Se sei buono

andrai all’Inferno

Dr. Doberman:

ti stanno già ad aspettare.

Il tuo nome è sull’elenco,

puoi scommetterci:

prova a bussare.

 

“Dr Doberman”

Francesco De Gregori

“Miramare 14.9.89”, 1989

 

2. Il Tedesco e il suo labirinto ·

 

 

 

Percorsero al contrario la strada fatta: dal quartiere adibito agli ospiti, composto da una decina di villette in stile palladiano unite da un raffinato portico a bugnato lungo tutta l’esedra cui erano disposte, superarono i due pilastri che reggevano il portone in ferro battuto, imboccarono un corridoio voltato illuminato da finestre termali fino a sbucare nel grande cortile rettangolare dov’erano stati ricevuti. Di lì girarono e entrarono, attraverso un portone ad arco, in un accogliente, ben curato e fresco patio moresco, ingentilito da azulejos· e ravvivato da una gorgogliante fontanella.

La luna illuminava le maioliche e in quell’angolo si respirava una pace irreale e una profonda serenità: era un perfetto angolo di paradiso che, durante il giorno, veniva schermato dai raggi del solo tramite un complesso sistema di carrucole, pesi e contrappesi, corde e tiranti, che spiegavano quattro livelli di bianche vele di lino alla sommità del chiostro, versione moderna, panamense e ridotta del velarium dell’Anfiteatro Flavio. Spike non lo sapeva, ma era già nel cuore della MeilenHaus, e quindi nel centro oscuro di quelle terre.

Solo allora si rese conto di un particolare: fin’ora tutto ciò che aveva visto, fossero cortili o facciate, corridoi o muri, era di un abbacinante bianco. Quel posto era stato costruito senza colori. Tranne i mobili nelle stanze e il rosso del cotto impiegato per alcuni pavimenti, tutto all’interno era bianco o ne declinava le sfumature, come in un ospedale, ma con un effetto molto più alienante.

Di giorno probabilmente tutto brillava in maniera fin quasi fastidiosa quando il sole vi cadeva, ma alla luce fissa delle lampadine nella notte quella infinita uniformità dava a Spike un sottile senso di fastidio. Di colpo si ricordò di un libro, letto di nascosto ai suoi genitori quarant’anni prima: qualcuno finiva in un mondo maligno ed ostile in cui non c’erano colori, se non il bianco più puro. E si ricordava ancora il senso di sempre crescente disagio ed angoscia che le descrizioni di quel mondo assurdo e alla fine pauroso avevano suscitato in lui·.

Questi pensieri, senza neppure accorgersi, li aveva formulati guardando la fontana, come ipnotizzato dal suo gorgoglio, mentre il maggiordomo alle sue spalle aspettava che il signor Nagel finisse di ammirare le bellezze dell’ambiente.

Intorno a quel così paradisiaco cortile si snodavano, più o meno comunicanti tra loro, gli uffici e gli ambienti direzionali della MeilenHaus. C’era la stanza del telegrafo, un’infermeria, la contabilità, l’armeria (che sprofondava nelle viscere della terra come una catacomba), una sala d’aspetto per personaggi di poco conto, e il salone ove il Tedesco giudicava se la (o il) postulante potevano entrare nella truppa, tra gli inservienti, tra i famigli o nel mondo variegato, sudato e sostanzialmente ripetitivo del meretricio.

Sopra questi ambienti si estendevano, freschi e pressoché inutilizzati, gli ambienti di rappresentanza: stanze, saloni, e sale, il biliardo e il giardino d’inverno, disposti per le velleità sociali presto frustrate di Doña Renée: è difficile organizzare un bel ricevimento quando di vampiri degni da quelle parti non ne passavano quasi mai e di umani da invitare v’era scarsità cronica … tranne poche coppie molto aperte che venivano assieme alla MeilenHaus, le conoscenze erano tutte maschili.

