VIII.02 - IL CACCIATORE

Scritto da: FranzJoseph
Spoiler per: tutta la stagione VII di BtVS
Rating: per tutti
Timeline: un anno e mezzo dopo “Chosen”; settembre 2005
Summary: Dove Amy capisce quanto sia pericoloso fare la strega a Sunnydale, Giles quanto un certo francese sia pericoloso in assoluto e Xander che è destinato a rimanere single ancora un po’; intanto le sorelle Summers ricevono visite.
Commenti: se volete scrivetemi a franzjoseph1@supereva.it
Disclaimer: I personaggi appartengono a Joss Whedon, David Greenwolt la WB, ME, la UPN e la Fox. L'autore scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.

PROLOGO
In un centro mistico qual era Sunnydale una volta oltre a molteplici demoni e vampiri e ai loro rispettivi cacciatori e Cacciatrici abbondavano anche i cultori e le cultrici di poteri occulti e magie: chi se ne potrebbe stupire, considerando che la città era stata creata per cibarsi dei suoi abitanti da un sindaco igienista che si era venduto l’anima ? Ma tutte le cose belle finiscono e così, oltre ad una consistentissima diminuzione delle peggiori manifestazioni maligne (che aveva fatto un po’ arrotondare Kennedy per l’inattività), era anche diminuita la percentuale di streghe, le quali, seppur senza saperlo, traevano forza dalla vicina e potente fonte.
Nella locale università si era formata una congrega di adepte alla magia (seppur di basso livello) ed era stata frequentandola che Willow si era creata quella base che le avrebbe permesso quasi di distruggere il mondo e che aveva incontrato Tara, sempre rimpianta nonostante una nuova e dolcissima ragazza ora l’affiancasse. Con il “terremoto” anche i locali universitari erano andati distrutti ma nel fervore edilizio della ricostruzione metà circa degli edifici rovinati erano stati ricostruiti e piano piano la vita riprendeva: quell’anno ci sarebbero stati di nuovo i corsi e, per invogliare gli studenti a tornare, le tasse universitarie erano state consistentemente diminuite.
Tra le prime ad immatricolarsi non c’era stata Willow, oramai abituatasi al nuovo campus in cui si era iscritta qualche mese dopo la sconfitta del Primo Male: era lontana da Kennedy e Xander ma quello era un istituto di prestigio che avrebbe dato molto alla sua futura laurea in informatica e inoltre non aveva confraternite dedite alla magia (attività che le era costata il colore dei capelli e quasi la sanità mentale).
Si era invece di nuovo iscritta proprio nel risorto campus Vaughne, l’ultima Prima Maga della Confraternita delle adepte alle Arti Magiche dell’Università di Sunnydale (pomposo e lungo titolo per dire che ne era Capo Gruppo) e, con pazienza ed ostinazione, era riuscita a far tornare le vecchie amiche e a far risorgere la congregazione, facendo in quel periodo fare affari d’oro al Magic Shop, da cui si erano rifornite di qualche libro e del vario necessario per i loro piccoli incantesimi. Negozio comprato a poco da Amy, ristrutturato e rammodernato: nella stanza usata da Giles per far allenare Buffy lei aveva impiantato il suo personale laboratorio di distillazione ed elaborazione delle erbe: come dire, dal produttore al consumatore.
Di questo nuovo fervore Giles non sapeva nulla, e in verità gli bastava quello che si prefigurava sarebbe accaduto con Buffy, Dawn e Willow: gli sfuggiva l’esatto motivo della fretta con cui il Conte aveva impiantato casa a Sunnydale, ma quel poco di cui era sicuro lo turbava abbastanza. Ovviamente la casa che questi si era fatto costruire era squisitamente estranea all’edilizia americana: l’unica cosa che poteva essere vagamente californiana era il primo chiostro che si incontrava superato il corpo di fabbrica per la servitù, ricordava un poco l’edilizia del periodo spagnolo, con bouganville quasi del tutto appassite rampicanti lungo le colonne e le superficie lisce e bianche di calce.
L’interno della casa, sfoggio di parquet, arazzi, argenti e mobili scuri, era il solito bric – a – brac di stili e oggetti che avevano le sue case provvisorie sparpagliate per il mondo: vista l’incertezza della sua vita aveva smesso di armonizzare il mobilio ed impiegava letti barocchi, cassettoni scandinavi e camini fiamminghi che i suoi clienti gli mandavano spesso in dono. Come c’era da aspettarsi la cena era stata eccellente e totalmente soddisfacente, benché Giles non amasse l’obbligo del frac (che gli donava poco).
Cucina italiana, poiché il padrone di casa riteneva che gli anglosassoni non sapessero apprezzare quella della sua patria, ottimo vino bianco e un profiterol degno di applauso non erano riusciti a migliorare l’umore di Giles, mai eccelso quando si trovava nelle vicinanze di quel figuro che gli aveva risparmiato la vita tre volte solo per non creare problemi a Buffy.
Si ricordava bene l’ultimo scontro, quando brandendo una mannaia e portandogliela all’altezza della gola gli aveva sibilato “Dovrei decapitarla, riempire la sua testa di stoppa e usarla per giocarci a polo con i Boeri.”: era una pratica che, a quanto si diceva in giro, il Conte aveva applicato più di una volta, facendo variare solo i giocatori.
La cuoca era una signora poco più giovane dell’Osservatore, due magnifici occhi scuri e un modo estremamente raffinato di muoversi, benché il servire a tavola la obbligasse a movimenti abbastanza fissi e schematici. La sorpresa, la vera grande sorpresa, fu vedere il dolce portato … da Buffy. Giles strabuzzò gli occhi e iniziò un inconsulto balbettio, anche perché la Cacciatrice indossava un completino nero da cameriera. “Buonasera Giles, è un piacere vederla qui.” Lui si alzò in piedi non capendo assolutamente cosa stesse succedendo, mentre il suo ospite sorrideva soddisfatto. “Prego, rimanga seduto, c’è il dolce. Che è ottimo come tutti i prodotti francesi.” Giles temette seriamente il padrone di casa le avesse fatto il lavaggio del cervello e rimase in piedi attonito, soprattutto per l’ultima frase. “Ma … ma … tu … io non … io …” “Giles lei è stato un mediocre Osservatore, è un inglese eretico, ha un brutto passato e non fa mai quello che Monsieur le chiede.” gli disse sorridendo e tutta compita Buffy, ancora ferma immobile con il vassoio del profiterol in mano, e allora lui comprese.
“Ma questo è il robot ! E lei lo ha trasformato in una cameriera ! In una cameriera sciovinista !” gridò all’indirizzo del suo ospite, che evidentemente si stava godendo la scena. “Io sono un’ottima cameriera, una macchina da riporto per vampiri e sono lieta di servire Sua Eccellenza il Conte di San Germano.” specificò il Buffybot con l’abituale sorriso trionfale dipinto sul volto. “Lei si è fatto spedire i pezzi del robot per trasformarlo … in questo ?”
