Ai protettori delle battone

lascio un impiego da ragioniere

perché provetti nel loro mestiere

rendano edotta la popolazione

ad ogni fine di settimana

sopra la rendita di una puttana,

ad ogni fine di settimana

sopra la rendita di una puttana.

 

“Il Testamento”

Fabrizio De Andrè,

“Volume III”, 1968

 

3. Il meeting delle otto

 

 

 

La Ford non aveva ancora davvero avuto occasione di mettere all’opera i criteri di massimizzazione dei risultati e raggiungimento della qualità, il mondo ancora non conosceva dei giapponesi che i samurai e non certo i transistor e l’empowerment, e le parole briefing e meeting non erano ancora in uso.

Ma il Tedesco era talmente avanti nel tempo - nel suo essere antico – che ogni mattina alle otto radunava il suo staff operativo per una riunione tanto improcrastinabile quanto indigesta per coloro che vi partecipavano.

Guardiani e maitresses aspettavano con ansia che la notte finisse perché, all’alba, di fronte ad un caffè forte ed agli occhi freddi del Vampiro, i conti venivano messi in piazza, le magagne inesorabilmente notate, e la propria dignità – quel poco che ne rimaneva facendo quei lavori – infranta.

Spike e Dru dormivano probabilmente beati, nudi, le membra intrecciate, persi nel sonno profondo e ovattato di creature con tanto stomaco e ben poco cuore, certi che l’alba lì fuori, loro protetti da fitti tendaggi neri, non potesse arrecargli alcun danno, mentre il Tedesco, implacabile, arrivava per primo nella sala della riunione e sedeva a capotavola, in attesa del puntualissimo arrivo dei suoi sottoposti.

Erano allenati, costoro, a sopportare sonno e stanchezza: nelle giornate ordinarie, eccezion fatta per la festa del paese e le solenni festività religiose, l’ultimo dei clienti solitamente toglieva le tende intorno alle quattro e mezza, cinque del mattino. Poi, bisognava amministrare la giustizia, lodi e bastoni e privazioni e regalini, tra ragazze e fottitori, e mettere tutti a nanna. Ed infine, il letto un lontano miraggio, recarsi nella sala riunioni per il consueto “punto della situazione”.

Molte delle maitresses avevano cominciato la loro carriera come puttane in bordelli spersi sulla costa dove tutt’al più avevi a che fare con le fantasie modeste di qualche fazendero troppo povero o pigro per recarsi a Parigi. Venire a lavorare per il Tedesco aveva significato per ciascuna di loro un’indubbia crescita di prestigio … e più che adeguati stipendi da sperperare con le loro numerosissime famiglie … ma il prezzo, oh, il prezzo!

Il Tedesco, d’altronde, ne era convinto. Perché cercare di infliggere la morte quando puoi donare sofferenza?

E quelle riunioni erano una sofferenza.

Il vampiro godeva delle loro espressioni chiuse e soffocate. Quel predominio sulle loro miserabili vite lo nutriva più del sangue. Lui, già seduto capotavola di una lunga tavola in noce, con le mani conserte e una tazza di caffè vicino, se li vedeva sfilare davanti, distrutti dal lavoro oppure già trepidanti benché fosse l’alba, e sedersi composti al posto che era assegnato alla carica che ricoprivano.

Con la sacra puntualità che era gradita avevano il privilegio di sedersi a quel consiglio l’addetto al bordello dei vampiri e quello dell’amministrazione interna, la maitresse della Maison e il sovrintendente ai rapporti con l’esterno, la maitresse delle puttane di seconda classe e il cinese che gestiva la fumeria d’oppio e le lavanderie, la maitresse delle puttane di terza classe e il colonnello in capo della Guardia Civile, l’india che governava i magazzini e Viktor, il Guercio e il sovrintendente agli approvvigionamenti.

