VIII. 06 – MISTERIOSO OMICIDIO A MANHATTAM

 

Scritto da: Franz Joseph

Spoiler per: tutta la stagione VII di BtVS

Rating: per tutti

Timeline: un anno e mezzo dopo “Chosen”; metà novembre 2004

Summary: dove un delitto interrompe la partita a scacchi del Conte e la cena della Scooby Gang, tutti prima affannano nelle indagini con alterni esiti e poi incontrano una vecchia conoscenza; Madame parla con Buffy, Giles fa interessanti rivelazioni, il Conte parla del proprio passato e del pericolo della stupidità umana, ma qualcosa viene taciuto.

Commenti: se volete scrivetemi a franzjoseph1@supereva.it

Disclaimer: I personaggi appartengono a Joss Whedon, David Greenwolt la WB, ME, la UPN e la Fox. L'autore scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.

 

PROLOGO

Ci sono degli imperativi morali, etici e sociali a cui non si può sfuggire: un nobiluomo non gioca a poker con la propria servitù. Cielo, per una cosa così seria non si può fingere di ignorare la distanza che separa la plebe dal gentiluomo. Ma con chi fare un buon tavolo ? Togliendo le donne (un tavolo serio non ha certo femmine intorno) si può trovare un preside americano, un Osservatore inglese e un carpentiere californiano: sembra una pena infernale abbassarsi così tanto, pensò il Conte di San Germano affranto.

Ma era in terre barbare, prive di civiltà e di maniere, in partibus infedelium, per cui molto di più non poteva avere: in tempi minori princìpi minori. E prìncipi minori, gli venne da aggiungere. Altri tempi le partite con Sua Altezza Reale il duca di Berry: quelli sì che erano Figli di Francia, Principi del Sangue. E la duchessa di Berry … gustosa vedovella ! Erano appena meno di duecento che lo avevano ucciso a teatro ? Era stato nel ’20 ? Sì, certo, De Maistre era ancora vivo … ah, De Maistre, Chateaubriand, Luigi XVIII … che giorno immortale la Restaurazione a Parigi, aveva cancellato anche il disgusto di vedere quei sotto-uomini dei russi passeggiare per il Palais Royal. Quel diavolaccio di Talleyrand ! Politici simili non ne nascono più, al confronto Kissinger è un povero zotico curato di campagna.

I curati … probabilmente il Conte avrebbe continuato a perdersi nei propri pensieri, avrebbe finito per ricordare con affetto ancora vivo un lontano ecclesiastico che tanto aveva caro, ma Margot interruppe il flusso dei ricordi dolci e dolorosi dando, con un cavallo, un leggero colpo ad un suo pedone. Si riscosse, osservò la scacchiera e comprese che aveva voglia di attaccare: bene, l’avrebbe subito servita facendole saltare gli alfieri.

Con lei non poteva giocare a biliardo: secondo lui l’essere puro (si fa per dire) spirito impalpabile la favoriva nell’utilizzo della stecca, mentre lei sosteneva l’esatto contrario. Ed in due non si poteva giocare a baccarà, bèsigue, faraone, ronflè, bestia, macao, ventuno, pitocchetto, whist, zecchinetta, poker, scala, bridge, canasta, chemin de fer, cosiccome fare tutte le sere una partita a écartè non era molto divertente. Perciò, se non aveva nulla di meglio da vedere in televisione, giacchè non c’era una videoteca con film europei decenti, se non c’era nessuno dei telefilm che seguiva con passione pari a quella di altre e migliori cause, le chiedeva di fargli compagnia la sera. L’allegria non era mai molta in quella casa: il lunedì, mercoledì e venerdì mattina si dedicava al lavoro giù nelle cantine, e in alcuni pomeriggi controllava a che punto fosse la sua ultima creatura, il Novus Ordo Inspicientum (che nome ! suonava molto meglio di Nuovo Consiglio degli Osservatori !). Avrebbe tanto voluto che le due bambine e l’altra Cacciatrice venissero da lui per apprendere e rendersi dotte –giacchè, oltrechè di buone maniere difettavano certo anche di cultura- ma nessuna si faceva viva alla sua porta e lui non aveva certo intenzione di andare a mendicare la loro presenza nella sua magione: se non sarebbero venute tante peggio per loro !

Ma, il fondo di tutti questi discorsi era uno solo, ad Anne lui non piaceva: non che il Conte si fosse mai immaginato il contrario, ma almeno sperava sarebbe stata tanto intelligente da capire che poteva imparare svariate cose importanti standogli vicino. Ma, come motteggiava Margot, se fosse intelligente quella ragazza avrebbe scelto fidanzati ed amiche migliori. In ogni caso lui era abituato a vivere in case sprofondate nel silenzio, e non amava né avere troppa compagnia né, tantomeno, farsi amicizie: sapeva che sarebbe rimasto soltanto per qualche altro mese a Sunniydale e quindi sarebbe stato stupido perdere tempo legandosi in qualche modo con quei poveri giovani.

Comunque aveva, come sempre, troppe cose a cui pensare per distrarsi cercando di imbastire rapporti umani: il Consiglio e quella manica di delinquenti inglesi, (in primis il Duca di Hamilton), i pericoli di quella strana congrega che scavava templi e probabilmente vivificava cadaveri, il suo lavoro e tenere sul chi vive la strega. Magari si annoiava, ma certo non sarebbe rimasto con le mani in mano, e poi, almeno, aveva le visite della sua dolce e diletta Fides che lo riempivano di discreta gioia.

<A cosa pensi ?> Margot non aveva bisogno di vedergli muovere così male le torri per sapere che stava dedicando i suoi pensieri ad altro: dopo secoli che si conoscevano e vivevano assieme poteva quasi predire quello che lui avrebbe fatto. E infatti in tal caso la sua domanda era veramente oziosa, poiché gli leggeva nel volto, rannuvolato da pensieri non lieti, che stava riflettendo su Anne.

Per quanto fingesse con gli altri, per quanto sapesse ingannarsi almeno in parte, non era mistero per nessuno di loro due che era rimasto deluso dalla ragazza: deluso dalle sue parole, dai suoi comportamenti ostili ed ostinati, deluso da esserla immaginata sempre più simile a Caterina Ivanovna, la seconda Cacciatrice veramente importante nella sua vita, mentre invece era fatta di tutt’altra pasta.

Lui alzò lo sguardo, la fissò e come ogni volta, invece che il pallido ed evanescente spettro, ombra di ciò che era, vide con gli occhi del ricordo davanti a sé quel viso che ben conosceva, quella donna testarda e curiosa che era stata secoli prima, le cui urla terrorizzavano anche il marito, quella “mula” con cui litigava spesso, con la quale si erano maledetti e a cui per cinquant’anni non aveva rivolto la parola, benché abitasse in casa con lui. Incredibilmente, dopo tutti quei secoli, il ricordo di quand’era viva e di com’era gli sembrava molto più reale e tangibile del fantasma con cui conviveva da prima della Guerra dei Trent’Anni. Sospirò.

<Sarà l’aria, il clima, il fatto che sono pagani ed idolatri e si chinano davanti ai totem più assurdi e stolti, ma a me questa California proprio non piace. A te ?> <A me non piacciono solo le persone. Poi, quanto ai panorami, ne abbiamo visti di peggiori: dopo il primo mese di monsoni tutto l’Annam diventa orribili. E non che il Regno di Lodomiria fosse poi molto più allegro. Certo, loro almeno non mangiavano hot-dog e sapevano di essere solo polvere. Qui invece sono tutti così superbi, credono sempre di avere ragione …e poi non sanno trattare con le persone !> <Difetto comune: l’ho anch’io.> Il Conte aveva bisogno di un complimento, e solo per questo aveva fatto quel commento su sé stesso.

<Tu non ne hai bisogno, cielo ! Platone ringraziava gli dei per essere greco e non barbaro, libero e non schiavo, uomo e non donna ma soprattutto di aver conosciuto Socrate. Tu sei europeo e non barbaro, nobile e non plebeo, cattolico e non eretico, discendi dalla Francia eterna e dalla orgogliosa Firenze: non sei tenuto a portare rispetto a questi quattro villici ! Mi pare che Anne abbia un cattivo influsso sul tuo umore !>

Lui sbuffò perché voleva dei complimenti, non trattare con lei quell’argomento: era incredibile come lei riuscisse, su certi temi, ad essere ancora più dura e severa di lui. <Ma lei non c’entra molto, non è una novità che sono di temperamento melanconico. Avrei voglia di stare a casa, non qui tra questi zotici.> <Sei tu che sei voluto venire per sistemare di persona la faccenda. Io ero per continuare con i vecchi metodi.>

<Giusto. Ora che siamo qui mi devo adattare. E non azzardarti a volermi mangiare l’ultimo cavallo.> Spesso i loro discorsi si muovevano su un filo logico estremamente personale e, come era uso quando si scambiavano confidenze e pensieri, la conversazione si era svolta in una versione abbastanza antica e dialettale del francese.

 

Mentre si discuteva alla luce di una lampada art noveau di tali argomenti, a casa Summers c’era una piccola cenetta, ristretta ai vecchi amici e, per così dire, ai nuovi, cioè Amy, oramai coinquilina a tutti gli effetti: con piacere faceva il bucato, esimendone le due sorelle, e chiacchierava ininterrottamente colmando così i silenzi glaciali che altrimenti ci sarebbero stati in quella casa. Se non per motivi strettamente necessari infatti Buffy e Dawn non si rivolgevano quasi parola, ignorandosi: quello che si erano dette subito dopo l’attacco da parte di quegli homuncoli e all’arrivo a Sunnydale pesava ancora, mentre l’idea del Conte così misterioso, pericoloso e vicino rendeva ancora più nervosa e silenziosa la Cacciatrice, che non si tratteneva affatto dal mostrare il proprio malumore.

Mentre tutte le ragazze si affannavano intorno ai fornelli, creando spesso confusione e un costante cicaleccio, i due uomini si erano sdraiati chi in poltrona chi sul divano e si riposavano chiacchierando del più e del meno; Giles si era informato ancora una volta se Xander aveva problemi col lavoro perché sapeva che un occhio in meno nel suo mestiere era un grosso problema mentre il ragazzo (i cui pensieri parlando con l’Osservatore erano rivolti a tutt’altro argomento) era curioso soprattutto se nel Liceo tutto funzionava senza problemi: gli impianti erano stati affidati ad una ditta su cui sapeva poco e voleva avere la certezza che fossero degli operai capaci.

La serata era iniziata stranamente bene: a fare la spesa le due streghe e Buffy non avevano discusso troppo, Kennedy e Dawn creavano pian piano una certa familiarità e Giles aveva avuto il tempismo di mentire sul vino che aveva portato, occultando che era un gentile dono del Conte. Già, perché anche se non si nominava il suo spirito, denso di minacce e di gentilezze, di insulti e di regali, tutti quanti almeno una volta da quando si erano riuniti gli avevano rivolto un pensiero.

Kennedy, sentendosi un verme, fece il paragone tra i piatti di casa Summers e quelli bordati d’oro sopra sottopiatti d’argento; Dawn, curiosamente, si domandava se si sarebbe offeso per il fatto che Buffy non l’aveva invitato; Giles ci pensava bevendo il bordeaux; Amy aspettava ancora di vederselo un giorno comparire in negozio; Xander era contento di non vederlo già da qualche giorno, perchè ogni volta c’erano problemi; Willow e Buffy pensando al proprio futuro pensavano a lui.

 

Mentre Margot concedeva la rivincita, Rayne entrò nel salotto, pallido in volto e con uno sguardo decisamente spaventato e preoccupato: i due giocatori gli rivolsero un’occhiata curiosa, certi che nessn pericolo avrebbe mai avuto il coraggio di venire ad importunare volontariamente Vigio l’Inclemente nella propria maison. <Monsieur, Madame, ci sono … visite. Un demone … non mi ricordo il genere. Molto spaventato, e vuole parlare subito con Monsieur.> I due giocatori si guardarono francamente sorpresi: era raro, per così dire, che un demone vivo volesse entrare volontariamente nelle sue case. <È molto spaventato e confuso, continua a parlare di alcuni demoni karhall morti e dice che Vostra Eccellenza deve intervenire prima possibile.>

Un karhall ? Cosa diavolo ci facevano a Sunnydale ? Li mandava Zamira ? E cosa voleva da lui ? Che forse … <Perché Zamira ti cerca ?> chiese Margot, come se gli avesse letto nel pensiero. <Non saprei. Forse avrà bisogno di un favore. O forse ha intenzione di farmene uno. Grosso.> Lei capì e pensò che non avrebbe mai scommesso un soldo che quella stupida demone avrebbe saputo dar loro delle risposte. Certo, se i morti erano i suoi messi ora le risposte erano più difficili da avere. <Fallo accomodare in foresteria e digli che arriverò subito.> e accompagnò l’ordine con uno sbrigativo gesto della mano.

Purtroppo, mancando i corridoi per raggiungere la foresteria, si sarebbe dovuto vestire per andarci, ma non ne aveva affatto voglia: stava così comodo con il suo pigiama e la fantasmagorica vestaglia di seta dell’Indocina. <Mi vesto ?> chiese a Margot per un parere. <Ma sei matto ? Mettiti un cappotto per non prendere freddo al massimo, ma vestirsi per ricevere un demone a quest’ora sarebbe una cosa indegna: la distanza che c’è tra te e quell’essere mi sembra così ampia da non doverti neppur far avere dubbi.>

Una delle cose che preferiva in lei era che, nonostante tutti questi secoli, aveva ancora mantenuto intatto l’alterigia che la sua nascita e il suo sangue le imponeva, e lui amava che lei rinsaldasse sempre queste sue convinzioni in materia. Peccato in quel frangente la sua domanda vertesse su tutt’altro: avrebbe preso proprio molto freddo ad uscire buttandosi addosso solo un cappotto ? Sapeva benissimo qual era la distanza che lo separava da un demone, senza che lei glielo ricordasse ! Ma se adesso si fosse vestito avrebbe dovuto spiegarle che lo faceva per non prendersi un raffreddore, non perché portava rispetto ad un demone e non aveva voglia di discutere con lei: confidando nella mitezza del clima locale indossò solo il cappotto e, senza neppure sfilarsi le ciabatte, si accinse ad andare a vedere cosa diavolo voleva quel miserabile demone.

 

Era difficile, con quell’incarnato grigio tendente al verde, capire quando un demone di quel genere era pallido ma il Conte, entrando in foresteria e vedendolo seduto al tavolo con i due occhi sbarrati, le dita della mano strette intorno al bicchiere d’acqua che Rayne gli aveva porto e le pieghe del viso tremanti di paura, intuì subito che doveva essere maledettamente spaventato e che doveva esserci qualcosa di tale portata che sicuramente quella sera non avrebbe terminato la sua partita a scacchi.

L’essere appena lo vide se possibile tremò ancora di più e iniziò a mugolare una fastidiosa litania di “pietà, pietà, non ne so nulla” e simili parole, che sul Conte e su Madame ebbero l’effetto di un drappo rosso davanti al toro. <Che diavolo ! Porco demone, dì quello che devi dire ! Non ho tempo da perdere con i tuoi balbettii ! Che karhall sono morti ?> Il demone tacque d’un colpo, lo guardò con i suoi umidi occhi bovini e iniziò a infilare velocemente le parole una dopo l’altra. <Perdono, perdono, Eccellenza, sommo Conte, illustrissimo Generale, perdono, ma l’AnHerv Ramaissim Dolovion è stato appena ucciso ! Il suo sangue è ovunque ! Quando lo saprà la Kernalia Zamira sarà una tragedia !>

Rayne non aveva capito quasi niente del discorso ma gli bastò guardare il volto del Conte per capire che il morto sarebbe stato molto meglio se fosse rimasto vivo: Monsieur aveva sbarrato gli occhi e fissava quel mostriciattolo grigio e ricco di pieghe come se quelle notizie fossero l’inizio di un grosso problema. <Rayne ! Prepara subito la macchina, dobbiamo andare subito là. E fatti spiegare dov’è avvenuto l’evento !> Detto ciò corse fuori, così agitato da dimenticarsi perfino del disappunto per dover interrompere la rivincita a scacchi e per doversi vestire.

 

Ramaissim Dolovion aveva preso dimora in un residence ai margini della città, in un quartiere costruito intorno a una piazza tenuta a prato in cui troneggiava un (brutto, a gusto del Conte) monumento commemorativo alle vittime dell’Undici Settembre: nell’erba si ergeva un complesso circolare composto da zampilli d’acqua e una sorta di obelisco post – moderno con incisi i nomi delle vittime, la data e alcune frasi, retoriche come in ogni monumento del mondo. Benché quel luogo fosse la ZeroNineEleven Square, il quartiere sorto attorno era ben presto stato appellato da chi ci abitava “Manhattam”, forse perché era un nome più breve.

