King of the Sky

(part 1)

 

Di MargotJ

 

A Carmilla. Perché si è abituata e non si riesce a farle passare l’isteria da Captain Harkness

E perché ha fatto andare me un pelino fuori di testa. :)

 

Spoiler per: prima stagione di Torchwood. Le frasi in corsivo sono tratte dagli episodi.

Pairing: Jack/Ianto slash

Rating: NC17, Slash, Angst

Timeline: post 1x04, The Cyberwoman

Disclaimer: i personaggi non appartengono ai legittimi proprietari. L’autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.

Nota dell’autrice: avevo solo voglia di scrivere, non c’è nessun intento di scrivere qualcosa di profondo o memorabile. È una fanfic vecchio stampo, scritta per aggiungere qualche scena che io, personalmente, avrei voluto vedere. E, trattandosi di gusti, non mi aspetto che i personaggi siano del tutto in carattere. Magari lo sono.. magari no.

 

A seguito di spiacevoli episodi tale Fanfiction è disponibile con la mia autorizzazione solo presso il mio sito, Vs. Ananke e, da settembre 2008, su EFP. Per richieste o segnalazioni, per cortesia, scrivetemi . Grazie, MJ

 

 

Non aveva contato i colpi. Dieci o mille, che importanza potevano avere, a quel punto.

Solo il primo aveva un suono nella sua mente. Perché il primo era stato la fine del sogno.

Lisa se ne era andata. Jack l’aveva uccisa. Uccisa.

 

Uccisa.

 

Ianto si chiuse la giacca, con un gesto misurato. E, con passo tranquillo, senza illudersi di poter nascondere la propria esitazione, varcò la cancellata della grande sala centrale.

Poi alzò gli occhi.

C’era Jack, dietro la vetrata della sala riunioni. Forse anche Gwen. Ma Ianto ebbe l’impressione di non riuscire a vederla.

 

Jack lo fissava. E Ianto fissava Jack.

 

Traditore, colpevole, debole, penitente.

Assurdo, distrutto, incomprensibile Ianto.

 

Vuoi che me ne vada?

 

Nulla. Solo occhi di ghiaccio.

 

Vuoi che resti?

 

E Jack annuì, senza smettere di stringersi tra le braccia, in una posizione di assoluta difesa.

 

 

***

 

 

 

 

 

 

 

No fear, no pain

Nobody left to blame

I'll try alone

Make destiny my own

I learn to free my mind

Myself I now must find

Once more

Once more

 

(Helloween - If I Could Fly)

 

 

Nessuna paura, nessuna sofferenza/Non é rimasto nessuno da biasimare/Voglio provarci da solo/Farmi da solo il mio destino/

Ho imparato a liberare la mente/Ora devo trovare me stesso/Ancora una volta/Ancora una volta

 

 

Il pregio di una giornata infinita è avere un termine. Inaspettato come un miracolo, paradossale come l’angoscia provata a non veder mai calare il sole.

 

Se ne erano andati tutti. Ora Lisa avrebbe avuto il suo funerale.

 

Ianto compilò accuratamente i verbali di una, due, tre morti. Sacche, cartellini, sportelli metallici da aprire e richiudere. Gelo, gelo che inonda particelle morte e le rende eterne.

Uno, due, tre... Lisa a frammenti, come il suo cuore.

 

Ianto sospirò, impercettibilmente. Pose ancora una firma, asciugò una singola lacrima.

Strano, pensò, strofinando assieme le dita, credevo fossero finite. Ghiacciate.

 

Chiuse una pratica, aprì la seconda. Barrò alcune caselle, pose una firma. E si voltò, per chiudere l’ultimo loculo. Una spinta, un cigolio. La morte oltre la lastra metallica. Assieme alla vita.

 

Stringendo i fogli, restò appoggiato allo sportello appena chiuso. Il gelo risaliva lungo la spina dorsale.

 

La vita e la morte, pensò ancora, fissando il pavimento, con aria assente.

 

L’amore e l’odio... lentamente si portò le dita alla bocca, riflettendo.

