VIII.04 - TUTTO IN UNA NOTTE

Scritto da: FranzJoseph

Spoiler per: tutta la stagione VII di BtVS

Rating: per tutti

Timeline: un anno e mezzo dopo “Chosen”; metà ottobre 2005

Summary: Dove Buffy e Dawn prima hanno visite e poi conoscono la loro coinquilina, Wood vede degli strani vicini di casa, Kennedy organizza male una battaglia, Willow si prepara a giocare a scacchi con Vigio e Xander ad avere un’altra ragazza a cui badare.

Commenti: se volete scrivetemi a franzjoseph1@supereva.it

Disclaimer: I personaggi appartengono a Joss Whedon, David Greenwolt la WB, ME, la UPN e la Fox. L'autore scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.

 

PROLOGO

La colazione a casa Harris fu tra le più tranquille: Kennedy era radiosa e parlava ininterrottamente, Willow cercava di non mostrare il proprio risentimento e Xander con Amy ascoltavano il racconto senza parole.

Dopo la discussione con Giles, Willow si era chiusa in camera sua ed era stata sveglia a lungo, ogni tanto si sentiva muovere una sedia o chiudere una porta o l’anta dell’armadio, i passi veloci e nervosi dalla camera al bagno e alla sala, ma gli altri due inquilini non avevano avuto il coraggio di intromettersi nei pensieri della ragazza ed erano rimasti chiusi in camera di Xander a scambiarsi pensieri ed opinioni. Amy si era sdraiata sul letto, dopo aver piegato il cuscino ed accostatolo alla parete per farle da morbida spalliera, mentre Xander aveva avvicinato la poltrona per poter poggiare i piedi sul materasso: lei indossava sul pigiama una leggera vestaglia di cotone stampato a fiori e fantasia cachemire, che le evidenziava il seno e metteva in ombra i fianchi, suo cruccio. Xander stava comodo in un pigiama da uomo, abbottonato a giacca bianco a righe celesti, e parlandole si deliziava lasciando scorrere lo sguardo, ma con molta discrezione, sui piccoli piedini ben fatti e le mani eleganti e magre della ragazza.

Le avrebbe voluto parlare di Anya e di quello che lei gli aveva raccontato su Vigio, sulle e-mail che si scambiavano e sui candelabri, ma pensò che non era momento di mettere altra carne al fuoco e così, credendo di non aver speranze di sedurre Amy, fece quello che un ragazzo fa solo con chi non vuole o non può conquistare: parlò della sua ex. Ricordò cosa lo faceva impazzire in lei e cosa lo disturbava, parlò di come si erano conosciuti e poi lasciati, del loro riavvicinamento e di quando era stato chiamato a prendere in consegna la salma sua e delle altre Cacciatrici cadute contro il First, riunite nell’obitorio di una cittadina non troppo lontana dal cratere di Sunnydale.

Dopo tanti anni come topo Amy aveva preso due abitudini: parlare ininterrottamente ed avere paura di quasi ogni persona. Con Xander però era diverso, si riposava spiritualmente a stare con lui e non si sentiva minacciata: fin da subito era stato gentile con lei e non l’aveva trattata male, poi l’aveva ospitata sotto il suo tetto quando aveva troppa paura per tornare a casa e infine aveva l’innegabile pregio di non causare tensione. Willow ad un modo, la Cacciatrice ad un altro, lei stessa, riuscivano a creare problemi, discussioni e nervosismo: Xander inevitabilmente riappianava le cose, smorzava le polemiche e se aveva qualcosa da dire lo faceva con la massima gentilezza. Era grazie a lui che in quella casa si sentiva accettata e riusciva a fare conversazioni insignificanti sul tempo o sui vicini o sul suo lavoro senza sentirsi un’estranea: per questo lo ascoltava con piacere le rare volte in cui si apriva con lei (quella era la terza o la quarta) e sperava di cuore di potergli essere utile, un giorno, così da ricambiargli tutte quelle gentilezze.

Quella sera lei ascoltava e le faceva piacere anche perché così non doveva pensare all’Inclemente e a tutto quello che avevano sentito dire da Giles: l’immagine uscitane era decisamente incoerente, quasi quel francese fosse un moderno Giano bifronte. Illuminati solo dalla lampada da tavolo, nonostante i rumori provenienti dalla casa, si addormentarono e si svegliarono a mattina fatta, quando un po’ pesantemente la porta di casa fu chiusa.

Non ci fu bisogno di dire niente, aprirono gli occhi, ricapitolarono la situazione e si alzarono ambedue di scatto, indugiando per un attimo in seguito ai dolori alla schiena, naturali pensando in che posizione avevano dormito quella notte. Quando arrivarono alla sala trovarono già Willow, sotto gli occhi profonde occhiaie, e davanti a loro Kennedy, raggiante come non mai, intenta ad aprire una valigia: ne trasse fuori un fiammante abito rosso e con un sorriso che le prendeva tutta la faccia domandò alla sua ragazza “Allora? Non ti avevo detto che era bellissimo?” Poi si voltò a loro due dicendogli che era un regalo di Vigio, ci aveva cenato assieme indossando quella meraviglia e delle perle che se qualcuno le avesse retto l’abito avrebbe preso dalla valigia. Willow, troppo stanca dopo tanta tensione e con troppo mal di testa, non ebbe neppure il coraggio di arrabbiarsi con quella ragazzina, che evidentemente non capiva la paura e le preoccupazioni che avevano avuto. Tirando fuori le perle, e gli occhi di Amy stavano uscendo dalle orbite a guardarle, chiese cosa di bello Vigio avesse regalato loro: ieri sera le aveva detto che oltre a un biglietto di spiegazioni aveva inviato anche un pacco dono e che comunque dopo da loro sarebbe andato Giles a tranquillizzarli.

“Allora sai che eravamo preoccupati !” le sibilò Willow. “Lo spero, ero stata rapita. Ma il biglietto e Giles vi avranno tranquillizzato, immagino. Sapete già che quei due si conosco da un sacco di anni e che Vigio vuole proteggere Buffy?” Sì, e probabilmente uccidere me, pensò Willow, ma si tenne questo pensiero per sé raccogliendo tutta la propria forza interiore per non iniziare a tirare i peggiori insulti a quell’essere. Fortunatamente Xander, mentre Amy si provava le perle e cercava uno specchio per vedere come le stavano, intervenne dicendo che ne potevano parlare davanti a qualcosa da mangiare e si trasferirono in cucina, sentendo nel bagno i mugolii di auto – approvazione di Amy.

Se la Cacciatrice era così tanto entusiasta si doveva essenzialmente al fatto che, nella sua breve –per ora - vita, aveva conosciuto solo coetanei insignificanti e volgari o uomini maturi noiosi e scialbi, fatta eccezione per Giles e Wood (e Xander, naturalmente): Vigio era un uomo che dimostrava trent’anni e ne aveva almeno cinquecento di più, ed era veramente charmant, per usare un suo termine. Sapeva ballare, vestirsi elegantemente, scegliere il vino, conversare con raffinatezza di gioielli, arte e armi ed inoltre era impeccabilmente demodé: sicuramente gay, secondo le conoscenze del mondo che aveva quella giovane americana. Era stato quasi un anno barricato in sperduti conventi arroccati sulle rupi della Grecia con molte Cacciatrici prescelte a combattere contro i bringers: se loro a Sunnydale fossero stati sconfitti ci sarebbe stato sempre lui e il suo piccolo esercito. In quel tempo, le aveva detto, aveva insegnato a quelle ragazze le cose basilari che rendono una Cacciatrice una dama: l’etichetta, l’uso delle armi, il valzer e l’anatomia dei demoni. Inoltre guardava un sacco di sitcom che piacevano anche a lei, andava molto al cinema e parlava italiano: finalmente qualcuno con cui fare conversazione in lingua !

Willow, Xander ed Amy (sempre con collana e bracciale di perle addosso) non riuscivano a credere che con così poco quell’uomo fosse riuscito a conquistare la Cacciatrice, solo qualche discorso raffinato, un paio di accenni ad interessi contemporanei e la promessa di insegnarle l’italiano e a combattere secondo le antiche regole delle Cacciatrici. “Sapevate che una volta combattevamo in modo del tutto diverso? Mi diceva che prima si seguivano le tradizionali regole sorte con l’unica civiltà, con l’Europa e che poi sono diventati moda i salti e i volteggi dei pagani idolatri delle steppe asiatiche; non credo gli piaccia molto l’Asia. Secondo lui oggi ci battiamo come scimmie isteriche malate di terzomondismo. Non ho capito cosa intendesse, ma mi è sembrata un’espressione divertente.”

Aveva ragione Giles quando aveva detto loro che riusciva ad essere gradevole e salottiero nella stessa misura in cui era sanguinario e totalmente pazzo. Fu Willow ad avere le idee più chiare di tutti, lì in mezzo: nella partita Vigio aveva subito attaccato muovendo con successo il primo pezzo, guadagnandosi la simpatia e, forse, anche l’ammirazione della Regina, di Kennedy. Amy era solo una Pedina terrorizzata e Giles una Torre bloccata, su cui non poteva fare affidamento: adesso doveva impedirgli di “mangiare” Xander, l’altra Torre, se non voleva finire lei, il Re, sotto scacco e perdere la partita e tutto il resto.

 

*******

 

Anche a casa Summers la colazione fu tranquilla e piacevole, perché Dawn pensava che Angel fosse passato a trovare sua sorella solo per fare due chiacchiere e non per rivoluzionarle la vita con una serie di notizie sconvolgenti: per questo non volle farle subito un sacco di domande su cosa si erano detti e su come avevano passato la notte. Certo, il fatto che un vampiro sanguinario non avesse cercato di ucciderle la diceva lunga su quanto poco trasporto c’era stato tra i due: che finalmente l’antica passione si fosse stemperata del tutto e loro fossero diventati semplicemente amici? Conoscendo la sorella le sembrava molto strano, ma tra qualche giorno avrebbe indagato meglio.

Buffy, con una delle sue migliori interpretazioni, finse davanti alla sorella di essere quasi giuliva per la visita ricevuta e attese impazientemente che quella uscisse per poter prendere in pace il telefono ed urlarci dentro tutto quello che voleva. Dawn partì per andare in biblioteca e Buffy, per essere sicura non ricomparisse nel bel mezzo della sua conversazione, poiché magari aveva dimenticato qualcosa, rimase affacciata alla finestra per vederla girare l’angolo della strada, poi chiuse a chiave la porta di casa, lasciando le chiavi nella toppa: solo dopo ciò telefonò a Giles, di cui Angel le aveva lasciato il numero, che aveva avuto dal cameriere di Vigio quando aveva fatto telefonare da Wesley nella di lui casa di Sunnydale al numero datogli da una loro comune conoscenza parigina (una mezza demone o qualcosa del genere).