Il residence “Torrance”, dal nome della cittadina natia del proprietario, era composto da tre file di piccole villette a schiera, tutte terribilmente uguali, tutte ad un piano, tutte bianche e verdi con una piccola veranda sul davanti, su cui si apriva la porta d’ingresso affiancata tra due coppie di finestre.

L’AnHerv Ramaissim Dolovion era venuto a Sunnydale perché doveva incontrare proprio il Conte di San Germano: così sosteneva il tremante e confuso demone. Erano arrivati dopo le otto, l’AnHerv con due valletti, accolti da quel demone che aveva trovato loro un alloggio per i seguenti due giorni: dopo averlo ringraziato con una lauta mancia gli aveva chiesto di andare a procurare loro alcune vivande, gli aveva scritto la lista su un foglio che aveva in tasca e quella era stata l’ultima volta che lo aveva visto vivo. Tornando dalla spesa li aveva trovati morti, in tutto quel sangue.

Il Conte camminava con a fianco il lamentoso demone che tremava descrivendo con incerte frasi la scena del delitto e con dietro Rayne, che non aveva ancora capito molto di tutta la situazione, e che si domandava come dei demoni fossero riusciti a prendere in affitto un’appartamentino in quel residence.

Finalmente giunsero davanti al luogo del crimine: con una sola occhiata il Conte misurò ciò che vedeva, le tristi fioriere sulla veranda scandita da sottili pilastri in legno, la porta d’ingresso aperta e le luci del breve corridoio ancora accese, il sangue. Neppure lui riuscì a trattenere un conato di vomito per l’odore di tutto quel sangue di karhall sparso e per un momento ebbe un lieve mancamento, rivedendosi in Galizia tra le fiamme, gli urli, il sangue e quell’odore: non riusciva a credere che fossero appena passati trecentocinquant’anni da allora. Sembravano secoli, molti di più.

Il suo straniamento fu interrotto dai guaiti ancora più alti del demone e dall’orribile imprecazione di Rayne; si girò a guardarlo stupito. <Monsieur, quest’odore è disgustoso. Non ci resisto !> <Si vede che non è passato mai vicino a una fossa comune piena di appestati.> Tirò fuori il fazzoletto, che aveva in precedenza intriso di colonia e guardingo salì i tre scalini, mentre dietro l’essere che li aveva guidati fin lì si sedeva per terra ad aspettare la fine della ricognizione e la sua sorte, maledicendo l’idea di aiutare i karhall.

Il sangue, verde smeraldo, segno che il HanHerv era in buona salute e tonico prima di morire, probabilmente squartato, si era sparso per tutto il pavimento fino all’ingresso. Subito alla sua sinistra si apriva una porta, che era quella della cucina, rischiarata dalle luci del corridoio e del salotto, che stava sulla destra di chi entrava. Era un ambiente abbastanza ampio, a cui si accedeva da due grosse aperture ad arco: un divano era posato davanti alla parete su cui si aprivano le finestre che davano sulla veranda, un mobile lungo e basso, decisamente di qualità e design scadente, prendeva la parete prospiciente e lungo la terza stavano due poltrone; in mezzo un basso tavolinetto.

L’AnHerv era seduto scomposto sul divano con il ventre squarciato e le interiore sparse sulle gambe: aveva ancora gli occhi aperti, un mozzicone di lingua spuntava tra le file di denti che aveva in bocca e per il dissanguamento stava diventando ovviamente giallo. Non era certo il primo raccapricciante cadavere che vedeva in tanti secoli, l’odore abominevole era in parte coperto dalla colonia nelle sue narici, quindi continuò ad esplorare quella residenza per vedere gli altri due cadaveri.

Il corridoio, a metà circa della sua lunghezza, sulla sinistra aveva una porticina: uno sgabuzzino, vide, con alcune valigie e null’altro, tutto buttato sottosopra. Proseguì e ne arrivò al fondo, alla porta del bagno: aprì, accese la luce e non vide nulla di strano. Ai lati di questa c’erano due porte, quelle delle camere: in quella di destra steso di sbieco sul pavimento, con i piedi all’altezza dell’ingresso, il valletto morto, con un foro da proiettile nella parte superiore del cranio e la pancia aperta: la pozza di sangue formatisi era stata calpestata ampiamente da qualcuno che, mettendo a soqquadro la stanza, aveva lasciato un sacco di impronte ovunque. Similmente era la situazione nell’altra stanza, ugualmente rivoltata e perquisita, osservò il Conte, ma priva di cadaveri.

Tornando indietro stette ben attento a non calpestare quel disgustoso sangue, in modo da confondere il meno possibile le impronte sul pavimento; uscito, dopo aver riflettuto che un buon sorso di cognac sarebbe stato l’ideale e che aveva lasciato la fiaschettina nell’altro soprabito, diede gli ordini: Rayne avrebbe accompagnato il valletto al sicuro nella maison e Madame Margot avrebbe preparato ogni cosa per le autopsie.

Detto ciò con un secco gesto della mano fece capire a Rayne che si doveva congedare ma quando quello si era già allontanato un po’ con tono risoluto lo richiamò. <E veda che il demone si calmi, giacchè poi lo interrogherò. Se deve fare delle telefonate che le faccia domani, così avremo più tempo per dirimere questa faccenda. Torni in fretta con il materiale che le darà Madame per analizzare e trasportare le salme.> Ora era il momento di chiamare l’altro inglese di Sunnydale e interrompere le sue serate solitarie, divise tra i libri e lo scotch.

 

ATTO I

Dawn e Kennedy erano riverse sul tavolo, sconquassate dalle risate, mentre Giles cercava, tra un singulto e l’altro, di dire qualcosa, e Willow e Buffy ridevano senza ritegno tenendosi la testa. Amy strabuzzava gli occhi e piangeva a sentire tali e tanti aneddoti divertenti, mentre Xander cercava di terminare la storia di quella notte in cui girava con teppisti zombie e il resto della gang sventava un’apocalisse.

Trillò il cellulare di Giles: aveva “God save the Queen” come musica ! Questo portò alle stelle le risate di tutti mentre lui diventava rosso come un peperone estraendolo dalla tasca della giacca e Xander, dandogli di gomito, domandava con voce mielosa se fosse qualche gentile signora. Guardò il display e smise di ridere di colpo, il che gli fece assumere un’espressione grottesca e drasticamente diminuì il livello di buon’umore della compagnia.

<Pronto ? … Sì, come tutte le volte che la sento. Che c’è ? … Sì certo, perché ? … Ah … Oh … Certo … Io … Io … Sì, sono da loro … Chi ?! … Va bene, mi dica dov’è che arrivo … Buonasera.> Quando posò il cellulare si trovò tutti gli occhi fissi puntati addosso, senza che nessuno gli chiedesse chi era, poiché era terribilmente evidente. <Cosa voleva ?> domandò irritata Buffy, certa che c’era qualcosa di spiacevole in preparazione per loro. <Era il Conte.> disse Giles per prendere tempo e cercare il modo migliore per spiegare loro le istruzioni che aveva avuto. <O era lui o era la Morte in persona, vista la sua espressione.> Willow chiosò che la differenza tra i due non era poi molta, a parte che almeno la Morte era meno invadente.

<C’è stato un omicidio. Qualcuno ha ucciso un demone karhall.> <E dobbiamo mandare una lettera di condoglianze ? Meglio, un demone in meno.> osservò Xander stupito da quel tono funebre e preoccupato, come se un demone morto fosse un problema. <I karhall sono dei demoni da qualche tempo pacifici e socialmente evoluti: sono attualmente divisi in sette tribù con a capo un Re, detto Kernal, e sono stanziati tra Messico, Cuba, le Antille e il Texas. Amano molto i climi caldi ma senza problemi si sanno adattare a quelli più freddi. Benché storicamente siano nomadi negli ultimi secoli hanno imparato i pregi della vita stanziale e sedentaria, smettendo di girare per il mondo e affinando un loro proprio sistema sociale.>

La lezione di demonologia non solo non era interessante, ma anche fuori luogo e non spiegava per quale motivo ci fosse tanta preoccupazione negli occhi di Giles. <E allora ?> domandò Buffy spazientita: solo il pensiero di quell’essere la metteva di cattivo umore: figurarsi comprendere che, Bocca dell’Inferno o meno, certe cose a Sunnydale non cambiano mai.

<Il defunto era membro molto stretto della famiglia reale: il Conte mi ha detto che era un AnHerv, che significa qualcosa come Principe del Sangue. Credo che a breve la sua famiglia e il suo popolo vorranno un colpevole, oppure ci saranno circa diecimila karhall che verranno qui sul piede di guerra, e non sarà una cosa piacevole.> <Diecimila ?!> domandò stupefatta Kennedy, che aveva difficoltà ad immaginarsi un tal numero di demoni che circondavano Sunnydale: sarebbe stato come con i Turok – Han ?

<Circa. In tutto i karhall sono trentamila, probabilmente. Il Conte ha intenzione di scoprire il prima possibile chi sia l’omicida, in modo da dare lui solo in pasto alla loro vendetta.> Questa era una cosa strana: il flagello dei demoni che si impegna per aiutare proprio dei demoni ? Amy domandò cosa c’era sotto. <Credo che qui nessuno voglia che Sunnydale sia distrutta, vero ? Inoltre lui è in … rapporti vagamente amichevoli con la Corte dei Karhall, da quando hanno smesso di uccidere essere umani. Vuole vedere subito me, Xander e … Amy e Willow.>

<Noi ?!> domandarono totalmente sorprese le due ragazze. <Si riferiva alle due streghe: non credo fosse un modo poco gentile per rivolgersi alle Cacciatrici. Circa le quali ha detto che si dovranno tenere pronte ad entrare in azioni dopo aver assistito all’autopsia del karhall, che sarà per loro … istruttiva ed opportuna.> Nessuno volle dire nulla perché bastava solo guardare Buffy per capire che aveva un’opinione circa questi ordini, e che non era né pacifica né accomodante nei confronti di chi li aveva espressi. <Andiamo. Tutti.> Giles non ebbe coraggio di obiettare alcunché: che la rabbia della ragazza si riversasse pure su quel mezzo francese.

 

Dopo un’attesa troppo lunga per i suoi gusti il Conte finalmente sentì delle voci e, smettendo di analizzare quell’orrido cadavere, con disappunto infinito comprese che era venuto anche chi non doveva. Uscì in veranda e li vide tutti davanti a sé: li accolse con una smorfia che non faceva immaginare nulla di buono.

Tappandosi come tutti il naso con un fazzoletto, dal gruppo si staccò Buffy che fece un paio di passi fino ad essere proprio davanti al Conte (mentre Dawn pensava che se fosse stata più gentile con lui sarebbe stato meglio), e senza preamboli o giri di parole iniziò. <Questa è la mia città, lo è sempre stata-> <Finchè lei non l’ha abbandonata.> la interruppe la figura severa e accigliata che teneva le mani dietro la schiena e la fissava implacabile.

<Lo è stata e sempre lo sarà, anche se ogni tanto la lascio. E chi viene qui per comandare … il sindaco, Glory, Caleb, gli Iniziati, Il Maestro … trova guai sulla sua strada.> Il conte si stupì, e lo fece sinceramente, non era uno dei suoi soliti gesti teatrali: guardò la ragazza davanti a sé ed incredulo domandò: <Anne … lei mi sta minacciando?!> Il tono forse non era molto diverso da quello di Cesare nel vedere Bruto pugnalarlo o dell’Imperatore Federico II quando il figlio Enrico gli mosse guerra.

Buffy, scossa dal risentimento e dall’orgoglio, oltre che dal profondo fastidio che egli le causava, non aveva assolutamente previsto né una tale domanda né un tale e sincero (probabilmente) sentimento negli occhi di quell’uomo e capì d’improvviso che si era espressa male: quel tizio non le piaceva, lo considerava pericoloso ma non lo avrebbe mai minacciato di morte, sia perché era molto più potente, sia perché lei non era un Soprano, sia perché -bene o male- pare la avesse sempre aiutata. <No … voglio dire … no, non la sto affatto minacciando. Ma non tollero che mi dia ordini, né a me né ai miei amici.>

Fu solo un attimo di sbandamento, e il Conte si riprese subito, di nuovo severo e superbo; piccato le fece notare che non aveva dato ordine a nessuno, si era limitato a diramare le proprie volontà al fine di evitare grosse sciagure a Sunnydale e a chi ci abitava. <Non che mi possa importare minimamente di questo villaggio o dei suoi miserabili abitanti, ma mi sembrava un gesto gentile da fare nei suoi confronti, Anne, impedire che venissero aperti come banane.>

Come era irritato ! Giles, avendo la disgrazia di conoscerlo, comprese che per le prossime due ore almeno avrebbero dovuto sorbirsi le sgarberie, le gravi minacce e gli sprezzanti motti di spirito di quel folle francese. <Dal suo assennato silenzio deduco abbia compreso la fondatezza delle mie posizioni. Bene, vediamo di organizzarci. Le due Cacciatrici, giacchè sono qui, potrebbero girare un po’ per il borgo e cercare di scoprire se nessuno ha visto qualche demone di grossa taglia coperto da capo a piedi di sangue di karhall. Il giovane Harris aiuterà Rayne a trasportare le salme sul terrazzo della mia villa, dove potrò fare l’autopsia, a cui assisteranno le Cacciatrici che così impareranno qualcosa.>

<Lei fa le autopsie sul terrazzo ?> domandò Dawn, colpita da questa immagine quanto meno insolito: certo, non c’era nessun motivo perché lui avesse una stanza apposita in casa, ma farla in terrazzo le sembrava decisamente strano, anche per i parametri del Conte. <Lei porterebbe dentro casa due salme così puzzolenti ? E poi il sangue di karhall va via così male: non voglio rischiare mi macchi i tappeti o il parquet. Le streghe prepareranno gli aromi, ho qui la lista e le quantità, al fine di rendere meno irrespirabile l’aria intorno alle sopraddette salme. Giles avrà l’onore di assistermi nell’indagine sulla scena del crimine.>

<Quindi lui le farà da assistente, Xander da facchino e noi da erboriste ?> Tutti si volsero a guardare Willow, che dal fondo del gruppo aveva parlato guardandolo fisso in volto, con tono di ironica e cortese domanda, sperando di non distogliere lo sguardo da quel viso banale, quegli occhi chiari e freddi, da quella voce cantilenante che dava tutto per scontato: aveva lanciato il guanto di sfida, ora avrebbe visto come lui avrebbe reagito. <Qualcosa ti contraria, strega ?> e dicendo sorrideva pacifico, gentile come uno squalo. <Notavo solo che il suo ego le ha procurato ancora una volta un posto di protagonista in questa vicenda, null’altro.> Buon affondo, pensò contenta di sé, ma ignorava dove la paratea del francese l’avrebbe portata.

<Qualcosa in contrario, strega ? Vuoi trasportare le salme fino nelle mie proprietà ? Oppure preferisci entrare con me là dentro e darmi una mano a capire come e chi ha compiuto il delitto ?> Bene, questo prese del tutto alla sprovvista la ragazza, che rimase silente pensando a cosa fosse peggio: ammettere che la prima critica era senza fondamento, entrare nella tana del lupo infestata da fantasmi o rimanere da sola con lui tra cadaveri di demoni ?

Si guardò in giro e comprese che tutti, per un motivo o per un altro pendevano dalle sue labbra, attendendo una risposta che magari togliesse quel fastidioso sorriso di superiorità dal viso del Conte; che non poteva stare zitto troppo a lungo. <Allora ? Attendo che nella tua infinita sapienza e temperanza scelga quale compito meglio ti compete.>

E Willow scelse, dell’idea che andarlo a colpire proprio dove si sentiva più sicuro sarebbe stata un’ottima mossa: spostò un proprio alfiere fino a dargli scacco al Re. <Pensavo se mi disgustava più lei o i demoni morti.> e dopo questa sentenza memorabile di gran carriera si diresse verso di lui, salì i tre scalini, lo superò e mise piede nell’appartamentino.

Ma ogni grande gesto deve essere compiuto con il giusto linguaggio fisico, per cui lei marciò impettita, sguardo fiero e testa alta, le mani contratte a pugno e le braccia lungo il corpo che oscillavano scandendo i suoi passi cadenzati. Cioè entrò nella scena del crimine senza tenere il fazzoletto premuto sul naso: bastò un solo secondo per farle fare dietro-front, chinarsi scomposta sulla lignea balaustra bianca della veranda e vomitare tutta la cena.

Quando finì e il Conte fu certo che fosse abbastanza lucida per sentire, allora parlò con tono svagato, come se facesse un discorso tra sé e sé. <Chissà perché mi viene in mente un gran film, “L’esorcista”, e anche abbastanza corretto nella parte teologica. Poi Von Sidow … non per niente ha lavorato con Bergman. E direi ti che disgustano più i demoni: io non ho mai avuto tali pubblici effetti su una altrui digestione.>

Dawn pensò che avrebbe dato via una mano perché non le capitasse mai una cosa simile, Amy che era meglio fare quello che lui ordinava e stare il più lontano possibile da quei corpi; Xander, Buffy e Giles erano semplicemente addolorati per una tale umiliazione. Kennedy avrebbe voluto dire qualcosa, ma preferì stare zitta per non attaccare briga … con la sua Willow: glielo aveva detto più di una volta che con quel tizio l’attacco diretto era solo pericoloso e destinato al fallimento, se voleva migliorare la propria posizione o provava a conquistarlo o a lavorarlo ai fianchi; ma lei niente !