Giles non credeva a ciò che vedeva, e soprattutto non si poteva capacitare del perché avesse acconsentito a spedirglieli, quei pezzi; ora mancava solo che comparisse la solita presenza che girava per casa. “E non ha ancora visto l’altro pezzo forte della mia Casa Civile.” gli rispose il Conte, divertendosi sempre di più al pensiero del prossimo incontro di Giles con una sua vecchia conoscenza. “Lei è … lei è …” “Sua Eccellenza è una magnifica persona.” specificò radiosa e ilare il Buffybot. “E le macchine hanno sempre ragione. Ci vogliamo godere il dessert ?”

ATTO I
Quando riusciva a dormire bene, il che era raro, un gentiluomo europeo da poco trasferito a Sunnydale durante la colazione mostrava di essere loquace, ciarliero e di buon umore; altrimenti scendeva nella sala da pranzo con il cipiglio di un orso e la loquacità di un muto. Quella mattina, forse perché la sera prima non aveva mangiato salmone o forse perché nella notte aveva sognato l’assolata Biarritz, scese allegro e si sedette a tavola sorridente e lieto, stupendo la sua cameriera. Si stiracchiò un poco, si guardò nel sottopiatto d’argento e poi odorò per sentire il profumo del caffè all’italiana appena fatto: se nulla nelle prossime ore lo avrebbe turbato sarebbe andato dal signor Robin Wood disponibile e calmo.
Stava mangiando un poco di roastbeef quando, svolazzando come era ovvio, giunse l’impalpabile presenza con cui viveva da moltissimo tempo. “Buongiorno caro, dormito bene ?” gli disse parlando in francese e lui nella stessa lingua le rispose che aveva passato un’ottima notte e le fece cenno di accomodarsi: il tavolo della sala da pranzo (un bell’oggetto Impero in mogano) conteneva dodici coperti e abitualmente ci mangiava solo lui, sempre a capotavola, visto che la cuoca e il factotum prendevano i pasti in cucina, il Buffybot ciucciava elettricità e Margot, in quanto essenza impalpabile, evanescente e trasparente, non si cibava. Lei si accomodò a capotavola, davanti a lui ma parzialmente celata alla vista dai due candelabri in argento e dal centrotavola Luigi XV che lui detestava, ma a lei piaceva tanto; la tovaglia di batista, secondo l’etichetta spagnola di Corte, arrivava fino a terra e c’erano apparecchiati i dodici coperti in modo che, qualora un ospite inaspettato fosse arrivato (ma non succedeva mai), potesse subito accomodarsi: così il padrone di casa intendeva l’ospitalità.
“Quando andrai a scuola ?” “Pensavo per metà mattinata e spero di rimanerci poco e di non avere eccessive opposizioni; ma credo che il ragazzo sia ragionevole.” Margot lo guardò incerta. “Ragionevole ? Hai intenzione di dirgli qualcosa ?” “Certamente no, non mi abbasso a dare spiegazione al primo maestro che ha fatto carriera, e comunque non gli chiedo mica la luna: una studentessa in più e un valido bibliotecario. Sono sicuro mi accontenterà. Sai nulla delle arance per la spremuta ? Non hanno molto sapore.” “Che vuoi farci, non è neppure stagione: quelle di serra sono così. Per stasera ?” Lui pensò un attimo, si concentrò e diede il responso “Ho voglia di un bel risotto fumante.”
Lei scosse la testa. “Intendevo le streghe, la loro associazione, come agirai.” “Ah, le streghe. Come vuoi agisca, al solito. Siccome oggi è martedì pare vendano dolcetti fatti da loro per finanziarsi: comprerò qualche muffin e poi farò pulizia, lasciando che la coniglietta scappi.” Margot non era molto sicura del piano, soprattutto l’ultima parte e glielo disse. “E se quella ti si rivolta contro ? Non dovresti sottovalutarla. E poi cosa ti fa credere che questo stimolo faccia tornare l’altra ? Dai tutto per scontato, come sempre.”
Se c’era una cosa che apprezzava poco, e che lo metteva di cattivo umore, era la solita mancanza di fiducia di Margot per i suoi infallibili disegni. “In primo luogo cara ricordati che sono americani, pagani che adorano la Twenty Century Fox: basteranno due effetti speciali per metterle una reverente e folle paura, come Cortes e suoi cavalli con Montezuma. Poi cosa vuoi che tema da una che studia magia vendendo dolcetti ? Che crei dei plumcake mannari ? E infine sappi che la strega tornerà o perché sente la sfida o per proteggere la sua ragazza. E comunque, se ciò non bastasse, posso sempre rapire Harris. Tornerà, stai certa.”
Lei non era ancora del tutto convinta. “E per le bambine ? Come farai a farle tornare ? Se lo fanno perché la loro amica è in pericolo tu non sarai in una buona posizione: quante volte te lo debbo ripetere ?” Lui sorrise sornione, perché aveva un asso nella manica che si era tenuto apposta per un momento simile. “Angel. Ci ha cercato a casa e gli hanno detto che ci siamo trasferiti a Sunnydale. Dagli tempo e andrà da Anne e parlerà, oh, quanto parlerà.” Rimase un attimo pensieroso, poi aggiunse “In fondo dei vampiri ti puoi sempre fidare: fanno puntualmente quello che ti aspetti facciano.” Lei non si perse l’occasione per contraddirlo. “Già. Tipo deflorare Anne.” e sorrise per la punzecchiatura mentre lui grugniva qualcosa di poco gentile.