Come al solito il primo ad arrivare, quasi dormendo in piedi, fu Magnus, il monumentale childe di Renée, che dirigeva, più alta autorità (dopo il Tedesco, ovviamente) tra gli stucchi rossi e dorati delle cripte in stile pompeiano, la parte vampirica del bordello, vere catacombe del piacere estese su più livelli.

Per tenere sotto controllo, disciplinati, ordinati e produttivi i vampiri e le vampire che lavoravano in quell’ala della MeilenHaus non servivano maitresse più o meno raffinate, più o meno vive. Servivano grandi, grossi e muscolosi vampiri che incutessero timore, facessero rispettare gli ordini e l’autorità del Tedesco, dissuadessero i clienti dal creare problemi e aizzassero l’un contro l’altro, quel tanto che bastava, chi lavorava lì sotto, giusto per impedire eventuali idee di … insubordinazione.

Questo efficiente servizio d’ordine, veri e propri pretoriani del Tedesco, si riconoscevano perché avevano il privilegio di vestire con morbidi completi color corda (era stata un’idea di Renée, ovviamente, che aveva fatto un po’ storcere la bocca al Señor): quando, nelle loro sere di libera uscita, andavano in giro per Panama e Balboa, la gente al loro passaggio si segnava e con discrezione cambiava strada, benché loro non avessero mai morso nessuno senza un preciso ordine dell’autorità.

O meglio, qualcuno lo aveva fatto, ma le grida che poi aveva emesso durante la punizione che ne era seguita erano state un efficace ammonimento per tutti gli altri.

Tra chi arrivava a quell’odiosa riunione cotta di sonno e di stanchezza dopo una lunga notte di lavoro e di attenzioni, sempre col sorriso sulle labbra e gli occhi attenti ai clienti, c’era ovviamente Madame R., che dirigeva la Maison: coordinare l’ala di lusso della MeilenHaus era forse il punto più alto a cui una donna potesse aspirare in quel tempio del mercimonio del corpo (in prevalenza femminile).

Nata in Lorena, cresciuta a pasticci di carne e tartes flambées·, aveva peregrinato di bordello in bordello, mano a mano che la sua bellezza e le sue tecniche si sviluppavano sempre più, avendo cura di farsi scrivere due righe dal postribolo che abbandonava per il successivo: negli anni così si era creata un invidiabile curriculum ricco di lusinghiere lettere di presentazione, come le consigliava il suo temperamento pratico e il suo sano buon senso, doti di cui era fornita in abbondanza.

Per gli incerti delle guerre e della vita aveva abbandonato l’Europa per l’America, proprio quando la sua bellezza iniziava a non reggere davanti alle colleghe più giovani: volendo evitare di finire come quelle vecchie puttane di mezz’età che insegnavano il sesso ai ragazzini o davano gli ultimi piaceri a vecchi tremolanti, arrivò alla soglia del Tedesco, dotata di esperienza, buon carattere, capacità organizzative e di ottime referenze.

Con queste e la sua perizia nello scrivere a macchina (“Una puttana che conosce la tecnica della scrittura meccanica? Wunderbar!” aveva esclamato il vampiro, che da lei si era fatto insegnare la dattilografia, rivoluzionaria scoperta di quegli anni) fu assunta e progredì nella carriera fino a governare la Maison, avendo così la personale cura di plasmare puttane e gigolò degni delle migliori case di piacere parigine; e di riparare, con discrezione, ai danni nell’arredamento che ogni tanto faceva la Señora Renée quando sceglieva qualche nuova tenda o canapè per quelle stanze.

Come loro stanchi per una notte di veglia, arrivarono il responsabili del bordello dei fottitori, Ana Francisca Linero, le maitresses di quello dei fanciulli, delle puttane di seconda e di terza categoria e il rappresentante della sempre più numerosa comunità cinese, che si dedicava con pazienza e cura orientali a due tra le attività che meglio gli riuscivano: far stordire gli occidentali con l’oppio e lavare i vestiti fino a togliere qualsiasi ricordo della macchia, rendendo al contempo polsini e colletti morbidi come fragranti cialde calde di forno.

