NOS&DUST

(Fast&Furious 5)

Di MargotJ


Pairing: NoEntiendo... Rating: NC17 (forse) , Slash (solo per chi vuole vederlo), angst (sempre!)

Timeline: post Fast&Furious I-IV. Non si rinnega nulla e si travisa poco.

Disclaimer: i personaggi non appartengono ai legittimi proprietari. L’autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.

Nota dell'autrice: le Serate Addominali sono una gran bella invenzione. Tutto sta ad avere la compagnia giusta. Così, oltre che gli ormoni, si eccitano pure i neuroni :) - Nota per Benedetta: hai il mio permesso di vederci dello slash così come ne vedi nel primo film come inizio, nel secondo come rimpianto, nel terzo come allusione (e manco lo abbiamo visto il terzo...), nel quarto come realizzazione... c'era un pochino di slash anche nel riflesso della mia finestra sullo schermo, vero? :) Baci e buona lettura, amica mia.

Vivo la Mia Vita un quarto di miglio alla volta,

non mi importa di nient'altro.

per quei dieci secondi sono libero.”

(Dominic Toretto)

1


In officina aleggiava ancora l'aroma dolciastro del profumo femminile. Nauseante. Incancellabile. Inevitabile, del resto, se ti hanno spaccato il parabrezza con un flacone di colonia.

Eccoti il mio odore!” - aveva urlato la bionda mozzafiato, divaricando maggiormente le gambe e restando saldamento in bilico su osceni tacchi a grattacielo che già gli colpivano il paraurti - “Ti faceva impazzire, no? Vediamo se riesci a levarlo dalla tua prediletta bambina, figlio di puttana!”

Profumo e calci. Massimo gesto di disprezzo, a quanto sembrava.

Oh, si, Brian in altri frangenti si sarebbe fatto una risata.

In altri. Ma non in questi.

perché c'era Mia che guardava. E, soprattutto, c'era Dom.


Un'avventura. Ne aveva tante da quando si erano definitivamente lasciati. Si divertiva se vinceva e si consolava se perdeva. Niente di particolare e, difatti, nessuno gli faceva la paternale o gli spaccava le ossa.

Dom ci aveva provato, quasi con pigrizia, una volta sola, tre giorni dopo il drammatico addio.

In piedi, davanti al loro tavolo al solito locale, aveva gettato un'ombra sull'unico occupante, un tragico relitto di serate passate in compagnia e defintivamente perdute. L'orchestra, da sotto i sombrero, assordava quel tanto che bastava da scordare, per il fastidio, il caldo e il fumo stantio che si respiravano. Ma non era bastata a nascondere le parole d'esordio.

Ti avevo detto che se spezzavi il cuore a mia sorella ti avrei ammazzato.”

Infatti non l'ho fatto. È lei che ha massacrato il mio.”

Dom non aveva insistito. Sapeva che era vero. E, per Brian, era stato un buon motivo per aggiungere un'altra verità.

Mia mi aveva avvertito. Voi Toretto siete una calamita...” - aveva biascicato, alzando la birra che stava bevendo - “Non c'è modo per sfuggirvi...”

Una calamita. Che risate, ragazzi.

Voi Toretto... tutti e due...”

Troppe risate. Dominic aveva alzato un sopracciglio, restando a braccia conserte e fissandolo.

Ubriaco? Brian? Era una bella novità per un fissato del controllo sempre dietro al volante. Davvero disperato? Certo, bugiardo patologico, Brian... ma non tanto da mettere alcool in corpo per essere più credibile. Non con, a fianco del bicchiere, le chiavi della Skyline e le coordinate della gara clandestina.

Coglione. Pensi di essere degno di un quarto di miglio in questo momento?

Le chiavi della macchina.”- aveva solo detto, dunque, tendendo la mano - “Così non guidi.”

Freddo e paternalista. Una ciliegina su uno schifo di torta. Brian si era concesso un'altra risata e un'altra birra. E ancora una risata. La birra successiva l'aveva finita Dom.Altra risata.

Dopo si era svegliato. Il letto non era il suo, non lo era proprio. Dall'altra parte del muro aveva sentito il respiro di Mia. E non era solo.

La voglia di ridere gli era passata. Definitivamente.


Questa macchina puzza come una prostituta.” - mormorò una voce alle sue spalle. Poi Dom, braccia conserte e canottiera bianca, gli fu a fianco. Inalò a fondo - “Delle peggiori, dritta dai bassifondi di TiJuana.”

Paragone azzeccato.” - borbottò Brian, armeggiando con una chiave inglese, con impazienza. Una mano si insinuò tra le sue, afferrando una valvola e ruotandola con precisione millimetrica - “So cosa sto facendo, Dom.”

No, non lo sai.” - replicò la voce - “E non sto parlando della macchina.”

Allora di cosa!” - si voltò verso di lui, quasi ringhiando, la chiave stretta le dita - “Allora di cosa vuoi parlare, Dom!”

Dominic lo fissò dritto in faccia. Brian O'Conner, oggi come ieri. Da quando erano in Messico si era fatto ricrescere i capelli e il sole aveva fatto il resto, schiarendoli, rendendo ancora più lampante il tempo trascorso dal loro primo incontro.

Brian era indurito nella piega della bocca, nel colore degli occhi. Erano segnati, entrambi, come asfalto su cui in troppi hanno frenato per salvarsi la vita. Era magro, bruciato dal sole, perennemente teso. Sapeva sempre di olio, benzina, pelle e sintetico dei sedili. E, Dom lo percepiva, ormai si sentiva al sicuro solo tra i motori, come lui.

Vuoi usarla?” - domandò, quindi, indicando con gli occhi la chiave inglese. Brian la stringeva ancora, come se vi si aggrappasse - “Credimi, non aiuta.”

Brian esitò, fissandolo. Fermo, a braccia conserte. L'avesse fatto, Dom avrebbe reagito? Lo avrebbe fermato? Si riusciva a reagire a un essere disperato che ti colpisce con una chiave inglese?

Ebbe paura di scoprirlo. Aprì le dita, lasciando cadere l'arnese nella polvere.

Dom non commentò, restando in attesa, obbligandolo a ripetersi.

Parlare di cosa, Dom!” - urlò, cercando una rabbia che sostituisse il terrore di non sapersi controllare - “Cosa? Devi voltare pagina? Devi ravvederti? Per piacere, risparmiami le stronzate.”

Stai dando spettacolo. E sei ridicolo. Devi smetterla.”

Tutto qui, Dom? Sto dando spettacolo? Ridicolo? Era una gatta in calore che si strusciava perché vincevo. Ho vinto troppo, me ne sono cercata un'altra.”

Alzata di spalle, per voltarsi. E già una mano a stritolargli un braccio.

E quando tra alcool e donne non avrai più tempo di vincere?” - sussurrò una voce nel suo orecchio. Era qualcosa di simile alla coscienza e alla paura, Brian si sentì rizzare i capelli sulla nuca - “Hai già pensato con quale cazzata ci intratterrai a bordo pista?”