La povera ragazza, con i capelli rossi scompigliati, un sapore orribile in bocca, l’amor proprio distrutto, umiliata terribilmente, lentamente si alzò ritta in piedi e si girò per guardarlo in viso e vedendolo così oscenamente sorridente, così disgustosamente falso e malvagio, provò il sapore terribile e dolce della vendetta: ucciderlo ! Ucciderlo finchè non perde dal volto quel paterno e derisorio ghigno dal volto ! Ucciderlo, a costo di rimetterci la vita e l’anima, di provare rimorso per … Rimorso ? A uccidere un mostro simile non si prova rimorso !

La situazione forse sarebbe degenerata se da dietro il gruppo non si fosse sentito un rispettoso colpo di tosse: era Rayne con due borsoni di pelle –non indaghiamo a chi era appartenuta- pieni zeppi di oggetti. <Ho il furgone qui vicino, ho portato macchina fotografica, telecamera, gli strumenti che mi ha dato Madame, del cognac e qualcosa per profumare l’aria. Madame mi ha detto di comunicarle che penserà lei a interrogare il servo.>

Oh, perfetto ! Figurarsi se quella non metteva il becco ! Il Conte con fare risoluto ordinò a Giles di recarsi a casa sua e interrogare il superstite: l’Osservatore preferì non obiettare, ritenendo Madame Margot altrettanto insopportabile ma meno pericolosa, lei almeno era meno violenta. Xander e Rayne attesero l’ordine di trasportare via i cadaveri a distanza da quella puzza oscena, Giles ed Amy partirono, Dawn fu accompagnata a casa perché l’indomani aveva scuola e le due Cacciatrici rimasero a fissare il Conte con uno sguardo di muto rimprovero: erano offese con lui per come aveva trattato Willow e, sapendo che era inutile sperare si scusasse, volevano almeno testimoniare in tal modo la loro solidarietà e il loro affetto alla ragazza.

Ma anche gli inclementi hanno un cuore – forse – per cui con notevole degnazione Monsieur De Saint Germain disse alla strega di rimbragarsi gli orli dei suoi orribili jeans a vita bassa per evitare si macchiassero di sangue e le consigliò di versare del cognac sul fazzoletto in modo che portandoselo al naso l’alcool avrebbe mitigato la percezione di quell’odore da fossa comune.

 

Giles non si sentiva affatto a suo agio, forse perché stava conversando con un fantasma che, oltre a disprezzare gli inglesi, oltre ad essere sempre di cattivo umore, evidentemente non lo voleva tra i piedi e riteneva la sua presenza lì un affronto personale. <Quindi sono state queste le sue esatte parole ?>

Madame nervosamente camminava, cioè svolazzava, avanti e indietro con le mani dietro il corpo, scuotendo la testa e i lunghi capelli, parlando ancora peggio del solito in inglese: solo ogni tanto si fermava per fissarlo con i suoi occhi chiari, dietro i quali si vedeva la parete di fondo del salotto, adorna di stampe sulle bellezze delle principali cittadine del Granducato di Toscana.

Giles trovava imbarazzante dialogare con una presenza semi-trasparente, ma si fece forza e per la terza volta ripetè le parole con cui il Conte l’aveva mandato lì; lei sibilò qualcosa in un probabile italiano –di certo non era francese ed era una lingua neolatina- e poi gli disse di seguirla. Si incamminò dietro di lei e guardando ondeggiare la gonna lunga nera con alcuni ricami in oro vedeva il parquet: strana sensazione.

 

Il demone era stato alloggiato in quella che pomposamente veniva chiamata foresteria e che sarebbe bastata ad ospitare un notevole numero di famiglie: non riusciva a capire il perché di un edificio così grande quando il Conte non aveva mai ospiti. Era nella stanza che fungeva da cucina e cercava di calmarsi e far diminuire il terrore di essere ospite di Vigio l’Inclemente guardando un po’ di televisione (stavano dando “Sabrina”) ma era troppo spaventato, ignorava cosa gli sarebbe successo e così non riusciva neppure a godersi il film, passeggiando nervosamente avanti e indietro. La porta si aprì e Madame entrò, seguita da Giles, che si sentiva di troppo. Osservò il demone ed ebbe la sensazione di conoscerlo già, ma non riusciva a ricordarsi dove avesse già visto quella faccia rugosa.

Madame con fare autoritario fece spegnere la televisione e gli ordinò di sedersi: quello con gli occhi pieni di timore andò a un capo del tavolo. Giles prese posto all’altra estremità e non potè fare a meno di pensare: “Sono un osservatore inglese di mezza età, conservatore, perito nella magia bianca e nello studio della demonologia: cosa ci faccio seduto davanti a un demone e con affianco un fantasma francese bisbetico e superbo ?”

<Allora, vediamo di essere chiari: io ti farò delle domande e tu risponderai, subito e senza sbagliarti. Voglio che tu sia precisa e che non mi faccia perdere tempo.> C’era decisamente qualcosa in comune tra i modi di Madame e quelli del Conte (e anche quelli di un qualsiasi ufficiale sud-americano golpista), pensò Giles, che per sé scelse la posizione di muto osservatore.

<Per quale motivo il AnHerv si trovava a Sunnydale ?> Parlava, nel suo americano sporco di vecchio francese e di qualche altra lingua o dialetto che Giles non riconosceva, in modo molto secco e determinato, ideale per non mettere l’interlocutore a proprio agio. <Io ero solo incaricato di trovare un alloggio all’AnHerv e al suo seguito, il segretario e il valletto, io non so quasi nulla, non vi posso essere utile signora.>

Il poveretto parlava con tono strascicato e lamentoso, così intimorito da mettere compassione: Giles osservandolo pensò non dovesse essere affatto pericoloso, lo si vedeva dagli occhi, miti e dolci. Chissà qual era la sua lingua originale, pensò poi e così si domandò se era mai stato scritto un libro di fonetica demonologia, poteva essere un tema interessante da trattare per riempire gli anni della pensione.

<Per quale motivi erano a Sunnydale ?> <Io non so niente, so che l’AnHerv doveva incontrare il Conte per parlargli di qualcosa. So che l’AnHerv era molto esperto in incantesimi e nell’arte di vedere il futuro possibile, diceva che lo faceva solo per aiutare … qual era il termine … l’Herv Asal, sì, ha detto che lo facevano per fare un piacere all’Herv Asal.>

Madame sbottò in qualcosa che aveva tutta l’aria di essere un’imprecazione terribile e si alzò in piedi con gli occhi spiritati e il fare di una leonessa feroce sbraitando insulti in almeno tre lingue diverse, nessuna delle quali era comprensibile pienamente a Giles, e forse nemmeno all’interlocutore.

<Ma ha sentito questo miserabile demone ?> gli disse, girandosi verso di lui, furente come una tempesta. <Sì, non capisco il karhall, ma il demone ha parlato in inglese.> Benché fosse evanescente Madame gli tirò un’occhiata al fulmicotone. <E suppongo questo sia humor britannico. Herv Asal significava “Principe Non Demone” ed è l’appellativo comune presso i karhall per denominare Monsieur le Comte ! Questo inetto essere continua a ripetere le stesse cose !>

<Io conosco il poco il karhall.> mugolò umiliato il demone, tremando come una foglia, mentre i lembi grigi di pelle del volto ciondolavano scossi. <Io ho conosciute appena un paio di demoniesse karhall prima di Ramaissim Dolovion, erano gentili ma non abbiamo parlato nella loro lingua, volevano andare a vedere il Saturday Night Show dal vivo: buffo vero ?>

Giles non ebbe tempo per riflettere su quest’ultima frase che Madame iniziò di nuovo a strepitare in svariate lingue. <Bene, stupido essere, inizia a raccontarmi tutto sui rapporti tra te e l’AnHerv dalla prima volta che hai parlato con lui.> <Oh, è presto detto, ci ho parlato oggi per la prima volta, quando mi ha ringraziato per l’alloggio trovatogli e mi ha mandato a fare la spesa per lui e il suo seguito, scrivendomi la lista su un foglio.>

Giles si permise di fare una domanda. <Se non gli avevi mai parlato prima di questa sera come avevi fatto a sapere che necessitava di un alloggio qui a Sunnydale ?> <Perché ne avevo parlato con il suo valletto privato.> A questa brillante risposta Madame divenne ulteriormente furiosa.

 

Il Conte si trattenne, a stento, dal fare commenti divertiti e con mano forte e sicura afferrò per il collo Willow, impedendole di andare a sbattere sul pavimento insanguinato del salotto: ci mancava più la strega svenuta per complicargli la vita ! <Forse, strega, è meglio se te ne stavi fuori a prendere una buona boccata d’aria.> le disse asciutto senza nascondere il profondo disprezzo che nutriva per quello spirito gracile.

<Magari prima provo il cognac.> disse lei, più terrorizzata da quella mano guantata intorno al suo collo che nauseata da quell’odore e da quel corpo riverso. <Va bene, ma poi non azzardarti a vomitare sulla scena del crimine.> Prese la fiaschetta e gliela porse: lei, come le aveva suggerito, ci bagnò il fazzoletto e se lo mise sotto il naso: quell’odore forte e acre fu come una scossa per lei e, ringalluzzita, si fece forza quel tanto che bastava a mostrarsi al Conte un’acuta investigatrice.

<È normale tutto questo sangue ?> fu la prima domanda che gli porse. Lui le diede un’occhiata in tralice ed annuì, non comprendendo quale fosse l’importanza di tale dato. <È normale, quando si squarta qualcuno, che il pavimento si trasformi in una melmosa pozza.> <Volevo dire, perché aprirlo in due quando gli potevano sparare come hanno fatto all’altro ?>

Il Conte per la prima volta da che si conoscevano la guardò con una sottile ammirazione: la ragazza aveva intuito cosa fosse il foro di un centimetro di diametro tra gli occhi del valletto. Il proiettile lo aveva ucciso sul colpo, giacchè quello era il punto più delicato di quella razza demoniaca ed era stato sparato da qualcuno con un’ottima mano. <Che bisogno c’era di fare questo scempio, quando volendo si poteva uccidere anche questo in modo più pulito, più veloce e più silenzioso ?>

Nonostante non gli facesse piacere le dovette tributare uno sguardo di approvazione, perchè era la stessa domanda che gli stava girando in testa da subito: a cosa giovava fare una cosa simile su un tale cadavere ? <Oltre agli indubbi fattori pratici che hai già evidenziato, ce n’è un altro: non è mai saggio squartare un consanguineo del sovrano dei karhall. Già ucciderlo vuol dire andare a ficcarsi nei guai, figurarsi fare tale scempio.> <Forse ha opposto resistenza.> suggerì Willow: tutti e due erano davanti al cadavere e cercavano, da quello spettacolo abominevole, di trarre ispirazione per diradare la nebbia intorno al mistero.

Lui scosse la testa e col bastone da passeggio indicò una ferita, grumosa di sangue, dai lembi stretti e lunga cinque o sei centimetri, posta sotto quello che poteva essere il collo. <Su questo corpo ci sono solo tre ferite, a prima vista: i due tagli profondi con cui ha disegnato una mandorla sulla pancia, aprendola, un taglio obliquo dalla spalla destra alla gamba sinistra non profondo e questa qui. Penso che il demone gli abbia dato un colpo di striscio, poi l’abbia colpito alla gola e solo alla fine lo abbia aperto come se cercasse qualcosa.>

Willow gli chiese come facesse ad essere certo che era stato un demone a fare quelle ferite. <Se ti avvicini, e non vomiti, vedrai che in alcune zone dei lembi delle ferite c’è un sottile strato di un liquido viscoso, tipico delle lame ossee di alcuni tipi di demoni.> Willow preferì fidarsi della parola di Vigio e pose un’altra domanda. <Questi demoni hanno qualcosa di particolarmente importante o prezioso in quella zona del corpo ?> <Solo gli organi, che non hanno nessun particolare valore. E qui non ne manca nessuno, a prima vista.>

<E con questo sono quattro i misteri da risolvere.> Lui la guardò con fare interrogativo. <Primo: perché li hanno anche aperti quando, potevano ucciderli in altro modo. Secondo: cosa cercavano in tutta la casa, e magari anche dentro i loro corpi. Terzo: manca un valletto. Quarto: come sono entrati in casa visto che non ci sono segni di effrazione da nessuna parte.> Il Conte sapeva che era una ragazza intelligente, peccato che la sua indole fosse debole e attratta dal male. <Esatto, ma ne hai scordato uno: come sapevano gli assassini dell’arrivo dell’AnHerv qui, oggi e a quell’ora ?>

 

Buffy e Kennedy iniziarono la ronda pensando a tutt’altro: ambedue erano colme di preoccupazione per Willow, lasciata sola e tra i cadaveri con la peggior compagnia di questo mondo. <Non le farà niente.> asserì Buffy, rompendo per prima il silenzio e cercando in qualche modo di dare coraggio alla giovane. <Lo penso anch’io: ora deve occuparsi di non lasciare distruggere la tua città. Non è questo che mi preoccupa.>

Le parve di sentire un velato tono di scherno nelle parole di Kennedy, ma soprassedette e mentalmente si accusò di essere la solita diffidente e psicotica ragazza in cui si trasformava sempre se sotto pressione. <Mi preoccupa più Willow: non so per quanto si potrà trattenere, e lui non aspetta altro.> Parlava camminando, con lo sguardo scuro e assorto sul marciapiede di cemento, le braccia incrociate sul petto, un solo grumo di angoscia e apprensione: Buffy avrebbe voluto dirle qualcosa per tirarla su di morale, ma le era difficile pensare con obiettività all’amica, da quando tutta la sua mente era impegnata a trovare un valido motivo di differenza tra l’omicidio del vice sindaco e quello di Warren.

<Ci cascherà, ne sono sicura, e lui potrà trasformarsi finalmente in un boia.> <Non darlo così per scontato: non mi sembra il tipo che si fa tanti scrupoli e aspetta l’occasione propizia. Anzi, me lo immagino addirittura comparire, così, di punto in bianco, di buon mattino, rasato e sorridente, bussare alla porta e chiederci per favore dove sia Willow che la deve giustiziare.> Voleva essere una battuta ? Una sbeffeggiamento ? Voleva alleggerire la tensione ? Peggiorò ovviamente l’apprensione di Kennedy: talvolta Buffy avrebbe fatto bene a stare zitta.

<Già. È questo che non capisco: un momento è la persona più gentile e premurosa del mondo, subito dopo un feroce assassino, poi un elegante e distinto nobiluomo, poi un megalomane sanguinario. Non riesco a capirlo.> Parlando, senza guardare Buffy, Kennedy torturava le ampie maniche del suo piumino nero, preoccupata soprattutto per Willow, che si trovava faccia a faccia con quel boia; Buffy non ebbe il coraggio di spiegare che lei intendeva dire solo che, a suo parere, lui non aveva bisogno di motivazioni immediate e che se aspettava a mettere le mani addosso a Willow era per qualche strano ragionamento.

Era già da un’ora quasi che camminavano tra cimiteri in ricostruzione, cantieri, lotti edificati o ancora vuoti,senza sapere bene dove andare. Kennedy le aveva detto che il mercoledì era giorno di chiusura per il “Coffee & Blood”, l’unico locale per demoni di Sunnydale, quindi neanche passarci.

<Eh ? C’è di nuovo un locale per demoni qui ? E ha un giorno di chiusura ?!> <Sì, è un pub non troppo schifoso sulla dodicesima, ma il lavoro non è più come una volta, mi diceva il gestore: i demoni e i vampiri vengono in città ma rimangono per poco, forse perché c’è poca gente e quella che c’è si è fatta più scaltra. Sostiene che Sunnydale diventerà ben presto una sorta di località di villeggiatura per demoni.>

Bene, questo è ancora più strano del solito, pensò Buffy appoggiandosi a una lapide, e cercò di immaginarsi vecchi demoni in costume da bagno e Kennedy che si interessa degli affari di quel losco pub. <Sai, la Bocca dell’Inferno emana ancora energia e quindi il “clima” per vampiri e affini è piacevole, la gente non si fa mordere così facilmente e quindi è l’ideale per ritemprarsi, stare tranquilli, farsi una vacanza senza troppi problemi e ritornare a Los Angeles più in forma e rilassati.> Oddio, già mi vedo i depliant turistici, pensò Buffy allibita.