Il Liceo di Sunnydale era stato incenerito due volte in quattro anni e i penultimi due presidi erano morti di morta violenta. Ma allora c’era la Bocca dell’Inferno e comunque lui era sopravvissuto allo scontro con il Primo Male e l’assassino di sua madre si era immolato per loro: la sua carriera di cacciatore di demone freelance, come la Cacciatrice lo aveva chiamato, si poteva dirsi conclusa e ora poteva tornare a fare il Preside a tempo pieno. La nuova scuola era stata ricostruita esattamente come l’originale e a lui non dispiaceva, soprattutto perché il suo ufficio non si trovava più sopra l’ex sito della Bocca dell’Inferno, dov’era stata messa la biblioteca, di forma curiosa ma affascinante (quando ci sarebbero stati i libri, si intende: gli scaffali vuoti era tristi); evidentemente ignorava che in quel luogo il preside Flutie era stato sbranato da alunni – iene. Stava riguardando i primi conti per cancelleria e personale quando la sua segretaria entrò, evidentemente confusa e gli parlò con tono misterioso ed intimidito. “Signor Wood, c’è un signore … un giovanotto per lei. Ecco il suo biglietto da visita.” Il biglietto recava uno stemma ed una corona comitale in rilievo e sotto la dicitura stampata in un elegante corsivo “Gen. Francois Louis de Saint Cloud, Comte de Saint Germain” Wood alzò le sopracciglia in segno di sorpresa: che fosse un ricco mecenate deciso a finanziarli ? La segretaria gli disse solo che era molto alto, molto elegante, e pure decorato ! Quando fu fatto accomodare Wood comprese che la descrizione era stata decisamente inferiore alla grandezza della realtà: oltre a superare un metro e novanta il signor Saint Cloud era addirittura in thight ! Non aveva mai visto nessuno che alle undici del mattino si facesse ricevere da un preside in tale tenuta: le scarpe di vernice brillavano da tanto erano lucide, la riga dei pantaloni impeccabile, giacca e gilet da esposizione, camicia rigida, colletto marmoreo, una perla come spilla per la cravatta, bastone d’ebano, anello d’oro al dito e un nastrino rosso all’occhiello (la Legion d’Onore, ma lui non lo sapeva). Per quanto sapesse stare al mondo, per quanto sapesse uccidere i demoni e avesse visto in faccia i Turok-an si sentì terribilmente inadeguato, anche perché il visitatore, sopra a un benevolo sorriso di superiorità, lo guardavo con due freddi occhi glauchi che lo rendevano nervoso ed inquieto. “Prego, si accomodi, cosa posso fare per lei ?” Quello si sedette con calma ieratica, senza smettere di sorridere benevolmente, come se fosse lui quello che lì dentro comandava. “Signor Wood, sarò breve e conciso, perché so che lei è una sano americano dai forti valori, amante delle cose chiare e semplici. Ho bisogno di un paio di favori da lei, e sono certo che me li accorderà.” Era decisamente sicuro di sé, vagamente arrogante, e, pur essendo estremamente schietto, era anche sfuggente: il preside amava dire di saper leggere le persone. “Mi fa piacere il ritratto che ha dato di me. Ma come fa a dirlo ? Ci siamo già conosciuti ?” “È il figlio di una Cacciatrice, questo vorrà dire qualcosa. E pare che nel vendicarla, un paio d’anni fa, lei sia stato molto determinato, anche se l’opera non è giunta a buon fine.” Bene, ora Wood non sapeva cosa dire o cosa fare o cosa pensare: quel ricco tizio non era un finanziatore e soprattutto non era di sicuro quello che sembrava. L’altro gli sorrise di nuovo e riprese a parlare “Visto che lei non sa cosa dire, ed è ovvio, parlerò per tutti e due. Non sono un demone, anzi, diciamo che lavoro nello stesso campo di sua madre: il suo Osservatore, nonostante sia un po’ malandato, ha sentito parlare del Conte di San Germano e se vuole notizie chieda a lui. Lei dovrebbe essere così gentile da assumere il signor Rupert Giles, che ha già apprezzato come Osservatore, come bibliotecario in questa scuola e, quando Dawn Julia Summers chiederà di essere iscritta in questa scuola, gli troverà una buona e calma classe. Può farlo, immagino.” e detto questo si alzò sorridendo e gli porse la mano, mostrando chiaramente che se ne andava perché considerava che il Preside avrebbe esaudito le sue richieste. Wodd automaticamente gliela strinse ma, mentre quello usciva, ritrovò abbastanza presenza di spirito per fargli una domanda “C’è un’altra apocalisse in arrivo ?” Il Conte di San Germano si girò un poco verso di lui, sorrise e disse “Al massimo non sarà peggio di quella che lei ha già vissuto. Ma non si preoccupi, ora in questo borgo c’è finalmente uno specialista.”

Dopo pranzo, in un’altra città e in un altro fuso orario rispetto a Sunnydale, Dawn stava parlando al telefono con Vi: come con Ronda, anche nella sua vita era comparso un presunto Osservatore, in questo caso polacco con una scarsa padronanza della loro lingua. Diceva di essere il nuovo Osservatore che le era stato assegnato dal nuovo Consiglio e, come prove per non essere ricevuto nello stesso modo di quello di Ronda (come faceva a saperlo ?), le aveva portato una foto che lo ritraeva in compagnia di Giles, delle copie di atti di due sedute del vecchio Consiglio degli Osservatori e soprattutto mostrava di conoscere abbastanza bene la sua vita e le sue ascendenze: la famiglia, come venne contatta la prima volta, la lotta contro Caleb. Tutto ciò sembrava estremamente veritiero ed inoltre Vi aveva controllato che non si incenerisse al sole, non temesse le croci e fosse corporeo. Vi non era molto ferrata sulla demonologia e per ulteriore prova gli aveva fatto solo un paio di domande a cui quello aveva risposto in modo logorroico e prolisso. “Questo depone a suo favore, fa molto Giles.” “Già, Giles dov’è? È l’unico che potrebbe testimoniare in loro favore.” Questo era uno dei due problemi che Dawn, pensando a tutta la storia, si era posta. “Mi spiace ma non ne so niente. In Inghilterra non c’è e non riesco a trovarlo.” L’altro problema, o meglio, ciò che meno le tornava, era perché se c’era di nuovo un Consiglio nessun Osservatore si avvicinava a Buffy ? Era questo che proprio non aveva senso: la prima Cacciatrice per fama non veniva contattata o messa al corrente da nessuno. Perché ?

ATTO II
Xander tardava a tornare dal lavoro ma questo non costituiva un grosso problema per Kennedy: probabilmente si era fermato con qualche collega a bere una birra prima di rientrare. C’era poco da dire, quel ragazzo aveva bisogno di svagarsi, e non con quei bestioni dei suoi colleghi, e di stare con una ragazza, e non solo con una giovane e intelligente Cacciatrice lesbica. E soprattutto, pensava Kennedy, doveva farsi passare una volta per tutte la sottile malinconia che spesso lo prendeva al pensiero che tutti gli amici lo avevano abbandonato: le Summers, Willow, Giles e Anya; ma per quest’ultima non si poteva fare più niente. Nonostante ciò sperava di cuore che non nascesse nessuna storia con quella lunatica strega vendicativa di Amy (anche la sua Willow era stata una strega vendicativa e anche molto crudele, in verità, ma per lei era diverso) ma che conoscesse qualche altra bella ragazza, disponibile a credere e a passare sopra al passato eccentrico e diverso che aveva vissuto. La porta si aprì, ma con Xander entrò l’inaspettato e l’inatteso, benché vestito in ottimo tweed: Giles, ovviamente. Inutile dire la sorpresa e la grandissima gioia di Kennedy nel incontrare di nuovo, dopo quasi un anno (l’ultima volta l’aveva incontrato il Natale precedente, quand’era venuto a passare le feste con tutti loro), quello che lei considerava come il suo primo Osservatore e che stimava molto anche come persona; Xander, ma non ci sarà bisogno di dirlo, era al settimo cielo ed allegro come non mai da molto. Si erano incontrati per caso, in strada: uno usciva dal cantiere e l’altro dal supermercato, dov’era andato a fare provviste “Sono appena tornato, non avevo niente in casa e avevo così fame … da apprezzare anche la cucina economica popolare statunitense.” si spiegò sorridendo ed indicando i cibi precotti che spuntavano dalla borsa della spesa. Xander, come se rimproverasse amabilmente un bambino, gli scosse l’indice davanti “E perché, se aveva fame, non ha pensato a noi ? Kennedy cucina bene e con tutti i demoni con cui c’ha aiutato una bistecca e un’insalata non gliela avremmo mai negata. Il mio indirizzo lo aveva, vero ?” Giles parve imbarazzato e si schernì un poco, cosa che Xander attribuì all’ovvio e naturale modus vivendi britannico “Mi sembrava ineducato piombarvi in casa chiedendo del cibo. Non me la sono sentita.” “Ehi ! abbiamo superato un’apocalisse. Queste sono cose che legato e creano intimità.” obiettò Kennedy, sempre un poco divertita per i suoi modi così compassati e cerimoniosi. “Parla per te !” la corresse Xander, e per un attimo le parve serio “Io e Rupert abbiamo condiviso molte più di una sola apocalisse.” “Rupert ?” e l’Osservatore lo guardò un po’ sorpreso per questo cameratesco modo di appellarlo “Signor Giles, giusto, mi stavo slargando. Dopotutto era a lei che ci ha insegnato tutto e a cui riconsegnavo i libri in prestito a scuola. Insomma … ha sempre avuto su tutti noi dell’autorità.” “Sorvolando sul fatto che tu non hai mai chiesto libri in prestito da leggere, spero che alla mia presunta autorità abbia anche contribuito non averti mai fatto ammazzare dai demoni.” “Per quello non c’era Buffy ?” domandò curiosa Kennedy, che conosceva Giles come sapiente uomo di studi e come addestratore di Cacciatrici, più che come valido combattente.” “Oh, non sai cosa nasconde Giles dietro la sua tranquilla facciata in tweed: da giovane lo chiamavano Squartatore ed evocava demoni che-” “Credo basti così Xander: sorvolando sull’inconsueta immagine del tweed, non vorrei questo nocesse alla mia figura di guida e di autorità verso questa giovane Cacciatrice.” Kennedy sorrise comprensiva “Oh, non si preoccupi. Mi hanno già raccontato anche di quando era diventato un ragazzaccio cattivo che se la spassava con la madre di Buffy !” “Sarà meglio se prepariate la cena voi due.” cercò di troncare il discorso Giles.