E un ricevimento con trenta uomini si trasformava automaticamente in una noiosa serata al Circolo del Whist o al Country Club; a meno di non far venire le puttane di prima classe, ma allora tanto valeva organizzare l’orgia direttamente nel salone della Maison (nome comune per designare l’ala più raffinata e costosa di quel falansterio del sesso).

Sopra questi vuoti e freschi saloni (in cui nelle notti di maggiore calura si rifugiava il Tedesco, dormendo nudo su un’amaca tirata tra l’ampia, scura, sinistra e monumentale credenza d’arte barocca, tutta intagliata ed istoriata, e una colonna in marmo rosa che reggeva un busto di Wilhelm I von Hohenzollern, Kaiser von Deutschland, regalato nel 1908 dall’attaché militare prussiano) c’erano le stanze private del Señor e della Señora.

Erano arredate con il gusto eclettico e variegato che possono avere due vampiri, uno svizzero e una circassa, negli anni del trionfo degli oggetti “in stile” e poi del liberty impuro e grezzo che giungeva in una colonia spagnola americanizzata. Si può dire che i segni puliti e precisi del nascente razionalismo fossero agli antipodi, geograficamente e idealmente, rispetto a queste stanze.

Spike entrò in un’ampia stanza carica di ninnoli, illuminata da un infinito lampadario in vetro: l’aria gli mancò (si fa per dire) a trovarsi in quell’abbondanza di doni disparati di commercianti e ambasciatori, commodori e capitani d’industria, militari e politici, che forse, singolarmente, potevano anche essere decenti, ma tutti assieme erano l’emblema delle belle cose di pessimo gusto, che spesso adornavano la casa dei buoni borghesi tedeschi.

In mezzo a tutto ciò, in piedi sotto un grande quadro raffigurante il porto di Copenaghen gelato dall’inverno, l’impeccabile padrone di casa, vestito di bianco da capo a piedi: le scarpe, i calzoni, la camicia e il gilet (non indossava mai la giacca quando doveva ricevere qualcuno che non considerava un proprio pari) erano della stessa tonalità della sua pelle lattea, che faceva assomigliare il viso a una maschera di cera.

Solo le labbra rosee, gli occhi azzurri e i capelli color paglia stonavano in quella immagine così meticolosamente costruita, in cui anche gli accessori (la perla del fermacravatta, i brillanti dei gemelli, l’argento dell’orologio a cipolla e dell’anello al mignolo) si uniformavano alla volontà di quel gelido vampiro.

Diavolo, come non mi piace, fu la prima cosa che pensò Spike nel vederlo, mentre quello con un dignitoso sorriso gli si avvicinava porgendogli la mano, scrutandolo senza remore e senza preoccuparsi di darlo a vedere.

“Ben arrivato Mister William the Bloody, anzi, Herr Nagel: spero che il viaggio e la sistemazione siano di gradimento vostro e della vostra dolce compagna.”

“Sì, certo, posto stupendo. Ho lasciato Dru alle cure dei suoi domestici: prima di godermi il bel soggiorno io voglio sapere cosa ci faccio qui.”

Ci voleva però ben altro che il tono spiccio di un giovane vampiro, seppur famoso, per disturbare il Tedesco. “Ah, gli affari prima di tutto, giusto? Il tempo è denaro, nevvero? Lo pensavo e lo penso anch’io, ma a queste latitudini scoprirà che il sentire comune si orienta verso un’altra filosofia. “Il tempo perduto è tempo guadagnato” dicono qui, e personalmente credo che neppure il fastidioso efficientismo dei gringos la spunterà con questi mezzi selvaggi e mezzi spagnoli: è più facile vincere la malaria. Gradisce qualcosa da bere?”

Ma quanto parlava! Spike pensava che gli svizzeri fossero tutti tipi silenziosi e musoni, figurarsi un vampiro che idea un mondo così noiosamente metodico. Eppure, con tante parole, non aveva ancora detto nulla.