Ma se molti vedevano il Tedesco prima di coricarsi per dormire, dopo una lunga notte di lavoro, per altri era la prima persona con cui parlare all’inizio della giornata. E chissà chi stava peggio.

Fresco di letto e ritemprato da un cattivo sonno pieno di incubi e rimorsi arrivava, avvolto nella sua grigia finanziera, Don Francisco Josè de Marina. Era stato un promettente, pedante, pittimo e puntiglioso impiegato del Ministero degli Interni dell’Impero d’Austria, che per non lasciare le ossa sui suoli slavi di Bosnia nel 1908· era espatriato illegalmente, si era cambiato cognome e tutto in una volta aveva scoperto la grandissima differenza che c’è tra vivere nel mondo reale e dirigere registri e pratiche nel mondo burocratico.

Dopo qualche anno era entrato nell’amministrazione della MeilenHaus e in breve era finito nella terribile carica di Responsabile dell’Amministrazione: in questo modo aveva sempre sott’occhio tutto ciò che passava e succedeva in quel labirintico paradiso infernale del sesso, guadagnando cifre più che ragguardevoli.

In cambio di questa ricchezza e di una certa fetta di potere aveva sino ad allora solamente sviluppato una forma di asma nervosa, alcuni pittoreschi tic alla mano sinistra, sporadici attacchi di panico, intermittenti balbuzie e un infinito senso di colpa che cercava di espiare con pratiche religiose che avrebbero fatto invidia ad un santo eremita.

Padre Nicanor, rifiutandosi di far servire messa a chi stilava mensilmente gli elenchi dei coiti (base per attribuire a tutti e tutte un giusto stipendio nella MeilenHaus), cercava di convincerlo a licenziarsi. Ma più del senso di colpa poteva la paura e lo stipendio.

Si svegliava presto anche Herr Lotario Thugut·, figlio di contadini del ducato di Mekleburgo e adesso colonnello in capo della Guardia Civile, un tedesco tutto d’un pezzo, dalla faccia larga e il collo corto, che si era fatto le ossa nelle guerre coloniali della Germania, partecipando con il signor Goering (padre di un futuro, illustre, tedesco·) a quello che sarebbe stato giudicato come il primo genocidio del secolo XX, lo sterminio delle tribù Herrero· nell’Africa del Sud – Ovest, poi Namibia.

Terzo, insieme a De Marina e Thugut, tra coloro che amministravano la MeilenHaus nelle silenziose e già calde mattine panamensi, quando il Señor e la Señora dormivano i loro placidi sonni abbracciati, le puttane e i vampiri si riposavano dalla notte di lavoro, chi aveva montato la guardia di notte poteva finalmente buttarsi sul letto, i sudici camerieri del Guercio russavano sulle loro amache, panettieri e pasticceri della Meilenhaus riponevano le pale da forno, c’era Herr Stroessner, il silenzioso e compunto addetto alle relazioni estere della MeilenHaus, colui che arrivava dove il Señor non poteva arrivare, o perché il sole splendeva o perché Monsignore il Vescovo non lo faceva entrare.

Dai genitori, modesti allevatori della Assia – Darmstadt, aveva ereditato il lungo riflettere prima di dire una qualsiasi frase che potesse essere interpretata in modo univoco e la religiosa devozione verso l’autorità costituita, fosse il Granduca o il Señor, oltre ai sottili capelli scuri e agli occhi piccoli.