No. Non ci aveva pensato. Ma gli piacque pensare di poter intrattenere subito Dom con un pugno.

Toretto gli afferrò le nocche e si trattenne dal rompergliele. Doveva stringere il volante e regolare i motori con quelle dita ossute, gli servivano integre. Ma uno zigomo era cosa da poco e non influiva sul settaggio delle macchine, si poteva fare. E, a dirla tutta, andava fatto. Un dovere.

Avevi detto che mi avresti picchiato se spezzavo il cuore di tua sorella.”

Da quando ti conosco ho sempre un motivo per picchiarti.” - replicò, sovrastandolo. Di pugni ne erano serviti due. Ed era già seduto per terra, la schiena contro il cofano.

Si piegò sui talloni, squadrandolo.

Quello di oggi.” - aggiunse, con inespressività - “E' salvarti la vita.”


Non sarebbe stata la prima volta, del resto. E Brian, afferrando la sua mano per rimettersi in piedi e salendo in macchina, ne era perfettamente conscio, che volesse ricordarlo oppure no.

Un anno prima, l'evasione di Dom gli aveva fruttato un frammento di lamiera nel fianco e aveva reso il loro tentativo di raggiungere il Messico un assurdo on the road a base di sangue e adrenalina.

Non era quello il piano e Brian aveva disperatamente cercato una soluzione ai problemi che stava creando. La più semplice sarebbe stata la migliore ma... ma Dom si era rifiutato di lasciarlo indietro.

Se fai qualcosa di davvero stupido, io mi consegno.” - aveva aggiunto, mentre restavano nascosti sotto un oleodotto, in attesa che i federali cambiassero zona - “Io ti porterò in Messico, Brian, fosse l'ultima cosa che faccio.”

Poi aveva medicato, rubato, guidato ben più miglia di quante ne servissero per il confine. E tutto per quella sutura che sembrava continuare a cedere. Aveva zigzagato tra posto di blocchi e volanti di pattuglia, disperatamente, sempre con un occhio pronto a fissarsi sull'uomo al suo fianco, rannicchiato sul sedile e con una mano perennemente intrisa di rosso.

Avevano parlato, come mai prima di allora e mai più dopo.

Parla, Brian, resta sveglio.”

Parla, Brian, raccontami perché le macchine.”

E Brian aveva ubbidito, docile per gli antidolorifici da cavallo che ingurgitava.

Mio padre diceva che ero un fallito e io ci credevo. Stavo tutto il giorno seduto davanti a casa, a prendere in giro i passanti, a rubare, fare cazzate. E in fondo alla strada c'era questo tizio, con un garage. Lo guardavo tutte le sere uscire e mettere un lucchetto alla porta. E, quando entrava la mattina, chiudere il lucchetto dall'interno. Mi faceva impazzire non sapere cosa ci fosse là dentro.”

Un giorno mio padre mi aveva picchiato. Fallito, Brian. Fallito. Lo avevano sentito tutti, credo, ma nessuno si era fermato. Quel tizio si è fermato. Mi ha detto: 'se gli credi resta dove sei. Altrimenti alza il culo e seguimi.' Sistemava le macchine per le corse, in quel capannone. Io non... non ne avevo mai vista una...”

Silenzio. Troppo. Dom scalava le marce con nervosismo.

E poi? E poi Brian? Vai avanti. Che macchine.”

Parlami, Brian, avanti. Parla con me.”

E la voce, di nuovo, bassa, biascicata.

Non ha più messo il lucchetto, così potevo entrare. Mio padre non mi cercava dentro le macchine. Dentro le macchine sono al sicuro. Posso fuggire con una macchina. Posso viaggiare. Nulla può succedermi, dentro una macchina. Come con te... tu sei come le macchine...”

Come con te...

Sono stanco, Dom, lasciami dormire...”

No, Brian. No. Parlami dei motori, avanti. La regolazione del Nos, avanti.”

Dom abbassò gli occhi, guardandosi le mani. Aveva le unghie nere, come al solito, e, come al solito, non se ne era accorto fino a quel momento. Seduto di fronte a lui, Brian beveva una birra, taciturno, perso in chissà quali pensieri. Il naso aveva smesso di sanguinargli, lo zigomo non era nemmeno troppo gonfio.

Il male che gli passava sui lineamenti era interno, non di pelle. E Dom lo percepiva con un vago senso di nausea. Il Messico, quel Messico che non erano stati certi di poter raggiungere, non era poi quella terra di promesse che si erano augurati.

Forse si erano illusi, varcando la frontiera. Ma, del resto, vivi entrambi per miracolo, ricercati dal mondo e rattoppati alla bell'e meglio da gente con le mani sporche d'olio come loro, avevano avuto qualche motivo per lasciarsi fuorviare.

Siamo salvi, Dom.”

Merito della macchina, Brian. Ci ha protetto anche questo volta, non credi?”

E la macchina li aveva portati da Mia, entrambi. Si erano fatti forza per molte ore con quel solo pensiero: Mia, c'è Mia da raggiungere, non posso arrivare da Mia senza di te.

Senza di te quale?

Che importanza aveva, Mia li voleva entrambi, per un amore di pari intensità e diversa sfumatura. Mia tra loro non era obbligata a scegliere.

E, entrambi se ne convincevano, tutto viene fatto per Mia.

Per proteggere Mia.

Per non far soffrire Mia.

Salva Dom.

Salva Brian.

Che sia un passaggio a livello, una ferita, una trappola, una fuga, una vendetta. Tutto per Mia.

E ora? Ci credevano ancora fissandosi in faccia?

Voi Toretto siete una calamita...

Io ti porterò in Messico, Brian, fosse l'ultima cosa che faccio.

L'ultima...

A cosa pensi.” - domandò Brian, all'improvviso, facendolo sussultare.

A tante cose.” - rispose Dom, automaticamente, senza frenarsi. A tante cose... alzò gli occhi - “Continui a sentirti sicuro dentro le macchine?”

Tu no?” - ritorse l'altro, prontamente. Parata, attacco, scala le marce, accelera - “Cosa pensi che dovrei fare? Cambiare zona per non incontrarla? È tua sorella Dom, come faccio a non...”

Come faccio a non vederla se noi...

Frenò per un pelo, come sempre. Piede pesante, pensò Dom, guardandolo, certe cose non cambiano mai.

Infatti vengo sempre io da te.” - replicò, con onestà, osservandolo spingere lontano la birra pressochè piena. Solo una volta Brian era stato a casa loro, dopo la rottura, solo una volta. E perché le gambe su cui camminava erano quelle di Dom e non le proprie - “Si, Brian, devi cambiare aria. O, almeno, smetterla con questi giochetti del cazzo.”

Giochetti del cazzo?”