 

Il reale e l’irreale, si ammonì, un polpastrello a premere sulle labbra.

 

Lisa... Jack.

 

Alzò gli occhi, di scatto. Jack era fermo, oltre il passaggio circolare.

 

***

 

Per un istante pensò che si sarebbe materializzato così vicino da soffocarlo, una mano sulla sua gola. Un modo pulito, preciso e senza rimorso di liberarsi del traditore. Poi alcune pratiche, un altro sportello da chiudere e un nuovo colloquio di assunzione.

Nient’altro. Ianto sapeva di non essere altro.

 

Io la amo, Jack. Lo puoi capire questo?

 

Lo puoi capire questo?

 

Devi capire da che parte vuoi stare... perché, se non lo sai... da questa storia non uscirai vivo.

 

No, non poteva. Jack preferiva uccidere che amare.

Allora uccidimi, Jack. Uccidimi ora e leviamoci il pensiero.

 

E Ianto, abbandonando la propria immobilità, lasciando cadere quei fogli diligentemente compilati, scattò verso di lui.

 

Jack, semplicemente, annuì. E allargò le braccia.

 

***

 

Lo afferrò e lo strinse, non reggendo l’impatto del suo corpo e della sua rabbia. Volarono a terra e il piacere del primo pugno spettò a Ianto.

Preciso, diretto.

La seconda volta in quella giornata ignobile.

Il labbro ancora contuso di Jack si ruppe nuovamente, macchiandogli le nocche di sangue e accecandolo. Altro sangue, ancora sangue. Lo colpì ancora, sentendo lo zigomo solido opporre resistenza sotto la dita doloranti.

Poi alzò il braccio e, in uno slancio di onestà, attese, attese che Jack gli rendesse il favore.

 

Perché sapeva di meritarsi un colpo, sapeva di meritare la morte.

 

Adesso è arrivato il momento di far parte della squadra...

 

Traditore. Traditore della sua stessa famiglia. La sua unica...

 

Jack non perse tempo. Ribaltò le parti, facendolo impattare con violenza con il pavimento. Le scapole di Ianto scricchiolarono in maniera sinistra, ma Jack non mollò la presa, bloccandolo con una pressione sullo sterno, la sua camicia stretta tra le dita.

 

Hai tenuto una Cyber nascosta nella base di Torchwood e non ce lo hai detto...

 

E alzò la mano, per colpire.

Colpire.

 

Cosa vi importa... io pulisco la vostra merda senza fare domande, perchè a voi piace così. Quando mai... quando mai mi avete chiesto qualcosa sulla mia vita privata...

 

Ianto chiuse gli occhi, una frazione di secondo. Poi li riaprì. E attese, in silenzio, arreso, le braccia aperte sul pavimento gelido. E Jack, il corpo di Jack e la sua rabbia cocente, a schiacciarlo.

 

Opprimerlo.

 

Tu non hai capito niente.

 

Condannarlo.

Hai mai amato qualcuno?

 

Il pugno levato tremò. La vibrazione si propagò lungo il suo corpo. Anche Ianto sembrò sentirla. Le sue pupille si dilatarono, le iridi sembrarono cristallizzarsi nel fissare Jack dritto in viso.

 

Jack, che apriva lentamente le mani, rinunciando alla vendetta, lasciandolo libero.

Jack che non diceva nulla ma aveva la bocca come incurvata in una smorfia.

 

C’è sempre qualcosa che possiamo perdere.

 

Si rialzò, con lentezza. E, quando fu certo che i passi fossero lontani, Ianto si voltò sul fianco, coprendosi la testa con entrambe le braccia. E pianse.

 

Tu pensi di essere un eroe, ma sei il mostro peggiore di tutti.

 

Pianse, come se il mondo fosse andato in frantumi.

 

***

 

Un giorno avrò la possibilità di salvarti. E ti guarderò soffrire e morire.

 

Jack si sedette, improvvisamente sveglio.

E, d’istinto, si passò le dita sulla bocca, sulla ferita dolorante e...

