VIII. 07 – APRI GLI OCCHI

 

Scritto da: FranzJoseph

Spoiler per: tutta la stagione VII di BtVS

Rating: per tutti

Timeline: due anni dopo “Chosen”: seconda metà di novembre 2004

Summary: dove Buffy inizia a lavorare al Liceo e ciò non porta fortuna a lei e a chi le è vicino, qualcuno continua a tramare nell’ombra, ritorna una vecchia conoscenza, il Conte (che ha una parentela amplia e altolocata) torna da un viaggio e Madame Margot tramite i classici di Hollywood ha un’idea per risolvere un problema che si è posto.

Commenti: se volete scrivetemi a franzjoseph1@supereva.it

Note: un grazie particolare a Rogiari, che ancora una volta è stata la mia fashion-master e a cui devo lo spunto per Xander; e ad Alessandra Castagna, che è la mia personale Sophia: i tuoi meriti sono occulti, ma immensi !

Disclaimer: I personaggi appartengono a Joss Whedon, David Greenwolt la WB, ME, la UPN e la Fox. L'autore scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.

 

PROLOGO

Nelle ultime due settimane non era morto nessun demone, non c’erano stati tentativi di scatenare apocalissi, di riaprire la Bocca dell’Inferno, il Conte non aveva fatto del male a Willow, sua sorella era tranquilla e lei aveva un lavoro. Andava tutto bene, il che era ovviamente segno che a breve una sequela di grossi problemi e ostacoli le sarebbero piovuti addosso.

A questo Buffy pensava mentre usciva dal bagno in pigiama e scendeva in cucina, da dove proveniva l’odore del caffè che Amy aveva già preparato. Era una cara ragazza, non c’è che dire: certo, non stava mai zitta e aveva una tendenza agghiacciante al pettegolezzo (oramai Buffy e Dawn sapevano ogni cosa della vita privata dei loro vicini, anche del presunto amante del figlio dei Kovalovskj), ma a parte questo non ci si poteva lamentare: aveva anche smesso di aiutarsi con la magia a fare il bucato quando Buffy aveva visto una maglietta svolazzare da sola fino allo stendino. Purtroppo era totalmente negata a stirare, ma aveva una mano felicissima con i dolci, motivo più che sufficiente per tenerla in casa fino a quando Vigio l’Inclemente non si fosse deciso a smettere di farle paura.

 

Era stata una cena strana quella con lui: tutto si era svolto nel modo più normale e piacevole possibile. Non aveva detto nulla sulla mancanza di vino sulla tavola e neppure sulle portate, tutte prodotto della cucina americana, che egli detestava (o almeno così sosteneva Giles); aveva anche sopportato in silenzio di non poter fumare dopo il caffè all’americana, che aveva bevuto trattenendo a stento la degnazione. Jorge Louis Borges, che il Conte di San Germano stimava assai, scrisse in “Storia universale dell’infamia” che “A cinquant’anni, l’uomo ha accumulato tenerezze, ironie, oscenità e copiosi aneddoti”: come immaginarsi cosa aveva accumulato in svariati secoli la persona chiamata dai demoni Vigio l’Inclemente !

Inoltre, dopo la lunga permanenza sulle Meteore con le Potenziali, era anche in grado di sostenere una conversazione infarcita di termini gergali con delle adolescenti del primo decennio del primo secolo del terzo millennio dalla nascita di Cristo. Passava, notò Buffy, con facilità dall’ultimo episodio di “Will & Grace” al più recente pettegolezzo sull’ultimo fidanzato di J.Lo, alternando a una citazione sul pane tratta da un poeta fiorentino all’aneddoto pruriginoso sulla grassezza di un certo Ranuccio Farnese e su come un Duca di Mantova dovette mostrare di essere veramente uomo.

Sorrideva garbato, rideva con discrezione e si mostrava gentile e disponibile: addirittura le aiutò a sparecchiare e a un certo punto accennò, con Dawn, a cantare una parte della sigla di Ally McBeal, passando poi ad alcune riflessioni sconsolate sul perché i telefilm finiscano. Nulla faceva pensare che con quella stessa voce intonata e graziosa, ma senza smalto, aveva pronunciato la condanna a Willow, ordinato massacri di demoni e detto ad una Cacciatrice nel 1807 “Sappiate che se non deporrete subito le armi e se cercherete di uccidermi sarò costretto a farvi presentare anzitempo davanti a Dio”.

Ad un certo punto della cena Dawn disse a Buffy che il Conte era imparentato con un sacco di Re e Regine: egli (che secondo Giles manteneva certe vanità e piccolezze da piccolo nobile di provincia) si illuminò e, invitato anche da Amy, curiosa come suo solito, spiegò a Buffy i suoi rapporti di sangue con i Valois, i Borbone e i Medici (quelli del ramo di Cosimo il Vecchio e quelli del ramo di Lorenzo il Vecchio).

Prese però il discorso troppo alla larga, incominciando addirittura dal Re San Luigi IX e alla quinta domanda di Buffy, che perdeva continuamente il filo dei rapporti di sangue, decise di sfrondare un po’ la genealogia tralasciando varie personalità minori, ma anche la seconda versione era decisamente troppo complicata, per cui il Conte decise di ridurre il discorso al minimo, partendo solo dagli inizi del XVI secolo.

<Dunque, iniziamo a semplificare: tra i figli di Lorenzo il Magnifico ci sono due fratelli, Piero e Lucrezia. Piero ha un figlio che sposa Maddalena De La Tour d’Auvergne e la loro unica figlia sarà Caterina de Medici, Regina di Francia perché moglie di Francesco I. Mio padre era parente di Maddalena De La Tour: fin qui mi seguite ?> <Sì, ma prima era più difficile.> osservò Buffy, che non capiva come mai adesso fosse tutto più – relativamente - semplice.

<Perché avevo aggiunto che il nonno di Maddalena De La Tour aveva sposato la sorella del padre del duca Antonio di Borbone.> <Suo parente ?> <A lui arriveremo dopo. Lucrezia de Medici, di cui accennavo prima, sposa un Salviati e la loro figlia Maria Salviati sposa il Capitano Giovanni de Medici, detto Dalle Bande Nere, su cui hanno fatto qualche anno fa un magnifico film: il loro figlio sarà il Granduca di Toscana e Duca di Siena Cosimo I e mia madre era cugina di Maria Salviati, sua madre.> <Quindi lei per parte di padre era cugino della regina di Francia e per parte di madre del granduca di Toscana.>

Dawn sembrava l’unica in grado di seguirlo in questo pressoché infinito gorgo di parentele. <Brave: ora viene l’interessante. Mia cugina Caterina, che Dio l’abbia in gloria, mette al mondo tre Re di Francia e due Regine. Sua figlia Margot, su cui hanno fatto un bruttissimo e falsissimo film, sposa il Re di Navarra Enrico, figlio di Antonio di Borbone, a cui ho accennato, la cui sorella del padre aveva sposato il nonno della madre della Regina Caterina.> Buffy oramai si era persa del tutto, scoprendo che esistono rapporti di parentela per i quali non sono stati ancora coniati nomi.

<Ma mia cugina Margot era sterile, probabilmente, oltrechè di facilissimi costumi, ed Enrico doveva trovarsi una nuova moglie, perché era diventato Enrico IV Re di Francia e di Navarra. Per cui sposa mia nipote Maria de Medici.> <La moglie del capitano su cui hanno fatto un film ?> <Ma no, siamo molto dopo ! Il capitano è padre del Granduca Cosimo I, che è padre del Granduca Francesco I che è padre di questa Maria, che quindi sposa l’ex genero di sua cugina la Regina di Francia, divenendo a sua volta Regina di Francia e madre di Luigi XIII, che voi americane conoscerete perché è il Re sotto cui si svolgono “I tre moschettieri” e di GianGastone Duca d’Orleans, padre della Grande Mademoiselle e di quella donnaccia della futura Granduchessa Louise Margot, moglie di quell’imbecille del Granduca Cosimo III e madre del Gran Principe Ferdinando, di quella santa dell’Elettrice Palatina e del Granduca GianGastone I, ultimo dei miei nipoti Medici a reggere il trono di Toscana.>

Buffy non riusciva più neppure a non capire: quella cascata di parenti coronati l’aveva ammutolita. <È grazie alla Regina Maria se io ho del sangue in comune con le dinastie regnati di Portogallo, Spagna, Francia, Parma, Napoli, Piemonte, Modena, Toscana, Austria – Ungheria, Inghilterra e quindi di tutta Europa.> <Discendono tutti da lei ?> chiese Dawn.

<Le Famiglie Reali discendono tutte da tutte. Certo, purtroppo negli ultimi tempi mescolano il loro sacro sangue con il popolo e lo sporcano, ma ho la speranza che tale sacrilegio non durerà a lungo. Come purtroppo i loro matrimoni, il che è comprensibile: come possono costruire una santa famiglia quando introducono nella loro eletta stirpe le figlie o figli di coloro che impiegavano come stallieri ?>

C’era una cosa che a Buffy non era chiara (più di una in verità, soprattutto circa i rapporti di parentela nella famiglia del Conte e quelle strane osservazioni sul sacro sangue e l’eletta stirpe): aveva parlato di parenti della famiglia paterna e materna, ma non aveva fatto alcun riferimento alla propria. Avrebbe voluto domandargli se aveva avuto fratelli o sorelle, ma pensò che forse egli preferisse non parlarne.

 

Quella stessa sera poi, con notevole discrezione, riuscì a fra capire a Buffy che le voleva parlare in privato: mentre lei faceva in cucina il caffè (che lui bevve poi solo per pura gentilezza) le domandò se, dal punto di vista economico, avevano bisogno di qualcosa. Ovviamente Buffy aveva disgusto a sapere la provenienza di quei soldi e si affrettò a negare: lei avrebbe lavorato di nuovo al Liceo, sua sorella avrebbe trovato qualche lavoretto ed Amy era già d’accordo per contribuire alla sua parte di bollette e spese varie.

Il Conte, chiedendosi se lei sapesse di chi era l’idea di Wood di riprenderla a lavorare al Liceo, si limitò con garbo a ricordarle che per qualsiasi evenienza bastava chiedere e che, circa il college per Dawn, aveva già provveduto lui, tre anni prima, a preparare un buon fondo per i suoi studi. Buffy lo guardò palesemente imbarazzata: gli studi universitari della sorella erano per lei fonte di notevoli pensieri e, per quanto non le facesse affatto piacere essere ulteriormente in debito con quell’uomo, non potè non ringraziarlo per il pensiero.

<Ovviamente, se volesse anche lei riprendere gli studi io mi sentirei onorato a-> <Grazie Conte ma non ce n’è bisogno. Lei non sa … anzi, lei saprà benissimo cosa ho vissuto in quell’anno di università e le assicuro che mi basta ed avanza. Preferisco tornare a fare la cameriera: meglio puzzare di fritto che incontrare servizi segreti deviati.>

 

Da quella cena all’insegna della distensione Buffy permise tacitamente alla sorella di andare a trovare quell’uomo perché le desse delle risposte sulla sua vera natura: per i primi tempi il Conte decise di iniziare a dare spiegazioni teoriche e teologiche a Dawn, al fine di prepararla ad alcune rivelazioni e ad alcune prove che avrebbe dovuto sostenere.

La prima volta le disse che tutti gli uomini, per loro natura, sono sinoli di corpo ed anima, cioè ad un guscio di corpo corrisponde un gheriglio di anima, ma nel suo caso affianco al gheriglio era presente un’altra entità, anch’essa di natura divina come l’anima. A questo punto del racconto della sorella negli occhi di Buffy passò una lieve e veloce ombra, che Dawn interpretò come malumore immotivato, ragion per cui decise di non raccontarle più nulla di quello che il Conte le avrebbe spiegato.

In realtà Buffy aveva solo pensato con rammarico che lei non sarebbe mai riuscita ad aiutare così tanto Dawn su quel problema, ma per questo malinteso un’altra occasione di dialogo e vicinanza tra le Summers svanì come una bolla di sapone.

 

Intanto, da qualche parte negli Stati Uniti …

Ma ci sarà da fidarsi, chiese il più giovane. L’altro lo guardò con degnazione da oltre i vetri degli occhiali, non volendo cadere nella sua facile trappola: se cercava un litigio lui non glielo avrebbe permesso, soprattutto in quel frangente. <L’Ordine, da che si è ricostituito, ha sempre dato garanzia di affidabilità.> <Meno male, con quello che ci è costato sarebbe stato vergognoso il contrario.>

Il terzo uomo si permise un sorriso, accavallando le gambe. <Dobbiamo tenere conto che ha accettato di prestare un servizio che danneggerà la protetta di Vigio l’Inclemente. Una somma congrua era prevedibile.> Il più giovane chiese quante volte l’Inclemente avesse distrutto l’Ordine. Prima che i due uomini rispondessero il Fanciullo parlò, cercando di nascondere il divertimento che gli mettevano quei tre, a parer suo (e non solo …) abbastanza disorganizzati: ma l’avevano iniziata loro tutta quella storia ...

<Oh, l’ha distrutto un sacco di volte. Secondo me, con la voglia che hanno di vendicarsi potevano anche farvi lo sconto. L’ultima volta è stato nel 1998, la prima nel 1597. Poi nel 1666, mi pare, nel 1796, nel 1854, nel 1919 e nel 1944.> <Otto volte ? Mi pareva sette.> commentò l’uomo con gli occhiali. <Effettivamente nel 1919 l’Ordine non era ancora risorto, se non ricordo male.> disse il terzo uomo. Il Fanciullo sorrise. <Ha fatto saltare in aria l’isolato di Budapest durante la cerimonia di ricostituzione: io credo che valga.>

 

Fu una lieve sensazione di capogiro per Buffy ripresentarsi davanti al suo Liceo, nelle forme e nelle dimensioni che lei aveva distrutto sei anni prima: ma anche quello faceva parte del suo passato che non passava. Fin dal primo momento in cui l’aveva rivisto comprese che mai sarebbe riuscita a togliersi dalla testa quel lieve senso di straniamento, quella sensazione di vivere in un eterno presente, in un eterno ritorno (senza mani di mummia, almeno per ora.)

Ma, nonostante questo, accettò quasi di buon grado la proposta di Wood, anzi, la proposta che il Conte fece tramite Wood. Tra le varie cose lo stipendio era più alto dell’ultima volta in cui aveva prestato servizio di assistenza psicologica, ma il preside le spiegò che ciò era dovuto alla “riconosciuta difficoltà dell’ambiente sociale ed umano a Sunnydale” e lei decise di crederci.

Il suo ufficio era preceduto da una piccola saletta d’aspetto, illuminata da una finestra e arredata con un vecchio divanetto, un paio di sedie e un tavolino basso; l’ufficio vero e proprio invece era, se possibile, ancora più squallido. Nonostante gli ottimi  infissi e l’esposizione a sud, come vantava Xander, a Buffy bastò guardare i due schedari in acciaio, la libreria vuota in compensato ed ante a vetri, le due sedie, la scrivania standard con la sua sedia pseudo ergonomica, il computer, la foto del presidente Bush appesa e il cestino della carta per pensare che sarebbe stata lei ad aver bisogno di sostegno psicologico dopo che ci avrebbe passato tre giorni alla settimana per i prossimi … il prossimo … per del tempo: oramai si era rassegnata a non fare programmi che andassero oltre l’abituale imminente apocalisse.

Ci voleva un tocco femminile per arredarlo e renderlo più confortevole e fortunatamente tutti contribuirono: Wood dirottò dalla sala insegnati una comoda e morbida poltroncina nera con le rotelle e Xander procurò un paio di ragazzi per ridipingere le due stanze con “confortevoli, delicati e morbidi colori pastello” ( <Quando usiamo questi aggettivi con i clienti quelli si sciolgono e accettano ogni cosa.> aggiunse il ragazzo a spiegazione, poiché Buffy era molto sorpresa di sentirgli in bocca certi aggettivi).

Giles le portò alcune graziose stampe con vedute di Bath e della campagna circostante, Willow e Kennedy le regalarono una bella lampada da tavolo e Dawn un CD che conteneva milleseicentotrentotto videogiochi fino ai primi anni ’90. <Quelli che ti piacevano tanto quando la tua generazione era giovane e non esisteva la playstation. Almeno non passerai le giornate a giocare al solitario.> Amy optò per un appendiabiti, benché credesse che una qualche arma sarebbe stata più utile. <Sono ragazzi con problemi, non mostri.> <E se per risolvere i loro problemi evocano un demone ? Dawn mi diceva ti è già successo. Ma mi sembrava di essere poco positiva a presentarmi con un pugnale.>

Ma dopo quelli degli amici arrivarono anche i regali … inaspettati. Rayne si presentò con una tazza da caffè prodotta dal merchandising del film “Van Helsing”: c’era raffigurato Hugh Jackman e sopra il titolo, scritto ben chiaro. <Sei una Cacciatrice: l’ho vista in un mercatino e mi è sembrata una bella idea. È un po’ il tuo santo protettore.> Ringraziò, ma le ci volle un po’ a riprendersi.

La signora Moller, che non aveva ancora incontrato, venne a casa a portarle un sottopiatto in bronzo lavorato, aggiungendo che poteva essere molto utile sia per appoggiarci la posta che per qualche demone malintenzionato che si fosse fatto vivo: Buffy, passata la sorpresa, pensò che quella donna le ricordava qualcuno. Sì, qualcuno che conosceva aveva gli stessi occhi di quella donna, e la stessa bocca, dalla linea delle labbra morbida e ben disegnata.

Infine, immancabile a questo punto, si presentò il Conte con due pacchetti: Madame Margot le inviava una stampa francese seicentesca raffigurante San Giorgio che uccide il drago. Decisamente il fantasma e Rayne avevano pensato alla stessa cosa, cambiava solo lo stile e gli studenti l’avrebbero presa per una psicologa bigotta che guarda film gotici. Nell’astuccio in raso che le porse il Conte c’era invece un lavoratissimo pugnale napoletano della seconda metà del Settecento che decisamente doveva avere un notevole valore. Lui le sorrise e le disse che poteva usarlo anche come fermacarte e che era della misura esatta per stare nascosto nel cassetto della scrivania.