Mia non è una stupida e non tornerà per un parabrezza spaccato con un flacone di profumo uguale al suo.” - anche con le parole Dom accelerava, come sempre. Fluido, letale. E Brian sentiva il sangue ribollirgli alle tempie nel tentativo di stargli alla pari - “Non dirò che ha ragione quando non ne ha... Ma è mia sorella, Brian, e io...”

Io come lei non so scegliere.

Non sei costretto a schierarti, nessuno dei due te lo ha chiesto.” - replicò Brian. Aveva le dita quasi bianche per il troppo stringere i pugni, le parole tra loro erano come le gare, un perenne testa a testa, prevedere, precedere, raggiungere - “Ma devi starne fuori.”

Non posso.” - aveva risposto Dom, abbassando lo sguardo - “Non posso farlo.”

Prevedere, precedere, raggiungere. Fino al traguardo.


Lo hai detto tu. Un quarto di miglio alla volta. Questo è il mio e lo sto correndo come credo sia meglio. Lasciami fare, ho il controllo.”

Sicuro?” - domandò Dom, fermandosi, obbligandolo a fare altrettanto.

Eccolo. Quel dannato mezzo sorriso. Lo faceva impazzire.

Dominic Toretto, l'iron man del quartiere, quando sorrideva sembrava un grosso serafico gatto. Sornione, ironico, stranamente pacifico. Una coltellata di sarcasmo dritta in faccia al suo avversario.

In pochi replicavano, Brian meno di tutti.

Riusciva a fare solo una cosa. Sorridergli a piena bocca, ricambiando, qualunque fosse l'umore.

Smettila.” - lo minacciò, con un dito, voltandosi e camminando.

Smettila cosa...” - i passi di Dom lo seguivano, gli sembrava di poter addirittura sentire le mani sfregare dentro le tasche.

Di fare quello che stai facendo.”

Io? E tu?”

Io....” - di nuovo fermo, di nuovo quell'espressione negli occhi, quando desiderava non mentirgli e lo faceva comunque - “Io sto cercando di smettere, ma non è facile. Non lo è.”

Lo so.”

E' come avere una macchina perfetta e vederla andare a fuoco. Sai di poterne avere un'altra ma... ma questo non ti consola mentre la vedi bruciare. Capisci?”

Capisco. Capisco molto bene. E, Brian...” si era avvicinato con lentezza, riflettendo.

Si?” - eccolo. Lo fissava dritto negli occhi. Ed eccolo di nuovo, il sorriso dello stregatto.

... quella della macchina e' una metafora del cazzo. Torna in officina e impiega meglio il tuo tempo.”


Metafora del cazzo o no, Dominic era tornato a casa ragionando, guidando con calma tra un carretto tirato da ragazzini e un corteo nuziale improvvisato. C'era sempre qualcosa da festeggiare da quelle parti, musica e colori per tutti. E, subito fuori, il deserto, chilometri e chilometri di sabbia su cui se ne stendevano altrettanti di asfalto.

Per correre. Per riflettere. Per fuggire. Dieci secondi di libertà ogni volta che si poteva e, a meno di una manciata di sabbia, TiJuana e le sue notti calienti.

Un paradiso, forse. Oppure un inferno ben attrezzato, chi poteva dirlo.

Era scappato ovunque nella sua vita, aveva visto strade, feste, notti e giorni sotto ogni angolazione, dalla cima di un canyon alla più profonda depressione. Aveva respirato aria e gas di scarico con la perenne impressione di libertà. E, in ogni ricordo, c'era Letty, pronta a far male come il peggiore dei frontali.

Letty era la stanchezza di Dom. Lo era stata da viva, obbligata a corrergli sempre a fianco. E lo era ora, come un peso per il cuore e la coscienza.

Letty se ne era andata ed era solo una tra le morti alle sue spalle.

Jess. Letty. Vince. Tutti andati a cercarsi piste migliori su cui correre presso quel signore dei motori che pregavano al pranzo della Domenica.

Tutti corsi avanti, lasciandolo solo indietro, a mordere polvere ad arrancare.

Lo avevano amato, gli avevano creduto. Correre o morire, aveva detto loro. Ed era stato preso alla lettera.

Lasciato indietro, distanziato sulle strade della vita... altra metafora del cazzo, dopotutto.

Svoltò e, con la stessa fluida manovra, parcheggiò la macchina e spense il motore. In officina, la Dodge Charger di suo padre sembrava disegnata a pennarello, come se il telo che la copriva non potesse nasconderne le linee precise e affilate.

Dom la scoprì con lentezza, guardandola. Non aveva niente in comune con le macchine che Brian sembrava prediligere, tutte luci, neon e linee tondeggianti, quasi non conoscessero spigolo per potere fendere meglio l'aria.

Ma la Dodge... la Dodge era una lama che separava il tempo dallo spazio senza paura di ferire.

Una macchina senza pietà.” - sospirò Dom, percorrendo il cofano con il palmo. Era tiepido, carezzato dall'aria secca e calda del deserto. Chiuse gli occhi, continuando a camminare lungo la macchina.

Letty, Letty che scivola sulla lamiera stringendogli le gambe alla vita.

Sorrise, con tristezza, ad occhi chiusi.

Letty.

Basta.

Stese nuovamente il telo e si voltò, entrando in casa.

Sei tornato presto...” - commentò Mia, armeggiando davanti ai fornelli. Era sola, e doveva essere a casa da tempo, se si considerava il profumo denso che si levava dalle sue pentole.

Dom non rispose, aprendo il frigo e cercando una birra. Mia si sentì libera di proseguire.

Hai visto Brian?” - chiese, lasciando cadere alcune spezie nella pentola e strofinandosi le mani per scacciare i residui.

Si.”

E come sta? Il parabrezza, intendo....”

Come lui. In frantumi.”

Capisco.” - si versò ancora un dito di vino e si voltò, portando il calice alla bocca - “Che intenzioni ha? Intende...”

Se vuoi sapere le sue intenzioni...” - la interruppe Dom, appoggiandosi in modo analogo alla porta del frigo - “Chiediglielo di persona.”

Sei mio fratello.”

E lui è un mio amico.”

No, non è un amico. Lui è Brian. Brian O'Conner, la tua ossessione.”

Voi Toretto siete due calamite...

Si, certo.” - rise, voltando la testa - “La mia ossessione...”

E' così, Dom.” - insistette Mia - “Faresti qualsiasi cosa per Brian, qualsiasi cosa.”

Farei altrettanto per te. E lo sai.”

Appunto, Dom. Altrettanto.” - le tremava il labbro inferiore - “Niente di più, niente di meno. E così non si può andare avanti.”

Non si può andare avanti? Dominic sentiva di avere un'espressione impagabile.

La squadrò, stringendo il tappo della birra. E, quando lo fece scattare, deciso, per aprirla, Mia sussultò per il rumore.

Mi stai chiedendo di scegliere, Mia?”

Non credo sia una scelta difficile.” - replicò. Poi si morse un labbro. Invece lo era, lo sapeva e non le importava - “Io lo amavo e forse lo amo anche ora. Ma non riesco, Dom, non riesco a dimenticare come mi abbia mentito. Anche se sono passati anni.”