 

Ianto...

 

Si alzò, percorrendo con calma lo stretto passaggio, le mani sepolte nelle tasche, la testa china, ed emerse nell’ufficio. Il ritmo metallico e acuto dei sensori gli sembrò rassicurante, nel silenzio. Una coperta per reazioni meno regolari, casuali... umane...

Eppure...

 

Eppure...

 

C’era un altro suono, nelle profondità della base, discontinuo, roco.

Dapprima attutito dal cemento, dal vetro, dalla lontananza. E, man mano che Jack avanzava verso i corridoi del piano inferiore, sempre più forte, disperato.

Lamiera contro lamiera, vetri infranti, urla soffocate. Colpi ritmati, veloci, poi più solenni, poi pieni di furia.

Jack emerse dall’oscurità, nell’ultima stanza. Alcune candele erano state accese, la loro luce gialla brillava in maniera inquietante sullo scenario di distruzione. L’unità di conversione, la macchina che aveva tenuto in vita Lisa, era in pezzi. Ianto, con la mazza da baseball di Owen stretta tra le mani, non smetteva di colpire i circuiti, i sostegni, i meccanismi.

A denti stretti, gli occhi asciutti a riflettere le fiamme danzanti.

 

C’erano bottiglie a terra, vuote, semivuote. E pastiglie, un flacone arancione rovesciato. Jack lo fissò, senza fiatare. E Ianto non diede l’impressione di averlo visto.

Ma, quando barcollò, quando la mazza gli cadde di mano e le spalle si curvarono, Jack lo afferrò per la vita, mantenendolo in piedi.

 

“Se ne è andata.” - ansimò, la voce rauca, come se urla interiori lo avessero prosciugato - “Se ne è andata.”

Si appoggiò pesantemente a Jack. Perché sapeva che era Jack, non gli serviva voltarsi, udirne la voce. Gli bastavano il respiro e il calore, quel dannato calore che sentivi nello stargli vicino.

“Lo so.” - rispose Jack, mentre scivolavano a terra, uno contro l’altro, Ianto contro di lui, la fronte così vicina alla sua guancia da poterne sentire pulsare la tempia - “Mi dispiace, Ianto. Ma era così che doveva andare.”

 

Non sai mentire, nemmeno ora, pensò Ianto. Non menti nemmeno ora...

 

“Ti senti un re del cielo, vero Jack?” - domandò, con un sospiro, chiudendo gli occhi, non volendo abbandonare quelle braccia - “Decidi della vita, della morte... del giusto, dello sbagliato...”

Voltò la testa, riaprendo gli occhi, osservando la distruzione che li circondava. Ma Jack lo sentì, nitido, ricercargli la bocca con il viso. E inarcarsi, lentamente, fissandogli le labbra.

 

“Non è vero, Jack? Non sei un re del cielo? Un dio?” - sussurrò ancora, gli occhi lievemente vitrei. E le pupille dilatate per chissà quale droga - “Qui lo credono tutti...”

“Non avevo scelta.” - rispose Jack, esitando. E resistendo. Resistendo al desiderio di prendersi quella bocca, quel labbro a cuore che lasciava intravedere gli incisivi - “Non avevamo scelta.”

“Io si. Io potevo... potevo farmi sparare.”

 

Il gelo era palpabile, come il silenzio.

 

“E, invece... ho preso la pistola. Per uccidere Lisa. Per te.”

 

Ianto si alzò, sforzando il proprio fisico, eppure senza barcollare. Ma Jack non fece altrettanto. Rimase immobile, un ginocchio a terra, lo sguardo alzato verso Ianto, Ianto già oltre la soglia.

 

“Grazie.” - lo sentì dire, senza voltarsi, prima di svanire nel buio - “Grazie di averla uccisa per me.”

 

 

***

 

Ianto contava i giorni senza Lisa. E mai le notti con Jack.

Le notti erano come i colpi di pistola che l’avevano ammazzata. Solo il primo contava. Solo il primo proiettile aveva cambiato il destino. E gli altri... gli altri avevano fatto numero.

