è tutto istinto. ” Il Tedesco scosse la testa. “Quelli così non durano mai.” Rimase
pensieroso per un attimo. “Descriva le cartelline coi dati delle vittime a
Viktor: voglio che me le faccia portare non appena quei due domani si alzeranno
e usciranno dai loro appartamenti.” “Sarà fatto Señor.” “E dal momento che oltre ad uccidere si deve anche appropriare di
alcuni documenti, darò uno sguardo anche a ciò che trafugherà dalle vittime:
così, tanto per sapere cosa hanno scoperto.” Stroessner annuì. La luna, sgombra
di nubi, adesso illuminava le riflessioni che quel vampiro e il suo sottoposto
elaboravano; ambedue, tra le altre cose pensavano: “Oroscopi ... e quella massa
di dementi pensa di dominare la Germania?” A Spike bastò tornare alla MeilenHaus (quando diede l’indirizzo il
tassista si fece il segno della croce) e consegnare ad un cameriere il passaporto
e il lasciapassare dell’ambasciata di Smithson affinché li portasse al Señor.
Di lì a poco gli arrivò un biglietto, scritto con una grafia piccola e secca:
“Buona serata”. Non molto come benvenuto nella terra dei piaceri più oscuri. Di più aveva fatto Dante sulle soglie dell’Inferno. Spike dubitava che chiunque, dopo il doloroso apprendistato subito per mano di Darla ed Angelus e Dru, la sua nera regina, potesse mostrargli perversione o piacere, o dolore, ancora a lui non noti. Ma certi inviti non si trascuravano, affatto. Di buon umore si tolse gli abiti da marinaio che aveva indosso. Drusilla, stesa sul letto, un braccio sulla fronte, lo osservò senza parole mentre si lavava usando un catino rivestito d’oro. “La sera è nostra, mia signora” disse. “Ho eseguito il mio primo compito, e sembra che il padrone di queste terre sia soddisfatto. Il che ci apre….letteralmente…le gambe della Meilenhaus” “Non essere ingenuo” replicò lei, sorridendo, e accarezzando una delle sue bambole. Una bambola bionda, cui Dru aveva trafitto gli occhi con degli spilli. “E’ nulla di più della ciotola che si prepara per il cane fedele” “Lo so” rise lui, asciugandosi il petto con
un telo di candido lino. “Ma perché non approfittarne? La non vita è lunga,
Dru…e gli affitti costano un sacco e una sporta.” “Costano la fatica di dissanguare i locatori” rispose lei, improvvisamente corrucciata. “Ed essi a volte piangono…prima” “Sei di cattivo umore?” le chiese, sollecito. Si infilò un paio di pantaloni bianchi, e si sedette sul letto, posandole la grande mano sul volto. Lei si girò contro il suo palmo, aspirandone il profumo. “Non lo ero” sussurrò lei. “Fino a poco fa. Ho improvvisamente realizzato che siamo davvero soli. Mammina è tornata dal Maestro. Paparino…è come stato inghiottito dal vento. Vedo cenere nel futuro, cenere e piccoli pesci e fiori pronti ad appassire.” “Ci sono io. Io non ti lascerò mai” Dru sorrise. “Se c’è un uomo
fedele, quello sei tu, mio dolce William. Ma nulla dura in eterno. Neppure noi dureremo in eterno” Lui si gettò sul letto, un braccio dietro la testa. “Dici? A volte ho
la sensazione che non finirà mai…mai” “Con me, finirà” lo assicurò lei, e non scherzava. Era la
volta mensile in cui Dru era lucida. Lucidissima. Spike la fissò, chiedendosi
come sarebbe stato amarla … se lei fosse sempre stata così. Lucida e tagliente
come una lama affilata. Un’affascinante sfida. O qualcosa di troppo per lui? Non trovava forse più riposante la dolce, lunare, lunatica
Dru che gli consentiva di esaltare il suo lato materno? Se lo chiese
confusamente. E poi guardò l’orologio a parere. Ancora qualche ora di notte, e poi
sarebbe stata l’alba. Era ora di cogliere, come avrebbe detto Dru, i fiori
pronti ad appassire del piacere. Si alzò e le tese una mano. Lei, di nuovo svagata, la prese. La sua piccola Danka era riversa sul letto, il grosso e burroso culo boemo bene in vista sotto le leggere lenzuola di lino, ma non era il momento per Collman di dedicarsi a un po’ di buon sesso con la sua donna: c’era da fare la storia e salvare la Patria. Si sfilò gli stivali, seduto sul bordo del divano, e si tolse la camicia rimanendo solo con gli attillati pantaloni alla cavallerizza; si accese un sigaro, l’ennesimo della giornata, prese la bottiglia del rum che era sul tavolo da toeletta di Danka e, dopo averla di nuovo guardata con desiderio, si diresse verso lo studio per scrivere ad Herr Hess. Poiché nel torbido si pesca meglio, da anni Collman viveva all’ultimo piano dell’Hotel Palermo, gestito da una famiglia argentina proveniente dall’omonimo quartiere di Buenos Aires·: per questo nome, geograficamente equivoco, ai piani bassi c’era uno tra i migliori cuochi italiani di Panama, svariate sale dove si ballavano tanghi licenziosi nelle ore più strane e sempre una galassia di sfaccendati gauchi urbanizzati e fuggiti dalla patria, che sapevano intonare milonghe· come maneggiare coltelli. Al suo stesso piano aveva l’appartamento anche un noto attore di Hollywood, che veniva lì quando doveva far abortire qualcuna delle ragazzine che frequentava (e Collman non capiva perché non si fermasse in Messico), un ex senatore statunitense che passava lì l’inverno intrattenendosi spesso nella MeilenHaus e l’emissario di uno dei principali bordelli di New Orleans, che aveva fatto di quell’appartamento la base nei suoi giri per ricercare meticcie fascinose. Collman, nonostante la madre india (ascendenza che era riuscito a nascondere accuratamente a tutto il mondo), riteneva degenerato mischiare la propria stirpe ariana a negri ed altre anti – razze. Per questo non avrebbe mai scambiato con nessuna, fosse stata anche Josephine Baker, la sua dolce piccola Danka, figlia di contadini boemi che non avevano fatto fortuna in America e che per questo l’avevano mandata a lavorare dal Tedesco. Gli era costato molto riscattarla, ma lo valeva tutto quell’esoso prezzo, sia per il sesso fantasioso e sfrenato che per i pasticci di patate e pancetta che preparava con tanto amore. Lo studio era illuminato dalla luce lunare
che entrava, insieme all’aria fresca della notte, dalla porta finestra aperta;
si sentivano come lontani, attutiti dalle fronde delle palme, i tanghi sensuali
e malavitosi dell’orchestra dell’hotel. Quell’uomo, che dieci anni dopo si sarebbe
sfrenatamente rallegrato per le leggi razziali tedesche·, sorrise davanti all’incanto di quel momento
e fu quasi rammaricato di doverlo spezzare accendendo la lampada della
scrivania. Seduto, godendosi il sigaro ed il rum, si accinse a scrivere ad Herr
Hess gli aggiornamenti della “Thule Operation”, pregustandosi le lodi che da
Monaco gli sarebbero giunte. “Uomo contattato oggi: irridente nostri