 

Incredibilmente Buffy era molto tesa, e non per i regali strampalati che le erano stati fatti: passò la sera a pensare che abito mettere e come sistemarsi i capelli, ci pensò mentre si addormentava e appena sveglia. Alla fine, mentre Dawn ed Amy facevano colazione, sentendo sopra le loro teste quelli che potevano parere i passi nervosi di una leonessa in gabbia, optò per una tenuta sobria ma elegante, professionale ma giovanile, comoda ma non sciatta. Scelse una camicia bianca di taglio quasi maschile e dall’ampio colletto, un morbido e caldo maglioncino e i suoi adorati pantaloni blu svasati in fondo: no, non sembrava affatto una “mamma”, la sua giovinezza risaltava nonostante il viso tirato per l’abituale magrezza.

Le venne in mente quello che Amy le aveva detto qualche giorno prima, insistendo nel versarle una seconda porzione di uova nel piatto: <Una Cacciatrice denutrita non affronta bene un’apocalisse.> Per i capelli optò per una semplice coda di cavallo ed infine … indugiò un poco davanti al suo portagioie, ma comprese che non poteva iniziare a lavorare senza di essi: gli orecchini con perla di sua madre. Li indossò, si guardò allo specchio e, come sempre le accadeva, sentì una fitta al cuore: strinse le labbra, ricacciò la mestizia, allontanò il dolore, e scese a far colazione.

Mangiò poco e di fretta, stranamente agitata e quando le venne in mente che dell’ultima volta come Consigliere Scolastico la parte migliore era stata quando aveva rimorchiato, anzi, sedotto, quel ragazzo per poco il caffè non le andò di traverso. Non poteva iniziare la settimana e il lavoro con certi pensieri –e voglie- che facevano capolino. Andarono a scuola con Amy, che poi proseguì al negozio: Buffy fece conoscenza con le due segretarie, scoprì che la terribile professoressa di matematica che terrorizzava Kennedy metteva paura solo a vederla, prese un caffè con Wood (che velatamente e garbatamente scherzò sul suo passato come Consulente) e alla fine si ritrovò sola nel suo ufficio. Era da qualche giorno che aspettava quel momento: finalmente avrebbe potuto provare quel CD coi videogiochi.

 

Stati Uniti ! Dove sono capitato. In questo paese oramai non si può neppure fumarsi in pace una sigaretta senza che qualche passante non ti guardi come un mostro. Non che qualcuno mi abbia mai guardato in faccia, beninteso, e poi sia potuto andare a raccontarlo. Cielo, talvolta è così frustrante, essere chi sono e non poter neppure avere un ritratto degno della mia fama. Bah, lasciamo perdere che poi mi butto giù e lavoro male. E visto cosa devo fare mi conviene essere scaltro come un serpente.

Pare che la Grande Cacciatrice sia un po’ fuori forma, ma non voglio fidarmi delle voci: in fondo girava anche la storia che fosse morta, ed invece è sempre qui a scassare le palle. Certo, il fatto che lavori la mattina in una scuola come psicologa o qualcosa del genere mi fa pensare che non sia proprio più quella macchina per uccidere … e fare sesso che era.

Magari la trovo con i capelli raccolti dietro e gli occhiali, tipo segretaria nei film di James Bond. Ma perché qui le scuole hanno gli psicologi ? Cosa credono, di prevenire maniaci omicidi e serial-killer ? Basterebbe che non vendessero armi anche ai poppanti, quello sarebbe già un passo in avanti. Stati Uniti: dove sono capitato !

E questa sarebbe la scuola ?! Bruttina, sembra finta. Certo, non che ci sia un’architettura adatta alla Bocca dell’Inferno. Ma chissà perché l’hanno costruita proprio qui. Forse era un chiaro simbolo della sfiducia nel sistema scolastico. Oppure pensavano che la cultura –come se una scuola superiore ne producesse- avrebbe potuto sconfiggere il Male, qualcosa di molto illuminista sul genere “il buio della ragione genera mostri”. Non c’è più nessuno sulle scale, finalmente quei bastardi griffati se ne sono andati. Ma una volta non entravano in classe prima del suono della campana ? E poi cosa diavolo avevano da guardare il mio piumino ?

 

Poiché certe cose non cambiano, la Cacciatrice era socialmente isolata nel suo Liceo. Kennedy così poco attenta alla moda, dichiaratamente lesbica, per nulla interessata a gran parte delle passioni dei suoi coetanei e con negli occhi un perenne sguardo di consapevole maturità, come se tutti gli altri in quella scuola non sapessero e non capissero nulla del mondo che li circondava (il che era vero, fino ad un certo punto), era quasi del tutto emarginata: gli inconvenienti della missione le spiegò Xander, ma questo non le doveva impedire di farsi degli amici fidati e di rimanere con i piedi per terra.

<Ricordati che maggiori sono i tuoi legami con il mondo che ti circonda, più hai persone che ami intorno a te più hai possibilità di sopravvivere. Kendra era tutta per la missione e la missione era tutto per lei, e non è vissuta a lungo. Non ti devi far assorbire interamente dalla tua identità di Cacciatrice.> Per Dawn, invece, la strada era tutta in discesa.

Era una bella ragazza alta e snella, che avrebbe potuto per questo far parte del gruppo delle Cordettes (nella versione 2004-2005, ovviamente) e probabilmente le cheerleaders, se non fossero state già al completo, le avrebbero anche fatto un provino; quando parlò a cena di questo argomento Amy attaccò una lunga perorazione su quanto quell’ambiente umano non sia raccomandabile, lasciando molto perplessa Dawn. Ma il suo vero punto a favore era un altro: molti studenti erano consci che due anni prima qualcosa di grosso, sinistro e malefico era successo in quella scuola e che in qualche modo la sorella maggiore di Dawn, la consulente scolastica, vi si era opposta; a ciò si aggiungeva, sussurrandolo e infarcendo le verità di supposizioni e leggende, che sfogliando vecchi annuari o ascoltando i fratelli e sorelle maggiori quei ragazzi sapevano che la classe 1999 era stata quella con minor mortalità.

Insomma, questo non le faceva più amici –e la frequentazione con Kennedy era criticata e fonte di mormorii malevoli- ma le portava in dote una sorta di reverente rispetto e le allontanava in parte il naturale ostruzionismo che gli adolescenti facevano ai nuovi entrati. Inoltre molti ragazzi la consideravano carina, e anche questo poteva essere un punto in suo favore per una buona notorietà: bastava la sapesse gestire.

 

Mamma mia che schifo questa scuola. Il colore di questi corridoi è orribile. E tutti questi armadietti uguali: l’omologazione culturale passa anche da qui. Com’è che questo paese ha assoggettato tutti gli altri e che questa razza idiota sta sconfiggendo la nostra ? Se fossi un terrorista o uno psicopatico avrei già fatto una strage. Non c’è nessuno che mi abbia ancora fermato o chiesto chi sono. Non che sia un problema, anzi, molto meglio, ma una missione così facile non dà quasi gusto. Certo, questo è solo l’inizio, ma non credo che gli altri da incontrare mi daranno particolarmente noia.

Direzione … Segreteria … dovrebbe essere da queste parti … Ah, ecco, Consulente Giovanile ! Bussiamo per cortesia. Oh ! C’è una saletta d’attesa prima del suo ufficio, la trattano bene. Certo, questo divanetto è orribile e queste sedie devono avere trent’anni, ma immagino che chi viene qui non sia interessato all’arredamento. Le dieci e venti: sarà sicuramente al lavoro. <C’è qualcuno ? Avanti, vieni pure.> Che cara. Mi ha sentito bussare, prima. Bene, iniziamo il lavoro.

 

Giles quella mattina era uno straccio: si era addormentato sugli ultimi incartamenti che il Duca di Hamilton gli aveva mandato circa le manovre del gruppo russo. A quanto pareva, mentre il mondo inglese, sempre più spaccato, cercava di farsi vicendevolmente le scarpe, a Kiev il Metropolita Vladimiro II (e dietro di lui il Patriarca di Mosca e tutte le Russie Alessio II) si dimostrava disponibile ad ogni compromesso pur di vincere.

Era incredibile come le chiese ortodosse, oltre a sopravvivere sotto il pugno di ferro del comunismo, fossero riuscite anche a salvare il loro antico sapere su vampiri e demoni e a portare avanti gli studi su di loro. Con il crollo del regime in tutto l’Est la chiesa ortodossa aveva subito ripreso l’antico vigore, come se quei decenni di ateismo di stato non fossero mai esistiti, e ben riorganizzata al proprio interno non aveva perso tempo per rigettarsi nella politica, come voleva la sua tradizione, cercando di ricacciare i cattolici dall’Ucraina, aizzando le masse slave contro musulmani ed ebrei, e ricordando al mondo che lei sola non aveva tradito, venendo a patti con la modernità, il sapere che gli antichi avevano trasmesso sui “figli di Satana”.

Ciò non le aveva però impedito di dimostrarsi disponibile a molte sinistre alleanze per poter scalare i seggi del Consiglio che di lì a poco sarebbe nato: da Costantinopoli il Patriarca Bartolomeo I, santa e brava persona che capiva ben poco di politica e si lasciava maneggiare da Alessio II, aveva invitato all’unità tutte le chiese nella vera Fede affinché il governo delle Cacciatrici non finisse di nuovo in mano agli uomini che “negano e disprezzano le antiche tradizioni e verità rivelate”. A questo bando avevano risposto entusiasticamente quasi tutta l’Europa slava dove lo studio e la conoscenza del mondo demoniaco era rimasto appannaggio del clero e di una parte della nobiltà (fuggita in Occidente) poiché sotto il Socialismo Reale tutte quelle storie su vampiri e affini erano considerate retaggi reazionari e clericali tesi a confondere e a tenere nella paura il proletariato.

La cosa più preoccupante era che, a quanto si diceva, anche il silenzioso e misterioso gruppo giapponese si mostrava interessato alla linea ideologico – politica proposta dal Patriarca Alessio II ed annunciata dal Patriarca Bartolomeo: se il gruppo dei russi e quello nipponico fossero giunti ad un compromesso e ad un’alleanza sarebbe stato molto difficile farli passare ed isolarli come matti tradizionalisti e anti-moderni, che era quello che Giles e tutti e tre i gruppi inglesi pensavano.

Fortunatamente si poteva escludere a priori una qualche convergenza con i cattolici del Conte di San Germano e con la galassia ebraica: incerta era la posizione dei molti altri gruppi minori, gli zingari e i tibetani, i neo-pagani, gli animisti e i petrolieri musulmani, ma la fama che aleggiava intorno ad Alessio II (quella di ex agente del KGB) poteva far sperare che ben pochi volessero legarsi a quel carro. E quanto ai giapponesi … come sosteneva il Duca di Hamilton “quelli sono di un altro mondo e speriamo che ci rimangano”.

Tutto questo per colpa della moltiplicazione delle Cacciatrici ! Se Buffy avesse saputo cosa era andata a scatenare …

 

ATTO I

Dawn stava fingendo di seguire la lezione di letteratura quando la segretaria aprì la porta dell’aula e disse che il Preside Wood attendeva lei e Kennedy: alle due ragazze non servì neppure guardarsi negli occhi per capire che qualcosa di non naturale era accaduto e che ad aspettarle avrebbero trovato anche Giles e Buffy. Invece la Cacciatrice mancava e i due uomini erano notevolmente pallidi.

C’è stato un lieve incidente a tua sorella, incominciò come imbarazzato l’Osservatore e prima che aggiunse una sola parola Dawn ebbe l’immagine di un homunculus o di un bringer che l’assaliva (alle undici e mezza di mattina non ci potevano essere vampiri): al solo pensiero ebbe un capogiro e si sentì mancare il fiato. Mentre i due uomini, aiutando Kennedy, la facevano sedere, lei comprese il suo egoismo: si era dimenticata, anzi, non aveva mai voluto pensare che tornare a Sunnydale oltre ad offrirle tante possibilità significava anche un notevole aumento di pericolo nella vita di Buffy; si sentì la solita ragazzina egoista e testarda, quello che la sorella le urlava quand’era arrabbiata.

Poco prima Wood era andato a vedere come se la passava la Consulente e a sentire se aveva voglia di prendersi un caffè di mezza mattinata: Buffy era stesa a terra in modo scomposto dietro la scrivania, incosciente, pallida, le palpebre appena aperte e un filo di saliva all’angolo della bocca.

Wood si gettò verso di lei, terrorizzato e sconvolto, pensando che una ragazza così giovane e una guerriera così forte non poteva morire in un modo così stupido, per un ictus o un infarto come può accadere a qualsiasi altra persona: no, non sarebbe stato giusto ! Le controllò subito il polso, mentre il cuore gli faceva battere le vene nelle tempie con forza: era debole, ma il polso c’era. Corse a chiamare un ambulanza e Giles: l’uomo quando entrò e la vide così, immobile e bianca, ebbe il fiato mozzò e istintivamente si appoggiò a Wood. Dio, è morta come sua madre, fu la prima cosa che pensò.

Passato i primi momenti di paura provvidero a farla portare in infermeria dove fu fatta stendere con le gambe in alto e l’infermiera cercò di farla rinvenire con i sali cercando di capire cosa fosse successo a quella ragazza: solo allora i due uomini si ricordarono di Dawn e di Kennedy e le fecero chiamare.

Le condussero al capezzale della ragazza, che non aveva ancora ripreso conoscenza e quando mandarono l’infermiera a far strada agli uomini del Pronto Soccorso Wood constatò che non aveva mai sentito parlare di una Cacciatrice affetta da narcolessia; Giles espresse il timore che ci fosse qualcosa di magico, misterioso e demoniaco nell’improvviso svenimento di Buffy.

<Questo è un bene, no ? Cioè, se ha a che fare con la magia lei o Willow potete sempre mettere tutto a posto, vero ? Insomma, se è vittima di incantesimo ci sarà un contro incantesimo da qualche parte, vero ? Basta andare in biblioteca e cercare, giusto ? Anzi, dobbiamo chiamare Amy, magari ha qualcosa di interessante in negozio.> Kennedy stava metabolizzando così il suo attacco di panico, parlando a raffica con gli occhi dilatati mentre nel più assoluto silenzio Dawn si era avvicinata al corpo della sorella e con tocco lieve, come se avesse paura a svegliarla, faceva scorrere le dita sulla mano di lei. <È fredda.> disse solamente; poi arrivarono gli uomini del Pronto Soccorso.

 

Giles accompagnò le due ragazze all’ospedale, dove trovarono Willow, già avvisata e che si era precipitata lì dall’università, ed Amy, che aveva messo il cartello “torno subito” al negozio; Xander aveva lasciato il cellulare a casa e, per il momento, Giles pensò che non era il caso di avvisarlo: aveva già abbastanza ragazze per iniziare una ricerca su cos’era stato fatto a Buffy, giacchè nessuno aveva pensato  per un solo momento che il suo malore fosse di natura fisica. Mancava da avvisare solo una persona.

Al telefono rispose Rayne, che diede cattive notizie. <Come ? … Va bene, passamela.> Le ragazze guardarono l’Osservatore che le riferì quanto gli era stato appena detto. <Il Conte è partito due giorni fa e tornerà questa sera tardi: è andato personalmente a fare due chiacchiere con alcuni suoi informatori. Ethan è andato a chiamare Madame.> <Quell’uomo se ne va e qualcuno attacca la sua adorata e protetta Buffy ? Non credo sia un caso.> disse Willow, sintetizzando il pensiero di tutti.

Come fa un fantasma, essere incorporeo, a reggere una cornetta telefonica ? Giles se lo chiese non appena sentì la voce di Madame, e la sentirono tutti giacchè stava usando un tono decisamente alto: aveva un opinione infima di Buffy, questo l’Osservatore lo sapeva da molto, non le perdonava le sue storie con Angel e Spike, certe sue scelte ed amicizie (e dell’altro che era meno chiaro, ipotizzava Giles) ma anch’essa, come tutti loro e Monsieur se fosse stato presente, era sinceramente preoccupata ed allarmata.

Con il solito fare impetuoso ed autoritario, nella solita parvenza di ostico inglese, stabilì che la piccola sarebbe stata più al sicuro all’interno della loro villa e che avrebbe mandato all’ospedale una scorta che la conducesse in sicurezza fin lì e che vegliasse su Anne: nel frattempo avrebbe iniziato a fare alcune ricerche e che le telefonassero subito non appena i dottori avessero presentato una prima diagnosi.

<Bene Dawn, tu rimarrai a casa del Conte fino a quando non saremo certi che non sei in pericolo.> <No ! Io voglio stare con Buffy ! So difendermi da sola e voglio essere d’aiuto.> Giles impiegò un po’ di tempo a farle capire che, se era vero che qualcuno aveva bisogno di lei per riaprire la Bocca dell’Inferno, allora il loro primo dovere era non cadere nella trappola preparata; inoltre avrebbe potuto benissimo essere utile anche in quella casa: c’erano alcune centinaia di volumi da consultare, molto probabilmente.

Giunta la scorta promessa lui sarebbe andato a fare ricerche nella biblioteca della scuola, cooptando Wood, Amy avrebbe controllato se ci poteva essere qualcosa di utile nei volumi che aveva in negozio assieme a Kennedy e Willow sarebbe rimasta lì al capezzale di Buffy. <Credo sia saggio, se questa malattia ha origine magica o demoniaca, che un’ottima strega monitori il decorso. Inoltre non sappiamo se qualcuno si ripresenterà per farle del male, ma in quel caso sono certo che tu sarai sicuramente una perfetta difesa.>

Dopo un tempo pressoché infinito arrivò un dottore, sconsolato: non c’erano ferite o lesioni interne, grumi di sangue nel cervello, sintomi di infarto, era da escludere la narcolessia e altre malattie. Teoricamente la paziente era sanissima, non presentava alcun sintomo noto, eppure la pressione sanguigna continuava, seppur lentamente, a diminuire: il defribillatore aveva avuto effetto momentaneo, per cui avevano proceduto con alcune iniezioni per ridare vitalità al cuore. <È strano, lo so, eppure si direbbe che il cuore della signorina Summers si stia stancando di battere. Abbiamo comunque predisposto ogni cosa per farle altri analisi.>

<Tutto ciò puzza di magia lontano un miglio. Giles, telefoni a Madame. Amy, Kennedy, voi potete già andare a cercare al negozio. Willow, tu telefona a Xander. Muoviamoci, non c’è tempo da perdere.> Tra i presenti solo l’Osservatore e la più vecchia amica di Buffy, sentendo quel tono deciso che non ammetteva repliche, ebbero chiara la sensazione di quanto fosse vero che la piccola Dawn non era più una bambina e che era dello stesso sangue di sua sorella, chiamata dal mondo la Grande Cacciatrice.