Si voltò, spegnendo nervosamente uno dei fornelli. Il contenuto della pentola sobbolliva, il profumo stava divenendo acre.

Mi ha salvato.”

E tu hai salvato lui. Siete pari.”

Non siamo pari.” - non lo siamo mai. Un sorso di birra, per prendere tempo - “E' passato tempo, Mia. Posso non aver dimenticato ma... ma sono cambiate tante cose.”

Non bastano, Dom. Non bastano.”

Si, certo.” - Dom sorrise, divertito - “Una buona azione non basta a rimediare una vita... L'ho sentito dire.”

Pausa. Altro sorso di birra.

E, dopo averlo detto, il mio giudice mi ha rifilato venticinque anni di carcere.” - specificò, fissandola – “Ora dimmi... nel caso di Brian non basta una vita a rimediare una cattiva azione?”

Dom, io...”

Te lo dirò una volta sola, Mia. Cresci.”

No, Dom, tu non capisci.” - lo tallonava, lo seguiva in direzione dell'officina - “Io non sono come te. Tu... tu gli hai perdonato persino la morte di Letty.”

Io...” - si era voltato, furiosamente - “Io non affibbio a Brian le mie colpe!”

Era come se l'avesse schiaffeggiata. E si sentiva ad un passo dal farlo.

E' così, Mia! Io ho ucciso Letty con il mio egoismo e tu... tu fai altrettanto con Brian!” - sputò ancora, riversandole addosso una rabbia che non era per lei, non era causata da lei. Era stanco, stanco da troppo tempo - “Le motivazioni per cui hai lasciato O'Conner non mi riguardano. E, soprattutto, non aspettarti che siano le mie per voltargli le spalle.”


2


Casa buia. Luci accese in officina.

Quando Dom spense il motore, la saracinesca si aprì strisciando lungo guide ben oliate. E Brian si stagliò nello spazio luminoso.

Aveva riconosciuto il rombo senza possibilità di sbaglio. Forse non era la sua macchina, quella con la maiuscola, ma la bellezza da corsa con cui si moveva portava l'inconfondibile tocco di Toretto all'altezza delle parti intime. Quando una mano forte la guidava, faceva le fusa come una gatta e correva come una gazzella.

Dom? Piegò la testa, interrogativo, guardandolo scendere dalla macchina. Che diamine poteva volere adesso? Si erano fatti una birra, si erano sfidati come sempre... tutto come al solito.

Oppure... oppure no?

Dom strinse gli occhi, cercando di vederlo. Niente. Solo una figura alta, capelli chiari.

Ciao, ossessione.” - sospirò, sfilandogli sui piedi - “Mi serve un divano.”

Ossessione? Divano?” - Brian girò sui tacchi e lo seguì. Aveva già le mani nel cofano della Skyline, dritte alla centralina. Ma come faceva a sapere dove fosse il problema con una sola occhiata? - “Dom, che succede?”

Mia.”

Ah.” - ecco. Si appoggiò con un avambraccio al cofano, cercando di vederlo in faccia - “E vieni qui se litighi con Mia?”

Dubito che tu possa dare torto a me e ragione a lei.”

Raccontami e vedremo.”

Fatti gli affari tuoi.” - centralina a posto, Dom si sfregò le mani e raddrizzò - “Allora, divano?”

Corri stasera?” - ritorse, ignorando la domanda.

E tu?” - ripagato con la stessa moneta.

Vinci e avrai anche il divano.”

Interessante. Una volta scommettevi il libretto, ti sei rammollito.” - Dom sorrise, continuando a strofinarsi la pelle. La sentiva scivolosa, sporca - “Comunque la risposta è si, posso dormire qui.”

No. E' se, non sì.” - corresse Brian, convinto - “Potrei vincere io. In quel caso tu dormi in macchina.”

Giusto. Potresti vincere ma non lo farai. E sappiamo entrambi il perché.” - Dom si indicò con entrambe le mani - “Io sono il migliore. Ed è mio dovere darti una pista per spingerti a migliorare, ad ogni gara. Per tanto...”

Per tanto...”

Per tanto, se vinco non mi prendo il divano. Mi prendo il letto e tu il divano.” - comunicò Dom, spostandolo e chiudendo il cofano - “Questo ti darà un motivo per volermi davvero battere.”

Come se non ne avessi sempre a centinaia, pensò Brian, seguendolo in casa.


Soddisfatto, ora?” - domandò Brian, fissando il soffitto con le mani incrociate sullo stomaco. Dom, con le braccia dietro la testa, lo sbirciò di nuovo, divertito. Attraverso la porta della camera vedeva solo le gambe sporgere dal bracciolo del divano, chilometriche.

Hai freddo?” - domandò, premuroso e assolutamente conscio dell'afa notturna - “Ti serve una coperta?”

Fottiti.”

Non replicò. Fissò il soffitto e chiuse gli occhi. Sentiva i polpastrelli fremergli, pulsare per il troppo strofinare sulla pelle del cambio e del volante. Era una sensazione piacevole ed esaltante, quanto i soldi che aveva negligentemente lanciato nel cassetto del comodino.

Era stato il nulla. Miglia e miglia di assoluto nulla. Solo motore, benzina, alfalto. Scala, scala di nuovo, accelera, frena, supera, valuta, accelera ancora.

Emise un respiro profondo, senza riuscire a trattenersi. Adrenalina in circolo, ancora. E un suono identico, di polmoni che si svuotano con lentezza, fece eco al proprio.

Anche Brian, come lui, sentiva ancora la strada. E non c'era un reale motivo per parlarne per sentirsi vicini.

Hai corso bene.” - mormorò soltanto, con voce spessa. E Brian aprì gli occhi, impiegando un secondo a registrare le parole.

Grazie.” - replicò, dopo un attimo di silenzio forse troppo lungo - “Non avessi fatto quella cazzata sull'ultima curva...”

Tu fai sempre una cazzata sull'ultima curva. È il tuo stile... piede pesante.”

Non ho il piede pesante.”

No, hai il pollice. Il Nos, Brian, è l'ultima spinta quando hai già dato il massimo...”

...non un modo di accelerare le cose senza pensare.” - concluse, con tono annoiato. Anni, anni di ripetizioni, la voce di Dom dentro la sua testa - “Lo so, lo so...”

Se lo sai lo sai perché continui a sbagliare?”

Ti viene mai il dubbio che non sia io a sbagliare ma tu a essere imprendibile?” - domandò, richiudendo gli occhi. Poteva immaginarlo, a centro del letto, il braccio piegato dietro la nuca, la mano sullo stomaco, le dita in movimento, come a tamburellare sul volante. Lo faceva sempre prima di una gara. Tamburellava e poi, ad un tratto, mani tese, immobili, strette tanto da mutare colore.

Imprendibile.” - ripetè, tirandosi indietro i capelli e piegando le ginocchia. Qualunque cosa faccia, mordo sempre la tua polvere.