ideali ma disponibile eseguirli Stop Poco curioso, decisamente venale et poco
gestibile Stop Attendo creare momento per contattare vero obiettivo Stop
Richiesta a contatto locale data nascita: spero averla in tre giorni Stop
Informerò nuovi sviluppi Stop Sieg Heil” Chiari e positivi: erano quelli i telegrammi
che sicuramente facevano piacere alla direzione del Partito, lassù a Monaco,
dove i venti freddi spazzavano la ResidenzPlatz scendendo dalle Alpi e
inseguivano i passanti che cercavano riparo tra la copia dell’Arco di
Costantino e la copia della Loggia dei Lanzi, bellissime follie che un secolo
prima un Re aveva disseminato tra dozzine di purissimi edifici neoclassici·. Ma non era al passato che Collman guardava, o
meglio, non a quel passato, oramai corrotto dal giudaismo nella sua triplice
forma: il viscido ebraismo degli usurai e dei plutocrati ebrei, il debole e
vigliacco cristianesimo dei preti, e il demoniaco comunismo che attecchiva tra
i barbari slavi. E neppure poteva guardare all’origine di quei
miti, ai culti vitali e solari degli antichi greci, troppo distanti dai padri
teutonici, antenati forti e fieri della razza germanica: quella storia era
stata anch’essa irrimediabilmente corrotta dalle menzogne dei preti di Roma,
alleati con gli ebrei per schiacciare anche solo il ricordo della vera sapienza
con le loro menzogne. Con l’avvento del nuovo secolo, e le incertezze che si portava, in tutta Europa erano fioriti i maghi, i sensitivi, gli astrologi, i veggenti e gli illuminati di varia natura: le distruzioni fisiche e morali della Grande Guerra li avevano decuplicati, fomentando l’assurda speranza che ci fosse un motivo superiore per quello che stava accadendo, o che ci fosse qualcuno in grado di porvi rimedio. Così, mentre il Papa cercava di ricordare ai suoi fedeli che solo la Fede li avrebbe tenuti al riparo dalle lusinghe demoniache di coloro che tentavano di porre per vero menzogne, folle di uomini e donne confusi ancora una volta ricercavano un senso alla vita confidando nei presunti saperi occulti· (come dice l’Ecclesiaste ‘non c’è niente di nuovo sotto il sole’). Terreno fertilissimo, fin da prima della Grande Guerra, era stata la Germania, divisa tra la positivistica fede nelle magnifiche sorti e progressive· del mondo, rischiarate dalla potenza della tecnica e dell’industrializzazione, la nostalgica ricerca delle proprie origini elevata all’ennesima potenza, avariato frutto del Romanticismo e della riscossa nazionale del XIX secolo, e il desiderio di trovare una nuova via, un nuovo modo di vedere il mondo, ispirandosi a popoli non ancora intaccati dalle menzogne dell’epoca contemporanea. Così nella buona società di Monaco era tenuto in conto Herr Dietrich Eckart·, uno studioso dell’occulto e della magia tibetana, convinto che una misteriosa e superiore razza ariana ovunque nel mondo e da millenni era in marcia dal nord al sud e costantemente impegnata nel combattimento contro le razze inferiori di sub–uomini: il destino escatologico del mondo si sarebbe realizzato solo attraverso la vittoria della stirpe ariana, che avrebbe portato una salvezza spirituale. Ad esso si affiancava Jorg Lanz Von Liebenfels·, sostenitore e fondatore di una scienza occulta, la teozoologia, secondo cui gli dei del pantheon nordico sarebbero stati forme di vita superiori dotati di organi sensoriali che avrebbero loro conferito straordinari poteri, ma ormai perduti a causa della contaminazione con gli uomini. Egli predicava la possibilità per l’etnia ariana (la più vicina discendente degli dei) di recuperare quei poteri e di dominare il mondo reale dopo aver preservato attraverso leggi razziali la purezza della razza, ed aver eliminato il Cristianesimo, distruttore dell’antico culto ariano con la sua politica di tutela del debole, che andava soppresso per impedire una pericolosa contaminazione nei confronti del più forte. Dalle pagine della sua rivista “Ostara”, fondata nel 1905, Liebenfels propugnava le sue teorie, sempre imperniate sulla volontà di creare una razza tedesca incontaminata ed indirizzata a sopprimere gli inferiori, tra cui, in primo luogo, gli ebrei: anche per questo Liebenfels aveva fondato nel 1907 in Austria “l’ordine dei nuovi templari”, una setta anti-semita volta a creare le basi per l’applicazione concreta delle sue idee. Famoso e riverito quanto lui era Herr Karl Haushofer·, già addetto militare a Tokyo, che si dedicava ad uno studio personale sulle dottrine esoteriche ed era convinto che i popoli ariani avessero avuto un’origine comune in Asia, forse proprio in Tibet, dove diceva d’aver stabilito contatti con saggi tibetani che gli avevano trasmesso conoscenze millenarie. Qui e nel deserto di Gobi Herr Haushofer aveva cercato personalmente ed invano l’entrata di Agarthi, leggendaria città tra Tibet e Nepal, ove s’erano rifugiati i “Maestri Sconosciuti”, i sopravvissuti di una razza eletta, antenati degli ariani, come insegnava Madame Helena Petrovna Blavatsky, la più grande medium della storia, fondatrice della Società Teosofica Internazionale, che sosteneva inoltre di essere in contatto telepatico con loro. Finita la guerra Herr Haushofer aveva accettato l’incarico di professore di geopolitica presso l’università di Monaco dove stava approfondendo il concetto di sangue e suolo secondo cui la sopravvivenza di una razza dipendeva dalla conquista dello spazio vitale, ottenuto sottomettendo le razze inferiori. Il suo interesse per la scienza esoterica incorporava anche l’astrologia di cui era appassionato cultore, esattamente come un suo allievo, Herr Rudolph Hess, un basso ometto vegetariano che faceva preparare i suoi cibi con particolari procedimenti bio-dinamici, secondo i precetti della medicina omeopatica e nutriva grande interesse per le culture dell’Asia orientale, per l’astrologia e la conoscenza segreta ariana. Tutti loro, come moltissimi altri, si rendevano benissimo conto della somma verità che proclamavano “I protocolli dei Savi Anziani di Sion” mettendo in guardia i gentili dai giudei e dalle loro società segrete –in primis la Massoneria- che, occulte e nascoste come topi nelle fogne, dirigevano a proprio vantaggio la storia del mondo: per combattere queste sette c’era un’unica cosa da fare, creare una società segreta tedesca ed ariana, pronta a difendere la stirpe germanica. Il 12 maggio 1912 (per ironia della sorte compleanno di un allora sconosciuto Otto Frank, padre di Anna) era nato il GermanenOrden, la società segreta da contrapporre a quelle internazionali ed ebraiche che tramite le loro banche ed i politici