Abbandonato il Paraguay dove non aveva fatto fortuna, come tanti altri oppressi più dai ricordi che dagli anni era approdato a Panama con la moglie e i figli, e quasi subito aveva trovato il suo mestiere: era a lui che giungevano i cacciatori di ragazze per avere il benestare per compiere le loro ricerche nelle terre del Canale, gli inviati di nobili e capitani d’industria per prendere accordi circa l’arrivo dei loro superiori nella MeilenHaus, i genitori che ogni due mesi accalcavano le figlie e i figli nel grande cortile porticato, come ad una fiera del bestiame, e tutti coloro che chiedevano udienza al Tedesco, per un aiuto, un piacere, una collaborazione, un servigio. A lui, in una ventosa mattina del novembre 1924 si era presentato Herr Simras Collman.

Non era un caso se quasi tutti coloro che contavano qualcosa nella MeilenHaus fossero europei, e dell’area tedesca di quel continente: il Señor non aveva nulla contro i popoli latini e slavi, ma era dell’idea che non fossero adatti a compiti di un certo impegno.

Ecco perché ad esempio a capo delle cucine e degli approvvigionamenti era finito Consalvo Samanà, un giovane italiano che non aveva voluto rischiare le ossa in Libia per la gloria di Vittorio Emanuele III, del Cavalier Giolitti e dei nazionalisti, espatriando illegalmente su una nave colombiana.

“Il mercato delle vergini non tira più tanto.” stava dicendo il Señor, esaminando con occhio implacabile la partita doppia, nella voce una vaga disapprovazione: non apprezzare più delle sane vergini appena sbocciate, ma dove stava andando il mondo? “Dobbiamo trovare ragazze più giovani. E ragazzi più acerbi.”

“Occorre un’altra spedizione sull’entroterra” suggerì Madame R., una delle poche che fosse tenuta in qualche considerazione dal Tedesco, e lui annuì.

“Sì, ma non voglio spendere in regalie ai padroni dei villaggi che il 70% di quanto mi costò l’ultima volta.” replicò il Tedesco. “Voglio un margine di almeno il 30% su queste spedizioni. L’ultima volta mi è costato davvero troppo. Quei cialtroni stanno diventando esosi. E dire che se non fosse per me …”

“Non so se si accontenteranno …” mormorò l’italiano.

Il Tedesco lo fissò gelidamente.

“Consalvo, metti in dubbio il mio giudizio?”

“No, certo che no, Señor!” mormorò il sottoposto, sprofondando nell’abiezione. E nel silenzio. Chi era lui per giudicare?

Una voce strascicata, in inglese, attirò la loro attenzione.

“Dru deve fare colazione. E quelle brioches, temo, sono del tutto inadeguate.” esclamò Spike, languidamente, appoggiandosi allo stipite di noce della porta, il bel completo bianco perfettamente stirato da una delle serve messe loro a disposizione. Una che era evidentemente sfuggita all’appetito della vampira.

Il Tedesco non ebbe un travaso di bile solo perché era morto. Tutti i partecipanti alla riunione guardarono sbigottiti quell’ospite, sfrontato come nessuno mai, e si domandarono entro quanto tempo sarebbe finito ad ornare il Canopo.

Girò piano la testa verso la porta, in direzione di quella maledetta e fastidiosa ed irrispettosa voce: appena fu a portata di sguardo il povero e tremante cameriere che aveva accompagnato fin lì Spike aprì le braccia e spalancò la bocca, ad indicare che aveva solo obbedito agli ordini, quelli di eseguire senza discutere i voleri dell’importante ospite.

“Señor Nagel, sono molto occupato, come vede.”

“E noi siamo molto affamati.

L’opinione del Tedesco circa i due vampiri inglesi non migliorò di certo. Anzi, stando così le cose, poteva solo peggiorare.

Sospirando, il padrone di casa fece un gesto con la mano, e qualcuno scattò. Drusilla avrebbe subito avuto del sangue fresco.

Il sorriso di Spike si allargò, e non abbandonò i suoi occhi.

Gli altri tacquero, che di più proprio non si sentivano in animo di fare.

E il Tedesco giurò a se stesso che non avrebbe avuto a che fare con quei due un minuto più del necessario …e possibilmente meno.