L’Osservatore rispose quasi subito “Salve Giles, sono Buffy.” Forse perché se lo aspettava, forse perché lo volle notare anche se non era vero, ma le parve che nel salutarle e nel chiederle come stava la sua voce fosse un po’ incerta. “Possiamo saltare i convenevoli? Ho visto Angel.” Silenzio dall’altro capo del telefono. “Provi a convincermi che tutto quello che ha fatto in questi anni lo ha fatto per me.” “In che senso? Cosa intendi?” “Provi a convincermi che tenermi nascosto che lavorava per un matto francese è stata una buona mossa.” Cielo, Giles come odiava quell’uomo! In meno di ventiquattro ore doveva sentirsi così “sporco”, così falso e bugiardo. Non aveva voglia di mentire ulteriormente o di indorare la pillola per cui parlò e disse tutto quello che pensava. “Buffy, una delle poche cose belle che hai avuto nella tua vita di Cacciatrice è stato di non conoscere di persona quel farabutto, ladro falso ed assassino. Lui non voleva incontrarti ed io ho fatto di tutto perché non cambiasse idea. Dopo tutti questi secoli passati ad uccidere demoni si differenzia da loro solo perché li uccide, ma poi ha il loro stesso animo sanguinario e crudele.”

Questo Buffy non se lo aspettava: aveva capito che non correva buon sangue tra loro, ma non si aspettava una reazione così veemente da quell’uomo compassato. “Ah, ecco perché ha continuato a fare la spia per lui. Logico.” “Tu non capisci, quando lui ordina lui ottiene, oppure uccide. Non avevo molte opzioni. E poi almeno sono sempre stato da filtro tra voi due, così non è mai entrato nella tua vita.” “Angel mi ha dato una versione della storia un po’ diverso.” “Mi fa piacere che abbia dimenticato i giorni di torture e dolori che ha subito dopo il suo ritorno dalla dimensione demoniaca: sai, era il suo benvenuto e il conto da pagare per quello che c’era stato tra voi due. E mi fa piacere che abbia anche superato l’odio che ha nutrito per Vigio dopo che gli ha imposto di abbandonare per sempre Sunnydale !”

Colpo di scena ! Questo Angel non glielo aveva detto e d’improvviso Buffy si sentì come venire meno l’aria. Ecco chi c’era dietro quell’addio che le aveva spezzato il cuore e l’anima in un giorno di tanti anni fa, che le aveva fatto poi cercare consolazione in uomini sbagliati che … che fosse dannato quello schifoso ! Sì, le ingerenze nella sua vita privata erano state molto più grandi di quanto si fosse immaginata. Sentendo silenzio dall’altra parte della cornetta Giles capì che doveva battere il ferro finché era caldo: era una strategia rischiosa, certo, diffamare quel mostro agli occhi della sua protetta, ma fino a quando le fosse rimasto vicino, fino a quando Buffy gli avesse voluto bene e lo avesse avuto caro Vigio non sarebbe stato eccessivamente letale.

“Io invece non ho dimenticato quello che ho subito per mano sua mentre tu eri scappata di casa. Già, perché prima non si fida di me come Osservatore e mi mette affianco un vampiro maledetto, bello e dannato, poi succede quello che succede tra voi e la colpa é mia che non l’ho impedito. E poi pago anche perché sei scappata. Sai che se quell’estate non mi ha ammazzato era solo perché fossi di sostegno a tua madre? Poi, benché volesse, non mi ha mai ucciso perché diceva che per te rappresentavo una figura paterna: ma quello che mi ha fatto quando ha saputo che non ti ero stato vicino e quindi tu avevi avuto una relazione con Spike … meglio tu non lo sappia mai. Ah, oltre questo, oltre a torturare Angel ha cercato di uccidere anche Willow dopo la storia di Warren, e non c’è riuscito per miracolo !”

Buffy ebbe un leggero giramento di testa, non riusciva a conciliare l’uomo innamorato di una Cacciatrice vampira con questo sanguinario e mostruoso essere: altro che vampiro ! Angel aveva molto edulcorato gli avvenimenti. “Mi … mi spiace. Non pensavo di averle causato tutto questo. Io … io non volevo.” Si sentiva mortalmente in colpa, sapeva che le sue azioni avevano fatto soffrire tante persone, Giles in primis, ma credeva solo moralmente, non che per ogni suo sbaglio un folle la facesse pagare a qualcun altro: era crudele e stupido ed era una vera fortuna, a ben pensarci, di non averlo avuto vicino in quegli anni. Se lei aveva fatto tante cose stupide pur con intorno delle persone brave ed equilibrate che l’amavano, nonostante spesso fosse stata fredda e cattiva con loro, cosa sarebbe mai diventata frequentando quel mostro? Le parve di essere più leggera, ora che sapeva di aver schivato un così grande pericolo, e d’improvviso capì anche di essere stata stupida ad attaccare in quel modo Giles. “Cioè, mi ha detto … io credevo che badasse solo ad aiutarmi da lontano nella mia missione, non che facesse queste cose … mi spiace … non volevo...”

Giles si odiò per un attimo quando comprese che stava ragionando proprio come l’uomo che disprezzava di più al mondo: pensò che era venuto il momento di parlare bene di quel tizio, che l’opinione di Buffy verso di lui non dovesse scendere troppo, anche se forse era troppo tardi. “Non è colpa tua, e comunque è vero, lui per te ha fatto quanto nessuno. Dopo la storia di Dawn ha iniziato a girare il mondo per avere informazioni su Glory e sulla vera natura, e tutto ciò ne che concerneva, di tua sorella. Per la tua morte ha sofferto moltissimo ma quando ha saputo che eri resuscitata, oltre a voler uccidere Willow, ha subito ripreso le ricerche. E contro il First ha personalmente salvato ed addestrato molte prescelte, per vendicarti se fossi caduta nella lotta. Poi so che ti ha fatto avere dei soldi per via traverse quando ne avevi bisogno e non mi ricordo neppure quante volte mi ha suggerito qualcosa che non sapevo sui demoni e sui nemici che ti attaccavano. Benché lo disprezzi come nessuno mai devo riconoscere che è stato verso te e tua sorella gentile e premuroso come pochi altri.”

Lasciò passare qualche secondo prima di aggiungere una cosa, in modo che Buffy recepisse per bene questa parte tesa a far scemare di poco l’odio che evidentemente nutriva già per lui, e come dargli torto ! “Ricordatene, quando verrai qua a trovarlo: credo tenga molto anche alla-” “Come?” gli urlò Buffy e per il tono Giles automaticamente scostò l’orecchio dalla cornetta, il timpano ferito dalla voce della Cacciatrice. “È lì a Sunnydale?!” No ! Non era possibile ! Quello stupido irlandese vampiro le aveva parlato di Vigio senza dirle che era in America !? E allora perché mai farlo? Perché complicarle tanto la vita? A cosa giovava? Giles ebbe l’improvvisa, profonda e feroce voglia di mettere le mani addosso ad Angel e portarlo a bere un whisky in un bar a mezzogiorno.

 

ATTO I

Era passata una settimana dalla visita e dalla telefonata, e lei non sapeva ancora cosa fare, per cui si abbandonò al fatalismo e lasciò che fosse il destino (che nel suo caso, pensò, spesso si era chiamato Vigio) a decidere per lei: qualcosa sarebbe successo, magari qualcun altro sarebbe venuto a bussare alla sua porta con ulteriori e sconvolgenti novità. Nel frattempo aveva tracciato una linea di condotta solo circa Dawn: tacerle tutto. Non aveva nessuna voglia di sentire la sorella subissarla per giorni e giorni di domande e di richieste di andare a Sunnydale a conoscere questo tizio, e non voleva semplicemente perché non aveva esattamente chiaro osa pensava di lui: lo odiava? Certamente, era ovvio dopo tutto il male che aveva fatto a Giles ed Angel e che aveva avuto intenzione di fare a Willow. Lo disprezzava? Sicuro, strappava i denti ai vampiri per rivenderli, e chissà come aveva fatto Angel a vivere con lui.

Eppure quel mostro era lo stesso che aveva girato mezza Europa per ridare l’anima alla sua amata, che aveva impedito ad Angel di impazzire macerandosi nei rimorsi per il sangue versato, che senza motivo apparente aveva deciso di aiutarla per quanto più poteva. Perché per tutti gli uomini che entravano nella sua vita avevano due facce? Certo, solitamente prima l’amavano e poi la tradivano (perdendo l’anima, andando in bordelli, violentandola o quasi), mentre questo contemporaneamente l’amava e cercava di ucciderle chi le stava vicino: com’era dura la vita relazionale di una Cacciatrice ! Aveva fin troppi dubbi e domande in mente per permettersi il lusso di una sorella minore molesta: anche fosse restata all’oscuro di tutto per qualche tempo non sarebbe certo venuto giù il mondo.

Quella sera, dopo una cena frugale per motivi di forza maggiore (Buffy si era ancora una volta scordata della spesa da fare, e Dawn non aveva avuto tempo, presa com’era a rispondere al telefono a tre Cacciatrici avvicinate da presunti Osservatori), in un raro momento di vicinanza le due ragazze si misero a giocare a Scarabeo in salotto. Buffy non vi era particolarmente portata, Dawn cercava di far passare per vere parole non esistenti: era molto interessante vederle cimentarsi in questo gioco. Nel bel mezzo della partita, bloccata sulla presunta esistenza della parola “manometro”, a cui Buffy, sospettosa della sorella, non credeva (“Cos’è, lo strumento per misurare la grandezza delle mani?”), si scatenò l’inferno. Una locuzione simile, parlando delle Summers, fa pensare a demoni, vampiri e repertorio da film del terrore, mentre invece fu un’azione più da “Quella sporca dozzina” oppure degna di qualche film con John Wayne in Vietnam.

All’improvviso, fulminei come i berretti verdi, sincronizzati come i corpi speciali, in tunica, cappuccio, corto ed affilato pugnale, dei bassi esserini piombarono in casa Summers: dalla porta, sfondata senza problemi, ne entrarono almeno cinque e tre vampiri, terribile la loro espressione sul volto della caccia; dalla porta che dal salotto portava al balcone, tra vetri infranti, ne irruppe uno contorniato da altri tre piccoli mostri; rumori di distruzione facevano pensare che dal balcone ne fossero entrati anche in cucina. Le tuniche che indossavano erano viola funereo, con una sottile riga dorata sull’orlo delle maniche e alcune rosse sul fodero del pugnale, legato dove il cordone nero che cingeva loro in vita; i volti disgustosi potevano assomigliare a quelli dei servitori di Glory, ma erano molto meno bitorzoluti e più agili: homuncoli quindi, per usare il corretto termine della demonologia. I vampiri erano vestiti casual, in jeans e maglietta, tranne uno con un’orribile giacca a quadri, sopravvissuta agli sfavillanti anni di Reagan e della Tatcher: erano disarmati, tranne che per delle affilatissime scimitarre che brandivano minacciosi. Buffy, in un solo secondo, era già in posizione di difesa, pronta a ripararsi dall’attacco che sarebbe provenuto da qualsiasi punto intorno a lei; Dawn, inginocchiata come era durante la partita, urlava. Un vampiro puntò il dito verso la più giovane delle ragazze e disse solo “Lei. Viva e tutta intera.”

Il momento di stasi nella stanza durò un attimo: prima ancora che gli invasori si slanciassero contro la preda, o che la Cacciatrice tentasse un attacco, il tavolinetto da the del salotto, su cui era posato lo Scarabeo, come di vita propria si scagliò a tutta velocità verso la porta d’ingresso, sbattendo con grande forza contro le ginocchia del vampiro in giacca, che ci crollò sopra distruggendolo. Subito dal muro si staccò un quadro, una vecchia stampa che piaceva tanto a Joyce, che veloce e sicuro, planando come un frisbee, andò a decapitare il vampiro che aveva dato l’ordine d’attacco, e di lui rimase solo la polvere. La confusione regnava sovrana adesso in tutti coloro che erano nell’appartamento: una parte di loro cascò rovinosamente a terra quando di scatto il tappeto si tolse da sotto i loro piedi. Buffy brandì la prima cosa che trovò sotto mano, una lampada da tavolo in ferro che corse sul pianale del mobile per essere impugnata da lei, e con quella menò un secco fendente sul cranio di un homunculus; Dawn fece lo stesso ed iniziò a tirare cucinate a destra e a manca.