 

Solo la prima notte era stata importante. Ianto l’aveva creduta tale.

 

Poi, non aveva trovato nulla per illudersi.

Ma aveva capito le regole del gioco. E gli erano piaciute.

Jack aveva parlato di scegliere. Rimetterci o guadagnare. Ianto si era limitato ad applicare alla lettera i suoi consigli. Ci aveva rimesso e si era impegnato per guadagnare.

 

E, così, ad una notte ne era seguita ad un’altra. Un colpo, due colpi... tre...

Scanditi, regolari, letali.

Jack non aveva pietà e non conosceva esitazione. Mirava. E uccideva.

 

Ianto, semplicemente, veniva a lui in silenzio. E, in silenzio, se ne andava.

Jack non gli diceva mai addio. Come Lisa.

 

“Tutto questo non esiste.” - aveva mormorato, una notte, raccogliendo la propria cravatta e passandosela attorno al collo. La camicia spiegazzata, la giacca sotto il braccio, l’assurda impressione di avere il cuore stropicciato - “Come Torchwood.”

“Ma noi esistiamo.” - aveva risposto Jack, seduto alla propria scrivania, i piedi sul tavolo, l’incuranza di non indossare poi molto - “E ne siamo consapevoli. Non dovrebbe importarci dell’opinione degli altri.”

“Eppure ci importa, no?” - si era voltato, con lentezza, guardandolo, dandogli l’impressione di poter celare ogni più piccola sfumatura in fondo alla gola - “Ci importa perchè ci ostacolerebbero... ci importa perchè non capirebbero... Torchwood preferisce non esistere. Meno problemi.”

 

Come noi. Noi, l’amore e la morte di Lisa.

 

“C’è.” - Ianto aveva alzato le spalle, con rassegnato sarcasmo. E gli occhi gli erano brillati come onice - “C’è. Ma non esiste.”

Se ne era andato con queste parole. E Jack aveva spento le luci e riordinato la stanza.

 

***

 

“Tutto questo sesso... quello che vediamo.. quello che pensiamo...

ci sembra così bello ma ci fa tanta paura. Lo desideriamo, ma ho paura.”

 

Paura...

 

“Ancora uno.. ancora uno e sarò forte. Ogni volta ha meno effetto, ogni volta mi sento più debole.”

 

Ancora una volta.. ancora una notte... ancora...

 

“Solo uno per farmi sentire viva, per farmi sentire umana.”

 

Ancora uno... ancora una sola volta e sarà abbastanza.

Ma non lo era mai.

 

Gli bastava un’occhiata per averlo. E per avere, ogni volta, l’insoddisfazione di non averlo domato, piegato, compreso. Ianto gli sfuggiva. Continuava a sfuggirgli. Non avrebbe mai smesso di farlo.

 

Un giorno avrò la possibilità di salvarti. E ti guarderò soffrire e morire.

 

Si, era stata una profezia.

Ianto era la sua stessa profezia. Jack non si faceva particolare illusioni. Anche i re dei cieli cadono, ad un certo punto. E, immortali, restano intrappolati sulla terra a rimpiangere la loro grandezza e il volare libero che, un tempo, sapevano compiere.

 

I re del cielo...

 

Del resto, chi fa certe minacce deve essere abituato a metterle in pratica. Parola del capitano Harkness. E Jack non tendeva a contraddire se stesso, mai.

A quanto sembrava, Ianto era un buon allievo. E, prima o poi, Jack non dubitava, se ne sarebbe reso conto.

Tutto stava a vedere a chi avrebbe sparato per fondare la sua certezza.

 

“Meno male che non posso morire.” - sospirò dunque, posando il verbale che stava leggendo, lasciandolo cadere sulla scrivania tra mille altre scartoffie.

“Davvero?” - domandò Ianto, alle sue spalle.

Non c’era bisogno di voltarsi, per sapere che, probabilmente, stretto nel suo panciotto e nella giacca su misura, era impeccabile.