<Te la diceva il gestore del pub questa  storia ?> <Sì, è un tipastro un po’ viscido che veste male e dall’accento italiano, o giamaicano, non mi è molto chiaro.> Buffy spalancò gli occhi. <Willy ?!> <Sì, lo conosci anche tu ?> Per tutta risposta la Cacciatrice iniziò a prendere a testate il muro di una nuova e orribile cappella funeraria in orrido stile neo-egizio, lasciando molto perplessa Kennedy. Terminata l’operazione disse solo alla ragazza che la guardava molto incuriosita: <Non chiedere. È il mio passato che non passa.>

Vagando giunsero a un incrocio tra lotti inedificati; un vento freddo si levò e loro poterono percepire in tutta la sua potenza il più fetido e disgustoso odore che avessero mai sentito. <O stanno rubando un cadavere o c’è un karhall morto.> sintetizzò Buffy con molta sicurezza, mentre Kennedy pensava che ci potevano essere un sacco di altri motivi per tutto quell’odore disgustoso: certo, era improbabile che ci fosse un inceneritore o una discarica in città e lei non se ne fosse accorta, ma tutto poteva essere sull’ex Bocca dell’Inferno.

Seguendo il fetore raggiunsero dopo alcuni minuti un cantiere dove, sinistre, erano illuminate dalla luce lunare una serie di villette a schiera, ma il loro scheletro ligneo non incuteva certo timore alle due Cacciatrici, più impegnate a non vomitare. Resistendo a stento videro nella notte scura (ma possibile che l’Amministrazione Provvisoria non avesse ancora dotato la zona di lampioni ?) un tremulo chiarore di fiamma in fondo al cantiere, vicino alla recinzione che lo divideva da un parco, dove svettavano giovani alberi messi a dimora da qualche tempo. Lì c’era una fossa, vicino ad una impastatrice: girandoci attorno, in modo da non essere più sotto vento e respirare aria più pulita, distinsero due corpi su cui lentamente fiammelle danzavano, ma poiché quello non era un camino con dei ciocchi ma un modo per sbarazzarsi di qualcuno, le due ragazze non trovarono affatto lo spettacolo piacevole.

I due corpi erano affiancati, uno assai più grande e lungo dell’altro, ma nulla di più si poteva distinguere in quel frangente: Buffy si mise a cercare qualche sacco con della sabbia per sedare le fiamme. Trovatili dopo poco li svuotarono sulle salme spegnendo il fuoco e si apprestarono a trascinarle fuori dalla fossa, alla fioca luce lunare, ma in tal frangente le Cacciatrici scoprirono una cosa molto curiosa: muovendo i cadaveri la sabbia cadeva e quello di minori dimensioni come per magia riprendeva a bruciare e ad emanare un odore nauseabondo, mentre sull’altro le fiamme, una volta spente, non riprendevano vigore.

 

ATTO II

Fortunatamente di lì a poco, mentre il Conte e Willow facevano foto e filmavano la scena del delitto, arrivò Amy con la mistura di erbe da bruciare per rendere meno mefitica l’aria della casa. Il prodotto era una sorta di sabbia a granatura grossa di un triste color tortora: fu distribuita in bicchieri, portacenere, piatti e altri contenitori sparsi in tutta la casa ed accesa subito sprigionò una sottile fiammella bluastra, segno che le proporzioni della ricetta erano corrette. Il Conte soddisfatto la mandò a farne altra da portare poi alla villa e da consegnare a Miss Moller, che avrebbe saputo dove disporla in attesa del loro arrivo.

Dopo questo piacevole (almeno sul piano olfattivo) intermezzo ripresero le indagini: il Conte prelevò un po’ del liquido lasciato sui lembi della ferita dal demone assalitore, lo mise in un piccolo contenitore di vetro e lo mescolò a del liquido incolore contenuto in una boccettina che estrasse dalla valigia che aveva seco. Si sprigionò una brevissima fiammata seguita da un sottile filo di fumo verdognolo: Willow guardò prima uno poi l’altro con evidente sorpresa.

<Gli alchimisti erano pazzi, ma non del tutto: nel XVI secolo hanno tracciato la strada per alcune scoperte della moderna demofisiologia.> disse l’uomo, sorridendo tra sé. <È una materia su cui non sono molto ferrata, ma dalla reazione avvenuta il demone che ha fatto questo scempio è un Cranast o un suo simile, giusto ?> Willow non si era mai interessata molto della demonologia scientifica (demoanatomia, demofisiologia, demopatologia e tutte le altre branchie di quella scienza sorte durante il XVII secolo) ma aveva alcune nozioni base che le permisero, all’occasione, di improvvisare: i tipi di demone muniti di lama non erano molti, quindi la sua deduzione poteva anche essere giusta.

<Stiamo stringendo il cerchio sul genere di uno dei due assassini. Per l’altro credo che l’analisi balistica mi sarà utile.> <Lei sa fare un’analisi balistica ?> <Ho praticamente visto di persona il passaggio dagli archi alle armi da fuoco, e nei tempi d’oro potevo discutere di fusione di bocche da fuoco con buona conoscenza dell’argomento. Un proiettile non mi spaventa.> fu la modesta risposta che ricevette Willow.

<Bene, una volta che avremo elementi sull’identità degli assassini potremo risalire allo svolgimento dell’omicidio e al movente.> <E allora, strega, forse capiremo cosa diavolo cercavano gli assassini con tutta questa foga.>

 

Fu uno spettacolo edificante vedere Xander e Rayne tentare di imbustare e caricare le due salme sul furgoncino del Conte per portarle alla villa e fare l’autopsia, cercando di evitare di sporcarsi di sangue e di non svenire per l’odore. Dopo i primi cinque minuti, mentre il Conte e Willow si godevano delle scene degne della comica in cui Stanlio e Ollio dovevano spostare un pianoforte su per una collina, il nobiluomo francese commentò solo un divertito “lavorano peggio dei marsigliesi”. Willow lo guardò e per tutta risposta le disse che “dalle sue parti” la pigrizia e l’inettitudine dei marsigliesi è proverbiale.

Dopo altri cinque minuti, durante i quali Ethan era scivolato sul sangue dell’ingresso e Xander aveva protestato perché non voleva rimettere dentro le budella al morto, Willow osservò che c’erano alcuni migliaia di demoni sul piede di guerra, e forse conveniva spicciarsi con l’autopsia.

Solo allora il Conte pronunciò alcune parole in una lingua sconosciuta, fece dei gesti, gettò in aria una polverina contenuta in quello che pareva un portasigarette che aveva nella tasca della giacca e i due cadaveri svolazzando docilmente entrano nei sacchi cerati. Xander, sudato e spettinato, certo che avrebbe puzzato di cadavere di demone per il resto della sua vita, lo guardò con ferocia. <Non poteva farla prima, questa magia ?> L’altro sorrise pacifico e composto. <La magia è peccato, perché viola le leggi della Natura, che è figlia di Dio. Io la uso solamente quando non se ne può fare a meno. Non bisogna mai usarla con leggerezza, affrettatezza, sconsideratezza e avventatezza ma con sottigliezza, ponderatezza, accortezza e avvedutezza.> Non disse altro, ma il sorriso che rivolse a Willow era più eloquente di un’Allocuzione Pontificia.

 

Xander e Willow seguirono il furgone ed arrivarono all’ingresso posteriore della villa che il Conte aveva iniziato a farsi costruire a Sunnydale: occupava un intero isolato, a quanto sosteneva Giles, ma una parte sarebbe stato destinato a piazza pubblica. Un muro continuo alto nove metri circa, senza finestre, dipinto di bianco, si estendeva per tutto un lato corto del lotto: al centro c’era un portale ad arco in pietraforte bugnata, con grossi conci massicci in rilievo rispetto a tutto il resto del muro intonacato. Le bugne non raggiungevano il cornicione, ma si fermavano a circa sei metri d’altezza, perché sopra quell’imponente ingresso si stagliavano quattro colonnine esili che illuminavano una loggia, l’unica zona in penombra e aperta di tutta quella facciata severa.

Le due ampie ante in legno borchiato si aprirono automaticamente e le autovetture infilarono uno stretto e relativamente corto andito ad arco, affiancato da un portico colonnato ai lati, che immetteva nel giardino della casa, decisamente ampio benché l’assoluta mancanza di luci rendesse problematico per Xander quantificarne l’estensione; alle loro spalle stava l’edificio della foresteria, perfettamente simmetrico.

Specularmente all’ingresso si estendeva un piccolo appartamentino (“quartierino” lo chiamava con termine desueto il padrone di casa) fatto di alcune stanze messe d’infilata, che si ripeteva per tutti e tre i piani. Oltre, procedendo verso le estremità del lotto, c’erano degli ampi spazi a doppia altezza che comunicavano col giardino tramite tre grandi arcate tamponate da vetri, e che sarebbero diventate limonaie o serre. Infine le stalle da un lato e il garage, con sopra altri “quartierini”.

In quella Foresteria potevano trovare alloggio comodamente varie decine di persone, ma sarebbe rimasta vuota giacchè servivano nell’improbabile evenienza che ci fossero stati ospiti in quella casa. Il loro uso immediato era di soddisfare le notti angosciate del Conte di San Germano, che dai tempi di Copernico fugava i suoi ricorrenti incubi e le insonnie interminabili camminando nella notte per le stanze delle case in cui abitava di volta in volta.

Il Conte scese dalla macchina e nel buio androne si accese una luce: si aprì una porticina sulla destra e nell’ordine uscirono Giles, Buffy, Kennedy, Amy e Dawn. Cosa ci facevano tutti lì, si domandò il proprietario: passi per le due Cacciatrici che avevano finito la ronda, ma la piccolina a quell’ora doveva essere a dormire e oramai la strega aveva già macinato, mischiato e consegnato tutte ciò che le era stato richiesto. Ma gli bastò avvicinarsi per capire che le ragazze aveva trovato il karhall mancante, mentre Xander, poco gentilmente, si esibiva in una rara espressione di disgusto.

<Sì, lo so che puzziamo, ma non credere che voi siate messi molto meglio.> commentò Buffy. <Abbiamo trovato due cadaveri dati alle fiamme che puzzavano particolarmente e crediamo che appartengano a quel tipo di demoni.> disse Kennedy. <Un cadavere grande ed uno piccolo ?> chiese Willow, che teneva a fare bella figura gli occhi della sua ragazza. <Esattamente. Come lo sai ?> <Indagini fruttuose. Quello grosso probabilmente è il demone assassino.> <Uno dei due assassini.> la corresse il Conte.

<Due demoni ?> chiese Buffy. <Peggio. Un demone ed un essere umano. Un valletto è stato ucciso probabilmente con un colpo di pistola.> Giles aggrottò la fronte, preoccupato: avevano già trattato l’argomento con il Conte in precedenza, e tutti e due erano assai timorosi per queste ingerenze umane. <Potrebbe avere sparato il demone.> obiettò Kennedy, facendo scuotere la testa al Conte e a Giles. <I demoni non usano mai armi da fuoco, piccola.> <Perché ?> L’Osservatore stava per iniziare a spiegarlo quando Monsieur lo precedette, chiudendo l’argomento perché troppo lungo e complesso per quel momento: se ne sarebbe parlato un’altra volta.

<Ora ci sono altre cose da appurare. Tipo perché madamoiselle Dawn non è casa a dormire, giacchè domani ha scuola.> Sentitasi chiamare in causa, e in tal modo, la ragazza lo guardò spalancando la bocca e la prima cosa che le venne in mente da dire fu che lui non era né suo padre né sua madre o sua sorella per farle questi discorsi. <Sono sicuro che sua madre disapproverebbe che lei a quest’ora sia ancora sveglia quando domani mattina alle prime ore ha matematica, materia in cui non eccelle.>

A questo punto Buffy decise che doveva intervenire per ristabilire chi era la sorella maggiore lì in mezzo, senza contare che era da quando era arrivata lì che stava discutendo con la sorella circa quell’argomento. <Il signore ha ragione Dawn, quindi adesso scordati di assistere all’autopsia e torna a casa ! E lei come diavolo fa a sapere che domani mia sorella ha matematica ?> <Sa, dopo tanti secoli essere ben informati non mi è più difficile. Ma se sua sorella vuole assistere all’autopsia avrò piacere di rimandarla a domani, diciamo nel primo pomeriggio.>

Finalmente qualcuna delle Summers si interessava e voleva apprendere qualcosa: certo, non era quella giusta, ma il desiderio di conoscenza della piccolina era ammirevole, quindi andava premiato. <E intanto cosa facciamo noi ?> chiese piccato Giles, a cui sembrava un’idiozia perdere tempo così. <Diciamo che per domani pomeriggio lascerò da parte un cadavere, quello del valletto, così le fanciulle lo possano studiare. Noi procederemo con l’AnHerv e i due bruciati, le analisi balistiche, comunicheremo a chi di dovere la scomparsa del defunto Ramaissim Dolovion, interrogheremo il testimone e cercheremo di scoprire cosa cercavano gli assassini da loro. Le gentili fanciulle possono tornare alle loro case: mentre io, Giles, Harris e Rayne andremo a prendere quei due cadaveri.>

 

Andandosene Amy sperò che Vigio l’Inclemente apprezzasse la gentilezza di portargli ulteriori erbe aromatiche per la casa, Dawn era senza parole per l’intrusione nella sua privacy e per com’era stata trattata, Willow e Kennedy parlottavano scambiandosi opinioni, pareri ed informazioni sulla serata e Buffy si sentiva … scavalcata ed inutile.

Quell’uomo decideva, pianificava, si impicciava e tutti lo assecondavano, dimenticando che era un paranoico con smanie di grandezza, dalle cui mani grondava il sangue di Cacciatrici e che voleva fare del male a Willow. Certo, con dei demoni che volevano distruggere a breve la città non si poteva andare troppo per il sottile ponendogli i bastoni tra le ruote, ma avrebbe voluto un po’ più di indipendenza da Giles e dagli altri.

 

Da qualche parte non troppo lontana intanto in una stanza tre uomini discutevano animatamente; o meglio, due urlavano e uno taceva meditabondo. <Ah, magnifico, ora sicuramente abbiamo qualche migliaio di karhall che vogliono venire qui a distruggere e che ci ucciderebbero se sapessero chi siamo. Ma a voi non vi facevano studiare un po’ di strategie di guerra all’Accademia ? C’era bisogno di imbastire tutto quel casino nel residence per essere al punto di partenza ?>

L’interlocutore, più giovane, lo guardò con sufficienza. <E cosa dovevo fare, ipnotizzare l’AnHerv ? Oppure lo dovevo interrogare ?> Sarcastico l’altro gli rispose per le rime. <Quella poteva essere una soluzione, ad esempio, invece chi giocare al piccolo macellaio.> <Certo, se magari il polgara fosse stato domato prima ! Facile criticare, tanto a me tocca lavorare con questi avanzi dell’inferno ingovernabili !> <E ci lavori benissimo visto come hai difeso il Tempio.> <È vero, avrei potuto impiegare degli zombie che si trasformano in un puzzle animato !>

La terza persona, comprendendo che si stava per trascendere con fare pacato battè una mano sul tavolo: i due si zittirono. <Non abbiamo quello che volevamo, è un fatto, ma non sappiamo se l’abbiano invece Vigio l’Inclemente e la Grande Cacciatrice. Inoltre erano solo note, appunti, promemoria: anche se l’avessero trovato potrebbero non averci compreso molto e certamente non potrebbero risalire con chiarezza alla nostra identità. Quindi per ora non ci dobbiamo preoccupare delle ritorsioni della Kernalia Zamira e in futuro …> L’uomo sorrise losco, come gli altri due, certi del proprio glorioso avvenire.

<Sono dell’idea di provare a prelevare il sangue direttamente dalla ragazza nei prossimi giorni. Ci basterà organizzare solo qualcosa che tenga occupati gli altri. A questo punto possiamo contattare l’Ordine.> Il più giovane non si fidava molto dell’Ordine e, in generale, dei demoni, ma sapeva che nessuno poteva mettere in discussione gli ordini di colui che aveva appena parlato, se non il Puer.

 

La mattina, come convenuto, dopo aver portato Dawn a scuola Buffy si recò alla villa del Conte assieme a Willow, mentre Amy era lasciata libera al negozio e Xander era impegnato a cercare di togliersi di dosso quell’odore abominevole e a godersi la prima parte della mattina libera. A quanto pareva la sinistra caratteristica dei karhall erano che bruciavano fintantochè non restavano solo ossa e l’equivalente dei tendini e che durante e dopo puzzavano ancora di più: il Conte consigliò al ragazzo di lavarsi con aceto e succo di limone e di bruciare in casa quella polvere preparata da Amy. Lo stesse fecero Willow, che mandava un olezzo poco piacevole, e Buffy, a cui quell’ inconveniente ricordò quel vampiro che non volle battersi con lei perché puzzava troppo di fritto.