La cassettiera espulse con forza tutti i suoi cassetti che implacabili colpirono colli, tempie ed occhi degli homuncoli, mentre un ombrello infilzava un vampiro. Dalla cucina provenivano urla disumane: una bistecchiera martellava ripetutamente un homunculus, il coltello del pane infieriva su un altro e lo sportello del frigo, aprendosi e chiudendosi, percuoteva ripetutamente un terzo; il vampiro già da tempo era stato ucciso da una grosso cucchiaio di legno che si credeva un pericoloso paletto. Nel salotto, bianco di piume svolazzanti (cosa succede se si combatte con un cuscino contro una lama affilata?), le poltrone decisero di andare alla riscossa: si affiancarono e di gran carriera si lanciarono verso il balcone, ottenendo un effetto spazzaneve che raccolse ed espulse vivi, morti e feriti oltre la balaustra. Il vampiro in giacca, tossendo e sputando piume, già calpestato dalle sue truppe, cercò di rialzarsi per aprire la porta di casa, che si era chiusa autonomamente, e guadagnare una via di fuga: come nelle migliori comiche lei si aprì giusto in tempo per sbattergli contro e ristenderlo per terra.

Inteso quello come segnale di ritirata, la cucina fu clemente e lasciò che i tre poveretti che teneva in ostaggio potessero scappare, passando sopra il vampiro: vista la mala parata anche i pochi homuncoli che erano riusciti a schivare le poltrone e il turbinio di posate, fuggite dai cassetti, che sembravano uno sciame d’api assassine, si slanciarono verso l’unica via di fuga. Un paio afferrarono per le caviglie il vampiro e lo trascinarono via con loro. La porta si richiuse. Le due sorelle adesso erano in mezzo alla confusione e al disastro più terribile mentre, leggere come fiocchi di neve, le ultime piume si posavano sul campo di battaglia. Si guardarono l’una con l’altra, ammutolite, senza sapere cosa dire o cosa pensare. Andò via la luce e nel buio, proprio davanti la porta di casa, chiara e luminosa videro una trasparente figura di ragazza dai capelli neri lunghi, una lunga camicia da notte indosso: sorrideva e agitando la mano destra le salutava.

 

*******

 

Fu all’inizio della lezione di Storia, appena dopo la pausa pranzo, che un’inserviente venne a comunicare a Kennedy che il preside Wood desiderava vederla subito nel suo ufficio. La richiesta era insolita, sia perché non aveva fatto nulla per essere redarguita sia perché, nel remoto caso volesse parlare alla Cacciatrice e non all’alunna, poteva benissimo farglielo sapere più discretamente tramite Giles, di nuovo bibliotecario del Liceo. E proprio quest’ultimo la stava aspettando davanti all’ufficio del preside, seduto vicino alla porta ed intento a leggere uno spesso libro che lei riconobbe subito: la “Cronaca” dell’Eccelso Adimario da Konisberg, che avrebbe dovuto prendere il giorno prima ed iniziare a studiare. Da quando era tornato Giles aveva iniziato a farle da Osservatore (di propria iniziativa), dandole noiosi testi da conoscere e facendola allenare dopo le lezioni in biblioteca: il primo giorno, mentre si esercitava con la spada, Xander aveva solo commentato che “Una biblioteca, un bibliotecario sudato che schiva fendenti, una ragazza armata … tutto questo sa di già visto.” “Ciao Kennedy, credo ieri ti sia scordata qualcosa.” e le porse il pesante (in tutti i sensi, probabilmente) tomo, facendole pensare che un Osservatore personale non è sempre un vantaggio. “Grazie mille. Come mai anche lei qui? Cosa vuole il Preside?” domanda alla quale Giles fece spallucce, mostrando di saperne poco quanto lei sulla misteriosa convocazione.

Wood aprì la porta dopo non molto e sorridendo li fece accomodare e domandò loro se volevano del caffè: a Kennedy fece piacere tutta questa gentilezza, anche se le sembrava un po’ strana e soprattutto propedeutica all’esposizione di fatti poco piacevoli. Quello era il secondo anno in cui frequentava la scuola a Sunnydale e in quel lasso di tempo i rapporti con Wood si erano limitati a regolari domande sull’attività demoniaca e soprannaturale e alla costante offerta d’aiuto se ne avessero avuto bisogno: avevano parlato solo una volta degli avvenimenti passati, ma in maniera abbastanza vaga.

Fu Giles ad arrivare subito al dunque: “Con poco zucchero il caffè, per piacere. Ma ci dica, ha convocato un suo collaboratore ed un’alunna o la Cacciatrice e il suo Osservatore?” “Spero non sia troppo dolce. Il caffè, intendo. Volendo potrei dirle che mi pare stia facendo un ottimo lavoro in biblioteca e che Kennedy dovrebbe dedicarsi maggiormente alla geografia, ma questo, benché vero, non riguarda il motivo per cui ho chiesto di vedervi.” “La geografia è terribile e la signora Hughes è … peggio.” I due uomini sorrisero e, in cuor loro, diedero totalmente ragione alla ragazza, almeno per quanto riguardava quella donna molle e ripetitiva.

“Vicino casa mia la notte vedo muoversi uomini e strani esseri alti poco oltre un metro vestiti con qualcosa che sembrano tuniche viola e nere. E non uso LSD o droghe chimiche.” Giles sfoderò la tipica espressione accigliata e preoccupata che aveva in occasioni simili, Kennedy domandò al preside se per caso non usasse droghe naturali; solo perché era lì come Cacciatrice Wood disse che non l’avrebbe sospesa per questo sfoggio di umorismo. La questione era questa: da qualche tempo nel cuore della notte vedeva arrivare uno o due camion davanti a una villetta non molto distante la sua e scenderne quei figuri sospetti che trasportavano casse di ogni grandezza, una notte anche un letto, e che avevano costruito, in un campo adiacente la casa, un grosso cono di legno.

“Un che?” domandò Kennedy, impegnata ad immaginarsi dei nani vestiti come antichi romani impegnati in un trasloco. “Pensa ad un cilindro alto un metro e con un diametro di quattro e sopra un cono alto tre ma dalla base più larga; tutto in legno. Nella corona circolare che sporge ci sono come delle grate per l’aria.” “Tralasciando per ora l’impiego di demoni tascabili, boscimani, pigmei o uomini dalla bassa statura, ha pensato che potrebbe esser qualche opera d’arte concettuale?” A questa affermazione due paia d’occhi fissarono Giles in modo molto interrogativo. “Beh, se un artista ha impacchettato il Parlamento a Berlino perché un’altro non può costruire solidi geometrici puri in grande scala?” Il silenzio che seguì questa ipotesi fu molto eloquente. “Diciamo che la prima notte in cui li avvista ci telefona e tutti assieme appuriamo l’identità dei suoi vicini di casa.” concluse, seppellendo definitivamente le proprie teorie sull’arte contemporanea e tenendo per sé che certe cose (cilindri e coni !) in Inghilterra non accadono.

Tornata a casa aspettò fossero tutti e quattro assieme, a cena, per esporre le novità. “Oggi mi ha chiamato Wood. Vorrebbe dessimo un’occhiata a delle cose che accadono vicino a casa sua.” La frase, piazzata lì in un momento di silenzio, congelò gli altri convitati, non abituati a questo tipo di richiesta d’aiuto: Amy rimase a fissare la ragazza tenendo in mano la senape, Willow si oscurò in volto e solo Xander si mostrò più curioso che preoccupato.

“Se si aggirano Golem o lievitano in aria delle streghe sappiamo chi chiamare: gli hai chiesto se questa faccenda lo riguarda?” Kennedy non apprezzò quella battuta, come più in generale non amava si motteggiasse sulla sua confidenza con Vigio: lui si interessava a lei in modo quasi paterno, ma null’altro, non erano certo amici. Anzi, le aveva detto che non appena avrebbe conosciuto personalmente le persone con cui abitava sarebbero iniziate le lezioni di varie discipline per completare ed arricchire la sua carente preparazione di Cacciatrice: rimaneva ignoto quando si sarebbe deciso a farsi vivo con gli altri, così lei avrebbe potuto fare conversazione in italiano ed imparare le antiche arti del combattimento; e calmare Willow, molto suscettibile sul tasto delle sue frequentazioni con Vigio.

“E come faccio, non ho il numero di telefono, ci penserà Giles. E inoltre, a detta di Wood, questi avvenimenti vicino a casa sua sono molto discreti e sottotono, non mi sembra certo il suo stile.” “Hai ragione: niente elefanti volanti, fuochi d’artificio, aquile a due teste e pacchi dono. Direi che lo possiamo escludere.” “Appena voi due avete finito di perdervi in chiacchiere io vorrei sapere cosa preoccupa Wood.” La voce e il tono di Willow erano taglienti come una lama e fecero rimanere male Xander, che non aveva intenzione di dispiacerle anzi, sperava che due battute su quello là l’avrebbero magari fatta sorridere.

Kennedy, a cui questi modi davano fastidio, spiegò loro che degli uomini in tunica e dei nanetti, forse non umani, erano intenti in un trasloco vicino a casa del preside e che avevano costruito uno strano tempio in legno nel campo vicino. Sei paia d’occhi la guardarono intensamente e i loro tre proprietari si mostravano chiaramente molto perplessi. “Secondo me la sera mangia male e poi ha gli incubi.” sintetizzò Amy.

Tre notti dopo, poco prima di mezzanotte, squillò il telefono e siccome metà degli abitanti di quella casa era abituata da anni a ricevere chiamate nelle ore più strane, all’unisono Xander e Willow alzarono la cornetta e sentirono la voce di Wood: quella gente era arrivata e stava spostando casse come sempre, c’era solo da telefonare a Giles mentre lui preparava l’attrezzatura. Un uomo e tre donne impiegherebbero del tempo notevole a prepararsi per uscire, soprattutto se chiamati nel cuore nella notte senza alcun preavviso, ma tre di loro erano abituati a simili situazioni e si ritrovarono pronti, vestiti ed armati, in cucina ad attendere che Amy finisse di sistemarsi i capelli.

Quando arrivarono alla palazzina dove abitava Wood dall’alto di un bow-window al terzo piano sentirono una voce chiamarli: alzarono al cielo gli occhi e videro Giles che si sbracciava oltre il davanzale “Siamo quassù. Muovetevi. Vi ho aperto il portone, fate in fretta, non abbiamo tutta la notte.” Kennedy rimase per qualche tempo col naso all’insù, anche dopo che l’Osservatore era scomparso dalla vista e quando riabbassò lo sguardo vide le due streghe e Xander che la fissavano curiosi davanti all’ingresso dell’edificio: diede loro la spiegazione che attendevano. “Capisco che abbiamo da fare, ma al meno un saluto sarebbe stato gradito.” Xander sorrise sornione e paternamente le disse solo che aveva ancora molto da imparare nella sua carriera di Cacciatrice, soprattutto circa i modi di Rupert Giles in piena attività. Arrivarono al pianerottolo giusto e li accolse Wood, pienamente soddisfatto di sé. “Avevo ragione, sono dei demoni. Su, datemi le armi che le poso in casa e poi saliamo.” Il piano non era quello che si erano immaginati: i due uomini avevano deciso di studiare con calma i demoni e i loro movimenti, scoprire qualcosa sulla loro natura e l’indomani, con calma, fare un sopralluogo nella casa.