“Grazie. Cosa offre la casa di speciale?” Un cameriere vampiro, che indossava una sfavillante giacca rossa dal colletto alto e rigido come un’uniforme, versò del vino in due bicchieri di cristallo e si avvicinò silenzioso ed impettito col vassoio. Il Tedesco decantò le qualità di quel Madeira che generosamente gli veniva personalmente donato da un affezionato cliente (“affezionato cliente”? Spike pensò che parlava come un albergatore di mezz’età) e poi, con un gesto, fece capire all’inserviente che non avevano più bisogno di lui.

Mentre questi si ritirava si distese mollemente su un’ampia ottomana scarlatta, prendendo dalla tasca della giacca un portasigarette d’argento; ne offrì una Spike, che di buon grado accettò, e si sistemò più comodo nell’ampia poltrona di vimini tempestata di cuscini. Poi, versatosi altro Madeira nel bicchiere, iniziò finalmente a parlare di cose serie.

“Panama è uno stato strano, mister William. Pensi, fino a vent’anni faceva parte della Colombia, poi i gringos hanno costruito il Canale e hanno pensato bene di crearci attorno uno stato autonomo e libero. O almeno ufficialmente: loro sono proprietari del Canale e le posso assicurare che qui non si muove foglia che il Dipartimento di Stato non voglia. Certo, almeno in cambio hanno debellato la malaria e la febbre gialla, il che non è poco.”

“Evviva, vorrà dire che il 4 luglio andrò nelle strade a festeggiare in segno di riconoscenza.” commentò sarcastico Spike: a cosa serviva questa breve lezione di storia locale?

Il Tedesco sorrise sornione. “Calma, calma, ogni cosa a suo tempo. Lei è informato sulle ultime vicende politiche europee?”

“C’è stata una guerra qualche tempo fa, mi pare.”

“Ah, umorismo inglese.” Sorrise appena. “Non lo capisco, ma pare vada molto in voga. Ha ragione, comunque, c’è stata una guerra, poi sono sorti nuovi stati e nuove forme di governo. Ad esempio, al posto della Russia ora esiste l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche: il più grande stato al mondo è comunista. E questo non piace agli uomini del Dipartimento di Stato, a Washington: basterebbe un attimo e i rossi entrerebbero in Alaska, oppure si mangerebbero la Polonia e dilagherebbero in Europa.”

Spike accavallò le gambe, tirò una boccata di fumo e gli diede uno sguardo storto. “E io sono venuto fin qui per impedire ai comunisti russi di sciare in Alaska e di attaccare i Polacchi? È un impresa troppo impegnativa, anche per me.”

Il Tedesco lo guardò freddamente e poi riprese. “I rossi vogliono distruggere il capitalismo e questo non piace affatto a un sacco di influenti, ricchi e potenti industriali, i quali non vogliono neppure che i comunisti conquistino nuovi mercati finanziari, intercettando materie prime e forze lavoro. Fortunatamente in Germania c’è un uomo che sembra essere molto promettente. Ha sentito parlare del colpo di Stato di Herr Hitler?·

“Non leggo mai i giornali: quando mi sveglio sono già vecchi.”

“Quante battute. Suppongo lei sia un considerato un burlone in Inghilterra. Comunque, il señor Hitler ha intenzione di sterminare i comunisti e gli ebrei: ho qualche vecchia copia del giornale del partito che dirige, se le interessa. Un po’ noioso dopo un po’, se vuole sapere cosa ne penso.

In ogni caso, due anni fa ha tentato un colpo di Stato, fallito, in Baviera e si è fatto un po’ di prigione: ora è da poco libero, benché abbastanza screditato. Vagheggia la superiorità della razza ariana, che lui identifica, a quanto ricordo, con gli uomini del Nord Europa, su tutto il mondo. Poi il mantenimento della purezza della stirpe, la rinascita della Germania depurata dai giudei, l’unione di tutti i tedeschi e cose di questo genere. Ora, se se lo sta chiedendo, arriviamo a lei e ad i russi che sciano in Alaska, mister William.”