corrotti ed asserviti cercavano di dominare il mondo schiacciando la stirpe ariana. In poco tempo erano sorte decine di loggie in tutto il territorio del Reich e ben presto Collman, che in quegli anni risiedeva nella madrepatria, vi aveva aderito, dopo che gli avevano misurato il cranio per avere la certezza della sua perfetta appartenenza alla razza ariana, come volevano i seri e dotti studi frenologici riveriti dagli scienziati in tutte le università del mondo. Studi evidentemente non perfetti, meditò l’uomo, figlio della cuoca india di Herr Collman senior. I rituali erano un pastiche affascinante in sommo grado per tronfi militari nazionalisti, grassi borghesi razzisti, isterici studiosi intolleranti e altri simili prodotti della società che contava o voleva contare: mentre i novizi attendevano in una sala attigua, nella sala della Loggia prendevano posto il Maestro sul suo scranno con baldacchino, protetto simbolicamente da due cavalieri in tunica bianca e con elmo adorno di corna; di fronte sedevano il tesoriere e il segretario mentre l’Araldo prendeva posto al centro della stanza. Dalla parte opposta al Maestro, nella zona denominata “Bosco del Graal” era seduto il Bardo e davanti a lui il Maestro di cerimonie, intorno al quale sedevano i fratelli mentre un armonium e un pianoforte suonavano il Tannhaeuser di Wagner, sommo artista germanico, e alla luce delle candele i confratelli si facevano il segno della swastika levogira ed il maestro rispondeva allo stesso modo. Gli uomini del GermanenOrden avevano adottato questo simbolo perché era un’antica immagine della tradizione indoeuropea simboleggiante la fortuna, era nota nella religione nordica per essere legata al Sole rappresentando il Dio del Fulmine Thor, e perchè infine nelle teorie occulte di Madame Blavatsky la svastica era il simbolo esoterico più importante: era l’emblema della pura razza ariana, quella dei Maestri Sconosciuti che si erano rifugiati ad Agarthi. Compiuto il segno iniziatici i novizi venivano introdotti bendati mentre il Maestro spiegava loro la visione del mondo ario - germanica dell’Ordine e si accendeva la “sacra fiamma del bosco”: il Maestro brandiva la lancia di Odino e i due cavalieri incrociavano le spade sopra di essa; aveva luogo poi una serie di chiamate e risposte accompagnata dal Lohengrin e i novizi prestavano giuramento. Era durante questi rituali e in quelli seguenti, in cui venivano personificate figure divine del pantheon teutonico creando così un’atmosfera vicina sia al misticismo ario - germanico che al rituale massonico, che Collman e molti come lui si sentivano parte di qualcosa di grande, forte, potente ed antico. E da questa acqua mefitica ed infetta appagavano la loro sete di spiritualità. Il 18 agosto del 1918 (lo stesso giorno in cui, quasi ottant’anni dopo, Herr Hess sarebbe morto in modo abbastanza misterioso) in Baviera la loggia aveva preso nome di Thule, mitica isola posta all’estremo nord d’Europa (l’Islanda o forse le Shetland) secondo una tradizione risalente al IV secolo a. C.: Plinio il Vecchio scriveva che Thule è “la terra più lontana e che essa non ha notti durante il solstizio d’estate, mentre le tenebre vi perdurano durante tutto l’inverno”. Questo richiamo alla mitica età dell’oro nella zona di origine della civiltà aria, all’antica patria nordica e al culto solare (evidente nei simboli swastika e nell’immagine di Odino sui fogli ufficiali della Loggia) era il chiaro manifesto della lotta contro la corruzione giudea che stava cercando di devastare la società tedesca del dopoguerra, cosa di cui era certo colui che dirigeva la Thule, Rudolf von Sebottendorff. Dopo essersi iscritto al politecnico di Berlino prima della Grande Guerra, viaggiò in tutto il mondo e al Cairo si avvicinò al misticismo e all’insegnamento iniziatico dei dervisci Mevlevi, oltrechè alla sapienza egizia poiché, dopo aver visitato la piramide di Cheope a Giza, studiandone il significato cosmologico e numerologico, aveva studiato la gnosi occulta delle teocrazie egiziane fino a convincersi che rune e misticismo islamico avevano un’origine comune. Nonostante negli anni seguenti a Costantinopoli avesse frequentato la famiglia degli ebrei Termudi, ricchi studiosi della Qabbala e proprietari di una vasta biblioteca di testi alchemici e rosacrociani e fosse entrato a far parte della loggia massonica cui appartenevano, Sebottendorf era intriso di una sapienza esoterica che si esprimeva essotericamente con discorsi pubblici nazionalisti ed antisemiti e attraverso l’organo ufficiale della loggia Thule, “Runen” diretto da lui stesso, che ne era anche il principale finanziatore. La Thule, al cui si poteva appartenere solo se si dimostrava la purezza del sangue fino alla terza generazione, doveva compiere un’opera di propaganda razziale tramite la dimostrazione scientifica della decadenza dovuta alla mescolanza con le razze inferiori: le dottrine scientifiche dovevano piegarsi a dimostrare la veracità della dottrina della razza superiore germanica con studi ed esperimenti su animali e uomini; queste eccezionali teorie qualche anno dopo sarebbero state realizzate con la tipica precisione tedesca nelle accademie scientifiche delle SS. Da questo derivava che tra gli scopi della Thule ci fosse la purificazione razziale di una élite destinata ad occupare i posti chiave nella guida di una nazione che aveva bisogno di una nuova generazione di condottieri, puri in ogni senso: forte era anche per Sebottendorff la nostalgia delle origini, il senso della caduta dalla purezza primigenia alla vergogna della commistione con razze inferiori e la convinzione che il popolo ebreo rappresentasse la più colpevole di queste razze. Collman ammirava la sapienza di Sebottendorff (che era anche uno studioso di astrologia e preparava ponderosi oroscopi allo scopo di evidenziare il futuro del GermanenOrden e della Germania) ed era affascinato dai rituali della Thule, che sempre più si stava trasformando in un’autonoma nuova religione, pagana e germanica. Proprio per questo, infatti, le cerimonie importanti venivano svolte durante i giorni dei solstizi, come era costume tra gli antichi germani e lo stemma della società includeva il sacro simbolo della swastika, che i membri sfoggiavano su una spilla, mentre al dito portavano un anello con rune (come poi avrebbero fatto gli ufficiali superiori delle SS). Con queste premesse non era certo strano che
qualcuno, alla metà del 1923, avesse mandato alla nota grafologa ed astrologa
Elsbeth Ebertin la data di nascita di Hitler perché preparasse un oroscopo.