In cima al palazzo, una spianata con lieve inclinazione e pavimentato a catrame, videro Giles, accucciato dietro il parapetto, guardingo come un ufficiale britannico durante la guerra in Birmania, intento a scrutare con un binocolo l’obbiettivo. Quando li sentì arrivare non si girò neppure ma fece solo un brusco cenno con la mano destra, perché anche loro si chinassero e in tal modo, camminando sulle ginocchia e col capo chino, gli si posero affianco, tutti contro il parapetto in cemento, da cui spuntava solo la parte superiore della testa, fino agli occhi.

“Affascinante.” disse in un sospiro Giles, che parlava piano anche se la casa da osservare era a cento metri di distanza e passò il binocolo a Kennedy, che era alla sua destra “Veramente affascinante, meglio di un romantico tramonto nel Gran Canyon.” Xander, alla destra della Cacciatrice, prese il binocolo dalle mani di lei e lo tirò a sé: purtroppo tutti i binocoli hanno una fascia, solitamente in cuoio, fissata a due sue estremità e che cinge la base del collo della persona che lo utilizza, in modo che, quando non viene usato, possa penzolare comodamente sul petto. La cinghia era intorno al collo di Giles, accucciato e impreparato allo scossone che ricevette: preso alla sprovvista perse l’equilibrio, rovesciandosi su Kennedy, che cadde su Xander che non si trattenne dal rovinare addosso a Willow. In sottofondo, mentre si rialzavano, il risolino di Amy e la voce divertita di Wood. “Solitamente sono più atletici.”

Giles ebbe la tentazione di mangiare vivo Xander ma soprassedette e si limitò a guardarlo di traverso, spolverandosi la giacca per darsi un tono. Willow, che per la vergogna sarebbe sprofondata, cercò di orientare il discorso verso tematiche più serie domandando cosa fosse tanto affascinante. “Ci sono tre uomini che stanno dirigendo operazioni di scarico, eseguiti da homunculi, probabilmente.” “Homuncoli?” chiese Xander, a cui sfuggiva l’esistenza di qualcosa con questo nome. “Pensa a quegli esserini bassi in tunica che servivano Glory. Poi ci sono un paio di essere umani, ma a me sembrano vampiri e sono disposti agli angoli della casa, probabilmente con funzioni di controllo.” Willow, stando attenta a non causare altri intermezzi comici, prese il binocolo, imitata da Amy, a cui lo diede Wood.

“Da cosa si capisce che sono vampiri?” chiese la ragazza, eccitata per questa sua prima spedizione. “Dal diaframma, dal collo, dalla bocca: se guardi attentamente vedrai che non respirano. E poi sono molto pallidi.” “E vestono terribilmente fuori moda.” Giles, Wood ed Amy si voltarono verso Kennedy che si giustificò dicendo che glielo aveva insegnato Buffy. C’era da appurare solo cosa stessero preparando ma per quello, aveva deciso l’Osservatore, c’era tempo il giorno dopo, col sole senza intoppi in vista: nel frattempo si sarebbero preparati studiando comodamente il territorio, la strategia da adottare e cose simili.

“E chi dice che nel frattempo quelli non facciano un’apocalisse mentre noi ce la prendiamo calma?” Kennedy non si spiegava tutta questa flemma da adottare nei confronti di quei demoni e uomini in tunica viola e nera: voleva andare subito all’attacco, prenderli alla sprovvista e con un po’ di fortuna li avrebbero tutti uccisi nel giardino, senza dar loro tempo di reagire. “Guarda che queste sono cose che non si organizzano in quattro e quattr’otto, e inoltre ce ne saremmo accorti, avremmo percepito vibrazioni maligne o cose simili. E poi, Kennedy, non credo che abbiano priorità di questo tipo, visto che adesso stanno trasportando un divano: è più probabile ne facciano un night-club per demoni.” Tutti guardarono, anche chi senza binocolo poteva vedere ben poco: l’obiezione sembrava sensata, per cui rimandarono l’incursione al giorno successivo. Giles con saggezza evitò di dire loro che non era ancora riuscito a parlare con Vigio e che quindi, prima di prendere iniziative, era meglio andarci coi piedi di piombo: magari li aveva assoldati lui per arredare una seconda casa in città.

 

ATTO II

Il giorno successivo, mentre un vento terribile soffiava, creando mulinelli di polvere nei mille cantieri di Sunnydale e facendo ondeggiare gli alberi più giovani ed esili piantati, schierati come un esercito la Cacciatrice ed i suoi validi aiuti si apprestarono ad andare ad ispezionare quel luogo sinistro e sospetto intorno al quale demoni ed esseri non ben definibili da giorni giravano e lavoravano. L’unica certezza l’aveva Giles, ma preferì tenerla per sé: quella non era la seconda casa di Vigio, che si era mostrato moderatamente interessato all’argomento.

Nella seconda metà del pomeriggio a Sunnydale, benché quello fosse un ottobre particolarmente caldo e il tepore dell’aria rendesse piacevole ancora uscire per fare due passi, quasi nessuno girava per strada, forse per non guardare lo spettacolo grottesco di case in legno sinistrate e lucenti palazzi in vetro ed acciaio nascere, forse perché gli abitanti sentivano avvicinarsi la notte e tutti, inconsciamente o meno, sapevano che in quelle ore in casa, dietro una porta ben sbarrata, si sta più sicuri. Nessuno li avrebbe disturbati o gli avrebbe chiesto perché, armati con picconi, spade e piedi di porco si apprestavano a violare una proprietà privata.

Apriva lo schieramento Kennedy, a mani nude, intenta in una fitta discussione con Amy, che brandiva una pala, sugli sciroppi e le frittelle; dietro loro due, a pochi passi, Xander e Willow, ciascuno con un piccone, cercavano una soluzione per i problemi idraulici dell’appartamento; chiudevano la fila Wood e Giles, quest’ultimo impegnato disperatamente ad ottenere maggiori fondi per la biblioteca.

La proprietà era circondata da un muro di mattoni, in più parti rovinato, alto un metro; le siepi erano morte, c’erano solo arbusti secchi, e del cancello in ferro neppure il ricordo perdurava. Entrarono, superarono pochi metri che in teoria dovevano essere a giardino e arrivarono davanti alla casa: tipico edificio neo-vittoriano in legno, veranda sull’ingresso, bow-windows, un tetto molto spiovente sotto cui era stata ricavata una soffitta, tegola danneggiate, una torretta ad un angolo: il tutto vagamente sinistro, a Giles ricordò il motel di “Psyco”, ma molto più scadente.

“È molto strano.” disse Xander, che aveva già rilevato, col suo occhio esperto, un notevole controsenso. “Qualcuno sta lasciando andare in malora la casa, apparentemente, eppure si è dato pena di rifare tutti gli infissi e mettere i vetri.” Si avvicinò a una finestra sotto la veranda, diede un paio di colpi con le nocche e aggiunse “Vetri antiproiettili, ad occhio e croce. Ma il legno di questo edificio non vede vernice e prodotti appositi da chissà quanti anni. Qualcuno non vuole dare nell’occhio.” L’idea di penetrare dal retro nella casa fu scartata dall’obbiezione di Wood, che riteneva prima si dovesse guardare anche “il matitone”: questo nome l’aveva dato Kennedy a quell’unione bizzarra di cono e cilindro. Incredibilmente, ma neppure poi tanto, c’era una breccia nel muro di cinta proprio in linea retta con quella costruzione: passarono da lì, lungo quello che pareva un sentiero ben definito nella terra battuta del giardino e dell’incolto campo che confinava con la proprietà.

Le misure date da Wood erano abbastanza giuste e tutti guardavano quella cosa cercando di trovarci una funzione pratica o anche un varco: solo Xander lo accarezzava soddisfatto. “È un buon lavoro questo: il legno è stato trattato con tutte le cure, vernici speciali sopra una bella mano di pece, adesso né l’acqua piovana né il fuoco o le termiti gli fanno paura. In cima a chiudere sembra ci sia un punta in rame, hanno fatto bene. Ed è stato trattato in tempi recenti, annusate.” Era vero, accostando il naso si poteva ancora sentire uno sgradevole, seppur fievole, pungente odore.

Era sicuramente più facile entrare dalla casa e vi tornarono, vi girarono attorno per un paio di volte cercando aperture non recentemente messe in sicurezza e alla fine, delusi nelle loro aspettative, si fermarono tutti davanti ad una porta sul retro, pronti a forzarla. Wood stava già per farsi avanti quando Amy, si mosse, gli tagliò la strada, si inginocchio davanti alla serratura e, biascicando, mosse un po’ le mani: da dietro non capivano cosa stesse facendo. Si rialzò poco dopo, accostò la mano alla maniglia e l’aprì, semplicemente; sorridendo di finta modestia disse qualcosa circa i poteri delle streghe e il buonsenso nell’usarli, giusto per tirare un’altra frecciata a Willow.

Prima che le due iniziassero l’abituale discussione condita di strilli, male parole e insulti, Giles di buon passo entrò nell’edificio, seguito da Kennedy, che non aveva affatto voglia di sentire altre liti; gli altri quattro li seguirono. Impiegarono, pur con tutte le cautele, poco tempo per esplorare i due piani e la soffitta: in tutte le stanze era stata messa la carta da parati, i bagni erano pronti e finiti e due stanze da letto già arredate, con tanto di comodini ed armadi; Xander osservò che non c’era neppure una sedia, Giles che le camere sistemate si trovavano sul retro, Kennedy che qualcuno aveva lasciato una birra, Wood fece l’unica scoperta degna di nota. C’era inciso uno strano simbolo sull’architrave interno della porta delle scale, in pietra invece che in legno, che portavano in cantina: un semicerchio (o una U ribaltata) troncata nel mezzo da una linea verticale con tangente sopra una V. Giles la guardò, la studiò, si tolse gli occhiali e mentre meditabondo li puliva giunse alla conclusione che non aveva la più pallida idea di cosa fosse.

La Cacciatrice si era già spazientita da molto e voleva scendere a vedere il piano di sotto, sperando di trovare almeno un demone, piccolo piccolo, ma comunque qualcosa di interessante per cui scostò con il braccio Giles e iniziò a scendere la scala di gran carriera. “Kenny, piccola, aspettaci.” “Abbassa la voce, Willow. E tu scendi più piano, maggior circospezione.” Che bello, andare a caccia con mammina e paparino, pensò Kennedy stufa di quei due che la trattavano come una bambina, come fosse ancora una potenziale, e si domandò come Buffy potesse sopportarli.