Solo perché c’era Buffy con lei Willow si sentì abbastanza sicura ad entrare nella tana del lupo, anzi, nel nido dell’aquila, paragonando mentalmente quel luogo e il suo proprietario ad Hitler e al suo chalet preferito. Di giorno l’ingresso era meno terribile che di notte. Le chiare grosse bugne a baule incutevano meno timore e addirittura a Buffy, vedendole, venne in mente quel grosso museo a Firenze con davanti una grossa piazza: il portale era effettivamente un richiamo a Palazzo Pitti, dove vivevano un tempo i cugini di Monsieur, per Grazia di Dio Granduchi di Toscana e Principi di Siena.

Tra una bugna e l’altra c’era il campanello: suonatolo poco dopo, all’interno di una delle due ampie ante lignee decorate con borchie metalliche si aprì una porticina e Rayne, salutandole cerimoniosamente, le fece accomodare dentro la proprietà. Superarono l’androne tripartito, osservando le cinque colonne disposte ai lati e oltre la penombra, oltre l’ampio giardino illuminato dal sole, videro finalmente, là in fondo, la parte retrostante della villa americana del Conte di San Germano, da costruirsi nel più perfetto stile manierista toscano.

Rayne aprì una delle due porte che si affacciavano oltre quel porticato ai lati del corridoio voltato: entrarono prima in un piccolo ambiente quadrato, illuminato da una finestra da un lato, con una scala e una porta dall’altro e un’altra porta davanti. Aperta quest’ultima passarono in un salottino con un divano, un tavolinetto, un paio di poltrone e un mobile basso e lungo: tutta questa estrema semplicità contrastava abbastanza con le grandiose proporzioni del complesso. Quell’ambiente era comunicante con l’ampia cucina da cui si accedeva, superando il bagno, a una camera ove era stato confinato il demone interrogato nella notte da Madame Margot.

 

Fatte accomodare, furono raggiunte dal Conte con Giles poco dopo: ambedue dovevano aver dormito assai poco a giudicare dai volti stanchi e dagli occhi cerchiati Non sapevano le due ragazze che, oltre ad aver esaminato tre demoni morti avevano rilevato ed analizzato svariati importanti elementi trovati ai bordi della fossa dov’erano stati gettati e bruciati i due demoni.

<Buongiorno. Dormito bene ?> domandò gentile e sorridente: Buffy lo trovò viscido, Willow un po’ paranoica credette che fosse un’allusione al proprio “ultimo sonno” che lui le voleva procurare e automaticamente pensò che non doveva permettersi di farsi spaventare così tanto da lui. <Che novità ci sono ?> chiese asciutta la Cacciatrice. <Molteplici di carattere positivo e negativo.> <Iniziamo da quelle cattive.>

<I karhall sono molto, molto arrabbiati, il defunto aveva delle informazioni per me circa quello pseudotempio trovato e distrutto da noi e avevo dimenticato quanto fosse disgustosa l’autopsia di questo tipo di demone.> <Quelle buone ?> <Abbiamo tempo fino a domani sera per dare a coloro che verranno a riprendersi i cadaveri il nome degli assassini e dei mandanti, sappiamo cosa cercavano con tanta foga gli omicidi, so chi è uno di loro e ho una mezza idea di chi abbia fatto da “palo”.> <Non che questo basti a salvare Sunnydale dalla furia dei karhall.> commentò Giles poco allegro, mettendo in agitazione le due ragazze, che guardarono ansiose l’altro uomo, stranamente placido e quasi serafico. <Vede Anne, credo sia saggio mettersi comodi e discutere su alcune questioni. Volete seguirmi in casa ?>

 

Attraversarono l’ampio giardino, camminando sul sentiero in ghiaia che lo divideva in metà: il cielo era celeste così chiaro da far male agli occhi e il palazzo, nonostante la grazia e la simmetria, risultò opprimente a Willow, come se in esso ci fosse qualcosa di maligno.

La parte centrale della costruzione aggettava verso il giardino ed era preceduta da una scalinata, oltre la quale sei coppie di colonne creavano un severo porticato, base per il largo terrazzo dalla balaustra in ferro battuto. Ai lati, sopra un grigio basamento a bugnato liscio, in cui si aprivano le finestre delle cantine, si snodava al pian terreno la teoria di classiche finestre alla francese dal frontone alternativamente timpanato e centinato, tre per parte.

Sulla linea del cornicione che divideva il piano terra dal prima si appoggiavano altre finestre alla francese, anch’esse, come le sottostanti, classiche nei loro frontoni triangolari e tondeggianti. Infine, sopra esse, le piccole finestre oblunghe che illuminavano le stanze di servizio, contorniate da semplici cornici in pietra liscia.

Nonostante le impressioni sfavorevoli sul committente Buffy non poteva negare che il suo gusto in fatto di abitazioni fosse sobrio e addirittura normale, benché abbastanza retrò. Ignorava la ragazza che quella era poco meno di un quarto della costruzione ad uso privato, che alla fine sarebbe divenuta un grande edificio quadrato con cortile centrale, preceduto da una piazza ad uso pubblico con due alte colonne, che sarebbe stata collegata alla foresteria da due lunghi corridoi sopraelevati su una teoria di pilastri e colonne, come nel Palagio degli Uffizi e nel cui giardino l’arte topiaria e l’idraulica avrebbero rinverdito la gloriosa tradizione del giardino formale, detto anche “alla francese”.

Giles invece conosceva bene il progetto, da terminare nei prossimi anni, poiché per una sera intera il Conte gliene aveva parlato. Salirono la decina di scalini e il Conte aprì la portafinestra all’estremità sinistra del portico, introducendo le due ragazze e l’inglese nel “salotto fiorentino”.

Era uno stanzino quadrato all’incirca, con un camino, una dormeuse, due poltrone, una scrivania con molti cassettini ingombra di fogli, un paio di mobili dalla funzione non ben identificata e, appesi tutto intorno, dei quadretti antichi raffiguranti i monumenti di Firenze, la cui pianta (aggiornata al 1827) faceva bella mostra di sé sopra il camino: Willow, a cui il pezzo d’arredamento più recente pareva precedente la Guerra di Secessione, iniziò a capire parte del fascino che quella casa aveva avuto su Dawn e Kennedy, mentre Buffy vide solo il prodotto della vendita di denti di vampiro. Meglio, perché se avesse saputo delle generose “mance” che alcuni governi non esattamente democratici avevano passato al Conte per la sua militanza nei loro eserciti chissà cosa avrebbe detto !

Le ragazze si sistemarono sulla dormeuse, Giles su una poltrona e il Conte si sedette sulla sedia della scrivania, dopo aver chiesto se gradivano qualcosa: le ragazze rifiutarono perché avevano fatto da poco colazione, mentre l’Osservatore, e non solo per educazione, accondiscese a prendere la solita bibita mattutina di Monsieur. Infatti di lì a poco entrò una bella signora di mezza età dagli occhi scuri, vestita da cameriera, portando una bottiglia e quattro bicchieri: come iniziare meglio la giornata che con un bianco, delicato e signorile Tocai ungherese ? Le due americane rabbrividirono vedendo bere alcolici a quell’ora e l’opinione che avevano di Vigio, se possibile, scese ancora.

<A quanto pare il defunto non era molto sicuro della propria memoria e aveva l’abitudine, quando doveva dire qualcosa d’importante, di scriversi un promemoria. Io credo che fosse quello che gli assassini cercavano, il foglio con le informazioni su di loro che aveva raccolto.> <E credevano che lo avesse ingoiato ?> domandò sbalordita Willow, che aveva intuito per quale motivo li avessero squartati. <Non avendolo trovato in casa sono giunti a questa conclusione: doveva avere notevole importanza per loro.>

C’era una cosa che a Buffy sembrava ancora più importante, e di cui non aveva ancora sentito una parola. <Chi sono gli assassini ?> Giles e il Conte si guardarono per un attimo, poi parlò il francese. <Sicuramente il defunto e bruciato demone polgara che avete trovato ieri notte. È stato lui ad aprire i karhall. E assieme a lui … mi dia qualche ora di tempo, ho delle idee ma devo ancora fare delle analisi.> <E crediamo che il valletto trovato bruciato abbia fatto da palo, comunicandogli il luogo e l’ora del loro arrivo, che era stata tenuta segreta.>

Giles, detto questo, aggiunse che era stato ucciso forse con un colpo alla nuca, come il polgara, probabilmente nei pressi del luogo dov’erano stati bruciati, giacchè non c’erano macchie del suo sangue nella casa. <Due testimoni scomodi in meno.> fu l’epitaffio del Conte. <Cioè si sono serviti di loro e poi se ne sono sbarazzati.> disse solo Buffy, un po’ a disagio per questi metodi da mafiosi nella sua città. <Quindi dobbiamo trovare quel foglio mentre lei scoprirà qualcosa sull’altro omicida. E ora mi dica, senza tirarmi fuori storie oscure, cosa sa dei mandanti di tutto ciò ?>

C’era poco da scherzare con Anne, pensò il Conte, si stava arrabbiando: certo, un po’ più di gentilezza non avrebbe guastato. <Evidentemente poco, dal momento che mi debbo servire di demoni per avere delle informazioni.> Giles, che lo conosceva, comprese che se iniziava a tergiversare e a prenderla per lunghe con dissertazioni e giochi semantici sarebbero morti di vecchiaia in quel salotto.

<In ogni caso ho la certezza che qualche essere umano sicuramente, e forse anche dei demoni, abbia intenzione di utilizzare sua sorella, la Chiave, per scopi terribili che non mi sono ancora chiari: io propendo per l’apertura della Bocca dell’Inferno. A quanto pare qualcuno, su cui non sono ancora riuscito ad avere informazioni soddisfacenti, si è lasciato scappare questa informazione dopo aver giaciuto con una meretrice, la quale lavora per una mia vecchia e cara conoscenza.>

<Ma chi frequenta lei ?> disse Buffy abbastanza scandalizzata per il modo con cui era giunto a queste informazioni. <A Parigi c’è un bordello per demoni e esseri umani aperto nel 1719, gestito da Madame X, perfetta e squisita tenutaria, che ha per difetto l’essere una vampira, con cui ho spesso … collaborato, per così dire. Nei tempi oltre ai servizi delle sue ragazze ha aggiunto anche un ristorante ed un albergo: prendo sempre alloggio lì quando vado nella capitale. E le informazioni che ottengo sono sempre attendibili. In ogni caso, dopo quanto riferitomi ho mosso tutte le mie conoscenze lecite ed illecite, comprese la kernalia, cioè Regina, dei karhall Zamira, che aveva affidato la questione allo zio di suo marito, il defunto Ramaissim Dolovion. Chiaro ?> <Il fine giustifica i mezzi.> disse Willow, sorridendo sconcertata per la disinvoltura con cui il “flagello dei demoni si serviva di loro”.

<E da cosa deduce che oltre a demoni siano implicati anche esseri umani ?> <Dalle armi da fuoco, Anne. Lei non ha mai incontrato un essere demoniaco munito di pistole, fucili e via dicendo, giacchè essi non ne usano: il motivo, chiaro e noto, come dicevamo ieri sera, richiederebbe troppo tempo a spiegarlo. E noi non ne abbiamo. Se lei non ha altre domande la pregherei gentilmente di andare a cercare sul luogo del delitto quel foglio per noi tanto importante, e a domandare in giro se qualcuno ha visto il polgara venir contattato per partecipare al delitto.>

<Una sola domanda, prima. Chi erano le Cacciatrici che ha ucciso ?> Aggrottò la fronte, Giles trattenne il respiro temendo uno scoppio d’ira e Willow la guardò sorpresa per la domanda tanto diretta. Lui sorrise, pacifico e serafico. <Mi piacerebbe molto parlare del mio passato e confrontarlo col suo, ma ho dei cadaveri che mi stanno imputridendo nella serra e delle analisi balistiche da fare. Sarà per un altre volta.> Detto questo, sorridendo, si alzò ed uscì, imperturbabile.

 

ATTO III

Le indagini delle due ragazze non solo furono totalmente infruttuose, ma anche molto fastidiose. Il proprietario del Torrance non era certo di buon umore per quella puzza pestilenziale che gli stava appestando tutto il complesso, e quando scoprì chi e come era morto si agitò ancora di più. Fortunatamente Willow ebbe l’ottima idea di nominargli Vigio l’Inclemente, dicendogli che lui si stava occupando di tutto, per farlo calmare abbastanza.

Ma l’uomo non poteva dire molto, le prenotazioni erano state fatte in modo regolare via telefono, nessuno aveva chiesto nulla su quelle tre persone che avrebbero dovuto prendere camera lì, non aveva notato particolari movimenti e poi lui, alle nove di sera, stava guardando la televisione. Buffy non sembrava molto convinta, ma quell’uomo la gelò con un breve discorsetto conclusivo.

<Sentite belle, sapete che qui c’era una Bocca dell’Inferno ? Ora non c’è più ed io faccio da albergatore per esseri che vi auguro di non incontrare mai: la prima regola nel mio mestiere è fare poche domande, guardare ancora meno e farsi pagare in anticipo. È chiaro il concetto ?> Andarono nell’appartementino, mentre alla Cacciatrice, delusa, pareva che gli anni non passassero mai, che nulla fosse cambiato: quello era il suo eterno presente e lei non ne poteva più.

Aveva sperato per qualche tempo di esserne uscita, ed invece eccola di nuovo lì, tra demoni e affini, mostri e misteri, pericoli e rischi. Poi guardò Willow e si sentì molto meno sola. Girarono tutte le stanze (il sangue secco di karhall puzzava molto meno e aveva anche un bel colore) frugarono ovunque, giacchè le impronte erano già state rilevate la notte precedente, smossero tutti i mobili, guardarono tutti gli angoli ma di quel dannato foglio neanche l’ombra.

 

Da Willy fu anche peggio: quando vide entrare Buffy quell’ometto, sopravvissuto ad anni passati sulla Bocca dell’Inferno e a una vita sul bordo dell’illegalità e del demoniaco, iniziò a profondersi in una caterva di saluti, domande, complimenti e feste, il che non parve affatto necessario alla Cacciatrice, di pessimo umore. Cercò di trattenersi e fare la persona educata e civile come le aveva insegnato sua madre, per cui evitò di prendere subito per il collo il vecchio informatore, picchiarlo a dovere e farlo cantare.

Addirittura fu lui a chieder loro in cosa poteva essergli utile: sapeva che Vigio l’Inclemente era in città e si immaginava che quelle ragazze lavorassero per lui. <Io non lavoro per lui !> urlò molto seccata e punta sul vivo Buffy, che non voleva nulla a che fare con quell’essere malvagio e subdolo. <Ancora per poco, allora. Sai che ha quasi ricostituito il Consiglio degli Osservatori ? Se ne parla molto perché quando quello vecchio è saltato in aria e ci sono Cacciatrici anche sotto i sassi si è dato molto da fare: le ha fatte contattare da preti e gente di sua fiducia e a breve, credo, tutta l’organizzazione ingranerà di nuovo.> È difficile dire chi, tra Willow e Buffy, si sentì peggio a quella notizia; in ogni caso, oltre a queste voci, Willy non seppe dare nessuna informazione utile: la loro mattinata era stata decisamente infruttuosa.

 

Alla maison comitale i lavori fervevano alacri: Amy di lì a poco avrebbe portato il necessario per imbalsamare i cadaveri in modo che non giungessero a destinazione trasformati in una disgustosa poltiglia brodosa. La ragazza era entusiasta per quell’omicidio: tutto ciò che le era stato richiesto le era stato pagato subito ed in contanti e, visti gli affari, per ora l’Inclemente era il suo miglior cliente. L’analisi balistica, combinata a quella di alcune impronte trovate nei pressi dei due corpi bruciati, confermò un remoto sospetto del Conte: ne parlò prima con Madame e poi con Giles e ambedue furono dell’idea di tenere per ora all’oscuro i ragazzi di quella scoperta, almeno fino a quando Monsieur non si fosse messo in contatto con certe persone che potevano essere di fondamentale aiuto nell’individuare chi aveva sparato.

 

Willow e Buffy ritornarono alla villa dopo pranzo, dopo aver dato un colpo di telefono a Giles per metterlo al corrente delle pochissime novità. Quando la Cacciatrice gli chiese se era vero che il Conte avrebbe presieduto il nuovo Consiglio degli Osservatori egli iniziò a ridere follemente e, tra i singulti, le disse che era più probabile lei fosse eletta Imperatrice delle Indie. <Ma via Buffy, come fai a credere a queste cose ? Tre quarti del globo ha ottimi motivi per odiarlo. Chi te l’ha detto ?> Lei gli riferì la conversazione e lui rise molto meno, anzi, mugugnò con evidente fare assorto e la salutò, lasciandola pensierosa: che importanza potevano avere le chiacchiere di Willy ?

 

Xander passò a prendere Kennedy e Dawn a scuola per portarle a questa autopsia e, lungo la strada, espresse il suo timore: perché questo interesse per cose così “forti” ? Sarebbero potute rimanere turbate. Kennedy, ridendo, gli ricordò che squartavano rane a scuola ed erano cresciute vedendo “Nightmares”, “Venerdì 13”, “La casa” e una serie pressoché infinita di varianti; inoltre, dopo aver ucciso un Turok-An vivo poteva anche vedere aprire un karhall morto.