Alla fine di luglio di quell’anno, quando la donna mise in vendita il suo
almanacco annuale “Uno sguardo sul futuro” si trovava questa previsione: “Un
uomo d’azione nato il 20 aprile 1889, con il Sole in 29° Ariete al momento
della nascita, può esporsi a pericolo personale con iniziative eccessivamente
imprudenti e anche, con molta probabilità, scatenare una crisi incontrollabile.
Le sue costellazioni indicano che va preso molto sul serio; è destinato ad
avere funzioni di Fuhrer nelle battaglie future. Sembra che l’uomo al quale mi
riferisco, con questa forte influenza dell’Ariete, sia destinato a sacrificarsi
per la nazione tedesca, ad affrontare tutte le circostanze con audacia e
coraggio, anche se si tratterà di vita o di morte, e a dare impulso improvviso
a un movimento tedesco di libertà.” Pochi mesi dopo, il 9 novembre 1923 (lo stesso giorno di cinque anni prima era stata proclamata la repubblica, undici anni dopo ci sarebbe stata “la notte dei cristalli” e sessantasei anni dopo sarebbe caduto il Muro di Berlino) il Partito NazionalSocialista dei Lavoratori Tedeschi avrebbe tentato un colpo di stato a Monaco, terminato con la morte di alcuni dei suoi appartenenti e l’arresto di buona parte dello Stato Maggiore del Partito. Ovvio che, dopo questi fatti, tutti i nazisti, i bavaresi e coloro che credevano in ogni tipo di scienza occulta iniziarono a subissare Frau Ebertin per avere degli oroscopi, e ancora non sapevano quanto quella previsione si sarebbe rivelata esatta. Questi avvenimenti per Herr Hess non erano stati che l’ennesima conferma delle sue certezze, e di ciò che da sempre sapeva. Per cui, quando iniziò a preparare le due fasi della ThuleOperation, la prima delle quali consisteva nell’impiego di William il Sanguinario per eliminare alcuni ostacoli in loco, tra le disposizioni che diede a Collman ci fu quella di ottenere il prima possibile tutti i dati per formulare gli oroscopi dei due vampiri, al fine da potere prevedere se sarebbe riuscita la seconda parte dell’operazione, quella più difficile, quella più importante. Quella di cui sicuramente neanche il Tedesco era a conoscenza. Collman non si faceva molte illusioni: quel fottuto vampiro svizzero sapeva sicuramente cosa stava accadendo nelle isole di San Blas, e forse anche i motivi di tutto; e se anche non li avesse saputi a quell’ora si era già letto tutti gli appunti di quel giornalista, e così avrebbe fatto anche con i diari del pastore olandese. Ma quello non era un gran problema, anzi:
pensando di conoscere ogni cosa, pensando di sapere il motivo per cui Herr Hess
e Mister Ford avevano voluto lì il Sanguinario e la sua compagna, il Tedesco
non avrebbe pensato ci fosse qualcos’altro sotto, sarebbe rimasto accecato come
un’allodola dallo specchietto messo a bella posta. Collman sorrise nella bella notte panamense,
riflettendo che in questa operazione politica quel pappone in versione
industriale puntava certamente la sua attenzione sugli aspetti più … visibili:
ma non era un iniziato, non poteva sapere che per ogni azione essoterica ce n’è
sempre dietro una esoterica. Solo gli sciocchi credono che ciò che essi
vedono sia realmente l’unica cosa che esista; e in questo pensiero Collman si
crogiolava felice e beato, passando la mano sulla bandiera arancione con la
svastica destrogira nel centro, che entro breve sarebbe sventolata sulla
Repubblica di Thule. I rimandi culturali di Collman erano più
orientati ad un mitico e fiero passato germanico corretto con magre porzioni di
sufismo mal presentato e sparute gocce di esotico induismo (in pratica il
Veglio della Montagna· che passeggia per la Foresta Nera pensando
ai picchi tibetani): non essendo pratico del mondo cinese non rifletteva sul
fatto che, nella sua mente, egli applicava il caso di quel proverbio
confuciano, per cui se un dito indica la luna lo sciocco guarda al dito. Ma forse il Tedesco non era così sciocco come
Collman amava credere in quelle belle notti mentre, guardando la bandiera già
pronta e posata sul canapè del suo studio, vedeva con gli occhi del desiderio
il momento in cui la svastica avrebbe sventolato sopra il Reichstag. Non che la prima fase della ThuleOperation, tesa a lasciare nell’ombra i preparativi per la nascente Repubblica di Thule, fosse cosa da poco: avevano impiegato soldi e fatica per comprare silenzi, connivenze e lotti per edificare quel loro germanico e tropicale rifugio e quei tre uomini potevano mandare tutto a monte. Ma era la seconda parte quella più importante, quella veramente incentrata su William il Sanguinario e Drusilla: per degli omicidi su commissioni c’erano migliaia di vampiri a cui rivolgersi, ma per quello che Herr Hess voleva … solo quella coppia era necessaria. Anzi, solo metà di essa. Madame R. li accolse nella sala di ricevimento delle prostitute di prima classe. I signori Nagel erano risplendenti. In