In fondo alle scale, nella cantina, si era creato una sorta di corridoio: ai lati pacchi, scatoloni, una armadio e una vetrina assai brutta, al centro un tappeto a motivi geometrici rossi, viola, neri e oro, che conduceva ad una porta in legno scuro incorniciata da due grossi candelabri neri, alti oltre un metro: finalmente qualcosa di interessante ! Mentre gli altri scendevano lei era già con l’orecchio incollato alla porta, origliando per sentire se dall’altra parte c’era qualcuno e prima che Giles le dicesse qualcosa spinse ed aprì: la penombra della cantina illuminò debolmente un’altra scala. La frenesia la possedeva, voleva andare in fondo e non vedeva l’ora e gli inviti alla cautela di Willow non facevano che aumentare questa sensazione: Xander trovò ammucchiate alcune grosse e alte candele e due torce e con quelle illuminarono il cammino nelle buie e ripide scale.

Scesero, scesero, scesero finché non giunsero ad un corridoio con in fondo una porta, e davanti ad essa stettero immobili, quasi ipnotizzati dai segni e simboli che vi erano incisi: Giles, taccuino alla mano, iniziò a ricopiarli mentre Xander comunicava che dovevano essere circa quindi metri sotto terra, se tutti i gradini, che aveva contato, erano alti trenta centimetri. “Secondo me finiamo nella cantina di Vigio adesso.” motteggiò Amy, facendo sorridere qualcuno: Giles no, perché  sapeva cosa quello là teneva nei locali sotterranei della sua casa.

Entrarono e, alla fioca luce delle candele, che non arrivava ad illuminare il soffitto, fecero pochi passi e poi rimasero sbalorditi, con la bocca e aperta e la testa all’insù, cercando di rendersi conto di dove si trovavano: Giles razionalizzò e pensò alla rotonda Cappella Palatina di Aquisgrana. Fortunatamente c’erano doppieri e candelabri, alcuni grandi appoggiati a terra, altri infissi nei muri e piano piano, mentre Amy e Wood facevano il giro degli ambienti, l’oscurità veniva meno mostrando ai loro stupefatti occhi l’assoluta grandezza ed eccezionalità di quel misterioso luogo.

Era un grande ambiente circolare dal diametro di sei o sette metri, altissimo e delimitato da una serie di colonne in mattoni non ancora rivestiti, oltre le quali si svolgeva un largo corridoio, ovviamente circolare, col soffitto piatto, su cui immetteva la porta da cui erano entrati. Accese tutte le luci possibili si accorsero che sopra quel corridoio ne giravano sicuramente altri, dal momento che vedevano le balaustre, intervallate dalle colonne, dei piani superiori e poco dopo Wood trovò una porta che immetteva a scale che salivano. All’altezza del pavimento del terzo piano delle catene erano state tirate da un punto all’altro dello spazio vuoto circolare, proprio sopra le loro teste, e da quelle, incrociate a formare una stella a cinque punte, pendevano dei lampadari. Il pavimento era in cemento. Esattamente di fronte all’ingresso da cui erano entrati, inquadrato tra due colonne, c’era un basamento a cinque scalini, di forma quadrata e di un metro di lato.

“Mi vedete?” sentirono rimbombare dall’alto una voce, quella del preside: puntarono le torce e lo intravidero molto in alto, in cima all’ultimo cerchio, oltre dieci metri sopra di loro. “Proviene della luce qua sopra, e sento dell’aria fresca: credo sopra ci sia il “matitone”.” Iniziarono ad esplorare quel posto e in breve scoprirono che il corridoio circolare aveva molte porte: due conducevano alle scale per salire agli altri piani, una portava alla casa, tre davano su delle stanze di forma più o meno circolare e vuote, una immetteva in una sequenza di tre ambienti, intervallati da brevi e stretti corridoi.

Mancavano però pavimenti rifiniti, la vernice ai muri, ma c’erano i fili della corrente e gli interruttori: lampadine penzolanti da quei soffitti e illuminavano queste stanze vuote, non finite e sotterranee dando l’impressione di essere in carcere o in catacombe. Solo sugli stipiti erano incisi dei simboli, ma uguali ad altri già visti nelle altre porte. Un leggero senso di claustrofobia si stava impadronendo di loro, era già passato un po’ di tempo, almeno due ore, Giles osservò che era il momento di uscire e tutti ne furono più che soddisfatti: si sentivano terribilmente oppressi, come se un’aura maligna e mortifera levitasse leggera tra loro come nebbia.

 

*******

 

La luce mancò in casa Summers per brevi, lunghi, istanti. Quando tornò all’unisono le due ragazze urlarono con quanto fiato avevano nei polmoni: la luce venne di nuovo meno e la figura di prima fu di nuovo visibile, mentre agitava le mani e la testa freneticamente, come per dire “No, no, tranquille”.  L’oscurità cessò, le urla anche, e le due sorelle si guardarono fisse, spiazzate più che sconvolte: il silenzio fu interrotto da un colpo di tosse di Buffy, che sputò una piuma.

Dalla cucina, svolazzando a mezz’aria, arrivò la lavagnetta su cui scrivevano le liste della spesa (che si scordavano di fare) e altre cose da ricordare; dietro veniva, pencolando nell’aria, il suo pennarellino. Dal balcone rientrarono le due poltrone, che si avvicinarono tanto a Dawn e Buffy da far loro capire che vi si dovevano sedere. Sulla lavagnetta rettangolare comparve la scritta “Ciao. Sono Pilar”. Si guardarono perplesse le due ragazze e poi, educatamente, salutarono presentandosi e soprassedendo il senso di ridicolo che provavano. “So chi siete. Vivo con voi.” “Ci abitavi prima di noi?” chiese titubante Dawn, che credeva Pilar una defunta e precedente inquilina dello stabile. “No. Mi ha mandato Vigio l’Inclemente a proteggervi.”

Dawn era troppo impegnata in questa strana conversazione per far caso all’espressione apparsa sul volto della sorella, che non sapeva se essere più ammirata per le risorse di quell’essere oppure arrabbiata per come invadeva ancora la sua vita. A una tale risposta poteva seguire solo una domanda: chi è questo Vigio l’Inclemente, ma nulla fu scritto sulla lavagnetta per soddisfare la curiosità di Dawn. “Allora? Chi è?” Silenzio, poi andò via la luce e apparve Pilar, con le braccia incrociate e un’espressione (per quanto si poteva vedere in una figura trasparente o quasi) di vago imbarazzo rivolta decisamente verso una delle due sorelle. Dawn capì, e si girò verso Buffy, nel panico più totale perché non sapeva come uscire brillantemente dalla situazione: sudava freddo la Cacciatrice, immaginandosi cosa sarebbe successo tra poco.

Ma prima che fossero poste domande videro scritto “Angel è stato qui” e subito dopo “Lui e Buffy hanno solo parlato, dal momento che non è diventato un vampiro assassino.” Buffy, offesissima, saltò in piedi e urlò “Come ti permetti? Come lo sai? Chi te lo ha detto? È stato lui?” “Lo sanno tutti ! Anche le pietre. Anzi, anche i morti ! ah, ah, ah !” Dawn per un attimo dimenticò di essere già furiosa con la sorella e rise alla brutta battuta. “Siamo morti: ci annoiamo. Di qualcosa dovremo pur parlare.” Buffy non seppe, in tutta sincerità, cosa dire, cosa rispondere: non era mentalmente preparata a una conversazione simile in quel momento, e con un fantasma. “Eravamo così appassionati anche alla tua storia con Spike ! Tu sei stata cattiva, però.” Questo era francamente troppo: preferiva sentire sua sorella recriminare.

“Torniamo a Vigio che è meglio.” Dawn smise di ridere e la fulminò con lo sguardo: Buffy si sedette e iniziò a raccontare. “Questo Vigio è un francese-” ma il pennarello scrisse “Mezzo. Sua madre era fiorentina” : da questo punto in poi il discorso fu costellato dalle precisazioni e aggiunte di Pilar, che correggeva una data od un avvenimento raccontato. Mentre Buffy comunicava alla sorella che quello vendeva i denti di vampiro, ad esempio, ci fu la specificazione “Imbalsama demoni. Vende cuoio di vampiro. Fa fare gioielli con i denti o piccole ossa caratteristiche. Fa fare agende e borse in pelle. Prezzi alti ma onesti.”

Ogni tanto Dawn pensava la stessero prendendo in giro, per cui decise che quelle due lì potevano anche saltare queste strane storie ed arrivare al sodo. “Perché ti ha mandato a proteggerci?” “Siete in pericolo, dice.” “Che novità !” esclamò piena di sarcasmo Dawn. “Chi vi ha fatto incontrare Angel?” Buffy, sperando che quel fantasma chiacchierone non interrompesse più cercò di ripetere il più fedelmente il discorso che lui le aveva fatto, aggiungendo ciò che aveva saputo da Giles. Su quest’ultimo Pilar aveva una propria opinione “Il tuo Osservatore è senza cuore. Orfana, morta, risorta, sconvolta: lui ti pianta per tornare in Inghilterra.” “Lo ha fatto per farmi maturare-” “Idiota ! Da noi non si fa. Ma lui è del Nord.”

Scoprirono così che Pilar era stata una nobildonna spagnola morta nel 1805, che non indossava una sottoveste ma un vestito stile Impero, che aveva in antipatia Inglesi e Portoghesi: Vigio l’aveva “contattata” tramite Madame Margot. Questa notizia giungeva nuova anche a Buffy, che chiese informazioni al riguardo: seppero che era un “Fantasma. Vive con lui. Si dà troppe arie. Ma simpatica.”

Dawn mentalmente fece il punto della situazione: esiste un italo – francese che da metà del Cinquecento ammazza demoni e vampiri commercializzandone alcune parti, toglie le energie alle streghe e aiuta le Cacciatrici. Dopo una delusione d’amore ai primi del Novecento si ritira a vita privata facendo il mercenario, e poi ricompare per proteggere sua sorella (che strano, qualcuno che la vuole aiutare: non capita mai …) e le manda Angel, soldi e aiuti tramite Giles, ma senza mai incontrarla. “Perché ha tanto interesse per lei?” chiese, sperando di sapere qualcosa da quella simpatica ragazza morta con cui stava facendo conversazione.

“Mistero. Non lo sa nessuno. Mi ha chiesto un favore e lo faccio.” Buffy, con l’abituale buonsenso con cui regolava i rapporti con la sorella, pensò di cogliere l’occasione per intervenire e rappresentarsi sotto una luce migliore. “Ecco perché non ti ho detto niente. Volevo aspettare di sapere qualcosa di più, tipo il nome, chi è o perché è interessato a noi-” “Aspetta e spera.” scrisse Pilar, a cui la Cacciatrice non piaceva molto, sia per certi suoi modi troppo spicci sia perché aveva mollato un vampiro così ardente (almeno a sentire una fantasma amica che conosceva una vampira bionda che era stata con Spike). “Si è molto interessato di Dawn. Non è vero Buffy?” scrisse, con la speranza di divertirsi un po’ a guardare le abituali scenate di quelle due ragazze, di cui non aveva una grandissima stima.