Dawn invece gli ricordò che era cresciuta con una sorella che lavava vestiti sporchi di sangue e che si era ritrovata circondata da mostricciatoli guidati da un’improbabile dea, da cavalieri medievali che la volevano morta, da orribili- <Va bene, va bene, mi avete convinto, adesso non raccontarmi tutte le volte che ti sei trovata in pericolo, tanto c’ero sempre anch’io. È che alla tua età->

<Xander non sono più una bambina: quest’anno ho il ballo di fine corso, te ne sei scordato ? Attualmente la mia attività principale, oltre a sopravvivere, è trovarmi un bel cavaliere per quella serata.> Kennedy, che era al corrente delle mire di Dawn, sorrise divertita: lei aveva già la sua amazzone, ma si era prefissata come scopo (oltre a sopravvivere) di aiutarla a conquistare “quel” ragazzo.

 

Parcheggiarono all’ombra di quel lungo, alto e massiccio muro e suonarono: aprì il portoncino Giles, giacchè era nella foresteria per andare a vedere come procedeva l’interrogatorio del testimone, sempre torchiato da Madame. Nella serra il Conte finiva di preparare le ultime cose per la lezione di demoanatomia ascoltando il resoconto di Buffy e Willow mentre Amy caricava svariati incensieri e bracieri con la mistura adatta a coprire l’odore di cadavere.

<Dov’è Dawn ?> domandò la Cacciatrice a Xander, quando lo vide raggiungerle solo con Kennedy. <Sta cercando di convincere il signor Giles a poter assistere all’interrogatorio di quel demone.> Prima che il Conte potesse esprimere piacere per l’interessamento della ragazza, Buffy era già partita di gran carriera per andare a riprendersi la sorellina impicciona.

Giunse proprio mentre questa, incurante della fermo ma gentile rifiuto che Giles le stava ripetendo per l’ennesima volta, girava la maniglia della porta che immetteva nel salottino della foresteria, dove poche ore prima Buffy e Willow erano state accolte. Dawn aprì e vide Madame, evanescente ed altera, svolazzare poco sopra il pavimento intorno al povero demone, oramai sequestrato in quella proprietà da quasi trentasei ore.

 

<Clem !> urlò sorpresa Buffy vedendolo. <Buffy !> esclamò il demone lieto di aver visto finalmente un viso amico. <Clem !> disse Dawn slanciandosi ad abbracciare il gentile e dolce demone cui voleva bene e che accolse con gioia e letizia le due ragazze tra le braccia. Lui stava già facendo loro i complimenti, quanto si erano fatte belle e come erano cresciute, quando qualcuno educatamente tossì. Tutti e tre si girarono e videro sulla soglia Giles sorpreso e il Conte serio, mentre dietro di loro c’era Madame Margot con le incorporee braccia incrociate all’altezza del seno.

<Da un bel vampiro con l’anima a un bel vampiro senz’anima a … questo essere ?!> esclamò lo spettro senza trattenere il più profondo disgusto. Quando le due ragazze e Clem compresero cosa Madame pensava troncarono l’abbraccio protestando e reclamando. <No ! È un nostro amico !> strepitò Dawn. <Ma come potete pensarlo ?> indignata chiese Buffy. <Con i tuoi precedenti bionda mi sarei stupita solo perché questo te lo sei scelto brutto.>

Madame detestava con vigore Buffy, e il Conte aveva sempre temuto il loro primo incontro, che con difficoltà si sarebbe potuto immaginare peggiore, per cui intervenne prima che la discussione degenerasse. <No, a quanto pare questo Clem ha fatto spesso da baby-sitter alla piccolina ed è stato sempre molto servizievole e gentile.>

Dawn avrebbe voluto urlare che lei non aveva bisogno di baby-sitter alla sua età ma la recriminazione di Madame glielo impedì. <Tu sapevi che Anne affidava la piccolina a un demone e non me lo hai detto ?> Il Conte inspirò profondamente: odiava discutere con Margot, soprattutto davanti ad altre persone. <Me ne aveva parlato l’inglese tempo fa, poi mi è passato di mente. Ora calmati, conoscendo le abitudini di Anne poteva andare peggio, questa razza è sostanzialmente innocua, e questo esemplare … è sicuramente meno pericoloso di un vampiro senz’anima. Avvicinati demone e inginocchiati.> <Clem ha un nome e se lei mi richiama piccolina scoprirà di cosa sono capace.>

Le parole di Dawn, totalmente ignorate, vibravano di sdegno mal represso mentre Buffy, della quale parlavano come fosse assente, furibonda per il disprezzo di cui era stata coperta dall’uomo e dal fantasma, si era già messa in posizione di attacco pronta a difendere Clem, ma un gesto di Giles le fece capire che non c’era nulla di cui preoccuparsi. Vigio l’Inclemente non disse cosa pensava su quella abominevole familiarità con gli inferiori esseri demoniaci che le due bambine avevano creato: c’era altro da fare prima, non era tempo per discutere di cosa fosse giusto e doveroso con due ragazzine americane senza cervello.

<Demone, sei stato utile e hai fatto cose di cui mi rallegro. Fintantoché non sarai nocivo la mia spada ti risparmierà.> Questa era l’antica cerimonia con cui il Conte “liberava” alcuni demoni o vampiri meritevoli dal terrore di finire scuoiati, impagliati o venduti a pezzi: Clem si chinò a baciargli il piede, come il Conte pretendeva in segno di sottomissione, ma Dawn e Buffy, che non sapevano nulla di questo rito, videro solo quella che parve loro un’umiliazione dell’amico.

<Ma cosa diavolo-> stava già strepitando Buffy quando Clem si girò loro, felice e sorridente come non mai: le due sorelle si scambiarono uno sguardo interrogativo e aspettarono una chiara spiegazione. Gongolando le abbracciò tutto contento, incurante dello sguardo di disgusto del padrone di casa e dello spettro, e spiegò loro che, d’ora in poi, la sua pelle non doveva temere più di diventare la rilegatura di qualche libro o la sua testa un ornamento da salotto. Le due ragazze gli sorrisero appena, guardando fisso quel gentile personaggio davanti a loro, evidentemente capace delle peggiori nefandezze anche su demoni innocui come il loro Clem.

<Evviva evviva. E vissero tutti felici e contenti. Ora volete seguirmi di là, così da poter dare inizio all’autopsia ?> Il tono del Conte era vagamente seccato: tutta quella confidenza con quell’essere … disgustoso. Giles uscì, seguito da Dawn e da Monsieur. Buffy si fermò sulla soglia, lanciò uno sguardo affatto benevolo a Margot e le disse che aveva già sentito dire che era uno spettro antipatico e freddo. Il fantasma la guardò, con fare lento della testa la squadrò da capo e piedi e poi parlò. <Tu invece sei molto calda, a quanto si sa dalle tue prodezze con certi vampireschi stalloni.>

 

Nella serra, che poi era solo un ampio locale di circa nove metri per cinque, occupato da una lastra di pietra su gambe bronzee su cui il Conte faceva le autopsie, un paio di mobiletti su cui stavano i ferri, un grammofono, due potenti lampade, bracieri ed incensieri, Kennedy, Amy e Willow sentirono fin da lì la serie di urla, strilli e strepiti in due o tre lingue che seguirono le parole di Madame.

Abbastanza preoccupate videro dopo un paio di minuti arrivare Giles evidentemente mortificato, Dawn sdegnata e Buffy urlante all’indirizzo del Conte, che precedeva le altre tre persone camminando a passo svelto ed evidentemente furibondo. <Cosa vuole dire ? Non mi interessa ! Io le pretendo !> L’uomo si girò a guardare la ragazza e cercando di trattenersi le disse: <Conosco Madame da secoli. Prima che lei si scusi dovranno i pesci saltare fuori dai mari e i cervi brucare nei cieli.>

<Non mi interessa ! Io non tollero che-> <Abbassi la voce ! Qui non siamo a Les Halles ! La frase può essere stata poco diplomatica ma le vorrei ricordare Anne che nel mondo demoniaco, e non solo, si parla dei suoi affari di letto con la stessa frequenza con cui si motteggiava sugli amanti di Caterina di Russia, della Duchessa di Parma o, per rimanere in ambito americano, sulle donne del vostro presidente Kennedy.>

Buffy divenne rossa in viso, umiliata per il disprezzo con cui erano state espresse quelle parole offensive, mormorò un “Non resterò un solo secondo ancora qui” e se ne andò via. Il Conte mormorò tra i denti qualcosa di poco gentile in francese e con uno sguardo omicida si girò verso Amy e Willow. <Streghe siete congedate. Andate pure con Anne. Giles accenda le lampade. Iniziamo questa maledetta autopsia.>

Mentre lui si infilava guanti e un lungo camice di cuoio, macchiato dal sangue rappreso di innumerevoli demoni e vampiri, Kennedy in silenzio pensava che Buffy forse non aveva poi tanta ragione a fare tutte quelle storie: insomma, non poteva fare tanto la santarellina.

Giles, più umanamente, era umiliato lui per quello che aveva dovuto sentire la sua adorata Buffy: e meno male che Madame non le aveva rivelato che veniva chiamata “la Cacciatrice col vizietto”. Dawn, pur capendo le ragioni della sorella, trovava eccessivo quel fare la primadonna e osservava di sottecchi il Conte, evidentemente dispiaciuto e arrabbiato per tutto quello che era successo. Per questo, per farlo calmare e per metterlo un po’ d’umore migliore (prima che per scaricarsi i nervi decidesse di andare a prendere Willow) gli chiese come mai era in rapporti così buoni con dei demoni da servirsi di loro come informatori.

Probabilmente solo Giles si rese conto del momento storico che stava vivendo insieme a quelle due ragazze. Il Conte di San Germano, appellato dai demoni Vigio l’Inclemente, stava procedendo di persona all’analisi di un demone, proprio lui che aveva scritto, tra il 1649 e il 1676 i diciassette volumi in-quarto del “De natura, vita ac forma daemoniorum”, stampati a Toledo: testi su cui generazioni di Osservatori avevano studiato e avevano consultato e che, fino alla metà del XIX secolo erano rimasti le guide ed il faro per tutti coloro che si erano votati alla lotta contro il Male.

E soprattutto per la prima volta dal 1889, quando dopo una storica discussione all’interno del Consiglio degli Osservatori condusse a termine una dissezione che fece epoca (alla presenza anche del Lord Difensore Sua Altezza Reale il Duca di Connaught) mostrando come Lord Halifax avesse torto sull’esistenza di un ibrido tra un demone colgra e un demone trisni, permetteva a qualcuno di assistere alla sua famosa e quasi leggendaria maestria nella sezione anatomica.

Così, se Giles rimase incantato dalla leggerezza e precisione con cui tagliava ed evidenziava le varie parti di quel corpo, da vero professionista e conoscitore della materia, Dawn e Kennedy furono affascinate e turbate in egual misura dal racconto dei suoi trascorsi contro i demoni karhall.

Con garbo e proprietà di linguaggio spiegò loro che esistono diverse razze di karhall, e ogni tribù è riconoscibile per particolari caratteristiche: quella del defunto, ad esempio, per le dita dei piedi particolarmente corte e la tendenza a ingrassare molto dopo la prima parte della vita. I componenti di ogni tribù figliano tra di loro, le unioni con membri esterni sono rare.

Non sapevano quelle ragazze che questa gentile verve didattica nel Conte era tutto merito del Primo Male: stando per mesi barricato sulle Meteore con un manipolo di potenziali Cacciatrici aveva imparato a comunicare le proprie conoscenze, e per lui era stata una grande novità, visto che, nei secoli precedenti, non aveva mai dato grandi prove di sé come maestro ed insegnante per le Cacciatrici che aveva incontrato.

Ad oggi esistono circa trentamila demoni di questa razza in giro per le Americhe: fino a qualche secolo fa erano quasi nomadi, si fermavano in una zona e poi ripartivano; per questo che sono stati massacrati a tutte le latitudini, benché spesso la documentazione in nostro possesso sia carente. Nel Regno d’Arabia, da cui secondo alcuni studiosi provengono, almeno quattro tribù sono state eliminate nel primo secolo dopo l’Egira, sotto i quattro Califfi. Una forse, ma gli storici sono molto divisi, ha invaso le terre dell’attuale Ducato di Milano nel 120 avanti Cristo circa e furono sconfitti da un console romano.

Due o tre tribù si sono stanziate nelle terre del Celeste Impero verso l’anno Domini 1100, secondo lui dopo aver sbagliato strada, e sono state definitivamente distrutte, dopo secoli di lotta, dalle truppe della Repubblica Popolare verso il 1950. Un’altra è stata estinta nelle Indie Occidentali nel XVI secolo, dopo la fondazione dell’impero moghul. Due tribù lui stesso le eliminò personalmente nel 1658. <Lei ? Proprio lei ? Come si fa ad estinguere una tribù di demoni ? Saranno un sacco di … demoni da uccidere.> domandò molto incuriosita Kennedy. <Semplice. Li si uccide tutti.>

 

Dopo la caduta di quasi tutto il Regno Apostolico d’Ungheria sotto il dominio della Sublime Porta (cioè dei Turchi, come il Conte aggiunse, visti gli sguardi interrogativi delle ragazze) alcuni karhall si stanziarono nell’attuale Regno dei Greci e altri ebbero la cattiva idea di dirigersi a nord, andando ad infastidire il Sacro Romano Imperatore, già prostrato dalla Guerra dei Trent’Anni, e quel pover’uomo di Sua Maestà il Re Giovanni Casimiro di Polonia. Si posizionarono in cima al Regno Apostolico, al confine con il Ducato di Slesia e la Galizia, allora parte del Regno di Polonia.

Fosse stato per il Re Luigi XIV sarebbero ancora lì, ma alcuni Cardinali gli fecero presente che non era il caso di indebolire troppo due regni cattolici: il Santo Padre non avrebbe gradito se ad oriente della Germania invece degli Absburgo ci fossero stati solo gli Svedesi e i Turchi. Così il Conte con cinquecento uomini partì: Lione, Chambery, Torino, Milano, Trento, Innsbruk e alla fine Vienna, dove l’Imperatore Leopoldo I aggiunse altri cinquecento uomini. Non molti, ma era francese ed era appena terminata la Guerra dei Tren’Anni.

Poi proseguirono in Ungheria dove li aspettavano duemila Ungheresi, mille Polacchi e mille dalla Slesia. Cinquemila uomini, tutte truppe specializzate, circa, per la battaglia contro i demoni: soldati scelti, capaci e decisamente crudeli; quegli Ungheresi soprattutto erano terribili, e anche abbastanza ingovernabili.

<Tipo gli Iniziati di Riley ?> domandò Dawn, ignara che già tanto tempo fa esistessero soldati addestrati alla lotta contro i demoni. <Cosa credete ? che l’idea di truppe speciali contro i demoni sia un’idea americana ? È vecchia quanto il mondo, giacchè una sola Cacciatrice non era molto. Io faccio parte di uno di questi eserciti dalla fine del Cinquecento.> <Ecco perché la chiamano Generale.> dedusse Kennedy.

Si misero in marcia e raggiunsero la zona in cui i karhall si erano stanziati: aspettarono che una parte di loro ci attaccasse, dopo aver posto al centro gli Slesi, con alle spalle un colle, dietro cui erano nascosti i cinque cannoni austriaci. I karhall, circa duemila, attaccarono in massa come loro costume, gli Slesi si fecero inseguire fino ai piedi del colle e gli austriaci iniziarono a far cantare le loro bocche da fuoco.

Dai lati uscirono fuori Ungheresi e Polacchi, mentre i Francesi giravano veloci per presidiare l’unico lato scoperto, da cui quelli potevano fuggire: fu un’operazione veloce poiché dopo tre ore, e relativamente poco corpo a corpo, i demoni erano tutti morti e le truppe avevano avuto poche perdite. Quelle bestie di ungheresi, pensando fossero un tipo di vampiri, per ucciderli li decapitavano con le loro asce: alla fine c’era tanto sangue sul terreno che si sprofondava fin’oltre le caviglie e si dovette far fare un lungo giro ai cannoni, perché se fossero passati di lì si sarebbero impantanati.

Trovarono l’accampamento principale seguendo la decina di sopravvissuti: avevano scavato una sorta di ampio cratere, profondo una decina di metri, dai lati ripidi e con svariati cunicoli sui fianchi, mentre il terreno di riporto e gli alberi abbattuti erano serviti per erigere una muraglia tutto intorno.

Veloci scalarono quella sorta di collina, dopo una copertura di fucileria, e iniziarono a respingere dall’alto i demoni che cercavano di uscire dal cratere per dar tempo ai cannoni di prendere posizione. A colpi di picca, di sciabola o di moschetto li uccidevano facendoli ricadere su quelli che li seguivano, finchè i cannoni non raggiunsero le postazioni. Allora fu come sparare ai pesci in un barile.