Finita la cena Giles si trattenne un poco a far due chiacchiere, poi preferì tornare a casa, promettendo loro che li avrebbe inviatati al più presto nel suo piccolo appartamento per una vera cena inglese. Intanto Amy si stava preparando per la serata: finalmente era stata di nuovo accettata nella Confraternita di magia dell’Università. La prima volta c’era entrata preceduta dalla sua fama (benché, non avendo finito il Liceo, tecnicamente non potesse) di strega dipendente da magia nera e ne aveva auto aiuto; ne era stata espulsa per la piccola vendetta fatta su Willow non molto prima della distruzione della città, fatto che la veggente della confraternita aveva saputo a mala pena prevedere. Ora, visto i prezzi abbordabili che aveva fatto a Vaughne e un paio di suggerimenti che le aveva dato, era stata ricompensata con il suo reintegro a tutti gli effetti e non vedeva l’ora di godersi il momento. Mentre si provava qualche abito, era indecisa tra un elegante spicciolo e un casual minimalista, si pregustava già le prossime tappe del suo avvenire: una buona e affezionata clientela, qualche amica, una posizione di rispetto nella Congregazione (lei ne sapeva molto di più di quelle care, ingenue dilettanti) e alla fine, tramite Xander, avrebbe potuto mettere in atto quello a cui pensava da un po’ di tempo, e che l’avrebbe fatta stare meglio.
Martedì, il secondo martedì del mese la Confraternita vendeva dolcetti per finanziarsi: era una delle vecchie tradizioni che Vaughne aveva reintrodotto, anche se forse per quella era troppo presto. In una città mezza distrutta e mezza ricostruita, con buona parte dei non moltissimi cittadini che pur credendo al “terremoto” sentivano dentro di sé che un anno e mezzo prima era successo qualcosa di molto più grosso e molto più oscuro, la vendita di plumcake, muffin e simili per finanziare delle giovani streghe oltre ad essere prematura non era neppure vista troppo di buon occhio. Ma il rettore avrebbe fatto ogni cosa per invogliare studenti a tornare e quindi l’aveva autorizzato e quanto a loro solo Amy si ricordava (e come avrebbe potuto scordarselo !) del piccolo pogrom suscitato dal demone di Hansel e Gretel che quasi le era costato la vita. Anche quel martedì quindi di facce nuove se ne erano viste ben poche (sette, di cui cinque erano andati lì per sbaglio) e i dolcetti invenduti occhieggiavano infelici la sala, aumentando la noia della decina di convenuti e la scontentezza di Vaughne, che sperava in qualcosa di meglio. Solo poco prima che si decidessero a far terminare la riunione arrivò un’altra persona: alto, allampanato, con lo sguardo curioso e un po’ sperduto, pallido ed in frac. Erano tutti così annoiati e assonnati che non si alzarono nemmeno dai tavoli o dalle panche della sala in cui erano riuniti e toccò alla Capogruppo riceverlo, ben sapendo che anche questo aveva sicuramente sbagliato indirizzo. Vedendola arrivare verso di lui questi abbozzò un timido sorriso e le tese una mano secca e ossuta “Buonasera. Ho visto le luci, ho letto il cartello fuori ma non ho molto capito. Sono straniero, di passaggio a Sunnydale.” Che fosse straniero a Vaughne era subito parso chiaro ascoltandolo: smorzava la “c”, arrotava alcune consonanti come un tedesco e accentava le parole in modo vagamente francese, ma nonostante questo buffo ed indecifrabile accento parlava un decente americano. Lei gli recitò le solite frasi di circostanza per spiegare chi erano, osservando curiosa il nastrino rosso all’occhiello e attendendo che questi si scusasse e se ne andasse; ed invece, capito chi erano, sorrise gentilmente e si mostrò interessato. Andarono a sedersi per parlare un po’, ma prima lui fece un’offerta generosa prendendo alcuni muffin al cioccolato e ai mirtilli e offrendogliene: Vaughne, tutta radiosa per l’insperato colpo di coda della serata, sfoderò la sua migliore loquela cercando di apparire professionale e di non venire scambiata per una di quelle ciarlatane tanto New – Age che spesso si incontravano. Il figuro -che non si era presentato, riflettè parlandogli- seguiva attento, sorridente ed interessato e un paio di volte pose delle domande che le fecero credere non fosse digiuno di conoscenze magiche. Alla fine sorrise e in un sussurrò le disse “Ho sentito abbastanza.” e alzò la mano sinistra, che teneva in grembo, ruotandola: di colpo, con forte boato, la porta della sala si chiuse e le finestre a ghigliottina, alzate per far entrare la fresca aria della sera, scesero al davanzale con un sincronico sinistro tonfo, che spaventò i membri della Confraternita delle Arti Magiche dell’Università di Sunnydale. Per il rumore anche Vaughne si girò dietro a vedere, preda già di forti timori, e quando si voltò di nuovo verso il suo interlocutore vide che adesso il suo sorriso era molto più gelido e che dalla mano destra, alzata come se dovesse giurare davanti ad una corte, si spandeva un’aura scura.
Amy, andata in bagno, sentì chiaramente il rimbombo prodotto dal chiudersi violentemente della porta e delle finestre e, curiosa, si domandò come potesse un colpo di vento far tanto rumore. Uscita, arrivò alla porta della sala in cui facevano la vendita e, mentre posava la mano sulla maniglia per aprirla, guardò dentro la stanza dal vetro e rimase ferma ed immobile in quella posizione, senza sapere che fare. Il tizio in frac che era entrato per ultimo stava in piedi in mezzo la stanza, di tre quarti rispetto a lei, mentre Vaughne e altre quattro ragazze stavano sospese a mezz’aria sopra di lui, galleggiando come un annegato nell’acqua: sembravano corpi morti legati al soffitto da una corda trasparente, e ondeggiavano e giravano su sé stessi lentamente. Il tizio intanto con impercettibile movimento della mano sinistra faceva giungere verso di sé una recalcitrante ed urlante ragazza (Amy pensò istintivamente alle grida degli agnellini portati al macello nel racconto di Jodie Foster ne “Il silenzio degli innocenti”), poi le poneva la destra sul capo e tutta un’aura, una nuvola nera la avvolgeva; quando scompariva con un cenno della sinistra mandava la sventurata a galleggiare nell’aria con le altre.

