Sotto Pelle

(NoFear)


di MargotJ




You lived your life like a sleeping swan
Your time has come
To go deeper
Your final journey has just begun
But destiny chose the reaper


(NoFear, TheRasmus)


** Hai vissuto la tua vita come un cigno addormentato/ E' giunto il tuo momento/ Di andare più a fondo
Il tuo viaggio finale è appena cominciato/ Ma il destino ha scelto la morte (NoFear,TheRasmus – thanks to
http://www.dartagnan.ch/ )





Lost, angst,slash,nc17

Sawyer/Jack


I personaggi delle serie "Lost", appartengono ai legittimi autori e ideatori e alla ABC,

l'autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.


Timeline: Prima e seconda stagione più o meno coerentemente. Spoilers.


Nota dell’autrice: di base è mia intenzione non negare nulla di ciò che si è visto nella serie.

Tutti i fatti sono accaduti, ogni puntata è stata mantenuta in quanto tale.

Questa è solo una personale rilettura di alcuni eventi, inevitabilmente parziale e soggettiva.

La trama si sviluppa in scene non descritte o plausibili se si considera una relazione tra i due, senza intaccare quello che credo sia il filone centrale della serie, ovvero l’isola, i suoi segreti e i suoi abitanti.






A Micia, perchè era un po’ che non avevamo un segreto.

E perché ha guidato ogni mio passo per questa via.


E a Benedetta. Perché penso a lei, ogni volta che mi metto alla prova.


Un particolare ringraziamento a Ingebord che, un giorno,

ha provato a metterci tutte in guardia sul non passare mai,

se possibile, dal sesso all’intimità



PARTE PRIMA


Perché ti preme tanto salire su quella zattera?

Perché su quest’isola non c’è niente per cui valga la pena restare

(Kate/Sawyer, Exodus Part1)


In mezzo al mare. Nel buio e nel silenzio.


“Tuo padre faceva così?” – domandò Michael guardandolo di traverso e armeggiando con il radar improvvisato – “Usava il palmo della mano?”

Sawyer sorrise, divertito.

“No.” – replicò, senza prendersi nemmeno la briga di scuotere la testa. O di guardarlo – “Non ha mai avuto l’occasione di picchiarmi. Si è sparato alla testa che avevo otto anni.”

Michael perse la concentrazione. E lo fissò meglio. Il bel profilo, i capelli legati, gli occhi perennemente ironici, anche con una verità del genere che si disperdeva intorno. Una confessione per un uomo, un bambino addormentato e un coreano senza l’uso della parola.

Fuggevolmente si domandò perché ora, perché a lui... e che vantaggio avesse Sawyer a raccontargli il suo passato.

Perché doveva esserci. Quello non era tipo da debolezze.

Oppure…

“E’ per questo che vuoi morire?” – domandò a bruciapelo.

“Come?”

La sua espressione valeva la pena di imboccare quella via di ragionamento.

“E’ dal giorno in cui ti sei offerto di venire che me lo chiedo… Perché uno che pensa solo a se stesso dovrebbe rischiare per salvare la pelle degli altri?”

Sawyer lo guardava. Occhi verdi leggermente sgranati, in attesa.

“A mio avviso.” – aggiunse Michael, con cautela – “Le risposte sono soltanto due.


O sei un eroe.


O vuoi morire.”


Impiegò un attimo a rispondere.

Sorrise, appena. Si sforzò, senza riuscire. E dovette abbassare lo sguardo, cercando di celare quell’indecisione.


“Io non sono un eroe, Michael.” – rispose, il dolore nel cuore.


Non sono io l’eroe.


E, in quell’istante, il radar emise un avviso acustico. E il destino di tutti loro divenne presente.


***


La domanda di Michael non era poi così stupida.


Fu l’ultima cosa che riuscì a pensare, mentre la pallottola penetrava nella pelle e si incastonava sull’osso. Istintivamente, cadendo, compresse la ferita, come aveva fatto Jack, quel giorno, per sfilare il coltello di Sahid.

Strinse e sentì il sangue uscire comunque, di diversa temperatura rispetto all’acqua. Strinse più forte, chiedendosi se sarebbe mai riuscito a imitare la forza di Jack, quel suo comprimere, stringere, sfiorare così rassicurante.

Si illuse per un attimo di bastare a se stesso.

E poi capì di essere solo, nel buio, a pochi metri da un relitto in fiamme, da alcuni assi e dalle urla di Michael.


Le urla, certo. Eppure non sentiva le sue parole. Non gli fregava un accidente del suo stare fuori di testa per quel moccioso. Non gli fregava nemmeno del moccioso in sé, dopotutto, pallottola a parte.

Per Sawyer la voce di Michael era fatta solo di domande, in quel buio.


Perché vuoi morire, Sawyer?


Cercando di restare a galla, ansimando e lottando per non andare a fondo, provò il desiderio di farsi una risata. Una bella risata, in faccia al suo istinto di sopravvivenza, quello per cui nuotava e cercava di fermare un’emorragia. E pensò che, dopotutto, quella era un buon momento per darsi qualche risposta.


Perché vuoi morire? Ho sempre voluto morire, non vedo perché cambiare ora.


Perché sono qui? Perché sono un uomo con parecchi segreti.


Perché è qui che voglio morire? Perché ho un segreto.


Il segreto? Jack.


Jack vive come un uomo tra gli uomini. Ma fotte come un dio.


Adesso si, sorrise, mentre i polmoni gli si riempivano a malapena d’aria, prima di affondare. Adesso so per cosa ridere.


***


L’inizio.

Tempo addietro, jungla, caldo umido, silenzio se si può definire tale.


Sahid lo aveva legato. E non aveva perso tempo. Le mani sanguinavano, le unghie erano sollevate, le sue urla riempivano, mal soffocate, il vuoto circostante.

Ma l’uomo non cedeva. Alzava gli occhi verso l’arabo, sorrideva e sputava qualche insolenza.


Istinto di sopravvivenza lo chiami, pensò Jack, guardandolo, ci scommetto.

Badi solo a te stesso.

E al meglio che puoi ottenere da chi ti circonda.


Aprì le mani, le richiuse, fissandosi le nocche.

L’aveva picchiato, meno di venti ore prima.

La prima volta in vita sua che picchiava un uomo senza lasciargli il tempo di difendersi.

Si era lanciato su di lui, il braccio già alzato, la certezza matematica di giungere inaspettato.

Ed aveva letto sorpresa nei suoi occhi, prima che rabbia. Quasi autocompiacimento, come se quel gesto confermasse una teoria a lungo ponderata.

Una battuta, ancora un pugno.

Ma a Sawyer non era importato.

Gli aveva semplicemente sorriso.

Tutto qua? Aveva chiesto.

Tutto qua?


E la voglia di picchiarlo era passata, di colpo. Evaporata.

L’aveva solo lasciato andare, rialzandosi da solo, incespicando appena, la bocca sanguinante e gli occhi maligni. L’aveva sentito allontanarsi, ma non si era voltato.


Si voltò, all’ennesimo urlo, dandogli le spalle.

Inutile. Altra provocazione, altra tortura.

Ancora.

Un’altra unghia sanguinante. E quello sguardo verde ancora limpido e irriverente.


Era Sawyer, dopotutto, non ci si poteva aspettare molto di diverso da lui.

La perfetta coerenza tra parola e azione in atto.

Morire prima di cedere. Sorridere sempre, sfottere se necessario. Fottere, se si presenta l’occasione.


Stupido idiota, cosa credi di fare?


Jack lo fissò ancora. Pesto, sanguinante, intontito probabilmente dalle fitte di dolore. Ma ancora Sawyer. In ginocchio, legato, ma con la fierezza del predatore libero.

Inutile ragionarci. Ci aveva provato.


“Ma prima di parlarmi.” – considerò il medico, sottovoce – “Hai preferito la tortura.”


E hai ancora quella dannata frase sulle labbra.


Tutto qui?

Tutto qui?


Non ti basta mai, vero Sawyer? Implori Sahid di non fermarsi, fai battute.


Tu sei pazzo.

Pazzo sul serio.


Cosa c’è in te, che non riesco a capire… cosa c’è di me che hai colto così bene da tenermi quasi in pugno…


È veramente tutto qui, Sawyer?


La pazienza di Jack poteva essere infinita, per molti frangenti ma non per la violenza gratuita. Anche su un essere immondo del genere, capace di lasciar soffocare una ragazza per puro orgoglio, gli sembrava eccessiva e barbara.


“Sahid, basta.” – mormorò, d’un tratto – “Se è a Kate che vuole dirlo, accontentiamolo.”


Tutto quello che vuole. Tutto per smettere questo massacro.

Tutto per non sentire più le sua urla martellarmi le tempie.


Aveva rialzato la testa, aveva sorriso innanzi a quelle parole.


“Il dottorino ha sempre ragione, Saddam.” – sussurrò, con un filo di voce – “Ascoltalo e chiudiamo questa farsa. Chissà cosa non ci stiamo perdendo, in spiaggia…”

Jack si chinò verso di lui, fino ad incontrarne lo sguardo.

“Mi dici cosa ti passa per la testa?” - domandò, senza trattenersi – “Sono medicinali, santoddio. Medicinali di cui non ti fai nulla ma che possono aiutare un’altra persona. Perché, Sawyer? Solo perché.”

Sawyer alzò gli occhi verso di lui. Jack aveva enormi occhi trasparenti. Non c’era un’ombra, non c’era nulla nell’interno se non la certezza di poter scegliere sempre la cosa giusta.

Di poterla fare, fino ad un passo dal cambiare il corso degli eventi.


E Sawyer ne fu invidioso. E ammirato.


“Tutto ha un prezzo, Doc…. tutto.” – ribattè, piegando il capo, come se fosse troppo pesante restare diritto, tradendo appena il limite di sopportazione raggiunto.


Una risposta alla Sawyer… Eppure Jack ebbe l’impressione di vedere qualcosa, qualcosa in fondo agli occhi.


Avanti, Doc, vieni a prendermi.

Sono qui.

E ti sto aspettando.


Sbattè le palpebre, sorpreso.

Un lampo, quel lampo era svanito in fondo agli smeraldi.


***


Non aveva bisogno di spiegazioni.

Nell’attimo stesso in cui Kate era tornata verso di loro, Jack aveva capito, intuito e soppesato il prezzo che Sawyer esigeva per le proprie verità.

Un finto amore, illusorio come le sue menzogne.


Tutto ha un prezzo.

Anche ciò che non si ha.

Tutto ha un valore, tutto può perderlo.


I nostri gesti, le nostre azioni, tutto si pone su una bilancia di precario equilibrio.

Dalla giustizia allo sbaglio... dalla vita alla morte.


Vero, Sawyer?


Non ebbe tempo di chiederlo.

Lo guardò solo liberarsi e lanciarsi su Sahid, arrivando troppo tardi a dividerli.

E appena in tempo, per rendersi conto di come il ringhio furioso fosse divenuto un rantolo di dolore.

Il coltello di Sahid era penetrato nel braccio di Sawyer, recidendo un’arteria.

Il sangue schizzò alto, colpendolo, colpendo Kate, facendoli sussultare.


Tutto ciò che aveva provato fino a quel momento, la preoccupazione per Shannon, l’orrore per le deliberate menzogne e la profonda rabbia innanzi alle labbra troppo rosse di Kate svanì. Quel suo dannato istinto alla guarigione, quel proiettarsi sempre verso la salvezza, la propria e l’altrui, ebbe il sopravvento.


E Jack tese le mani, afferrando il braccio, stringendo.

“Stai fermo.” – sussurrò, guardandolo.


E vedendolo, per la prima volta.


***


I passi di Sahid si allontanarono nella vegetazione.


Gli occhi di Sawyer cercarono i suoi.

E Jack sentì la propria presa allentarsi, per una frazione di secondo innanzi a quel mare verde.


La perfetta coerenza tra parola e azione in atto.


Ecco dove sbagliavo…


“Lascia stare.” – disse Sawyer, fissandolo. Un mare di emozioni in viso, ma senza alcuna traccia di paura – “Non vedi l’ora di farlo.”

“Non parlare.” - Jack strinse le labbra, cercando di mantenere a fuoco la ferita, premendo più a fondo le dita, cercando la fonte zampillante. Sangue, troppo sangue, maledizione! – “Non ti muovere.”

“Non ti pare vero, eh, dottore?” - Derisione. Derisione infinita nel girare appena il capo – “Puoi fare di nuovo l’eroe. Non vedi l’ora di farlo…tu sistemi tutto e tutti…”


Sbatté le palpebre, intontito, respirando in maniera sempre più serrata.


“Tu digli di mollare, Lentiggini.” – per te lo farà. Ti prego… digli di lasciarmi andare… - “Il bacio l’ho avuto, che altro vivo a fare…”


Chiuse gli occhi. Adesso, dopo queste parole, si confortò, lo sentirai allontanarsi.

Non sentirai più le sue mani, non sentirai più questa forza che mi penetra sotto pelle.

Adesso, adesso questo figlio di puttana ti farà il più grande regalo che può farti…


Ti prego… Jack…


Riaprì gli occhi. L’aria sembrava ostruirgli i polmoni, la luce stava divenendo troppo vivida.

Ma ciò che non cambiava, dannazione, ciò che non cambiava era la stretta del medico.


Sei un pazzo, Doc.


Non c’è più nulla da salvare, non te ne sei reso conto?


Forse no.


Forse sei come lei…


“Jack.” – si sentiva svanire, ma le parole erano ancora ben chiare nella mente, nel guardarlo. Nel chiamarlo per la prima volta per nome.

Nel vederlo chino, la pazienza e la comprensione dipinti da ampie pennellate nello sguardo.


“C’è una cosa che devi sapere… a parti invertite ti guarderei morire.”


***


A parti invertite ti guarderei morire.


Con una bracciata raggiunse una delle assi. E vi si aggrappò, con tutta la forza che aveva in corpo.


Jack, ripetè, senza riuscire a frenarsi.


Jack, sotto pelle anche ora, in questo oceano, in questo freddo buio.

Sei un figlio di puttana, Doc.


Mi hai salvato per questo… perché lo hai fatto.


A parti invertite ti guarderei morire. Lo sai, non ho mentito.

Non ti ho mentito mai. Ci ho provato…. Solo provato.


Hai sempre visto comunque la verità…


Si massaggiò la spalla. E ricacciò indietro le lacrime. Faceva così freddo, cazzo. Così freddo…

Si issò, di peso, cercando di respirare.


Stai fermo, non ti muovere.


È una parola, Doc. Stare fermo… non ne sono mai stato capace… lo sai…


Respirò a fondo, posando la guancia al legno bagnato.


Quando si era svegliato, anche Kate gli aveva detto di non muoversi.

Vivo per miracolo.

Eppure vivo.


Aveva respirato piano. E l’aria gli era sembrata stranamente dolce e tiepida, sotto la grande tenda. Era sdraiato su un vecchio sedile. La ferita bendata stretta, il silenzio innaturale che circonda i letti dei malati.

“Jack?” – aveva chiesto, prima di riuscire a frenarsi. Gli occhi indifesi, liquidi fissi su di lei. Smarrito.


Jack?

Il primo pensiero coerente di un sopravvissuto. E l’ultimo di un condannato.


Dove è Jack?


Non gli era importato della risposta.

E quando Kate se ne era andata, lasciandolo con un segreto di meno e un dolore in più, Sawyer si era sorpreso a pensare a quelle mani forti.

Alla precisione che dagli occhi filtrava fino a quelle dita.


Come ora... ora, sperso nel mare della sua ultima notte.


Jack, primo e ultimo uomo della mia vita.

Perché amo le donne. E, probabilmente, anche Lentiggini.


Perché Doc, dunque? Perché l’ho già detto. Doc è il dio. A lui non si nega nulla.

E, con quelle mani, credetemi, sa salvare la vita.


Anche quando non ne resta abbastanza da riempirci un bicchiere.


***


Aveva dormito a lungo.

Giorni, forse.

E si era svegliato solo quando quelle mani erano tornate a posarsi su di lui.

“Ehi, dottore, sei venuto a rimediare al guaio?” – aveva chiesto, un filo di voce, guardandolo.

Occhi a malapena aperti che Jack si era ritrovato a fissare.

“Un guaio, Sawyer?” – aveva chiesto, svolgendo lentamente le bende – “E di che tipo?”

“Del tipo... è vivo quando non dovrebbe.”

“No.” – una risposta breve, in un tono assolutamente neutro dietro cui si nascondevano tumulti di pensieri e riflessioni.

Tutte intorno a una grande verità.


Sawyer che apriva la bocca e non sempre diceva ciò che gli occhi confessavano.


Jack gli gettò un’altra occhiata obliqua, contemplando il profilo dorato e gli occhi appena visibili sotto le ciglia.

“Muovi le dita, per favore.” – disse, tenendo la mano dell’uomo tra le proprie. E guardando la smorfia di dolore sul suo viso – “Con calma.”

La mano sembrò aver uno spasmo. E si strinse a pugno, serrandosi, fino a far divenire le nocche bianche.

“Non così.” – lo ammonì, prima di offrirgli un mezzo sorriso – “Mi bastava molto meno…”

Sawyer lo fissò interrogativo. E le mani di Jack si insinuarono nella sua, violando la stretta delle dita, distendendola.

“Ti provochi solo dolore, in questo modo. Smettila.” – aggiunse, massaggiandola, passando i polpastrelli sulle unghie martoriate da Sahid.

Gli sorrise, piegando la testa verso di lui. Senza osare muovere altro che gli occhi. E le labbra.

“Ma come, Doc. Da solo no e per mano di altri si?” – lo derise – “Interessante punto di vista…”

Jack non rispose. Ma quell’ombra di gentilezza passata sul suo viso svanì in una forma di serietà quasi ostile.

“Perché non mi hai detto che non le avevi.” – chiese, riferendosi alle medicine.

La voce suonò intima e personale, quasi senza inflessione interrogativa.

Troppo per divenire materiale per una battuta.

Sawyer lo fissò, la stessa ombra nello sguardo.


Già, perché non glielo aveva detto?

Non c’era nulla da guadagnare a inimicarsi il medico. Poteva tornare utile.

Non c’era motivo per…


Cazzate.

Non era una questione di tornaconto.


Perché aveva mentito a Jack?


Forse perché, stupido medico, sei la cosa più pulita che abbia mai trovato.


Jack…


Represse quell’indecisione, cacciando in fondo alla mente il suono intimo che aveva quel nome, anche quando non era pronunciato.

Jack.

“Che vuoi che ti dica, Doc….” – rispose, la mano ancora abbandonata tra le sue, senza nascondersi in un sorriso – “Non sono portato per le cose semplici.”


Né tanto meno per quelle giuste.


Non lo aveva detto.

Ma Jack aveva annuito, in silenzio.

E, un attimo dopo, le loro dita si erano irrimediabilmente allontanate.


***


Sawyer alzò le dita, piano. E alla luce della luna le vide nere, le sentì calde, appiccicose.


Come fai a non odiare il sangue sulle mani, Doc?


Non credi che sia strano avere la vita degli altri così sulla pelle? Non la senti mai strisciarti dentro, insinuandosi tra una cellula e l’altra?


Cosa hai provato con la mia? Hai avuto in dono qualche incredibile verità?


Bhe… con la propria è anche peggio, credimi.

Tossì, piano, girando su un fianco.

Michael continuava ad urlare, bisognava far qualcosa.

Magari dirgli di tacere, perché no…


Si fissò ancora le dita. E strinse, a pugno, l’arto. Lo muoveva, lo muoveva bene. La ferita non era poi così grave allora.


Puoi capirlo anche da te… a Jack basterebbe un’occhiata per dirti di metterti in piedi.


E tu non vuoi esser redarguito da un dottorino tutto gentilezza e dolciumi, vero?

È dunque ora di finirla...


Non muoio neanche questa volta.


Si mise seduto.

E respirò a fondo. Cos’è dopotutto un capogiro, se stai in pieno oceano su un relitto che può affondare con te seduto sopra?


Nulla, per la puttana.


Nulla.


Aprì gli occhi, sentendosi di colpo lucido. Poco oltre Michael continuava a rantolare, affondando.

Solo ora se ne rendeva conto, ora che non era più impegnato ad attendere la propria fine.

E, senza pensare troppo, Sawyer si rituffò in acqua, arrivando ad afferrarlo.


Non ti pare vero, eh, dottore?


Puoi fare di nuovo l’eroe.

Non vedi l’ora di farlo…tu sistemi tutto e tutti…


E, con un urlo, issarlo in salvo, mentre la ferita riprendeva a sanguinare.


Io non sono un eroe, Michael.


***


“Sono qui perché nessuno vuole avere a che fare con te.”


Si era pentito all’istante.

Si era pentito prima ancora di finire di dirlo.

Forse perché, per una volta, Sawyer aveva tenuto chiusa quella sua boccaccia grama. Chiusa dopo almeno quattro frecciatine esasperanti, certo… sulla medicazione, sulla tortura, sul suo senso d’onore sul perché si fosse presentato non richiesto… Ma finalmente chiusa!


“Lei si.”


Come non detto.

Non abbastanza chiusa.


E ciò che è troppo... è troppo.


“Fasciatela da solo.” – rispose, asciutto, girando i tacchi e andandosene.


Godendosi, finalmente un po’ di silenzio…

Un silenzio quasi fastidioso.


***


Tutto tranquillo alle grotte. Abbastanza da potersi allontanare.

Non di molto, certo. Come sempre.


Abbastanza solo per riflettere, sulla valigetta, sulle armi e , soprattutto, su Kate.

Kate che mentiva senza che nulla si vedesse nel suo sguardo... così diversa da…


Tu pensi di farle un favore... ma qualunque spiegazione ti abbia dato... ti ha imbrogliato.


Perché un bugiardo riconosce sempre un bugiardo, vero Sawyer?


“Ehi, Doc.”

Si fermò. Poi girò su se stesso. In attesa di una parola.

Eccolo. Fermo, al limitare della piccola radura. Una mano impegnata a tormentare il palmo dell’altra, massaggiandolo, con lentezza.

A Jack quel movimento non sfuggì.

“Problemi?” – chiese, professionalmente, indicando con il mento le dita.

“Si.” – l’uomo annuì – “Tu.”

Jack piegò la testa. E non trattenne una risata di sopportazione.

“Interessante. Per quale motivo? I quattro passi che devi fare per antibiotici e medicazione? Per qualche argomento già affrontato più e più volte sulla mia propensione all’eroismo?” – si avvicinò, incrociando le braccia, spostando alcuni rami con la punta del piede – “Accomodati, Sawyer, è giornata. Scegli. Per i lavori sporchi che mi fa fare Kate, affrontiamo di nuovo questo argomento?”


Sawyer, di tutta risposta, sorrise.

“Allora avevo ragione.” – commentò, gli occhi illuminati dalla luce oro del pieno giorno – “Ti ha imbrogliato…”

Jack lo fissò, perdendo per un istante la battuta pronta.

“Non sono affari tuoi.” – biascicò, guardandolo.

“Lo sono se decidi di parlarmene. Andiamo, Jack, proprio come due vecchi e buoni amici.”

“Noi non siamo amici. Non lo saremo mai.”

“Interessante certezza. Quindi niente partitine a golf, scommesse o piccole confidenze all’ombra del falò? Che peccato…” – piegò la testa, divertito – “Ci tenevo così tanto…”

Non aveva smesso di massaggiarsi la mano. La stessa che Jack gli aveva medicato, quella mattina ormai lontana.

La apriva, la chiudeva, con lentezza, come se gli piacesse sentire la tensione muscolare, l’elasticità dei tendini.

E quel movimento, ipnotico, ebbe uno strano effetto su Jack, quasi di un drappo rosso.

“Cosa sei venuto a fare, Sawyer?”


Probabilmente nulla.


Probabilmente.


Gli sorrise, beffardo. E, lentamente, mise le mani in tasca.