“Ottimo. Francamente i deliri dei suoi compatrioti non mi interessano granchè, soprattutto quando sono immerso in questo fottuto umido.”

“E allora arriviamo al punto cruciale. Qualcuno tra i gringos di Washington· è intenzionato a far portare avanti il progetto politico di Herr Hitler, ma per farlo ci sono alcuni impedimenti, con tanto di nome e cognome.”

“E mi faccia indovinare: vuole che io li vada a trovare.”

Il Tedesco annuì. “Più o meno.”

“Credo abbia sbagliato persona: sono sicuro che Al Capone sarebbe stato più che felice di lavorare per lei. E con questo è tutto.” Spike si alzò deciso, incerto lui stesso di cosa sarebbe capitato adesso, e si diresse verso la terrazza a passo spedito: non era male quella sigaretta, un po’ troppo carica ma decisamente piacevole. Doveva chiederne la marca, al Tedesco.

Nel cortile sotto le arcate si affaccendavano uomini e donne, si sentiva la musica che proveniva dalla radio della taverna del Guercio e si intuivano le bestemmie che scandivano le partite a carte dei clienti, mentre l’illuminazione elettrica creava con le foglie dei tamarindi disegni intricati sulla calce dei muri.

Il Tedesco arrivò placido e si fermò affianco a lui, appoggiando le mani al balcone: la luce delle lampade nel cortile li illuminava fiocamente e solo la brace delle due sigarette rendeva possibile capire dove fossero. “Non serve un gangster, mister William, tanto meno uno di Chicago: qui abbiamo già abbastanza tagliagole senza doverne importare. Quella gente di cui le dicevo … è decisamente meglio che venga uccisa da un vampiro.”

Parlando, non si era neppure voltato a guardarlo, continuava a scrutare il cortile per controllare che la musica risuonasse, lo spaccio vendesse, la servitù lavorasse e tutti facessero il loro dovere; neppure Spike si girò per rispondergli a tono. “Lei non può? È troppo impegnato a fare soldi? I suoi fottittori? Troppo impegnati nel duro lavoro?”

Il Tedesco, senza rendersi conto dell’ironia, spiegò che non riteneva opportuno impiegare quegli uomini, o vampiri, per altri scopi che non fossero quelli a cui erano abitualmente preposti.

“Chi ha in mente questa operazione ha bisogno di gente che sappia il suo mestiere, di professionisti affidabili, per così dire. E lei è sicuramente il vampiro che fa per loro. Non ha anche ucciso una Cacciatrice in Cina, un quarto di secolo fa?”

La domanda non ricevette risposta. Spike non capiva perché quel vampiro avesse bisogno proprio di lui, con tutti i vampiri, avventurieri e assassini professionisti di cui poteva disporre. Fu il Tedesco, senza essere interpellato, ad illuminarlo.

“Serve un vampiro per motivi che le saranno chiari solo se accetterà. E serve un vampiro straniero, non di qui, che terminato il lavoro se ne vada via con i soldi e non si faccia rivedere. Serve un vampiro capace, che sia in grado di far sembrare degli omicidi su commissione degli incidenti comuni, come un furto finito male, se mi capisce. Oltre a ciò non ho intenzione di impiegare i miei anche perché preferisco non impicciarmi troppo di politica. Con il mio mestiere non bisogna mai prendere posizione con qualcuno contro un altro, lei capirà: in questo caso un uomo, appoggiato da certi gringos, mi ha chiesto di trovargli un vampiro abile a compiere un certo lavoro. Io l’ho trovato, lei domani ci parlerà e poi vedrà se accettare il lavoro.”