completo bianco, perfetto e raffinato, lui, con un fermacravatta a forma di serpente, ed in nero, lei. Bellissima. Una donna del genere avrebbe fatto fare affari d’oro a qualsiasi bordello: aveva l’eleganza scattante e sinuosa di una creatura mitologica, occhi violetti che decenni dopo avrebbero fatto la fortuna di un’attrice di talento dai capelli altrettanto neri alta un metro e cinquanta, ed un’incantevole, eppure tangibile, innocenza. Lui la adorava. Era palese nel modo in cui le prendeva la mano per appoggiarsela sul braccio. E sorrideva. Madame R. gli sorrise di rimando. Dannazione, non poteva capitarle di conoscerlo prima…quando ancora esercitava? Non se lo sarebbe perso per nulla al mondo. Lui, galante, le sorrise. Era abbastanza signore da fingere attrazione per lei malgrado la sua età. Madame R. lo apprezzò ancora di più per questa sua innata signorilità, che nemmeno il demone era riuscito a sconfiggere. “I signori sono i nostri ospiti d’onore, stasera.” li accolse, con un piccolo inchino della testa ancora naturalmente bionda. “Qualunque loro desiderio è un ordine.” “Dru … a te la parola.” la invitò Spike. “Mmm …” indugiò lei, il dito sulle labbra sinuose. “Ragazza. Piccola. Bionda.” “Le bionde sono merce rare, da queste parti.” insinuò Madame R., per dare più peso, da scaltra ostessa, al valore del regalo che il Tedesco stava facendo loro. “Io vorrei l’innocenza.” intervenne Spike. “L’innocenza è merce ancora più rara.” sorrise Madame R. “Ma ho in mano qualcosa che potrebbe fare al caso vostro. Venite con me”. La seguirono per i lunghi corridoi simmetrici
che correvano sul piano nobile della Meilenhaus. Nelle piccole stanze che si
aprivano, modestamente chiuse da tende sontuose su porte di legno intarsiato,
immaginavano una sinfonia di piaceri abilmente orchestrati, cui l’estrema
maestria di chi li impartiva riusciva ancora a donare, malgrado tutto, un tocco
di freschezza. Arrivarono in fondo, ed ancora svoltarono un
paio di volte. E poi furono di fronte ad una nuova porta
intarsiata. Madame R. trasse dalle tasche dell’elegante
vestito color bordeaux che indossava una chiave d’oro. E aprì la porta. La seguirono nella penombra. C’era un
sontuoso letto a baldacchino, con tendaggi sinuosi. E sopra il letto, una
ragazza. Piccola, bionda, come l’aveva voluta Dru. Innocente? Spike ci meditò su. Lei sollevò su di loro lo
sguardo, uno sguardo verde come smeraldo. Un nasino impertinente, una graziosa
cosina dall’aspetto yankee e dai capelli d’oro. Deliziosa. E legata. “Perché la legate?” chiese Spike. “Da qui,
non potrebbe comunque fuggire.” “Oh, lei sì. Ci ha già provato.
L’ultima volta è arrivata fin quasi al portone d’ingresso della Meilenhaus.” “L’avete punita?” chiese Dru. Madame R. scosse il capo. “Non ancora. Volete
farlo voi?” “Perché dovremmo?” chiese Spike,
apparentemente già annoiato. Lo sguardo fiero di quella creatura ammanettata
gli procurava uno strano turbamento. Lei non mostrava paura. Solo sdegno e ira. “Perché è una nemica giurata della vostra
razza.” rise Madame R. “È una cacciatrice.” “Oh, una cacciatrice.” mormorò Dru, sognante,
girandole intorno. La ragazza indossava un corpetto ed una gonna semplici, da
india, ma si intuiva che non erano i suoi abiti. Aveva gambe lisce e forte, e
mani ben curate. “Viene da Pittsburgh.” continuò Madame R. “E’
stata catturata da un’agente che a volte fa affari con il Padrone mentre una
banda di vampiri stava per mangiarsela. Le ho detto e ridetto che le è
andata bene. Non è così male far la puttana. Ci sono destini peggiori, e
poi, cosa le procurava di buono il suo? Uccidere ogni notte per non essere
uccisa. Senza tregua, con nemici sempre più numerosi e potenti. Fino
all’inevitabile, precoce, fine.” La ragazza mugugnò contro il bavaglio. “Lasciatela parlare.” mormorò, affascinato,
Spike. “Come il signore ordina.” Madame R. si
affrettò a togliere il bavaglio alla ragazza. Che si schiarì la gola, che le
bruciava per il lungo silenzio. “Signore, se avete pietà di me…e voi,
signora….liberatemi.” “Mia cara” ridacchiò Madame R. “Siete
evidentemente fuori forma. Non capite che sono vampiri?” La ragazza, la cacciatrice, la fissò con un
fiero odio che fece vibrare una qualche nascosta corda emotiva in Spike. “Lo so.” replicò lei. “Lo so da quando
sono entrati nella stanza. La loro vicinanza mi provoca una sorta di lungo
brivido … oh, no, signora, non i brividi che gente immorale prova in queste
laide stanze, ma qualcosa di comunque affine, e potente … e sinistro. Ma chiedo
comunque loro pietà. Mi eliminino come sono soliti fare quelli della
loro razza. Ed io morrò degnamente, assolvendo a quel mio destino che voi tanto
disprezzate e sminuite.” “La ragazza parla come un libro stampato.”
osservò Dru, stupita. “Vorrei sapere se conosce delle favole. Per tenermi
compagnia. Ci sarà bisogno di compagnia. Dopo. Ma lei deve morire.