 

Gli architetti sono tra le peggiori razze del mondo. Xander ne era sicuro e su questo assioma avrebbe potuto costruirci sopra un’intera filosofia e un intero metodo speculativo, avrebbe potuto scriverci libri e dare pubbliche dimostrazioni. Se da secoli le case avevano forma quadrata e normali tetti a capanna o piani, perché costruire edifici semieptagonali con tetti abitabili, che poi le travi del tetto dovevano essere per forza sagomate nei modi più strani perché si incastrassero tra loro ? Nessuno aveva mai detto a quei boriosi disegnatori che si credevano tutti geni che dopo i loro disegni perfettini e lucidi ci sarebbero stati dei dannati carpentieri che sarebbero impazziti per trovare i giusti incastri tra le travi ?

Xander era in cantiere, seduto su un blocco di mattoni ancora sigillato, e fissava la pianta e l’assonometria di quella villa per cercare di visualizzare come sarebbe stato il tetto e, di conseguenza, come avrebbero dovuto porre in opera le travi. A chi lo vedeva passare sembrava un uomo intento nel suo lavoro, teso in uno sforzo produttivo, ma in realtà la sua mente pensava a tutt’altro.

Pensava al film che era andato a vedere per accompagnare Dawn, o almeno questo era quello che sarebbe dovuto accadere. A quanto pare la ragazza non aveva trovato nessuno che voleva vederlo con lei e così s’era rivolta al vecchio amico Xander, e fin qui tutto era nella norma. Quando Xander la andò a prendere per poco non ebbe un collasso: la sua piccola Dawn indossava un paio di jeans a vita bassa, un golfino rosa d’angora decisamente attillato che le stava molto bene (“la marmocchia con le misure da donna” per citare quello che disse Faith quando la incontrò in occasione della comparsa di Caleb) e un corto cappottino nero con la cintura che, stretta, evidenziava ancora di più la sua vita sottile.

<Accidenti Dawnie, sei uno schianto !> fu la prima cosa che le disse: la ragazza sorrise compiaciuta, proprio come Amy (che aveva curato il trucco e la pettinatura) nascosta in cucina; Buffy era a farsi la doccia e quindi non vide come la sorella si era preparata per uscire. Xander si sentì un poco imbarazzato, come quando stava con Cordelia: lui, l’uomo di poco conto per eccellenza, non era più abituato ad uscire con ragazze così belle e ogni volta gli pareva impossibile (anche Anya era bellissima, ma il fatto che fosse un ex demone con un rapporto conflittuale con le convenzioni sociali lo faceva sentire un po’ meno inferiore).

La serata da un punto di vista fu normale: cinema, un salto al Bronze e poi a casa, ma alcuni particolari turbavano la vita tranquilla e i pensieri di Xander. C’erano stati dei momenti … dei gesti … come dei segnali che lui non riusciva a spiegarsi: cercava di convincersi di avere interpretato male, di essere schiavo del suo ego e del suo desiderio di piacere ancora, nonostante l’handicap, ad una ragazza, eppure nel remoto dei suoi pensieri gli restava una domanda. Certi sorrisi, certi sguardi … possibile che la piccola Dawn avesse voluto flirtare con lui ? Impossibile, si doveva convincere che era impossibile. In primo luogo lei perché avrebbe dovuto essere interessata a lui, con tanti bei coetanei con due occhi che poteva trovare al Liceo ?

Sì, decisamente aveva visto malizia dove non ce n’era. E se invece ci fosse stata ? Impossibile e comunque era così giovane ed era la sorella di Buffy ! No, meglio non pensarci neppure: era stata sola una piacevole serata con una ragazza incredibilmente bella e lui doveva trattenere stupidi pensieri fuori luogo prima di combinare micidiali casini.

Eppure quando lei al cinema gli aveva parlato all’orecchio mettendo una mano sopra la sua oppure quando aveva appoggiato la testa sulla sua spalla lui era stato scosso come da un brivido e si era tutto agitato. Cattivo Xander, malizioso e malpensante, si ripeteva, che vedi nelle innocenti azioni altrui quello che non c’è; e che dopo quasi due anni ancora non ti sei scordato com’era desiderabilmente sensuale Dawn quando ballava al Bronze per sedurre quel quaterback.

Decisamente le sorelle Summers erano capace di risvegliare anche i morti quando decidevano di sedurre ballando: nei cinque migliori momenti della sua vita, oltre ad aver salvato il mondo da Willow e aver fatto sesso con Faith, c’era anche quel famoso ballo, anni prima, con Buffy.

È facile capire che in questa disposizione d’animo riflettere e studiare sugli incastri delle capriate di un tetto non è la cosa più facile di questo mondo. Era a questo punto della sua giornata quando Willow gli telefonò dall’ospedale: Buffy era in pericolo e tutto il resto (le travi, Dawn, la propria vita) passarono come in secondo piano.

 

Telefonarono a Madame per avvertirla delle novità: lei disse che stavano cercando “alcuni accessori” e poi la scorta per la piccolina sarebbe arrivata. Telefonarono a Xander che ovviamente si allarmò moltissimo e disse che gli bastava un’ora (e magari una doccia) e poi sarebbe subito andato in biblioteca a dare manforte a Giles con le ricerche: purtroppo –e si sentiva nella sua voce un immenso rammarico- non poteva muoversi prima.

Poco dopo la scorta arrivò e tutti i presenti non seppero cosa dire: accanto ad Ethan, avvolto in un assurdo cappotto di pelle che lo faceva sembrare lo zio stordito e inglese di Neo, c’era infagottata in una tuta nera di una o due taglie troppo grande, con una parrucca nera dai lunghi capelli lisci e la frangetta, pesantemente truccata con la matita nera intorno agli occhi e alle labbra … il Buffybot !

<Cosa … significa ?> riuscì a dire Giles mentre fissava la gemella dark e dallo sguardo ebete della Cacciatrice. <Sono in incognito, Giles. Non si vede ? Nessuno deve capire chi sono.> Ethan, scuotendo la testa, spiegò che era tutta un’idea di Madame: se qualche dottore avesse visto il Buffybot al naturale, così uguale alla ragazza, avrebbe potuto pensare che fosse la sua gemella e avrebbe potuto fare delle domande; in tal modo, secondo lei, questo pericolo era evitato.

<Io farò la guardia ad Anne, e sarò solida come la fortezza edificata sulla roccia, vigile come il falco e scaltra come il serpente. Tu strega vedi di agire bene perché qualsiasi errore da parte tuo sarà aggiunto al tuo lungo conto.> Willow fissò quella cosa dark e sorridente e pensò che se proprio doveva espiare per Warren era meglio andare a curar lebbrosi che sopportare tutto questo.

Il gruppo si divise: Ethan portò Dawn nella residenza del Conte, Giles e Wood tornarono alla biblioteca della scuola, Amy e Kennedy andarono nel negozio. Ognuno aveva un compito, pensò Willow mentre il Buffybot si piazzava, a braccia incrociate, davanti alla porta della stanza d’ospedale, immobile come una statua e lei si sedeva accanto al letto, tenendo la mano di Buffy tra le sue, frustrata per non poter rendersi utile in altro modo. O meglio … non appena avrebbero conosciuto cosa aveva fatto ciò alla ragazza allora, con un po’ di magia, lei sarebbe intervenuta a sistemare ogni cosa.

 

Brutto posto questa Sunnydale. Fa caldo anche se siamo a fine novembre: hanno ragione a dire che non ci sono più le mezze stagioni. O forse ho così caldo perché sono nel locale caldaie ? Mi sa che è per questo, potevo trovare un altro posto dove nascondermi. Che ore sono ? Le due e mezza: oramai anche l’Osservatore sarà ritornato in biblioteca. Andiamo a vedere, almeno prendo una boccata d’aria.

 

Amy lasciò il cartello “Torno subito” sulla porta: Buffy stava male, lei e quell’altra dovevano cercare qualcosa che le fosse d’aiuto: non poteva perdere tempo con i clienti (non che fossero molti, in verità). Mise Kennedy a fare il caffè e iniziò a prendere i libri che riteneva andassero consultati, benché brancolasse nel buio. I sintomi erano troppo vaghi, almeno per ora, per poter restringere il campo delle ricerche. E soprattutto … era opera di magia pura o di un qualche genere di demone ? O semplicemente … e se Buffy avesse contratto una misteriosa malattia ?

Povera ragazza, che vita da schifo la sua: talvolta pensava che era quasi peggio che rimanere un topo per anni, almeno lei non si era mai accorta di ciò che le succedeva intorno. Ma era meglio non vivere tre anni della propria vita, come era capitato a lei, oppure passare ininterrottamente da un rischio all’altro, con l’alito della Morte sempre sul collo ?

Che domande corpose, pensò scuotendo la testa e dirigendosi nel retrobottega a prendere l’occorrente per un poderoso incantesimo di protezione contro vampiri e qualche decina di svariate specie demoniache: portatolo a termine nessuno che non fosse del tutto umano sarebbe potuto entrare nel negozio.

 

Erano circa le due quando finalmente Giles entrò nel suo regno: quella biblioteca non aveva alcun segreto per lui. Durante il tragitto in auto aveva già pensato quali volumi consultare per primi e in che ordine: tutto era già stabilito, anche quali tomi avrebbe dato a Wood da spulciare quando sarebbe arrivato (prima doveva per forza sbrigare alcune terribili questioni burocratiche con il Provveditorato, di cui gli aveva già parlato, che non poteva più rimandare). Non ne sapeva molto, ma era certo che avevano poco tempo davanti, ragion per cui non si poteva perdere tempo in inutili, sterili ed emotive agitazioni.

Entrando a scuola dal distributore prese due panini, perché i morsi della fame non lo infastidissero durante la lettura di lingue morte, poi in biblioteca si tolse la giacca, preparò il bricco del caffè e mentre quello si formava iniziò a passare in rassegna gli scaffali togliendo i libri da consultare e andando a porli in due gruppi ben distinti sul tavolo.

Era pronto per iniziare: addentò il primo panino aprendo il cosiddetto “Compendiun de dæmonoris Sancti Domenici”, testo di area francese del XIII secolo, (prima edizione a stampa: Venezia, 1508) ma sempre utile per una prima scrematura delle possibili cause; Wood avrebbe iniziato consultando il “Trattato sulle affezioni magiche” di Francis Bersan, agile (rispetto a molti altri) volume inglese (Londra, 1875).

 

Che brutta scuola. E poi non c’è mai nessuno in giro, neppure uno straccio di inserviente: sarà colpa dei tagli al sistema scolastico, suppongo. Dunque … ah, la biblioteca è in fondo a quel corridoio: ma non potevano ricostruirla con una pianta più funzionale ? Non mi stupirei se mi perdessi ! Eccoci ! Che bello, ci sono anche gli oblò nelle porte per spiare meglio ! L’Osservatore è già dentro: e due.

 

Dawn era silenziosa e preoccupata, naturalmente: Ethan ritenne suo compito cercare di risollevarle il morale, per quanto possibile e per quanto ci riuscisse. <Su, non ti preoccupare: ti stai dirigendo nella migliore biblioteca di tutto quanto questo continente. Qualsiasi mago o demone abbia fatto questo … troveremo le cure.>

Dawn mugugnò appena e, senza degnarlo di risposta, continuò a guardare fuori dal finestrino, come assorta nell’incostante panorama urbana della città in ricostruzione. Certo, avrebbero scoperto cosa aveva Buffy, ma ci sarebbero riusciti in tempo ? E soprattutto, se era lei che quella gente, chiunque fosse, voleva, perché prendersela con sua sorella ? Perché come sempre lei era causa di tutti i mali delle persone che amava ? Perché la sua esistenza doveva essere di continuo ostacolo per le persone che le erano vicine ?

Avrebbe voluto piangere, ma non poteva farlo lì, in quella macchina con quello sconosciuto a fianco mentre veniva scortata al sicuro: cercò di farsi forza, come sempre aveva dovuto fare nei suoi pochi anni di vera vita. Ma tutto era inutile, avrebbe voluto poter piangere tra le braccia di sua madre come faceva quand’era piccola, avrebbe voluto lasciarsi andare con lei, ma non poteva: si sentiva ancora più sola, sconfitta, cattiva e sbagliata che mai.

Probabilmente neppure la sua forza di volontà avrebbe resistito e ancora una volta, in pubblico, si sarebbe dimostrata la ragazzina debole, spaurita, bisognosa d’affetto e tanto infelice che era, ma il furgoncino davanti a loro inchiodò e solo per poco Ethan non lo tamponò. Prima che uno dei due dicesse qualcosa (insulti compresi) il portellone del van si spalancò e alcuni homuncoli saltarono sul cofano, mentre altri uscivano dalla macchina che si seguiva e una motocicletta affiancava la loro macchina dal lato di Dawn.

La prima cosa che fece la ragazza fu di aprire violentemente la portiera: il colpo, inatteso e violento, fece cadere i due uomini sulla moto, mentre Ethan dando gas scattava in una potente retromarcia, che stritolò un homuncolus e ne fece cadere un altro giù dal cofano. Fu questione di un solo attimo che pigiando sull’acceleratore l’inglese partì, speronando il furgoncino e quasi portandogli via una portiera.

<Presto, nel cruscotto c’è la pistola, prendimela !> urlò l’uomo a Dawn, mentre quelli in moto e le altre due vetture partivano sgommando per inseguirli. <Sai guidare ? E allora tu tieni il volante e non ci fare ammazzare.> Dawn solo allora si rese conto di essere stata oggetto di un agguato, di essere nel pieno di un inseguimento e di stare tentando di non far sbandare troppo la macchina mentre Ethan Rayne, tenendo i piedi su acceleratore e freno, si sporgeva dal finestrino e cercava di colpire o i guidatori o le gomme.

Sei colpi finiscono in fretta: riprese la guida del mezzo, aumentando la velocità e passando col rosso, incurante di una vecchia Yugo che cercava di attraversare un incrocio, e tirò fuori da una tasca interna del cappotto il telefonino. <Tieni. Cerca nella rubrica Moller, chiamala e dì cosa sta succedendo.> La moto si affiancò a loro: i due uomini avevano un casco integrale e un giubbotto nero, e prima che quello dietro potesse fare qualcosa Dawn tirò giù il finestrino e, preso il suo zaino dal sedile posteriore, lo sbattè sul braccio del guidatore, così vicino perché Ethan si avvicinava loro per tagliargli la strada.

I due caddero rovinosamente e furono investiti da camioncino, che però riuscì a schivare la moto che sprigionando scintille strisciava sull’asfalto: meno male che tutto ciò accadeva in un’ora abbastanza morta nella vita di Sunnydale. Dawn con una mano reggeva il telefono, attendendo che quella donna rispondesse, con l’altra cercava di ricaricare la pistola tenendola stretta tra le ginocchia: aprendo il cruscotto aveva visto che c’erano altri proiettili.

<Dove hai imparato a ricaricare una Smith & Wesson ?> domandò stupito Ethan, che con un occhio guardava lei e con l’altro i suoi inseguitori dallo specchietto; e quando alla strada davanti … <Avevo un amico che se ne intendeva: diceva che per ogni problema c’è una soluzione e un calibro adatto. Poi basta girare su Internet, oppure affidarsi ai tre grandi maestri.> <Eh ?> <John Wayne, Clint Heastwood, Charles Bronson.>

I giovani americani sono tutti pazzi, pensò Ethan mentre sterzava di botto speronando il camioncino, guidato da un uomo con il passamontagna; intanto la ragazza comunicava alla signora Moller che erano inseguiti, di aprire il portone e di tenersi pronte a tutto. <Se il Conte avesse delle mitragliatrici o dei bazooka sarebbe un’ottima cosa.> <Non sottovalutare la santabarbara di Madame ! Hanno armi di ogni genere, soprattutto quelle bandite dalle nazioni civili.>

Alcuni incroci e molte gimcane dopo, quando oramai lo sterzo e le sospensioni del veicolo chiedevano pietà, arrivarono in vista del lungo muro della foresteria: il gran portone era del tutto aperto, pronto ad accoglierli, e dalla loggia sopra di esso spuntava il fucile che Madame teneva con le sue mani evanescenti e impalpabili. Al suo fianco Miss Moller, con altri due carichi e pronta a ricaricare quello appena usato: il fantasma aveva un’ottima mira, sviluppata nei secoli grazie anche agli amorevoli e pedanti consigli del Conte. Accelerarono per distaccare ulteriormente gli inseguitori, rallentarono quel tanto per curvare e con stridio di freni la macchina di Ethan imboccò di gran carriera e sulle due ruote a sinistra l’ingresso; un secondo dopo con pesante strepito il portone si richiuse di colpo, senza che nessuno apparentemente lo muovesse.

Intanto dall’alto Madame sparava con passione cercando di evitare il guidatore, perché in quel caso il furgone pieno di cadaveri si sarebbe fermato davanti il loro palazzo: sarebbe arrivata la polizia, avrebbero dovuto fare indagini e Monsieur avrebbe dovuto spendere un sacco di soldi. L’amministrazione militare provvisoria che commissariava la Contea di Sunnydale era stata chiara con il Generale Emerito della Compagnia dei Santi Luigi, Giovanna e Vigio: discrezione innanzitutto.

Ethan, sentendosi Burth Reynolds, frenò usando il freno a mano, con gran strepito, gran polvere e poca gioia per l’erbetta del prato. Finalmente fermi i due si guardarono, sudati, accaldati, stravolti e abbastanza increduli di quella corsa in macchina. <Dove diavolo ha imparato a guidare così ?> chiese Dawn, a cui sembrava di aver vissuto una puntata di A-Team. <Noi inglesi guidiamo sulla sinistra … i primi tempi in America facevo molti incidenti.> <Quindi ?> <Ho imparato presto a lasciarmi dietro spiacevoli situazioni piene di polizia e di auto ammaccate. Tu guardavi i film con Charles Bronson ?> <Xander. Lui, mia sorella e Willow una volta facevano a turno a scegliere il film del giovedì sera, apocalissi permettendo: ho visto “Gunny” almeno cinque volte.>

 

Dunque … dopo la scuola … vediamo un po’ da dove devo passare. Negozio … casa … cantiere … altra abitazione se non lo trovo al cantiere. Che strada faccio ? Allora … per la miseria, dove accidenti si trova questa strada ! Maledetta cartina !