“Tutto qui?” Il Tedesco lo guardò serio, gli fece cenno di rientrare e solo una volta che si sdraiò di nuovo sul canapè Spike ebbe la sua risposta. “Diciamo che le lascio un giorno ed una notte per riflettere, poi domani darà il suo responso. Se rifiuterà, a mio parere, perderà una facile occasione per guadagnare, traendone allo stesso tempo piacere e diletto. Se accetterà, le faranno avere tutto l’indispensabile perché possa svolgere questo favore nel modo migliore. Ma stia attento, poiché sono io a presentarla a questa persona: io tengo molto all’onestà in coloro che hanno a che fare con me.”

Spike intanto si era versato altro madeira e si era appoggiato al biliardo per ascoltarlo: era francamente odioso il suo tono di parlare, eternamente piatto, come se leggesse una relazione tecnica.

“Lo terrò presente, allora. Non vorrei che lei si arrabbiasse e alzasse la voce.”

 Il Tedesco, ovviamente, non si scompose particolarmente. “Di solito sono quelli che mi tradiscono ad alzare la voce. Dopo. Qualche tempo fa uno dei miei fottitori, un vampiro, non è stato corretto nei confronti miei e della MeilenHaus: prima l’ho fatto sodomizzare da ogni uomo, vampiro od animale disponibile a tale atto e poi, giacché in questi anni si predica l’uguaglianza della donna con l’uomo, ho lasciato che anch’esse si divertissero, con sedie, bastoni, bottiglie e falli posticci tenuti su da una cintura ai fianchi. Dopo ciò, non urlava più. Indi, ho permesso che ogni essere umano lo usasse come propria latrina, evacuando sopra o dentro di lui.”

Questi tedeschi, pensò Spike: anche da sadici devono essere metodici e controllati, che gente. E quel suo parlare così … asettico! Gli metteva il voltastomaco.

“Alla fine puzzava tanto e muoveva così a disgusto che per trascinarlo sono stati usati uncini da macellaio. Dopo l’ho fatto mutilare, in tante parti, fino ai gomiti e alle ginocchia, mostrandogli i maiali che mangiavano quelle sue parti. Indi l’ho fatto evirare con ferri roventi e, poiché mi sembrava disdicevole buttare via una tale abbondanza, ho fatto in modo che gli spingessero ben in gola la sua verga. Dopo questo ho dato ordine che venisse preparato per ornare il Canopo.”

“E nel frattempo lei se lo menava con gusto, immagino.”

Il Tedesco, apparentemente per nulla colpito da questa supposizione, scosse la testa. “Nel frattempo giravo tra i miei inservienti e osservavo il terrore che li pervadeva: una sensazione magnifica, meglio dell’oppio dopo il sesso.”

La conversazione era finita, per quanto riguardava il padrone di casa: brandì un campanello e lo fece suonare tre volte: la porta in fondo si aprì e comparve il suo maggiordomo, Viktor, un tedesco che vantava decenni di servizio nelle migliori case dell’aristocrazia britannica.

“Vi auguro la migliore delle permanenze, mister Nagel, a voi ed a madame. Siete i migliori ospiti della MeilenHaus, e credo non avrete a lamentarvi della nostra accoglienza.”

“Ne sono sicuro.” sorrise Spike, gettando la cicca a terra e seguendo Viktor per i lunghissimi corridoi.

Lo sguardo per niente soddisfatto del Tedesco lo seguì, mentre un inserviente si affrettava a ripulire.

 

 

Drusilla era già sul letto, le sue cose sparse per la deliziosa stanza coloniale dalle grandi finestre ad arco sul patio odoroso di profumi speziati e di notturne ombre (che era solo parte del sontuoso appartamento destinato loro dal Tedesco), una camicia da notte quasi trasparente, violetta, indosso, a rivaleggiare con i suoi occhi d’ametista.

Spike la osservò con il consueto compiacimento.