Alcuni di loro cercarono rifugio nei cunicoli scavati sulle pendici di quella grande buca, dove i loro moschetti non potevano centrarli. Le truppe francesi ed austriache erano buone tiratrici, Ungheresi, Polacchi e in minor misura gli Slesi erano più adatti al corpo a corpo.

Il Conte decise di rimuovere i tronchi e la terra che costituivano la muraglia e gettarli a riempire il cratere, in modo da seppellirli vivi, ma con tutti quei cadaveri e quel loro sangue la puzza era abominevole e più passava il tempo più era peggio.

All’alba del secondo giorno, dopo una notte tutto sommato tranquilla, con un solo tentativo di sortita da parte dei karhall, il generale ungherese decise che serviva un metodo più rapido: buttarono giù solo i tronchi già tagliati, sterpi e fascine trovati e diedero fuoco. Continuarono a gettare tutto ciò che poteva bruciare per un’intera giornata, sconvolti dalle urla di quei demoni e dalla puzza: allora il Conte scoprì che non si deve mai bruciare un karhall perché le fiamme si estinguono solo quando rimangono le ossa e i tendini, e il fetore che emanano è terribile.

Il rogo durò una settimana, ma dopo due giorni nessuno urlava più: impiegarono quasi tre settimane per non puzzare più di morto, e tutti si dovettero rasare a zero i capelli nel tentativo di togliersi quell’odore. Giovanni Casimiro e Leopoldo I furono molto soddisfatti di come fu conclusa la campagna: il primo assegnò il titolo di Principe Rakoczi al Conte, il secondo gli regalò una tabaccheria incrostata di pietre preziose.

Qualche anno dopo Monsieur riuscì a contattare le tribù karhall in Grecia e si disse disposto a favorire una loro migrazione nelle foreste del Brasile, in modo che lasciassero per sempre l’Europa, se si impegnavano a non creare problemi: nel 1693 iniziarono a partire e da allora non hanno più rimesso piede in Europa. Negli ultimi trecento anni, pur girovagando ancora un po’ per le Americhe sono diventati del tutto pacifici, si sono quasi integrati e non sono stati più sterminati a mucchi.

 

Il Conte raccontò questa parte del suo passato interrompendosi spesso per dare le giuste spiegazioni alle ragazze e a Giles su quello che mano a mano tirava fuori dal cadavere: Dawn e Kennedy, nonostante i film splatter e le rane squartate preferirono molto di più il racconto a tutti quegli organi, lembi di tessuti vari e liquidi che lui mostrava loro con piglio scientifico.

<In ogni caso, per giungere a tempi più recenti, poiché i karhall si comportano bene io non ho motivo per squartarli più, e quindi potrei dire che sono in buoni rapporti con loro. Ho capito qualche secolo fa che i demoni sono troppi perché io li possa uccidere tutti: anche raggiungere una situazione pacifica non è affatto un cattivo risultato. Certe guerre si vincono senza iniziarle: sapete quello che diceva Giovanni Acuto ?> <Un suo amico ?> <Un capitano di ventura di stanza a Firenze nel XIV secolo: “Le guerre si fanno per vivere, non per morire.”>

Terminata la didattica esperienza dell’autopsia le ragazze furono rimandate a casa, dove iniziarono a farsi molte docce per togliersi quell’odore pestilenziale di dosso. Lo stesso fece il Conte, mentre Giles, prima di tornare a casa, volle vedere come proseguivano gli interrogatori di Clem: gli sembrava che tra le torture medievali ci fosse quella di interrogare per quaranta ore la vittima. Certo, Madame si annoiava, ma non gli sembrava molto bello che occupasse il tempo facendo impazzire quel povero demone.

 

Entrò nella foresteria giusto all’inizio di un nuovo interrogatorio. <Iniziamo di nuovo da capo.> intimò lo spettro al povero Clem, che non ne poteva più di raccontare la solita storia. <Quando loro sono arrivati in stazione alle otto e mezza non ho notato nulla di strano e non so se qualcuno ci seguiva. Ramaissim Dolovion era molto ciarliero e mi chiedeva del clima locale e se Sua Eccellenza il Conte avesse già scuoiato qualche demone locale. Con la mia macchina li ho portati al Torrance, avevano pochi bagagli: erano le nove meno dieci circa.

Ho parcheggiato vicino, siamo scesi e sono passato a ritirare la chiave del loro appartamento: ho parlato col padrone, che mi conosceva già e l’ho pagato con i soldi che l’AnHerv mi aveva appena dato. Nei vialetti non c’era nessuno, ne sono sicuro: sono entrati, io aiutavo a portare un borsone blu, e quasi subito l’AnHerv ha notato che il frigo era vuoto e mi ha chiesto se potevo andare a comprar loro del cibo: erano le nove ed un quarto.>

Giles pensò che adesso Madame Margot avrebbe chiesto di nuovo perché aveva fatto a lui quella richiesta, quando poteva mandarci il valletto, il che avvenne. <Il valletto era impegnato con il segretario a disfare i bagagli.> <Cosa piace ad un demone karhall affamato ?> La domanda di Giles era abbastanza oziosa ed inutile, ma prima che lo spettro potesse dirglielo Clem si frugò nelle tasche e gli porse sorridendo un foglio piegato in quattro; avrebbe ripreso a parlare ma l’inglese protestò che non sapeva leggere quella lingua demoniaca. <Io ho scritto in inglese. Magari lui ci avevano scritto qualcosa prima.>

Passarono non più di tre secondi che Madame, con le sue veloci, immateriali e sottili dita sfilò lesta il foglio dalle mani dell’Osservatore e attraversò il muro della cucina, dirigendosi dal Conte e lasciando loro a fissarsi. Giles si trattenne dall’aggredire il povero Clem, che non aveva ancora capito cosa teneva in tasca da alcune ore, e gli spiegò l’importanza di quel foglio.

Come una furia dopo pochissimo arrivò il Conte che non aveva ancora iniziato la sua doccia: con lo sguardo fulminò il demone e con un poco di sforzo dovette impedirsi di passarlo da parte a parte. In casa mancava un qualsiasi “dizionario” che aiutasse nella traduzione e Madame Margot, che non potendo uscire mai di casa si era specializzata in molte cose, tra cui la comprensione delle lingue demoniache, non si fidava delle proprie conoscenze: Giles fece abbastanza in fretta ad andare a casa, alla biblioteca del Liceo e da Amy a reperire tutti i testi che servivano.

Tornato lì fu confinato a tradurre assieme allo spettro: avrebbe preferito sopportare un’altra autopsia. Il lavoro durò un paio d’ore e i due erano giunti, tra una recriminazione e una discussione sulla grafia pessima del defunto, alla prima accettabile bozza, che Madame avrebbe riguardato per maggior sicurezza: Giles fu congedato con l’ordine di ripresentarsi alle nove di sera, portandosi dietro anche le “Cacciatrici e tutto il loro circo”. Decisamente il Conte era sempre mal disposto verso Buffy.

 

ATTO IV

Dall’altro campo a casa Summers la Cacciatrice aveva già disposto che si rifiutava di vedere per il resto dell’eternità quel maleducato e quel fantasma, verso i cui genitori usò dei termini poco riguardevoli. Le osservazioni di Amy, che cercava di far capire alla coinquilina che era meglio non contrariare un tale personaggio, non peggiorarono che l’umore di Buffy. Dawn comprese che qualsiasi cosa avrebbe detto sarebbe stata intesa dalla sorella nel modo peggiore, quindi continuò a farsi delle docce e a lavarsi i capelli. Intanto da Xander Willow raccontava per filo e per segno tutta la loro giornata, calcando la mano sulla litigata: il giovane commentò solo che era un peccato, ma se Buffy si fosse comportata in modo diverso ora tutti i demoni non sparlerebbero di lei.

 

Giles telefonò a Buffy sperando, ma essendo sicuro del contrario, che si fosse in parte calmata. Infatti quando lui le disse che era stato trovato il biglietto per cui il demone era stato ucciso e che, in previsione della corretta traduzione, Monsieur aveva chiesto di vederli quella sera, ella gli rispose che quell’uomo poteva chiedere e fare quello che voleva, tanto lei in quella casa non ci avrebbe mai più rimesso piede. Se si trattava di salvare Sunnydale e lui le doveva far sapere qualcosa che mandasse i suoi messaggi tramite Rayne: per quanto la riguardava non voleva neppure più sentire la sua voce.

<Sai perché ha ucciso quelle Cacciatrici ?> Questa domanda del suo Osservatore la prese in contropiede: non disse nulla, ma si apprestò ad ascoltare. <Le Cacciatrici, come sai, non sono ragazze come tutte le altre: per questo, quando una di loro aveva una … relazione con un vampiro il Conte era incaricato di andare a prenderle e portarle a … rieducarsi. Quelle Cacciatrici ovviamente non erano d’accordo e lui era costretto a battersi contro di loro. E la lotta era necessariamente all’ultimo sangue.>

A Buffy si gelò il sangue in corpo, e ripensò anche a quello che le aveva raccontato Angel di quella Cacciatrice russa, Caterina Ivanovna. <Tu sei stata la prima che non ha avuto questa fine. Dopo che il Consiglio seppe della storia con Angel, dopo il suo ritorno dalla dimensione demoniaca, il Conte usò tutti i suoi mezzi, leciti e soprattutto illeciti, perché tu non finissi in una prigione in Scozia: lui lo aveva inviato a te e lui si prese tutte le colpe e le responsabilità, ma riuscì a risolvere il problema nel modo meno violento, almeno per te. E dopo che si seppe di te e Spike … credo che solo il sopraggiungere del Primo Male e tutto ciò che ne è seguito abbiano evitato una risoluzione violenta. Anche perché la storia con Spike il Conte non l’ha mai digerita. E non solo lui, in verità.>

Quest’ultima frase bruciò come fuoco sul cuore di Buffy: non avevano, lei e Giles, mai parlato seriamente dei suoi trascorsi con Spike nell’anno in cui era tornato in Inghilterra, ma non le ci voleva molto a capire quale fosse l’opinione dell’Osservatore, che comunque non aveva avuto troppi scrupoli a cercare di uccidere il vampiro insieme a Wood.

<Da quanto ne so è nell’intenzione del Conte limitare i tuoi incontri con Madame per questioni di … incompatibilità, così le ha definite. So che lui non ti piace e non sarò certo io a parlare bene di quel mostro, ma è innegabile che tu gli debba qualcosa: è orribile a dirsi, ma è così. In ogni caso, Buffy, ricordati che è sua intenzione soggiornare qui il minor tempo possibile e appena risolveremo il problema di chi vuol riaprire la Bocca dell’Inferno avrà ancora meno motivi per restare. È un grosso sforzo per te, per me, per tutti penso, ma più collaboriamo più faremo in fretta a togliercelo di torno.>

<E Willow ? Non se ne andrà senza averla uccisa, vero ?> Che domanda ! Giles ci pensava quasi sempre, era il suo primo pensiero dopo le fazioni in lotta per dominare il nuovo Consiglio. <Non so, non ha mai parlato di “uccidere” o “giustiziare”, ma solo di “punire”. Questo, secondo me, è un margine su cui si può lavorare. So che pare pochissimo, ma per ora abbiamo solo questo. Verrete stasera ?>

 

Xander e Kennedy passarono a prendere le due sorelle Summers, Giles li avrebbe aspettati dal Conte: egli aveva domandato la presenza delle due Cacciatrici con relativi Osservatori e della piccolina, che mostrava interesse al suo operato. <Da quando Xander sarebbe l’Osservatore di Kennedy ?> domandò Giles sorpreso e un po’ (non neghiamolo) sdegnato.

<Diciamo che è la cosa più simile ad un Osservatore che la ragazza abbia avuto nell’ultimo anno. E poi il giovane Harris, come Osservatore, potrebbe essere la prefigurazione precisa di cosa diventerete se Lord Marlborought riuscirà a spuntarla.> Ecco la questione: il Conte riusciva a fare politica fin nelle piccole cose, e grazie a quell’ignaro carpentiere ribadiva la sua avversione più totale al gruppo di Marlborought e al tentativo di far insediare il nuovo Consiglio negli Stati Uniti. Diabolicamente ingegnoso; comunque Giles preferiva la posizione attendista di Lord Hamilton circa quel problema.

<Ci pensi bene: entro il 2050 il sogno americano e il suo modo di vivere si sarà impadronito del Consiglio, del Novus Ordo Inspicientum e lei, tra i tanti Harris in cappellino da baseball che comanderanno, sarà solo un triste e patetico ricordo del tempo che fu, come Sua Altezza Reale il Principe di Joinville François di Borbone Orleans quando subimmo il lutto di trasferirci in quell’isola mefitica che è Albione.

Ci pensi, sarà considerato solo come un vecchio paralume. E quanto a me … io mi mangio gli statunitensi a colazione. Se ne ricordi, e lo ricordi anche a Lord Hamilton.> Inquietante: solo così Giles poteva definire i messaggi che il Conte stava mandando da mesi ai vari gruppi economici, politici e religiosi che si disputavano, come cani con un osso, la sede, la composizione e, in sostanza, la visione del mondo che ci sarebbe stata nell’ossatura del nuovo Consiglio.

 

Dawn sapeva di essere stata chiamata perché stava simpatica al Conte, ma Xander non capiva la sua utilità in una sessione di traduzione dal demoniesco all’inglese: Giles gli disse solo che il Conte riteneva necessario fosse presente qualche uomo, nel caso servisse. La spiegazione faceva acqua da tutte le parti e non significava assolutamente niente, ma il ragazzo la tenne per buona e non si fece troppe domande.

 

Furono fatti accomodare nel già noto salotto al piano terreno della foresteria, dove Clem era tenuto ancora prigioniero: in verità il Conte avrebbe preferito farli accomodare in qualche sala della villa, ma aveva bisogno di tenere quel demone sottomano, qualora gli venisse in mente qualcosa, e per tradizione gli esseri demoniaci non aveva accesso in casa sua.

Il povero Clem era seduto per terra, stanco e stravolto e rivolse solo un grande sorriso alle facce amiche, quando le vide entrare: i convenevoli furono molto limitati giacchè, silenziosa, poco sopra il pavimento stava Madame, accigliata come suo solito. Xander e Dawn presero possesso del comodo divano, per fare poi spazio a Kennedy; Giles e Buffy rimasero in piedi davanti al Conte, che mostrò loro la traduzione, in parte già nota all’Osservatore.

Sulla prima riga c’era scritto a caratteri maiuscoli in alfabeto latino “TALF” seguito dal simbolo trovato sugli stipiti di quel probabile tempio che avevano distrutto, la V con sotto la U ribaltata e troncata. A fianco a questo qualcosa che poteva assomigliare a una freccia e alcune parole scritte in piccolo in karhall. Giles si rivolse a Buffy: <La prima parola vuol dire TALF: non so cosa significhi, ma può essere una sigla vista che è tutto in maiuscolo. Poi c’è il segno che abbiamo trovato sottoterra in quella casa, una freccia e la scritta “che simbolo stupido”.>

<Come ?> <Segno strano, freccia, “che simbolo stupido”.> Buffy cercava di ricordarsi se avesse mai sentito parlare prima di un certo TALF, mentre dietro di lei le ragazze e Xander parlottavano a bassa voce. <Visto l’uso che ne fanno direi che è una sorta di marchio di fabbrica, che per qualche motivo è stupido. Potrebbe essere un insieme di lettere, una sorta di acronimo, oppure un disegno stilizzato.> propose Giles. <Ne discuteremo e cercheremo finchè non avremo una qualche accettabile soluzione.> concluse il Conte.

<La riga seconda è un tipico proverbio karhall: “se in mille non riescono a saltare un muro perché tu pensi di riuscirci ?” Viene detto chi vuol fare una cosa che non è mai riuscita a nessuno.> <Grande ottimismo ! E si esprimono come i biglietti cinesi della fortuna.> commentò Xander, che fu gelato dagli sguardi di tutti.

Sulla terza riga c’era una L maiuscola con un trattino di uguale lunghezza sopra quello alla base e in cima un piccolo cerchio. <Non sappiamo neppure cosa sia questo simbolo, che non compariva da nessuna parte in quel luogo. La scritta che segue significa “Sangue necessario. Ancora. Non sicuro risultato.”.> <Non mi sembra siano frasi molti incoraggianti.> scappò da dire a Buffy, che fu apparentemente ignorata dal fantasma e dai due dotti europei.

<Poi, queste tre righe, che credo si riferiscano a una persona sola: “Non era morto ?”,  “Kassel”, “Il soldato. La moglie !”> <Cos’è una “Kassel” ?> chiese Kennedy, attenta. <È la capitale del Granducato d’Assia Kassel.> rispose il Conte, a cui fece seguito Giles, specificando che era una cittadina tedesca. <Sono su tre righe. Potrebbero riferirsi a tre persone diverse. Oppure a due, a uno che non era morto a Kassel e a un soldato e a sua moglie. Non è molto chiaro.> osservò Buffy.