Ah, eccola qui. Allora, io mi trovo qui e devo andare qui oppure qui. Vediamo … potrei passare prima dal cantiere, fare tutto questo viale, girare a destra, scendere di qui, arrivare al negozio, svoltare di qui e poi proseguire fino alla casa. Oppure prima vado al cantiere, torno indietro fino a questo incrocio, passo dalla casa e torno … no, così ,l’allungo troppo. Autobus ce ne sono ?

Dove ho messo quell’altra maledetta cartina ?

 

Dawn era appena scesa dalla macchina che già Miss Moller stava correndo nel giardino per sincerarsi se stesse bene, se fosse ferita, se avesse bisogno di qualcosa, se volesse distendersi per un poco: era incredibile con che velocità manifestasse tanta premura. Ethan alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa: sorvolando sul fatto che la cortesia avrebbe voluto che fosse chiesto anche a lui come stava, ancora non riusciva a comprendere come quella donna fosse veramente la madre di … Incredibile, giusto perché si assomigliavano moltissimo uno ci poteva credere. Dawn chiese solo di poter andare in bagno, giusto per rinfrescarsi: visto quello che stava succedendo non c’era tempo da perdere, bisognava mettersi al lavoro il prima possibile.

Dopo che s’era risistemata un poco, Dawn fu condotta da Miss Moller nella stanza che sarebbe divenuta l’ingresso sul futuro cortile interno (il palazzo era concluso per meno di un quarto), aprì una porta e girarono a sinistra in un corridoio stretto, a metà del quale c’era una porticina ben mimetizzata con il muro, del tutto liscia e dipinta di bianco con una minuscola maniglia: Miss Moller la aprì e disse alla ragazza di salire, al primo pianerottolo avrebbe trovato la porta da cui entrare.

Come da tradizione la scala per la servitù era a chiocciola, senza finestre e decisamente soffocante, almeno per i gusti di Dawn: le sembrava quella di qualche film dell’orrore goticheggiante, nonostante le appliques in ferro battuto sui muri, dipinti di bianco, gli scalini in granito grigio e il corrimano anch’esso in ferro. Dopo un tempo che a lei parve infinito (forse perché camminava piano, titubante e incerta su ciò che avrebbe trovato) arrivò al pianerottolo, illuminato ulteriormente dalla luce che passava da una porta aperta.

Entrò nella stanza, all’incirca quadrata, sui cui tutti e quattro i lati erano disposti armadi in legno scuro, la parte inferiore chiusa e quella superiore con ante vetrate: erano pieni di libri e lei era la prima ragazza non Cacciatrice che entrava in quel sancta sanctorum della biblioteca esoterica e viaggiante del Conte dai tempi della Guerra Civile Spagnola.

Il Conte di San Germano in tanti secoli di vita aveva accumulato un numero di libri e pubblicazioni incredibile: la sua era la prima collezione privata, considerando la Biblioteca Apostolica Vaticana Segreta come appartenente al patrimonio librario dello Stato della Chiesa. I libri originali e più antichi erano al sicuro da viaggi e spostamenti, che avrebbero certo nuociuto a pergamene ed incunaboli, nello chateau più che fortificato in Francia dove andava a passare, quando poteva, le vacanze; una copia completa dell’intera collezione – e di tutti gli atti del Consiglio degli Osservatori, diari degli Osservatori compresi, di cui con costanza si era sempre fatto una copia disinteressandosi dei divieti vigenti- era nascosta da qualche parte, forse nel Monastero Trappista delle Tre Fontane a Roma, forse nella Certosa di Galluzzo presso Firenze.

Viaggiava con lui da un lato all’altro del mondo un’ulteriore copia (manoscritta, battuta a macchina, fotocopiata o scannerizzata): negli ultimi dieci anni, ben chiusa in casse su cui borchie e magie vegliavano, era stata in Croazia, Ungheria, Spagna, Francia ed ora si trovava California. In realtà questa collezione viaggiante era formata solo dal meglio, anzi, dal più utile dei testi di sua proprietà e dalla copia dei documenti prodotti dal Consiglio degli Osservatori dal 1604, a cui attingeva nei momenti del bisogno e per ordire le sue precise trame per la composizione del Novus Ordo Inspicientum.

Madame Margot era già nella stanza, vicino al tavolinetto che stava al centro, illuminata dalla lampada che si trovava su esso: ovviamente galleggiava a pochi centimetri da terra, con il solito vestito nero dalle maniche a sbuffo screziate d’oro, coi delicati e quasi trasparenti pizzi che spuntavano ai polsini e che le fasciavano, assieme alla collana, il colletto formando la gorgiera. Tutti i pochi che l’avevano vista –col passare del tempo era divenuta ancora più schiva e più riservata- rimanevano maggiormente colpiti dalle vesti, forse perché desuete, che dal suo corpo, forse perché così evanescente.

Eppure, benché fosse semi trasparente, ancora si potevano distinguere bene i folti e lunghi capelli neri raccolti con un’intricata retina ornata di perline, gli occhi chiari, il naso leggermente aquilino e (con la giusta luce) le labbra strette e sottili. Non era mai stata eccessivamente formosa, proprio come le sue sorelle che avevano superato la pubertà, e ciò era stato un suo cruccio quand’era viva, ma aveva delle mani bellissime, con dita affusolate e nervose ed un incarnato pallido e diafano, come voleva la moda dei suoi anni di giovinezza.

Dawn non aveva moltissima paura di lei: tutte le volte che era andata alle lezioni del Conte Madame era sempre stata gentile con lei e talvolta era anche intervenuta durante le dotte dissertazioni dell’uomo, per indurlo ad usare termini più comprensibili alla bambina; se avesse smesso di chiamarla così e non avesse rinfacciato quelle cose a Buffy le sarebbe stata assai più simpatica, ma a parte questo quel fantasma le piaceva e non le ispirava neppure particolare diffidenza.

<Ti sei fatta male ?> <No, sto bene, solo un po’ scossa: sa, un agguato, un inseguimento … mi sembrava di vivere una puntata di Hazzard.> No, era un riferimento incomprensibile per lei. <Cioè, sembrava l’ultima parte di “The Blues Brothers”. Quello lo conosce, vero ?> Forse, illuminata dalla lampada, ella sorrise. <È uno dei film preferiti di Monsieur: potrei anche cantarti “Think” con tanto di coreografia.> <Madame che canta Aretha ?> <Qualcosa del genere. Ho una bella voce, sai ? Ma ora mettiamoci al lavoro, che prima iniziamo prima tua sorella starà meglio. Ti faccio portare qualcosa da bere ?>

 

ATTO II

A Giles parve di sentire un rumore: alzò gli occhi dal “Compendiun de dæmonoris Sancti Domenici” e d’improvviso le tenebre calarono attorno a lui. Una notte senza luna e senza stelle avvolse l’Osservatore, la biblioteca e, prevedibilmente, tutta quella infelice e maledetta cittadina ricostruita sopra una Bocca dell’Inferno forse chiusa, ma certo non quietata. La prima reazione dell’uomo fu puro terrore al trovarsi di colpo nell’oscurità più impenetrabile in una stanza di cui, adesso, senza il dono della vista, realizzava di conoscere ben poco e di a malapena saperne ricordare la disposizione: e forse non era solo.

<Chi c’è ? C’è nessuno ?> urlò ad alta voce, più per darsi coraggio che per impaurire l’eventuale presenza, alzandosi di scatto e facendo cadere la sedia su cui era seduto: poi capì che in questo modo si era reso ancor più facilmente localizzale e, maledicendo la sua avventatezza e lo scarso sangue freddo, comprese di non dover fare nessun rumore mentre raggiungeva la pistola che teneva nel cassetto del bancone, là, vicino all’ingresso e a dove lui si trovava, ma distante chilometri in quel buio senza fine.

Trattenendo il fiato, sfiorando appena con le mani la superficie del tavolo davanti a sé, a piccoli e minuscoli passi, come una geisha fasciata nel kimono, in un tempo che gli parve infinito, riuscì a disincastrarsi dalle gambe della sedia caduta e a porsi al lato del tavolo. Cosa poteva essere accaduto ?

Protendendo il braccio sinistro si sporse fino a toccare la balaustra che cingeva la parte alta della biblioteca, dov’erano posti gli scaffali pieni dei suoi amati libri, in quelle tenebre del tutto inutili. Come se pencolasse su un filo teso sopra un precipizio con timore con l’altra mano cercò l’appoggio e poi con ambedue strinse la presa: adesso gli sarebbe bastato seguire la ringhiera per arrivare fino al pilastro da cui partiva il bancone.

Muovendo timoroso il piede, per evitare di trovare ostacoli, fece con lentezza forse un metro, tutto teso nell’ascolto di eventuali rumori, che pure non si sentivano: forse non c’era nessuno in quella stanza, e lui era fortunatamente solo. Il suo piede sinistro toccò contro qualcosa e d’istinto Giles lo ritirò: era qualcosa di duro davanti a lui, e probabilmente inanimato visto che non aveva emesso un rumore e non s’era spostato, da quanto le sue orecchie potevano suggerirgli.

Rimase fermo, dubbioso su cosa potesse essere davanti a lui, poi comprese: era il lato della scaletta che conduceva alla parte soprelevata della libreria: ne fu certo quando fece scorrere le mani sulla ringhiera e queste trovarono il punto in cui essa si piegava, seguendo appunto l’inclinazione delle scale. Piano arrivò al termine d’essa: ora doveva superare le scale, cercando di non perdere alcun punto di riferimento: con la mano sinistra rimase aggrappato alla ringhiera e con la destra, a tentoni come un cieco, cercò dov’essa iniziava dall’altra parte. Impiegò un tempo che gli parve infinito, ma alla fine toccò il legno e potè superare incolume e sicuro quella sua personale Gibilterra.

Continuò piano, toccando con le mani il bordo della balaustra e facendosi guidare da lei, mentre rifletteva sulle cause di quella notte improvvisa e profonda: possibile fosse stata un’improvvisa eclisse ? Oppure una qualche demoniaca nube ? O un’infinità di cavallette che avevano oscurato il sole ? Beh, in quest’ultimo caso avrebbe pur sentito qualche rumore. Era finalmente giunto al pilastro, ben oltre la metà di quella sua faticosa ed incerta anabasi, quando la porta della biblioteca si aprì.

<Giles, che fa ?> Il preside Wood ! L’uomo ringraziò il cielo: erano sempre al buio, ma almeno adesso c’era qualcuno di cui si fidava a tranciare quell’improvvisa ed oscura solitudine in cui si trovava. <Maledizione, cercavo di uscire di qua. Ci mancava solo quest’eclisse o cosa accidenti è !> Wood guardò quell’uomo sudato e pallido che gli dava le spalle, con le mani attaccate a un pilastro e la testa girata verso sinistra, apparentemente intento a fissare un punto misterioso tra l’attaccapanni e la fotocopiatrice.

Fu con voce strozzata che John Wood disse: <Non c’è stata nessuna eclisse.> Bastò questo a far capire a Giles, dopo un istante di smarrimento, che le tenebre in cui navigava avevano una spiegazione molto più semplice: era diventato cieco.

 

Perfetto ! Me la faccio a piedi fino al cantiere, attraverso la strada e prendo l’autobus fino al negozio, ci passo, svolto a sinistra e salgo a questa fermata che mi porta quasi davanti alla casa. Che ore sono ? Non credo ci sarà molta gente a bordo, meglio: potrebbero accadere situazioni decisamente imbarazzanti. Ma devo comprare i biglietti adesso. Dove vendono in California i biglietti dell’autobus ? Nel supermercato, certo: ci votano anche, ho sentito dire. Strana gente questi americani. E se non lo trovo al cantiere sarà certo a uno di questi altri indirizzi.

 

Verso le quattro, dopo oltre un paio d’ore di quell’assurda situazione, Willow ne ebbe piene le scatole del Buffybot e di chi l’aveva programmata. Il robot si era piazzato a gambe larghe e mani sui fianchi davanti alla porta, e non aveva mosso un solo muscolo (si fa per dire) per tutto quel tempo, mentre a lei non era rimasto altro da fare che tenere la mano di Buffy, mormorarle parole di speranza, nella convinzione che i comatosi potessero udirle, e, non avendo l’abitudine di pregare, cercare di ricordarsi qualche magia che potesse fare al caso loro.

Ad un certo punto, tra i denti, aveva imprecato: il Buffybot si era girata e l’aveva guardata con i suoi occhi verdi, truccati pesantemente di nero. <Cosa succede ?> <Niente, cercavo di ricordarmi una formula magica per Buffy.> <Non è ancora morta, non la devi risuscitare. E anche se lo fosse non dovresti ugualmente farlo: l’ultima volta hai fatto morire e rovinato la vita a persone innocenti.> le disse, sorridendo cordiale.

Willow la fissò per un attimo e … e con terrore capì quello che le era successo, quello che era dentro di lei e la paura che provò fu maggiore dell’odio infinito verso San Germano e le sue idee. Si sentì il fiato mozzo ed ebbe come un conato di vomito. <Ti sono venuti gli occhi neri, non è normale: alle persone non muta il colore degli occhi. Sei malata anche tu ?>

Willow si era sentita nettamente qualcosa dentro, come una fiammata di desiderio che le muoveva dalla sua parte più profonda e cercava di venire allo scoperto: lo stesso malioso calore, lo stesso stordimento di chi beve un bicchiere di troppo, la stessa vampa, così simile al piacere sensuale, che aveva sentito quando aveva assorbito i libri di Giles, due anni e mezzo prima.

Già un’altra volta, in una situazione diversa, quel fremito sottile, quel misterioso calore da un punto imprecisato del suo corpo (o della sua anima ?) aveva quasi fatto capolino in lei, desideroso e pronto non a impadronirsi di lei, bensì di convivere pienamente con lei. “Con la magia non si scherza, ci sono sempre conseguenze” le aveva detto anni prima Spike e lei un giorno, in spiaggia con Kennedy, lo aveva capito.

Davanti a un padre che picchiava il figlioletto per chissà quale infantile mancanza aveva percepito pienamente che di quella magia nera portava e avrebbe portato per sempre le tracce dentro di sé, come se nel grembo avesse un serpente maligno assopito avvolto nelle proprie spire, dormiente ma vigile, pronto ad alzare il capo e affondare il proprio dente del veleno nella carne di qualcun altro: era forse quello il potenziale che D’Hoffryn aveva sentito in lei ?

Da allora ogni qualvolta che iniziava ad arrabbiarsi seriamente, ogni volta che vedeva qualcosa che le poteva far perdere la calma si spaventava così tanto di sé stessa che il terrore, come un doccia fredda, la calmava totalmente. Così era stato, poche settimane prima, sulla veranda di quella villetta col Conte, probabilmente perché, oltre al timore, in lei c’era stata la consapevolezza che il palesarsi di ciò che nascondeva sarebbe stata semplicemente la sua fine.

Invece adesso, davanti a ciò che nonostante tutto le sembrava Buffy, l’infinita sorpresa di sentire accuse e parole così spietate, riferimenti a fatti che non si era ancora perdonata, l’aveva colta di sorpresa: e quello era venuto fuori per un attimo.

<No, sto bene, è una cosa che capita.> <A te ?> chiese il robot, curioso. <Anche ad altri. Ad alcune persone con gli occhi verdi, per esempio. In certi casi gli diventano grigi. Chiamo Kennedy e mi faccio portare qualche libro, così mentre fai la guardia io cerco un rimedio per Buffy.> <Dobbiamo salvare Anne. Lei è la Grande Cacciatrice, e il Conte le vuole molto bene.>

 

Ah, ecco il cantiere. Appena in tempo, tra poco dovrebbero fischiare la fine del turno lavorativo. Dunque, dove sarà il nostro caro amico ? Vediamo un po’ … ma certo, dove trovare un capo cantiere se non nella baracca del capo cantiere ? Mi sembra logico ! ottimo, direi. Cosa diavolo stanno costruendo ? Non mi dire un’altra stupida villetta in stile georgiano od edoardiano.

Che imbecilli: fanno musei e grattacieli che sembrano astronavi, chiese che sembrano palestre, mettono vetro, acciaio e metalli luccicanti ovunque e poi vogliono la “casa dolce casa” come l’avevano i loro nonni. Stupido paese. Oh oh, qualcuno si muove dietro quei vetri: che bravo, lavora fino a che non finisce il turno. Ah, il mito del sogno americano, del self made man e tutte quelle altre storielle lì !

 

Il telefono nel Magic Box suonò proprio quando Kennedy stava mescolandosi la seconda tazza di cioccolata: il caffè rende nervosi, e lei preferiva impiegarlo nella notte, che già s’immaginava lungamente spesa alla ricerca e alla consultazione di testi.

Questo proprio non le andava giù: lei era una Cacciatrice ! Insomma, il suo sacro dovere, la sua divina missione, il suo compito mistico e tutte quelle altre storie che Xander le ripeteva era uccidere demoni e vampiri, non passare il tempo a leggere e fare ricerche ! Che palle !

Sapeva bene che per agire prima bisognava informarsi, ma per quello c’era Dawn ed Amy, Xander e il signor Giles: lei adesso sarebbe dovuta essere in strada a picchiare demoni estorcendo informazioni, lei sarebbe dovuta essere in qualche covo infestato da vampiri a polverizzarli, far loro paura e così costruirsi una terribile nomea. Come potevano i demoni aver paura di lei se nessuno la faceva combattere ? Come poteva farsi un nome se prima i timori di Xander e le paranoie di Willow, poi il ritorno di Buffy la lasciavano di nuovo e perennemente in panchina ?

Ecco, lei era penalizzata infinitamente perché lavorava nel territorio di Buffy e tutti facevano paragoni: lei non era più una Potenziale e non avrebbe potuto avere esperienza se continuavano a non fargliela fare. La situazione creatasi, poi, era un vero capolavoro: Kennedy si sarebbe giocata la testa che se in un letto d’ospedale ci fosse stato qualcun altro adesso Buffy starebbe scorrazzando per Sunnydale picchiando ed uccidendo.

Invece siccome la Grande Cacciatrice era malata nessuno muoveva un muscolo e lei, Kennedy, Cacciatrice a pieno titolo, sopravvissuta alla battaglia contro gli Ubervamp, stava seduta a spulciare il “Florilegium Sancti Florestani de necromantia ac Diaboli artibus” davanti a una stupida strega ! Se ci fosse stato il Conte a dirigere le operazioni ! Lui la volta scorsa l’aveva mandata a fare la ronda con Buffy senza problemi; peccato che era tendenzialmente un pazzo che voleva uccidere Willow.