Ma mettere in discussione la scelta di accettarli in casa propria? Questo, mai. Un vampiro di successo non spreca mai il suo tempo così, rivangando decisioni già prese.

Sospirando, il Tedesco fece un cenno, ed almeno un altro paio dei suoi sottoposti schizzarono, ansiosi di rendersi utile per qualcosa di più sostanzioso delle brioches di madame Nagel.

Proprio non riusciva a sopportarli.

 

 

A Renée invece piacevano.

Lei era indubbiamente deliziosa, con il suo abito di pizzo bianco, i capelli scuri morbidamente raccolti sul capo, l’ombrellino in tinta e le guance pallide accese dalla colazione del mattino.

E lui aveva un tipo di sguardo che ti accendeva dentro, specie quando decideva di azionare l’interruttore del fascino.

Aveva già scambiato uno sguardo d’intesa con Madame R., e si erano sorrise. Avevano entrambe conosciuto uomini così. Non ce n’erano molti in giro, fortunatamente. Il loro nome voleva dire sfortuna.. Di solito ti innamoravi.

E loro di solito amavano un’altra, una che li sfuggiva o si degnava di concedere loro le sue grazie, il cuore altrove. In parole povere, erano usualmente immaturi nevrotici pieni di difetti, cui supplivano con luminosi sorrisi e sguardi al calor bianco.

Renée e Madame R. erano entrambe, vita umana o vampirica a parte, donne di troppo buon senso per caderci ancora, specie dopo i lunghi decenni di vita (e non vita) alle spalle. Ma li avevano conosciuti.

Ed ancora li rimpiangevano. E il rimpianto era una forza dolce e autunnale, che illuminava la vita delle persone abbastanza solide da tenerlo in giusto conto.

Renée rifletté: visto che dovevano tenerseli in casa per un paio di settimane, probabilmente, tanto valeva fare un po’ di conoscenza e intessere rapporti amichevoli, due attività nelle quali il suo Karl non era particolarmente portato, soprattutto con individui che gli davano ai nervi. Così, quale miglior modo di fare la loro conoscenza se non quello di chiacchierare passeggiando?

Inoltre, a quell’ora tutto l’apparato produttivo dormiva, così non doveva controllare nessuno e poteva cercare di capirli meglio. Anche lei, come Karl, era molto curiosa di quella childe del Flagello d’Europa dotata della Vista e anche lei, come tutti coloro che sapevano dei progetti di Herr Collman, non riusciva a capire perché, con tanti vampiri talentuosi al mondo, egli avesse insistito per contattare proprio quello.

Girare all’interno della casa, poi, era la cosa più facile del mondo. I lunghi porticati, i patii ombrosi, consentivano lunghe passeggiate. Renée li condusse con sé un po’ in giro, mostrando loro le camere dove ricevevano i clienti, quelle dove i lavoranti si riposavano, e persino la scuola.

“Scuola?” si stupì Dru.

“I nostri dipendenti non devono essere ignoranti.” precisò Renée. “Un po’ di cultura aumenta la grazia. In Oriente coltivano molto l’associazione tra poesia e sesso”

“La poesia perde, il sesso vince.” replicò Spike, con voce insolitamente piatta.

“Probabile.” rise la circassa, sbattendo i grandi occhioni scuri. “Ma funziona così. Le ragazzine e i ragazzini presi dall’interno vengono svezzati da abili maitresse. Che gli insegnano il mestiere, si intende, accade così in tutti i bordelli del mondo. Ma non basta. Non è facile ricondurre ad esseri umani delle bestie che si cibano di radici …”

“E glielo insegnereste voi? Dei vampiri?” chiese ridendo Spike, sarcastico. “Cosa ne sappiamo noi degli esseri umani?”