Jack lo fissava, in attesa. E, per una volta tanto, non sembrava essere calmo.


“Fammi indovinare.” – esclamò, d’un tratto, alzando una mano – “Dopo la bella conversazione con Sahid ti è sembrato il caso di venire da me? Si ricomincia con ordine?”

Il sorriso di Sawyer si spense di colpo.

“Ehi, non scaricare il tuo nervoso su di me.” – brontolò, infantilmente. E i capelli gli scivolarono in avanti, facendolo sembrare un ragazzino, come era stato per un breve istante, sulla spiaggia, mentre gli tendeva la valigetta e, con un garbo insolito, insinuava in lui il dubbio di dover stare attento – “Ti avevo detto di stare in guardia….”

“E per una volta che non menti e non calunni avrei dovuto darti retta e fare cosa?” – era così vicino che i loro corpi si sfioravano. Aveva occhi brillanti. E furibondi.


E dentro, con la sensazione di una morsa allo stomaco, Sawyer lesse la frustrazione di un uomo quasi innamorato e tradito.


Fino a questo punto ti fai far male da lei?


Oh, Doc... quanto mi deludi….


Sawyer strinse gli occhi, fissandolo dritto in faccia, aggiungendo una sfumatura al verde intenso.

“Forse avresti potuto fidarti.” – sputò, domandandosi perché gli fosse uscito così, di istinto.


E finendo un attimo dopo contro un tronco, con Jack completamente addosso.


Per prima cosa si prese la bocca, di violenza, senza lasciargli nemmeno il tempo di rifiutarsi, di respingerlo.


Al diavolo l’orientamento sessuale, al diavolo Kate.


“Oh si,” – annuì il medico, spiritato, guardandolo – Al diavolo Kate.”

E a Sawyer, stranamente, questa idea sembrò piacere.

“Perché no.” – ridacchiò mefistofelico, aggredendogli le labbra a sua volta e facendolo volare a terra.

Si rotolarono sulle ampie foglie verde cupo, picchiandosi, baciandosi senza freno. Jack gli tolse la maglietta nell’attimo stesso in cui il primo pugno di Sawyer lo raggiunse.

“Questo è perché nessuno può minacciarmi.” – ghignò lui, mentre l’altro lo fissava, sbalordito. E gli restituiva il favore continuando a spogliarlo.

“In tal caso, questo è per gli inalatori di Shannon.”

“Non cominciare, Doc, manteniamola su un piano personale.” – replicò, togliendogli la cintura – “Non intendo fare sesso con tutta l’allegra compagnia di Sherwood.”

“Pochi e selezionati?” – gli aveva afferrato i capelli e lo stava baciando, lasciandogli scie rosate con i denti lungo la pelle.


Solo uno, Jack.

Solo uno.


“Certo.” – Sawyer lo bloccò definitivamente, sedendoglisi a cavalcioni sullo stomaco e levandosi la maglietta, le braccia alte sopra la testa i capelli biondi già impegnati a ricadere – “Poche semplici regole, Doc. Regola uno: tra me e te solo ciò che è tra me e te. Regola due:…”

“Mai innamorarsi?” – lo sfidò, restando sdraiato, le braccia distese, la camicia aperta. E gli occhi già persi nei suoi.


Troppo tardi, amico mio.

Troppo tardi.


Sawyer non gli rispose. Si chinò soltanto, baciandolo, percorrendogli la pelle del torace con le labbra. E sentendosi abbracciare, mentre le loro posizioni si invertivano e le mani di Jack tornavano a stringergli le spalle, ad allontanarlo.

“Sei ancora in tempo.” – ansimò, improvvisamente serio.


Puoi ancora fermarti, se è questo ciò che vuoi.

Sono pronto.


Sawyer lo fissò un attimo interminabile. Sdraiato a terra, adagiato sulla calda vegetazione tropicale, fermo, sotto il suo peso, tra le sue braccia.

Tra le braccia di Jack… che lo lasciava libero con le parole ma non con il corpo.

La bocca gli si tirò in un’espressione di scherno. Per se stesso, per Jack per, cazzo, quello che stavano combinando.


E capì di non volersi fermare. Di non voler smettere mai, prima ancora di aver cominciato.


“Che aspetti…” – sussurrò, posandogli le mani sui fianchi – “Un invito scritto?”

Jack gli sorrise, appena.

E Sawyer si sentì montare dentro un’incredibile ilarità.

“Andiamo, Doc.” – insistette, ridendo – “Non siamo un po’ oltre per fermarci?”


Lo sappiamo tutti e due.

Lo hai capito nell’istante stesso in cui mi hai steso senza preliminari.

La civiltà è andata a farsi fottere, insieme a tutte le gentilezze che conoscevi.


Sono cose per gli altri, non credi?

Io voglio violenza. E mi aspetto che tu me la dia.


Subito.


Sawyer non aspettava altro. E Jack capì che aveva ragione. Era una questione di tempismo, di violenza, di autocontrollo superfluo.

Era una questione di gesti. E decisioni basilari.

Sin dalla prima spinta.


Una questione di violenza, si ripetè, penetrandolo senza rimorsi o preoccupazione.


Sentendolo gemere e non resistendo al desiderio di afferrargli i capelli, di fargli inarcare il collo, di intervenire sulla sua stessa respirazione, schiacciandolo, comprimendolo.

E violandolo a fondo, affondando, fino a sentire la schiena sotto al suo petto contrarsi per il dolore, irrigidirsi. Fino a non vedere quella mano, quella lunga mano nuda che tanto aveva fissato, stringere disperatamente un ramo, ferendosi.


Chinò la testa, chiuse gli occhi, la bocca contro la pelle, il suo fiato a provocargli un brivido. Rialzando la nuca, per piantargli i denti nella spalla.

“Sarà affar tuo coprire i segni.” – gli ansimò in un orecchio, mutando il morso in un bacio, respirando sulla pelle calda e umida.

“Non c’è problema.” – replicò lui, la voce roca, il cuore quasi in gola, la mano di Jack già duramente stretta intorno alla sua erezione, le spinte sempre più veloci – “Ci so fare con i segreti.”


A me i segreti, Jack. A te, tutto il resto.


Ma questo, forse, ora lo sai senza che te lo dica.


***


Represse un urlo.

E cercò di ignorare le macchie che gli si formavano davanti agli occhi.

Spinse le dita più a fondo, riuscendo a sfiorarlo un’altra volta.

Lo sento, pensò, rifilandogli un altro colpetto e arrivando finalmente a stringerlo.

Piano, cercando di respirare lentamente, ignorando Michael, Sawyer sfilò il proiettile dalla ferita.


Quasi impigliato alle dita, buono solo per essere lanciato in mare.

Vaja con dios, piombo. Sul fondo, con i pesci, le provviste, la mia pistola e la mia lettera.


Cercherò di non farvi aspettare troppo.


Ricadde all’indietro, piegando le ginocchia. La spalla irradiava come fuoco nel resto del corpo.


Mi sento bruciare…


Sorrise alle stelle, gli occhi chiusi.

Ti piaceva dirmi questa frase, vero Jack? Ti piaceva e non lo sapevi, la sussurravi addormentandoti, quando non ci restavano più forze...

Una gran frase con cui lasciare questo mondo…. Mi sento bruciare…


Sto bruciando, Jack.

Sto lentamente bruciando…


***


Nemmeno la pioggia lo aveva spezzato.

Nemmeno la pioggia aveva spento quel fuoco.


Il corpo di Ethan frettolosamente trasportato, le armi restituite, tutte tranne la sua, le mille domande, Claire, Charlie... E poi eccolo, quando disperava di rivederlo.


Ti sei fatto attendere…. Sawyer sorrise, vedendolo apparire dalla jungla e attraversare la spiaggia ormai deserta.

Sapevi dove trovarmi, noto… che novità…


Libero. Fuggito quasi da tutte quelle mani tese, da quelle facce desiderose di esporre le loro paure, le loro supposizioni.

Sotto una pioggia di nuovo implacabile, ricominciata al calare del buio.


In piedi, ansimante per la corsa, gli stessi vestiti fradici e infangati, i segni della lotta sul viso. Lontano dalle sue preziose grotte e dal suo proverbiale autocontrollo.

Sawyer lo fissò un attimo interminabile, dal riparo sotto la lamiera, i vestiti asciutti indosso, un frutto tra le dita.


Immobile.


“Resterai lì ancora a lungo?” – domandò, gettando lontano ciò che restava del suo pasto e strofinando le mani per pulirle – “Qui si da’ il caso che i vestiti siano superflui…”

Nessuna risposta.

Aggrottò le sopracciglia.

Jack era fermo, in piedi. E lo fissava.

“Jack?” – lo chiamò, sentendo nella propria voce una nota di preoccupazione, cercando di celarla, con un attimo di ritardo.


Nulla.


Occhi bui e fissi.

Si chinò, afferrando una coperta e alzandola sopra la testa, per ripararsi.

E percorse rapidamente quei pochi metri, per giungergli di fronte.

“Vuoi prenderti un accidenti, è questo che vuoi?” – domandò, maltrattandolo, senza riguardo.

“Non voglio essere il capo.” – replicò Jack, fissandolo negli occhi – “Solo questo.”


Non voglio essere quello che decide della vita e della morte.

Non voglio essere colui a cui devono affidarsi.


Piegò la testa, fino a posargliela sul petto.

“Non voglio, Sawyer.” – aggiunse, la voce stanca che diviene sospiro – “Non voglio.”


Sawyer rimase immobile. Le braccia alzate, la coperta sopra entrambi, la testa di Jack contro il suo petto.


Eccoci.


Adesso si che ci siamo realmente fottuti.


Violata la regola numero uno.

Superata la sottile linea della regola numero due.


Era troppo sperare che non succedesse…. Dannazione…


“Vieni con me.” – sussurrò, tra il rassegnato e l’intimo, assestandogli una lieve spinta in direzione del riparo – “E lascia qui fuori i tuoi problemi esistenziali. O lì dentro staremo stretti…”


***


Jack si era sdraiato, lo sguardo perso, una mano contro la fronte. Sawyer non si era sentito in dovere di parlargli, mentre gli toglieva i vestiti e li ammonticchiava in un angolo, lasciando che rimuginasse sulle sue grane.


Non ci voleva entrare nei problemi da leader di Jack, non gli interessavano.


Non vuole essere il capo? Bene, vorrà dire che la comunità se ne cercherà un altro.


Ma chi?

Il cacciatore di cinghiali? Il chitarrista omicida? O magari l’addetto alle comunicazioni della guardia repubblicana, perché no!

Oppure tra le ragazze, c’è solo da metterle in fila e scegliere.

No, considerò, in effetti.

Se Jack non fa il capo... o scelgono me o sono definitivamente fregati.


E visto che a me, di loro, non importa un bel niente…


Sotto i suoi occhi, Jack giaceva nudo, sdraiato su quel giaciglio improvvisato, la pioggia che andava asciugandosi sul suo corpo allungato.

Sawyer lo percorse con languida occhiata. Ormai conosceva bene ogni suo muscolo, il tatuaggio, le cicatrici dell’incidente, i segni indelebili di qualche disastrosa partita al college.

Jack era una mappa di storie.

Ed ora, senza un commento, rabbrividiva, sotto i suoi occhi.


Si levò la maglietta e se lo attirò vicino, cingendolo con un braccio, fissando la lamiera sopra le loro teste. Cercando di essere protettivo, senza invadere i suoi spazi, senza ledere quella maschia dignità che era sua tipica.

Jack meritava rispetto, questo ormai lo sapeva. Ne era conscio anche mentre lo sfotteva, o gli dava contro, nella comune esistenza di tutti i giorni.

Fuori il mondo. E qui dentro, talvolta, tu ed io.


Respirò a fondo, dilatando la cassa toracica, mentre Jack si faceva docilmente condurre contro al suo corpo, grato che Sawyer non reclamasse il loro canonico e liberatorio rendez-vous sessuale.

Era stanco. Per la prima volta, dopo molto tempo, aveva l’impressione di non potercela fare.


Non da solo.


“Non mi sentivo così da quando ho identificato mio padre.” – mormorò, soprappensiero, finendo con la nuca contro la spalla dell’uomo, intrecciando una gamba con le sue.

“Avevo capito che non era un giorno di festa.” – ribattè Sawyer, senza guardarlo – “Ma grazie del paragone.”

Jack si lasciò sfuggire una mezza risata, per stanchezza più che per allegria.

“Significa solo che sono stanco. E che non ne posso più.” – aggiunse, sedendosi e massaggiandosi gli occhi con una mano – “Forse non è una buona idea che resti…”

“E dove vorresti andare con questo diluvio?” – domandò l’uomo, le braccia conserte dietro la testa – “Andiamo, quattro chiacchiere non ci uccideranno, Doc….”

Jack si era voltato, per vederlo bene in faccia. Lui, Sawyer il bastardo, con quell’espressione strana sul volto.

Uno sguardo interminabile, carico di sottintesi.

“No. Non c’è nulla di cui parlare.” – pronunciò Jack, alla fine. Sarebbe uno sbaglio – “Ma resterò fino a quando non migliora il tempo…”

Lo disse, cercando di non pensare al fatto di essere nudo. E che non ci fosse altro posto sull’isola in cui volesse andare.

“Fai come vuoi.” – replicò Sawyer, voltandosi sul fianco – “Allora buonanotte.”


Sono un cretino. Un assoluto, vero, disgustoso cretino. Ed egoista.


Jack non rispose. Non che ci fosse ancora qualcosa da aggiungere, dopotutto.

La schiena di Sawyer parlava chiaro.

C’era un muro, tra di loro, in quel momento, sorto alle prime avvisaglie di una forma di intimità, messo in piedi da entrambi.

Un muro, per dividere i pensieri, ciò che non era sesso, ciò che non era lotta da ciò che lo era.


Fuggevolmente si domandò se Sawyer non volesse di più.

Non era così che era cominciata, dopotutto? Tutto qui? Non sai fare altro? Possibile che non gli bastasse quell’essere insieme senza impegno, quell’essere antagonisti capaci di venire a compromessi?


Possibile che fosse più di una scopata selvaggia?


Era un argomento troppo grande di cui parlare.


E Jack non era certo, in effetti, di volerne sapere qualcosa.

Tutto sommato, sentiva che anche così poteva andare.


Minime richieste... riduzione minima di danni.


Eppure, in barba a tutti quei ragionamenti, quando tornò a sdraiarsi, gli cinse la schiena con le braccia.

E si addormentò, con il viso contro i suoi capelli.


***


Stava albeggiando. E la costa dell’isola stava divenendo lentamente una linea nera, all’orizzonte.

Sawyer la guardò, smettendo di remare.

A che pro far fatica... la corrente li avrebbe comunque rispediti su quelle spiagge.


Bentornati a casa, ragazzi.

Fine della bella crociera.


Mosse piano la spalla, cercando di scacciarne l’indolenzimento. Lo stesso con cui si era svegliato quel mattino, pensò, senza trovare più Jack.

Jack, fuggito prima dell’alba, come sempre.


Forse era stato in quell’attimo che aveva compreso di essersi spinto troppo oltre.

E di essere in trappola.

Forse era stata quella fastidiosa sensazione alla bocca dello stomaco, il sospetto di avere detto troppo, nel profondo del dormiveglia, di ricordare Jack, chino su di lui, impegnato a scuoterlo, a calmarlo.


È stato quel giorno che ho capito… il giorno del cinghiale.


***


Non voglio che tu sia in debito.”


E Kate, a quell’affermazione, lo aveva guardato con un mezzo sorriso negli occhi chiari, dandogli un senso di disagio. Forse aveva colto qualche sottinteso di troppo nel suo senso di protezione.

Forse si illudeva di essere più protetta di altri, da lui.

Forse aveva persino ragione.

Ma, al di là di tutte questi se, Jack era certo solo di una cosa: sapeva di essere stato sincero con lei. E di volerla lontano da Sawyer.

Dopotutto, Sawyer restava un figlio di puttana. E un uomo pericoloso… Jack continuava a pensarlo, anche se lo stringeva nel sonno e si domandava cosa gli passasse per la testa per essere tanto un uomo e un farabutto senza vergogna allo stesso tempo.

Perché fosse così sprezzante verso la vita degli altri e, in primis, verso la propria.


Non gli importava di se stesso. Non era per quello che immagazzinava, rubava e non divideva.


Lo faceva perché lo trovava divertente.


E questo faceva di lui l’essere insopportabile che era.

Lo pensava anche ora, nel vederlo avanzare verso di lui. Così bello e furioso da essere inconcepibile. Jack si fermò, le mani sui fianchi, guardandolo, mentre continuava a marciargli spedito incontro.

E poi, quando meno te lo aspettavi, c’era quell’altro.

L’altro Sawyer. Quello che si intravedeva solo in alcuni frammenti dello sguardo.

Quello che si voltava a guardarlo, quando camminavano nella jungla. Quello che emergeva nello spegnersi dell’ultimo respiro di piacere. Quello che sorrideva di un sorriso diverso, quando nessuno lo guardava.


Quello che la notte aveva degli incubi.


“Problemi?” - lo apostrofò, con una punta di ironia.

Era infangato e aveva occhi elettrici.

“Certo.” – ribattè, quasi ringhiando, passandogli a fianco – “Tu.”

“Andiamo bene...” – Jack alzò gli occhi al cielo. Sessioni e sessioni di sesso brutale ed erano ancora al punto di partenza. Recidivi alle confidenze e non solo.

Allergici al miglioramento.

Sawyer si fermò. E tornò indietro.

“Hai idea…” – si interruppe. E prese fiato – “Hai idea di come si ammazza un cinghiale? Perché adesso di lui farò bistecche!”

Lui?” – ne parli come di una persona. Jack abbassò gli occhi e rispose, cauto – “Chiedi a Locke. La pistola già ce l’hai….”

“Grazie tante Jack! Sul serio, grazie per l’aiuto!”

“Ehi!” – adesso gli stava iniziando a far venire il nervoso – “Mi vuoi spiegare tutta questa ansia di cacciare?”

“Non voglio cacciare.” – urlò, gli occhi spiritati verso di lui, venendogli vicino – “Lo voglio ammazzare. Si ruba la mia roba, distrugge la mia tenda e non mi lascia dormire. È il mio peggior incubo.

Io lo voglio morto.”

Gli era di nuovo brillata quella luce nello sguardo. La furia repressa, la fedele coerenza con le parole appena dette.

Lui voleva la testa del cinghiale. E se la sarebbe andata a prendere, fino a lasciarci l’osso del collo.

“Accomodati. L’isola è grande.” – gli rispose Jack, con l’acciaio negli occhi – “Sono certo che troverai il tuo cinghiale in un attimo.”

Si scrutarono. E Sawyer gli afferrò la nuca, con violenza, baciandolo.

“Oh si.” – replicò, staccandosi, respirando troppo velocemente, fissandolo dritto in viso – “ Di certo non lo lascerò fuggire.”


Lo so. Jack lo guardò allontanarsi. E si appoggiò alla albero alle sue spalle.

Sei un artista nel catturare le persone.


***


Non Jack. Kate era andata con lui. E in barba ai bei consigli del grande Doc.

Di spontanea volontà, con lusinghe, gentilezza e ricatti come suo solito.

Come dire di no a Lentiggini…


Peccato che, con lei nei paraggi, le verità piovessero un po’ troppo copiose. Come le bugie.


Mai baciato un uomo.


Mai indossato il rosa.


Mai stato innamorato.


Mai avuto un’avventura di una notte.


Mai scaricati su un cinghiale tutti i miei problemi.


Mai cercato di farmi dare carta bianca per passare un po’ di tempo con l’unico che non fa parte di quest’isola.


Mai conservata una lettera vent’anni per non aver superato il mio passato.


Mai ucciso un uomo.


Un sorso. E uno ancora.

“Bhe, a quanto pare abbiamo qualcosa in comune.”

Poi le fiamme del fuoco. Il buio della notte, riflesso negli sguardi di entrambi.

E infine gli incubi di sempre.


Si svegliò di soprassalto, quando arrivarono a riva. Il relitto cozzò, capovolgendosi, rovesciandoli sulla spiaggia rovente. Sawyer non riuscì a rialzarsi.

Le ginocchia gli cedettero e lui, carponi, superò la battigia e scivolò sdraiato, tossendo e spuntando, la sabbia in bocca.

Chiuse gli occhi mentre i granellini di arenaria gli si insinuavano tra i capelli, sotto le palpebre, dentro la ferita.

Quanto bruciava, dannazione.

Si portò le mani alle tempie, comprimendo, cercando di ragionare. E non riuscendoci poi così bene.


Non ha mai avuto l’occasione di picchiarmi. Si è sparato alla testa che avevo otto anni.”

E’ per questo che vuoi morire?”


No, Michael, si ripetè. Non voglio morire per questo. E non ho problemi con mio padre per qualche scabroso risvolto sessuale. Checchè dicesse il mio assistente sociale di allora, non mi ha mai toccato con un dito.


Se sono uno spostato non è perché mi seviziava.


Idiota di un assistente.

Idiota, anche se non posso dargli poi così torto. È difficile al giorno d’oggi scindere odio da amore… e sesso da morte.

Se odio mio padre?

Certo che lo odio.

Ma non voglio morire per lui.


Perché lo odio?

Che volevate facessi… dopotutto ha ucciso mia madre. Dopotutto era il suo cervello quello su cui ho camminato per uscire da sotto il letto. Ed era il suo sangue quello che ho trovato sull’interruttore quando ho acceso la luce.

Mio padre era un figlio di puttana. Ma qui il sesso non c’entra.

Se mai conta un po’ di più l’amore.

Lui ha preferito la morte a me.


Come tuo padre, Jack. Come tuo padre.

Ed è questo che non ho avuto il coraggio di dirti.

Questo... e il fatto che avrei tanto voluto conoscere te, quella sera. E non tuo padre, il grande neurochirurgo Christian Sheppard.


Questi affari che devi concludere allevieranno le tue sofferenze?

Si.

Che cosa aspetti allora?

Non è così facile.

Si che lo è. A meno che tu non voglia finire come me, si che lo è.


Ed assomigliare a te, non a lui. E provare a fare la cosa giusta, per una volta.


Perché anche io so solo fuggire per colpa del destino.

Ed adesso so che è troppo tardi.


***


“Mani in alto.” – Jack si voltò, piano.

Ed eccolo. Eccolo di ritorno da chissà quale inferno personale.

La pistola puntata verso di lui.


L’hai trovato, Sawyer?

Lo hai ucciso?


Secondo me, qualunque cosa fosse, hai vinto.

E non so perché lo credo.

Ma non mi spiace questa idea.


Lo fissò. In piedi, la pistola spianata, un sorriso mal represso negli occhi.


“Devo ridere?” – domandò, fissandolo.

Sawyer sorrise.

“Si.” – rise, tendendogliela. – “Non avevo più torte a tirarti in faccia. Tieni... è tua, sceriffo.”

L’aveva detto con quel sarcasmo incorruttibile.

E senza resistere al desiderio di provocarlo...

“Te l’avevo chiesta due giorni fa.” – si sentì in dovere di specificare, sfilandogliela di mano.

“Ho fatto un patto con la tua ragazza.”

“Che cosa ti ha dato? “ – c’era urgenza nella sua voce. E Sawyer ne fu sorpreso – “Kate, che cosa ti ha dato?”

“Niente che non volesse darmi volentieri.” – replicò, rapido, tagliente.


Come te, del resto.

Prendi e dai ciò che vuoi, vero Jack?

Solo che sembrano tutti doni.


“Perciò i Red Sox non vinceranno mai le World Series.”


Si fermò, come se colpito da una scossa.

E si girò, piano.

“Come?” – chiese. Un brivido gli passò lungo la colonna vertebrale, obbligandolo a stringere i pugni.

Jack stava spaccando legna, dandogli le spalle. I suoi muscoli sembravano avere vita propria sotto la camicia.