E dopo di lei tante altre,e ancora, e ancora, ventri femminili destinati
all’oblio e ai vermi …” La ragazza rabbrividì, e Madame R. osservò
Drusilla intensamente, come se realizzasse, per la prima volta, che non era del
tutto sana di mente. “Dru, non ti inquietare. Madame, è un brutto
scherzo. Non credo che una cacciatrice – per quanto imbelle - sia ciò di cui
abbiamo bisogno, questa sera.” esclamò Spike, che suo malgrado non riusciva a
togliere gli occhi di dosso dalla bionda, piccola cacciatrice dagli occhi
verdi. “Come volete.” ubbidì la maitresse, rimettendo
il bavaglio alla ragazza. “No!” intervenne Dru, mani avanti, a giocare
con quelle di Madame R., a toglierle il bavaglio dalle dita e ad accarezzare la
guancia fredda della ragazza. “No, no, no, no … la ragazza ha ragione. Vivere
lottando e lottando morire. Sangue e sangue e morte … sì, perché no, dalle
mie mani … Spike ha avuto la sua prima cacciatrice … e avrà anche la
seconda … la terza, no ... ma forse, chissà, in fondo avrà anche lei … anche io
ne voglio una … una tutta mia …un destino curioso … il suo …
morire lottando, lottando vivere … o era il mio?” “Dru, calmati.” Spike la prese per le spalle.
Sopra il capo bruno di Dru incontrò gli occhi verdi della ragazza. Occhi che
promettevano morte. Senza paura, senza ripensamenti. Perché no. Un brivido
non sgradevole, di sfida mista ad eccitazione, gli corse giù per la schiena. “Voglio la ragazza.” concluse Dru,
improvvisamente di nuovo ferocemente lucida. “Adesso”. Spike sospirò, e la lasciò sola con la
cacciatrice. Di colpo gli parve osceno dividere quella creatura con la sua nera
regina. Era come se … la piccola cacciatrice bionda meritasse rispetto. Non si muore che una volta sola, no? Sicuro,
vero? “Pensavo fosse il suo tipo.” commentò
timidamente Madame R., chiudendo dietro di sé la porta intarsiata che divideva
Dru e la sua preda … da loro. “Non credo.” replicò il vampiro, accendendosi
una sigaretta. Ma le mani gli tremavano. “Quando Dru è di quell’umore, è meglio
lasciarla sola.” “Bene … cosa posso fare per lei, allora?”
sorrise Madame R. “Le posso ricordare per l’ennesima volta che tutta la
Meilenhaus è a sua disposizione? Potrei esemplificarle i mille piaceri che la
casa offre …” Spike la prese a braccetto e si allontanò con
lei, cercando di dimenticare gli occhi fieri di quella creatura in gabbia.
Eppure libera. Libera nelle sue convinzioni. Nel suo destino, per quanto
ingrato, per quanto non liberamente scelto. L’obbedienza che dà libertà,
buffo concetto antico che mai aveva voluto approfondire. E forse ora era troppo
tardi … Al diavolo! Se il crimine non paga, beh, non
hai che da cambiare avvocato. C’è sempre una via d’uscita. “Sono tutto orecchie, Madame.” · Harold LLoyd (1894 – 1971) fu forse il comico più innovatore accanto ai Marx Brothers. Figlio d’arte, esordì in teatro a 12 anni, nel cinema dal 1913 e raggiunse la notorietà interpretando, per Hal Roach, la serie delle commedie “Lonesome Luke” (1917-1920), con Bebe Daniels. Privo della mano destra, fu acrobata, ottimista a ogni costo, con l’inseparabile paglietta e gli occhiali cerchiati di tartaruga che riesce a non rompere mai attraverso le peripezie più paradossali. · Mauricio Babilonia è un personaggio di “Cent’anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez · Nel quartiere Palermo, fondato da emigrati siciliani a Buenos Aires nel XIX secolo, nacque il più importante poeta, narratore e pensatore argentino del XX secolo, Jorge Louis Borges. · Le milonghe sono un tango particolare, le
cui caratteristiche fondamentali vanno ricercate nel ritmo marcato,
trascinante. La milonga sta al tango come la polka sta al valzer: con brio
saltellante si cammina e si gira, aggiungendo qualche agile figura come la
“sentada” e la “lustrada”, da realizzare in modo ironico, come dondolare di
fianco e circondurre le spalle caricaturizzando la camminata del vecchio guappo
di periferia. Spesso la si vede ballare separati, ciascuno tenendo le mani
allacciate dietro di sé, e con la fronte attaccata a quella del partner. Secondo Ernesto Sabato, Borges rifiutava il tango perché era nato dalla sintesi tra l’uomo della pampa e l’italiano (che Borges non amava) e gli contrapponeva la milonga con accompagnamento di chitarra, la sua forma preferita, che gli aveva ispirato la raccolta di poesie “Las seis cuerdas”, in rigorosi ottosillabi. Il tango celebrerebbe le circostanze, la milonga il destino e gli eroi; il tango avrebbe un ritmo artificioso, la milonga, un ritmo naturale, di eternità; il tango è gringo, la milonga è creola. · Le leggi razziali tedesche furono decreti emessi a
Norimberga nel settembre 1935, in occasione di un raduno nazionale del partito
nazista. Il primo
decreto, la Legge sulla cittadinanza del Reich, privava gli ebrei della
cittadinanza tedesca. Il secondo, la Legge sulla ‘protezione del sangue e
dell'onore tedesco’, proibiva tra l'altro matrimoni tra ebrei e non ebrei. Le Leggi di
Norimberga costituirono le fondamenta sulle quali il nazismo edificò l'edificio
della persecuzione antisemita, che condusse progressivamente all'esclusione
degli ebrei dalla vita economica, politica e civile della Germania nazista,