“Abbastanza.” replicò Renée. “Anzi, direi tutto, sulla loro perversione, sui loro gusti più proibiti …”

“Non sta centrando il punto, madame …” replicò lui. “Non è la perversione la forza degli esseri umani, ma la loro umanità. E, non capendo questo, ci condanniamo ad una vita ai margini della società.”

“Non mi pare voi stiate particolarmente soffrendo … o che vi sentiate emarginati.”

“No … vero.” replicò Spike, umorale come al solito. “Ma non li sottovaluterei. Sono capaci anche loro di mettere su un diavolo di resistenza.”

“Qui non c’è resistenza. Noi comandiamo, loro obbediscono. E questa nuova società funziona talmente bene, che presto gli umani stessi ci imiteranno …”

Spike scoppiò a ridere, ma Dru gli mise un dito sulle labbra. “Shhh …”mormorò, gli occhi violetti pieni di meraviglia. “Sento voci … e odo suoni. Sono le stelle, che vengono a parlarmi?”

“E’ mezzogiorno, Dru.” cercò di calmarla Spike. “E ci stiamo arrostendo, sotto questo portico. E’ ora di rientrare in casa.”

Lei ubbidì. Di solito, era piuttosto docile … pareva quasi disinteressata al mondo che le vorticava intorno. Lei, nella sua lucida follia, era immutabile.

Passando, videro una giovane india, dai lunghi capelli bruni sciolti sulle spalle strette, che non poteva avere più di quindici o sedici anni, seduta accanto ad una fontana interna.

E cantava.

Una malinconica canzone che apparteneva ad altri tempi, ad altre razze.

Spike si fermò ad ascoltarla, ed i suoi occhi azzurri incontrarono quelli scuri come ossidiana della ragazza.

Lei sorrise.

E lui le sorrise di rimando.

Quanto erano forti, gli umani….la loro umanità trionfava sempre, comunque.

Peccato fosse così semplice da spezzare, pensò, mentre lei veniva a lui, al suo abbraccio mortale, non consapevole della terribile minaccia.

Ma Renée la bloccò con una mano.

“No … Jaquita. Non con il señor.”

Spike mise il broncio, ma Renée sorrise.

“Morirà domani, ma non per mano di un vampiro. L’attende un ricco pedofilo …”

Dru sorrise e continuò la passeggiata, persa nel suo mondo.

C’erano lacrime, e pianti, sotto il sole, ma – grazie al Cielo e alle stelle – non li udiva più …

 

 

 



Note e curiosità.

 

 

· Le tartes flambées sono focacce salate alle cipolle tipiche dell’Alsazia.

· Nel 1908 l’Austria trasformò il suo protettorato sulla Bosnia in annessione; sei anni dopo, proprio nella capitale di quella regione, Sarajevo, sarebbe stato ucciso l’erede al trono imperiale.

· Lotario Thugut è il nome di un personaggio di “L’amore ai tempi del colera” di Gabriel Garcia Marquez.

· Herman Goering nacque nel 1894 a Marienbad, in Baviera: nel 1913 venne ammesso alla scuola ufficiali e allo scoppio della I Guerra Mondiale fece domanda per transitare nella neonata aviazione. Nel luglio 1918 a seguito della morte di Manfred von Richtofen, il leggendario “Barone Rosso”, cognato dell’autore inglese di Lady Chatterley, D.H. Lawrence, lo sostituì come comandante della squadriglia “Richtofen-Geschwader”. Nel 1921 ritornò in Germania iscrivendosi all’Università di Monaco di Baviera. Nel 1922 si iscrisse al Partito Nazista e Hitler lo nominò comandante delle formazioni paramilitari del partito, le SA (Sturmabteilung). Nel novembre 1923 prese parte al tentato colpo di Stato di Hitler, il Putsch di Monaco nel quale venne ferito: per evitare l’arresto fuggì dapprima in Austria e poi in Italia e grazie ad una amnistia tornò in Germania nel 1927.