Non esiste nulla di imprendibile.”

Lo pensi davvero?”

Non lo pensassi, non vincerei.” - rispose, voltando la testa. Brian era emerso, sopra lo schienale del divano e lo guardava, in attesa - “Fino a quando penserai di non potermi battere... non potrai battermi.”

Io so di poterti battere.”

Tu sai di poter battere chiunque ma non me.” - lo corresse Dominic. E non c'era nessuna soddisfazione nella sua voce - “Hai creduto solo una volta di poterci riuscire e...”

E tu hai barato.”

No, io avevo motivazioni migliori delle tue. E tu lo sapevi.”

La vendetta non è migliore della giustizia.”

No, la mia vendetta era più importante della tua.”

Brian rimase in silenzio. E si fissarono. Poi scomparve nuovamente dietro al divano, quasi non potesse fissarlo in faccia.

E' questo che pensi?” - si levò la sua voce, poco dopo - “Che io volessi vendicare Letty?”

Penso che tu lo abbia pensato.” - replicò Dom, apparendo dal buio. Si piegò sui talloni, appoggiandosi allo schienale. Era silenzioso nel muoversi al buio – “Penso che su quell'ultimo tratto tu ti sia detto 'se batto Dom farò anche la sua parte. La mia giustizia, la sua vendetta'. Ti sei deconcentrato, sei sceso a patti... E io in quel momento ho potuto fotterti.”

Sono cazzate.”

Non lo sono.”

Cazzate.” - ripetè, rifiutandosi di guardarlo in faccia. E Dom posò le labbra sull'avambraccio, fissandolo. Poi si alzò.

Come vuoi.” - concesse - “Buonanotte.”

Lo avrei fatto, Dom. Io avrei vendicato Letty.” - disse la voce alle sue spalle. Aveva aspettato si voltasse, aveva aspettato di sentirlo allontanare. Lo aveva sentito fermarsi. E ora attendeva, attendeva il rumore dei passi, la voce, il silenzio.

Attendeva Dom e la sua risposta. Come sempre.

Tu l'hai vendicata.” - disse il buio, infine - “E io te ne sono grato.”


Dom dormiva ancora e Brian non aveva motivo per svegliarlo. Era andato a correre, aveva fatto colazione e, rientrando, aveva raccolto la posta dal gradino.

Poi, nel girare la busta gialla tra le mani, si era rallegrato che Dom dormisse ancora: la busta conteneva un cellulare con un unico numero in memoria. E non prometteva nulla di buono, soprattutto perché stava squillando.

Sei ancora mattiniero.” - si complimentò una voce placida dall'altra parte. Brian la riconobbe senza ombra di dubbio: Bilkins, il suo due volte ex capo - “Come stai, figliolo?”

Ufficialmente o ufficiosamente?” - domandò, salendo rapidamente le scale e affacciandosi alla ringhiera. La terrazza sopra il garage era di legno, sconnessa, disordinata. Ma la visuale sulla città era unica, soprattutto a quell'ora in cui, finalmente, taceva persino la musica.

Non c'è mai nulla di ufficiale quando si tratta di te, ragazzo.”

Dove poteva essere?

Immagino tu non sia sorpreso... sapevi che prima o poi ti avrei trovato...”

Brian percorse con lo sguardo tutta la via. E l'uomo con il panama in testa in fondo alla strada gli fece un cenno di saluto.

Arrivo.” - disse soltanto. E staccò la chiamata.


Bilkins non era cambiato poi molto. La faccia tonda, la camminata lenta di chi ha troppi chili appesi alle ossa, la testa sudata sotto al cappello e gli occhiali da sole per cercare di fregare Brian.

E, sotto i baffi, il sorriso di chi aspira a mangiarsi il topolino biondo.

Peccato che il topolino, ormai da anni, militasse nelle schiere dei deliquenti e dei latitanti e che questo avesse fatto di lui un grosso e guardingo predatore.

Sono fuori.” - esordì infatti Brian camminandogli a fianco. Bilkins si sventolava con un giornale e beveva un caffè rimediato chissà dove - “Fuori dalla giurisdizione e fuori dai ricatti.”

E non hai mai voglia di tornare indietro?”

Indietro dove? Oltre la frontiera? Negli uffici dell'FBI? No, grazie, sono a posto così.”

Immagino. Hai un'officina, le tue macchine, le tue gare... i Toretto...” - sorrise, in maniera più accentuata - “Anche quelli sono opere tue, in un certo senso. Tutti e due.”

Brian piantò i piedi. E incrociò le braccia.

Spiegati.” - ringhiò. Avrebbe voluto dire 'cosa vuoi', ma le parole si erano rifiutate di ubbidirgli - “Ora.”

Non essere ostile, ragazzo. Sono un vecchio amico, dopotutto. So come funziona il mondo, non mi faccio grandi illusioni e non intendo usare giri di parole.” - c'era una panchina e Bilkins stava deviando per raggiungerla. Brian fu costretto a rinunciare al proprio ostruzionismo e seguirlo - “Toretto è libero grazie a te. Sua sorella, che aveva una fedina penale degna di un'educanda, con un solo reato è finita nella lista platinum dei ricercati. Opera tua, Brian.”

Si sedette, facendo cigolare le assi. E si assestò meglio. Un sospiro soddisfatto, un sorso di caffè, una spinta sulla falda del cappello.

E veniamo a te.” - sorrise, paterno - “Brian O'Conner, l'uomo con la sindrome di Stoccolma recidiva. Basta che entri in collisione con il pianeta Toretto, marte o venere che sia, e noi ti perdiamo.”

Doveva trovarlo divertente. E Brian cominciava a sentire il desiderio di mettere i suoi denti nel cruscotto della macchina come portafortuna.

Vieni al punto.” - incalzò, restando in piedi e sovrastandolo.

Tu hai problemi di disciplina, Brian. Sei impulsivo, offensivo, troppo veloce con il grilletto, le mani e le idee sovversive. Sei, come dire... di piede pesante. Ma sei un buon elemento e noi ti rivorremmo indietro, anche sporco come sei adesso.” - un altro colpetto alla tesa del cappello, per vederlo meglio - “Tuttavia, rimane il problema della tua dipendenza. Per tanto, se basta Toretto per farti contento, bhe...”

Sorrise ancora, di sotto in su, mezzo accecato dal sole.

Ci siamo capiti, no?”


Dominic e Mia. Un colpo di spugna alle loro fedine e l'occasione per tornare a casa, all'istante. Tutto quello che avevano chiesto a un tribunale e che un tribunale aveva negato loro.

E adesso bastava questo tizio, elegante come uno sbirro di quartiere e apparentemente intelligente quanto una lattina, a offrire tutto su di un piatto d'argento.

Tu non sei uno stupido, ragazzo. E non lo è nemmeno Toretto. Se non volete tutto questo per voi dovete almeno offrirlo alla ragazza.”

Per Mia. Di nuovo. Di nuovo tutto per Mia.