Bevo alla tua salute.

A Sawyer. Possa egli trovare ciò che cerca in fondo a un bicchiere.


“Come hai detto?”

“Ho solo detto ‘Perciò i Red Sox non vinceranno mai le World Series’”


Siamo all’inferno allora.

Non farti ingannare dall’aria condizionata. Ci sei dentro anche tu. E come me ne soffri.

Ma non prendertela troppo con te stesso. È destino.

Perciò i Red Sox non vinceranno mai le World Series


“Cosa significa…” – era tornato indietro, senza nemmeno accorgersene... guardandolo meglio.

“Niente. Era una frase che diceva mio padre, per essere sicuro che la gente lo odiasse.” – Jack aveva un tono rilassato. Troppo incurante per essere reale. Per la prima volta, da quando si conoscevano, Jack gli stava mentendo.


“Invece di accettare le sue responsabilità, incolpava il destino. Sono fatto così, diceva…”


“Tuo padre…”


Io ho un figlio. Ha circa la tua età.

Lui non è come me. Segue il suo cuore.

È in gamba. Anche bravo direi

Ora come ora è convinto che io lo odi. Pensa che io mi senta tradito da lui, capisci? Ma quella che io provo è gratitudine.

Orgoglio, per quello che lui ha fatto a me. Che ha fatto per me.


Ci voleva più coraggio di quanto ne avessi.


“Tuo padre... è un dottore anche lui?”

“Era. E’ morto.” – specificò, quasi fosse necessario, con tono piatto. Prima di voltarsi. E guardarlo.

Guardingo.

Quasi sulla difensiva.


“Perché mi chiedi di mio padre?”


C’è un telefono laggiù. Potrei prenderlo e chiamare mio figlio. potrei raccontargli tutte queste cose. Gli potrei dire che gli voglio bene.

Una telefonata e tutto sarebbe risolto.


Perché non la fai?


Perché io sono debole e vigliacco.


Un’occhiata interminabile. Jack non assomigliava a suo padre. Dentro gli occhi aveva qualcosa di vivo, intenso. Nulla che l’uomo del bar conservasse ancora, al loro incontro.

“Non lo so.” – replicò, sottovoce. E il medico si girò, tornando al suo lavoro, congedandolo quasi, con il silenzio.


Facendogli cambiare idea, senza una parola, un movimento per farlo restare.


Jack si sentì afferrare per un braccio. E si voltò, schiantandosi contro la sua bocca, contro il suo corpo.

Istintivamente gli passò un braccio intorno al collo, bloccandolo, ancorandoselo alle labbra.

E lasciò andare i rami, l’accetta, mentre Sawyer, senza abbracciarlo, senza alcuna gentilezza, lo afferrava per i vestiti. E lo spingeva contro una delle palme.

“Ehi!” – esclamò, fissandolo. E vedendo la rabbia nei suoi occhi – “Che ti succede.”

“Nulla.” – ringhiò l’uomo. Aveva occhi disperati – “Non parlare. Non voglio più parlare.”


Non voglio parlare. E non mi importa del destino.

Mi prendo ciò che desidero.

Il destino non c’entra un cazzo, hai ragione, Jack.

Non era scritto da nessuna parte che ti incontrassi.

Non era scritto da nessuna parte che avessi un tuo segreto.


Lo spinse ancora, liberandolo dalla camicia, tirandola quasi di violenza via da quel corpo.

“Tu non vuoi?” – lo provocò, aprendosi i pantaloni, mentre Jack gli stringeva il collo con entrambe le braccia, facendogli male, i loro visi così vicini da confondere i respiri – “Tu non hai voglia?”


Oh, si.

Ma non è più voglia.


È un fuoco che ci sta divorando entrambi.

Non ne usciremo mai vivi.


Le braccia di Jack si mossero lungo la sua schiena, sopra il tessuto leggero della camicia, insinuandosi nei pantaloni, afferrandogli la pelle, la carne, fino a piantarci le unghie.

“A che gioco stai giocando, Sawyer?” – ansimò, senza guardarlo, sentendo le sue mani sfilargli la pistola dalla schiena, sentendo la sua bocca afferrare la pelle sottile sopra la giugulare. Premette più forte le unghie, per ferirlo, per farlo sussultare.

Sawyer mugolò quasi e rialzò gli occhi.

Con quel sorriso.

Quel dannato e disperato sorriso.

“Cosa vuoi da me, Sawyer?” – Redenzione? Oblio? Amore?

“Nulla.” – replicò, rialzandosi, afferrandolo, voltandolo – “Niente che non vorrai darmi volentieri.”

Lo spinse contro la palma, gli fece battere il viso, tenendogli la nuca premuta contro la corteccia.

Ed entrò in lui, con un movimento preciso.


Mai stato con un uomo.


Mai amato prima d’ora.


Mai odiato.


Oblio.

Voglio oblio.

Chiuse gli occhi e inarcò la testa verso il cielo, lasciandosi travolgere dal piacere.

La marea lo bruciava, gli montava da dentro, come una rabbia incontrollabile.

Strinse maggiormente Jack, arrivò ad afferrarsi al tronco, chiudendolo in quello spazio angusto.

E non gli importò di fargli male, non gli importò di poterlo far soffrire.


Perché? Perché Jack gli correva sotto pelle come lava. E non c’era modo di liberarsi di lui.

Di lui, che non lo stava toccando nemmeno con un dito, che forse non capiva.

Ma gli donava comunque il silenzio.


Non parlarmi, Jack. Non parlarmi.


***


Fu breve. E così violento da non avere più un nome.

Quando si staccò da lui, spossato, coperto di una patina di sudore, Jack non si voltò. Restò appoggiato all’albero, quasi in segno di resa, per un lungo attimo, prima di raddrizzarsi. E guardarlo.

Guardarlo dritto negli occhi verdi, senza un’emozione.

Ansimava. Stravolto come lui, lasciandosi scivolare a terra, seduto, la schiena contro l’albero, il petto quasi aritmico.

Gli occhi nei suoi, l’espressione quasi di sorpresa e accettazione scolpita nei lineamenti.

Sawyer rimase raggelato. Scosse appena la testa, cercando parole che non vollero uscire. Poi le ginocchia gli cedettero, senza che se accorgesse.

A terra, con un tonfo, lo sguardo fisso verso l’azzurro indaco del cielo, la bocca dischiusa, il corpo ancora stravolto dall’ondata di piacere e dolore.


Sai perché ti voglio? Sai perché ti voglio in questo modo?

Perché sono Sawyer. E forse sono sul serio nato per soffrire. Eppure non sembra che ti importi.


E perché quando ti scopo, è schifosamente giusto e incredibilmente sbagliato allo stesso tempo.


E dopo un istante, sentì il corpo di Jack sul proprio.


***


Mai più.


Sawyer ansimò, per la caduta.

Essere lanciato in una buca, dopo un naufragio e una sparatoria non era il massimo che si potesse chiedere. Represse un gemito, mutandolo in un’imprecazione.


Cristo, se faceva male. Non sentiva più la ferita, era come se tutta la spalla pulsasse. Con gesto frettoloso, provocandosi un’altra ondata di nausea per il dolore, spazzò via dai bordi irregolari il terriccio, strofinando, per levare fino all’ultima particella.


Era stato un mai più, quel giorno, nella radura, in mezzo alla legna spaccata, nel silenzio innaturale e interrotto solo dagli ansiti, dai suoni di quella loro lotta selvaggia di prevaricazione.

“Mai più.” – ricordava di averlo sussurrato, gli occhi vuoti, il peso di Jack sulla schiena, il braccio ancora innaturalmente piegato e bloccato tra i loro corpi, la mano di Jack ancora ad artiglio attorno alla sua gola.


Mai più senza di te.


“Sono... d’accordo... con te.” – aveva risposto Jack, lasciandosi scivolare al suo fianco e guardandolo, dritto in viso.


Sta diventando un gioco pericoloso.


Sawyer gli sorrise, rialzandosi appena, quanto bastava per arrivare a lui, alla sua spalla, a posarci sopra le labbra.

“E’ sempre un gioco pericoloso, Doc.” – sussurrò, gli occhi splendenti, quasi brucianti di febbre – “Lo sai.”

I loro respiri erano concitati, isterici, ma all’unisono. Il braccio di Sawyer, allungato sul suo torace, tremava, di uno spasmo muscolare incontrollabile, come tutto il suo corpo.

Sbattè le palpebre, appena, cercando di restare sveglio. E la mano di Jack, incredibilmente calda, gli tirò indietro i capelli.

“No.” - Lo sentì sussurrare, mentre lo raccoglieva tra le braccia – “Non sempre.”


Povero, vecchio, illuso Jack. Così sicuro di poter dare sempre certezze.


Sei stato appena fottuto come un animale. E mi hai appena reso il favore. Eppure ti credi ancora un gentiluomo.


Rise piano, mentre il medico si sedeva contro la catasta di legno, trascinandoselo contro il petto.


Non mi credi…


“Riposati.” – disse Jack, chinando lo sguardo su di lui, le sue braccia strette attorno alle proprie. – “Non sei solo.”


Qualunque cosa sia accaduta… Qualunque cosa ti passi per la testa… Io sono qui.


***


Aveva dormito. Mai più, né prima né dopo, in quel modo.

E Jack lo aveva guardato, le lunghe ciglia abbassate, la bocca rossa, segnata dai suoi denti, i lividi, i segni di quel loro devastante amplesso.

Lividi e segni come quelli che sentiva formarsi sulla propria pelle.


Sawyer, capace di picchiarlo nell’atto d’amore e di offrirsi subito dopo, inerme, il respiro regolare, il corpo destinato a placarsi, poco per volta.

Jack chiuse gli occhi, intontito dal caldo umido del tramonto. Seduto, in quella radura, pesto e distrutto, con i vestiti strappati e con un uomo biondo pieno di segreti tra le braccia.


Ci so fare con i segreti…

No. Tu sei il segreto.

Sei l’uomo che mi obbliga a lottare, con i denti e con le unghie. Sei l’uomo che mi obbliga ad uccidere, quello che mi osteggia, che mi provoca.

E sei il dannato figlio di puttana dei miei momenti bui.


Tu ed io affoghiamo nella stessa oscurità. È nel buio che ci portiamo appresso, che ci siamo incontrati.


Allungò una mano, scivolò tra i suoi capelli, levandoglieli dal viso.

E lo guardò aprire gli occhi. E fissarlo. Il viso contro al suo petto nudo, gli occhi alzati verso di lui.

Gli occhi che non erano di Sawyer , ma di quella persona che sembrava portarsi in fondo all’anima.


“Non puoi salvare tutti, Doc.” – sussurrò, un dolore intimo che emergeva. Non puoi salvare me.

“Posso provarci.” – replicò, la mano ancora alzata, schermandogli il viso dal sole.

“E’ inutile.” – e poi, lo sai... a parti invertite io ti lascerei andare.

Anche se non credo al destino... io so che andrà così.

“Voglio comunque provarci.” – insistette il medico, sottovoce – “Non impedirmelo.”

Sawyer alzò una mano, cingendogli il collo. E facendosi forza per sollevarsi, quanto bastava da baciarlo.

Un lungo bacio, caldo e lento.

Un bacio come non si erano mai dati.

“Risparmia i tuoi sforzi per chi se li merita.” – sussurrò, scivolando appena, posandogli la fronte sul mento. E chiudendo gli occhi.


Un attimo.

Un attimo solo.

E poi sarà mai più.


Si era alzato, raccogliendo i propri vestiti.

E se ne era andato.

Silenzioso, come era giunto.


***


Si era venduto a Michael. Una manciata di rottami e quattro funi gli avevano garantito un passaggio per tornare all’inferno.


Perché questo sono io.

Sono quello che dal paradiso se ne va con i propri piedi.

Di certo non aspetto di essere cacciato.


Jack non aveva detto nulla. Come suo solito, si era limitato a prendere atto.

Kate aveva fatto più storie, rimescolandogli un po’ le idee. Ma non era bastata per fargli cambiare decisione.

Per un po’ aveva accarezzato l’utopia che quel loro unico bacio non fosse poi abbastanza. Aveva valutato le mosse, per trascinarla nella radura e dedicarsi a un pomeriggio di sesso etero. Sano e senza implicazioni, vista la partenza imminente.


Poi aveva scartato anche quell’ipotesi.

Kate era bella e dio solo sa quanto pensava lei nel masturbarsi. Ma non era ciò che faceva per lui.


Lo dice la regola. Sono gli opposti che si attraggono.

Non i simili.

E quindi, o mi faccio un poliziotto… o mi faccio un eroe che non crede nel destino.


***


Non puoi salvare tutti, Doc.


Non puoi salvare tutti, Doc.


Posso provarci.

“Si, posso provarci.” – ripetè, fissando la cannula.

Sbattendo le palpebre perché il flusso ininterrotto del sangue non lo ipnotizzasse.


Boone non reagiva. Il bambino di claire stava per nascere, nella jungla.

E Locke… svanito.


Restava solo Sun, che lo ascoltava, strappandogli l’ago dal braccio.


“Che cosa fai…”

“Gliene hai dato già abbastanza.”


Ti sbagli.

Forse non sai cosa significa dare il proprio sangue per un altro.

È come avvelenarsi lentamente.

Il freddo invade gli spazi vuoti lasciati, mentre la tua vita filtra verso un’altra persona.


Non ho intenzione di abbandonarti.


So che hai fatto una promessa... ti sollevo da ogni obbligo.


Lasciami morire, Jack.


No, dannazione, no!

Basta!


La perdita di sangue lo intontiva, gli faceva vedere cose che non esistevano.

Doveva vedere Boone, su quella branda. Ma vedeva Sawyer.

Sawyer che voleva sempre morire, anche mentre respirava così forte da celare ogni altro suono. Anche quando palpitava di una vitalità inspiegabile.

“Mi dispiace.” – sussurrò, gli occhi pieni di lacrime.

“Non devi.” – replicò Boone, tornando a essere Boone ai suoi occhi – “Non devi…”


E poi fu semplicemente morte.


***


“Vuoi parlare?” – domandò Kate, dolcemente.

“Parlare di che…” – replicò, secco, chiudendo lo zaino.

C’era un uomo, in piedi, sulla spiaggia. La testa china a fissare le onde.


Anche da lì vedeva i suoi capelli biondi.

Sembrava tormentarsi di nuovo le mani...


“Boone è morto, Jack….”

“Non è vero. È stato assassinato.”


***


Sapeva che qualcosa stava andando storto.

Se lo sentiva.

Riusciva a camminare a stento. E la ferita pulsava, un po’ troppo calda.

Non sembrava cancrena... ma qualcosa non andava.

Incespicò ancora, fissando il terreno, fatto di macchie un po’ troppo vivide.

E respirò a fondo, guardando gli altri che avanzavano in fila indiana, dietro quella strega portoricana e il colosso nigeriano che la seguiva.


Come dici Doc?


Devo sedermi un attimo?

E dove?

Dove.

Andiamo. Tu che fai trasfusioni e vaghi per la jungla a caccia di quello che ritieni un assassino… ritieni che non possa fare quattro passi ritto sulle mie gambe dopo un bel colpo di pistola?


Smettila con i due pesi e le due misure, Doc.

Se lo fai tu... posso farlo anche io.


Non sono un novellino del dolore.

Lo sai bene.


Tu sai cosa sia il dolore.

Tu sai cosa sia il senso di colpa.

Mi hanno sparato, e allora? La zattera è comunque distrutta, il ragazzino andato, Michael... Michael chissà.


Impotente, ecco cosa sono. Impotente.


Devi esserti sentito così, quel giorno, al funerale di Boone, innanzi alle parole di Locke.

Il giorno in cui sei andato giù come un tronco.

E io ho compreso che non sarei mai più stato in grado di afferrarti. Che non sarei più stato lì per fermarti, per aiutarti, per stringerti.

Si, deve essere stato quello il momento. Il momento in cui ho sentito la tua mancanza.


Me ne andavo. Ti lasciavo a Kate.

Ti lasciavo Kate, la donna capace di narcotizzarti e decidere per il tuo meglio.


La donna leader, eccola. L’hai cercata tanto… era lei la soluzione ai nostri problemi, l’avevamo sotto al naso.

Ah, Lentiggini, quanto volevo innamorarmi di te... quanto ti rimpiango, adesso che vedo una donna al comando.


Sawyer barcollò. E Jin fu pronto ad afferrarlo e sostenerlo.


Grazie... lo pensò.

Ma era inutile dirlo.

Intanto, quel coreano non avrebbe capito.


***


Grazie.”

“Come?” – Sawyer si voltò, sorpreso.

“Grazie di essere qui.” – ripetè, cercando di metterlo a fuoco.


Dovevano essere tutti i sonniferi che Kate gli aveva fatto ingoiare.

Delirava.

Gli sembrava ci fosse Sawyer, poco distante da lui, in piedi, al limitare della tenda.

E gli sembrava di doverlo ringraziare.

Sawyer alzò gli occhi, prima di tornare a posarli su di lui...

“Non ti illudere. Sono qui perchè Lentiggini aveva un impegno inderogabile.” – brontolò, entrando e sedendosi – “Lo sai come sono le donne, quando devono andare dall’estetista.”

Jack gli sorrise. Un sorriso stanco, tirato.

“E grazie per avermi fermato, stamattina.” – aggiunse, con voce sottile – “L’avrei ammazzato.”

“Lo so. Ma credevo che avessimo anche appurato che ti penti sempre dei tuoi omicidi.” – replicò, prima di fermarsi – “Scusami. Battuta idiota.”

“Fai sempre battute idiote.” – replicò, ridendo piano, un leggero lampo di ironia negli occhi, voltando la testa e guardandolo – “Allora, ho sentito dire che siete quasi pronti.”

“Lo siamo.” – annuì – “La zattera è finita. Non resta che vararla.”

“Sei certo di voler andare?”

Sawyer piegò la testa. E lo fissò. Nella penombra calda di quel riparo scorgeva appena i suoi occhi, le pupille dilatate per l’ostinazione con cui restava sveglio, combattendo contro le droghe.

“Devo.” - replicò, sottovoce. E la mano di Jack si tese, verso di lui.


Esitò, un attimo. Poi l’afferrò, senza stringerla.


Ti provochi solo dolore, in questo modo. Smettila.


Le dita di Jack, lunghe e affusolate, eppure forti.

Aveva una stretta di ferro, lo ricordava, sentiva quella mano come se fosse sempre posata su di lui.

Quella mano sulla pelle...


“Sto provando a fare la cosa giusta.” – aggiunse, alzandosi. E sedendosi a terra, il fianco contro il suo giaciglio improvvisato.

Perchè lo vedesse in viso.

E per stargli vicino.

“Sei sicuro che lo sia?” – domandò il medico. I suoi occhi rilucevano, sotto le ciglia abbassate. Combatteva con se stesso, per non cessare di vederlo, per non cessare di sentirlo.

“Lo saprò solo facendola.” – replicò l’uomo, senza riuscire a sorridere – “Riposa, ora.”

Jack scosse il capo, chiudendo gli occhi.

“No. È inutile riposare.” – sussurrò, arrendendosi al torpore – “Non l’ho salvato, Sawyer. Non ti ho salvato, Sawyer...”


Rimase fermo. La mano di Jack tra le sue, il viso rivolto verso il suo, le sottili righe di stanchezza e dolore dipinte a tratti leggeri sui suoi lineamenti.

“Io non posso essere salvato, Doc.” – mormorò, tristemente – “Ne abbiamo già discusso...”


***


Il possesso del bene crea il diritto, è così che la pensi, no?”


È così che mi sfottevi, mentre mi levavi i vestiti di dosso. Li alzavi sopra la testa, come un trofeo.

E gli occhi ti brillavano...

Io l’avevo detto per una manciata di libri e qualche inalatore.

Mai più avrei pensato che questa frase si adattasse a me tra le tue mani.


Lo dicevi per prendermi in giro.

Ma avevi ragione. Il possesso del bene crea il diritto.

Ti appartenevo.


Anche se facevo di tutto per nasconderlo.


Ti appartenevo, per la miseria. Anche se non tolleravo l’idea che potessi cambiarmi, capirmi, conoscermi... ti appartenevo comunque.

Il possesso del bene crea il diritto. Lo penso persino adesso, che non ho più nulla, nemmeno la forza per stare dritto sulle mie gambe.


Ed è per questo che ti ho restituito tutto, andandomene.

Perché era l’ultima cosa che potevo fare per dimenticarti.


Tutto.

Fino all’ultimo segreto.


***


“Il boscaiolo.”

Non c’erano dubbi di chi fosse quella voce.

La vera domanda è cosa fosse venuto a fare, di nuovo, in quella radura.

Sawyer si voltò e la sua pelle abbronzata splendette sotto al sole a malapena filtrante.

Jack lo fissò. Era come se in quel posto persistesse ancora il loro odore, il calore grondante dei loro corpi intrecciati.

Gli sembrò di potersi vedere, le spalle alla catasta di legno. E quell’uomo biondo tra le braccia, un attimo prima dell’addio.


Qui ci siamo persi. Quale posto migliore per salutarsi…


E gli sorrise, avanzando.

“Come hai detto?” – domandò Sawyer, arrotolando la fune, i capelli sempre sugli occhi.

“Non ti ho mai chiesto cosa facevi nella vita.” – spiegò, alzando leggermente le spalle – “Perciò, tiro a indovinare. Boscaiolo.”

Sawyer non sembrò apprezzare lo scherzo. Lo fissò, di sfuggita, prima di chinarsi.

“Hai bisogno di qualcosa? Perché ho da fare.”

“Ti ho portato questa.” – a sorpresa, Jack gli tese un’arma – “Sei l’unico della zattera che la sappia usare.”

“Che mi servirà?” – domandò, stupidamente, prendendola.

Tutto si sarebbe aspettato, da un loro incontro.

Ma non questo.

“Non si sa mai.”

“Se finisce il cibo o l’acqua per non far soffrire il ragazzino?” – insistette, passandola da una mano all’altra. E poi riponendola nella cintura dei pantaloni, il metallo caldo ad arroventargli la spina dorsale.

“Meglio averla.” – il sorriso di Jack non aveva ombre. Qualunque cosa stesse pensando, non si sentiva in dovere di comunicargliela.

Probabilmente nemmeno ricordava di avergli parlato, sotto l’effetto dei narcotici.

“Con le altre che ci fai?” – domandò, curioso.

“Le do a Sahid.”

Sawyer si voltò, per non dargli alcuna soddisfazione.

“Vai a cercare le candele che fanno boom?”

“Si”


“Quanto tornerete saremo in mare.” – gli sorrise, quasi spensierato, la camicia di nuovo tra le mani... Eccolo, lo scavezzacollo pronto per una nuova avventura – “Allora questo è una specie di addio.”


Non c’era rancore o rimpianto nella sua voce. I suoi occhi verdi brillavano, come sempre, senza ombre.


Sai nascondere bene la tua oscurità, Sawyer.

Dannatamente bene.


“Si.” – annuì. E piegò la bocca in un mezzo sorriso - “Direi di si. Auguri Sawyer.”


Fatto. Adesso posso andarmene.


“Jack!”


Lo aveva chiamato. E Jack, senza pensare nemmeno di poter fare altrimenti, era tornato indietro.

E l’aveva fissato, mentre tormentava la camicia, infilandosela, giocherellando con i polsini.


Jack lo guardava dritto negli occhi. E attendeva una sua parola.

Non l’aveva chiamato per niente.


Non porto via nulla di te, con me.

Ti lascio tutto, fino all’ultimo segreto.


“Una settimana prima di partire, ho conosciuto un uomo in un bar di Sidney, americano pure lui, un dottore.” – e fece una pausa, rallentò le parole, perché avesse il tempo di capire – “Io mi sono ubriacato tante volte, ma quello là... stava battendo un record.

Parlando è venuto fuori che aveva un figlio, anche lui dottore.