Mai avrebbe sognato, quando era ancora il timido William Shelby, di possedere una donna come lei. Una dea. Lei sorrise e lo invitò con quel suo sguardo seducente che diceva, piano, “vieni più vicino”. Le si avvicinò, le tese una mano e mise un ginocchio sul letto, sollevandosi poi a sedere accanto a lei, un braccio dietro la testa, rilassato, pronto ad una nuova sigaretta.

“Mi stavo annoiando…” si lamentò lei. “Il sangue qui scorre a fiumi. Letteralmente. Esce da quel rubinetto d’oro”

“Nah…” rise lui “Non ci credo. Scommetto che è venuta qualche serva cogli occhi a mandorla da india e le guance rubizze e…tu non hai resistito. Non è buona educazione mangiarsi i servi del nostro ospite, Dru, cara. Ne avevamo parlato”

Lei rise piano, nascondendosi la bocca con la manina, come una bambina colta in fallo per una marachella.

“Non era una serva” cantilenò. Spike sospirò, rendendosi finalmente conto dell’afrore di sesso femminile che ancora aleggiava nella stanza e della spossatezza di Dru, e guardò sotto il letto. Aveva spiegato mille volte a Dru che, in quei climi caldi, dopo pochissimo i cadaveri puzzavano. E, se anche la morte lo lasciava indifferente a livello emotivo, dal momento che la forte disconnessione che provava da quando era vampiro con il genere umano sopprimeva ogni colpa, ogni rimorso, a livello fisico tutt’ora lo infastidiva. Come una bella cotoletta andata a male.

“No, nel portavivande” disse Dru.

Aprì il montacarichi. Ne cadde una ragazza di strepitosa bellezza. Morta da un’ora, il volto da creola ottarona esangue.

“Oh, cazzo!” replicò Spike. “Beh” ripensò poi, facendo spallucce. “Ce lo sottrarranno dalla gratifica finale”

Spike schiacciò il bottone che mandava giù il piccolo ascensore, e poi si distese di nuovo accanto a Dru, prendendole il polso tra le mani e riempiendolo di baci. E quindi, senza preavviso, vi affondò le zanne per assaporare anch’egli – misto al portentoso sangue della sua sire - il forte elisir creolo della ragazza.

Forse fu l’effetto combinato del sangue demoniaco con quello umano, ma Spike – più rilassato – ancora ignorava quanto la sua previsione fosse doppiamente esatta. Non era un caso se la poveretta era arrivata fino ai loro appartamenti privati.

Se il Tedesco non lo avesse permesso sarebbe stato impossibile per una puttana di prima classe abbandonare l’ala dove lavorava, attraversare il portico del cortile, poi il patio moresco su cui affacciavano gli uffici e le finestre dell’abitazione privata del Señor, il giardino alla francese, il Canopo, girare dietro il cinematografo privato, costeggiare il retro dell’edificio dei bagni, varcare il cancello che immetteva nella zona della foresteria ed infine giungere dentro la casa messa a disposizione dei “coniugi Nagel”.

Ella normalmente sarebbe stata fermata subito da qualche “Guardia Civile” che le avrebbe chiesto di mostrare il lasciapassare, firmato dal Sovrintendente a cui rispondeva, che le permetteva di abbandonare durante le ore di lavoro il proprio posto.

E poi tutti i viventi di quel luogo, le puttane per prime, vivevano in un sacro e fondato terrore dei vampiri, soprattutto di quelli “esterni”, fossero clienti o solo di passaggio: gli unici di cui si fidavano e di cui il terrore lasciava il posto ad un reverente timore, erano il Señor e la Señora, Herr Viktor, il maggiordomo a cui rispondeva tutta la servitù dei padroni, e Magnus, l’atletico e monumentale scandinavo Sovrintendente alla parte vampirica del bordello.

Per il resto, sia che fossero gli inservienti del Tedesco e di Renée, sia che fossero i domestici addetti a vampiri e demoni di passaggio, sia che fossero quegli strani esseri cornuti e caudati che vigilavano sulle venti puttane e i fottitori non-morti, tutti preferivano star loro il più possibile alla larga.