ATTO III
La sera la gente vuole dormire e riposare, e questo credo sia più che naturale, soprattutto se, come Xander, negli anni ha accumulato ore ed ore di sonno arretrato (le ronde, le cacce, le ricerche). Gli avevano fatto piacere le buone notizie date da Giles, che forse si sarebbe trasferito per qualche tempo in città avendo nostalgia di quando era bibliotecario; ambedue gli occupanti dell’appartamento speravano sinceramente e di cuore che Wood gli avrebbe ridato il suo vecchio posto, benché Xander non capisse esattamente tutta questa nostalgia di Giles verso l’intrattenere rapporti con teenagers californiani: forse invecchiava e sentiva nostalgia di quando aveva qualche anno meno e di quello che faceva allora. Questi pensieri, non molto approfonditi in verità, avevano accompagnato il giovane nel suo ingresso nel regno di Morfeo e stava dormendo alla grossa, senza incubi o fastidi quando qualcuno si attaccò senza remore al campanello e lo fece trillare senza misericordia. Xander saltò sul letto come se uno scorpione l’avesse punto e, totalmente instupidito quanto allarmato, non accese neppure le luci della camera ma si slanciò alla porta così com’era, in maglietta e boxer. Senza neppure pensarci aprì la porta, perché almeno così quel suono maledetto che gli perforava la mente sarebbe terminato, e in un solo istante Amy gli si gettò addosso, urlante, piangente e, per dirla in poche parole, nel pieno della più terribile crisi isterica che lui avesse mai visto.
Kennedy, arrivata all’ingresso un attimo dopo di lui, rimase più perplessa che spaventata per quella scena e solo dopo che, abbastanza sveglia, si rese conto esattamente in quale stato miserevole era ridotta la ragazza iniziò a preoccuparsi. La condussero tremante e pallida come un morto nel salotto, mentre dalle urla era passata a un pianto ininterrotto misto a singhiozzi, che avrebbero fatto tremare anche il cuore pietroso di Golem, e a inconsulti mozziconi di parole e versi: la fecero accomodare sul divano, aspettando che si calmasse almeno un poco e Kennedy le andò a preparare qualcosa di caldo per ristorarla, anche perché Amy si era aggrappata al braccio destro di Xander e non dava impressione di mollarlo, mentre lui le passava la mano sinistra sulla testa, poggiata al suo petto, sperando che si distendesse quel tanto per capire cosa le fosse successo. Ne aveva viste di porcherie e malvagità e mentre la accarezzava con dolcezza cercava di intuire cosa fosse causa di tanto terrore: sul primo aveva pensato a una violenza ma la ragazza era ancora ben vestita e non aveva tracce di lividi o di colluttazioni, per cui pensò avesse assistito a qualcosa di terribile, omicidio probabilmente. Kennedy tornò con un tazza di the fumante e due di caffè e le posò sul tavolinetto davanti il divano mentre andava a prendere lo zucchero “The ?! Il the contiene teina, fa innervosire. Ma ti sembra il caso ?” le disse dietro Xander, che comunque aveva molto apprezzato l’idea del caffè per loro due, dal momento che, come al solito, anche quella notte si sarebbe dormito poco. “Gli inglesi e gli indiani bevono the e sono tranquilli; pensa a Giles.” C’era assai da ribattere a quest’affermazione ma Amy alzò la testa verso loro due e finalmente riuscì a dire qualcosa di sensato, seppur sempre tra le lacrime e sull’orlo di un singhiozzo “Non è che hai un po’ di latte ? Per il the, sai.” “Latte nel the ? Anche questo è molto inglese.” le disse Xander impiegando uno dei suoi migliori e più rassicuranti sorrisi; dalla cucina si sentì un “E anche molto disgustoso. Comunque sta arrivando.” e poi comparve Kennedy, sorridendo anche lei, che posò la busta del latte sul tavolinetto e guardò intensamente la ragazza, sperando che adesso finalmente si decidesse a dire qualcosa di utile.
Il racconto di Amy fu lacunoso proprio nei punti più importanti, quali la descrizione del figuro in frac, sue eventuali parole e cosa ne era stato delle altre ragazze: in definitiva quel tizio era entrato mentre Amy usciva e lei, dopo aver osservato per pochissimo tempo quello che stava facendo alle altre, era scappata via e quindi non sapeva neppure cos’era successo poi alle sue vittime. Tutto ciò, in ogni caso, era soprannaturale e magico senza dubbio, disse Xander “Si vede che sei molto esperto. Io non ci sarei arrivata.” motteggiò Kennedy e si alzò dirigendosi al telefono “Chi chiamiamo prima: Giles o Will ?” Telefonarono a Willow perché sembrò loro ingeneroso far preoccupare fin dalla sua prima sera quel povero inglese, ancora sfasato per il fuso orario; la strega rispose quasi subito e neppure troppo assonnata, nonostante l’ora. “Ciao amore, scusa se ti telefono a quest’ora.” “Colombella, che c’è ? Spero non un altro Golem ? Oppure mi volevi solo sentire. Perché se è così … cioè sono lusingata ed è tanto dolce ma sarebbe meglio non ci prendessi l’abitudine.” “O no, nessun Golem. Solo qualcuno o qualcosa che ha fatto delle cose atroci alle streghe locali.” Willow, non solo per curiosità personale, aveva letto molte cose sulle persecuzioni delle streghe, più o meno ufficiali: sapeva cioè come negli ambienti cattolici erano soggette a processi che molto spesso, nonostante ciò che si crede, terminavano in assoluzioni mentre tra gli ortodossi erano frequenti le insurrezioni dei contadini e della piccola nobiltà che terminavano in bagni di sangue, mentre le autorità riformate avvalendosi di inquisizioni locali nei bruciavano a dozzine per volta; sapeva anche che il più delle volte le vittime erano solo delle povere donne che praticavano aborti, si facevano pagare per non fare presunte fatture oppure erano solo epilettiche in forma leggera, giacchè le vere streghe riuscivano a scappare facilmente. Ma sapeva anche il Santo Sinodo Russo, il Vaticano e altre autorità religiose, per una più efficace lotta, avevano istruito particolari ordini religiosi o uomini di fede a determinate arti magiche atte ad annullare loro i poteri o a lasciarle in balia di pericolosi chierici: tali erano quelli al seguito dei cavalieri di Bisanzio e anche Caleb, in un primo tempo, aveva pensato fosse stato legato a loro. Per questo chiese subito se era stato un prete, o qualcuno ad esso assimilabile, e alla risposta negativa un pensiero orribile le balzò alla mente, ma l’aveva subito escluso: la persona a cui aveva pensato doveva essere morto da qualche decennio, visto che era dalla Seconda Guerra Mondiale che non c’erano più notizie attendibili su di lui. Quindi chi poteva essere ? La descrizione del rito che lui aveva fatto non era per niente incoraggiante, ma era ancora presto per tirare delle conclusioni: qualcuno doveva andare al Campus a rendersi per bene conto com’erano ridotte quelle poverette e Willow suggerì ci andasse Kennedy perché se quel tizio stava cercando Amy allora non era più là e quindi la sua colombella era al sicuro e, visto che di solito i cacciatori di streghe lasciavano in pace le persone normali, neppure Xander correva pericoli se quello fosse arrivato ad Amy. L’unica che rischiava era solo quella strega, ma a Willow non importava molto: ovviamente tutto questo ragionamento rimase nella sua testa. Terminata la conversazione con l’obbligo di richiamare al ritorno dall’ispezione, Kennedy telefonò a Giles: la Cacciatrice andava in missione e un Osservatore faceva comodo. L’inglese brandì la cornetta e ci borbottò dentro un iroso “Cosa vuole a quest’ora ?” che lasciò interdetta la ragazza “Scusi signor Giles per l’ora ma l’attività demoniaca è tornata a Sunnydale.” “Ah, sei tu. Scusami, pensavo fosse … lasciamo perdere. Cos’è successo ?” “È un po’ complicato spiegarlo. Non glielo abbiamo detto prima ma ora abbiamo bisogno di lei: arrivo tra poco con la macchina e le racconto tutto.” La voce di Giles vibrò di insicurezza “Prima dimmi se è successo qualcosa … a qualcuno.” “Le streghe locali sono state aggredite, credo. Ne abbiamo una che è scappata qui da noi. È Amy, la conosce vero ?” Dall’altro capo della cornetta ci fu un lungo silenzio interrotto alla fine da un lugubre “Vieni subito, io mi preparo in fretta.”