Tra i due c’era stata una brutta lite.

Lui si sentiva in colpa.

E anche il figlio negli stati uniti non si dava pace.”


Si fermò, per dargli modo di replicare, di interrompere, di andarsene. Oppure di colpirlo.


Abbassò gli occhi, sorridendo di quell’ironia.


“I figli sono come i cani.” – mormorò, non osando guardarlo – “Tu li bastoni e loro pensano di esserselo meritato.”


Si interruppe di nuovo. Non voleva spingersi oltre.

Solo i fatto, Sawyer... dimentica tutto il resto.


“Comunque...” – riprese, in tono leggero – “nel bar c’era un telefono. E questo tale... Christian... mi dice di voler trovare il coraggio di chiamare il figlio, per chiedergli scusa e dirgli che come medico era più bravo lui.”


Jack ebbe un sussulto. E piegò la testa, voltandosi dall’altra parte.

Ma Sawyer non si mosse. Rimase piantato sulle gambe, senza osare protendersi.

Cosa sarebbe stato consono?

Una mano sulla spalla, una pacca amichevole... un bacio?


“…Che lo ammirava e gli voleva bene.” – aggiunse.


Restando in attesa solo un attimo.

Mentre Jack stringeva gli occhi. E ricacciava indietro quelle lacrime che non era tempo di versare.

“Sono dovuto andar via.” - Concluse, dolcemente – “Ma qualcosa mi dice che non ha fatto quella telefonata.”

Fu allora che Jack rincontrò il suo sguardo. E quel sorriso, quello strano sorriso in bilico tra la comprensione e l’infelicità.


Calcola che abbia preso in mano il telefono.

Accetta le sue parole.

E fai pace con te stesso.

Tuo padre ti voleva bene. Valevi più di ogni altra cosa per lui.

Non è mai stato capace di dirtelo con le parole giuste.


È il tuo destino, Jack, quel destino a cui non sia credere.


Le persone che ti amano, non riescono a parlarti.


“Piccolo il mondo.” – commentò.

E Jack annuì.

“Già.” – replicò, stringendo i denti, per controllare le emozioni.


“Buona fortuna.” - … Jack


Il medico non rispose. Si voltò, semplicemente, lasciandolo solo, senza esitazioni.


È fatta, pensò, guardando con occhi appannati il tronco che stava tagliando.

Adesso ti ho lasciato indietro.


***


Sawyer incespicò, appoggiato alla spalla di Jin, fissando il terreno.

Era stata l’ultima volta che si erano visti.

Ed ora, lo sentiva, sarebbe morto con quella visione negli occhi.


Le spalle di Jack che si allontanano.


Attorno a lui, Michael e Jin discutevano su chi dovesse aiutarlo.


Ma che importanza ha.

Sono io che ho lasciato Jack. E ora darei la vita per averlo a fianco.


Che idiota… darò la vita comunque…la presenza di Jack non cambierebbe nulla.

Nulla per me. E tutto per lui.


“Che c’è, all’improvviso te ne frega di me?” – biascicò, guardando Michael, zittendolo. E raddrizzandosi.


“Lasciatemi solo. Tutti e due.”


È così che voglio andare avanti.


Lasciatemi solo.


“Ce la faccio.”


E quando non ce la farò più, sarà semplicemente la mia ora.

E, con questo pensiero rassicurante, sentì il terreno venirgli incontro.


***


Qualcuno lo aveva sollevato.

E ora lo stringeva tra le braccia, per proteggerlo e calmarlo.

Come quel giorno, nella radura.


Si. Era di nuovo nella radura.

E Jack si chinava su di lui.


“Lasciati salvare.” – mormorava, gli occhi addolciti dalla luce, da un sentimento che non gli aveva mai donato.


Sbattè le palpebre. E Michael lo fissò.

“Ehi, Sawyer... tutto ok?”

Lo fissò, anche se gli sembrava fosse sempre più lontano, sempre più sfocato.

“Io vi avrei lasciati indietro…” – mormorò, cercando di sentire ancora la terra sotto le dita.


Sono bravo a lasciarmi tutto alle spalle.

Non porto nulla con me.


A parte le tue mani, Jack. Le tua mani che stringevano la mia. Le sento ancora... anche adesso…


Avevi ragione.

Finisco sempre con il farmi del male.


“Zitto, non ci provare nemmeno.”


Era di nuovo Jack.

Chino su di lui, nel folto verde, nel sole caldo del meriggio.


Jack che gli sorrideva, con le dita tra i suoi capelli, proteggendolo, perché la luce non lo ferisse.


Io non posso essere salvato…


“Io ti ho lasciato indietro.” – sussurrò, guardandolo, scivolando contro il suo petto, contro i suoi abiti, nel suo profumo.


Io ti ho lasciato indietro, anche se mi sei rimasto dentro l’anima.


Jack gli sorrise, chinandosi a baciargli la fronte.


“Allora è un bene che io non l’abbia fatto con te.”


Gli occhi di Sawyer cambiarono sfumatura. E sorrisero.

James emerse, colorando di giada le profondità smeraldine.

James, che avrebbe desiderato soltanto vivere e fare la cosa giusta.


Sei sempre il solito, Doc…


E poi, con un ultimo tremolio, si chiusero.


Addio, amico mio.

PARTE SECONDA


Non sono una persona buona.

Mai fatta una cosa giusta in vita mia.

(Sawyer, The Long Con)


“Dov’è il dottore?”

“Sono io.” – aveva risposto, impugnando più saldamente la mazza da golf. E dando per scontato che un bestione d’uomo del genere si sarebbe limitato a piegarla con una mano, prima di ucciderlo.


Diceva di chiamarsi Ecko. Mister Ecko.


Ma a Jack non fregava un accidente di chi fosse. O da dove venisse.


Questo tizio, senza parlare, gli aveva deposto ai piedi un uomo biondo.

Lunghi capelli schiariti dalla salsedine, dalla luce intensa dei tropici.


E il volto girato verso di lui, le labbra appena dischiuse, la mano protesa nella sua direzione, sul terreno.


Si era inginocchiato, afferrandogli il viso tra le mani, il pollice a carezzargli il labbro inferiore. E aveva sentito Kate avvicinarsi, circospetta, ma con l’ansia nei movimenti.

“Jack?”

L’aveva ignorata.

E aveva pronunciato il suo nome.

“Sawyer.” – quasi sottovoce, nel premergli le dita sulla giugulare, in cerca di un qualsiasi palpito di vita.

Era vivo. Il suo corpo era caldo, troppo caldo.


Scostò la camicia, irrigidita dal sangue rappreso, mise a nudo la ferita, riconoscendola all’istante, dopo anni di turni in pronto soccorso.


Allora la pistola ti è servita, pazzo incosciente.


Premette la sinistra sulla spalla, valutandone la gravità e protese la destra al suo volto, raccogliendo, quasi a coppa, la guancia di lui.

“Sawyer.” – ripetè, sperando di un cenno, in un semplice battito di ciglia.

“E’ così da quasi due giorni.” – disse l’uomo, Ecko, facendoli sussultare – “Ha le febbri.”

Jack alzò gli occhi. Le febbri. Era così che chiamavano le infezioni, in Sudafrica. Quell’uomo sapeva benissimo quale fosse il problema, senza bisogno di spiegazioni.

Se ne stava in piedi, guardandolo, impugnando la sua arma, una rudimentale mazza.

E aspettava.


Jack si morse un labbro, tornando a chinare gli occhi su di lui.

A quanto pare, Sawyer, hai ancora fatto la scelta sbagliata.


“Portiamolo al sicuro.” – mormorò, afferrandolo e sollevandolo – “No, ce la faccio.”


***


“Ce la faccio.” – ripetè ancora, varcando la soglia del bunker.

“Dove siamo diretti?” – domandò Kate, correndogli davanti, una strana luce negli occhi.

“In bagno, sotto la doccia.” – ansimò, sotto il peso del ferito – “Dobbiamo portarlo sotto la doccia. E abbassargli la febbre.”

“Dimmi cosa posso fare.”

“Cerca nell’armadietto dei medicinali, deve esserci dell’ofloacina.” – lo sedette. Gli strinse un ginocchio, disperatamente, nel doversi voltare, nel rivolgere la sua attenzione a Kate – “Ho bisogno di bende alcool, garze. E disfa quel letto, deve avere le lenzuola pulite.”

Non si era persa un parola. Ma stava esitando.

E Jack sentì in fondo al petto l’incontrollabile desiderio di urlarle contro.

“Kate!” – scattò, cercando di dominarsi.


E restando finalmente solo con lui.

Con Sawyer.

Febbrilmente frugò sul ripiano del bagno, a caccia di un paio di forbici, prima di tornare nel box doccia.

E aprire l’acqua.

Il getto gelato sembrò riscuoterlo, lo fece tossire, muovere. Un puro riflesso meccanico alla sensazione di soffocamento. Ma il medico fu pronto a bloccarlo. Gli strappò di dosso ogni straccio, fino ad averlo nudo, indifeso, contro al petto.

Scivolarono a terra. Sawyer gli finì addosso, il viso nell’incavo del suo collo. E Jack lo cinse con le braccia, per arrivare con entrambe le mani alla ferita.


Tante volte erano rimasti così, stretti, uno contro l’altro. In un attimo di intimità rubata, nello spegnersi di un amplesso.

Ma mai, mai, Sawyer era stato così fragile.

Dimagrito, pallido, bruciante di una febbre che lasciava poco scampo. La tosse lo scoteva, quando l’acqua lo colpiva in viso, facendolo gemere e tremare. La polvere del suo viaggio burrascoso gli lasciava lunghe striature color cenere sul viso, mettendo in risalto l’espressione di dolore.


Tu non puoi salvarmi…


“Ti sbagli.” – gli rispose, sentendo la sua voce, afferrandogli il mento, guardandolo in viso, cercando i suoi occhi. Occhi che non si aprirono – “Ti sbagli proprio.”


Lasciami morire, Jack.


No.


No.


Non ti illudere.


Sembravano lontani i giorni del fuoco divorante, del bruciare di ben altra natura.

Sembravano lontane le battute e i sorrisi, i silenzi carichi di tensione.


Senza pietà, infilò due dita nella ferita, riaprendola, frugando, senza trovare il proiettile.

La disinfettò, meticolosamente, le mani arrossate di un sangue vivo e pulito che andava sostituendosi a quello infetto, portato via quasi con rabbia.


Stupido… perché l’hai trascurata.

Stupido, stupido e arrogante bastardo.


Ti credevi al di sopra delle leggi di natura o non ti importava?


Lo strinse in un abbraccio, lo costrinse a restare sotto l’acqua gelida. E alzò il viso verso il getto, respirando, gli occhi chiusi, i loro toraci uno contro l’altro.


Spiacente, Sawyer. Spiacente delle tue intenzioni.

Perché ho intenzione di farti vivere ancora a lungo.


***


L’acqua corse a lungo, su entrambi, facendoli rabbrividire.

Sawyer aveva il viso sul petto di Jack. E Jack lo teneva stretto, una mano sulla sua nuca, un braccio sulle sue spalle.


Mi puoi sentire… lo sai che sono con qui… piegò la testa, sfiorandogli la tempia.

Sei al sicuro.

Mi occuperò io di te.


Te lo prometto.


Un’altra delle tue promesse, Doc... non ti stanchi proprio mai.


Jack sorrise, di disperazione. Come era nitida adesso la sua voce, nella mente. Allungò una mano chiudendo il rubinetto. Afferrando gli asciugamani puliti e avvolgendolo, stringendolo.

E guardandolo. Sveglio.

“Sawyer?” – sussultò. Gli afferrò il viso, compiendo quel gesto di sempre, nel tirargli indietro i capelli, lontano dagli occhi – “Mi riconosci, Sawyer?”.

I suoi occhi verdi sembrarono fissarlo, prima di chiudersi nuovamente. Ma Jack sentì che poteva bastargli, anche se era solo un miraggio.


“Andiamo.” – mormorò, sollevandolo e trascinandolo verso il letto – “Non mi lasciare proprio ora…”


Non ora… non sei tornato per morire….


***


Kate non volle lasciarlo. E Jack, quasi a malincuore, sembrò convincersi che fosse la soluzione migliore, visto che, tanto per cambiare, era richiesto da altre parti.

Sawyer, tra le sue braccia, gli fece male e, allo stesso tempo, gli sembrò poter essere al sicuro. Dopotutto, Kate e Sawyer, nei mesi, erano divenuti i capisaldi della sua esistenza, più di ogni altro mai avuto… che male poteva esserci a lasciare uno in compagnia dell’altro?


A quel pensiero, un sorriso ironico sembrò sorgergli sulle labbra, mentre armava il fucile.

Gli opposti si attraggono, non dice così il vecchio detto?

E se gli opposti fossero due? Sarebbe possibile averli entrambi?


“Torno presto. Non ti preoccupare, andrà tutto bene.” – mormorò, affacciandosi alla porta. E domandandosi solo fuggevolmente, a chi dei due si fosse rivolto.


***


Solo a notte fonda lo lasciarono libero di rientrare al bunker e sostituire la ragazza nella veglia.

Si sedette sulla sedia rimasta libera, guardandolo ansimare e contorcersi. Una frazione di secondo, prima di alzarsi e accomodarsi sul letto, un ginocchio piegato, le mani intrecciate.

E gli occhi fissi su di lui, domandandosi dove fosse in quel momento. E quale potere fosse necessario per superare le barriere nebbiose che separano la vita dalla morte.

Tese le dita, posandogliele sulla fronte.

“Sei almeno sicuro che sia un buon posto dove andare?”– domandò, nel silenzio irreale del rifugio, percorrendogli la linea decisa della mascella e il collo – “Sei certo che non ti mancherebbe tutto questo?”


Perché vuoi morire, Sawyer... perché…

Hai almeno una buona motivazione o ti sei impuntato per cocciutaggine?

Non sarebbe una novità, non trovi?


Jack.” – le sue dita si bloccarono. E Jack lo fissò.

Non era in sé. La febbre era troppo alta. Ed era presto per dire se gli antibiotici facevano effetto.

“Jack.” – ripetè, irrigidendo la schiena.

Il medico gli posò le mani sulle spalle, riconducendolo contro il materasso. E guardandolo.

“Sono qui.” – rispose, con intensità, guardandolo voltare la testa, alla ricerca di un po’ di quiete – “Perdonami, non posso fare nulla per questo dolore…”

“Jack…” – poco più di un sussurro.


“Darei tutto perché sapessi che sono con te.” – disse, posandogli sulla fronte la pezza bagnata che Kate aveva lasciato sul ripiano – “Darei di tutto per averti detto di non partire.”

Si fermò. E si rese conto di ciò che aveva detto.


Non era stata la dinamite a tenerlo lontano da quella zattera in partenza.

Non era stata la pericolosità del viaggio a convincerlo della necessità che fosse armato.

Non era stato nemmeno quell’ultimo segreto, quello su suo padre, finalmente venuto a galla.


Nulla di tutto questo.


Avrebbe solo voluto che restasse.

Piegò la testa. E si lasciò sfuggire una risata rassegnata.


Pazzesco da dire… ma mi sei mancato… e me ne accorgo solo ora.


***


Scusa amico. Lo so che fa male.


Michael mi ha detto che hai estratto il proiettile con le mani.

Dovrai mostrarmi come si fa, una volta o l’altra.


Dov’è lei?


Cosa? Non ho…


Dov’è lei?


Kate?

È rimasta a vegliarti per ventiquattro ore. L’unico modo per liberarmi di lei era mandarla a prendere della frutta per te.


Io la amo.


Io la amo.


Ammettiamolo. Quando l’hai detto mi sono dovuto sedere.


Jack tirò un colpo deciso. E il ceppo si staccò con una spaccatura perfetta.

Lo gettò assieme agli altri, nel mucchio alla rinfusa. E diede un altro colpo, sperando di fare chiarezza.

Forse, tutto sommato, aveva ragione Hurley. Era un transfer.

Un colossale transfer.

Sawyer amava Kate, Kate baciava Jack... e una buona dose di incomprensibili misteri attorno.

Un altro colpo.

E un altro ceppo.


Io la amo.


Non ci crederai... ma il concetto è chiaro. Ami Kate.

Chissà perché non sono nemmeno troppo sorpreso.


Tu digli di mollare, Lentiggini. Il bacio l’ho avuto, che altro vivo a fare…


L’unica pecca nei tuoi calcoli è che lei è tenace quanto me.


Si voltò, lasciando cadere l’ascia. Ne aveva abbastanza. Di quella storia e di quella radura.

Percorse con calma il sentiero ormai formatosi in direzione del rifugio. E lo vide.


In piedi. Con le sue sole forze.

La camicia sulle spalle, i capelli scomposti, troppo lunghi. Quasi buffi. E quella sua incredibile postura indolente, indimenticabile.


Sawyer si voltò con lentezza. Kate era appena visibile, oltre la sua spalla. E Jack sentì che non gli importava niente della colpa che c’era negli occhi della ragazza.

E che non gli importava se si pentiva di averlo baciato.


Perché Sawyer gli stava sorridendo, in quel modo storto e beffardo di tanto tempo prima.

“Ehi, Doc.” – disse, movendosi verso di lui. Il braccio ferito stretto nella mano sana – “Chi non muore si rivede…”

Barcollò. E Jack reagì d’istinto. Gli tese le braccia, afferrandolo in tempo, sentendolo appoggiarsi con tutto il suo peso.


Il corpo di Jack contro il suo. Impiegò un attimo a realizzarlo. Jack lo stringeva, impedendogli di precipitare. E, d’un tratto, Sawyer comprese.

Era salvo.

Salvo, con Jack.

E, senza attendere un invito, gli posò la tempia sulla spalla, chiudendo gli occhi.

E concedendosi un respiro, quasi di abbandono, contro il suo petto.


Mi sento bruciare, Jack. Sto lentamente bruciando…


Jack non disse nulla. Lo tenne, semplicemente, raccolto tra le braccia, stretto. E Sawyer non diede l’impressione di volersi raddrizzare.

Allora alzò lo sguardo, fino a Kate. Fino alla sorpresa e alla comprensione, così visibili dentro i suoi occhi.


Già. A Kate era bastato guardarlo in viso, per capire cosa c’era stato di sbagliato in quel loro bacio.

Non il momento, non l’istinto... ma il sapore della bocca di Jack.

E i suoi occhi. Quei dannati occhi incapaci di mentire.

Quasi in sordina, mosse un passo a ritroso. E si voltò, sparendo nella jungla.


***


Sawyer rialzò il capo con lentezza. E i suoi capelli ricaddero, troppo lunghi. Mosse le testa, cercando di ricacciarli indietro, combattendo contro un capogiro. E una mano, con gentilezza, lo prevenne, frenandolo, compiendo quel gesto.

I capelli fecero da sipario. E i loro occhi si incontrarono.

“Grazie.” – sussurrò Sawyer, guardandolo dritto in viso.

Non un sorriso, non un’emozione. Semplicemente guardandolo.


Grazie…


“Non dovresti essere in piedi.” – replicò Jack, la stessa espressione assorta – “E soprattutto non qui fuori.”

E fu allora che quel dannato redivivo gli sorrise.

“Andiamo, Jack... pensavi sul serio che svegliandomi in un bunker me ne sarei stato a letto?” – lo tormentò, mentre le sue gambe cedevano di nuovo.


Porca puttana…


“Sta diventando un’abitudine.” – mormorò, risentito, cercando di restare in piedi, aggrappandosi alla sua camicia. E sussultando, per il dolore alla ferita - “Porca puttana!”

“Concordo.” – replicò il medico, trascinandolo verso la porta, senza riuscire a trattenere una mezza risata – “E, a questo punto, se per te non è un problema, continuiamo questo conversazione all’interno…


è la mia schiena che te lo chiede.”


***


Era bello guardarlo dormire.

Teneva la testa reclinata indietro, un braccio a penzoloni giù dal divano, una rivista sullo stomaco.


È questo che chiamano il riposo dell’eroe?


Sawyer camminò lentamente verso di lui, senza un rumore sul pavimento insonorizzato. La ferita si stava rimarginando e Jack era divenuto più permissivo, nei suoi confronti.


Vattene in spiaggia, se ti fa piacere. Torna per le medicazioni e i medicinali, non ti chiedo altro.


“Sul serio non vuoi chiedermi altro?” - aveva domandato, sorridendogli dal letto e puntellandosi su un gomito per alzarsi, quanto bastava da vederlo.

“Sei convalescente.” - Aveva risposto Jack, affacciandosi dal bagno, le mani impegnate a ripulire uno strumento – “Cos’altro potrei chiederti?”

Un’idea ce l’avrei pure… aveva sorriso, ma non aveva risposto, tornando a sdraiarsi.

E vedendolo tornare verso di lui e chinarsi.

E sentendo la consistenza della sua bocca sulla propria.

“Basta.” – spiegò, senza smettere di strofinare il bisturi nel panno – “Non chiedo altro.”


Almeno per il momento.


Nel rifugio tutto taceva. Locke, probabilmente, faceva la guardia al prezioso bottone, con le immancabili parole crociate.

E Jack dormiva.

Profondamente.


Troppo profondamente, considerò Sawyer, piegando la testa e guardandolo di traverso, prima di allungare un dito, posandoglielo sul mento.

Percorrendogli il profilo, la bocca, risalendo fino alla punta del naso. E tappando, con decisione, le narici.

Facendolo sussultare e sbarrare gli occhi.

“Sveglia, raggio di sole.” – sorrise, beffardo, lasciandogli andare il naso – “E’ una splendida giornata.”

“Che ore sono?” – sbadigliò, guardandolo – “Hai tagliato i capelli.”


Anzi. Scommetto che ti hanno tagliato i capelli. Si strofinò la faccia e gli occhi, con una mano.


“Lo sapevi già. Mi hai visto prima, in spiaggia.”

“Davvero? Allora dimmi solo che ore sono.”

“Fuori c’è il sole.” – rispose, serafico. Aveva indosso una camicia verde polvere e teneva la testa piegata da un lato, per guardarlo. La luce dei neon, colpendolo in viso, gli illuminava solo gli occhi, lasciando i lineamenti in ombra.

E Jack, d’improvviso, lo fissò meglio. E sentì un gelo inspiegabile in fondo allo stomaco, simile a quello provato, una vita prima, innanzi a suo padre.


Te ne andrai di nuovo.

Ora lo sento.


Gli tese una mano, per farsi aiutare. E Sawyer, alzando gli occhi al cielo con finta sopportazione, l’afferrò e piantò bene i piedi in terra.

“Deduco.” – disse il medico, una volta in piedi, le loro spalle che si toccavano, le loro mani ancora strette – “Che tu non riesca ancora a muoverlo.”

Si riferiva al braccio. Lo indicava con lo sguardo, senza lasciargli andare la mano.

“Ma come sei perspicace.” – si complimentò l’altro.

Jack emise un sospiro. E, stranamente conciliante, gli posò una mano sulla spalla, facendolo voltare.

“Dai, andiamo…”


***


Era una radura. Ma non quella dei loro ripetuti incontri.


Era nel folto della vegetazione, nascosta, lontana dal bunker e dalla spiaggia in egual misura.

Non troppo dalle grotte, in effetti, pensandoci bene.

Intanto ormai nessuno passava più in quella zona.

La jungla faceva paura tanto quanto la notte. E le persone preferivano stare in spiaggia… e illudersi ogni tanto di essere in un villaggio turistico.

Questo era il clima trovato dai naufraghi al proprio ritorno. Tutto sempre uguale. Tutto cambiato.

Sawyer, quando finalmente si era alzato da quel letto, non aveva impiegato molto a scorgere le prime avvisaglie di un malessere generale.

E non aveva perso tempo a cercare di manipolarlo a suo vantaggio, nel riappropriarsi del riparo sulla spiaggia e di tutto quello che era riuscito a rubare.