fino allo sterminio di massa. · A Monaco di Baviera Re Luigi I nella fece ristrutturare (1826-1837) il Palazzo Reale (la Residenz) fino a rendere la facciata simile a quella di Palazzo Pitti; fece anche costruire la Siegestor, o Porta della Vittoria, (1843-1854) ad imitazione dell’Arco di Costantino; la Feldherrhalle, o Loggia dei Marescialli, (1841-1843) ispirandosi alla Loggia dei Lanzi;i Propilei (1846-1860) in stile greco; il Walhalla (1830-1842) in formato di Partenone e moltissimi altri edifici pubblici, permettendo la nascita dell’appellativo di “Piccola Atene” per la capitale bavarese. · Tutta la parte di dottrina esoterica e politica su viaggi, logge segrete, riti e coincidenze è reale e verissima: non è stato inventato nulla. Ho consultato tra l’altro i siti www.cosestrane.it, www.storiaXXIsecolo.it, www.thule-italia.com (che è comunque un sito del tutto legato alle ideologie e all’esoterismo del Terzo Reich), www.olokaustos.org, ed “Hitler ed il nazismo esoterico” di Giorgio Galli, da cui ho tratto l’aneddoto su Frau Ebertin ed il suo oroscopo. · “magnifiche sorti e progressive” è espressione di Leopardi, con cui il poeta prende in giro le gonfie e boriose certezze dei positivisti e di coloro per cui la tecnica e le scoperte del secolo renderanno migliore la vita dell’uomo, che sarà finalmente felice. · Dietrich Eckart (23
marzo 1868 - 26 dicembre 1923)
era uno dei membri chiave nei primi anni del partito nazista tedesco ed uno dei
partecipanti al colpo di stato del 1923; egli fu il primo a coniare il termine “Terzo
Reich”. Figlio di un notaio, rimase presto orfano di entrambi i genitori,
iniziò a studiare Medicina a Monaco di Baviera ma ci rinunciò per fare il
poeta, il playwriter e il giornalista; più tardi sviluppò un’ideologia basata
sugli scritti iniziatici di Lanz von Liebenfels, su Schopenhauer ed anche sulle
credenze dei Maya. Entrò nella Loggia Thule di von Sebottendorff nel 1913 e due
anni dopo scrisse un testo nazionalista in cui postulava un diritto alla
direzione del mondo per la gente tedesca. Fra 1918 e 1920, Eckart fu redattore del periodico antisemita “Deutsch von Auf”, che
pubblicava con l’aiuto di Alfred Rosenberg e Gottfried Feder. Giornalista non
privo di spunto, mediocre poeta e drammaturgo, aveva tradotto il Peer Gynt di Ibsen e scritto un certo
numero di lavori teatrali, mai rappresentati. Aveva condotto a Berlino, come
Hitler a Vienna, una vita raminga da bohémien,
finendo poi alcolizzato e morfinomane. Conobbe
Hitler il 14 agosto 1919 ad una riunione del Partito dei Lavoratori Tedeschi e rimase colpito dalla personalità del nuovo iscritto: gli diede
libri da leggere, lo aiutò a migliorare il suo tedesco e lo presentò ai suoi
numerosi amici, alcuni dei quali erano molto ricchi e quindi avrebbero potuto
essere dei potenziali finanziatori del nuovo partito, ma anche suoi futuri aiutanti, Rudolf Hess e Alfred
Rosenberg. L’ammirazione di Hitler per Eckart restò immutata e l’ultima frase
di Mein Kampf è un’espressione
della sua gratitudine: egli fu uno dei migliori — scrive al termine del suo
libro — “un uomo che consacrò la propria vita al risveglio del suo, del nostro
popolo: la consacrò con la penna e col pensiero e, in ultimo, con l’azione”. Hitler lo
considerava il suo mentore, il maestro a cui ricorrere per consigli e
suggerimenti su qualsiasi campo, ritenendolo un uomo dalla superiore
conoscenza. Eckart era uno studioso dell’occulto e della magia tibetana e
conosceva personalmente alcuni esponenti di questa disciplina. Le lunghe
conversazioni che aveva regolarmente con Hitler avrebbero probabilmente fornito
ad Eckart l’occasione per trasmettere questa conoscenza. Egli era convinto che
una misteriosa e superiore razza ariana ovunque nel mondo e da millenni sarebbe
in marcia dal nord al sud e sarebbe costantemente impegnata nel combattimento
contro le razze inferiori di sub–uomini (untermenschen).
Il destino escatologico del mondo si sarebbe realizzato attraverso la vittoria
della stirpe ariana, una salvezza spirituale. Partecipò anche lui al tentato colpo di Stato del 1923, e come tutti i congiurati fu arrestato, ma fu quasi subito rilasciato per le cattive condizioni di salute. Morì di un attacco di cuore causato da un’aggiunta della morfina in Berchtesgaden il 26 dicembre 1923: sul letto di morte confessò ai suoi intimi: “Dovete seguire Hitler. Sarà egli a ballare, ma sono io che ho scritto la musica.” · Lanz Von Liebenfels (1874-1954), personaggio
carismatico, ma nello stesso tempo spietato e di indubbia moralità, prete
cattolico espulso dalla Chiesa, si può considerare a tutti gli effetti il vero
padre del nazionalsocialismo. Con i suoi interessi di genetica cercò di creare
una nuova dottrina che egli stesso chiamò “Teozoologia”, elaborando tesi
sull’origine dell’essere umano , in particolare sull’origine della Razza
(mettendo in risalto ovviamente il predominio di quella Ariana). Secondo Von
Liebenfels, la Prima razza a svilupparsi sulla terra fu la Razza Astrale, degli
esseri umani di puro spirito, la forma di esistenza più perfetta del Creato. La
Seconda fu la Razza Iperborea, che viveva in un continente ormai scomparso
nell’Oceano Nordico. La Terza razza fu quella dei Numeri, che scomparve a causa
del mescolamento con gli animali. La Quarta razza fu quella degli Atlantidei,
che possedevano poteri psichici e
vivevano in grandi città. Furono distrutti da un’inondazione. La Quinta
razza era conosciuta come “Razza della Speranza”, coloro che fondarono la
cultura greca. Da questa ultima si sarebbero sviluppati gli Ariani che persero i poteri psichici degli Atlantidei. Per ricreare una Razza Ariana, per riportarla all’antico splendore dell’era Atlantica, secondo Von Liebenfels bisognava purificare con il sangue gli individui attraverso leggi razziali ed abolire il Cristianesimo che aveva distrutto l’antico culto ariano. · Nato il 27
agosto 1869 a Monaco, Karl Haushofer scelse la carriera militare a partire dal
1887. Ufficiale di artiglieria nell’esercito bavarese nel 1890, salendo
rapidamente tutti i gradi della gerarchia militare, Haushofer divenne
professore all’Accademia di guerra nel 1904. Nel 1908 viene inviato in
Giappone per organizzarvi l’esercito imperiale: il 19 novembre 1909, egli venne
presentato all’Imperatore Mutsushito. Nel 1913
comparve la sua prima opera destinata al grande pubblico, Dai Nihon (Il Grande Giappone),
bilancio della sua esperienza giapponese che conoscerà un grande successo.