 

ATTO III

Invadente Vigio, invadente il fantasma che aveva scelto: se Pilar avesse avuto un collo Buffy glielo avrebbe stretto tra le mani volentieri: ora doveva trovare qualcosa da dire a Dawn prima che quell’antipatico spirito aggiungesse altro. “Ha studiato molto il tuo caso. Ha picchiato molti preti rumeni per sapere.” “Non lo sapevo questo !” venne da dire alla Cacciatrice, mentre Dawn sbarrava gli occhi all’immagine di un bruto che percuote un debole e vecchio monaco. “Un pope però gli ha sparato. Ma non lo ha preso. Ha girato il mondo per conoscere la tua natura. E le tue potenzialità.” L’ultima osservazione colpì molto Dawn, che spesso aveva creduto di avere altri poteri oltre a quello di far collassare il mondo e che aveva sempre avuto il desiderio e la speranza di conoscerli. “Deve fare esperimenti con te.” Qui Buffy trovò un punto in cui intromettersi di nuovo nella conversazione tra la sorella e Pilar, dicendo che se uno imbalsama i demoni non si può sapere cosa intenda con “esperimenti”. La luce andò via e videro lo spettro che si scuoteva la mano davanti al viso, come per intendere che la Cacciatrice vaneggiava. “Non vi farebbe mai nulla di male!” Dawn però, pur essendo in linea di massima dello stesso parere, era ancora un po’ intimidita dalle descrizioni di massacri, operazioni di scuoiamento e risse con monaci armati: bastò un aggiunta di Pilar per farle cambiare idea. “Per voi ha anche preso casa a Sunnidale. E lui odia gli Stati Uniti.” Sorvolando sulla grafia scorretta della cittadina, la ragazza percepì chiaramente che l’unico uomo (forse) che poteva avere delle risposte a molte sue domande, che nello stesso tempo le aveva sempre aiutate (anche se di nascosto), che conosceva Giles (garanzia di affidabilità) stava a qualche ora di autobus da lì, e ad alcuni minuti da casa loro: tutto ciò Buffy lo sapeva e se lo era tenuto per sé.

Fu una esplosione di furia: vi mise l’annoso senso di inferiorità che Buffy le procurava perché aveva avuto il coraggio di sacrificarsi per lei, perché era la Cacciatrice e lei una evanescente Chiave buona solo a fare danni, tutta la gelosia che provava al pensiero che era stata di più con mamma e papà, che non era mai stata sorvegliata come lei, che aveva avuto uomini belli che per il suo cuore si erano dannati o avevano riottenuto l’anima. Era fuori dai gangheri come da molto non le capitava, forse perché si sentiva defraudata: per la prima volta quella natura non esattamente umana che le aveva causato tanti problemi e complessi poteva essere analizzata e sfruttata, compresa e utilizzata e Buffy glielo impediva non parlandole di questo Vigio. Sì, lo faceva perché era gelosa, perché non potendo più stare sul palcoscenico del mondo come unica Cacciatrice voleva almeno rimanere la prima in famiglia, l’unica speciale delle due; Buffy era gelosa perché se questo Inclemente le avesse insegnato come usare la propria natura allora sarebbero state sullo stesso piano, non avrebbe più potuto comandare in casa come se vivesse assieme ad una bambina.

La collera, profonda e radicata, legata non solo a quel momento ma ai tanti episodi del passato, il trasferimento non ultimo, la faceva sragionare e spesso perdere il senso della realtà, esattamente come faceva fare a Buffy, nella quale pure si agitavano molti vecchi irrazionali ed irragionevoli rancori. Ricordava come fosse successo ieri il giorno in cui tornò a casa dopo la sua fuga, e le parole che le disse Dawn: “Hai spezzato il cuore a mamma. Se non ci fossi stata neanche io, se fosse stata tutta sola, sarebbe morta di dolore.” Non le aveva mai perdonato questa frase perché ancora una volta la sorella minore si poneva davanti a lei come la brava ragazza, la bambina a cui tutti vogliono bene perché non sbaglia mai, e se sbaglia è colpa degli altri. Ma soprattutto –e ciò era veramente irrazionale- non riusciva a perdonarla perché Dawn, quando lei se ne era andata, non esisteva ancora, e in tal modo quelle parole che si ricordava, e non erano mai state dette, erano ancora di più un severo rimprovero: sua madre aveva sofferto moltissimo ed era stata sola nel suo dolore.

Pilar, a sentire quello che usciva dalle bocche delle due, si era sinceramente spaventata perché aveva sentito parlare degli attacchi d’ira di Buffy, ma non pensava arrivassero a tanto: dimenticando di essere trasparente si mise in un angolo della sala devastata e attese che si calmassero abbastanza per intervenire e riportarle a più miti consigli. Invece la litigata terminò con la minore delle due sorelle che, dopo l’ultimo insulto, infilava la porta della propria camera sbattendosela dietro in modo molto rumoroso: Buffy rimase piantata in mezzo alla sala distrutta, livida in volto e arrabbiata oltre ogni limite. Girò lo sguardo intorno a sé, come a cercare qualcosa e urlò ad un punto imprecisato dello spazio “E tu e Vigio andatevene all’Inferno !”

Dawn conosceva abbastanza bene gli orari dell’autobus per sapere che ce ne era uno per Sunnydale alle sei e trenta del mattino: lo avrebbe preso, lasciando alle spalle il sole che sorge e andando verso la sua vecchia casa, gli amici e forse la verità su sé stessa. Silenziosa e immersa nel buio preparò due valigie piene di indumenti, oggetti personali e una sacca con alcune paia di scarpe: non aveva la minima idea di quanto tempo sarebbe rimasta là a casa (perché quella, e quella sola, era la sua casa). Alle sei, guardinga, tirò fuori la testa dalla camera, si accertò la sorella non fosse sveglia e si avviò alla porta: lì davanti, vagamente luminescente, c’era Pilar sorridente, in piedi con le mani lungo i fianchi.

Sparì e dalla cucina volando arrivò la lavagnetta, su cui comparve la scritta “Buon viaggio. Telefona quando arrivi”. “Come fai a saperlo?” chiese sorpresa la ragazza, stando attenta a non alzare la voce e a non perdere l’autobus. “So tutto io. Anche cosa fai con Ted.” C’era troppo buio per poter vedere Dawn arrossire fino alla punta dei capelli. “Il termine corretto è petting?” Capì cosa aveva provato sua sorella quando Pilar aveva scritto di Angel e Spike. “Devo andare, sennò perdo la coincidenza. Puoi chiudere la porta senza far troppo rumore?” “Certo. Nessun problema. E aiuto io Buffy a pulire la sala.” Alla ragazza spiacque, quasi, di perdere, proprio adesso che l’aveva incontrata, una presenza petulante ed impicciona ma comunque così gentile e disponibile: aveva così voglia di rapporti umani che le sarebbe bastato anche avere un’amica fantasma che scrive per esprimersi. “Beh, allora ciao. Proteggi Buffy per piacere.” “Va bene. Fai la brava. A presto.” Dawn uscì e così non vide il sorriso compiaciuto ed enigmatico che si dipinse sul volto dello spettro.

 

*******

 

In un altro fuso orario, sulla costa occidentale degli Stati Uniti, al ritorno dalla spedizione la Gang passò la sera, una parte della notte e del giorno seguente a studiare  i segni trovati nella casa, mentre Kennedy si allenava. Le ricerche furono abbastanza infruttuose poiché conducevano a svariate piste: alcuni simboli si riferivano al culto egizio dei morti, altri erano similari ad alcuni ideogrammi cinesi, una parte sembrava rientrare nel satanismo classico di matrice occidentale e giudaico – cristiana, e inoltre era presente il simbolo del dio greco Ermes.

“Mancano i Maya e poi ci sono tutti.” sintetizzò Giles: la cosa che più lo turbava e lo infastidiva, intellettualmente parlando, era questa babele di tradizioni, questo ammasso, apparentemente senza senso, di simbologie contrastanti. Con tutti questi indizi che si contraddicevano pur suggerendo qualcosa in comune non sapeva come procedere, a quale gruppo prestare maggior attenzione e a ciò si aggiungeva la presenza, veramente enigmatica e ripetuta spesso, di quella V con sotto la U ribaltata e troncata nel mezzo: quel segno, insieme ad altri, non aveva antecedenti in nessuna tradizione. Fece delle ricerche precettando Amy e Willow, la prima ai libri e la seconda al computer ma fu tutto inutile: quando, dopo pranzo, in biblioteca arrivò Wood gli seppe solo dire che quella gente, chiunque fosse, “aveva degli ottimi muratori al loro servizio” citando Xander che aveva tanto apprezzato gli aspetti tecnici della costruzione.

Poiché c’era un solo bagno in casa di Xander per evitare le solite spiacevoli code e discussioni circa la precedenza per la doccia Amy e Kennedy rimasero ancora un po’ in biblioteca, mentre l’altro si dava una lavata dopo il lavoro e Willow preparava la cena, leggera ma nutriente giacché quella notte sarebbero andati a mettere fine a quello che quella gente stava facendo, benché non avessero le idee chiare su cosa fosse. Giles era dietro alcune scaffalature, Kennedy stava tirando di spada ed Amy fingeva di leggere un libro, pensando in realtà al proprio negozio, quando la porta a doppia anta della biblioteca venne cerimoniosamente aperta da un uomo di mezza età, ed entrò Vigio l’Inclemente, Conte di San Germano.

La strega tirò un urlo che fece sobbalzare tutti i presenti, tranne l’ultimo venuto che si limitò a un gesto secco della mano, come per intimarla di tacere: la sua paura era tanta che subito si zittì, in preda al più profondo panico. “Bonne soirée.” saluto garbatamente sfoderando il solito impeccabile sorriso: Kennedy, ripresasi dallo spavento e posata la spada gli si avvicinò e fremette di piacere nel ricevere un impeccabile e lusinghiero baciamano. Il Conte non si chinava per quest’atto, bensì portava la mano della ragazza verso le proprie labbra, piegandosi solo un po’, così da poter tenere sott’occhio lo stesso quello che succedeva intorno a lui: per questo, rivolto un breve e più caldo sorriso alla ragazza, poté apostrofare subito Giles, comparso da dietro uno scaffale “Buona sera anche al nostro alacre Osservatore. Sono venuto per ritirare quei fogli. E magari per fissare un appuntamento con questa giovane e sensibile streghetta.”

Per Giles il suo era un sorriso freddo e falso, per Amy il ghigno di un predatore quando trova una preda debole ed indifesa. “Oh, sei fortunata ! Fa dei bellissimi regali alle ragazze a cui estorce appuntamenti.” disse Kennedy, ponendo una mano sulla spalla di Amy, sperando di rincuorarla almeno in parte: da quando aveva smesso di urlare era rimasta ferma ed immobile e pareva avesse smesso anche di respirare. “Mi spiace deluderla, mia cara, ma il genere di incontro di cui necessito con questa ragazzina sventata è di natura assai diversa, direi professionale.” Amy sgranò gli occhi, non sapendo che dire e Giles intervenne nella conversazione in modo da farla finire e mandarlo via il prima possibile. “Questi sono i fogli e la copia dei miei appunti: veda lei se riesce a trovarci un filo logico. Poi le farò sapere come andrà la serata.” “Ah, buona idea, sono sicura lei ci sarà utile nella decifrazione. Ma perché non si unisce a noi nell’incursione, Conte: sono un sacco curiosa di vedere come … duella, direbbe lei, giusto?” “Cara, il duello è un’arte nobile che può esserci solo tra pari, e non credo vampiri od homuncoli lo siano, almeno a me. Comunque mi spiace ma la mia filosofia è quella di comparire il meno possibile nelle vicende delle Cacciatrici: ma sono sicuro lei si batterà in modo eccelso. E poi inizio ad essere troppo vecchio per fare sortite nel cuore della notte.” “Oh, ma cosa dice, si vede che è ancora atletico.”