C’era stata la questione di Charlie e del bambino di claire. C’era stata la morte di Shannon, il ritrovarsi di Rose con il marito, la comparsa di Ecko e l’ostracismo per Ana Lucia.

E c’erano i conflitti malcelati tra Jack e Locke.


Niente di meglio del torbido per pescare.


Checchè ne dica Kate, con quel suo faccino pulito.

Sei uno di noi, ora. Ti vogliono bene da quando sei tornato.


Oh, certo. Perché un colpo di pistola è come una medaglia. Fa di te all’istante un eroe.


Bhe... sbagliato dolcezza. Gli eroi non sono così semplici da creare.


Io sono ancora io.

Nessuna redenzione nell’aver la setticemia. Cerca sul dizionario. Infezione, non segno dal cielo.


Nessuna redenzione.


Si può vivere. O si può morire.


E ci si sente fortunati in base ai punti di vista.


***


Quando le mani di Jack gli aprirono la camicia, ad esempio, Sawyer provò un moto di pace. E un lampo di soddisfazione per il buongusto di non aver tirato prematuramente le cuoia.


A quanto pare, Doc, continui a volermi salvare, pensò, guardandolo mentre posava le mani sulla cicatrice.


E ogni tanto sembri pure riuscirci.


“Dimmi.” – domandò, sorridendogli, sentendo le sue dita correre sui muscoli della spalla – “e’ il tuo nuovo ambulatorio medico? Bei quadri alle pareti…”

“E’ un posto tranquillo. Volevo starmene un po’ in pace…”


E ti porti me? Interessante forma di masochismo.


“Riesci a girarlo così?” – domandò, mimando il movimento, la mano sulla propria spalla e osservandolo compiere ubbidiente il richiesto, con le sopracciglia aggrottate.

Gli afferrò il braccio, non richiesto. E accompagnò il gesto, con entrambe le mani.

“Non c’è bisogno che lo sforzi. Fai piano.” – sussurrò, seguendo con lo sguardo il movimento delle fasce muscolari sotto pelle – “Ancora una volta.”

Sawyer lo contemplava, non visto.

Quando Jack era assorto, o concentrato, i suoi occhi avevano una sfumatura omogenea, incredibilmente densa.

Era l’espressione di quando interveniva a caldo nelle situazioni, la stessa con cui si chinava sui bisognosi, sui disperati.


Hai questa strana propensione al martirio... e questa capacità di tenderti verso le persone…


Jack gli girò attorno, ponendosi alle sue spalle, cingendolo, obbligandolo a piegare il braccio, a forzarlo con l’altro.

“Stai attento, rischi di farti male.” – gli sussurrò, la bocca vicino all’orecchio, il corpo contro il suo – “Con calma, devi riabituare i muscoli, non irrigidirti…”


Rischio di farmi male…


Sbagliato, Doc.


Quando sono con te finisco sempre con il farmi male.


Una fiammata di dolore gli passò nella ferita. E Sawyer sussultò, portando istintivamente una mano sulla cicatrice. E trovandosi di fronte Jack, la mano sinistra stretta al suo avambraccio, la destra sopra la sua.

“Tranquillo.” - Lo sentì mormorare – “E’ normale.”

Non si era nemmeno reso conto di aver abbassato la testa per il dolore. E quando la rialzò, lentamente, con la rabbia negli occhi per quella debolezza, Jack ricambiò la sua occhiata. Senza commiserazione, senza disapprovazione. Lo guardò solo dritto in faccia, con un’intensità tale da sconvolgerlo.


Un singolo attimo.


Mai più.

Mai più senza di te.


“Dai, siediti.” – ordinò, amichevolmente, lasciandolo andare e indicandogli una roccia. E chinandosi ad afferrare lo zaino, per portarlo più vicino.


“Devi fare regolarmente questi esercizi.” – aggiunse. E gli porse una bottiglia d’acqua – “La ferita va bene, ci vuole solo un po’ di pazienza. E non fare sforzi.”

“Tipo aiutare te ad alzarti dal divano?”

“Qualcosa del genere.” – gli sorrise, piegandosi sui talloni, il necessario per la medicazione tra le mani.

“Oppure tipo abbracciare Kate?”

Le mani di Jack si bloccarono. E i suoi occhi gli si puntarono al centro del viso.


Io e la mia boccaccia. Dannazione.


Jack sembrò soppesare la richiesta, le mani abbandonate sulle ginocchia. Poi tornò al suo lavoro.

“Per quello usa l’altro braccio.” – rispose poi, senza intonazione nella voce, massaggiando i segni dei punti con il disinfettante. E abbassando gli occhi, per riporre il tutto.

Fu allora che la vide. Sawyer teneva le mani abbandonate, dischiuse. E, nel palmo della destra, riluceva una linea sottile, più chiara, di pelle.

Istintivamente, vi posò sopra le dita, insinuandosi tra le sue. E sentì Sawyer irrigidirsi. Ma restare immobile. Afferrò la mano, aprendola, girando definitivamente il palmo verso l’alto.

“Doveva essere una ferita profonda.” – commentò, guardandola. Era una segno frastagliato, appena in rilievo. La percorse con le dita, senza darsi la pena di valutarla come medico – “Deve essere ancora fastidiosa…”

“Lo è.” – replicò Sawyer, sottovoce, la testa bassa, i capelli a nascondergli quasi il viso.

Jack alzò la testa, guardandolo.


E’ questo il motivo di quel tuo gesto, di quel tormentarti la mano… mi sono chiesto così tante volte cosa significasse…


Problemi?

Si. Tu.


“Come te la sei fatta?”


E’ opera tua.


“Non sono affari tuoi.”

“Certo.”- il tono di Jack suonò freddo. E di irritazione malcelata. Si rialzò, puntellandosi sulle ginocchia – “Come non detto.”

“Jack, aspetta.” – lo aveva afferrato, per un polso. E si era issato, tenendolo stretto, barcollando, il braccio ferito leggermente arcuato, per non sforzare la spalla – “Me la sono… bhe, quando noi, la prima volta... hai capito,no?”


E non è la cicatrice che mi fa male.

È il calore che mi hai lasciato, la prima volta che ti sei occupato di me.

La cicatrice è solo un segno. Quello che fa male è il ricordo.


Jack lo fissò. Aveva di nuovo quegli occhi fragili, fatti di vetro, fissi su di lui. Gli occhi dell’altro Sawyer, quelli che lo facevano sembrare giovane, e vulnerabile.

“Allora è un affar mio.” – replicò, sottovoce, occhi negli occhi, i loro visi vicini, la mano di Sawyer ancora spasmodicamente stretta attorno al suo polso – “Perché non me lo hai detto, quel giorno…”

“Non corro da te per ogni cerotto, dottore.” – l’altro Sawyer era svanito, dentro al solito ironico sorriso – “Era poco più di un taglio…”

“Un taglio che continua a farti male.”

Sawyer gli sorrise ancora. E abbassò la testa.

“Già.” – sospirò, il cuore pieno di ironia – “Farà sempre male.”


***


Farà sempre male.


Sempre.


Sawyer voltò la testa, guardandolo rivestirsi. Sdraiato, la sua camicia appoggiata dove l’avevano lasciata. E i loro vestiti sparsi intorno, come sempre, per quell’esigenza furiosa uno dell’altro, per quel violarsi, invadendo i reciproci spazi fino alla completa fusione.


Lo ricordavo alla perfezione, si sorprese a pensare, guardando Jack che si abbottonava i pantaloni dandogli le spalle.

Non è più vivido, più violento o più intenso.

È come lo ricordo.

È per questo che mi fa impazzire.


“Stai bene?” – domandò il medico, piegandosi e guardandolo, le mani appoggiate alle ginocchia, come suo solito.

“Paura di esserci andato giù pesante, Doc?” – gli domandò, senza muoversi. Ancora nudo, ancora sdraiato al centro della radura, ancora abbandonato – “Tranquillo, non sono il tipo che muore per amore…”


Amore… è amore questo?


“Lo immaginavo.” – rispose Jack, piegandosi sui talloni, concentrandosi sulla ferita. Gli aveva strappato la medicazione, nella foga, insieme a tutti i vestiti e alla pelle – “Ma non posso nasconderti che mi scoccerebbe aver distrutto in un attimo il bel lavoro di settimane.”

Di risposta, Sawyer, rise, guardandolo. Una risata leggera, la testa voltata, la guancia contro le foglie spesse e ricche d’acqua.

“Sono un bel lavoro, Doc?” – lo sono davvero?

“Bhe…” – l’ilarità di Sawyer era contagiosa. E la bocca di Jack si inarcò in un sorriso spontaneo – “sei arrivato qui che eri più morto che vivo… e tenere vivo te è sempre una specie di miracolo….”


La risata scemò dolcemente. Ma rimase il sorriso.

“Già…” – sussurrò Sawyer, fissandolo – “Un miracolo di cui puoi prenderti il merito…”

Le mani di Jack si fermarono. E i loro occhi finirono per trovarsi.

E Sawyer, senza soffermarsi a pensare quanto poteva essere disarmante, tese una mano, afferrandogli la maglietta. Tirandosi su, a forza, nel trascinarlo verso di sé.

Baciandolo, in un perfetto incontro.

Le mani di Jack cercarono il terreno alle sue spalle, per non schiacciarlo, per sostenerlo. E poi la sua schiena, sfiorando appena le scapole, tirandosi indietro senza lasciargli le labbra.

Assaporandolo, nutrendosi di quel suo respiro forsennato, di quel modo incredibile che aveva di tremare, nel compiere quei gesti.


Con la mano gli percorse la spina dorsale, fino alla nuca, fino a intrecciare le dita nei suoi capelli.

Ricambiando il bacio, fermandolo, quando gli sembrò volersi allontanare.

Cercando ancora la sua bocca.


Sawyer…

Ci sono volte in cui non ti comprendo... altre in cui fai svanire il mondo.

E poi ci sono volte... volte in cui ti sento.


Ti sento correre sotto pelle, come un fiume in piena.


***


Alla fine il cervello di Michael era andato sul serio a farsi fottere.

Oh, almeno, secondo Sawyer, questo era ciò che Jack portava a lettere cubitali stampato in faccia.

E non gli si poteva poi dare così torto.

Quando uno ti punta un fucile contro, ti urla le sue intenzioni e ti chiude dentro una camera blindata, è nei tuoi diritti essere imbestialito.

Soprattutto se, un attimo dopo essere stato liberato, sei anche costretto a correre in suo aiuto.


Sawyer lo fissò, mentre caricava le pistole e le passava a Locke.

Non c’erano dubbi.


Il grande ritorno di Jack, protettore degli innocenti.

Nessuno sopruso può essere in atto senza la sua presenza!


Sawyer si trattenne dal desiderio di tirargli un pugno. E il suo cervello si mise in movimento, con rapidità. Prima ancora di aver finito di ragionarci sopra, teneva già una pistola tra le mani.

“Ehi!” – gli urlò Jack, guardandolo – “Cosa stai facendo?”

“Cosa ti sembra?” – gli urlò di rimando, facendo scattare il caricatore e bloccando la sicura – “Vengo con voi.”


Mi sono preso una pallottola.

E voglio vendetta.


E, visto che ci sono, non ti voglio là senza qualcuno che ti copra le spalle.


“Sei ancora sotto antibiotico.” – replicò Jack, mettendosi comunque lo zaino sulle spalle, provando a fermarlo in maniera poco convincente.


Ho bisogno di forze, nelle prossime ore. Non ho tempo di discutere con te per poi dartela vinta.


“Allora è buona cosa che io viaggi con il dottore.”


Appunto.


***


Kate aveva chiesto una pistola. E Jack gliel’aveva negata. Per poi dirle di starsene a casa.

Era sembrata sbalordita da quell’atteggiamento.

E una marea di spiegazioni plausibili le erano passate per la testa.


Vuole proteggermi.


Non si fida di me.


Sa che gli nascondo tante cose.


Il bacio.


Sawyer.


Sawyer.

Lo fissò, sentendosi ricambiata nell’occhiata. Rendendosi conto a malapena di come avesse attirato l’attenzione di entrambi con il semplice scatto della pistola.


Sei tu il pomo della discordia?


Sawyer, che le sorrideva sempre con profferte amorose e doppi sensi.

E che ora, senza un commento, non prendeva le sue difese.


“Andiamo.” – gli aveva detto Jack, passandogli vicino.

E il bastardo, semplicemente, l’aveva seguito.

Lasciandola sola con il suo disappunto.


***


Cosa ti ha fatto?

Cosa?

Kate.

Non mi ha fatto niente.


Certo… le hai urlato contro perché voleva aiutare a riportare Michael indietro.

Mi pare sensato.


Perché non torni da lei e non vedi se l’ho offesa?


Stavo solo parlando…


“Si, lo so.” – Jack rallentò, distratto, gettando un’occhiata alla zona circostante – “Tu la ami.”


Sawyer si fermò, guardandolo, del tutto stranito.

Che hai detto?”


E, ringraziando il cielo, John Locke li aveva interrotti.


***


Era arrabbiato.

Arrabbiato con Kate ormai da sempre.

Era stato arrabbiato con lei per molte cose, da quando si erano conosciuti.

Il suo passato, lo sceriffo, le bugie, le manipolazioni... i segreti… il bacio…


Si, era arrabbiato con Kate.

E anche di più, se si poteva dire.


Perché di lei non si fidava.

Perché si era fidato, ed era sempre stato uno sbaglio.


Anche ora. Ora che li aveva pedinati e si era fatta catturare, polverizzando le già minime occasioni di riuscita che avevano. Anche ora, che aveva fatto sparare loro contro e lo aveva messo di nuovo in difficoltà, a dover decidere della vita e della morte.


Era divenuta una persona da salvare. Non era stata di nessun aiuto.

E lui era stanco di dover salvare tutto e tutti.


Jack… io…

Stai bene?

Si.

Ok.


Ok.


Si. Stanco.


Anche ora, soprattutto ora, che lo guardava con quegli occhi trasparenti, da cerbiatta.

“Ho fatto un errore. Mi dispiace.”

“Si.” – aveva risposto – “Dispiace anche a me.”


Dispiace anche a me di fidarmi sempre delle persone sbagliate.


E la loro conversazione era morta sul nascere, lasciandoli soli con un silenzio carico di tensione fino al campo.

“Non darti addosso, lentiggini.” – le aveva sussurrato Sawyer, passandole a fianco – “Se mi avesse detto di non seguirlo, avrei fatto la stessa dannata cosa.”

Kate aveva alzato lo sguardo verso di lui, verso il suo profilo.

Sawyer, che le parlava, così complice, senza fermarsi, gli occhi fissi su Jack che se ne andava.


***


Sei qui per michael o solo per farti sparare?

Perché sei qui, doc?

Voi avete le vostre ragioni. E io le mie.


Già, Sawyer. Qualunque fosse il motivo, di certo non era Michael.

E non ero io.

E io ne ho abbastanza di questa solitudine. E di questa stasi.


Basta con la faccenda degli altri.

Basta con il tornaconto personale.

Siamo un gruppo. E come tale dobbiamo difenderci.

E prepararci.

Volevate un leader? lo avete trovato. Mi avete obbligato ad esserlo.


Vi importa la mia opinione. Ma non quello che penso.


Ora ho solo bisogno un alleato.

Uno che la pensi come me.


E, senza aspettare oltre, raggiunse Ana Lucia sulla spiaggia.


***


Ana Lucia e Jack.


Di colpo gli era venuto un gran desiderio di bersi un alcolico.

Peccato che persino quelli fossero nelle mani del dottor Sheppard.

Non c’era più nulla che non fosse nelle mani del perfetto, inimitabile dottor Sheppard!


A quanto pare, per chissà quale dispensa cosmica, Jack reggeva le file di ogni cosa.

Alcool, armi, medicine, potere, sesso e sentimenti!


Tutto, porca puttana!


Si è preso tutto.


“Ehi, doc!” – lo apostrofò, arrivandogli alle spalle.

E guardandolo voltarsi, un sopracciglio piegato, quasi in attesa cinica.

“Dimmi, Sawyer…”

Indossavano ancora i vestiti dell’inseguimento. E Jack aveva l’aria di uno che vuole una doccia ed essere lasciato in pace.

“Mi dici cosa hai in mente?” – domandò, con una certa qual ferocia, non sapendo bene lui stesso a cosa si stava riferendo.


Perché tu hai in mente qualcosa… qualcosa che io non comprendo.


“Non so di cosa stai parlando.”

Si era voltato.

Si era incamminato.

E Sawyer gli era andato appresso.

“Credi che sia uno stupido? Non mi sfugge come guardi Lentiggini, come la tratti. E non c’entra il fatto che si sia fatta beccare. Qui c’è qualcosa di diverso, non è vero Doc?”

“Ascoltami bene.” – si era girato di nuovo. E aveva una mano alzata, la pazienza ai limiti – “Kate non ha di certo bisogno di un paladino, sa difendersi benissimo da sola. E poi, sono affari tra me e lei.”

“Ah si? Ed è quindi perché sono affari tra te e lei che ti guarda con la faccia di una che non ci capisce niente?” – urlò, puntandosi un dito alle spalle, esasperato. Era così furioso che gli sembrava che la vista si sdoppiasse – “Affronta la questione, visto che è il tuo stile. Ma piantala con questi giochetti.”

“Giochetti?” – Jack sbarrò gli occhi. E gli rise in faccia – “Giochetti?”

“Si.” – rispose, i capelli in tutte le direzione. E gli occhi troppo grandi – “Tanto non ti servirà farla ingelosire con la ragazza dei tacos.”

“Cos... Ana Lucia? Pensi che stia usando Ana Lucia per ferire Kate?” – Oddio, sono in un mondo parallelo pieno di matti peggiore del mio – “Mi dici cosa ti sei fumato?”

“Oh, certo! Come se fosse rimasto qualcosa da fumare qui!” – era all’apice della sua disperazione. E la testa gli faceva un male impossibile. Come la spalla, il braccio e il petto – “Fai quello che vuoi, Doc. Ma ricomincia a fare la cosa giusta un po’ in fretta, per favore!”


Era suonato disperato.

E Jack lo aveva fissato, senza parole.


“E…” – aggiunse Sawyer, dopo aver ripreso fiato – “Io non la amo per niente.”


Adesso, dovendo scegliere, a Jack sarebbe piaciuto sedersi a farsi una bella risata.

Una bella, lunga, liberatoria risata.

“E vorrei sapere come ti è venuta in mente una stronzata di questo genere.” – specificò, petulante.


Jack non gli rispose. Si posò le mani sui fianchi, lo guardò fisso.


Ecco. Questa è una di quelle volte.


So che la ami perché me lo hai detto.


Che idiota che sono... ho dimenticato che per te mentire è patologico…


“Ciao, Sawyer.” – sospirò, salutandolo con la mano e girandosi.

“Ehi, dove credi di andare!” – passi, passi serrati alle sue spalle – “Jack, se non ti fermi giuro che io…”


Ecco.

Io.

Io un corno.

Bel momento per svenire.


***


“Resta fermo. E respira.” – ordinò Jack, sollevandogli la testa e facendoci scivolare sotto la camicia piegata.

Agli ordini, dottore.” – replicò, fissandolo di traverso e non vedendolo nemmeno troppo bene – “Sei tu l’eroe.”


Adesso che ci penso è quello che ti ho detto quando ti ho conosciuto.

Guarda come avevo già capito che tipo fossi…


Gli sarebbe piaciuto chiedergli cos’era successo. Ma non era certo di riuscire a formulare la frase in maniera coerente.

Si sentiva un po’ confuso.

Stava urlandogli contro. E un attimo dopo aveva sentito le sue braccia intorno al petto.

E poi più nulla.


Nulla.


Ed ora, senza sapere né dove fosse, né quanto tempo fosse passato, capiva solo di essere sdraiato a terra, in un posto ombreggiato, con Jack, impegnato a posargli uno straccio bagnato sulla tempia.

Represse un grugnito, cercando di allontanare la testa e le mani del medico in un colpo solo.

E riuscendo, maldestramente, a fallire in entrambe le cose.

“Ho detto fermo.” – ripetè Jack, con pazienza, bloccandolo. E pulendo di nuovo l’abrasione lasciata dal colpo di proiettile – “Hai perso i sensi... e con interessante tempismo…”


Interessante tempismo…


“Sei uno stronzo, Doc, te l’ha mai detto nessuno?”

“Con tutte le volte che me lo dici tu…” – replicò, pigramente, afferrandogli un polso e sentendogli le pulsazioni – “Vorrei che te ne restassi lì sdraiato altri dieci minuti. Direi che per oggi di stress ne hai avuti abbastanza, non credi?”

“Che è successo.” – si rassegnò a chiedere. Dannato medico, non dai le risposte se non ti fanno le domande giuste.

“Potrai sentirti guarito, ma non lo sei.” – rispose Jack, lasciandogli andare la mano. E imbevendo di nuovo lo straccio con l’acqua della bottiglia – “Hai percorso miglia a piedi, ti sei fatto sparare, di nuovo, hai litigato con me…”

Si interruppe. E sorrise, posandogli di nuovo lo straccio sulla tempia.

“Sei un fenomeno.” – ridacchiò, dandogli sui nervi.

“Mi dici perché sei così allegro?”


Bhe , tu non ami Kate…


“Non lo sono. Sono solo stanco.” – replicò, guardandogli le pupille leggermente dilatate. Senza mentire, dopotutto, considerò Sawyer. Jack aveva ombre sotto gli occhi, il viso tirato.


Nessuno di noi è capace di darti pace, vero Jack?


Siamo tutti un incrollabile branco di egoisti nei tuoi confronti.

E nei confronti di tutti.


Forse è quasi ora che ti rassegni a questa evidenza… non puoi cambiare il mondo…


“Segui il dito, per favore.” – gli stava dicendo.

“E poi comincerai con le domande imbarazzanti?” – rispose, facendo il richiesto e poi tornando a fissarlo – “Perché, sappilo, non intendo risponderti. Non sono in vena di giochetti.”

“Lo so.” – abbiamo appena finito di parlare dei miei cosiddetti giochetti. E non mi va di ricominciare – “Niente scherzi…”

Gli posò una mano sulla fronte. E lo guardò.

“Andiamo, Doc…” – sussurrò, da sotto le sue dita, quasi a disagio – “Non ti avrò fatto spaventare, questa volta…”


Quasi.


Ma ti farebbe veramente piacere saperlo?


“Hai una leggera commozione cerebrale.” – rispose, ignorando la domanda – “deve essere stato il colpo di striscio. Hai nausea, mal di testa?”


“Certo che li ho. Sono svenuto.”

“Evviva la sincerità.” – si sedette, appoggiando la guancia alla mano – “Qualche altro sintomo? Da solo fai per tre pazienti.”


Sawyer lo fissò come se gli fossero spuntate le antenne.


Tu mi stai sfottendo.

Non ti basta avermi trascinato per la jungla, fatto andare lungo disteso e, in primis, avermi salvato la vita!


No. Adesso vuoi pure sfottermi!


Vai al diavolo, Doc.

Fece per alzarsi. E la vista gli si sdoppiò. Lasciò andare un colpo di tosse e lo sentì afferrarlo per le spalle e riadagiarlo a terra.


Toglimi una curiosità, o pozzo di saggezza…


Come mai tu riesci sempre ad afferrarmi e io ti lascio sempre cadere?


“Giù.” – ordinò, quando riaprì gli occhi, fissandolo di sotto in su – “E’ uno consiglio da amico…”

“Vai al diavolo…”

“Si, Sawyer… sei comodo?”

“No.”


Jack lo contemplò. Pallido e arrabbiato in egual misura.


Dopotutto, pensò, dopo una giornata come la nostra, posso anche permettermi un colpo di testa.


E, senza informarlo delle sue decisioni, lo sollevò di peso, scivolando dietro di lui, appoggiando la schiena al palmizio. E lasciando che gli posasse il capo sul petto, il corpo contro al suo.