“Credo nell’immortalità dell’anima.” - ribattè Jack, con una bella risata - “Pensavo te ne fossi andato.”

“Ormai dovresti aver capito...” - replicò, avanzando con lentezza - “che non riesco ad andarmene facilmente.”

 

Come un senso di colpa, pensò Jack, guardandolo fermarsi davanti alla scrivania e abbassare lo sguardo verso di lui. O come un’ossessione.

Si lasciò andare contro lo schienale, guardandolo, la bocca inarcata in un sorriso ironico.

“Ianto Jones...” - mormorò - “Cosa posso fare per te?”

Ianto non rispose. Alzò fuggevolmente gli occhi e allungò le dita, raddrizzando un fermacarte.

“Signore?”

Una leggera flessione interrogativa. E ogni mistero, al suo interno.

“Ianto.” - ripetè Jack. E la voce divenne acciaio, come gli occhi - “Cosa.”

 

Cosa. Cosa vuoi.

 

“Tu vuoi il mio perdono?” - ritorse Ianto. Impostava ogni parola con lentezza, assaporandola, lo sguardo distratto, tra le proprie mani e il viso di Jack. E le matite, che lasciava scivolare nel portapenne, producevano un suono secco, stranamente nitido.

“Non l’ho già avuto?”

“Non del tutto, no.” - la bocca si aprì e si richiuse, meccanica - “Lo vuoi, Jack?”

 

Lo vuoi a parole?

 

“Non ne ho bisogno.” - Jack scosse la testa, incrociando le braccia - “E tu? Vuoi il mio perdono?”

 

E Ianto fece qualcosa di inaspettato. Sorrise. E gli occhi gli brillarono.

 

“Ogni giorno...” - scandì - “Ogni giorno... Jack...”

 

Un attimo dopo, la scrivania gli sembrò dura. Più del solito.

 

***

 

“Cosa è successo...” - mormorò Ianto, una notte, nel buio - “Oggi...”

 

Jack non rispose prontamente. Nell’oscurità, Ianto sentiva il suo respiro, da concitato, divenire più regolare, perdere il ritmo spezzato, svanire poco a poco. Era un suono unico. E non si sarebbe mai stancato di ascoltarlo.

Ianto avrebbe rinunciato a quel suono per una sola cosa... per la sua voce.

“Vuoi sapere perchè nessuno di loro voglia parlarmi?”

 

Sarcasmo. Durezza. Desiderio di ... si, desiderio di dirlo.

Ianto respirò piano, inudibile.

 

“Si.” - annuì. Non guardarlo si ammonì, o volerà via.

“L’ho lasciata andare via, con le fate.”

“La bambina?”

“Già. La bambina è svanita con i suoi amici, il patrigno è stato ammazzato, la madre ha cercato di cavarmi gli occhi e io... le ho saputo solo dire mi dispiace.”

Ianto voltò la testa, cercandolo, nell’oscurità.

“E ti dispiaceva?”

“Non di aver salvato il mondo. No, non mi dispiaceva. Ma, per il suo dolore...”

La voce svanì, dandogli l’impressione di non poterla mai più risentire.

“So cosa sia il dolore. E posso capire cosa significa amare. E perdere chi si ama.” - aggiunse, poco dopo.

 

Ho amato. So amare. Ho perduto.

Mi credi, Ianto?

 

“Ed Estella?” - domandò Ianto, senza frenarsi. E vide gli occhi azzurri brillare, nell’oscurità.

 

***

 

Ianto fu rapido. Non lo avrebbe lasciato. Fu in piedi, a lato del letto, una mano stretta al suo polso prima ancora di rendersene conto.

No. Lo trattenne, con uno strattone se lo tirò vicino.

“Non fuggire, Jack.” - sibilò, stringendo con tutte le sue forze - “Non questa volta.”

 

Non fuggire se nemmeno io fuggo.

 

“Cosa vuoi, Ianto.” - Jack era vicino. I contorni del suo viso apparivano e svanivano, nel buio della stanza, nel silenzio, i suoi occhi erano azzurri, in tempesta come sempre - “Rivelazioni? Intimità? Cosa vuoi ancora? Ancora perdono? Più di così?”