Gli stessi componenti della Guardia Civil, la cui “prova del legionario” era mangiare un caldo e ancora palpitante cuore animale (o almeno così si diceva a Panama), giravano armati, oltreché del machete al fianco e del fucile in braccio, di un ampio rosario dai grani grossi come pugni posto a mo’ di collana, due paletti legati ai calzoni e tutte le domeniche andavano a prendersi in ginocchio la loro santa benedizione da Padre Nicanor Reyna·, alla chiesa del villaggio.

Inoltre l’ala in cui vivevano con le famiglie era più addobbata di crocifissi, statue di santi a grandezza naturale, santini e sacre immagini del Santuario della Madonna di Guadalupe·.

Quindi, anche se Dru e Spike non si erano posti il problema, la povera creola era stata fatta giungere fin lì con uno scopo ben preciso: don Teodoro Ignacio Iguaran, alacre e scrupoloso medico condotto che ogni lunedì visitava l’intera MeilenHaus (nella parte viva dei suoi componenti, naturalmente), le aveva trovato un maligno polipo in gola e, come suo costume, prima che dirlo alla paziente lo aveva confessato al Tedesco, il quale si vantava di avere aggiornatissime, dettagliatissime e precisissime schede sanitarie di tutti coloro che lavoravano o avevano lavorato per lui.

Così la povera ragazza era stata mandata da Dru e il Tedesco avrebbe preteso, ed ottenuto, il rimborso per la perdita da Herr Collman (come da patti in precedenza vergati) e poi avrebbe trattenuto la stessa cifra dalla gratifica dei due ospiti: come amava il suo lavoro!

In ogni caso era uno spiacevole atto che testimoniava la mancanza di riguardi e di rispetti verso i fondamenti della società civile, dell’ordine e della gerarchia, brontolava il Tedesco con Renée, che lo ascoltava divertita: il suo Karl, quanto lo adorava, erano proprio uguali (anche se lei aveva più senso dello humor).

“Quindi potremmo dire che quella là non ha rispettato la proprietà privata: e se fosse una vampira bolscevica?” Lui si fermò, tirò fuori la testa da uno schedario, e la fissò, molto preoccupato. “Pensa, dovrai dire a Collman che per il suo piano gli hai trovato una coppia di vampiri bolscevichi. E magari anche giudei.”

Lui afferrò il campanello e lo suonò con vigore, fino a che, al terzo squillo, non comparve un cameriere. “Vai da Herr Magnus, fattene dare una di seconda categoria e mandala da Herr Nagel: devo sapere se è circonciso!”

Renée esplose in una risata profonda, si alzò dal canapè, circondò con il braccio l’uomo della sua non-vita e si rivolse al servo. “Lascia perdere, non è necessario.” Poi spiegò a Karl che la vampira non rispettava la proprietà privata solo perché aveva il senno di una fanciulla maleducata e che l’altro si disinteressava totalmente di politica.

“Su, ragionaci: ha per sire una pazza e per gransire un vampiro che non se n’è mai occupato, a quanto sappiamo. Inoltre i bolscevichi negano la nostra esistenza. Alla peggio potresti pensare che questo Spike abbia tendenze nichiliste o anarchiche.” Lui aggrottò le sopracciglia. “Un anarchico, ci mancherebbe altro! Che il Diavolo se lo porti!”

Lei sorrise comprensiva. “L’importante è che non sia bolscevico e giudeo: non ne posso più di sentire Collman parlare delle mire del complotto internazionale masso – giudo - bolscevico!”

 

 

 



Note e curiosità

 

 

· Il titolo è ispirato ad un romanzo di Gabriel Garcia Marquez, “Il Generale nel suo labirinto”.