“E ora?” – domandò, chinando la testa e stringendolo tra le braccia – “Ora sei comodo?”


Sawyer non disse nulla.

Ma la mano che corse al suo viso, e poi alla sua nuca, fu più eloquente di ogni risposta.


E di ogni richiesta.


***


Si svegliò di soprassalto, sentendolo inarcarsi. E lo afferrò, alzandosi dal loro giaciglio improvvisato per tenerlo stretto. Sawyer gemeva, nel sonno, come in preda al terrore...

E Jack, intontito dal risveglio repentino e dai suoi gesti sconnessi, lo strinse, scotendolo e chiamandolo. Sotto le braccia ancora tese per trattenerlo, la cassa toracica si dilatò in un respiro profondo e disperato. E Sawyer sbarrò gli occhi.

“Non è nulla.” – gli disse, allentando appena la presa, sentendolo voltare la testa e finire con la fronte sulla sua bocca – “Era solo un incubo.”

Un incubo… le mani di Sawyer corsero lungo il suo braccio, afferrandogli un polso, senza riuscire del tutto a stringere. Aveva la fronte madida di sudore e ansimava.

“Stai calmo” – ripetè Jack, senza lasciarlo andare, quella brutta abitudine di tirargli indietro i capelli – “Non è nulla….”

Il respiro di Sawyer mutò, con lentezza. Divenne più profondo, più ricco. Le sue pulsazioni tornarono normali, a poco a poco.

Attorno a loro la jungla era buia e umida. Il sole era tramontato, mentre dormivano.

Il loro incontro forse si era protratto troppo, ben oltre a quanto desiderassero entrambi.


Di nuovo insieme, sulla sottile linea tra sesso e intimità.


“E’ ok, doc.” – mormorò, d’un tratto, rompendo il silenzio – “E’ ok.”

Eppure Jack non sciolse l’abbraccio. E chinò la testa verso il suo orecchio, parlandogli con calma.

“Li hai spesso, Sawyer.” – mormorò, sapendo tristemente che quelle parole lo avrebbero messo sulla difensiva – “Li hai spesso, la notte…”


Rimase in silenzio. Gli occhi fissi di fronte a sé. Non poteva guardare Jack in viso, mentre pronunciava quelle parole. Semplicemente non poteva.


Da quanto lo sai… Quante volte, mi hai salvato da me stesso, in questo modo…


Perché finiamo sempre con il custodire i segreti uno dell’altro…


“Sarai soddisfatto.” – replicò, con freddezza – “Hai scoperto che ho una debolezza. E’ un gran traguardo…”

“Perché non me lo racconti, una volta per tutte.” – lo interruppe, zittendolo – “E, visto che ci sei… dimmi perché non mi hai mai detto del tuo nome.”


Ecco. Cinque giorni dopo si ripresentava l’argomento.

Grazie Locke.

Grazie tante!


“Ce ne hai messo di tempo per deciderti a chiedermelo.” – si raddrizzò, lentamente, allontanandosi. E le braccia di Jack non lo trattennero.


Si mise in piedi, sperando di avere abbastanza equilibrio da potersi chinare a raccogliere i propri vestiti.


Dopotutto, anche per me sarebbe troppo tornare alla spiaggia completamente nudo…


“Sawyer… James….”

“Non chiamarmi James.” – rispose, secco, mettendosi la camicia – “Non sei mio padre.”

“Tuo padre ti chiama così?”

“No. Nessuno lo fa più.” – si voltò, finendo di infilare i pantaloni. Chiudendoli e voltandosi a guardarlo con rancore.


Aveva di nuovo quella fierezza, la stessa del giorno della tortura.


“Sul serio?” – chiese ancora Jack, piegando le ginocchia e appoggiando i gomiti. Dovevano essersi addormentati. Era scesa la notte – “E’ questo che vedi, quando hai gli incubi? Tuo padre?”

“Stai per essere comprensivo come tuo solito? Mi dirai che anche tu sogni il povero papà morto?” – lo fissò, con odio puro, liquido – “Risparmiami, Jack. Chi fosse mio padre… cosa ci sia in me che non va... non è affar tuo.”


Non deve esserlo.


“Ma lo è, Sawyer.” – rispose, guardandolo. E scandendo quasi le parole – “Dovresti iniziare a pensare che non sto qui solo perché mi piace stare nudo nella jungla!”

“Secondo me c’è ben altro che ti piace.” – rise, sputando il suo veleno come suo solito, finendo di vestirsi – “O sbaglio, Doc?”


Mi sto poi così sbagliando?


“Smettila. Sono serio.” – e lo era. Lo sono, dannazione! si alzò, cominciando a rivestirsi... perché, giuro, se se ne va, gli corro dietro – “E’ stupido quello che stai facendo! Non ti ho mai chiesto nulla, Sawyer, nulla fino a ora. Adesso ti chiedo di parlarmi, di parlarmi dei tuoi incubi, di sfogarti con me!”

“Perché! Perché sei un medico e sei in grado di aiutarmi?” – urlò, furibondo, raccogliendo le scarpe – “Perché mi farebbe bene?”

“Perché continui ad allontanare le persone, e non ti importa se sei vivo o morto.” – e perché importa a me, cristo. Importa a me! – “Perché è sbagliato quello che fai a te stesso!”

“Probabile, Jack. Molto probabile.” – ringhiò, arrivandogli vicino, vicino con la violenza di un bacio – “Ma non sono affari tuoi. Io non posso essere salvato.”

Un altro bacio, così forte, così arrabbiato da sentire le labbra lacerarsi, da sentire le dita di Sawyer penetrargli quasi in viso.

“E io.” – aggiunse, staccandosi. E spingendolo a terra – “Comincio ad essere stanco di ripeterlo.”


***


Forse è quasi ora che ti rassegni a questa evidenza…

Non puoi cambiare il mondo.


Non puoi cambiare me.


Un’altra bracciata, un’altra leggera fitta.

Jack aveva detto di allenare la spalla, riabituare i muscoli… cosa, meglio di una nuotata?


Un’altra bracciata.


Cosa fai qui?

Faccio la spesa, come te.

Fai lo sciacallo.

Naa, sei troppo schematico


Cos’ hai nella borsa?


Sigarette, playboy, qualche liquore…E tu, nella tua?


Medicine.


Ecco. Già qui si vede la differenza


Lo vedi? Non ti sorprendere. Te l’avevo detto che c’era una differenza, tra te e me, sin dall’inizio. Sono stato molto sincero, non ricordi?


Amico mio, apri gli occhi e accetta la dura realtà.

Non hai afferrato bene la situazione, tu sei ancora nel mondo civile


Ah si? E tu? Dove sei?


Io? In piena jungla.


La legge del più forte, il lupo perde il pelo ma non il vizio...

Tu salvi. Io imbroglio.


Ancora una volta. Toccò con le dita le rocce sotto la cascata. E si voltò, riprendendo in senso contrario.


Ti avevo detto di non provocarmi.

Hai continuato a farlo.

Prima Kate, poi Ana Lucia... adesso la storia dell’esercito.

Cosa ti sei messo in testa, Jack!


Non volevi il peso della vita degli altri sulle tue spalle, non volevi essere il capo.

E ora?

Ora vuoi essere un condottiero?

Il salvatore di anime che impugna la spada?


Pensavi sul serio che avrei tollerato questo tuo monopolio? Pensavi sul serio che ti avrei lasciato agire, indisturbato, senza aprire bocca?


Pensavi che ti bastasse il modo che hai di amarmi per cambiarmi?


Ma finiscila, smettila di seguire il tuo cuore!

Fatti furbo, scopati la portoricana, manda al diavolo tutti poi fatti una bella dormita.


E lasciami in pace.


Ancora una volta. Le mani contro il tronco riverso. E di nuovo indietro. Una poderosa spinta e alcune bracciate più veloci.


Dolore. Un dolore insostenibile.


Rallenta. Non ce la puoi fare.


Cazzate.


Posso fare tutto ciò che voglio.


***


Tutto liscio come l’olio.

Sawyer si complimentò con se stesso, crogiolandosi nell’autocompiacimento, quanto bastava per sentire un sorriso spuntargli sulle labbra.


E’ fatta.

Fine delle catene.


Poi alzò il fucile in aria, sparando una raffica. Ed avanzò nella radura, fino al falò.


Aveva sentito le voci crescere di intensità, coperte solo dalle urla furibonde di Locke e Jack.

Aveva assaporato il panico dilagante.


Ed ora, ne sono certo, finalmente mi starete a sentire.


“Esatto Jack. Lui è stupido come te.” – esordì, sorridendogli, sbeffeggiandolo – “Eravate così presi a preoccuparvi tra di voi che non vi siete accorti di me.”

Lo fissò dritto in faccia, di modo che vedesse bene la luce nei suoi occhi. E capisse, capisse veramente, con chi aveva a che fare.


Te l’avevo detto, Doc.


Tra te e me solo ciò che c’è tra te e me. Non avresti dovuto credere che io fossi uno di loro.


Non avresti dovuto violare questa regola. E non avresti dovuto violare nemmeno la successiva.


Poi, una volta che fu certo di questo, con un dolore sordo che non sapeva spiegarsi bene in mezzo al petto, si voltò, guardandoli tutti.


L’allegra compagnia di Sherwood.


“Ora ascoltate bene.” – scandì, alzando la voce – “Lo dirò solo una volta.”

E tornò a fissarlo.

“Mi hai tolto la mia roba.” – pronunciò, parlando solo a lui, solo a Jack – “Mentre ero via per cercare aiuto, per farci salvare tutti. Hai preso le mie provviste, le hai prese e le hai spartite.

La mia schiuma da barba, le mie batterie e anche la mia birra.

E poi è successo qualcos’altro…”


Sorrise. E guardò Locke, in piedi, un passo dietro Jack.


“Avete deciso che potevate dire a tutti cosa fare e quando farlo.” – riprese – “Beh, ho finito di prendere ordini…”


Non puoi avere tutto, Jack.

Non voglio che tu abbia tutto.


Il possesso crea il diritto, ricordi?


Io possiedo me stesso.


Si impose di restare calmo. E di non guardarlo più.


“…e non voglio la mia roba indietro.

La schiuma da barba non importa.

Le batterie non importano.

Tutto ciò che conta ora…”


Un scatto. Netto e pulito, per inserire un proiettile in canna.


“Sono le armi.” – fissò il fuoco. E poi le persone, ombre scure al di là di esso – “E, se ne volete una, dovete venire da me a prenderla.”


C’era Sahid, in piedi, di fronte a lui. Sahid.


A te devo la mia più grande dannazione.

Avresti dovuto uccidermi, quel giorno... non avresti dovuto lasciare che vivessi... con questo fuoco…


“Oh, tu mi vuoi torturare, vero?” – sibilò, gli occhi come pietre dure prive di riflesso – “Mostrare a tutti quanto sei civilizzato…Coraggio... ma morirò prima di restituirle.”


Lo sai, vero? Lo sai che non puoi piegarmi…


“E allora sarete veramente fottuti, vero?”


Trattenne una risata. Sarebbe risuonata della disperazione che iniziava a sommergerlo.


“C’è un nuovo sceriffo in città, gente.” – concluse, avanzando – “È meglio che vi abituiate all’idea.”


Nessuno lo fermò, mentre si allontanava. Jack lo guardò in viso, a caccia di qualcosa che non riuscì a scorgere. I loro occhi si incontrarono, pieni delle fiamme rosse del fuoco.


Te ne sei andato, dunque… alla fine.


Avevi ragione, Sawyer.

Non potevo salvarti.


Nessuno lo seguì nel folto della jungla, con gli occhi bui come pece, lontano dal calore del fuoco e dalle parole concitate.

E fu un bene.


Perché le lacrime dei dannati non dovrebbero commuovere nessuno.


***


“Che persona che pensi che sia…”

“Che persona?” – Kate lo fissò, furente – “Non credo che questo abbia a che fare con le armi. O perché vuoi indietro la tua roba. Io penso che tu voglia che la gente ti odi.”


Può darsi sia vero. Ma che importa... contano solo i fatti…


“Perché fai tutto ciò?” - Kate aveva occhi grandi. E sapeva come usarli.


Perché? E perché no?

Hai ottenuto di più tu, con la tua finta correttezza?


“Tu scappi. Io imbroglio.” – rispose, protendendosi verso di lei – “Una tigre non cambia il mantello.”


E non si sorprese troppo, quando la vide allontanarsi.


***


Jack era veloce. E decisamente preciso.

Quando meno te l’aspettavi, sapeva colpirti, in tutti i sensi.


Peccato che quel pugno, quando lo prese in pieno, gli sembrò solo un deja-vu.


“Non mi dire.” – sputò Sawyer, insieme al suo sangue più rosso, seduto al centro del sentiero – “Mi picchi un’altra volta per il bene della comunità.”

“Qualcuno deve farlo.” – replicò Jack, gli occhi sbarrati e pieni di rabbia – “E visto che sto picchiando il nuovo sceriffo sono certo di non sarò perseguito dalla legge.”

Sawyer piegò la testa. E si asciugò il lato della bocca.

“Questa era una bella battuta.” – si complimentò, sorridendo – “Il tuo senso dell’umorismo migliora.”

E Jack si trattenne da rifilargli pure un calcio.

“Allora!” – gli tendeva una mano, con la sua espressione più innocente – “Non mi aiuti a rialzarmi?”

Jack l’afferrò, stringendo. Poi, quando Sawyer fu di nuovo in piedi, gli rifilò un secondo pugno.

Sawyer girò su se stesso e snocciolò un’imprecazione tenendosi la bocca. Il suo tentativo di rendergli i colpi sfumò all’istante.

Jack gli bloccò le braccia e lo sbatté contro la parete rocciosa. Una, due volte, tenendolo per la camicia.

“Sai cosa c’è che mi fa veramente incazzare?” – urlò, vicinissimo al suo viso – “Che tu meglio di chiunque altro avresti dovuto sapere che io non lo voglio questo comando!”

“Si, infatti! Allora calcola che l’abbia fatto per te e ringraziami.” – rispose Sawyer, fissandolo. Jack aveva occhi in tempesta – “Le armi danno il potere. Io te le ho tolte.”

“Sei un idiota, Sawyer. E un figlio di puttana.” – non riusciva a trattenersi. O qualcuno lo interveniva... o lo ammazzava.


Bravo, Jack. Così gli faresti pure un favore.

Respira. E calmati.


Aprì le mani e mosse un passo indietro. Lasciandolo andare.

Si voltò, strofinandosi la nuca, cercando di respirare a fondo.

E Sawyer, stranamente, non osò approfittarne.


Jack si voltò, allargando le braccia.


“Non me ne frega niente delle armi.” – disse, gli occhi brillanti nelle prime luci dell’alba – “E non me ne importa nulla di dettar legge. Quello che ho fatto, l’ho fatto perché era giusto. Perché… dopo quello che è successo a Walt e a Michael... mi è sembrato giusto che sapessimo difenderci… per proteggere quelli di noi che sono più deboli. Perché sono stanco di vedere morire le persone e non poter far nulla di veramente efficace per difenderle.”

Gli era calata la voce, divenendo roca.

“Me ne frego del potere, o del monopolio.” – scosse la testa, stringendo gli occhi – “Andiamo, Sawyer, pensi sul serio di avermi fregato? Credi davvero che le armi contino più delle persone? Lo pensi veramente?”

Tornò verso di lui, ad appoggiargli le mani sul torace.

“Sei di nuovo fuori dal gruppo, sarai fiero di questo. Ma con me il tuo conto è ancora aperto. Non mi hai ferito con un furto, mi spiace.”


Mi hai tradito.

E non mi hai creduto.

Ed è mille volte peggio.


“Ci sei riuscito, certo... ma solo perché mi fidavo di te.” – annuì, stringendo la mascella – “Che idiota, vero?”

Sawyer non rispose.

Aprì la bocca, cercando una qualche parola, una di qualsiasi genere per non dover più subire quello sguardo.

E Jack ci premette sopra la sua, con tutta la disperazione che aveva in corpo.

Prima di un altro pugno.

E uno ancora.

Prima che i vestiti cominciassero a lacerarsi.

Prima che la lotta divenisse furia senza limiti. E trasgressione.


Ancora un colpo, da dare e da incassare, mentre volavano a terra, lacerandosi il petto e le spalle, con le unghie, con i denti.


Un pugno.


E ancora uno, mentre Jack, con una forza che gli nasceva dal dolore incontrollato lo bloccava a terra e lo violentava, con un ringhio simile a un singhiozzo.


Eccoci, pensò Sawyer, quando lo sentì venire, in un ultimo brivido, la bocca piena di terra, le sue lacrime sulla pelle mischiate al sangue.

Eccoci di nuovo da capo.


PARTE TERZA


Perché sei qui?

Inseguo qualcosa. Qualcuno.

Che mi succede, se la raggiungo…

(Jack/Locke, White Rabbit)


Il vantaggio di essere ignorato da tutta la comunità è che non devi particolarmente nascondere i lividi e i segni dei morsi. Intanto nessuno ti guarda in faccia. O si affaccia alla tua tenda.

Ovviamente il problema è che non devi farti beccare quando ne esci.

E che, soprattutto, in mancanza di piani migliori, devi uscire il meno possibile.


Con queste premesse, non sarebbe stato poi così sorprendente da spiegare, agli occhi di tutti, il buonumore con cui l’uomo, un bel giorno, istituì la prima bisca clandestina dell’isola.


Finalmente un po’ di compagnia. E senza nemmeno perdere la faccia.


Ogni merce fa da fiche, ogni cosa può essere idonea al baratto.

Avanti... è solo una partita di poker… Una buona idea… e due begli occhi verdi e infingardi a sottolinearla.


Jack si fermò al limitare dell’accampamento.

E lo guardò. I capelli erano di nuovo schiariti, per il sole e il mare. La sua espressione era rilassata, quasi ridanciana.

I segni della personale risposta di Jack alle sue scelte quasi svaniti.

Un bastardo. Molesto ma simpatico.


Una buona filosofia, quella dell'istinto di sopravvivenza. Basta stare al gioco.

Sorrise, avvicinandosi al tavolo.


Posso farlo. Posso sorriderti.

Perché non ti devo scuse.

Adesso siamo pari.


E Sawyer, alzando gli occhi, ricambiò il sorriso.

“Ehi, dove vai!”


***


Un’ora era bastata a Jack per sbancare il tavolo.

E pure con un certo divertimento.

“Mi leggi nella mente, dottore?” – Sawyer non sembrava molto colpito dalle ripetute mani perse. Come suo solito, non era veramente interessato dalla mole di bottino persa o accumulata.

Ciò che gli piaceva, che gli piaceva sul serio, era il gioco. E il fatto che le carte e la sorte potessero cambiare, fino all’ultima mano.


La sfida.


“Poker di re.”


Il banco perde.


“E, perlomeno.” – aggiunse il medico, sbeffeggiandolo con garbo – “non sono nella tua mente.”

Ecco. Adesso, dopo questa frase, la sconfitta sembrava essere pesante da digerire.

“Non penserai che sia finita…” – Sawyer lo fissò, quasi oltraggiato.

“Sawyer.” – spiegò, con pazienza, guardandolo. Quasi dolce – “E’ finita, non hai più niente.”

“Non vuoi giocare con delle vere scommesse?”

Jack rise, piegando la testa. E di colpo, fu bellissimo.

“E’ un mucchio di frutta, amico.” – disse, senza smettere di sorridergli, indicando il cumulo della sua vittoria.

“E io la voglio indietro.” – replicò l’altro.


E io posso andare a prendere un righello?” – domandò Kate, guardandoli tutti e due.

E ritrovandosi fissata da due paia di occhi verdi senza parole.

“Dai Hurley.” – disse, alzandosi e afferrandogli un braccio – “Vieni, lasciamo i bambini nella buca con la sabbia.”

Sorrise ad entrambi e si allontanò, lasciando finalmente campo libero ai due.


Siete una coppia di stupidi.

Una vera coppia di stupidi.


“Un’altra mano, Doc.” – sentì, alle sue spalle – “Che cosa ci giochiamo?”


Sei disposto a tutto, vero Sawyer?

Bhe, anche io.


“Le medicine che hai rubato dall’armeria.”


***


Sei sempre il solito.

Potevamo giocarci di tutto.

Persino il quando e la dinamica del nostro prossimo incontro.

Potevi estorcermi qualsiasi cosa… e cosa mi hai chiesto?


Medicine.


Hai ragione, torniamo sempre da capo.

Per me alcool, playboy e sigarette.

E tu? Medicine.


Sei un idealista, Jack.

E cioè un vero cretino. Anche se, comunque, dopotutto, ti rispetto.

Sawyer alzò gli occhi, sbirciando le sue mosse.


“Dove hai imparato a giocare a carte, Doc?” – chiese, quasi senza pensare.

Jack soppesò la domanda, giocherellando con il bordo delle carte. E guardandolo.

Rendendosi conto che, per la prima volta, per la prima volta, stavano avendo una conversazione.


“Puckett.” – replicò, impilando con calma i manghi.

“Cosa facevi in Tailandia?”

Questa si che è una sorpresa. Lo fissò, con ammirazione. E Sawyer capì all’istante l’antifona. E non le prese nemmeno troppo a male.

“cos’è, credi che non sappia dove si trovi Puckett?” – domandò, con quella sua intramontabile faccia da schiaffi – “Solo perché ho lasciato la scuola in prima superiore, non credermi un idiota.

Il lontano oriente, eh?

Non credevo fossi un viaggiatore. È lì che ti sei fatto l’opera d’arte che hai sul braccio?”


Quanto parli…

Non ti ho mai visto così…


Jack strinse gli occhi, osservandolo.

E non riuscì a frenare la domanda.


Che ne dici di ripartire da capo?”

“Cosa?”

“Da ora in poi.” – rispose, in un soffio, senza spiegazioni.


Sai benissimo che non sto parlando di una partita a carte.

Te lo leggo in faccia.

“Beh, devo provare.” – rispose Sawyer, gli occhi brillanti di ilarità repressa.


Tra noi due, sei tu il mostro, doc.

Io imbroglio... tu vinci. Sempre e comunque.


“Ok. Vedo con l’aspirina e aggiungo una bottiglia di amoxicilina.” – rispose, orgogliosamente, tornando alle carte.

“Sai cos’è l’amoxicilina?”

“Forse non sono mai stato a Puckett, doc... però sono stato a Tallahasee.”

“…”

“Diciamo che qualcosa stava bruciando e non era il sole.”


***


Punto tutto.

È la mossa di un uomo che vuole che io passi.

Non lo faresti.

No? Perché?

Perché c’è un sacco di gente che ci sta guardando e non vuoi che ti vedano perdere un’altra volta.

Va bene, vedo.

Cosa hai? Coppia di nove?hai rischiato con una coppia di nove?

Mi hai scoperto. Vediamo.


Coppia di cinque.


Credo che basti…


Figlio di puttana…


“Vengo a prendere le medicine più tardi.”


“Ehi, Jack...” – lo aveva chiamato, vedendolo allontanarsi – “quando ti ho chiesto cosa volevi giocare... perché non hai detto le armi?”


bhe... ho già risposto a questa domanda.

Non mi importa delle armi. Ma solo delle persone.


Ed hai ragione. Avere le armi significa potere. Tienile tu.

Ed io sarò salvo.


Piegò la testa. E gli sorrise.


E poi… finché le avrai tu... non le avrà nessun altro.


“Quando mi serviranno le armi... “ – rispose, con una punta di sarcasmo – “Prenderò le armi.”


***


C’era Vincent, il Labrador, che li guardava.

Ma né Sawyer né Jack sembravano avere intenzione di interrompersi sul più bello solo perché un cane li fissava.


Anche se, comunque, era una cosa di cui discutere.


Passi l’assenza di inibizione. O di senso del pudore.