Questo era decisamente troppo per le orecchie di Giles, che non si trattenne da una smorfia di disgusto, che Vigio notò con la coda dell’occhio: non aveva voglia di farlo arrabbiare adesso, con quello che aveva in mente di fare tra alcune ore, per cui si limitò a congedarsi, dicendo ad Amy che tra qualche tempo si sarebbe fatto vivo lui.

La notte (mentre in un altro fuso orario Buffy e Dawn incontravano homuncoli e fantasmi loquaci) come da progetto si ritrovarono nell’appartamento di Wood ed attesero gli eventi giocando a Monopoli, che tanto piaceva ad Anya. Finalmente, poco prima di mezzanotte, Amy spiando da dietro le tende vide delle luci nella casa e un grosso camion parcheggiato davanti alla casa.

C’era un uomo ad ogni angolo visibile della proprietà, quindi tre in tutto, un altro nel giardinetto che si sbracciava per dare ordini, uno in piedi dove il camion e almeno un quindicina di homuncoli intenti a trasportare casse e sacchi. Kennedy decise –e Willow ebbe il buon senso di non interferire dando pareri, perché sapeva che contrariare una Cacciatrice in questi momenti non era saggio- che si sarebbero divisi in due gruppi: Amy avrebbe fatto da esca presentandosi davanti la casa, in modo da far capire a Kennedy stessa e a Giles chi era vampiro e chi no: nascosti dietro una macchina avrebbero subito usato le balestre per uccidere i vampiri, poi si sarebbero lanciati contro gli homuncoli e gli eventuali uomini. Xander e Wood avrebbero attaccato da dietro, uccidendo i vampiri o ferendo gli essere umani che stavano di guardia agli angoli del lotto, e Willow sul tetto della casa li avrebbe guidati telepaticamente. Una volta pacificato l’esterno avrebbero fatto irruzione all’interno della casa, dove ipotizzavano che la resistenza di homuncoli impegnati in un trasloco non sarebbe stata eccessiva e preoccupante; alle proteste di Amy non fu dato molto ascolto.

Xander e Wood la presero larga per arrivare non visti dietro la casa: quando furono in postazione l’esca attraversò la strada e camminando bene al centro, proprio sulla riga di mezzeria, con passo incerto, pensando mentalmente a quale magia usare se la situazione si fosse fatta ancora più brutta, iniziò ad avvicinarsi al camion; fu vista per primo da uno di quelli posto agli angoli della proprietà. “Ehi, tu, bionda, chi diavolo sei? Sparisci subito e tornatene a casa.” A questa voce i traslocatori si fermarono e un uomo fece capolino dalla porta della casa, mentre quello dove il camion si girò, la vide e iniziò a venirle incontro. “Se sei un vampiro dovresti dirmi di rimanere, così mi puoi assaggiare.” rispose, sfoderando una sicurezza di cui era del tutto priva.

“Non te lo ha detto perché sei da sola e non ci piace dividere.” rispose l’altro, con il volto della caccia: dall’alto Willow vide i due avvicinarsi lentamente ad Amy, mentre gli homuncoli riprendevano il lavoro, e in quei lunghi istanti -la povera ragazza si vedeva già morta- qualcuno nell’ombra attendeva che i due fossero ben illuminati dal cono di luce del lampione: non appena ci arrivarono divennero polvere, colpiti con precisione dalla Cacciatrice e dal suo Osservatore.

Quello che dirigeva i lavori di carico e scarico tirò un urlo, gli homuncoli mugolarono all’unisono lasciando cadere quello che trasportavano, quello all’altro angolo come un fulmine si buttò per terra per evitare frecce e i due dietro venivano sorpresi ed uccisi da Xander e Wood. I conti erano stati fatti male però, perché dalle finestre del piano terra si affacciarono due vampiri, gli homuncoli sfoderarono corti e ricurvi pugnali dalle tuniche, tre vampiri si pararono davanti a Xander e Wood uscendo dalla porta sul retro, l’uomo nel giardino estrasse una pistola e dal piano sopra ne comparve uno con un fucile: tutto ciò con Amy in mezzo alla strada armata solo di un paletto, Kennedy e Giles totalmente scoperti ma almeno vicini al camion e Willow sul tetto senza l’occorrente per mandare palle di fuoco contro i due dotati di armi da fuoco. Nessuno era preparato a questa evenienza, ci fosse stato solo da decapitare quei ributtanti nanetti e polverizzare dei vampiri non sarebbe stato grave, ma un fucile e una pistola faceva diminuire notevolmente le percentuali di riuscita della loro missione.

L’uomo in basso sparò contro Kennedy che con un balzo si mise al riparo dietro il camion, imitata da Giles, e qui si ritrovarono circondati subito dagli homuncoli urlanti e minacciosi, mentre le lame dei loro pugnali brillavano per la luce dei lampioni; Amy correva rincorsa. Willow non sapeva che fare, guardava dall’alto questa scena orribile e vedeva l’uomo con la pistola scendere i pochi scalini della veranda e incamminarsi verso il camion, dietro al quale la Cacciatrice e il suo Osservatore facevano roteare le spade, ferendo quei piccoli demoni e tenendoli a debita distanza. “Quello armato sta venendo verso voi” disse telepaticamente la strega alla Cacciatrice.

Non molto distante da lei sentì a sinistra un colpo d’arma da fuoco, seguito a breve da altri: Willow guardò verso il luogo da cui proveniva il rumore, poi d’istinto verso la strada e vide l’uomo con la pistola crollato scomposto a terra in un lago di sangue e gli homuncoli dietro Amy stesi sull’asfalto. Altri colpi e altri homuncoli intorno a Kennedy cadere fulminati. Willow ebbe la prontezza di ricordarsi come si fa a generare una sfera luminosa e con questa luce vide, sul tetto di una palazzina poco lontana, due figure, una più alta vicino al cornicione che tendeva la mano verso la scena della battaglia, l’altra immobile e distante.

“C’è qualcuno sul tetto che vi copre le spalle, sono in due, rimanete però dietro il camion finche Xander e Wood non arrivano” comunicò con il pensiero. I nanetti si battevano con maggior foga che perizia e oramai metà avevano ferite sulle braccia, l’altra metà giaceva morta sul terreno; dietro la casa i due avevano ucciso tutti i vampiri ed erano impegnati a contenere i piccoli mostriciattoli urlanti senza troppa difficoltà; su quel tetto, vide Willow girandosi di nuovo a guardare, non c’era più nessuno. La battaglia durò ancora poco, ma non perché tra le file nemiche ci furono defezioni: quei demoni si immolarono tutti a difesa della casa e di ciò che c’era sotto, ma non recedettero neppure di un metro: alla fine, se Willow fosse rimasta sul tetto e non scesa anch’essa in strada, dopo aver cercato in casa di Wood una spada corta e leggera, avrebbe visto intorno al camion una corona di piccoli corti cadaveri in tunica, un uomo bagnare di sangue scuro e caldo la terra del giardino e svariati corpi senza vita davanti la porta sul retro.

 

ATTO IV

Ora tutto era immerso nel silenzio della notte: forse da qualche casa nelle vicinanze qualcuno aveva assistito a quella scena feroce da dietro le tende, con le luci della stanza spente perché la sua sagoma non fosse percepita.

“Tutto bene davanti?” si sentì urlare Xander e questa voce, conosciuta e amica, rincuorò chi stava ancora dietro al camion pensandosi più al sicuro, chi si era nascosta dietro un cassonetto dell’immondizia, chi era arrivata davanti l’ingresso della palazzina di Wood e guardava, disgustata, tutte quelle larghe chiazze di sangue scuro sull’asfalto. “È stato un casino, ma noi stiamo bene. Ho perso Amy, però.” urlò Kennedy e sentì quella urlare, in risposta “Sto bene, sono nascosta.” Erano titubanti ad abbandonare il loro rifugio, temevano qualche sorpresa e stavano ancora ferme dove la fine della lotta le aveva sorprese quando sentirono la voce di Xander molto più vicino “Oh Dio, è morto !”

Giles e Kennedy girarono attorno al camion, Willow ed Amy si fecero avanti e videro Wood chinato vicino il cadavere nel pietoso atto di chiudergli gli occhi, mentre Xander aveva nel volto il più profondo turbamento. “Ha iniziato lui a spararci.” disse Kennedy, come per scusarsi di quell’atto: era la prima volta che vedeva un uomo ucciso in quel modo, il proiettile lo aveva colpito poco sotto il collo, facendolo morire quasi subito per dissanguamento e tra ciò che vedeva e ciò che sentiva (perché il sangue umano aveva quell’odore orrido?) si sentiva venire meno.

“C’era qualcuno sul tetto di una casa vicina.” disse Willow, appoggiata al camion, attirando su di sé tutta l’attenzione dei presenti, di Wood ancora chinato con Xander dietro, di Giles in piedi davanti a loro intento a dire una preghiera, di Amy e Kennedy sull’ingresso della proprietà dove avrebbe dovuto esserci il cancello, ammutolite. “L’ho visto male ma mi sembrava molto alto. E vicino a lui c’era un’altra persona, ma non sparava, credo.” “Di certo aveva un’ottima mira: li ha presi tutti al primo colpo.” osservò Amy. Giles aveva già capito chi era l’uomo misterioso e si voltò aspettando che comparisse da qualche parte e davanti a tutti lo rimproverasse per qualche cosa.

Dalla strada avanzava, e il ritmico rumore del bastone sull’asfalto fece girare anche gli altri, una figura molto alta: avvicinandosi distinsero un lungo soprabito nero, lievemente scampanato in vita, a doppio petto e col collo a scialle, brillanti scarpe di vernice, una camicia dal collo altissimo fasciato da un foulard messo a cravatta; indossava i guanti, nonostante la stagione, e portava nella destra un lungo bastone nero dal manico in avorio. Bastò un solo momento a Xander e Willow per riconoscere in lui l’eccentrico straniero che aveva partecipato, anni prima, alla tumulazione dei resti del Maestro. Si avvicinò fino a giungere al muso del camion, girò su di loro uno sguardo in parte ironico, in parte compassionevole e saltando le presentazioni, ché tutti avevano capito chi era, iniziò a parlare.

“Per secoli durante le battaglie i generali stavano sulle colline e da lì dirigevano le loro truppe, e vinceva chi aveva miglior “colpo d’occhio”, chi vedeva come muovere e come l’altro avrebbe mosso: come gli scacchi, volendo. Credo che l’ultima battaglia che si combatté così fu a Königgrätz nel 1866. Quanto a voi, siete digiuni di strategia peggio dei Polacchi. Nessuno ha mai letto von Clausewitz, vero?” “I Polacchi?!” domandò d’istinto Giles, e non perché volesse sapere cosa intendesse dire, non gli interessava minimamente avere un dialogo con lui, ma solo perché con quella pronuncia così personale spesso gli pareva di non capire le parole che gli uscivano dalla bocca. “I Polacchi. I migliori soldati e i peggiori strateghi della Cristianità. Ma voi non siete da meno. Chi ha elaborato il piano d’attacco?”