Quando Hitler giunse al potere nel 1933 venne nominato ministro senza portafoglio, ministro degli Interni del Land di Prussia e Commissario per l’Aviazione, nell’aprile 1933 divenne primo ministro del Land di Prussia e fu il creatore del primo embrione di polizia politica: la Gestapo. Nel 1936 venne nominato capo del “Piano dei Quattro Anni” ottenendo amplissimi poteri sulla sfera economica tedesca: in questa veste fu responsabile per il piano di confisca dei beni ebraici in Germania. Il 24 gennaio 1939 creò l’Ufficio Centrale per l’Emigrazione ebraica incaricato di promuovere con ogni mezzo la partenza dalla Germania degli ebrei.

Lo scoppio della guerra (1° settembre 1939) segnò l’apice della potenza di Göring che venne nominato da Hitler suo successore. Quando la Polonia venne occupata Göring fu coinvolto nell’espulsione degli ebrei dai territori annessi al Reich tedesco. Parallelamente fu il creatore di un impero economico destinato ad amministrare le proprietà confiscate agli ebrei. Il 31 luglio 1941 fu Göring che impartì l’ordine di “preparare una soluzione globale al problema ebraico”: grazie a questa disposizione sarebbe nata la macchina dello sterminio degli ebrei d’Europa. Le relazioni con Hitler peggiorarono sino a che - nel crepuscolo del regime nazista - Hitler ormai assediato a Berlino tolse a Göring ogni carica e lo espulse dal partito nominando l’ammiraglio Karl Doenitz al suo posto.

Arrestato dagli americani nel 1945, al processo di Norimberga Göring fu imputato di progettazione, provocazione e svolgimento di una guerra d’aggressione, congiura contro la pace mondiale, crimini e violazioni contro il diritto bellico, crimini contro l’umanità e condannato a morte per tutti e quattro i capi d’accusa. Il 15 ottobre 1946, un giorno prima della data fissata per l’esecuzione, Göring si avvelenò nella sua cella.

· Gli Herero sono una popolazione autoctona dell’odierna Namibia che nel 1904 subirono il primo genocidio del XX secolo. Sospinti alla rivolta per le sempre maggiori privazioni e truffe cui i coloni tedeschi li sottoponevano per ottenere i migliori pascoli e le migliori terre, l’undici agosto di quell’anno ingaggiarono battaglia contro le truppe germaniche: vinti i seimila combattenti indigeni, il generale Von Trotha fece uccidere anche i circa ventimila civili che li avevano accompagnati. Il generale il 2 ottobre dello stesso anno fa pubblicare una “lettera aperta” agli indigeni: “Io, generale di corpo d’armata tedesco [ … ] ho da dire solo questo: chiunque ci consegnerà un herero riceverà 1000 marchi. […] Qualsiasi herero scoperto nel territorio tedesco, armato o disarmato, sarà ucciso. Non tollero neppure la presenza di donne o bambini, che devono morire.” Molti herero fuggiranno nel deserto del Kalahari e pochi ne sopravvissero.

L’Imperatore riuscì a frenare lo sterminio e l’anno dopo iniziò una politica di segregazione e concentramento per cui gli herero che si costituirono o furono catturati vennero marchiati a fuoco e costretti ai lavori forzati in speciale campi: in un telegramma il 14 gennaio 1905 fu usato per la prima volta il termine “Konzentrationlager”. Non erano ancora i campi nazisti, le brutalità e le vessazioni erano minori, come la percentuali di morti, ed inoltre la Germania Imperiale non era quella nazista: dopo tre anni di opposizioni della Chiesa e del Parlamento il Governo fece chiudere i campi, da cui uscirono 15130 herero. Sette anni prima questo popolo era composto da circa ottantamila persone. Il Primo Ministro di questa colonia era il dottor Heinrich Goering, padre del poi famoso Hermann. (cfr. Kotek J. E Rigoulot P. “Il secolo dei campi”, Mondatori, 2001)