Ma da qui ad essere spettacolo per un cane…


Chiuse gli occhi, cercando di ignorarlo. Concentrandosi sul movimento di bacino di Sawyer e sull’ininterrotto fremito di piacere che gli stava provocando con quelle lunghe mani.

Si vedevano spesso, da qualche tempo. Al calar della notte, alle prime luci dell’alba.

Sawyer lo aveva preso quasi alla lettera. Erano ripartiti da capo. E sforzandosi, ovviamente nei limiti dovuti alle loro differenze di carattere.

Ma non si può avere tutto, si consolò, sentendo i loro corpi divenire più frenetici, cercando le sue mani e afferrandosi ai suoi capelli.


In effetti, al momento, mi basta ciò che ho.


“Sawyer…” – sussurrò, quando lo sentì finalmente allontanarsi e, non più schiacciato dal suo peso, riebbe il dono della parola – “Ma te lo devi portare sempre dietro?”

“Chi?”

“Il cane... Vincent…”

“Ah, lui.” – gli sorrise, sdraiato sulla schiena, mentre Jack voltava la testa per guardarlo – “Non ha nessuno... e, soprattutto, mi evita luoghi comuni del pentiti farabutto, sei solo come un cane.”

L’aveva detto facendo tremare le mani, simulando un gemito da flagellante. E Jack ne rise, divertito, incrociando le braccia e posandoci la tempia.

“Mi dici che stiamo facendo?”

L’occhiata da basilisco che Sawyer gli rivolse fu memorabile.


No, Doc, ti prego, non ricominciamo…


“Non dovresti chiedermelo... con tutto quello che hanno investito i tuoi per farti studiare l’anatomia… quanti i soldi sprecati…” – rispose, notando l’aria stanca e gli occhi cerchiati.


In che guaio ti sei cacciato, adesso?


Allungò una mano, posandogli due dita sulla fronte.

“Sono io il medico…”

“Famoso per uno spiccato e nobilissimo autolesionismo.” – replicò, carezzandogli la pelle con un pollice – “E poi, quando giochiamo, non posso fare sempre io il paziente…”

“Più che giusto.” – concordò Jack, restando sdraiato e allungando un braccio verso di lui – “Puoi anche prendermi il battito, se ti fa piacere…”


Intanto non ho la forza per reagire, in nessun modo.

Sono a pezzi.

E mi sento... lo sento... che i guai stanno per ricominciare.


Accadrà presto.


Sawyer gli rifilò un’occhiata storta, afferrandogli il polso. E contando le pulsazioni.

Probabilmente non te ne rendi conto, sorrise Jack, nascondendosi dietro l’altro braccio piegato, ma conti movendo le labbra.

“Sano come un pesce.” – gli sorrise, puntellandosi sui gomiti e insinuando le mani sotto di lui, per farlo voltare e sovrastarlo, come una tigre, con i capelli a lato del viso – “E ora?”

“Un’idea mi sarebbe anche venuta.” – replicò il medico, con aria innocente, stando allo scherzo – “Ma devi richiedere un consulto.”

“Niente di più facile.” – gli era sopra, la bocca sulla sua, i pugni ai lati della testa, per non schiacciarlo – “Collega…”


Ovviamente, per Vincent, si trattò del momento perfetto per cominciare a ululare alla luna.


***


Forse ci dovremmo alzare. E tornare nei nostri rispettivi letti, a dormire.


Forse dovremmo evitare tutta questa possibile intimità, visto come è finita l’ultima volta.


Forse non avrei dovuto accusarti di aver violato la regola numero uno... mentre polverizzavo la numero due.

Sarebbe stato carino da parte mia avere più senso d’autocritica.

Ma pazienza.


Regola numero tre: Ciò che è fatto è fatto


Tanto vale fingere fino a domani che esista solo il presente.


E che su questa isola, siano tutti morti tranne noi.


***


“Sei sveglio?”

Sawyer sorrise, nell’oscurità. E voltò piano la testa.

“Io si. Ma speravo tu dormissi.” – rispose, sottovoce, continuando a carezzargli la nuca, lasciando andare le dita su quei capelli tagliati cortissimi.

Jack dormiva appoggiato al suo fianco, un braccio di traverso sul torace, il viso premuto contro la sua spalla. Avvinghiati. Un abbraccio che non erano mai concessi, che non aveva a che fare con l’essere amanti, o uomini.


Ma con la notte. Con quel buio che ci fa sentire piccoli e insignificanti. Incredibilmente soli.


“A cosa stai pensando…”

“A tante cose... e non ho sonno.” – piegò un braccio, passandoselo sotto la testa, cingendo il collo di Jack con l’altro. E tornando a tormentarlo con le dita.


Sta per accadere qualcosa…


“Accadrà presto.” – mormorò Jack – “Qualunque cosa sia.”

“Lo so.” – Sawyer fissò le stelle, per un attimo. Poi si riscosse – “Vuoi aggiungere la premonizione alle tue doti di guaritore?”

“Il dono della vista... mi farebbe comodo…” – già solo per sapere come andrà a finire questa storia... tra te e me…

“Anche a me. Ma che gusto ci sarebbe, nello scommettere…” – cosa resterebbe, del realizzare di avere una mano vincente? – “Senza contare che conosco un tizio che non crede al destino.”

Si voltò.

Gli occhi di Jack erano aperti e lo fissavano. Ed erano scuri, nel buio.

“E’ ancora così, Jack?” – domandò, la bocca seria, carnosa vicina alla sua – “Continui a non credere nel destino?”

“Ognuno di noi è padrone di se stesso. E responsabile delle proprie azioni.” – non dimenticarlo mai.

“Si, lo so.” – sbuffò Sawyer, concedendosi un sospiro. Avrei solo voluto saperlo prima. E tirandoselo più vicino, godendo del braccio di Jack che lo stringeva maggiormente.

Il leggero sorriso svanì lentamente. E Sawyer tornò a fissare il cielo sopra di loro.

“Jack?” – chiamò, come per accertarsi che ci fosse ancora.

“Sawyer?” – replicò, nel buio, quella voce tranquilla e solida.

“Mio padre si è ammazzato che avevo otto anni.” – disse, in un soffio – “Ha tirato un colpo di fucile a mia madre, l’ha lasciata a dissanguarsi sul pavimento della cucina. Poi è venuto a sedersi sul mio letto. E si è fatto salvare le cervella.”

Jack non disse nulla. Ma Sawyer, senza voltarsi, sentì i suoi occhi bruciarlo.

“Non sapeva che ero a casa.” – aggiunse – “E io me ne stavo nascosto sotto al letto…”

si voltò, guardandolo.

“Volevi sapere cosa vedo, quando ho gli incubi…” – sussurrò, il buio infinito dentro agli occhi – “Vedo gli stivali di mio padre. E sento il colpo di fucile.”


Le dita di Sawyer non avevano smesso di muoversi sulla sua nuca. Continuavano a carezzarlo, con un movimento lento e rassicurante.


Non avere paura delle storie dell’orrore… sono qui io con te. Sono qui io, con te, Jack.


“L’uomo che li aveva truffati si chiamava Sawyer.” – la sua voce era poco più di un sibilo, sommersa dal frinire degli insetti notturni, dal leggero scuotersi della vegetazione – “Lo sapevo, ne avevo sentito parlare. Giurai a me stesso che l’avrei trovato. E ammazzato.

Ma a diciannove anni sono finito in un brutto giro... e sono diventato io Sawyer. Sono diventato l’uomo che non volevo essere, l’uomo che volevo uccidere.”


C’era una lacrima, una singola lacrima. Sawyer poteva sentirla scivolare.

E, quando finì il suo percorso, Jack la sentì cadere sul suo viso.


“Per questo voglio morire, Jack. Per questo non puoi salvarmi. Sono io l’uomo nero dei miei incubi.” – si interruppe. Avrebbe voluto respirare, ma l’aria non gli giunse ai polmoni. Alzò gli occhi di nuovo, verso le stelle – “E James… non lo sono più. Non esiste più.”


Ho cercato per tanto tempo di tornare ad essere James. Ho combattuto, ho sempre sbagliato.

E mi sono rassegnato, una notte, non lontano da Sidney, sotto una pioggia torrenziale, ammazzando un innocente.


Ero andato per uccidere Sawyer. Ed è morto James.


Buffa la vita... piccolo il mondo…


Perciò i Red Sox non vinceranno mai le World Series.


Per questo, ora, quando ci penso, rimpiango di non avere incontrato te in quel bar al posto di tuo padre. Forse saremmo stati ancora in tempo. Forse James si sarebbe salvato.


“Ma non sapremo mai come sarei potuto essere.” – sorrise. E una seconda lacrima seguì la prima – “Non sapremo mai come sarebbe stato James, qui, con te, se fosse vissuto…”


***


Cappuccetto Rosso sta seguendo il lupo cattivo fino al nascondiglio delle armi…”


Sawyer si appoggiò allo stipite. E fissò la coperta. E la mano che ne sporgeva, penzoloni.

Come nei peggiori polizieschi.


Lo dice la regola. Sono gli opposti che si attraggono.

Non i simili.

E quindi… o mi faccio un eroe che non crede nel destino… o mi faccio un poliziotto.


E poi lo sbirro muore. E il cattivo ragazzo si sente uno schifo.


Sospirò, abbassando la testa.


Cosa vuoi?”

Mi serve una pistola.”

Ecco un’idea: Perché non vai a rompere le palle a Jack? Anche lui ha una pistola… Ah, è vero, sta ancora gironzolando nella jungla con Kate.”

Sei hai qualche problema perché sta passando troppo tempo con la tua ragazza non prendertela con me, amico!Dammi semplicemente una pistola…”

Ecco un’altra idea…Sparisci.”


Probabilmente sei stata sempre un mulo testardo, tutta la tua vita, Ana Lucia. L’avevi scritto in faccia a lettere cubitali. Ed è per questo che mi sei piaciuta, sin dal primo momento.


Anche se eri una stronza.


Anche se mi hai fregato.


Cosa farai ora muchacha? Cosa?”


E fottuto.

In tutti i sensi.


Mi è piaciuto avere una donna, dopo tutto questo tempo.

Iniziavo a dimenticarmi come sono fatte, mi mancava la pelle morbida, mi mancavano i seni.

Divertente.


Bello baciare una bocca che non punge.


Una gran gran bella scopata. Nessun impegno… minimo rischio di problemi.

La mia notte d’amore preferita.

Rassicurante.

Normale.

Un vero ritorno a casa. Alle cose semplici.


“Non vuoi il mio numero di telefono?” – aveva chiesto, mentre si rivestiva, i lunghi capelli sulla schiena.

“Di’ a qualcuno di questo. E ti uccido.” – aveva risposto Ana Lucia, andandosene. Di fretta.

Ed era stato spassoso urlarle dietro, tornando a sdraiarsi, a godersi il sole.

“Suppongo che di coccole non se ne parli, vero?”


E poi sei morta.


E io sono diventato l’ultimo con cui hai fatto l’amore. E non più l’uomo che avevi fottuto.



L’avevo capito che eri una stronza.


Si spostò, facendo entrare Ecko.

“Condoglianze.” – borbottò, andandosene. E sentendosi uno stupido.


***


Si affacciò alla stanza, guardandolo. Jack era chino sul letto, il sangue fino ai gomiti e le garze ovunque, intorno.

Kate, con un’espressione tra il nauseato e lo sconvolto, cercava di rendersi utile. Ma le sue mani tremavano, impercettibilmente.


Possiamo localizzare le sue tracce, raggiungerlo.”

Sarà già lontano, e con una pistola che non teme di utilizzare.

Ha sparato a tre dei nostri. Uno è morto e l’altro…”

E chi si prenderà cura di Libby mentre tu giochi a fare Daniel Boone?”

Non mi è spiaciuto urlarti dietro. Era un po’ che volevo farlo.

Il drammatico è averti letto in faccia che avevo ragione.


“E’ sotto shock.” – mormorò Jack, premendo nuovamente la ferita.

Il sangue schizzò alto, colpendolo in viso. E facendolo imprecare.


Non ti ho mai visto così furioso. E’ come se, chinandoti su di lei, cercassi di comunicare.

Di dirle che è tutto ok.

Che stai facendo l’impossibile.


L’hai fatto anche con me, Doc?


È così che sono tornato indietro?


Mosse due passi a ritroso, cercando di tenersi alla larga da tutti. Soprattutto da tutto quel sangue. Ana Lucia, riversa sul divano, con gli occhi spalancati era un’immagine che faticava a svanire.


Stupida… ammazzata dalla mia pistola.


Di colpo l’idea di detenere le armi non gli sembrò più così brillante. Si sedette, gli occhi puntati verso il basso, ignorando deliberatamente Michael. Si passò una mano sul viso, un’altra volta.

Il sangue di Libby lo aveva preso in pieno, proprio come era appena successo a Jack.


Continuo a sentirlo sulla pelle…


Il sangue sulla pelle…

Rabbrividì, si strofinò di nuovo.


E pensare che, fino a un’ora fa, il mio problema era sapere Kate da sola in giro con Jack… il motivo della mia nausea… la loro notte in giro per la jungla.

E il finale del manoscritto.


Perché non andate tutti e due a giocare nella jungla?


E poi Ana…

Cercò di non pensare a quanto gli fosse piaciuto entrare in lei, guardandola dritta in faccia.

Ana Lucia sembrava primitiva nelle sue emozioni, lo teneva, lo sfidava, si muoveva con lui per trarre la massima soddisfazione dalla situazione.

Non era un giocattolo e non era una puttana.

Era una donna con un secondo fine, certo.


Ma una donna che sapeva godere.


Il mio genere preferito.


Kate apparve, sulla soglia. E, un attimo dopo, alle sue spalle, anche Jack.


“Ha smesso di sanguinare.” – mormorò, le mani sotto il getto d’acqua gelato. Il verde dei suoi occhi svanito nella dilatazione delle pupille.


Arrabbiato... arrabbiato come eri al funerale di Boone.


“E’ un buon segno?”

“Non è buono.” – fu la risposta. Fredda, dura. E tale da obbligare Sawyer a guardarlo dritto in faccia.


Ciò che vedo non mi piace.

Non mi piace proprio.


“Non c’è più niente che tu possa fare…”

“Posso farla non soffrire.”


Eccolo. Welcome to the jungle, Doc.


Le mani strette al bordo del ripiano. La consapevolezza atroce della scelta appena compiuta.


Gli occhi di Sawyer fissi su di lui.


No. Mi rifiuto di crederlo.

Non lo faresti mai.


Jack alzò lo sguardo.


A quanto pare, avevi ragione.


Amico mio, apri gli occhi e accetta la dura realtà.

Non hai afferrato bene la situazione, tu sei ancora nel mondo civile


Ah si? E tu? Dove sei?

Io? In piena jungla.


Avevi ragione. Non posso salvare tutti. Non posso più fare promesse del genere.


No, Jack, no, ti prego…


Se smetti di promettere tu… chi potrà più farlo?


Piegò la testa, lo implorò con gli occhi. E si sentì colpevole. Colpevole per quel cambiamento, in una maniera irrazionale.

E presto, quell’angoscia divenne nervosismo.


“Perché guardi me?” – scattò – “Ti ho dato tutte le tue dannate medicine…”

“L’eroina, Sawyer.”


Ti sto chiedendo aiuto, idiota.

Te lo chiedo per favore.


Non mi serve una pistola per freddarla. Sono disperato... non crudele.

Ti prego…


Io punto alla testa quando ammazzo. Non al cuore.


Sawyer rimase fermo, combattuto. E la sua mano tormentò nervosamente la cicatrice sul palmo.


Lo sai che lo farò. Non me lo avresti chiesto altrimenti.


“Dammi venti minuti.” – disse infine, alzandosi.

“Kate verrà con te.”


Cos…


“Non c’è bisogno di due persone per...”

Kate verrà con te” - scandì, voltandosi. E gettandogli un’occhiata tale da far sembrare i pugni che si erano dati delle carezze.


Sei un bastardo, Jack… un vero bastardo.

Quando mi serviranno le armi... Prenderò le armi.


“Di che stai parlando? Non ha bisogno che vada con lui…”

“Jack sa che l’eroina è nell’arsenale con le pistole.” – la interruppe, fissandolo dritto in viso. Furioso e indomato, come sempre – “Cosi posso mostrarti come arrivarci e porre fine alle sofferenze di Libby. Più o meno è così, doc?”


Lo aveva detto calcando le parole, comunicando con lui con il tono della voce.

E Jack ne fu, per quanto stanco e arrabbiato, dispiaciuto.


“Si, più o meno è così.” – replicò, secco, scacciando il senso di colpa.

E sentendolo voltarsi, reprimendo il disappunto.

“Andiamo lentiggini.”


Mi dispiace, Sawyer.

Ma ho bisogno di fare la cosa giusta.

La cosa giusta per tutti, prima che per noi.


***


Libby è morta. Morta mentre ancora le tenevo l’ago appoggiato al braccio.

Libby è morta.


Ma non per mano mia.


Con gesti studiati e calmi, posò la siringa sul ripiano. E mosse un paio di passi a ritroso, uscendo dalla stanza.

Kate piangeva, seduta al tavolo, nell’angolo. E Sawyer la teneva stretta, facendola quasi sparire tra le braccia, tanto era minuta.

Jack si lavò le mani, con i movimenti che riservava al pre-operatorio, passando meticolosamente ogni dito, ogni unghia, strofinando con cura ogni centimetro di pelle. E, quando ebbe finito, in preda a una debolezza che non sapeva spiegarsi, si appoggiò allo schienale di una delle sedie.

Le braccia divaricate, la testa china.


E fu così che restò, per un tempo indeterminabile.


La testa china, in silenzio.


Con il pianto di Kate in sottofondo.

E gli occhi di Sawyer fissi addosso.


Non l’ho uccisa io.

Ma l’avrei fatto.


L’avrei fatto.


Rivide lo sceriffo che lo implorava di finirlo. Boone che lo scioglieva da ogni promessa, lasciandosi andare. E Shannon.

Charlie, impiccato ad un albero, la testa coperta di un sacco.

Ana Lucia, gli occhi sbarrati nella sorpresa dell’ultimo viaggio… Libby che urlava per il terrore di sentirsi svanire.

Sawyer. Sawyer che reclinava la testa, sotto il getto della doccia.

E la cassa da morto di suo padre... vuota.


Il sangue di tutti loro sulle mani.


Si voltò, appoggiandosi con tutto il peso al ripiano e vomitando direttamente nel lavandino, aprendo istintivamente il getto, bagnandosi il viso, la fronte, la nuca.

La schiena come spezzata da quel dolore incontrollabile.

Kate sobbalzò, quando Sawyer la lasciò andare con uno strattone. Lo vide afferrare Jack per le braccia, piegarsi su di lui, cingendogli la schiena, per sollevarlo.


E venire respinto, con violenza.


“No.” – Jack gli puntò un dito contro, una mano spasmodicamente afferrata al bancone – “Stammi lontano. Stanne fuori.”


Si fissarono. Jack, il viso grondante d’acqua, il petto che si alzava e si abbassava rapidamente. Sawyer, gli occhi grandi come non li aveva mai visti.


Non è vero che sono io a lasciarti cadere. Sei tu che non ti lasci afferrare.


***


“Seguilo.”


Sawyer si voltò, fissandola.

E Kate si raddrizzò, asciugandosi con rabbia la guance.

“Cosa aspetti. Seguilo.”


Puoi fingere quanto vuoi… ma so che c’è un essere umano dentro di te.


“Mi occupo io del resto.” – aggiunse.


Sawyer non le disse nulla. Non le disse grazie. Ma a Kate sembrò comunque di sentirlo, nel rumore dei suoi passi che si allontanavano.


***


Jack si era addentrato nella foresta, abbastanza veloce da lasciarsi dietro una scia di piante pestate e divelte tale da essere rintracciabile persino per uno come Sawyer, incapace di seguire una pista senza perdersi.


Quando sbucò nella radura, nella loro dannata radura, Jack impugnava già l’ascia. E massacrava i tronchi, con gli occhi fissi. E i denti stretti, per non urlare.

Non prese nemmeno in considerazione l’idea di parlargli. O di fermarsi.

Semplicemente gli volò addosso, bloccandogli le braccia con le braccia, finendo a terra con lui.

L’ascia gli partì di mano. E Jack gli rifilò un colpo nel fegato, con i gomiti, cercando di liberarsi.

Sawyer sentì i polmoni vuotarsi per il colpo, ma tenne duro. Lo bloccò a terra, sedendoglisi sulla schiena, comprimendolo con il suo peso.


“Che problema hai, doc?” – ansimò.


Bhe, certo... perché saltare addosso alle persone così è ortodosso…


Pazienza. Quel che è fatto è fatto.


Sotto di lui, Jack era come un’anguilla. Si contorceva, cercando di liberarsi, urlando di lasciarlo andare.

“Cerca di calmarti prima che io abbia finito di spezzarti tutte le ossa.” – replicò alle sue imprecazioni, stringendo le ginocchia e bloccandogli le braccia.


Scommetto, Lentiggini, che confidavi nella mia gentilezza, quando mi hai consigliato di corrergli dietro.


Sbagliato.


Non è il mio stile.


***



“Lasciami, James. Lasciami.” – disse Jack, all’improvviso, spossato.

E, di tutta risposta, Sawyer aumentò la pressione sulla sua colonna vertebrale.

“Convincimi che usare il mio nome non è un giochetto dei tuoi per fregarmi.” – ringhiò.


Il fianco mi fa un male impossibile.

Aspetto che tu sia in piedi e ti rifilo due ceffoni, promesso… figlio di puttana.


“Sai benissimo che non lo farei.” – fu la risposta.

E Sawyer gli lasciò andare il braccio, alzandosi.

“Sarà meglio.” – commentò, asciutto.

Se mi hai rotto una costola, io te ne sbriciolo due... se già non l’ho fatto…

Jack si tirò su, a fatica, puntellandosi sulle mani.

Guardandolo. In piedi, appoggiato ad un albero, a braccia conserte.

“Che cosa vuoi.” – ansimò, le mani sulle ginocchia, per prendere fiato – “Sawyer.”

“Voglio che ti calmi.”

“Certo.” – si raddrizzò – “E dopo che mi sarò calmato? Che succederà?”

“Non ti ho inseguito di certo perché cercavo un buco in cui ficcarlo.”


Jack lo squadrò, ansimando. E un sorriso di esasperazione gli passò sulla faccia.

“Si.” – annuì, le mani sui fianchi – “Certo.”

Sawyer lo fissò. E un sorriso analogo gli passò sulla faccia.

“Certo.” – ripetè, sentendo di stare per esplodere – “Perché sarebbe più facile, vero?

Sawyer mi salta addosso nel buio.

Sawyer è quel bastardo che approfitta della situazione.

Sawyer non può essere quello che si è preoccupato per me!”


Stava urlando.

E aveva gli occhi più belli che Jack avesse mai visto.

“Ma perché diamine continui a non crederlo possibile!” – aggiunse – “Perché…”

“Perché? Perché?” – adesso era Jack che urlava – “E che motivi mi hai dato finora! Pensi solo a te stesso, fai di tutto per allontanare le persone, per farle soffrire. E non ti importa della gente che muore!

“Ti sbagli!” – E aggiunse, con un tono di voce ben diverso – “Ti sbagli.”


Respirò, rumorosamente.


“Non mi importa quanto importa a te.” – puntualizzò – “Ma mi importa.”


Jack alzò una mano. E Sawyer si preparò a incassare un colpo che non giunse.


Il medico si era voltato. E appoggiato a una roccia.

La stessa inquietante schiena piegata.


Sapevamo che stava per accadere qualcosa.

Lo sentivamo.


E non abbiamo fatto nulla.


“Stavo per ucciderla.” – mormorò – “Io stavo per uccidere Libby.”

“Non avevi altra scelta.”