 

Che puzza ! Diavolo, città nuova autobus nuovi, no ? Invece come minimo queste baracche risalgono alla Grande Depressione e li oliano con strutto, dal puzzo che emanano: le fosse comuni sono meno maleodoranti. O magari dipende da questi cialtroni in scarpe da tennis, che suppongo non si cambino mai. Che schifo, sono sempre in tuta, non mi stupiscano che sappiano di sudore come un bue che ha tirato l’aratro tutto il giorno.

Certo, con le porcherie che mangiano se non facessero almeno un po’ di esercizio fisico sarebbero tutti delle abominevoli palle di lardo come Balthazar, che Satana se lo tenga. Dunque, vediamo un po’ dove si trova questo … questo … come si chiama … ah, ecco, “Magic Box”. Oh, è laggiù, bene.

 

Per quanto possibile, Dawn si trovava a suo agio in quella situazione, china su un grosso libro che trattava di affezioni demoniache (“Evoluzione dell’arte magica ebraica” di Jacob Saba, Londra, 1902), chiusa in una stanza tappezzata di libri e senza finestre, e con un fantasma nelle vicinanze che borbottava qualcosa sfogliando altri libri.

Eppure non dimenticava quello che le aveva detto Giles quando aveva saputo che, durante una delle lezioni di San Germano, anche Madame era intervenuta: <Stai attenta a quello spettro: parla poco e fa sempre in modo che non si capisca quello che vuole o pensa realmente. Io la trovo più pericolosa di lui.> Non era certo un commento benevolo ma Giles, come ogni uomo razionale, temeva ciò di cui non sapeva darsi una spiegazione, e Madame, se possibile, era ancora più misteriosa del Conte di San Germano.

Dai vestiti si poteva credere fosse stata una dama vissuta tra il XV e il XVI secolo; parlava correntemente anche l’italiano arcaico del Conte, ma era probabile l’avesse imparato standogli affianco. Mistero era chi fosse stata da viva, perché fosse condannata ad essere un fantasma, per quale motivo vivesse a stretto contatto col Conte. Era misteriosa e anche in Dawn, come in Willow, in Buffy e in certo vampiro che aveva molte domande, era sorto un desiderio: scoprire tutta la verità su lei e su San Germano; il fine di queste persone era però diverso.

<Lo sta facendo per me o per il signor Conte ?> chiese a bruciapelo la ragazza, girandosi verso la porta della stanza, non sapendo bene dove si trovasse in quel momento lo spettro. <Per Anne.> rispose Madame comparendo, con un libro (che pareva fluttuare) tra le mani nel vano della porta. Dawn parve scettica, questo interesse per sua sorella le sembrava cosa strana, visto l’opinione che, neanche in modo troppo velato, aveva espresso qualche settimana prima sui rapporti tra Buffy e i vampiri.

<Certo. Tua sorella è malata e io farò ogni cosa possibile per guarirla dai ciò che la affligge.> Pensa Dawn, pensa, quale può essere il significato occulto di questa frase ? <E secondo lei cos’ha ?> <Ho qualche idea, penso che a breve restringeremo il campo d’indagine e poi potremo capire con che metodi curarla.>

No, decisamente Dawn ritenne di non essere abbastanza intelligente per un discorso di allusioni velate e decise di arrivare al dunque. <Quando lei dice che Buffy è malata si riferisce a quello che l’ha colpita stamattina, non vuole intendere altro, vero ?> Il fantasma sorrise, in modo appena percettibile, e Dawn ebbe come un brivido di freddo.

<Piccola mia, tua sorella è piagata nel corpo e nello spirito: giace in un letto per un malanno fisico, e ha giaciuto in altri letti per un malanno spirituale. Un essere umano che trae piacere dal fornicare coi cadaveri è malato, non trovi ? Si dice “necrofilia”.> Dawn comprese subito a cosa alludesse, ma le parve una tale enormità quell’affermazione che rimase sbalordita, come se cadesse dalle nuvole, sulle prime incapace di dire alcunché.

<Altresì, quando si ha l’istinto a fornicare con bestie a noi inferiori, quali sono i demoni, si è affetti da “zoofilia”, detta anche “bestialità” e la tua povera sorella ha combinato ambedue queste devianze spaventose e degradanti. Ma la cureremo.> Il tono di voce di Madame era cortese e gentile, come se Buffy fosse affetta da acne, ma quelle parole, quelle dette e quelle accennate, quelle pronunciate e quelle rimaste in un indefinito ma terribile cono d’ombra, gettarono nel terrore più puro Dawn, che pensò ai nazisti quando cercavano di curare l’omosessualità e altri atteggiamenti che ritenevano deviati.

 

Amy chiuse gli occhi, in un momento di stanchezza: la lettura di “Sulle affezioni derivanti dalle arti magiche” del conte Nikolai Costantinovic Loiredotskij (tradotto in inglese da Sir Longfall nel lontano 1828) era molto più tediosa di quanto non si ricordasse, e ben poco fruttuosa. Si era appuntata un paio di ipotetiche cause sulla malattia di Buffy, ma essa stessa per prima non era assai convinta di quanto finora aveva trovato: sperava che prima delle sei, quando aveva promesso a Giles che avrebbe telefonato per informarlo sul procedere delle ricerche, sarebbe giunta a qualcosa di maggiormente costruttivo e utilizzabile.

Fortunatamente Willow s’era svegliata e aveva deciso di collaborare in qualche modo che non fosse fare la crocerossina e chiacchierare con quel robot mezzo matto: nonostante tutto lei era molto più dotata per queste cose e sicuramente, se avesse consultato i libri giusti, sarebbe arrivata a risolvere il problema. C’era solo da sperare che Kennedy non perdesse troppo tempo, andasse di filato a casa a prendere quel testo chiesto da Willow, passasse dall’ospedale e tornasse lì al negozio il prima possibile: non le piaceva l’idea di restare da sola, quando forse in giro per Sunnydale c’era qualcuno o qualcosa in grado di ridurre in quello stato Buffy.

 

Oh oh, qualcuna ha abbondato con una mistica protezione! Ma come sono diligenti le streghe locali. Vabbè, tanto mica debbo entrare nel negozio, basterà aprire la porta. Solitamente qui tutti hanno quegli odiosi campanelli che trillano e richiamano l’attenzione.

 

Intanto, da qualche parte negli Stati Uniti, la colpa non riusciva ad avere un padre, come sempre accade in caso di insuccesso. Il giovane stava recriminando che affidarsi a “scarti di truppa” per operazioni così importanti non porta a nulla e che oramai l’utilizzo dell’inviato dell’Ordine era inutile.

<Nelle nostre condizioni è assurdo tentare una minima sortita per impossessarci dell’obbiettivo. Penso che neanche se avessimo degli elicotteri e paracadutassimo qualcuno potremmo avere speranza: probabilmente avranno anche la contraerea nascosta nelle siepi del giardino.> L’uomo con gli occhiali sbuffò, nervoso. <Ecco perché si perdono le guerre: perché gli ufficiali non hanno mai piani di riserva.>

Questa offesa andava lavata col sangue o poco meno: il giovane s’alzò di scatto e si apprestava a stendere con un pugno quello stupido saccente quando il terzo uomo si schiarì la gola rumorosamente: bastò questo per riportare all’ordine i due contendenti. <Signori … se avete finito.>

I due abbassarono gli sguardi, umiliati dal tono dell’uomo. <Ha perfettamente ragione, è pressoché inutile attaccare là, ma io credo che non ci si debba scoraggiare, in fondo siamo ancora in una situazione di vantaggio. Visto che non siamo riusciti a mettere le mani sulla nostra principessina perché non provare a fare nostra la Grande Cacciatrice ? Potrebbe esserci molto utile, diciamo per un eventuale scambio di ostaggi.>

L’uomo sorrise in modo sinistro, il giovane assai meno, sia perché si parlava pur sempre di Buffy sia perché quei sordidi metodi da terrorista non erano quelli di persone con senso dell’onore. Ma era anche vero che, da quando aveva accettato il patto con quell’uomo, all’onore e all’amor proprio aveva del tutto rinunciato. <Quanto a delle truppe ben addestrate di cui ha bisogno … sa benissimo che ci vuole del tempo, ma le avremo.>

 

Kennedy, tutta giuliva per l’insperata pausa dalla dotta lettura e per la possibilità di sgranchirsi un po’ (non che fare il pony express fosse il compito di una Cacciatrice, ma meglio che niente) entrò in casa, certa che le dettagliate spiegazioni di Willow su dove si trovasse il “Dizionario Ragionato delle Maledizioni Demoniache e Magiche nelle civiltà del bacino mediterraneo” di Salomon Cohen e Aaron Rosemberg (Philadelphia, 1935) fossero tali da permetterle di rintracciarlo in un batter d’occhio nella libreria privata della sua fidanzata. Willow infatti catalogava i propri libri d’arti magiche in maniera molto personale, seguendo uno schema privato che Kennedy non riusciva mai a ricordarsi.

Eppure, appena aperta la porta di casa, si fermò di botto sulla soglia, trattenendo il fiato: qualcuno aveva fatto irruzione lì, e i segni erano ovunque visibili. Lo specchio dell’ingresso era stato frantumato, probabilmente con un pugno, poiché schizzi di sangue apparentemente umano erano sparsi su esso, sul muro circostante e sui frammenti a terra. Ugualmente qualcuno aveva spaccato le ante a vetri del mobile in sala, dove si trovava anche il famoso candeliere che fu il regalo di nozze del Conte: anche lì c’erano alcuni schizzi di sangue.

Senza far rumore Kennedy mosse qualche passo nella casa, guardandosi in giro pronta a combattere a mani nude o a impiantare un paletto nel morto cuore d’un vampiro, quando sentì distintamente un rumore attutito provenire dalle camera in fondo all’appartamento.

Si guardò in giro e vide che una scia di gocce di sangue portava in quella direzione: arrivata alla soglia del corridoio vide davanti a sé la porta del bagno aperta, e lo specchio sopra il lavandino spaccato, come se fosse stato bersagliato anch’esso da pugni: schizzi di sangue ne imperlavano il bordo. Sorpassò la cucina e a metà del corridoio percepì chiaramente da dove provenisse quel rumore soffocato, da oltre la porta non del tutto chiusa della camera di Xander.

Cauta vi si avvicinò e, senza quasi respirare, cercò di vedere cosa stesse succedendo in quella stanza: il ragazzo sedeva ai piedi del letto, con la testa sprofondata tra le mani, i cui dorsi erano tagliati il molteplici punti e piccoli rivoli di sangue lentamente scendevano fino a lordare i polsini della camicia di flanella a quadri.

Silenziosamente piangeva, dondolando appena la testa, come può fare una persona che ha già dato sfogo a tutte le lacrime che può avere, e ancora ha un’infinità di dolore che gli brucia il cuore; ai suoi piedi un paletto di legno. <Xander.> mormorò appena Kennedy, aprendo con un tocco leggero e timoroso la porta. Alzò la testa verso di lei, scoprendo l’occhio, la benda e il viso, arrossato dal sangue delle sue mani. In un unico sospiro, a bassa voce ma deciso, le disse: <Fallo. Uccidimi.>

 

Un uomo diventa tale quando usa prima la ragione che l’istinto: su questo assioma una volta Giles e San Germano si erano trovati d’accordo, nonostante ambedue spesso avessero agito in modo del tutto opposto. Per questo Giles, cieco, adesso si trovava nella biblioteca, seduto composto sulla sedia davanti al tavolo ingombro di libri, appoggiato allo schienale, con le mani sulle ginocchia e la testa lievemente rivolta al soffitto, ascoltando attento Wood che leggeva l’antico testo in latino.

L’Osservatore aveva subito scartato l’ipotesi di avvertire i membri della Gang di ciò che gli era capitato; quella notizia avrebbe portato solo più apprensione e loro dovevano esclusivamente concentrarsi su come guarire Buffy. Quanto a lui non era la prima volta che diventava cieco: se la sarebbe cavata anche questa volta, probabilmente. Wood non aveva un’eccellente pronuncia latina e talvolta Giles doveva chiedergli di rileggergli una frase, quando il preside storpiava qualche dittongo di troppo.

<Non capisco.> Si volse appena verso di lui. <Significa che questo tipo di demone possiede un terzo occhio sulla nuca, Robin. Ne ho già sentito parlare, lei ?> <Non pensavo a questo, Rupert. Secondo me non è un caso che lei e Buffy abbiate … dei problemi. Potrebbe toccare a Kennedy, adesso.> <Non lo escludo, ma ritengo che gli incantesimi di protezione che ha fatto Amy siano sufficienti. E poi, se ha ragione San Germano e qualcuno vuole Dawn, penso che tutto ciò sia un semplice diversivo.> <Tenerci occupati con Buffy per mettere le mani sulla piccola ?> <Potrebbe darsi. Ma il palazzo con Madame dentro è più sicuro di Fort Knox.>

 

<E il Conte lo sa ?> fu l’unica cosa che disse Dawn, impegnata a pensare una linea di difesa per la sorella. <Monsieur ha grande desiderio che Anne si rifaccia una vita, in modo che possa essere felice e che si possa anche salvare l’anima.> <Scusi ?>

Madame tacque un attimo, cercando di capire se quella ragazza la stesse prendendo in giro o se realmente non capisse quello che era lampante. <Oltre ad essere un atto indegno e degradante ed abominevole, fornicare coi demoni è anche peccato, mi sembra ovvio.> Dawn prese un profondo respiro, mentre la testa le iniziava a girare al pensiero di cosa quei due avesse intenzione di fare a sua sorella per curarla.

<Senta, io posso capire che … alcuni precedenti nella vita di Buffy non le sembrino in regola con l’immagine della Cacciatrice.> <Della donna, semplicemente della donna. Lasciamo stare per un attimo la sacra missione: a te sembra normale essere attratte da un cadavere ?> Dawn si sentiva a disagio, pensando che quello che stava per dire poteva esserle riutilizzato contro: voleva aiutare sua sorella, ma non voleva certo che quei due decidessero che anche lei andava “curata”. <Un vampiro non è un semplice cadavere.>

<Esatto ! Hai centrato in pieno il punto !> disse Madame con un tono di voce ilare. <Il vampiro è un cadavere in cui non si attuano i fenomeni di putrefazione consequenziali alla morte poiché sono contrastati ed annullati dalla forza maligna del demone che possiede il corpo. Il vampiro è similare allo zombi, concettualmente, con la differenza che nel primo caso il demone agisce internamente al corpo poco dopo l’avvenuta morta, nel secondo dopo essere stato evocato tramite magia.>

Dawn, sempre più a disagio, iniziò a capire che tra lei e Madame c’era un abisso incolmabile: altro che gap generazionale e storie simili, lei era un’adolescente di media cultura nata nel 1987, quella un erudito fantasma di qualche secolo. <Va bene, ha ragione, ma un vampiro possiede doti che uno zombie non ha.>

<Caratteristiche, più che doti, direi. Oltre all’assenza di decomposizione, che influisce molto sulla percezione estetica che si può avere di loro, i vampiri mantengono raziocinio e sentimenti, per così dire, ambedue votati comunque al male e alla soddisfazione dei propri istinti. Infatti sono dei demoni.>

Madame era internamente addolorata, le spiaceva così tanto che anche la piccolina persistesse in quell’abominevole errore, ma era dell’idea che con dolcezza e fermezza potesse essere recuperata: aveva tirato su quattro figlie e due figli, figurarsi se non sapeva prendere per il verso giusto quella ragazzina, traviata dall’ambiente promiscuo e privo di valori in cui quei monaci scismatici l’avevano precipitata ! <Che l’anima comunque->

<L’Immortale non aveva anima.> troncò nettamente lo spettro l’obiezione; Dawn fu presa in contropiede: non pensava Madame conosce anche i gai trascorsi a cui sua sorella s’era data durante la loro vacanza europea l’anno precedente. <Tua sorella non è attratta dall’anima che lotta contro il demone nel vampiro: neppure William il Sanguinario la possedeva, quando fornicavano assieme. E per piacere non tirare fuori la storia del congegno elettronico che gli venne impiantato. La spiegazione è un’altra.>

 

ATTO III

A Kennedy s’era seccata la gola, oscurata la ragione e non trovò nulla di più sensato da dire che “Eh ?!”. Lui la guardò con infinito dolore e, come se riponesse tutto il fiato e la vita che aveva in quella frase, sempre guardandola fissa iniziò a parlare.

<Avevo un amico, Jesse. Io, lui e Willow eravamo cresciuti assieme, eravamo inseparabili. Poi, pochi giorni dall’arrivo di Buffy, fu morso da un vampiro. E divenne uno di loro.> Kennedy sapeva di cosa stava parlando Xander: Willow ricordando la propria infanzia lo aveva nominato più d’una volta, ed era stato anche il primo vampiro che Xander aveva ucciso.

<A me sembrava uguale a sempre, o quasi, solo più esaltato. Eppure non lo era. Non dimenticherò mai cosa mi disse Giles quel giorno: “uccidilo, perché colui che ti sembra Jesse in realtà è ciò che lo ha ucciso.”> Sospirò, indugiò appena e poi riprese a parlare.

<È vero, ho impiegato tempo a capirlo e essere sicuro di ciò che bisogna fare in questi casi, ma ora non ho più dubbi. Per questo mi devi uccidere, prima che cerchi di farti del male, prima che uccida qualcuno per nutrire questo schifoso demone che mi ha ucciso: fallo Kennedy, fallo prima che anch’io mi senta in contatto coi vermi della terra e mi venga fame, e cerchi di approfittarmi di qualcheduno.>

Le veniva voglia di piangere, aveva un groppo in gola e le tremavano le labbra, avrebbe voluto dirgli qualcosa ma ancora non riusciva a raccapezzarsi, le sembrava di vivere in un universo parallelo, c’era in quella situazione qualcosa che sembrava inconcepibile.

<È stato … terribile, anche se questa parola non può spiegare quello che ho provato. Sai da cosa l’ho capito ? Dagli specchi: non mi riflettono più, e hanno ragione. Non sono più vivo, ma non sono neppure morto, sono solo una cosa morta ed oscena che scimmiotta la vita. Sono impazzito, li ho fatti a pezzi tutti, non volevo continuare a trovarmeli tra i piedi, non volevo che continuassero a ripetermi che io non ero più io. Ho fatto un casino, poi tu e Willow avrete un sacco da pulire. Mi spiace. Che schifo: ho passato gli ultimi anni della mia vita ad uccidere quelle cose malefiche, ho litigato con Buffy che ci andava a letto e adesso sono diventato come loro.>

Solo allora l’atavico istinto della Cacciatrice prese il sopravvento in Kennedy ed ella, che in tutto quel tempo non s’era mossa d’un solo passo, chinò la testa lentamente per scorgere dove sul collo dell’amico ci fossero i segni del morso omicida: ciò che vide le rese chiara tutta la situazione e decise di agire di conseguenza.