Kennedy si fece piccina piccina ed alzò un dito, guardandolo speranzosa di non ottenere un rimprovero troppo severo: le piacevano gli uomini decisi e sicuri del fatto loro e inoltre non vedeva l’ora che Vigio le facesse le promesse lezioni sulla tattica militare e sull’arte della guerra, ma sperava che non iniziasse proprio adesso. “Mia cara, lei ha visto una costruzione sotterranea così imponente e pensa che a difenderla ci sia solo una manciata di vampiri? Mai sottovalutare l’avversario. Evidentemente una fortezza così importante doveva avere una consona guarnigione e avete sferrato un attacco senza preoccuparvi della necessaria copertura. Meno male che mi sono tolto lo sfizio di vedervi muovere battaglia dal vivo. Ma lei non combatte male, sa?” Giles lo trovò pateticamente scontato: prima l’amaro del rimprovero e poi il dolce del complimento.

“Tenendo conto che ha imparato il combattimento all’arma bianca quasi da sola, senza alcun valido insegnate, direi che la sua tecnica è quasi apprezzabile, benché manchi totalmente di stile e di grazia e spesso si scopra. Ma nulla di irrimediabile.” Sorrise, paterno, e decise di volgere la propria considerazione anche alle altre persone. “Ma di questo e di altro preferisco discutere come un gentiluomo, in una magione davanti a un buon liquore, magari più tardi. Lei non è del medesimo parere Dottor Wood?” Questi comprese benissimo dove voleva arrivare e si disse lieto di offrire la propria “umile dimora all’abbisogna”: l’ironia era più che palese.

Volse poi lo sguardo a Xander, passò davanti a Willow come se non esistesse, illuminò il proprio volto con un sorriso e gli si avvicinò tendendogli la mano e dicendo con voce argentina e suadente “Signor Harris, finalmente ho il piacere di incontrarla di persona. Ne sono molto lieto.” Stringendogli la mano, singolarmente fredda nonostante i guanti, Xander rispose che anche per lui, dopo tanto averne sentito parlare, era un piacere ed un onore conoscere il Conte di San Germano, che voleva personalmente ringraziare per i doni inviati. “E siccome l’uomo col fucile è scappato, come ho visto, potete anche invitarmi a fare un giro panoramica di questa curiosa casa.”

Si incamminò tranquillamente, scavalcando il cadavere, con Xander e Wood dietro un po’ spiazzati dalla situazione; gli altri gli vennero dietro, compresa Willow che si arrovellava su quale fosse la strategia di Vigio. Entrò sicuro in casa, discutendo per tutto il tragitto a bassa voce con Xander e Wood, mentre Kennedy, tra Giles e Willow, si sentiva offesa per l’esclusione: come, fa tutto il gentile prima e poi si mette a confabulare con gli altri?

Giunto alle prime incisioni le osservò scrupolosamente, mentre Xander faceva luce con la torcia, poi si girò e con un imperioso cenno della mano ordinò a Giles di avvicinarsi, che apparentemente di malavoglia obbedì. Willow si trovò tagliata fuori: i due uomini borbottavano indicando i segni, Xander e Wood tendevano il collo cercando di capire cosa dicevano, qualche passo indietro Kennedy faceva l’indifferente per non darle la soddisfazione di mostrarsi arrabbiata ed Amy era inutile come sempre. Proseguirono nella discesa sempre in questa formazione e Vigio studiava attentamente ogni incisione, ogni segno e ne discuteva a bassa voce con Giles.

Nell’ambiente rotondo, nonostante tutti i suoi secoli, lo stesso Inclemente si mostrò stupito di quella grandiosa edificazione e, abbastanza ammirato, a testa all’insù guardò quello spettacolo certamente possente e poi girò in lungo e in largo, accarezzando ogni tanto le possenti colonne in mattone, interrompendo i propri silenzi solo per fare qualche domanda a Xander, che lo seguiva tenendo la torcia. Amy si era seduta su quei cinque scalini che creavano un podio e Kennedy contrariata si era appoggiata ad una colonna e faceva finta di niente, mentre i quattro uomini parlavano tra loro camminando e Willow passeggiava nell’ombra. Finalmente discesero al piano terra e Vigio, senza badare alla strega, salì gli scalini e da quel palco parlò alla Cacciatrice.

“Lei è molto fortunata mia cara. Il giovane Harris è un uomo notevole, mi ha illuminato su alcuni aspetti statici e costruttivi di questo luogo: è un gran bene avere presso di sé una persona che conosce la materialità del mondo che ci circonda. Cosiccome è un gran bene avere vicino un fine studioso del mondo mistico.” Giles si girò a guardarlo, era la prima volta che gli faceva degli elogi pubblici: quel lercio schifoso francese avrebbe venduto anche una mano se gli poteva essere utile per i suoi scopi. “Ma iniziamo la lezione: cosa crede sia questo posto?” Era ancora un po’ arrabbiata per cui qui gli rispose con tono asciutto. “Mah, non so, un tempio o un luogo di riunioni: così incompleto è difficile dirlo.” Vigio sorrise, tenendo una parte del braccio sinistro dietro la schiena e il pugno destro piantato sull’anca.

“Mia cara, le pare poco? In ambedue i casi lei sottende l’esistenza di una setta, di una congregazione, di un insieme di individui che si riuniscono o per compiere riti o per decidere qualcosa: in ambedue i casi lei ci mostra come ci siano molti soggetti a cui lei ha messo i bastoni tra le ruote questa notte. Nessun singolo, quindi, ma una moltitudine più o meno piccola: lei ha già notevolmente ristretto il campo.”

Kennedy veramente non aveva pensato proprio a tutte queste cose, ma non voleva certo smentirlo, per cui sorrise lusingata e lo lasciò proseguire. “In attesa di ulteriori indagini entro ventiquattro ore pensavo di trasportare qui i cadaveri dei nemici, sottrarre quanto ci possa essere utile e dare il restante alle fiamme, come da tradizione.” “E cosa ci può essere utile? Ci dobbiamo portare via gli architravi incisi e i candelabri?” domandò Wood, che non si fidava molto di quell’uomo. “Veramente pensavo al mobilio: ho adocchiato un’ottomana che starebbe bene a casa mia, sempreché non la voglia qualcun altro. Quanto al resto basterà una buona macchina fotografica, una cinepresa e un paio d’ore per avere una sufficiente documentazione. Lei non crede cara?”

La storia dei mobili li aveva presi alla sprovvista, ma Kennedy non aveva affatto intenzione di contraddirlo, non dopo che le aveva raccontato con tanto trasporto della presa e del sacco di Mosca nel … da parte di Napoleone: se teneva a quei vecchi riti, poverino, perché dirgli di no? Tanto facevano un danno a qualche malvagio. “I piatti li possiamo prendere noi? Da Xander sono tutti sbeccati.” “Oh certo, ma me lo ha già detto lui. Comunque di ciò possiamo discutere civilmente domani, ora sarebbe il caso occultaste i cadaveri. Dottor Wood mi spiace rifiutare la sua spontanea ospitalità ma mi fermerò da lei a bere qualcosa un’altra volta. Si fa tardi e domani avrò molto da fare. Per i traslochi vi manderò il mio cameriere domani nel pomeriggio, se potete. Bonne nuit.” Salutò cortesemente stringendogli la mano Xander, Wood e Giles e baciandola a Kennedy. Uscendo passò davanti a Willow, ma se fosse stata trasparente l’avrebbe notata di più. Cosa aveva in mente quel delinquente?

 

*******

 

Chi poteva essere che suonava il campanello tanto presto? Giles sicuramente, pensò Xander alzandosi a stento dal letto e augurando all’inglese che avesse un serio motivo per venire a quell’ora dopo la notte che avevano passato, e terminata trascinando cadaveri. Attraversò la casa avvolta nell’oscurità benché in quel fuso orario fossero già le dieci di mattina, superò una Willow che tirava fuori la testa spettinata ed assonnata dalla porta della camera e si avviò all’ingresso: aprì senza neppure guardare dallo spioncino. Dawn.

Con un borsone alla sua destra, uno alla sua sinistra e una sacca sulle spalle. In occasione normale si sarebbe stupito subito, ma era troppo stanco, per cui passarono un paio di secondi prima che spalancasse gli occhi, non sapesse cosa dire e si facesse abbracciare. Con la vitalità di zombie paralizzati arrivarono anche le altre ragazze e anch’esse rimasero a bocca aperta: Dawn non capì affatto cosa ci faceva lì, ed in pigiama, quella strega che qualche anno prima aveva abitato da loro per un breve periodo facendo solo danni. Willow per prima si riprese dalla sorpresa “Dawn, piccola cosa ci fai qui? E a quest’ora.” La ragazzina aveva rimuginato per tutto il lungo viaggio su cos’era successo e sulle motivazioni della sua fuga: questa domanda le diede il via libera, aprì la sua mente e la sua bocca, facendo uscire tutto, subito ed insieme.

“Ho litigato con Buffy e sono scappata di casa ! È venuto Angel, le ha detto che c’è un vecchio francese che da anni ci protegge e un fantasma poi ci ha detto che lui ha scoperto cosa sono, forse, e ci ha messo il fantasma in casa per proteggerci come fece conoscere Angel a Buffy, sempre per proteggerla perché le vuole molto bene, pare, ma chi non gliene vuole a questo mondo, ma lui ne vuole anche a me, ecco perché il fantasma ci ha difeso quando dei mostriciattoli ci hanno attaccato in casa nostra, e poi mi ha detto tutto quello che Buffy non mi ha voluto dire, come sempre per lei io conto meno di niente e devo stare all’oscuro di tutto come fossi uno zerbino, allora mi sono arrabbiata come non mai l’ho mandata al diavolo e sono venuta qui, tanto c’è la casa, ci siete voi, c’è Giles che pare abbia sempre saputo tutto sul francese, e Buffy è fuori dai gangheri per questo, e c’è anche questo francese, non vedo l’ora di conoscerlo così mi dirà cosa sono.”

Nella furia e nella concitazione Dawn si accorse solo alla fine del suo sfogo delle espressioni comparse sul volto dei ragazzi. Amy, a sentire tutta questa storia (anche i fantasmi ha al suo servizio !) aveva di nuovo paura ed inoltre voleva vedere come Xander avrebbe spiegato a quella ragazzina esagitata che tutte queste cose loro le sapevano già. Quanto a Kennedy tra le prime cose che aveva imparato di Sunnydale c’era il comandamento: mai mettersi tra le sorelle Summers quando litigano. Willow in un nanosecondo pensò che se Dawn incontrava Vigio quello la affascinava e la legava a sé in cinque minuti scarsi, e così le avrebbe mangiato un’altra pedina. Xander semplicemente pensava: no, no, no !

Passi la giovane Cacciatrice affascinata dal vecchio cacciatore. Passi il maturo Osservatore che odia il vecchio cacciatore. Passi la strega gelosa del fascino del vecchio cacciatore sulla giovane Cacciatrice. Passi la strega terrorizzata dal vecchio cacciatore. Passi il fare da baby-sitter a quelle tre ragazze per evitare che litighino tra di loro ogni giorno. Ma anche questo no ! Dawn arrabbiata con la sorella no ! Dawn che chiede spiegazioni, le ottiene e inizia a strillare anche lei con loro ! No, tenere a freno anche quest’altra no ! E poi telefonare a Buffy per dirle che la sorella è arrivata e sentire anche lei che strepita ! Tutti e quattro avevano un’espressione veramente sconvolta, ma per motivi decisamente diversi da quelli che intuì Dawn. Fece un passo indietro, li guardò divisa tra la rabbia e la sorpresa e domandò, già pronta alle recriminazioni “No ! Non mi direte che anche voi lo sapevate e non mi avete detto niente !”

 

 

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