“Lo so! Non ho mai scelta!” – si era voltato. Ed era di nuovo furioso – “Non ho mai scelta, le persone soffrono e sono in pericolo. Ed io non riesco a trovare una soluzione! Ana…”

Si interruppe.

“Ana Lucia e Libby sono morte perché io…”

“Tu cosa?” – si avvicinò. E, contrariamente al suo carattere, gli posò le mani sulle spalle e lo fece voltare – “No, Jack. Non sei stato tu. Non avresti potuto fare nulla.”

“Io…” – la bocca gli tremò, gli occhi divennero lucidi – “Io avevo una pistola... avrei…”

“Jack, no.” – scosse la testa, la voce comprensiva – “Nemmeno le armi avrebbero cambiato la situazione. Ti saresti solo fatto ammazzare.”

“Sono morte. Come Boone, Shannon…” – stava singhiozzando. E non se ne accorgeva – “Qualsiasi cosa faccia non riesco mai a salvarli. Muoiono tutti, come mio padre, come…”

Si interruppe. E lo fissò.


Come…


“Sono stanco, Sawyer.” – sussurrò – “Sono così stanco…”


“Lo so.” – rispose, trascinandoselo contro il petto.


Lo so.


***


Non credo che te lo dirò mai, Doc.


Ma stanotte penso proprio di aver fatto una cosa giusta.


Sawyer appoggiò la testa alla mano e lo guardò.

Sotto il suo braccio, Jack dormiva. E la foresta intorno a loro era ricca dei suoni di sempre, brevi, attutiti e inaspettati. L’opposto del silenzio innaturale del rifugio, ormai temporaneamente adibito a obitorio.

Non il posto migliore in cui voler tornare.


Soprattutto se uno dei cadaveri ha fatto sesso con te.

Ed è morto, mentre ancora pensavi che ti sarebbe piaciuto un secondo giro.


Bel guaio. Immagino che serva a ricordarci che siamo incredibilmente fragili... o che abbiamo poco tempo…


Respirò. E guardò di nuovo il medico.


Fai quello che vuoi, Jack. Segui il cuore, fammi incazzare, conduci le truppe in battaglia o fottiti il cervello con le tue utopie se ti fa piacere.

Ma, ti prego, non farti ammazzare.


***


“Ci risiamo. Tu fai il medico e io il paziente.”

“Dopo, ti prometto.” – sorrise Jack – “Ti lascio visitarmi la spalla.”

“Che hai fatto alla spalla?”

“Un idiota ci ha appoggiato sopra un ginocchio.”

“Scommetto che l’hai provocato.”

“No. È solo uno che non sa farsi gli affari suoi.” – Jack si sedette al suo fianco – “Comunque la tua costola non è rotta.”

“Il che farà piacere alla tua coscienza.” – sorrise storto, guardandolo – “Vero Doc?”


Jack scosse la testa e alzò gli occhi al cielo.


“A dire il vero non ho problemi di coscienza.”

Ma che novità…”

“La mia coscienza non mi tormenta…” – spiegò, con pazienza – “Essendo stato atterrato ed essendomi solo difeso.”

“Stai bluffando, Doc. Ma questa volta sono io ad avere la mano vincente.” – replicò, piegandosi sulla sua bocca.


“Vero.” – Jack si godette le sue labbra, a occhi ben aperti e, non appena si separarono, aggiunse – “Purtroppo devo declinare l’offerta.”

Sawyer lo fissò. Poi i suoi occhi divennero più scuri e la mascella sporse in fuori, contrariata.

“Non possiamo. Non c’è tempo.” – lo fissò, con serietà – “E lo sai bene.”


“Si. Ma ero del tutto intenzionato a fottermene.” - E immagino che tu non abbia un’idea altrettanto buona in quella testa da eroe.


“Andiamo.” – Jack si mise in piedi e gli tese una mano – “Abbiamo da fare. Cominciamo dalle armi.”


***


“Allora cosa è successo nella jungla?” – domandò Sawyer, tappando la bottiglia di liquore.


Se non mi levo questo tarlo, muoio.


“Esattamente quello che ho raccontato, non abbiamo trovato il campo e…”

“Non parlavo di michael.” – troncò sul nascere il resoconto ufficiale. Non fare il finto tonto, doc... sai benissimo cosa voglio sapere – “Tu e lentiggini.”


Jack si voltò, fissandolo.


Però… ci stai ancora pensando.

Tu rimugini…


E Sawyer di certo non si senti in soggezione.

Non del tutto.

“Prima di trovarlo siete stati fuori tutta la notte.” – specificò, per rinfrescargli la memoria.


“Ci siamo fatti prendere.” – fu la risposta. Breve e sintetica.


Non troppo chiara però.

“Cosa vuoi dire?”

“Quello che ho detto.” – Jack afferrò la sacca con le armi, rivolgendogli la più innocente delle espressioni – “ Ci siamo fatti prendere.”


E nascose un sorriso, quando lo sentì borbottare e seguirlo.


“È così che lo chiamate ora?”


Come vedi, Sawyer… anche io so imbrogliare.


***


Tornare al bunker era come sbattere sulla dura realtà dei fatti. Due morti.

E la partenza incombente.


Jack e Sawyer, disposero l’arsenale sul tavolo, conteggiando le munizioni e caricando le armi.

Senza una parola, immersi nel loro pensieri.


E con pensieri scomodi, si potrebbe aggiungere.


Del tipo Ana Lucia... e il suo bacino che mi stava tutto in un mano.

Ana Lucia, cibo per i vermi.


“Chi parlerà?” – domandò, dopo essersi concesso un bel respiro preparatorio.

“Cosa?”

“Al funerale.” – fece scattare una delle sicure. E posò l’arma per prenderne un’altra – “Chi parlerà?”

“Sono sicuro che hurley vorrà dire qualcosa su Libby.”


Certo… loro erano una coppia romantica. Il grassone e la bionda delle fiabe.

Ma del poliziotto che si sbatte i farabutti? Ne vogliamo parlare?


“Non sappiamo nemmeno il cognome.” – borbottò.

E Jack smise di verificare un percussore per alzare gli occhi. E dedicargli un attimo di attenzione.

“Ana Lucia.” - non so il cognome della Muchacha.

“Cortez.” – rispose,tornando a interessarsi delle armi.

Ana Lucia Cortez. Era un poliziotto, era forte, aveva paura di volare e quando sorrideva… era bella.


“Ah ecco.” – allora ci parlavi pure, con la ragazza dei tacos…


E di che mi sorprendo.

Tu ci parli sempre con le donne…


Io…invece…


“Me la sono scopata.” – specificò, afferrando un’altra scatola di proiettili.

Per poco a Jack non partì un colpo di fucile.

“Cosa?” – lo guardò, come se si fosse ammattito.

“È così che mi ha preso la pistola. Ana...” – accennò un mezzo sorriso di orgoglio, presto scomparso – “Mi è saltata addosso.”


E adesso è morta.


Definitivamente morta.


E gli buttò un’occhiata in tralice.

“Ci siamo fatti prendere.” – specificò, rendendogli la stoccata di mezz’ora prima.


Jack si prese un attimo prima di rispondere.

Passi la provocazione e la frecciatine... quelli sono tipici di Sawyer ma… La confessione?


“Perché me lo stai raccontando, Sawyer?” – domandò, in tono volutamente incurante.


E Sawyer alzò gli occhi chiari verso di lui, i capelli che gli piovevano sul viso. E un’emozione nella voce che non era sarcasmo.


“Perché sei la cosa più vicina ad un amico, doc…” – rispose - “E perché se ne è andata.”


Poi chinò lo sguardo. E un attimo dopo fu lo stesso di sempre.


Solo Sawyer.


Ma Jack non riuscì più a scacciare dalla mente quell’espressione. E quella solitudine.


***


Alla fine era stato Jack a parlare, per Ana.

Aveva gettato un’occhiata a Sawyer, in piedi a lato della fossa e aveva compreso che uno di loro avrebbe dovuto dire qualcosa.


Forse è Sawyer che sente di averla persa… ma io la conoscevo.

O, almeno, speravo di conoscerla.

Per tante cose eravamo simili, dopotutto.


Non si era perso in preamboli... o in lunghe argomentazioni.

Un riposa in pace sarebbe stata la cosa più adatta, per tutti.


Il riposo e la pace. Due sensazioni ormai quasi dimenticate.


Ad uno ad uno li aveva guardati tutti in viso. Tutti. Gli innocenti e i traditori allo stesso modo.

I giusti e gli sbagliati. Siamo tutti uguali.

Siamo tutti uguali, soprattutto innanzi a questa fossa ancora aperta.


È la paura a renderci tutti una stessa razza.


Poi, mentre Hurley avanzava e cercava le parole adatte per esprimersi, Jack aveva alzato gli occhi. E lo aveva guardato.


Le mani in tasca e la testa china.


E si era domandato fuggevolmente cosa potesse pensare, davanti ad una tomba che non era la sua, un uomo così votato alla morte.


***


Era scesa la notte. Ed era silenzio.


Jack percorse il campo della spiaggia con calma, assicurandosi di non aver lasciato nulla in sospeso prima della partenza.

Aveva visitato il bambino di Claire e si era accertato che stessero tutti bene, che la situazione fosse serena nei limiti del possibile. Si era impegnato in tutto, tutto ciò in cui poteva essere utile.

E, infine, aveva capito di potersi finalmente occupare della propria tranquillità. E di ciò che gli stava realmente a cuore.


Percorse la spiaggia, nel buio.

E lo vide. La testa ancora china, in piedi laddove l’acqua del mare poteva bagnargli la pelle.

I capelli sul viso e una brace di sigaretta che gli illuminava a tratti i lineamenti.

“E quella?” – domandò, affiancandolo.

“Non vuoi veramente saperlo.” – rispose Sawyer, porgendogli un pacchetto morbido e stropicciato.


Jack annuì, senza commentare. E sfilò una sigaretta per sé, proteggendola con le mani per accenderla da quella di Sawyer.

Si era levata una brezza leggera. Ma la notte era limpida, buia e stellata sopra di loro.

La notte della vigilia.

“Partiamo presto, domani.” – sussurrò, senza guardarlo, lasciandosi raggiungere dall’acqua, percependo il freddo.

“Già.” – commentò, osservandogli di sfuggita il profilo.

Jack fissava il mare, in silenzio.


Sawyer, con quella sola occhiata, ebbe la certezza che un nuovo peso fosse stato posto sulle sue spalle. E che Jack, volente o nolente, avesse accettato di portarlo.


Non mi è mai interessato il potere.

Io voglio fare solo la cosa giusta.


Solo la cosa giusta.


“Non mi dirai di cosa si tratta, vero?” – domandò, lasciando cadere ciò che restava della sigaretta.

Jack si voltò, guardandolo. Distinguendo appena i suoi lineamenti, nella notte.


Non capirò mai come fai a comprendere…

E ti chiedo di perdonarmi ma…


“No. Non c’è nulla.” – mentì, con l’atroce certezza di essere stato convincente. E si mosse, abbracciandogli la schiena.

Sawyer abbassò gli occhi, sorpreso, quando le mani di Jack gli corsero sulla pelle, insinuandosi sotto la camicia, quando un bacio gli segnò il collo.

“Oh, andiamo.” – disse, inarcando la testa e ridacchiando – “Non mi diventerai romantico tutto d’un tratto.”

“Ti dispiacerebbe?” – chiese Jack, posandogli le labbra sulla spalla – “Ti dispiacerebbe sul serio?”

Sawyer non rispose. Fissò il mare, semplicemente, le mani in tasca e il peso di Jack piacevolmente contro la schiena.

“Allora non è ancora finita.” – sussurrò, serio, la voce profonda. E intima.

“Non finirà facilmente, Sawyer…”


Non sono certo di saper a cosa mi sto riferendo.

Forse alla spedizione... o a noi.


Ma, se stessi parlando di noi, di me e te, potresti poi darmi torto?


“Finirà mai?”

“Non lo so.” – sussurrò.


Sawyer voltò la testa. E lo guardò in viso.

Voglio una risposta. La voglio ora.


“Ma io farò tutto quello che posso, James… lo sai.”


Promettilo a me… non prometterlo a James.


“Ti prendo in parola.” – rispose.

Te lo prometto, Sawyer.”


Lo disse guardandolo dritto negli occhi.


È te che voglio. Con ogni tua contraddizione, con ogni tuo incubo.


Voglio ciò che siamo, non i fantasmi di chi saremmo voluti essere.


Sawyer lo fissò, annichilito.

E Jack gli sorrise.


“Te lo prometto.” – piegò la testa. E le loro fronti si toccarono – “Sul serio.”


***


Si erano addentrati nella jungla. E, dopo pochi passi, Jack lo aveva lasciato andare, per seguirlo.

Sapeva benissimo dove stavano andando.

Alla cascata vicino alle grotte sarebbero stati al sicuro, fino all’alba.


Volevo romanticismo… eccomi accontentato.


C’era nell’aria un profumo dolce che non avevano mai sentito. Una fioritura tardiva, forse la maturazione di alcuni frutti non ancora identificati, difficile a dirsi.

Le luci dell’accampamento si erano allontanate. E poi sbiadite, svanendo infine del tutto.


Era rimasto il buio, il silenzio mai silenzio dell’oscurità.


E loro. L’assoluta incoscienza di addentrarsi in un territorio selvaggio, così vicini da sfiorarsi.


Non saremo mai più così vicini, vero Sawyer?


Non saremo mai più di ciò che siamo, di ciò che viviamo.

Siamo uomini. Non eroi.


Sawyer si voltò. E Jack ebbe l’impressione che, intorno a loro, la notte sorridesse.


***


Le notte era romanticismo.


Ma loro furono semplicemente Jack e Sawyer.

Mani impazienti, vestiti che cadevano, violenza.


Noi non siamo amici. Non lo saremo mai.


La propria disperazione annegata nel corpo uno dell’altro, fino allo sfinimento.

Sesso. E prevaricazione.


Tutto come sempre. E apparentemente senza significato.


E’ la legge della jungla, Doc. Il mio personale ritorno all’innocenza.


Regola numero uno: tra me e te solo ciò che è tra me e te.


Tutto per caso, pensò Jack, sentendo Sawyer con tutto il corpo, vibrando come una corda tra le sue mani, il viso contro una roccia, il calore della terra, l’acqua della cascata su di loro, inesorabile.


Regola numero due: Mai innamorarsi.


E non più parole per descrivere ciò che gli trasmetteva il corpo dell’uomo, l’essere in lui, il provocargli quel piacere incontrollato, così rapido a divenire gemito.


Regola numero tre: Ciò che è fatto è fatto


Mi sento bruciare…Sawyer chiuse gli occhi. E l’acqua della cascata lo colpì in viso, a gocce pesanti.


Mi corri sotto pelle, come un veleno.


Sai perché ti voglio? Sai perché ti voglio in questo modo?

Perché sono Sawyer. E forse sono sul serio nato per soffrire.

E perché quando ti scopo, è schifosamente giusto e incredibilmente sbagliato allo stesso tempo.


Si puntellò sulle mani, inarcandosi, spingendo più a fondo. E Jack posò le mani sulle sue, piantando le unghie, trattenendo il fiato.


E, ad un passo dal sentirsi morire, urlò.

Urlò tanto forte da sembrare di poter lacerare il cielo.


Regola numero Quattro: A me i segreti. A te, tutto il resto.


***


“Pensi a lei?”

“Come?”

“Avresti voluto essere al mio posto?” – insistette Sawyer, senza dare spiegazioni.

“Lei… ti riferisci ad Ana?” – Jack si puntellò sui gomiti, alzandosi quel tanto che bastava per vederlo. In piedi, sotto il getto della cascata, i capelli incollati al viso.

“E a chi se no... a Kate, forse?”


Ah no, in quel caso, quello che avrebbe voluto essere al tuo posto ero io…


“Non lo so.” – rispose Jack. E si strofinò li capelli corti con una punta di disagio – “Cioè, non me lo veramente chiesto…”

“Era grande, credimi. Navigata al punto giusto.” – si sfiorò un segno, sul collo – “Dannazione, Jack, tu e i tuoi morsi. Ma chi ti credi di essere… il vampiro con l’anima?”

“Sawyer... non sono certo di voler sapere tutto tutto, di quello che è successo tra te e Ana Lucia…”

“E perché no.” – si strofinò le braccia, guardandolo – “Eri tu che le andavi appresso… non io…”


In effetti Doc, se a questo punto mi tiri un pugno non posso darti torto.


“Certo. Mi piaceva, questo è vero.” – Jack annuì, con un sospiro – “L’ho conosciuta prima di salire in aereo. E abbiamo parlato, perché si stava ubriacando... e io stavo cercando di fare altrettanto. Ho promesso che ci saremmo bevuti un drink insieme, una volta imbarcati.

E lei…”

Si interruppe.

“E lei mi ha chiesto se volevo scambiare il biglietto con il suo.” – aggiunse, fissando un punto indistinto – “Il mio posto per uno in coda.”

Sawyer lo fissò, fermo sotto la caduta d’acqua.


La dislocazione del posto. Come dire, nel nostro caso, la differenza che passa tra vivere e morire.


E Jack si alzò, raggiungendolo. E posando entrambe le mani sulla cicatrice della sparatoria.

Massaggiando i muscoli al suo posto.

“Ho pensato a lei per molto tempo.” – riprese a spiegare – “Io ero vivo. Lei… ed ora le parti sono invertite. Ed io non le ho mai detto quanto l’avevo pensata.

Ma... da qui a dire che volevo portarmela a letto…”

“Soprattutto perché sei sprovvisto di letto.”

Jack lo fissò e gli tirò in faccia una manciata d’acqua.

“Idiota.” – commentò, ridendo sotto i baffi.

“Sul serio.” – Sawyer stava perorando la sua causa – “No, dico, guardami. Mi sbatti contro ogni masso, mi premi contro ogni superficie dura e scomoda prima di impalarmi, orizzontale o verticale che sia… e visto che Ana Lucia è una donna…”

Si interruppe, di colpo.

Era.” – si corresse – “una donna.”


Non lo è più... cos’è ora? Cosa?

Non è affar mio. Non lo è. Eppure non riesco a smettere di .....


“Sawyer.” – Jack lo afferrò per un braccio, impedendogli di voltarsi – “Per piacere evita di fuggire. E rispondi alla domanda. Perché continui a pensarci?”

“Secondo te?” – era un maestro nello spalancare gli occhi – “Forse perché presso alcune civiltà il far sesso con i cadaveri non è proprio ben visto!”

“Era ancora viva quando te la sei fatta.”

“Certo.” – annuì, convinto, in piena contraddizione – “Certo. Respirava di sicuro, visto che ha abusato di me!”

“Sawyer…” – non ti seguo – “E’ una questione di orgoglio ferito o cosa…”

Cosa? Lei è morta, Jack. Cosa ti aspetti adesso? Grandi riflessioni sulla vita e sulla morte? Rivelazioni di amori perduti, che mi comporti come un vedovo, cosa!” – si interruppe – “Oppure preferiresti che me ne fregassi come mio solito?”


Mi spiace, non riesco.


Ma tu puoi ignorarmi, se ci riesci.

Ci facciamo un altro round e via! Ognuno per la sua strada.


Sawyer si divincolò. E lo fissò.

“Facciamo così.” – disse, senza un gesto – “Lasciami perdere.”


***


No.”


“Come?”


“Non ti lascio perdere.” – lo disse con tranquillità, come se non fosse un fatto da mettere in discussione – “E ti dirò di più… io credo che tutto questo abbia a che fare solo con il tuo desiderio di fuggire, di non far parte di nessun gruppo.

E sai perché?

Perché hai una paura fottuta delle persone che ti lasciano.”


“Si, è così Jack!” –rispose, tra il disperato e il furibondo – “Non voglio mai più essere lasciato, nella mia vita. E non voglio che nessuno senta la mia mancanza.

Lo trovi poi così sbagliato?”

“No.” – Jack ci pensò su e scosse la testa – “Non è sbagliato. È però, purtroppo, un progetto inapplicabile.”

“Perché sei tu a dirlo?”


La risposta fu violenta.

Ma efficace.

E Sawyer sentì la lingua di Jack aprirgli le labbra nel momento stesso in cui sbatté la schiena contro la parete rocciosa. Istintivamente gli strinse la vita con le mani, con forza.


E non so se voglio allontanarti o trattenerti.


Ricambiò il bacio, battendo la nuca un’altra volta e percependo solo in quell’istante di avere le mani di Jack sulle guance, sulle tempie.


Le mani. Le tue mani…


Adesso sono certo di non volerti lasciar andare. Gli strinse con forza le scapole, sotto l’acqua fredda, risalendo fino alle spalle, alla linea definita e nervosa della nuca.


Quando sono con te finisco sempre con il farmi male.


Premendo, nutrendosi del suo sapore.


E, infine, chiudendo gli occhi.


Jack gli percorse il profilo, con delicatezza.

La tempia, la linea della mascella, il collo, fino a posare le dita sullo sterno.

E allontanarsi.

Allontanarlo.


“Il tuo piano è inapplicabile, Sawyer.” – ripetè, con fermezza, l’acqua che gli correva sul viso impigliandosi sulle ciglia – “E non perché lo dico io. Ma perché ci sono io.”


Sawyer non rispose. Ma i suoi occhi mutarono e divennero giada.

Eccoti, pensò Jack, sorridendo. Ti stavo aspettando.


“Non sei obbligato ad accettare quello che sto dicendo… né tanto meno sei costretto ad essere d’accordo.” – aggiunse, quelle sue dannate mani sempre sul suo viso – “Tu sei stanco di ripetere che non puoi essere salvato. Io sono stanco di dirti che non smetterò di tentare.

Ma queste sono solo parole. E le parole non sempre hanno a che fare con le persone. O con le azioni. Tu ne sei la prova. Io ne sono la prova.”


Stupido medico, sei la cosa più pulita che abbia mai trovato.


Lo baciò di nuovo. Ma con lentezza, sfiorandogli appena le labbra.

“Non vuoi essere lasciato... non vuoi lasciare…” – ripetè – “Lo capisco. Lo accetto. Ma io non mollerò. Io non ti lascerò perdere.”


Regola numero cinque, Sawyer. Restare vivi.


“Jack, no…” – scosse la testa, guardandolo. Aveva occhi enormi, fatti di cristallo verde.


Non farlo.


Non puoi salvare tutti, Doc. Non puoi salvare me.

Voglio comunque provarci. Non impedirmelo.


Ti prego, non lo fare…


Jack, di tutta risposta gli sorrise e mosse un passo a ritroso.

E l’acqua li colpì, come pioggia torrenziale. Facendoli rabbrividire, alzare la testa, gli occhi socchiusi, la bocca dischiusa.


L’acqua, come pioggia, sopra le nostre colpe e i nostri dolori.


“Non avere paura.” – Jack gli baciò la bocca, con violenza, proiettandosi verso di lui – “E’ tutto ciò che ti chiedo.”


Nessuna paura.


“Nessuna.” – ripetè, senza staccarsi dalla sua bocca, le mani di Sawyer sul collo, le sue dita sugli zigomi, in un intreccio di corpi – “Perché io... io te lo prometto…”


Anche se camminiamo diretti verso l’oscurità e l’incertezza.


Mai stato innamorato.


Perché siamo insieme.


Il possesso crea il diritto.


Perché domani saremo ancora noi.


Non siamo amici. Non lo saremo mai.


Perché tutto ciò che possediamo ci scorre sotto pelle.


E la prossima che cadrò, tu saprai afferrarmi.


Epilogo


“E adesso?”

Jack si voltò, guardandolo, mettendosi lo zaino in spalla.


Non voglio essere quello che decide della vita e della morte.

Non voglio essere colui a cui devono affidarsi.


“Adesso devi solo fidarti.”– rispose, con serietà – “Devi fidarti di me.”


Qualunque cosa accada.



Un leader non è un leader, se non sa dove andare.

(Locke, White Rabbit)


Fine.


(10 Giugno 2006)