<Va bene, ti ucciderò. Ma tu per piacere facilitami il compito: non posso farlo guardandoti negli occhi. Girati di spalle, così ti decapiterò meglio.> Lui la guardò, e per la prima volta da che era entrata le sorrise. <Brava, così mi piaci: non farti mai fregare dai vampiri, ammazzali prima che cerchino d’incantarti con le parole o di sedurti. Ti ricordi cosa ti ho sempre detto ?>

Ella trattenne le lacrime, facendosi forza, e cercando di pensare in che modo fare al meglio ciò che andava fatto. <“Il vampiro buono è il vampiro morto”> Xander annuì soddisfatto, scese dal letto e vi si inginocchiò davanti: nella posa ricordava quegli agiografici quadri di santi che pacifici e fiduciosi attendevano il martirio. Kennedy prese un profondo respiro.

 

Il telefonò squillò in biblioteca e all’unisono Wood e Giles saltarono sulle rispettive sedie per questa rumorosa intrusione del secolo XXI in un ambiente in cui risuonava l’antico latino ecclesiastico. <Pronto, chi è ?> domandò subito il Preside, slanciandosi sulla cornetta. <Sono Willow: abbiamo avuto dei problemi.>

Giles, cieco, fortunatamente non vide la faccia che fece Wood a sentire queste ben poco rosee premesse. <Ma non mi dire. Rupert, è Willow: dice che ci sono dei problemi.> L’inglese si trattenne dall’imprecare, sospirò e pesantemente appoggiò la testa sulle mani, strette a pugno: sembrava stesse pregando. <Cosa succede lì ?> Per un minuto ci fu in silenzio in biblioteca, poi Wood iniziò a riferire all’Osservatore le novità.

<Sono entrati due infermieri nella stanza dove riposava Buffy, ma il robot si è subito accorto che erano due vampiri e li ha uccisi in maniera rapida ed indolore.> Giles aggrottò appena la fronte. <In modo rapido ed indolore ? Ma come sta parlando Willow ?> Questa, che aveva sentito la domanda, osservò che era stato il commento assurdo del robot, la quale in sottofondo aggiunse qualcosa che Wood non capì.

<In ogni caso mi pare ovvio che Buffy non sia più al sicuro in questo ospedale e per questo io e il Buffybot abbiamo deciso di portarla al sicuro. E questo sarebbe un ottimo piano, peccato che nessuna delle due abbia una macchina. Quindi sarebbe perfetto se lei e Giles ci veniste a prendere e intanto noi due qui pianificheremo come trasportare illegalmente fuori dall’ospedale una ragazza in coma senza dare nell’occhio.>

Wood guardò Giles e pensò che forse era meglio risparmiargli l’ultima parte del piano della strega, a cui però volle dare un suggerimento. <Potresti farla diventare invisibile.> <Eh ? Chi dovrebbe fare diventare invisibile ? Cosa sta dicendo ?> domandò con agitazione Giles, che era rimasto ai due vampiri uccisi e che era dell’idea che meno quella ragazza facesse incantesimi meglio era, soprattutto in presenza del Buffybot.

<Ci avevo pensato, sa, ma ho paura che un mio incantesimo possa influire negativamente, combinandosi con quello che ha ridotto Buffy in questo stato. A voi le ricerche come vanno ?> <Ci prepariamo e veniamo a prendervi, poi ne parleremo.> Chiusa la comunicazione, Wood si apprestò a fare un sintetico ed efficace riassunto quando si aprì con energia la porta della biblioteca.

 

Xander crollò di botto sul pavimento con un tonfo sordo; e non divenne polvere semplicemente perché non era assolutamente un vampiro. Kennedy, tramortitolo con un colpo ben assestato alla base del collo, rimase impietrita a fissare l’amico steso scompostamente, ancora troppo provata per cercare di razionalizzare in qualche modo la situazione.

Era impazzito, di questo ne era certa, eppure non riusciva ancora a rendersene conto, a farsi una ragione che lì ed in quel momento stava svenuto Xander, convinto decisamente di essere un vampiro. Sulle prime, vedendo in lui quella lugubre e ferale sicurezza, quella disperata coscienza di sé, era stata sul punto di ritenere quella follia vera: fortunatamente le bastò osservare il pulsare della sua giugulare per avere la certezza che Xander fosse vivo; confuso, stordito, forse folle, ma decisamente vivo.

La prima cosa da fare, adesso, era quello di renderlo inoffensivo per sé e per altri: Kennedy si chinò su di lui ed armeggiò con i suoi pantaloni, sfilandogli la cintura, che ben stretta utilizzò per legargli le caviglie. Poi prese un fazzoletto e glielo strinse intorno alla bocca, perché non urlasse destando tutto il vicinato: l’unico problema era che non sapeva dove trovare qualcosa per immobilizzargli le braccia. Un lenzuolo ? Un’altra cintura ? Rinchiuderlo nello sgabuzzino ?

Incerta sul da farsi scelse la soluzione più semplice: andò all’armadio e prese tutte le cinture che trovò e con quattro di esse gli bloccò le gambe all’altezza delle cosce, le braccia all’altezza della pancia, del petto, delle spalle. Ora doveva solo impedire che si facesse del male strisciando lungo i pavimenti dell’appartamento, costellati di vetri.

 

Dunque, La Grande Cacciatrice fatta, l’Osservatore fatto, il carpentiere e una delle due streghe anche. Adesso dovrei trovare o il preside, o l’altra Cacciatrice o l’altra strega. Dove diavolo posso andare ?

Se non ricordo male … dove ho messo quella lista … ah, eccola ! Sì, la strega e la Cacciatrice abita assieme: magari ce ne troverò una delle due.

 

La porta della biblioteca si aprì con irruenza e i due uomini volsero gli occhi all’unisono verso la fonte di quel rumore. <Rupert in biblioteca, e davanti ad un mucchio di libri: quanti ricordi !>

Quella delle due persone che aveva parlato, fatto un paio di passi, s’era fermato come per godersi la scena al meglio: teneva ambedue le mani in tasca e aveva un sorriso canzonatorio sul volto; l’altro era rimasto rispettosamente sulla soglia. Non c’era bisogno di presentazioni o di chiacchiere per Giles, che anche senza vederlo l’aveva riconosciuto, mentre Wood non sapeva se pensare se quell’incontro fosse provvidenziale oppure un’ennesima complicazione.

<Sì, anch’io sono tanto contento di vederti. Se sei in macchina valla a prendere e raggiungici davanti al nuovo ospedale, quello in fondo a Columbus Street. Sai arrivarci ?> <Io so dov’è.> interloquì timidamente Clem. <Ehi ! Non ci vediamo da oltre un anno e l’unica cosa che mi sai dire è di andare a prendere la macchina ! Diavolo, Rupert la tua scortesia mette in cattiva luce tutte la tradizione dell’educazione britannica !> Giles aggrottò le sopracciglia e scosse il capo.

<Cielo, Spike, sei diventato formalista tutto d’un colpo ? Ok, è un piacere riaverti fra noi. Così va bene ? E scusami se non sono troppo sorpreso: che tu venissi qui, prima o poi, era la cosa più scontata del mondo, visto come stanno le cose.>

Spike avrebbe avuto molto da dire circa l’ultima affermazione, ma non lo fece perché ebbe la certezza, sospetto appena gli aveva rivolto la parola, che l’Osservatore non lo vedesse: continuava a tenere lo sguardo fisso ad un punto vago, posizionabile solo nei pressi del suo interlocutore, come spesso fanno i ciechi. Avanzò di qualche passo, senza degnare di ulteriori sguardi Wood, che restava silenzioso a fissarlo, ancora indeciso se considerare quella situazione favorevole o sfavorevole.

Nonostante fosse passato il tempo nulla era cambiato il lui: aveva sempre la solita, anacronistica ed assurda pettinatura ossigenata, la prima cosa che si notava, l’intramontabile spolverino nero portato con noncuranza su una maglietta attillata, i jeans stretti e gli anfibi, secondo quel look che era sopravvissuto al punk degli anni ’80, agli anni ’90 privi d’identità, all’incontro con Buffy e al ritorno della propria anima.

<L’ospedale … stai male, vero ? Non ci vedi più.> Non c’era sarcasmo o curiosità nella voce di Spike, ma apprensione: tornando a Sunnydale, a parte le novità che già conosceva, aveva pensato avrebbe trovato tutto come quando l’aveva lasciata. Beh, proprio tutto no, visto che l’ultima volta era sopra la Bocca dell’Inferno, c’erano Uber - vamp dappertutto, tutti erano fuggiti e si era prossimi ad una buona imitazione di apocalisse. Ma queste novità, il fatto che qualcuno dei … suoi amici … suoi conoscenti … suoi …

Curioso: dopo tanti anni ancora non avrebbe saputo come definire, come considerare alcune di quelle persone con cui aveva vissuto, che l’avevano più o meno accolto fra loro, gli avevano voluto bene (alcune), l’avevano disprezzato ed anche cercato di uccidere e al cui fianco si era battuto.

Giles, ad esempio: suo padre in una notte che assomigliava ad un sogno, il suo carceriere a cui svuotava la bottiglia del wiskey, l’uomo dal passato ingombrante con cui aveva lottato, l’uomo deciso a perseguire quello che gli diceva il proprio cuore, sia abbandonare il Consiglio per stare con Buffy, sia cercare di ucciderlo. L’uomo a cui forse avrebbe assomigliato, se non avesse incontrato Drusilla in una nebbiosa notte di cent’anni prima.

Insomma, ad un Giles cieco Spike proprio non era preparato: era convintissimo che tornando li avrebbe trovati uguali a quando li aveva lasciati, Willow con le sue magie ed annessi e connessi, Xander a dire e fare cose giuste una volta all’anno, Dawn sempre la sua piccola Briciola. E Buffy ... <Sì, sono cieco, ma solo temporaneamente: penso ci sia in atto una qualche magia. Oggi non è una buona giornata.> Wood annuì: <Bell’eufemismo.>

Spike rise di gusto e si fece ulteriormente avanti nella stanza fin quasi a raggiungere Giles, sempre seduto sulla sedia. <Magia, casini … gli anni passano ma sei sempre sulla cresta dell’onda, eh ? Chi c’è in ospedale ? Un certo carpentiere s’è dato una martellata sulla mano ?>

L’inglese scosse e la testa e fece il nome: nessuno vide l’espressione di Spike alla notizia, né Giles, cieco, né Clem e Wood, dietro di lui, ma prima che dicesse anche solo qualcosa o che si esprimesse al riguardo il telefonò suono di nuovo, e Giles brandì subito la cornetta.

 

I due infermieri erano entrati sorridenti e compiti: accertamenti, un ulteriore esame, dissero, come per scusarsi d’aver interrotto il raccoglimento di quelle due ragazze. Willow alzò gli occhi verso di loro e sorrise timidamente, lasciando la mano di Buffy, che stringeva tra le sue da un tempo imprecisato, aspettando arrivasse Kennedy con il libro.

Il Buffybot chiuse silenziosamente la porta della stanza e in due passi, con gesti misurati e precisi, di chi sa perfettamente cosa fare, sfilò un paletto dalle ampie tasche della tuta sformata e lo piantò nelle schiene dei due. Che divennero polvere all’istante, senza neppure accorgersene od urlare: prima che Willow potesse fare, dire od esclamare alcunché era tutto finito, con il silenzio e la precisione che accompagna le operazioni dei corpi scelti.

<Vampiri. Come leoni ruggenti si aggirano fra noi, mascherandosi e confidando nelle nostre debolezze per colpirci.> sintetizzò il robot. <Ma tu … ma tu … ma come hai fatto ad accorgertene ?> le chiese, ancora incredula, Willow. <Ho l’onore di accompagnare Sua Eccellenza nelle sue battute di caccia tese alla santa purificazione del globo dal demoniaco bubbone che l’affligge. Sono perita nelle arti del combattimento ed in ogni qualcosa possa essere utile per l’abbisogna. Sono una perfetta Cacciatrice: di Anne ho l’aspetto e le virtù, ma senza i suoi orridi vizi.> concluse, felice e sorridente come al solito, lasciando nelle orecchie di Willow il suono dolciastro di questo sermone.

<Erano venuti per Buffy, la volevano prendere: siamo in pericolo.> condensò in poche parole la ragazza. <La tua analisi della situazione è pienamente condivisibile: dobbiamo fare qualcosa.> <Tipo ? Ha un’idea ?> <Il nemico può entrare dalla porta, quindi posso metterci davanti il letto di Anne alfine di ostruire l’accesso. Poi spingerò quell’armadio contro la finestra, così che nessuno vi penetri.> <Ma se siamo al quinto piano !> <Possono calarsi con una corda dal tetto. Possono utilizzare una scala. Possono arrivarci con un elicottero. L’altezza di un apertura dal suolo non ne rende necessariamente impossibile l’accesso.> Willow realizzò che quella giornata, già iniziata male, poteva proseguire decisamente peggio.

 

Madame posò il libro che ancora teneva tra le mani e si avvicinò a Dawn, che sudava freddo sulla sedia savonarola. <Ho incontrato più d’una Cacciatrice attratta innaturalmente dai vampiri: i motivi sono sempre gli stessi, poiché il male e l’errore si ripetono in una desolante banalità. Alcune lo fanno per soddisfare una morbosa e lasciva curiosità sulla sessualità di quei demoni.> <Eh ?> disse Dawn, che subito immaginò la vampirizzazione rendesse i vampiri superdotati.

<Si dice che l’atto sessuale compiuto con un vampiro sia molto, molto più soddisfacente che compiuto con gli esseri umani. Non lo sapevi ?> <Ed è vero ?> <Se vuoi godere di più allora tanto vale tirare prima di cocaina.> Dawn obiettò risentita che è sbagliato drogarsi. <Perché, copulare con un vampiro no ?> le chiese beffarda Madame, con un’ironia similare a quella del Conte.

<Altre lo fanno in segno di rivolta, contro l’Osservatore, il Consiglio, il destino che le ha rese Cacciatrici, la società o simili idiozie. Altre lo fanno perché viene detto loro che è sbagliato e che non si fa, esattamente come fece Eva con il frutto dell’Albero della Vita. Altre lo fanno per dimostrare a sé stesse di essere forti, accecate dall’orgoglio della volontà.> Fino al paragone Biblico Dawn c’era arrivata, ma l’ultima affermazione l’era sfuggita. <In che senso ?>

<Fanno una cosa che dà loro piacere per mostrare a sé stesse di essere in grado di troncare la fonte di tale piacere, mettono alla prova la loro forza di volontà, per così dire. Altre sono mosse dall’orgoglio dell’intelletto, vogliono di persona tangere cum manu, vivere di persona un’esperienza che viene detto loro sbagliata, errata, degradante per rendersi conto se è veramente così, non fidandosi di chi ne sa ben più di loro. Sono accecate: non serve praticare il male per capire che è sbagliato. Giusto ?>

Dawn non era abituata a disquisire a tali livelli, ed era certa di non avere nel suo arco ragionamenti, citazioni o fonti per dimostrare che fare sesso coi vampiri non era sempre sbagliato. E poi, a dirla tutta, lei non era neppure attratta dai vampiri: le era piaciuto Spike non in quanto vampiro, ma anche se era un vampiro. In ogni caso non era il momento di fare tanta filosofia, il problema adesso era scoprire cosa avevano intenzione quei due di fare a sua sorella per curarla.

<E come la volete curare ?> Madame la guardò con materna bonomia. <Quante domande. Ma forse non ti ricordi che hic rebus stantibus, in questa situazione, la priorità è comprendere quale malanno fisico, sia esso di natura umana, demoniaca o magica, affligge Anne. Torna a leggere.> e svolazzando trasparente le volse le spalle per tornare nella stanza da cui era venuta.

 

Giles poggiò la cornetta e quando parlò sembrò invecchiato di colpo di dieci anni. <Xander sta male. È impazzito, per la precisione. È convinto di essere un vampiro e per impedire che si impaletti Kennedy l’ha dovuto tramortire ed immobilizzare. Non capisco.>

Cosa stava succedendo ? Se ad uno ad uno fossero stati uccisi … beh, quello avrebbe avuto un senso, ma questo ! Questo renderli inetti, diversi da quello che erano, che fine aveva ? E soprattutto, chi c’era dietro a tutto ? Giles non riusciva a trovare un filo logico nella vicenda e quindi si sentiva sperso, senza alcun appiglio a cui far riferimento, senza un solo modus operandi a cui far capo. E, mentre il tempo passava, le persone su cui poteva contare si assottigliavano: Buffy, sé stesso, Xander. Adesso a chi sarebbe toccato ?

<Non è l’unico matto a piede libero, da queste parti. Ho fatto un salto al Magic Shop, pensando di trovarci qualcuno e l’unica persona dentro era una ragazza bionda nascosta carponi dietro il bancone. Quando ci ha visto ha come squittito, ha arricciato il naso ed è scappata via. A carponi.>

Spike era rimasto molto perplesso quando l’aveva vista, ma aveva pensato che probabilmente quella lì avesse pasticciato con i suoi stessi intrugli, e che comunque non era affar suo impicciarsi: l’avrebbe magari detto alla Rossa, che le andasse a fare un contro-incantesimo o qualche diavoleria del genere.

Giles si lasciò andare sulla sedia, pesantemente: Amy che crede d’essere un topo e Xander un vampiro, ma cosa diavolo stava succedendo ? <Siamo certi che San Germano non c’entri nulla ?> domandò Wood, che non sapeva più cosa pensare di tutta quella situazione, se non che gli pareva d’essere in “Dieci piccoli indiani”: uno dopo l’altro a tutti toccava qualcosa di … spiacevole.

<Già, Vigio l’Inclemente. In tutto questo casino lui cosa combina ?> Spike come vampiro non era esattamente ben disposto nei suoi confronti, e con il proprio passato immaginava che l’altro lo era ancora di meno verso di lui, ma dopo quello che aveva saputo non riusciva a credere avrebbe fatto del male a Buffy. E neanche che se ne stesse per i fatti suoi, a vendere denti da vampiro senza aiutarla.