Mobilitato nel 1914, egli partì dapprima per il fronte occidentale, dove
combatterà in Lorena e in Piccardia. Durante le ostilità, si precisò il suo
pensiero (geo)politico: gli storici inglesi Macaulay e Gibbon, il teorico
tedesco della politica Albrecht Roscher gli fornirono il quadro in cui si
inscriveranno le sue riflessioni storiche e politiche, mentre Ratzel e Kjellen
gli procureranno l´armatura del suo pensiero geografico. Dopo l´armistizio,
nominato comandante della 1° Brigata di Artiglieria bavarese, si reiscrisse
all’università, fu nominato professore di geografia a Monaco e tenne il suo
primo corso sull’antropogeografia dell’Asia orientale: qui fece la conoscenza
di Rudolf Hess il 4 aprile 1919, e un’amicizia indefettibile legherà i due
uomini. In quanto dirigente nazionalsocialista, Hess estenderà sempre la sua
ala protettrice sulla moglie di Haushofer, discendente da parte di padre da
un’antico lignaggio sefardita, e sui suoi figli, considerati come ‘semi-giudei’
dopo la promulgazione delle leggi di Norimberga. Dal 1923,
Haushofer accettò di organizzare i lavori preparatori per la fondazione di una
‘Accademia tedesca’, pendant delle accademie francese, italiana e svedese.
Quest’Accademia sarà ufficialmente fondata il 5 maggio 1925. Nel 1927, compare
a Berlino il suo studio magistrale sulle frontiere. Durante questo decennio,
Haushofer incontrò parecchi importanti personaggi: Ludendorff, Spengler,
l’Ammiraglio Tirpitz, il Cardinale Schulte, Konrad Adenauer, Hitler e il Conte
Coudenhove-Kalergi, fondatore del movimento ‘Paneuropa’, da cui sarebbe sorta
l’Unione Europea. Il 10 marzo
1933, un commando nazionalsocialista perquisì la casa di Haushofer alla ricerca
di armi. Godendo della protezione di Hess, che accordò loro una ‘lettera di
protezione’ il 19 agosto 1933, Haushofer e i suoi figli conservarono i loro
posti universitari e ne acquisiranno di nuovi, malgrado le proteste riguardo
l’ascendenza della loro moglie e madre. L’11 marzo 1934 Haushofer fu nominato
Presidente dell’Accademia Tedesca. Quando
scoppiò la guerra, Haushofer entrò in una profonda depressione: egli avrebbe
voluto evitarla. Ma la sorte della famiglia è segnata quando Hess s’invola
verso l´Inghilterra nel maggio 1941. Albrecht è arrestato a Berlino e Karl
Haushofer è convocato alla Gestapo. Nel 1944, dopo il fallito attentato a
Hitler del 20 luglio, la Gestapo perquisisce la casa del geopolitico e lo
interna a Dachau. Albrecht Haushofer entra in clandestinità e non è arrestato
che in dicembre. Heinz, il minore, viene incarcerato nella prigione di Moabit a
Berlino con sua moglie. Il 22 o 23 aprile 1945, un commando uccide Albrecht con
un colpo alla nuca. Heinz viene liberato. Dopo il
crollo del III Reich, Haushofer è interrogato da ufficiali americani, tra i
quali il professor Walsh che tenta di proteggerlo. Il 21 novembre 1945, un
decreto delle autorità di occupazione americane gli ritira il suo titolo di
professore onorario e i suoi diritti alla pensione. Depressi, Martha e Karl
Haushofer si suicidano il 10 marzo 1946. La geopolitica di Haushofer era essenzialmente anti-imperialista, nel senso che essa si opponeva agli intrighi di dominio delle potenze anglosassoni. Queste ultime impedivano l’armonioso sviluppo dei popoli da loro sottomessi e dividevano inutilmente i continenti. Affascinato dalle idee panasiatiche e paneuropee Haushofer intendeva superare i nazionalismi e voleva contribuire, con i suoi scritti, alla comparsa di ‘grandi spazi continentali’ formati da nazioni solidali. In seguito, egli sostenne la collaborazione di Europei, Russi e Giapponesi in una grande alleanza eurasiana, chiusa alle influenze inglesi e americane. · Il
Veglio della Montagna è menzionato la prima volta nella “Chronica Slavorum” dell’abate Arnoldo di Lubecca, del XII secolo. In essa si raccontava
di come l’imam Hasan, infallibile ed onnipotente capo della città fortezza di
Alamut, si servisse dell’hashish per arruolare dei giovani, renderli privi di
volontà e da lui assolutamente dipendenti, in modo tale da spingerli nelle
imprese più pericolose, non escluso l'omicidio. Il termine assassini, con cui si indicavano in Europa i componenti di questa devotissimo corpo armato di vendicatori, derivava dall’arabo hashishen, cioé dediti all'erba. Hasan infatti dava loro l’hashish per indurre estasi e visioni fantastiche e, armandoli di pugnale, prometteva che quelle gioie sarebbero diventate eterne se essi avessero eseguito ciò che veniva loro ordinato. Il “Veglio
della montagna” secondo Marco Polo, invece, aveva realizzato in una valle tra
due montagne “lo più bello giardino
e’l più grande del mondo”, fedele
riproduzione terrena dell’aldilà maomettano. Qui venivano fatti svegliare, dopo
un sonno estatico provocato con un erba, i sicari scelti per le missioni
delittuose. Si faceva loro credere che quello fosse il vero paradiso di Allah,
e che avrebbero potuto viverci per sempre se solo avessero obbedito a tutti gli
ordini del “Veglio”. Gli Assassini divennero in seguito le più
temute e combattive compagnie militari inquadrate negli eserciti arabi che
lottarono contro i crociati; si diffusero anche in Siria, ove, combatterono
contro i Crociati, uccidendo nel 1152 il conte Raimondo di Tripoli e, nel 1182,
Corrado, marchese del Monferrato; tentarono perfino di uccidere il Saladino. |