· Gli azulejos sono piastrelle di terracotta maiolicata, a volte anche solo verniciate, di forma per lo più quadrata, anche rettangolare, esagonale, ottagonale, usate per pavimentazione o per ornare le pareti, specie nello zoccolo: sono l’espressione più inconfondibile della tradizione artistico-artigianale iberica, che da qui si diffuse negli imperi coloniali spagnoli e portoghesi. A superficie piana e colorata, con lavori impressi o rilevati, di un solo colore o di più, imitano gli intrecci geometrici degli alicatados (formati da piccoli pezzi di ceramica smaltata detti aliceres, a guisa di un mosaico ceramico che imitasse l’opus sectile dei Romani), i cui primi esempi sembrano del XIII secolo.

I primi azulejos spagnoli (XIII secolo), imitando gli alicatados, hanno le linee di divisione in leggero rilievo per contenere gli smalti dei vari colori (bianchi, verdi, turchini, neri, gialli, ecc.) nei loro scomparti. Un esempio celebre è dato dai rivestimenti di talune sale dell’Alhambra (sec. XIV): l’arte degli azulejos offre infatti mirabili esempi nell’Alahambra e nella Casa di Pilato, a Granata, e nell’Alcazar di Siviglia, ove danno colore e vita alle pareti. Nel secolo XV gli azulejos si diffondono in Portogallo, grazie agli scambi mercantili in terra spagnola, più che al desiderio del re portoghese Emanuele I di decorare la sua dimora a Sintra come i palazzi andalusi.

I centri di produzione più noti furono Siviglia con il suo sobborgo Triana, Valencia e Toledo; a Lisbona le prime manifatture sono del XVI secolo, ma vi sono azulejos prodotti anche nell’Africa musulmana (Marocco), se ne ammirano in Tunisia, Sicilia (notevoli gli esemplari conservati nel Museo Regionale della Ceramica a Caltagirone), Sardegna.

· Il libro a cui fa riferimento Spike è “Le avventure di Gordon Pym” di Edgar Allan Poe: il protagonista, Arthur Gordon Pym, si imbarca per mare in modo clandestino, deciso a lasciarsi alle spalle la vita precedente. Passa con un amico terribili avventure di mare (tra cui celebre l’apparizione della nave dei morti), naufragando presso l’isola di Tsalal, una terra nera e satanica, in allucinante contrasto con il biancore abbacinante del Polo Sud, tanto più affascinante e misterioso all’epoca in cui Poe mise mano al suo romanzo. I colori hanno un preciso significato simbolico nella loro successione: essi rimandano infatti alle fasi della Grande Opera alchemica, cioè a quel processo ermetico di solve et coagula, fisico e spirituale allo stesso tempo, essenziale alla trasformazione dell’Io.

· Il 9 novembre 1923 Hitler tentò un colpo di stato a Monaco di Baviera, ma privo dell’appoggio dell’Esercito, della detronizzata Famiglia Reale, dei ceti aristocratici e della Chiesa Cattolica, fu sconfitto ed arrestato nel giro di poche ore, e condannato a cinque anni di carcere; fece solo otto mesi.

· Negli Stati Uniti ci furono varie personalità di spicco favorevoli ad Hitler, come poi si vedrà nel dettaglio dei seguenti capitoli, ma solo dalla metà degli anni Trenta. Nel 1925 Hitler era esclusivamente un fenomeno tedesco, ritenuto più pittoresco che pericoloso e soprattutto passeggero.

· Padre Nicanor è il primo prete del villaggio di Macondo, luogo in cui si svolge “Cent’anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez.

· La Madonna di Guadalupe, Patrona del Messico e delle Americhe, è il principale santuario mariano di quel continente, ed uno dei principali nel mondo. É legato all’apparizione della Vergine al Beato Juan Diego alla metà del XVI secolo. Per saperne di più si può consultare: http://www.pastoralespiritualita.com/guadalupe.asp; http://www.totustuus.org/Guadalupe/Guadalupe0.htm