<È a Parigi e quindi, anche se mi secca ammetterlo, lui non c’entra e non ci può neppure dare una mano. Almeno di persona: abbiamo affidato al suo fantasma Dawn.> <Poverina !> commentò Clem, che dopo tutta la faccenda dell’An Herv non aveva esattamente un buon ricordo di Madame. Giles fece notare che, a parte la compagnia più o meno piacevole, sicuramente la magione del Conte era inattaccabile e del tutto inespugnabile, ragion per cui almeno su Dawn si poteva avere la certezza che non le sarebbe accaduto nulla di male.

Poi, chiesto a Wood di aggiornare Spike su tutta la situazione creatasi, pensò che era il momento di sentire se c’erano novità da quel fronte: da quella poderosa biblioteca gli sembrava strano non fosse ancora uscito uno straccio di indizio o filo conduttore della vicenda. Ma anche in quella fucina di conoscenza si brancolava nel buio.

 

Pronto … sì, sono io … sì, tutto benissimo, ho incontrato l’altra Cacciatrice, era a casa sua. Sì, nessuno problema, poi me ne sono andato chiudendo la porta … Come ? come volete che sappia cosa le sia successo, mica sono rimasto a vedere … no, vi chiamavo per un consiglio, non sapevo dove andare a cercare l’altra strega, a casa sua non c’era. Provo in quella della Grande Cacciatrice ?

 

Ne “I delitti della Rue Morgue” si dimostra come spesso le cose più in evidenza siano quelle che meno si percepiscono, e così accadde anche in quel frangente: Giles era troppo preoccupato per Buffy e per la propria incapacità di essere più utile per la cecità, Wood era troppo incapace di mantenere abbastanza sangue freddo davanti a magie inspiegabili, Dawn era troppo preoccupata per la sorella e presa dai propri sensi di colpa, Madame era troppo impegnata nel consultare libri e voler catechizzare al contempo la sua giovane ospite.

Solo Spike, che non si era imbottito la testa di nozioni dai libri, nonostante la sorpresa e l’apprensione, era riuscito ad avere un efficace colpo d’occhio della situazione generale e per questo a pensare alla prima soluzione, alla più ovvia e semplice di tutte.

<Ehi Rupert, non ti era già successo di diventare temporaneamente cieco ?> Chiedendolo si era seduto su un bordo del tavolo, spostando con malagrazia il terzo volume del “De natura maleficiorum” di Kondrad Jossovich (Lipsia, 1678), e per fortuna Giles non vide il poco garbo con cui il prezioso volume venne trattato. <Ah, sì, che giornata indimenticabile: io cieco e tu e Buffy a discutere sulle partecipazioni di matrimonio.> <Eh ?> domandarono all’unisono Wood e Clem, il quale nel frattempo si era deciso a deporre la titubanza e si era seduto anch’esso vicino al tavolo.

<Nulla, pasticci magici della Rossa. Ma non mi riferivo a quella volta lì: una sera Briciola mi aveva raccontato che era successo una cosa simile in precedenza, ma non ho i ricordi molto chiari, se non per un’orrida immagine di Harris in mutande inseguito dal clown di It.> Il demone e il preside rimasero a bocca aperta, Giles abbozzò un sorriso.

<Non sono sicuro lui fosse in mutande, forse era Willow quella parzialmente vestita. Sì, io ero cieco e Buffy si era trasformata in vampiro, credo fosse il primo anno in cui le facevo da Osservatore. Immagino che a raccontarla così appaia divertente, ma c’era ben poco da ridere: c’erano dei ragazzini picchiati dall’allenatore di baseball, la loro proiezione astrale che girava per la scuola e un demone che rendeva materiali le nostre paure.> A Spike bastò questo: diavolo, non era un Osservatore, non era uno studioso, ma quello che stava accadendo era evidente.

<E così la paura del nostro Rupert è di diventare cieco. Scommetto che se fossi stato un topo per anni avrei paura di ridiventarlo e che se fossi quello zuccone di Harris avrei paura di diventare un orrido e cattivo vampiro. E se fossi-> <E se fossimo stati morti avremmo paura di ridiventarle, e il coma è lo stato che più vi si avvicina !> urlò Wood, improvvisamente illuminato, balzando in piedi. Giles scosse la testa e si affrettò a cercare di confutare questa tesi, come fanno molti studiosi – e non solo - quando si accorgono di non essersi accorti che la soluzione, o la verità, è sempre stata lì, davanti ai loro occhi.

<No, cosa centra, è tutto diverso questo caso. Lì Buffy era veramente un vampiro, adesso né lei è morta o Amy è un topo ! È un caso diverso,  Kennedy mi assicura che Xander crede di essere un vampiro ma è sempre vivo e vegeto, è diverso !> Spike ebbe un gesto di fastidio. <Diavolo Rupert, se è per questo non ci sono neanche marmocchi maltrattati o proiezioni astrali che vanno in giro. Non dico sia la stessa cosa, dico solo che c’è qualcuno che fa credere che le nostre paure si siano realizzate.>

Giles poggiò di colpo ambedue le mani sul tavolo e rimase stupito, la bocca aperta e gli occhi spalancati, come illuminato. <Ma certo !> esclamò e si alzò di botto in piedi e dimenticandosi per la frenesia d’esser cieco si diresse a passo spedito verso gli scaffali della biblioteca, scontrandosi con impeto subito con una sedia e finendo rovinosamente per terra, istupidito, imprecante e senza aver ben capito cosa gli fosse successo. Wood subito gli si fece vicino, togliendogli la sedia rovesciata dallo stomaco e domandandogli se si fosse fatto male, mentre Spike se la rideva di gusto.

<Accidenti, Rupert che agitazione: la prossima volta che vuoi darmi ragione cerca almeno di non ammazzarti.> <Spassoso, sempre molto spassoso.> borbottava l’inglese dolorante mentre cercava di rimettersi in una comoda e sicura posizione eretta, che confacesse con le importanti chiarificazioni di natura intellettuale che stava per comunicare.

<Sorvolando su questi ultimi fatti, debbo ammettere che le tue osservazioni possono esserci utili e possono costituire una buona base di partenza per la risoluzione dei problemi che ci affliggono.> <Cioè ho ragiono e vi ho tolto le castagne dal fuoco. Ma come facevate senza di me ? Cosa sareste senza il buon vecchio Spike ?> <Sentivo proprio il bisogno di un vampiro casinista in giro per la mia scuola.> intervenne Wood, a cui il suddetto vampiro piaceva sempre meno.

<Senza perderci in diatribe che possano sviare le nostre attenzioni, vi posso comunicare che, in seguito a questo nuovo punto di vista posso con buona scienza credere che un demone di tipo fobofilo abbia fatto visita a me, Buffy, Amy e Xander.> <Di che genere ?> chiese Wood, che non era sicuro di aver sentito bene.

<Esistono dei demoni che riescono a manipolare le paura altrui, prima le captano e poi le rimandano indietro facendole percepire al soggetto in modo più o meno reale: alcuni di essi fanno in modo che ciò accada in sogni, realissimi; altri, come questo, ce le fanno percepire reali; altri ancora le rendono veramente reali, seppur per breve tempo. Ecco spiegato perché Amy si comporta come un topo: ne è fermamente convinta.>

<Quindi lei non è cieco veramente, un po’ come in quel film dove Woody Allen faceva un regista che non ci vedeva più.> I tre uomini si voltarono verso Clem, guardandolo fisso e mettendolo in imbarazzo. <Facevo tanto per dire. E poi era un bel film.>

 

Stai a vedere che mi sono perso ! maledette città, con tutti questi incroci quadrati uno non capisce mai dove deve andare ! Eppure dovevo già esserci, mi sa che dovevo svoltare a sinistra all’incrocio prima. Oppure era l’incrocio sbagliato ? Ecco il guaio a non poter chiedere indicazioni per strada.

Ah, no, eccomi arrivato: non sarà un problema. Un giretto giusto per scrupolo intorno, ma scommetto di sapere già dove trovarlo.

 

ATTO IV

Spike era andato nel contiguo deposito delle armi a scegliersi qualcosa di maneggevole, ma poco ingombrante, mentre Wood aveva già optato per un paio di lunghi e discreti pugnali da far sparire comodamente nelle maniche del cappotto. Subito dopo aver compreso contro cosa dovevano combattere avevano provato a telefonare a Kennedy, ma non rispondeva, sia al telefono di casa che al cellulare: questo era un cattivo segno.

Rimaneva solo Willow, adesso, e (come fece osservare Spike) bisognava impedire che quel demone la incontrasse: ci mancava più che la Rossa credesse di nuovo di essere una pericolosa, potente e vendicativa strega ! A quell’evenienza Giles, che si ricordava benissimo com’era divenuta Willow in quel giorno, sudò freddo: Clem continuò a leggere ad alta voce brani dei libri della biblioteca, sperando che la situazione non peggiorasse.

<Scusi signor Giles, ma ho la gola un po’ secca. Le spiace se vado un secondo a prendere una bibita alla macchinetta in corridoio ? Ci metto un secondo.> Giles grugnì in segno d’assenso e chiamò Wood a leggere mentre Clem si assentava, mentre dal deposito si sentiva Spike che commentava ogni singola arma, ironizzando sul gusto e la perizia di Giles in materia.

Clem aveva appena aperto la porta e stava girando verso destra quando tirò un urlò disumano, ed in contemporanea qualcun altro, dalla voce bassa e profonda, urlò anch’esso. Wood s’alzò si scatto e si girò e vide barcollare all’indietro Clem con le braccia davanti agli occhi come per non vedere, urlando, mentre nel vano della porta apparve una bassa sagoma umana che diede una spinta al gentile demone facendolo cadere, e poi entrò nella stanza e s’abbassò il cappuccio del piumino.

Giles, cieco, non vide cosa succedeva, ma Wood, come ogni altro essere umano davanti al volto di quel tipo di demone, si sentì mancare, provò nausee e capogiri, sangue alla testa ed affanno ed in un solo secondo era già per terra, fiaccato e pronto a vivere nel suo peggiore incubo. Giles continuava a sbraitare, in piedi, a chiedere cosa stesse succedendo, agitando un libro davanti a sé, come stesse scacciando le mosche.

Veloce come suo solito, poco più di un attimo era durata l’operazione, il demone ritirò su il cappuccio e si girò per andarsene, dimenticandosi di un particolare importante: dietro di lui c’era Clem, molto arrabbiato, che gli urlò in faccia mentre il suo molle viso cambiava forma, si gonfiava terribilmente stravolgendosi, come una volta fece per gioco con le Potenziali.

Questa volta fu il fobofilo ad avere una paura matta, ed urlando indietreggiò per lo spavento, distogliendo lo sguardo da quella cosa orribile: ed il viso deforme di Clem fu l’ultima cosa che vide perché in quei dieci secondi Spike aveva avuto il tempo di capire cosa stava succedendo, brandire la prima spada che aveva sottomano, uscire dal deposito e con un unico, lineare ed elegante gesto spiccare la testa del demone, che accompagnata da una viscosa pioggia di sangue nero finì dopo un volo in aria a sbattere contro la balaustra della biblioteca.

Con un singulto Giles all’improvviso di nuovo vide, e i suoi occhi furono come feriti dalle luci della stanza, ma bastò un attimo perché mettesse a fuoco cosa aveva davanti: Clem con la bocca aperta dallo stupore e la brutta camicia macchiata da qualcosa di nero, e Spike, decisamente affannato e con le pupille dilatate, che brandiva una spada impiastricciata da qualche liquido. Ed un corpo decapitato ai suoi piedi, da cui usciva lento del liquido che stava creando una pozza sul pavimento.

 

In quello stesso istante Xander fu come scosso da un brivido di freddo, aprì gli occhi e si trovò a fissare il soffitto: era sdraiato, legato come un salame, nella vasca da bagno. E si ricordava perfettamente ogni cosa.

Era dentro la baracca del capo – cantiere, stava mettendo apposto le ultime cose prima di andarsene, quando aveva sentito qualcuno bussare al vetro della finestrella: si era girato e quel figuro s’era tolto il cappuccio, ornato di pelliccia, del piumino che gli copriva il volto. A Xander era mancato il respiro, s’era come sentito affluire tutto il sangue al viso, avvampando, gli era venuto un principio di conato di vomito, il tutto in una pressoché impercettibile frazione di secondo ed era svenuto: quando si riprese, dopo pochi secondi, queste sensazioni com’erano venute così se n’erano andate, all’improvviso, senza motivi o cause, ed ugualmente alla finestrella non c’era nessuno. Sparito, puff, così velocemente che Xander credé d’aver avuto le traveggole.

Ma era tutto reale e di lì a poco vaghi sensi di malessere si riaffacciarono, mal di testa capogiri, nausee, fino alla drammatica epifania: passando davanti ad una vetrina non s’era visto. Gli specchi non lo riflettevano: era diventato un vampiro. Tutto ciò che ne era seguito era stato un incubo, peggio di un incubo, culminato nella rabbia che lo aveva investito a casa, portandolo a distruggere tutti gli specchi.

Ma adesso, legato ed infreddolito dal contatto con la fredda ceramica della vasca, aveva solo due domande: perché aveva creduto così fortemente d’essere un vampiro ? Cos’era successo dopo che aveva chiesto a Kennedy di ucciderlo ?

 

Amy, nascosta sotto un tavolo nel retrobottega, piangeva ed era scossa da violenti singhiozzi: sul primo momento si era chiesta cosa mai facesse lì, quando il suo ultimo ricordo era su un cliente che entrava nel negozio nonostante il cartello “Torno subito”. Poi aveva capito, il suo buco di memoria era dovuto al fatto che era tornata topo, alla maledizione che la perseguitava.

Si sentiva sporca, umiliata, diversa, malediceva sé, sua madre e la magia e, tra un singhiozzo e l’altro, si chiedeva perché proprio adesso si era di nuovo trasformata, perché non riusciva a chiudere per sempre con quella cosa orribile.

 

Piangeva anche Kennedy, quando entrò nel bagno, dove Xander si agitava cercando di uscire dalla vasca. Aveva gli occhi gonfi e molte lacrime le rigavano le guance: piano si chinò sull’amico ed iniziò a liberarlo da tutte le cinture che lo tenevano avviluppato, senza dirgli nulla.

Poi, ancora scossa e terrorizzata per quello che anch’essa aveva creduto di vivere, si lasciò andare tra le sue braccia ed un prolungato pianto liberatore, così com’era, inginocchiata sulle mattonelle blu, con Xander seduto scomodo nella vasca. Ma cosa aveva provato, cos’aveva creduto fosse vero, non glielo volle dire.

 

Willow, tra grossi sforzi, era riuscita a mettere appunto un infallibile piano per portare Buffy al di fuori dell’ospedale: sarebbero entrate di soppiatto in uno sgabuzzino, avrebbero indossato i camici da infermiere e avrebbero spinto il letto e Buffy verso un ascensore, con cui sarebbero scese al piano terra, nei garage, dove avrebbero rubato un’ambulanza.

<Bella idea. Sembra un film.> commentò il Buffybot, e Willow si chiese se ci fosse dell’ironia nel commento. Il problema, uno dei tanti in verità, era intanto rubare quei vestiti senza farsene accorgere, e prima di questo era scoprire dove andarli a prendere. Loro erano in due e poiché rasentava la follia mandare in giro in questo delicato compito quello stordito d’un robot, toccò a Willow aggirarsi circospetta e guardinga come Angelina Jolie in “Tom Rider”: ovviamente il primo giro d’ispezione non le fruttò nulla.

Era già pronta a ripartire quando il Buffybot, con il suo solito tono assurdamente allegro, disse: <Oh, si sta svegliando.> Era vero, Buffy stava piano muovendo la mano destra, appoggiata sopra il lenzuolo sulla pancia e aveva appena schiuso le labbra: Willow non riuscì a trattenere un gridolino e si avvicinò al letto con trepidazione, cosicché fu la prima cosa che Buffy vide svegliandosi.

<Will … sei tu ?> La ragazza, commossa, le prese la mano e, non riuscendo a parlare per il groppo in gola, si limitò ad annuire; il robot, sopraggiunto, volle dire la sua. <Ciao Anne, tutto bene ? È bello vedere che non sei morta. Siamo tutti molto contenti per questo.>

La povera paziente spalancò gli occhi e Willow, per calmarla, pensò bene di farle un breve riassunto di ciò che le era capitato; aveva anche intenzione di censurare le parti soprannaturali a partire dai vampiri uccisi, ma la solerte Buffybot, che ignorava spesso il valore del silenzio, diede un resoconto sintetico ma efficace, che terminò con una nota positiva: <Fortunatamente li ho uccisi quando non ti erano troppo vicini, così la loro polvere non ti è andata in viso.>

Le due ragazze si scambiarono uno sguardo eloquente, poi Buffy riflettè sconsolata su una coincidenza: <Che gioia. Anche questa volta il mio primo giorno di lavoro al Liceo è iniziato alla grande.>

 

Ancora prevedibilmente sconvolti, spettinati e un po’ sotto sopra, mentre Wood andava a cercare degli stracci per tamponare il sangue, Giles decise che doveva annunciare le buone nuove a chi ancora era in attesa: telefonò subito a Dawn, ma il cellulare non prendeva (come minimo, in quella buia biblioteca tappezzata di libri non c’era minimamente campo).

Così con fastidio l’Osservatore telefonò a casa del Conte: prima di passargli Madame Ethan gli raccontò del loro avventuroso viaggio e l’Osservatore non seppe se essere più stupito per queste spericolate corse lungo le strade di Sunnydale o per Dawn perfetta pistolera. Di certo era consigliabile omettere questi non trascurabili dettagli quando avrebbero riferito a Buffy cos’era successo nella sua forzata immobilità.

Giles raccontò quasi tutto ciò che era avvenuto, omettendo un paio di piccoli particolari, e Madame fu felicissima dell’avvenuta soluzione ed espresse la sua gioia in esclamazioni in svariate lingue, tutte o quasi incomprensibili a Giles.

Dopo gli passò Dawn, con cui si mise d’accordo per il suo ritorno a casa: Ethan prima l’avrebbe accompagnata a trovare Buffy così da sapere quando l’avrebbero dimessa, poi l’avrebbe portata a casa di Giles, dove sarebbe stata quella notte per maggiore precauzione. Finita la conversazione tra loro Madame riprese in mano (si fa per dire, vista l’incorporeità) la cornetta ed espresse i sui dubbi.