Mentre Xander faceva parlare Amy, che si lasciò andare al ricordo del Liceo, della magia e del uso inconsapevole fino alla dipendenza, Kennedy terrorizzava Giles con la sua guida fin troppo sportiva: in fondo di notte, visto che nessuno passa, perché aspettare il verde del semaforo ? E così sfrecciava per le strade della nuova Sunnydale (che pure era sempre afflitta dai soliti problemi, a quanto pareva) più per provare l’ebbrezza della velocità nelle strade sgombre da traffico che per la preoccupazione circa lo stato delle streghe, raccontando al contempo del Golem. Arrivati a destinazione, dopo un laborioso parcheggio, che costò diverso tempo e sudore freddo alle macchine circostanti, si diressero spediti verso l’aula indicata da Amy: entrando riconobbero il corridoio e la porta a vetri descritta dalla terrorizzata fanciulla. La porta era socchiusa, vi si avvicinarono e dall’inquadratura della parte vetrata videro uno spettacolo agghiacciante: illuminate solo da due fioche lampade al neon appese al soffitto stavano ben allineati sul pavimento una decina di corpi, composti al centro della sala con le gambe ben distese, le braccia lungo i fianchi e i rispettivi giubbotti e soprabiti stesi sul corpo. Il rapporto con la morte per Kennedy, ma in verità per molte altre Cacciatrici, era insolito: per quanto fossero abituate a uccidere demoni e a combattere con vampiri, cioè cadaveri resuscitati, rimanevano sempre moltissimo scosse alla vista dei corpi senza vita delle persone, se sapevano che non dovevano rialzarsi di lì a qualche ora. La caccia, le ronde e le ricerche, la stessa lotta, non aveva nulla della profonda e misteriosa sacralità che ammantava la morte, più o meno naturale, e che loro percepivano con maggiore profondità in tutta la sua insondabile grandezza. Si strinse istintivamente a Giles, che però sembrava solo sconcertato e dubbioso, non spaventato o turbato: lui aprì la porta ed entrò nella stanza avvolta nel silenzio, avvicinandosi pian piano a quei corpi senza vita. Si inginocchiò titubante vicino ad uno, una bella ragazza dai capelli rossi, e le posò la mano sul collo, lasciandocela per qualche tempo e poi si girò verso Kennedy, rimasta dietro di lui, discosta ad osservare quella spettacolo funereo. “Respira. Sono tutte ancora vive. Cerca un messaggio, credo sia da qualche parte qui intorno.” “Dice ?” “Psicologia, Kennedy, solo psicologia: se uno prepara tutto questo spettacolo lo fa per dire qualcosa.” Ed effettivamente su un tavolo, vicino ai pasticcini invenduti, c’era un biglietto da visita dello stesso tipo di quello che aveva accompagnato il pacco dono la sera del Golem: corona, stemma, motto ma nessuna firma, ed era posato sopra un tovagliolino di carta su cui si spandeva una fitta e morbida grafia. “Fate mettere al caldo queste ragazze: un po’ di brodo, di cognac e una lunga dormita le ristoreranno. Quanto la loro magia, comprenderanno che senza vivranno meglio, lontano da arti che non comprendono e che non avrebbero neppure dovuto imparare.” Kennedy lo lesse ad alta voce, mentre Giles cercava di farne rinvenire qualcuna, in modo da poterle portare nelle rispettiva camere: lei pensava con terrore all’idea che lì in mezzo potesse esserci Willow, lui che quell’uomo era totalmente pazzo e megalomane e che nei prossimi tempi avrebbe creato grossi problemi. Finalmente una ragazza si destò e Giles si affrettò a farle bere del punch che c’era sul tavolo, sperando le desse forza e sostanza: Kennedy, quando vide che era abbastanza lucida, le domandò cosa fosse successo e chi ne fosse responsabile. Dopo che ebbe descritto la scena che loro già sapevano per il resoconto di Amy, aggiunse che l’uomo in frac, che non aveva mai smesso di sorridere, aveva detto che ancora una volta Vigio l’Inclemente aveva umiliato la superbia donnesca di chi aveva voluto osare arrogarsi il potere di mutare le leggi del Creato e che non ci sarebbe mai più stata nessuna strega a Sunnydale, e che quelle che se ne erano andate era meglio mai più vi mettessero piede, con il loro bagaglio di colpe e di peccati da espiare, perché in tal caso nessuna persona le avrebbe salvate. Avrebbe dovuto essere più forte ed impassibile, ma Giles non riuscì a trattenersi e sprofondò la testa tra le mani, oscillandola e ripetendo piano “È pazzo, è pazzo, è pazzo.” Solo sentendo questo Kennedy smise di pensare a Willow, a cui le parevano chiaramente riferite quelle parole, e guardò con curiosità mista a timore l’Osservatore, che evidentemente conosceva il maniaco.