Potrà tornare alla sua vita, alla sua casa... che diamine, potrà organizzare tanti bei pranzi della domenica e invitarci tutti. Scommetto che Toretto è un mago con il barbecue, sarebbe un'occasione per conoscersi meglio...”

Vuoi conoscere Toretto?” - mormorò Brian facendo scorrere la saracinesca della rimessa - “Accontentato. Ehi, Dom, abbiamo visite.”

Dom si voltò, focalizzando la propria attenzione su di loro. Prima lo sconosciuto. Poi Brian che si stava infilando le mani in tasca.

Dom, ti presento l'agente Bilkins. Bilkins... penso che Toretto non abbia bisogno di presentazioni.”

Tu sei uno zero davanti a lui. Un'utilitaria contro la Viper, diceva la sua espressione. Ma Bilkins non si era mai lasciato impressionare dalle spacconate del giovane O'Conner e già stava tendendo la mano a Dom.

Ti sorprenderà, ma è un piacere conoscerti.” - disse, scotendo vigorosamente le loro mani strette - “Sei parecchio famoso dalle mie parti...”

Dom alzò un sopracciglio, squadrandolo. Federale dei miei stivali. Non sembrava intenzionato a sbilanciarsi in un qualsiasi commento riguardo l'uomo fuori giurisdizione. E Brian, d'altro canto, non sembrava avere ancora molta pazienza.

Lontano da casa, agente. In cosa posso esserle utile?” - domandò, dunque, lasciando andare la mano. Le dita, ricadendo, sfiorarono la lamiera rovente della Skyline e Dom si sentì improvvisamente tranquillo, al sicuro nel proprio territorio.

Una macchina con le chiavi nel quadro. La macchina di Brian, come sempre, a disposizione nei momenti peggiori. Si trattenne dal respirare a fondo e attese, in perfetto silenzio, che lo sbirro gli rispondesse. Impassibile.

Brian, alle spalle di Bilkins, stava cercando di fare altrettanto. E con ben pochi risultati. E, difatti, esplose.

Cosa credi che vogliano, Dom!” - ringhiò, puntandogli un dito contro - “Vogliono me e in cambio danno a te e a lei un colpo di spugna.”

A te e a lei. Dom lo fissò mentre gli voltava le spalle, le mani sulla nuca in un moto di esasperazione. Poi tornò a fissare Bilkins.

Veramente...” - stava dicendo l'uomo - “Noi vorremmo tutti e due voi per...”

In tal caso...” - rispose, interrompendolo e guardandolo dritto in faccia - “Ha fatto molta strada per niente. Brian non è interessato alla proposta. Io nemmeno. Faccia buon viaggio.”


Brian si era voltato di scatto, fissandolo. Bilkins aveva piegato la testa, contemplandolo con aperta ammirazione. Dominic Toretto, la bestia che si preparava, gonfiando i bicipiti, ad annodargli le corde vocali. Che uomo. Non avesse avuto paura di essere investito da quel diretto ostile, gli avrebbe persino sorriso.

Direi che avete qualcosa di cui discutere.” - commentò dunque, preparando la ritirata e sfiorandosi il panama in segno di saluto - “Spero di avere presto vostre notizie. Dom, Brian...”

Non un commento, non una parola. Se ne era andato tranquillo, fischiettando. In fondo alla strada si era persino fermato a guardare una bancarella di souvenirs. Poi era scomparso. E Brian si era voltato furibondo verso Dominic che chiudeva il cofano della macchina.

Adesso è a posto. Avevi un problema di minimo ieri sera...” - stava dicendo, come se niente fosse - “Così sistemata dovresti...”

Cosa ti sei messo in testa, Dom.” - lo investì senza pietà, arrivandogli quasi addosso - “Non stava scherzando, è un uomo di parola, se ha detto...”

Non si discute, Brian.” - replicò Dom, senza nemmeno voltarsi, posando alcuni attrezzi nella cassetta metallica - “Non pensarci nemmeno.”

Dom, maledizione, io...”

Tu non sei responsabile per nessuno di noi.” - si era voltato, urlando, in preda ad una rabbia inaspettata - “Non c'è motivo per accettare un ricatto del genere. È da stupidi, da veri e assurdi idioti ributtarsi in quella vita.”

Si da il caso che sia la mia vita e che io possa farne ciò che voglio.”

Cazzate! Cazzate, Brian! Tu non vuoi farlo, non vuoi tornare a fare lo sbirro, cosa ti fa credere che io voglia indietro quello che avevo? Niente potrà mai restituirmelo, men che meno un impiegato da quattro soldi che preme un tasto e cancella i miei sbagli!”

Si dominò, alzando le braccia e posando le mani sul cofano chiuso. Caldo, lucido. Calmante. Il metallo era inerte, privo del ringhio di un motore acceso. Chiuse gli occhi e capì che poteva frenare i gesti ma non sarebbe riuscito a trattenere le parole.

I miei sbagli sono ciò che sono. E sono parte di me. Ho pagato, pago ogni giorno della mia vita. Non ho bisogno che mi dicano che sono perdonato. Non lo sarò mai. Mai.” - si girò, guardando Brian dritto negli occhi - “Non rischiare per me, per qualcosa in cui non credo affatto. Te lo chiedo per favore.”

Per favore. Brian si mosse, a disagio, spostando il peso da un piede all'altro. Dominic non gli aveva chiesto molte cose da quando si conoscevano. E ancor meno in quel modo, con un fiume di parole e un'emozione tangibile addosso.

Da quanto Dominic era così esasperato? Da quanto... forse dal momento in cui aveva scelto di non scappare, di restare seduto vicino a lui, in mezzo al deserto, la schiena contro un paraurti, una tuta arancione come unico futuro? Oppure da prima ancora, quando Letty era morta o da quando...

Eppure... eppure era stato una tigre durante la loro fuga. Possibile che lo avesse fatto solo per Mia e per lui? Possibile che...

Oppure, eppure... scacciò i pensieri dalla testa, si impose di riflettere solo sull'immediato.

E a Mia non pensi?” - domandò. Si avvicinò, avrebbe potuto afferrarlo per le braccia, se solo avesse voluto - “Dom, Mia si è illusa che questa vita potesse piacerle, si merita un'occasione per ricominciare.”

Dominic avrebbe voluto prenderlo a pugni, tirarlo contro la scaffalatura, pigliarlo a calci. Era impossibile che fosse tanto idealista e ingenuo allo stesso tempo. Brian O'Conner, capace di ribaltare un pullman della polizia carceraria pieno di galeotti e assolutamente incapace di accettare che l'estradizione sia un modo per ricominciare.

No, si merita l'occasione di scegliere.” - ribattè, cercando di essere conVincente senza ricorrere alle mani - “Per cui, se vuoi farlo, se vuoi offrirle questa libertà, chiedile se ci tiene. La risposta potrebbe sorprenderti.”

Mia non vorrà parlarmi.”