<Ma … c’è una cosa che mi sfugge. Se lei era cieco, chi lo ha ucciso ? Quel maestro ?> <Chi ? Ah, si riferisce al signor Wood, suppongo. No … veramente … lei non ci crederà ma … sa quando si dice una visita inaspettata … beh, per puro caso era passato a trovarci … Spike.> Silenzio all’altro capo del filo.

<Spike ?> <Beh … sì, lui. Una vera fortuna, anche perché-> <William il Sanguinario è tornato in questa città ?> Il tono di Madame era impercettibilmente ostile, probabilmente stava per esserci uno scoppio d’ira: Giles iniziò a sentirsi morire, e si augurò di non andarci di mezzo anche questa volta. <Sì, ma-> <È tornato, dunque. Dove alloggia ?> <Io non lo so, ma-> <Bene, lo scopra e poi ce lo comunichi. Ah, non buttate via il cadavere del demone, poi Ethan lo verrà a prendere per portarlo via. Buona sera.>

Quando si girò aveva la faccia di uno che non ha dormito per un’intera notte; Spike sorrideva canzonatorio. <Fammi immaginare, Rupert: la fantasmina è rimasta sorpresa dal mio arrivo ?> <Qualcosa del genere, in effetti.> minimizzò l’Osservatore, sfilandosi gli occhiali ed iniziando a pulirli. <Scommetto che avrà qualche domanda da farmi allora, magari se sono venuto per restare o se semplicemente passavo di qua per un salutino.>

Clem, tirandogli la manica, gli disse che non era il caso di prenderla in giro: non aveva affatto senso dell’umorismo. <Fosse l’unica cosa che le manca …> aggiunse Giles. <Addirittura ?! Guardate che dicendo così mi rendete ancora più curioso. Già non vedo proprio l’ora di incontrare lei e quell’altro pallone gonfiato di un francese.>

Wood e Clem si guardarono perplessi, come se il vampiro fosse impazzito; Giles, che se lo aspettava, scosse la testa. <Solo un vampiro pazzo verrebbe nella città con due Cacciatrici; solo un vampiro molto pazzo ci verrebbe sapendo di trovarci anche Vigio l’Inclemente. Solo tu ci verresti, con quello che hai combinato in passato: immagino che anche tu abbia saputo della protezione che egli ha accordato a Buffy.>

<Oh, certo, protezione: ecco perché quando lei moriva sotto quella torre c’ero io e non lui. E quando io cercavo di ucciderla lui se ne stava al calduccio in Europa o dove diavolo era. Sì, sono proprio curioso di parlare con lui del suo impegno nel proteggere Buffy. E anche di sapere cosa mai avrebbe per difenderla da me quando cercavo di ucciderla. Perché sarà anche vero che l’ha sempre protetta da tutti i pericoli, ma io qui io non l’ho mai visto.>

Wood pensò che quel vampiro era ancora più pazzo di due anni prima, Giles si domandò solo se Spike era conscio che andare a cercare rogne con San Germano non era esattamente una di quelle cose che allungano la vita. <Sai cosa penso, Osservatore ? Che quel buffone sia venuto qui solo per lisciarsi Buffy, esagerare quello che ha fatto per lei, farle credere un sacco di balle e poi utilizzarla per i suoi giochetti politici.>

Giles pensò di non aver capito bene: era impossibile che Spike sapesse cosa si stava agitando ad alti livelli, e soprattutto quali fossero i piani del Conte. Non li sapeva neanche il Duca di Hamilton ! <Sì, sono proprio convinto che quel megalomane sia venuto qui a fare il gioco delle tre carte. Ma c’è una novità: non gli permetterò di tirare in ballo Buffy e me per fare il pavone davanti ad una cinquantina di gonfi pavoni, buffoni come lui.> Giles si sedette: ci mancava che quest’altra grana !

 

Alla sera, giunte nella loro pienezza le cattive notizie, da qualche parte negli Stati Uniti si faceva il punto della situazione.

<Decisamente l’Ordine parte male.> chiosò il giovane, vagamente soddisfatto: lui avrebbe potuto fare molto meglio, bastava che avesse i mezzi adatti, e non polgara indomati o vampiri e homuncoli di seconda scelta. L’uomo con gli occhiali si impose di non accettare provocazioni, fece finta di niente e si diresse piano verso il mobile bar.

Il terzo uomo non alzò neppure gli occhi dal foglio che leggeva e domandò, con voce calma, se per caso lui lo considerasse uno stolto. Il giovane, che non si aspettava tale domanda, subito scattò nella risposta. <Nossignore. Volevo solo dire che l’Ordine, benché appena ricostituitosi, non mostra molta perizia nella scelta dei propri membri.>

<Soprattutto con quello che è costato.> Il Fanciullo era comparso all’improvviso sulla soglia, e sorrideva beffardo. <Tutti quei soldi e neppure un po’ di sangue.> L’uomo, seduto su una poltrona, posò il contratto che aveva appena finito di rileggere. <Siamo nel terzo millennio: ho fatto inserire una clausola per cui, qualora il primo mandatoci non soddisfi le nostre richieste, potremo avvalercene gratuitamente di un altro.>

Nessuno dei presenti sapeva questo: il giovane e l’uomo con gli occhiali lo fissarono ammirati, il Fanciullo sorrise, stupito per questo momento di intelligenza, e senza dir nulla attraversando una parete andò in un’altra stanza.

 

Cognac, pipa ed Edith Piaf in sottofondo: dopo ciò che Ethan gli aveva detto, Miss Moller gli aveva riferito e Margot gli aveva spiegato, aveva proprio bisogno di qualche momento di pace e tranquillità tutta per sé: che bel ritorno a casa !

Il jet lag non gli aveva dato fastidio perché a Parigi aveva continuato a vivere sugli orari del meridiano di Sunnydale e ciò non gli aveva provocato eccessivi problemi perché, come suo solito, aveva preso una camera nella maison di Madame X: bordello, hotel, ristorante per uomini e demoni, gestito dalla più seducente e francese tra le vampire della Capitale. Nonché dalla meglio informata.

Queste sue note frequentazioni non lo mettevano certo in buona luce con gli uomini del Consiglio e di altri onorati consessi dediti allo sterminio dei demoni, ma era pur sempre vero che ci voleva qualcuno che trattasse con demoni e vampiri poco pericolosi per poter meglio sterminare gli altri. Piccoli accordi di percorso, tutto qui. E poi San Germano, come protesta alla Rivoluzione di Luglio nel 1830, aveva deciso di non avere più case a Parigi fino al ritorno della legittima monarchia.

Ma oltre a cercare informazioni su quel misterioso TALF che aveva fatto uccidere l’AnHerv a conoscenza di dati su “un soldato”, “la moglie”, qualcuno che non era morto e qualcosa inerente la città di Kassel, Sua Eccellenza il Conte di San Germano, Generale Emerito della Compagnia dei Santi Giovanna, Luigi e Vigio, Gran Croce dell’Ordine di San Gregorio Magno, Commendatore dell’Ordine Piano, Commendatore dell’Ordine aurato di San Silvestro (o dello Speron d’Oro), Cavaliere del Sacro Militare Ordine Gerosolimitano del Santo Sepolcro (per attenersi solo alle onoreficenze pontificie) aveva fatto anche il punto della situazione per il Novus Ordo Inspicientum.

Si era infatti incontrato nel refettorio della chiesa di San Severino con le Loro Eminenze i Cardinali Jean Marie Lustigier, Arcivescovo di Parigi, Christoph Schonborn, Arcivescovo di Vienna, e Peter Erdo, Arcivescovo di Esztergom – Budapest; con le Loro Eccellenze i Monsignori James M. Harvey, Prefetto della Casa Pontificia, e Mieczyslaw Mokrycki, della Segreteria Particolare del Santo Padre; con Sua Altezza Imperiale e Regia Apostolica l’Arciduca d’Austria Padre Paolo d’Absburgo (appartenente ai Legionari di Cristo); con le Loro Altezze Reali il Principe Carlo Maria delle Due Sicilie Duca di Calabria, la Principessa Astrid dei Belgi Duchessa di Modena, Reggio, Massa, Carrara e Guastalla, il Principe Sisto di Borbone - Parma Conte di Bardi, il Principe Amedeo di Savoia – Aosta Duca d’Aosta, la Principessa Eleonora Maria d’Orleans Bragança, il Principe Michele di Kent; con Sua Altezza Eminentissima il Principe e Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta Fra’ Andrew Bertie.

La presunta morte accidentale (che non aveva convinto nessuno) di Sua Beatitudine Pietro VII, Patriarca d’Alessandria d’Egitto e dei Cristiani d’Africa, avvenuta un mese prima, faceva temere loro che nella lotta per il nuovo Consiglio degli Osservatori qualche gruppo avesse iniziato un’escalation nei metodi di persuasione.

La discussione era durata a lungo: il Principe Michele sarebbe ancora una volta andato in missione dalla cugina Sua Maestà Elisabetta II e dal cugino nonché Lord Difensore del Consiglio Lord Harewood, il Duca d’Aosta avrebbe indagato presso alcuni suoi amici, ufficiali dell’Esercito Greco, e il Conte di San Germano (accordi presi in separata sede per non turbare le sante orecchie degli uomini di chiesa: che premura !) avrebbe, all’insaputa del Vaticano, ma con la completa disponibilità dell’Ordine di Malta e dei Servizi Segreti Spagnoli e Belgi, aggiornato e completato la lista di notabili da colpire in caso di attacco da parte degli Inglesi, dei Russi o dei Giapponesi.

La proposta di creare un’epidemia di vaiolo o di peste polmonare in India per affossare ulteriormente i propositi politici del Duca di Fife (idea di San Germano, ovviamente) fu respinta con sdegno dall’augusto consesso, con la conseguente e accesa discussione circa i metodi da adottare per la creazione del nuovo Consiglio e per rendere le altre fazioni inoffensive.

Fu solo quando Monsignor Mokrycki lo invitò a maggior moderazione e carità cristiana, ricordandogli anche che era già stato scomunicato tre volte negli ultimi cinquant’anni, che San Germano smise di argomentare sulla possibilità di far morire solo qualche migliaio di pagani idolatri (in India gli abitanti sono induisti !) e, borbottando, sospirò che una volta i vertici di Santa Romana Chiesa erano molto più aperti al dialogo e ai buoni suggerimenti.

 

Il Conte si stava proprio rilassando quando sentì distintamente Margot cantare, il che solitamente era molto piacevole; di insolito c’era solo che la canzone era “As time goes by”, e francamente non gli risultava che il tema di “Casablanca” fosse mai stato tra i brani da lei preferiti. La porta si aprì ed ella entrò gorgheggiando melodiosa facendogli alzare gli occhi dai suoi incartamenti su chi porre come Gran Priore per la Scandinavia e facendogli capire che non veniva per dargli la buonanotte.

Quindi, per prevenirla, prima che parlasse le ricordò che avevano già deciso che non lo potevano uccidere. <Sì, lo so. Ma non possiamo certo permettere che giri per questo borgo: l’idea che lui ed Anne si incontrino, e sotto il tuo naso, non ci favorirà certo ! Non possiamo permetterci anche questo problema, abbiamo già troppi punti su cui possiamo essere attaccati. Bisogna intervenire !>

Sospirò e le chiese, con non velata ironia, se aveva intenzione di farlo deportare da qualche parte. <No, potrebbe essere controproducente. Nonostante la sua natura ha dimostrato che può essere utile, ma resta un … carbone ardente. Dobbiamo stare attenti a maneggiarlo, non vorrei ci scottassimo le mani.> San Germano annuì. <Lo so, lo so. Se ne parliamo bene ci accusano di cedimenti, di debolezza e di simpatia verso il demonio. Se ne parliamo male sono capaci di rinfacciarci il nostro dogmatismo e gli errori compiuti nel passato. Cosa proponi ?> <Ho avuto una magnifica idea.>

San Germano lasciò il fascicolo sulla poltrona, si aggiustò la vestaglia a draghi gialli e arancioni e si andò a gettare sul letto. <Non potevi ascoltare seduto ?> <Almeno non rischio di cadere. Dimmi che non vuoi vada in Marocco, per prima cosa.> Margot fece finta di niente e continuò a parlare in piedi, a mezz’aria, in mezzo alla stanza.

<Devi sapere che alcuni sociologi hanno diviso i tipi di storie d’amore in dieci categorie, ognuna riconducibile ad un film famoso.> <Iniziamo bene…> Lei proseguì, ignorando la palese ironia. <Ad esempio “Attrazione fatale”: la storia che nasce sotto l’Amore e finisce sotto la Morte, la classica storia che termina con i piatti rotti sulla testa dell’altro.> Il Conte volle darle un po’ di soddisfazione <“La guerra dei Roses”.>

<Esatto. Poi c’è “Pretty woman”, il grande amore che deve vincere ostacoli di carattere sociale, culturale, religioso e simili.> <Ranieri III Grimaldi e Grace Kelly, l’eterna storia di Cenerentola, “Altà società” e “Love story” … > Lei storse un poco la bocca.

<No, credo che quello rientri in un altro genere, quello per cui alla fine gli ostacoli vincono: Giulietta e Romeo, “West Side Story” … dove non c’è lieto fine, insomma.> <“Gli unici amori eterni sono quelli non corrisposti” come dice Diane Keaton in “Io e Annie” … o era “Manhattan” ? Comunque “Il principe e la ballerina” e “Il cigno”.> Lei lo guardò interrogativa. <L’ultimo film di Grace Kelly, quello in cui lei fa la principessa.>

<Ah, giusto, ho capito. Poi “Casablanca”, che è quello che ci interessa. Ti ricordi la trama, vero ?> Il Conte trovò offensiva una tale domanda e con sufficienza le ricordò solo che “mentre il mondo crolla scegliamo proprio questo momento per innamorarci”. <Bravo. Riassumendo, è l’eterna storia del triangolo, dell’onore e del sacrificio per amore: lui e lei si amano ma c’è un altro uomo, che ha bisogno di lei e lui, proprio perché la ama, si sacrifica e li lascia andare. “Se non prendi quell’aereo te ne pentirai. Forse non oggi, forse non domai. Ma un giorno, e per sempre.”>

Lui sorrise <“Casa di bambole” di Ibsen e “Dawson’s Creek”, III serie, ultima puntata: Dawson accartoccia il proprio cuore, orgoglio, amor proprio e lascia che Joey fugga insieme a Pacey.> Margot fu attraversata dal più profondo disgusto <Dawson e Bogart ? Joey e la Bergman ? L’accostamento è blasfemo e indegno ! Per tacere dell’ardire di mettere Ibsen nella stessa frase dove c’è anche-> <Sì, va bene, taglia corto: arriva ad Anne.>

<Noi creeremo una situazione tale per cui una certa persona si sacrificherà e lascerà che il suo amore prenda quell’aereo famoso. E visto che Anne riesce ad essere egoista, testarda, illogica e irragionevole quando si parla dei suoi vampiri, oltrechè vogliosa come una cagnetta in calore, il nostro Rick sarà proprio Spike.>

Lei sorrise trionfale per avere esposto l’idea risolutrice, lui era immobile e pietrificato sul letto: sapeva che era impossibile, ma credette per un momento che fosse ubriaca. Sospirò e trovò le parole per chiederle qualche delucidazione in più. <Sorvolando su moltissime cose che non tornano, chi sarà il terzo elemento, il nostro Laszlo ? Il soldatino ?>

<Riley dici ? Assolutamente no, è sposato ! Che idee sono, rompere un matrimonio ! Lascialo dove sta. Ribalteremo la situazione classica: non una donna e due uomini ma due donne ed un uomo.> Sbarrò gli occhi: dopo secoli di convivenza capì subito dove Margot voleva arrivare ma sperò di cuore che non fosse quello che temeva, che lei non volesse complicare ulteriormente quella mano gettando altre carte sul tavolo. Meglio recuperare il soldatino allora !

<C’è un grande legame nella vita di ogni vampiro e non aggiungo altro perché tu hai già capito chi è l’altra donna, chi sarà colei per la quale Spike lascerà Anne.> Sorrise trionfale e il Conte comprese che sarebbe stato molto difficile farla recedere dai suoi intenti: stanco e preoccupato per le pessime idee che giravano nel cervello di Margot le volle fare le ultime domande.

<Perché Spike dovrebbe andare da quella ? Perché lei sarà quella fragile che avrà bisogno di protezione ? Se non c’è tornato di suo … cosa vuoi che io le faccia ?> Lei sorrise, anzi, rise trionfale e piena di gioia. <C’è una sola cosa che un vampiro, un demone di tal genere, teme più dell’Inclemente, solo una cosa che lo squassa più delle tue arti e delle tue tecniche. E noi gliela procureremo.>

Ci fu un lungo silenzio in quella stanza: San Germano, come era solito fare quando si trovava davanti a qualcosa che non aveva previsto, strinse le labbra, poi scelse di prendere tempo. <Questa è “Casa di bambole” allora, non “Casablanca”.> A Margot sfuggì la precisazione e aggrottò la fronte.

<Nel film Bogart convince la Bergmann ad andare con l’altro, con il più debole. E non credo che Anne possa mai essere così altruista quando si tratta delle sue basse voglie. Invece nell’opera di Ibsen è la moglie che sceglie volontariamente di dedicarsi al più debole: è questo quello che vuoi tu, giusto ?> Doveva trovare sempre da ridire, sempre da puntualizzare: dopo secoli non aveva ancora perso quel vizio.

<Sei pedante.> <Sei tu che elabori piani complicati come Will Coyote, con citazioni sbagliate per giunta, e poi lasci a me l’onere di metterli in atto.> Lei si fece raggiante e svolazzando gli si avvicinò, speranzosa. <Allora lo metteremo in atto ?>

<Credo sia più semplice se rinchiudiamo Anne in un convento, ne avrebbe anche maggior giovamento.> <Povere suore ! Le travierebbe tutte ! Comunque per ora la mia idea, oltre all’impiego delle carmelitane scalze che suggerisci, è l’unica che abbiamo.> <È peccato.> aggiunse lui, con una fermezza che faceva capire che non ci fosse nulla al mondo che potesse scavalcare quest’obiezione. <Quindi elaborerò qualcosa di lecito nei prossimi giorni.>

Riteneva chiusa la conversazione, ma dopo tanti secoli si era abituato ai modi di Margot: doveva elucubrare qualcosa di sensato e fattibile il prima possibile, anzi prima che lei desse il via alle danze, mettendolo davanti al fatto compiuto. Maledizione !