<Nell’ultima riga sta scritto “Possibile di nuovo lui ?” e non mi chieda a chi si riferiva perché non ne ho la minima idea.> <Bene !> sbuffò Buffy sedendosi pesantemente su una poltrona. <Il demone è stato squartato per questo foglio che ha un grandissimo valore e noi non ci capiamo nulla ? Non era lei quello che risolveva i problemi di Giles con uno schiocco delle dita ?>

La ragazza era irritata ma non per questo Giles ebbe piacere per quell’involontaria umiliazione. <Non ho mai detto che li risolvo con uno schiocco di dita: per avere certezze sui poteri della Chiave ho impiegato un paio d’anni e comunque ora mi debbo preoccupare di non trasformare questo villaggio in una landa deserta e desolata.> rispose piccato il nobiluomo.

Dawn avrebbe preso a schiaffi la sorella per l’assurdo tempismo con cui riusciva a non far sentire alcuno a proprio agio. Si alzò dal divano, stanca dello sguardo sperduto di Xander alla sua destra e delle domande e battute insulse che Kennedy le sussurrava, si avvicinò, prese il foglio dalle mani di Giles e fece due passi per la stanza. <Ehi, avete proprio ragione.>

Tutti si girarono a guardarla. <Questo segno è effettivamente un po’ stupido.> Buffy non seppe trattenersi dal dare un’occhiata significativa al Conte, che abbozzò un mezzo sorriso. <Già, diciamo così.> commentò solo Giles. <E questa sembra una chiave.> In un solo momento tutti si guardarono negli occhi e poi fissarono intensamente e preoccupati la ragazza, che comprese di essere al centro dell’attenzione, e ne sospettò anche il motivo. <No, volevo dire … volevo dire … sembra un aquilone, sì, sembra un aquilone.>

Senza tanti complimenti il Conte le strappò il foglietto di mano e lo fissò, assieme agli occhi di tutti. Chiave seguita dalla scritta “Sangue necessario. Ancora. Non sicuro risultato”. Guardarono di nuovo la ragazza che commentò solo, già rassegnata. <Ok. Avete due grandi notizie. Prima: è una chiave. Seconda: sono nei casini.>

Calò un triste silenzio nella stanza, mentre la mente di tutti andava all’ultima volta che era servito il sangue di Dawn, la quale si era gettata sconfortata a sedere sul divano. Il Conte con il solito fare serafico si avvicinò alla ragazza e sorridendole le appoggiò un dito sotto il mento, perché alzasse la testa e lo guardasse.

<Ci sono i suoi amici, c’è sua sorella, ci sono io e volendo possiamo avere al nostro servizio qualche altra decina di Cacciatrici. Le assicuro sul mio onore che non le succederà nulla di grave.> Non ebbe bisogno neppure bisogno di girarsi per immaginare lo sguardo di Buffy. <E non ci sarà bisogno che alcuna Summers si faccia male, questa volta.>

 

Il giorno dopo, in anticipo su l’ora detta, giunse la deputazione karhall per riprendersi i cari estinti: per loro espresso desiderio la cerimonia si svolse senza la presenza di Cacciatrici ed Osservatori; Giles, in cui il piglio dello studioso saltava sempre fuori, avrebbe voluto potere assistervi per documentarsi sui riti di quella evoluta comunità demoniaca. La salma dell’AnHerv Ramaissim Dolovion era stata composta nella serra sul tavolo ov’era avvenuta l’autopsia: a quattro angoli nei bracieri si consumavano erbe aromatiche.

Dietro, su bassi catafalchi ricavati da cassette della frutta e tavoloni procurati non sa come da Rayne, il valletto e il segretario mentre il polgara macerava nelle cantine in un bagno di mercurio, urina umana, arsenico e alcune erbe affinché le ossa si schiarissero per bene e potessero essere utilizzate per gli aggraziati prodotti che i suoi artigiani di fiducia creavano; una delle due lame lunghe sarebbe stata lavorata ad imitazione del mitico corno del narvalo.

A ritirare le salme era giunto addirittura l’AnHerv Celverim Dolovion, figlio del fratello del defunto nonché zio paterno dell’attuale sovrano dei karhall: il Conte ne aveva sentito parlare, era un demone abbastanza intelligente da venire ad accordi.

Mentre il resto della delegazione piangeva e cantava nenie funebre al cadavere Celverim e le sue guardie personali furono fatte accomodare nel solito salotto al piano terra della foresteria e, dopo avergli offerto da bere, il Conte comunicò le sue scoperte. Ramaissim Dolovion era giunto a delle importanti scoperte circa una certa associazione o setta di nome TALF, che voleva creare problemi alla sorella della Grande Cacciatrice e aveva preso accordi in tutta segretezza con un demone al di sopra di ogni sospetto per essere alloggiato un paio di giorni a Sunnydale e conferire con lui.

<Questo demone è veramente al di sopra di ogni sospetto ?> chiese, con la sua pronuncia strascicata e spagnoleggiante, il karhall. <Gli permetto di fare da baby-sitter alla sorella della Grande Cacciatrice.> <Non dovrebbe fidarsi troppo dei demoni quando si parla di Buffy Summers: la sorellina avrà gli stessi geni. È curioso che proprio un demone glielo dica.> Il Conte disse a che razza apparteneva quel demone e il karhall, sorridendo, convenne che la ragazza poco probabilmente poteva sentirsi attratta da uno così.

L’AnHerv Ramaissim Dolovion è stato attaccato nel suo alloggio poco dopo il suo arrivo in città: lui e il valletto erano stati uccisi sul posto, mentre il segretario era stato giustiziato con un colpo alla nuca in un secondo tempo, in una zona distante dal luogo del delitto, e in compagnia del polgara omicida. Con buona certezza il segretario aveva contattato i sicari, i quali lo avevano in un primo tempo risparmiato per permettergli di cercare il promemoria scritto che si era fatto l’AnHerv e successivamente si erano sbarazzati di lui, esattamente come era accaduto per il polgara. Chi ha tradito è già cadavere, e così uno dei due sicari: attualmente vengono condotte delle indagini incrociate per avere informazioni sull’uomo, mentre circa i mandanti c’è altissima probabilità che sia questo TALF. Sarebbe utile sapere con chi ha parlato il segretario dell’AnHerv nei giorni immediatamente prima del viaggio.

 

Buffy, Amy e Dawn stavano a casa abbastanza preoccupate: Giles aveva promesso avrebbe telefonato non appena saputo qualcosa sull’incontro tra il Conte e i karhall, ma fin’ora, ed erano da poco passate le otto, non aveva ancora chiamato; aveva telefonato subito dopo che Miss Moller, la cameriera del Conte, lo aveva avvisato dell’arrivo dei demoni.

Buffy stava trafficando in cucina, per scarsa gioia di chi viveva con lei, giacchè uccidere bene i vampiri non significa necessariamente sapere cucinare bene; Dawn era in camera a fare i compiti (forse, così almeno diceva) ed Amy guardava la televisione in salotto, aspettando la lavatrice finisse il ciclo. Suonarono alla porta, la strega aprì e le due sorelle Summers sentirono un urlo.

 

Arrivò all’ingresso prima Buffy e vide Amy mugolare scuse davanti a un perplesso Conte di San Germano, che fissava la ragazza con un sopracciglio alzato e con lo sguardo che si rivolge a qualcuno di cui si è incerti sulla sanità mentale. Con gran rumore scese le scale anche Dawn. <Sabrina, tesoro, ho fatto urlare molte donne ma solitamente prima le toccavo. Non mi era mai capitato semplicemente apparendo loro davanti.>

Amy non capì subito perché l’avesse chiamata “Sabrina” mentre Buffy, con modo spiccio la scostò da davanti a quell’uomo e con fare risoluto gli rivolse parola. <Cosa desidera ?> Il Conte, intabarrato in un lungo e pesante cappotto di taglio militare, sorrise. <Buona sera Anne.> Lo stile: in quale altro elegante modo farla sentire una piccola maleducata ? Buffy pensò che sua madre, se l’avesse vista ricevere così un ospite, sarebbe rabbrividita.

<Buona sera. Posso fare qualcosa per lei ?> <Mi scuso per l’ora improbabile in cui sono venuto a farvi visita, ma necessitavo di parlarvi, essendo appena andati via i karhall, e ho preferito farlo di persona. Sapete, nonostante tutto questo tempo il telefono non mi convince ancora: preferisco guardare negli occhi il mio interlocutore.> Dawn scostò con energia la sorella. <Prego Conte, nessun disturbo, si accomodi.> Solo all’ora l’alto nobiluomo varcò la porta della casa, sorridendo ed Amy ebbe impressione che trovasse estremamente divertente quelle scenette.

 

Lo fecero accomodare in salotto, dopo avergli preso il cappotto. Dawn, cortese, gli chiese addirittura se poteva offrirgli qualcosa. <Un Martini, grazie mille.> Buffy guardò la sorella, che guardò Amy e tutte e tre, imbarazzate, si guardarono tra loro. <Non ci sono alcolici in questa casa.> Il Conte guardò Buffy, che aveva appena sentenziato ciò fiera dell’assenza di simili bevande nella sua casa, compatendola per queste vestigia puritane (evidentemente in vacanza quando si trattava di farsi scaldare da un cadavere senz’anima) e le ricordò che Richelieu sosteneva che se Dio non avesse voluto farci bere avrebbe fatto il vino cattivo. <Richelieu ? Ma non era quello de “I Tre Moschettieri” ?> Un qualsiasi francese a questa domanda avrebbe avuto un mancamento: dopo aver pazientemente spiegato alla Cacciatrice che era un Principe e Cardinale che aveva svolto qualifiche paragonabili a quelle di primo Ministro sotto il Re Luigi XIII decise di passare subito all’argomento per cui era venuto fin lì.

<I karhall non distruggeranno Sunnydale. Ho consegnato i corpi e spiegato come probabilmente si sono svolti i fatti: la loro ira non è più un problema. Almeno per questo borgo e per chi ci abita.> Le tre ragazze furono molto più tranquille: ci mancava che un’invasione di demoni bluastri a complicare le cose. <Ovviamente non vorrei essere nel TALF, che oltre a me adesso ha come nemica anche l’intera comunità karhall. Cercheranno di scoprire chi ha contattato il traditore e appena sapranno qualcosa di interessante me lo comunicheranno: ho chiesto espressamente che non lo uccidano subito, se lo trovano, e credo mi accontenteranno.>

<Vogliono usare il mio sangue per aprire la Bocca dell’Inferno, vero ?> Dawn riuscì a pronunciare questa frase senza che la sua voce si incrinasse o qualche lacrima furtiva le salisse agli occhi: ma per quanto Chiave composta anche di energia mistica non riuscì ad ingannare un antico nobile europeo fattosi le ossa in Francia nelle guerre tra Cattolici e Ugonotti e rafforzatele nella Guerra dei Trent’Anni.

<Non le nasconderò che sono preoccupato, ma non per l’uso del suo sangue nella sciocca pretesa di riaprire la Bocca dell’Inferno. Voi sapete come si può realizzare questo progetto ?> <Ci sono un paio di formule diverse.> interloquì timidamente Amy: lui la guardò e lei comprese che mostrarsi strega esperta davanti a Vigio l’Inclemente non era una delle cose più sensate del mondo.

<Sono sei le formule conosciute, ma tre di queste giacciono, dimenticate da praticamente tutti gli uomini, in un luogo segreto dove io stesso le portai, dopo aver fatto in modo che chi le conosceva … dimenticasse per bene. E le altre tre certamente non includono il suo sangue nella lista degli ingredienti.> <Quindi non vogliono il sangue di Dawn per riaprire la Bocca dell’Inferno ?> chiese Buffy, che non capiva dove quel figuro volesse andare a parare: la situazione era ovviamente molto più grave, come al solito.

<“Uno stupido è uno stupido, due stupidi sono due stupidi, diecimila stupidi sono una forza storica”, per citare un giornalista ed editore che ho conosciuto decenni fa. Io sono preoccupato perché credo che questo TALF sia gestito, se è una setta o simile, da degli idioti. E gli idioti sono terribilmente imprevedibili. Molto più pericolosi.> <Effettivamente quegli zombie saltellanti non erano molto convincenti, perché immagino li abbiano mandati loro.> <Quello sarebbe il meno, Anne. Sa com’è chiamata lei da quando ha impedito al … Primo Male, voi lo chiamate così, di porre in atto il suo piano ?> Buffy lo guardò molto curiosa: lei aveva un nomignolo ? <“La Grande Cacciatrice”. Dopo quello che ha fatto le posso assicurare che nessun demone sensato proverebbe ad infastidirla più, ma purtroppo gli uomini, giacchè certo esseri umani hanno gran responsabilità di ciò che sta succedendo, non sono abbastanza intelligenti, anzi, sono troppo superbi. Questa manica di idioti si è messa contro di lei, quindi contro di me che la proteggo, e ora anche contro i karhall: questa gente non ha testa, altrimenti capirebbe che è un progetto destinato al fallimento e che provocherà a loro solo rovina. Ma, come voi sapete, in proporzioni fecero più danni quei tre stupidi di Andrew e dei suoi compari che il Maestro.> Quell’uomo, nonostante i suoi plateali difetti, diceva cose giuste: Buffy ripensò ai dubbi di Kennedy, per la quale un attimo prima era un gentiluomo raffinato e un attimo dopo un folle. <Cioè questi vogliono riaprire la Bocca dell’Inferno perché sono stupidi ?> domandò Amy, a cui non era chiaro l’ultimo riferimento al Maestro. <Il contrario: sono stupidi e quindi fanno cose stupide, come voler riaprire la Bocca con una formula sbagliata e venire ad infastidire me e la qui presente Grande Cacciatrice.> Dawn lo scrutò accuratamente, ma non riuscire a capire se quanto fosse preoccupato: manteneva il suo solito modo di fare composto, supponente forse e distaccato. Sicuramente quello era un uomo che sapeva mentire molto più di quanto gli altri uomini fossero capaci. <Dobbiamo stare in guardia giacchè non possiamo ancora sapere, e non possiamo neppure immaginare, cosa la loro idiozia gli voglia far fare. Ma confido nella Divina Provvidenza.>

Indugiò un attimo poi, sorridendo, si alzò. <L’ora s’è fatta tarda e suppongo vorrete cenare. Mi congedo.> Buffy sentì addosso lo sguardo deciso della sorella e quello supplichevole di Amy. Kennedy le aveva detto che se volevano salvare Willow dovevano farselo amico, sua sorella nonostante lo trovasse un po’ troppo originale voleva essere illuminata sulla propria natura ed Amy, semplicemente, non avrebbe mai fatto nulla che lo infastidisse o che potesse essere meno che gentile.

Buffy lo guardò e si domandò cosa pensava di lui: lo detestava solo perché era un folle pericoloso per Willow, maleducato, supponente, invadente e sinistro che aveva allontanato Angel da lei e aveva gestito la sua vita ? Oppure la metteva tanto a disagio per tutto quello che aveva fatto per lei senza mai chiederle nulla in cambio, anzi, rimanendo con tenacia in ombra ? Non capiva quello che provava, ma decise che una prova andava tentata. <Se per lei non è un problema potrebbe restare a cena da noi. Cucino io.>

Il Conte di San Germano (nonché Principe Rakoczi, marchese di Welldone, di Aymar e Belmar, marchese di Agliè, Conte di Saint Martain, conte di Tzarogy, Conte Soltikof, signore di Surmont, cavaliere di Schoening, patrizio fiorentino, romano, parmigiano e molto altro), noto come Vigio l’Inclemente, Generale Fondatore della Compagnia di San Luigi, Giovanna e Vigio; Cavaliere dell’Ordine di San Michele, Ufficiale non Commendatore dell’Ordine dello Spirito Santo, Cavaliere dell’Ordine Militare e Reale dell’Ordine di San Lazzaro di Gerusalemme ed Ospitaliero di Nostra Signora del Monte Carmelo, Gran Croce dell’Ordine Militare e Reale di San Luigi, Cavaliere dell’Ordine Capitolare di Sant’Uberto, di Lorena e del Barrois, Gran Ufficiale della Legion d’Onore; Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine di Santo Stefano Papa e Martire, Commendatore dell’Ordine del Merito di San Giuseppe; Cavaliere dell’Ordine di Santo Stefano d’Ungheria, Cavaliere dell’Ordine di Maria Teresa, Cavaliere dell’Ordine della Corona di Ferro, Commendatore dell’Ordine di Leopoldo, Commendatore dell’Ordine di Francesco Giuseppe, (per limitarci alle onorificenze del Regno di Francia e Navarra, del Granducato di Toscana e dell’Impero d’Austria – Regno d’Ungheria); amico di generazioni di sovrani europei, di Cardinali e Pontefici, faro della nobiltà di mezza Europa, si illuminò d’immenso: la sua Anne gli chiedeva di rimanere per cena.