Probabile. E questo dovrebbe farti anche capire che non vuole nulla da te.”

Certo.” - c'era una certa autoderisione nella sua voce - “Disposta a tutto pur di non essere in debito con me.”

Anche. Ma, contrariamente a quanto pensi...” - concluse, deciso ad andarsene prima di strangolarlo - “... disposta a tutto pur di saperti vivo e senza un distintivo che non ti distingue per niente.”


Un distintivo che non ti distingue per niente. Se non si fosse ripromesso di non cercare più il conforto nell'alcool, Brian si sarebbe volentieri concesso un gallone di tequila.

Un distintivo che non ti distingue per niente... Mia una volta aveva detto qualcosa di molto simile. Cazzo, Mia lo aveva ripetuto fino alla nausea, a pensarci bene, per rabbia o ironia.

Tu sei il buono che si finge cattivo... sicuro che non sia l'opposto?”

Ed era una di quelle domande che Brian preferiva ignorare, così come ignorava la consapevolezza di potersi sfracellare contro un muro nel superare la barriera dei trecento orari. Considerava inutili certe paure e, allo stesso modo, considerava controproducente domandarsi se il suo stare tra gli sbirri fosse solo una scelta di copertura e non una vocazione.

Non aveva voluto pensarci mentre era ancora un poliziotto e non intendeva pensarci ora che non intendeva più essere un poliziotto, a meno che...

Scosse la testa, si passò una mano sugli occhi cercando di riflettere e, per automatismo, alzò una mano in direzione del barista. La bottiglia di Corona vuota venne sostituita da un'altra.

Maledizione!

Mia non intendeva parlargli o vederlo, figuriamoci ascoltarlo.

Dom... Dom aveva parlato e visto fin troppo, non valeva nemmeno la pena di ritentare.

Per dire cosa, poi? Amici miei, siete l'unica famiglia che conosco. Ho un modo per rendervi liberi e intendo farlo. Poi potrete fare della libertà quel che vorrete, siamo d'accordo?

Si, d'accordo un cazzo...

Bevette un sorso e si sporse indietro, sbuffando.

Ed eccola. Dall'altro lato del bancone, con i capelli lunghi, gli orecchini a cerchio che sembrava non togliersi mai e quella sua dannata occhiata obliqua.

Ti guardo, sembrava dire, devi esserne consapevole.

Oh, Mia...” - pensò Brian, ricambiando l'occhiata con sfida - “...così mi fai male...”

Ruotò sullo sgabello, pronto ad andarle incontro. Ma lei lo sorprese, precedendolo.

Dom è con te?” - domandò, aggredendolo - “E' uscito di casa ieri sera e non so che fine abbia fatto.”

Ha vinto la gara, sarà in giro a godersi i soldi.” - rispose, altrettanto velenoso. E se ne pentì all'istante. Dom pagava le bollette e i pezzi della macchina con quei soldi, non erano per donne e birra - “Ha dormito da me stanotte e so che doveva andare in città per vedere un motore. Problemi a casa?”

Non sono affari tuoi.”

La stessa cosa che ha detto lui.” - Brian annuì, come dando ragione a se stesso per chissà quale deduzione - “Almeno sulle risposte siete ben coordinati. Complimenti.”

Cosa vuoi, Brian.” - Mia incrociava le braccia quando si spazientiva. Come Dom.Aveva cambiato profumo, si rese conto Brian, con una fitta di nausea. E tutto per colpa di una bionda di plastica che non significava nulla - “Non credo che quello che capita tra me e Dom sia ancora un problema tuo.”

Eccome se lo è. È la polizia federale che lo dice. A Brian venne da ridere.

Sai, Mia, a me piacerebbe davvero che non fossero affari miei.” - ammise, schiettamente. Aveva un sorriso bellissimo, bianco, la posa rilassata che ogni tanto assumeva, lasciando scivolare le mani tra le gambe senza intrecciarle. La guardava, restando seduto, eppure Mia si sentiva come svanire - “Ma non è mai così. In un modo o nell'altro finisco sempre con lo scontrarmi con voi due.”

Si alzò, sovrastandola.

E adesso...” - proseguì, con flemma - “... non so se è per la polvere del deserto che potrebbe far impazzire un santo o per la dose di vapori di nos che mi sono respirato negli anni, sto iniziando a domandarmi perché sia così. Sul serio, Mia, sono dispiaciuto, dispiaciuto per essere innamorato di te e dispiaciuto di ammirare tanto Dominic visto che, a quanto sembra, sono sentimenti che danno problemi ad entrambi.”

Tu ci hai mentito, Brian. Ci hai mentito.”

Si, tante volte. Ho smesso persino di contarle. Ma ho avuto le mie ragioni, che ti piaccia oppure no e, per giunta, non ho mai smesso di scusarmi. Scusami, Mia. Scusami se ho salvato Dom, mandato a puttane la mia vita e non sono venuto a prenderti per farti vivere in fuga. Scusami, davvero.”

Lo aveva detto quasi sibilando. E, quando se ne rese conto, vide anche le lacrime negli occhi di lei.

Vuoi sapere perché ti ho lasciato?” - replicò, le labbra che tremavano, la testa levata per fissarlo in faccia - “perché ho paura. Ho paura, ok? Ogni volta che riappari, io perdo la mia famiglia. Muoiono, oppure fuggono e io... io...”

Le si spezzò la voce. Chinò la testa, fremendo. Tremava tutta e Brian si sentiva come paralizzato.

Sei anni fa siete fuggiti tutti, Brian.” - singhiozzò Mia, senza trattenersi – “E mi avete lasciata sola. In un modo o nell'altro, da allora, rimango sempre sola.”

Era vero. Se ne erano andati tutti. Ed era stato lui a sfasciare il mondo di Mia, a partire dal suo cuore. E quando avevano avuto modo di rivedersi, le aveva dato l'unica cosa che non desiderava per lei: una vita in fuga.

Ho sbagliato tutto, con te. Tutto.” - ammise, in uno slancio, fissandola. Gli sembrò di sentire male al petto, la vista offuscarsi. Ma la vedeva ancora, vedeva Mia piangere - “Ho cercato di fare la cosa più giusta per noi ed entrambe le scelte si sono rivelate sbagliate. Mi dispiace...”

Gli si ruppe la voce in gola. Mia lo fissò stringere la mascella, deglutire come per trattenere un singhiozzo. Per la prima volta, per la prima volta da quando si conoscevano, si domandò quante volte gli avesse fatto del male con le proprie parole restando intrappolata nell'impressione di non averlo nemmeno sfiorato. Quante, quanto lo avesse esasperato perché non avesse più nemmeno la forza di nascondersi.

Mi dispiace.” - ripetè Brian. Poi le voltò le spalle. E Mia rimase sola, con i quesiti e le parole che non avevano saputo dirsi.


3


Bel problema. A casa c'era Mia... e Mia era arrabbiata con lui. A casa di Brian c'erano un divano e un'officina... ma Brian voleva già di nuovo salvarlo.