ATTO IV
Amy stava seduta sul divano, le spalle cinte dal braccio di Xander, evidentemente preoccupato; Kennedy era in piedi appoggiata allo stipite della porta e Giles, pallido come un cencio, era sprofondato in una poltrona: tutti attendevano parlasse, ma lui stava pensando come prendere tempo e mentire loro nel modo meno sfacciato possibile. Prese fiatò e iniziò il suo racconto “Il Conte di San Germano è un essere vagamente mitologico che da più di quattro secoli uccide e terrorizza demoni, vampiri e toglie i poteri alle streghe. Nessuno sa come faccia a vivere così a lungo. Ha spesso aiutato le Cacciatrici, molto spesso, pare abbia un carattere insopportabile e credevo fosse morto perché è dalla metà degli anni Sessanta che non se ne sentiva parlare.” Disse tutto ciò vergognandosi profondamente e senza guardare Xander, Kennedy e la povera Amy in faccia: prima o poi le sue menzogne sarebbero cadute, e allora sarebbe stato un problema immenso. “Streghe a parte è insomma una brava persona ? Insomma, quello che ha fatto a quelle ragazze è orribile ma almeno noi non dovremmo avere problemi con lui, giusto ?” Xander non era molto preoccupato, adesso che Giles aveva parlato: bastava proteggere Willow, magari non farla tornare a Sunnydale per un po’ ed tenere nascosta Amy per un qualche tempo. “E così aiuta le Cacciatrici ? E dov’era mentre The First ci prendeva a calci il culo ?” chiese Kennedy che già lo amava poco, fin da quella prima telefonata “Oh, stava proteggendo una parte delle potenziali, in Siberia o nel Sinai.” rispose Giles, che non appena terminò la frase capì il grosso errore e cercò di porvi rimedio subito aggiungendo che così aveva sentito dire, ma credeva fossero solo leggende senza fondamento. Quando avrebbero saputo la verità sarebbe esploso un putiferio terribile, ma per ora era meglio non pensarci e prendere tempo: concluse la discussione dicendo che avrebbe fatto qualche ricerca e delle telefonate per informarsi meglio, vergognandosi come poche volte gli era capitato.
Benché iniziasse ad essere tardi Dawn non si stupì eccessivamente dello scampanellio alla porta: era abituata a tali cose che anche un elefante rosa con le orecchie blu non l’avrebbe impressionata molto. Aprì la porta e rimase stupefatta per la visita: non lo vedeva da più di un anno e inoltre sapeva che quando compariva c’erano sempre problemi. In verità, tra tutti quelli che erano passati per casa loro, lui non era tra quelli più simpatici, almeno secondo lei: sempre triste (meno male, l’ultima volta che aveva provato la felicità …), tenebroso e raggomitolato nel suo eterno fardello di dolore, sfuggente in un certo qual modo, e inoltre aveva arrecato dolore a sua sorella, ma questo non era una novità anzi, un punto costante tra tutti i suoi ex. Parlò prima lui “Ciao Dawn, scusa per l’ora.” che era forse la frase più sciocca che potesse dire ma, solitamente, se era in imbarazzo uscivano dalla sua secolare bocca terribili stupidità. “Ciao Angel, che sorpresa !” Lui fece quel mezzo sorrisetto che faceva impazzire Buffy, con il volto in penombra per la pessima luce del corridoio del palazzo, e le tese una mano in segno di saluto, un po’ troppo formale per i suoi gusti; lei gli si avvicinò e gli diede due baci cercando di mostrarsi felice e di non dare a vedere che lo considerava solitamente foriero di cattive notizie; ma non resistette a lungo. “Entra pure, ora chiamo Buffy, che sta lavando gli ultimi piatti.” Lui si mostrò un poco sorpreso: gli era difficile immaginarsela intenta in attività così muliebri. “Lo so, ceniamo un po’ tardi. Tu sei qui in visita o per qualche apocalisse ?” Dawn aveva detto la parola magica, quella con cui qualsiasi Cacciatrice nel raggio di miglia avrebbe drizzato le orecchie: Buffy comparve nell’ingresso di casa e per lei fu come un fulmine nel cuore e un tuono nelle orecchie vedere davanti a sé Angel, affascinante come era sempre stato, che le sorrideva in quel suo modo particolare che la faceva impazzire. Purtroppo tutto ciò durò un solo attimo perché si rese conto di essere terribilmente inadeguata: le pantofoline rosa di pelo, un vecchio paio di calzoni di qualche tuta, una mogliettina vecchia e sdrucita coperta dal grembiule con la scritta “Baci alla cuoca”, i guanti di gomma gialli alle mani, che stringevano un piatto lavato e lo straccio per asciugarlo; sorvoliamo per gentilezza sul trucco e i capelli. Prima che cercasse di scomparire nel pavimento per la vergogna intervenne Dawn, divertita per la scena “Ok, ora tu vai a renderti presentabile e Angel non si ricorderà mai di averti vista così.” Lui sorrise appena, lei sparì veloce nelle camere mentre la sorellina faceva accomodare l’ospite e si domandava cosa mai offrirgli da bere: non avevano sangue di maiale in congelatore, una delle buone abitudini di Sunnydale andate perdute. “Non mi hai ancora risposto: apocalisse o visita di cortesia ?” Dawn era in piedi davanti a lui, seduto nel divano del salotto: sorrise cercando di prendere tempo “Magari ho di nuovo perso l’anima e vengo per uccidervi. Ovviamente è una battuta. Volevo sapere se siete in pericolo: avete incontrato qualche fantasma di recente ?” Dawn alzò le sopracciglia e cercò di ricordare se c’era stato qualcosa di simile che le avesse coinvolte: no, niente fantasmi, ne era quasi sicura. Gli chiese di Cordelia e Fred, delle attività a Los Angeles, poco interessata alla conversazione che sapeva sarebbe finita presto: non appena Buffy si fosse resa presentabile lei si sarebbe congedata per lasciarli soli. Arrivò poco dopo, truccata abbastanza per sembrare acqua e sapone, un bel vestitino scuro e coi i capelli un poco più sistemati: si sentiva abbastanza stupida a mostrarsi così agghindata dopo che lui l’aveva vista così com’era realmente a casa, ma in fondo anche questo faceva parte delle regole del gioco. “Qualche fantasma ha cercato di ucciderci negli ultimi tempi ?” le chiese Dawn con malcelata ironia. “Nessuno. Li dobbiamo per caso attendere ?” Era la prima cosa che si dicevano da quell’addio a Sunnydale e lei, nel suo cuore innamorata come lo era sempre stata, da prima di quell’immortale bacio dato nella penombra della propria camera di adolescente, era così scossa che non sapeva neppure che dire o che fare, se stare in piedi o seduta, trattenendosi a stento dal gettarglisi addosso per stringerlo a sé e sentire il freddo ma adorabile contatto della sua pelle. Ogni volta che lo guardava, anzi, che lo pensava, sapeva perfettamente che non lo avrebbe mai potuto allontanare dal proprio cuore: tra un problema e l’altro erano stati assieme per due anni o poco più, amanti veramente una volta sola, ma nulla era dolce e struggente e doloroso come il suo ricordo. Tutto questo le stava venendo fuori all’improvviso e tutto assieme: Dawn se ne accorse subito e prese la decisione di monopolizzare la conversazione su Cordelia e su Los Angeles finchè la sorella non avesse ripreso pienamente il controllo di sé e delle proprie emozioni; Angel forse se ne accorse, ma era così difficile leggergli dentro.