Ianto lo colpì, facendolo barcollare, sbattere contro la parete, i mobili. Oggetti di ogni genere volarono a terra, un vetro si infranse. Jack si pulì la bocca insanguinata e reagì.

Un pugno, un bacio. Lo afferrò, gli aprì di violenza la bocca, lo sentì rispondere e piantargli le unghie nella pelle. Poi un altro pugno. Altra distruzione.

“Cosa credi che accadrà, ora.” - ringhiò, quando furono a terra, aggrovigliati, un nodo pulsante di contraddizioni e furia - “Cosa!”

“Quello che succede di solito.” - Ianto scattò, un colpo di reni, invertendo le posizioni, fermandolo. Era forte, furioso, senza freni - “Poi sorgerà il sole e sarà tutto come al solito. Caffè, signore? Preferisce the?”

Lo colpì, deciso, senza curarsi del contraccolpo sordo della nuca di Jack contro il pavimento. Poi lo afferrò per i capelli.

“Le chiavi della macchina, signore? Ecco la giacca...” - sputò, assieme a sangue, lacrime e bile - “Questo accadrà, Jack. Per cui fottimi ora se proprio ci tieni, perchè ho parecchio da fare.”

“Non abbastanza, Ianto...” - Jack aveva la bocca rossa, i denti macchiati, inquietanti - “Se hai così tanto tempo per compatirti...”

 

Ianto perse il conto dei colpi che gli diede. E si fermò, soltanto quando il respiro, quel respiro che lo ossessionava nel buio, non fu più udibile.

 

***

 

Fu strano.

Fu assurdo.

Fu terribile.

 

Ma Ianto non se ne sorprese.

 

Rimase solo immobile, sdraiato su di lui, l’orecchio al suo petto, in attesa.

E il battito fu come uno scatto pulito, secco. Come un colpo in canna, pensò, trattenendo una risata isterica.

Poi fu la volta dei polmoni. Si dilatarono, si riempirono d’aria. Ianto si mosse, cercando di rialzarsi, di non opprimerlo. Ma le mani di Jack lo avevano stretto, impedendogli ogni movimento. Le sue braccia si erano chiuse, serrate, attorno alle sue spalle, accompagnate da un rantolio tale da farlo tremare.

 

Jack chiuse gli occhi e rabbrividì, battendo i denti. Ianto, d’istinto, in quella morsa, gli cinse il torace, ricambiando la stretta. Abbracciati, in un mare di sangue appiccicoso.

 

“Soddisfatto, ora?” - mormorò Jack, d’un tratto. Rauco, la testa inarcata indietro - “Hai ucciso il tuo re del cielo... sei un eroe... adesso... non di certo un mostro...”

“Ti prego, Jack.” - replicò Ianto, senza osare guardarlo. Ma Jack non mollò la presa. Lo tenne, fin quasi a soffocarlo, senza negare e senza rivelare, senza curarsi di ciò che Ianto aveva compreso. O di ciò che avrebbe potuto dire agli altri.

Perchè avrebbe dovuto farlo, dopotutto?

Ianto sapeva mantenere un segreto.

Ianto sapeva essere un segreto.

 

E, con infinita lentezza, aprì le braccia, per lasciarlo andare.

Ma Ianto non lo fece. Si raddrizzò, quanto bastava da baciarlo, assaporandolo, silenziosamente. E aiutandolo ad alzarsi.

Di nuovo quegli occhi, pensò jack, accettando la mano tesa, di nuovo la pace assurda che emanava, la calma senza pensieri, senza scalfitture.

Eccolo, di nuovo, indomato. Ferito, sporco, pallido. Ma libero. Libero.

E Jack si ritrovò a percorrergli la linea del viso con le dita, dallo zigomo al mento.

 

“Siamo pari, adesso?” - domandò.

E Ianto annuì. E mentì.

 

No, Jack. Noi siamo oltre.

 

(febbraio 2008)