Subito dopo che Giles se n’era andato Kennedy prese la cornetta e compose un numero di telefono, prima ancora che Xander potesse dirle qualcosa. “Pronto, Kennedy sei tu ?” domandò Willow per metà addormentata e per metà preoccupata. “Sì amore, e qui ci sono delle grosse e brutte novità.” “Mi piacciono queste conversazioni nel cuore della notte, sono sempre così allegre” chiosò sullo sfondo Xander.
Willow, vuoi per il sonno, vuoi per gli studi, per un solo istante rimpianse di avere incontrato Buffy, di avere scoperto cos’è una Cacciatrice e di essere finita a fare da consulente telefonico sempre reperibile. “Sai nulla di un certo Vigio l’Inclemente ?” “Ah, “la Cacciatrice uccide, Vigio distrugge” oppure “La maledizione dei vampiri, l’incubo delle streghe e il flagello dei demoni”: ci sono un sacco di proverbi e appellativi, ma è da molto che non se ne sente più parlare. Sapevo che aveva estinto o quasi una razza di demoni in … perché me lo chiedi ?”
Ci volle qualche momento perché Willow recepisse che una domanda del genere a quell’ora non ispirava nulla di buono. Kennedy inspirò profondamente e, per quanto le fosse possibile, le disse tutto, anche quello che le aveva taciuta su quella sera del Golem; Xander la osservava silenzioso, scuotendo la testa.
Vigio l’Inclemente, Conte di San Germano, stava facendo una cosa che di solito trovava spiacevole: mangiava fuori l’orario dei pasti. Miss Stewart, la cameriera, gli aveva riscaldato un po’ di pasticcio d’oca e se lo stava degustando con del rosso di Borgogna comodamente seduto a letto, avvolto nella vestaglia di seta e desiderosissimo di una lunga e bella dormita: l’indomani mattina doveva lavorare e voleva avere lo sguardo riposato e la mano ferma.
Tutto taceva in casa poiché Margot spostandosi non faceva rumore, se non quando era nervosa per qualcosa e allora faceva sbattere porte, finestre e le palle del biliardo sul tavolo verde: quella volta era entrata in camera sua tranquilla e posata. “Sei una cosa incredibile: c’era la marsina del frac tutta piena di briciole.” “Si sbriciolava: non è colpa mia se non sanno cucinare bene i dolcetti. Comunque lo hai fatto spazzolare, vero ?” Non aveva affatto voglia di una discussione di economia domestica con lei a quell’ora, ma dal suo tono sapeva per certo che doveva accadere: aveva sempre da ridire sui domestici. “L’ho spazzolato io, quella non lo faceva con abbastanza cura. Dovresti scegliere meglio la servitù: con queste tue manie filantropiche e … e … non mi viene un aggettivo per la scelta del robot e dell’inglese … insomma, dovresti sceglierli più qualificati !”
Lui finì il pasticcio, bevve l’ultimo sorso di vino ben sapendo che queste spiacevoli conversazioni gli avrebbero provocato acidità di stomaco e cattivo sonno, sospirò e domandò paziente: “C’è dell’altro ? Le energie delle streghe sono a posto ?” “Sì, non erano poi tante. Pensavo ci andassi con la solita tenuta da caccia, anche se in frac sei molto più bello, e poi con quel tuo riferimento a … Willow, giusto ? Facevi molto Marlon Brando nel Padrino: che quella strega non si azzardi a venire qui, altrimenti sarà cibo per i pesci. L’Osservatore che dice ?” Lui sorrise compiaciuto.
“Che vuoi che dica: strepita, strilla, si lamenta, urla e mi accusa. Hanno colto la non velata sfida a quella femmina viziosa, tutti sono preoccupati e la biondina non userà mai più la magia da tanto che è traumatizza: speriamo si riprenda, mi potrebbe servire. Immagino tra poco circoleranno le solite leggende su di me, quindi dovrò avere un rendez-vous con la Cacciatrice e preparare un’entrata trionfale, fantasmagorica e barocca nelle loro vite: “È del poeta il fin la meraviglia”.” “Cielo, quel terribile napoletano ! Non mi è mai piaciuto.” Neanche lui aveva mai apprezzato quel lascivo pomposo cavaliere, ma non era il momento di discutere di Marino e Marinismo. “Vedrai, i tempi si stanno per compiere. Potresti per favore portare in cucina piatto, posate e bicchiere ?”
Amy ovviamente quella sera avrebbe dormito da Xander: come si sarebbe potuto mandarla da sola a casa, in quello stato di terrore da cui non si era ancora risollevata ? Mentre le stava preparando il letto, il proprio, e lui avrebbe dormito sul divano, lei entrò silenziosamente nella stanza e chiuse la porta, con uno sguardo serio e determinato in volto.
“Ti voglio parlare Xander.” Lui si girò e per un breve momento ebbe la visione di quella che poteva essere una piacevolissima nottata: sfoderò un sorriso maliardo e con ampio gesto della mano la invitò ad accomodarsi sul letto, affianco a lui, stupendosi un poco di come la situazione emotiva della ragazza fosse mutata. “Ti ho pensato molto dopo che … c’è stata quella distruzione. Ho pensato molto a te, a quello che hai fatto in tutti questi anni …”
Sì! Xander si sentiva Bruce Willis, e, messo il braccio sinistro intorno alle spalle di Amy si preparò a far partire la mano destra verso il volto di lei, prodromo del bacio. “E ho pensato anche a Willow e Buffy, e a quanto io sia diversa, e a quanto abbiano fatto, nel bene e nel male.” Questo non lo capì molto, ma ebbe la sensazione orribile che forse non tutto sarebbe andato come aveva previsto. “In che senso ?” Lei gli sorrise dolcemente. “Voi avete fatto tantissimo per tutti gli abitanti della città, e senza problemi vi siete serviti di vampiri e di quella … e di Willow. Io sono una strega sensata, adesso mi so dominare e non cerco vendetta: vorrei mi ingaggiassi per aiutarvi, anche se Kennedy non mi piace tanto ed è reciproco. Inoltre nel negozio ho un po’ di roba che vi potrebbe servire.”
Xander iniziò a sorridere, poi a stento trattenne le risa e alla fine guardò Amy con gli occhi lucidi: come se fosse presente si era immaginato Anya lì davanti che gli diceva: “Xander Harris sei incorreggibile, e se fossimo in un cartone animato adesso ti cadrebbe in testa un pianoforte, proprio come a quell’odioso coniglio.”
Dopo che Dawn se n’era andata augurando la buona notte Angel si sentì ancora più teso e, se fosse stato vivo, si sarebbe sentito mancare l’aria. Lei se ne accorse, come sempre, perché non c’era distanza, lite o altre persone che fossero riuscite a farle dimenticare come leggere dentro di lui.
“Niente fantasmi, vero ? E neppure visita di piacere, temo: la solita apocalisse.” In un impeto di nervosismo lui fece crocchiare le ossa della mano destra e fece uno strano ghigno. “Beh, quando ho saputo alcune cose ho pensato che fossero proprio i segni dell’apocalisse. In senso figurato, intendo.” Lei lo guardò perplessa, lui iniziava a innervosirsi da solo. “È una storia strana, per così dire.” “Una storia strana ? Sarà la prima volta che ne sentirò una, Angel.” gli disse sorridendo e non nascondendo l’ironia. “Beh, io credo che ti stupirà. E anche ti farà arrabbiare, temo.”