Dominic allungò le braccia con un lungo sospiro di sopportazione e si assestò più comodamente sulla panchina.

L'aria era calda, piacevole come la musica e la compagnia. Ballavano su una pista improvvisata, assi di legno scricchiolanti e ragazze poco vestite. Qualcuno distribuiva birra, qualcun altro discuteva per vendere cappelli colorati, foulard. Gente normale in vena di divertirsi, ragazzini orgogliosi delle loro motociclette e di macchine che lo facevano sorridere.

Bolidi... li chiamavano così, parlavano di motori senza conoscerli davvero, si sentivano i padroni del mondo. E Dom, più li guardava, più si sentiva bene.

Non c'era nulla di realmente veloce e pericoloso in quel posto. Era tutto stranamente pulito, sicuro. Persino la musica non minacciava, non faceva esplodere i timpani, non gonfiava le vene.

Ma nulla era davvero spento o insignificante. Era solo diverso, tutto diverso dal posto in cui viveva lui, dal modo in cui sentiva, guidava, amava.

Tutto diverso, né migliore né peggiore.

Birra, amico?” - gridava un ragazzo nella sua direzione, alzando le bottiglie appena stappate. Dom, di risposta, sollevò la propria.

Sono a posto, grazie, pensò. E si concesse un sorso. A posto, in nessun posto.

C'era una ragazza che ballava, a centro pista. Assomigliava a Letty, si muoveva come lei, con la stessa prepotenza, faccendo sesso con le note e l'alcool. Ballava scalza, alzava le braccia sopra la testa, era splendida. E chiunque la possieda deve essere un uomo fortunato, pensò Dom con pigrizia. Donne così sono rare, una nella vita è già troppo. Troppo...

Si passò una mano sul viso, con stanchezza.

A diciannove anni era bastata una chiave inglese per macchiare la propria fedina irrimediabilmente. Le volte successive avevano solo fatto numero, alzato la posta, aumentato l'adrenalina in circolo senza mai riuscire a togliergli ciò che amava: le strade, le macchine, lo spasmo di fondere assieme asfalto e secondi.

Libero, a modo suo, anche se con una fedina maledetta. Macchiata con il sangue e lavata con il sangue, maledetta perché Letty era morta nel tentativo di ripulirla.

Ed ora... Brian. Come al solito Brian. Correre o morire dicevano sempre i suoi occhi. Correre o morire, chissà da chi aveva imparato una cazzata del genere.

Inarcò la testa, lasciandosi trasportare dalla musica. Letty lo aveva fatto per lui e Brian lo avrebbe fatto per Mia, certo, ma a quale prezzo?

Lo stesso di Letty? Meglio non pensarci.

E poi, lo avrebbe davvero fatto? Non voleva, era chiaro e lampante, si sentiva solo costretto. Avrebbe preferito farsi accartocciare un'altra volta dentro una macchina prima di tornare tra i ranghi. Anche se...

Perché lo sbirro, Brian.” - aveva chiesto, una notte. Aveva guidato tutto il giorno, chilometri e chilometri in cerchio per arrivare vicino ad un ambulatorio medico senza farsi beccare. Antibiotici, bende... in poche ore era passato da galeotto a fuggiasco, da meccanico a medico - “Se ti piacevano le macchine... Perché la polizia.”

Mio padre.” - aveva risposto. Teneva le ginocchia piegate, quasi contro la ferita, gli occhi chiusi. Aveva una goccia di sudore, come una perla, sul labbro superiore - “Mio padre era uno sbirro. Volevo dimostrargli che non ero un fallito.”

Dom lo aveva guardato, in silenzio. E Brian aveva sorriso, sempre senza aprire gli occhi.

Forse aveva ragione lui...” - ridacchiava, a metà strada tra il dolore fisico e l'ironia della sorte - “Non sono un buono sbirro...”

Ehi.” - Dominic aveva allungato le dita fino ad afferrargli il mento. Resta sveglio, maledizione! - “O'Conner, guardami. Guardami bene.”

Brian aveva ubbidito. Occhi chiari dritti in quelli scuri di Toretto che si preparava a proferire grandi verità, come sempre.

Come sbirro sei uno schifo.” - aveva sentenziato, infatti, implacabile - “Ma non sei un fallito. Levatelo dalla testa.”

Brian lo aveva fissato, in silenzio. Poi gli occhi avevano mutato di luce, divertiti.

Se premi ancora.” - aveva sussurrato, riferendosi alla mano che ancora gli teneva il mento - “Mi salteranno le otturazioni...”

Non ne avevano mai più parlato. Ma esistevano occasioni in cui Brian lo fissava con la stessa espressione, in un misto di luce e gratitudine, proprio come aveva fatto allora, mascherandosi dietro una battuta.

No, Brian non era un fallito. Dom riaprì gli occhi con lentezza. E si raddrizzò, lentamente. Brian non è un fallito... Brian è un puro di cuore che ruba ai ricchi e dona ai poveri...

Il suo cellulare stava squillando.

Pronto...” - mormorò.

Dom, sono Mia.”

Aveva la voce soffocata, in un silenzio che contrastava con il frastuono in cui di trovava Dom. Piangeva.

Mia, che succede.” - seduto, pronto a scattare, la birra dimenticata, le chiavi della macchina già strette tra le dita.

Io... e Brian...” - si inumidÌ le labbra, cercando di calmarsi - “Dom, abbiamo litigato e...”

E cosa...”

Cosa, cosa, cosa...

Mia si passò una mano tra i capelli, indecisa tra la vergogna e l'agitazione. Non poteva spiegarlo, poteva solo sperare che Dom le credesse. Perché Mia sapeva di conoscere Brian, a pelle, intimamente, senza logica. Ed anche ora, dopo essersi lasciati, dopo litigate su litigate, poteva percepirlo come se la stesse carezzando, come se le stesse scivolando sulla pelle con possesso.

Mia, cosa è successo.” - stava ancora insistendo Dominic, all'altro capo - “Cosa ti ha fatto.”

Nulla. Lui mi ha... lui ha detto che gli dispiace. Di tutto.” - sussurrò. Poi aggiunse, con voce più salda - “Prendimi per pazza ma... ma io credo stia per fare qualcosa di molto stupido per cambiare le cose.”

Chiamata interrotta. Mia abbassò il cellulare, con lentezza. Brian poteva essere ovunque, ormai. E non sarebbe tornato. E, come sei anni prima, con Brian sparivano anche Dom e tutto ciò che era il suo mondo.


Brian aveva gettato i soldi sul bancone, andandosene. E non si era voltato per vederla ancora, per accertarsi che non lo seguisse. Solo sedendosi al volante aveva ricominciato a pensare razionalmente, come sempre. Seduto in una macchina, con il motore a poche spanne dal corpo, la lucidità tornava ad essere la sua carta vincente, quella su cui puntare.

Lucidità. E razionalità.

Non poteva riavvolgere il tempo. Si era allontanato soltanto con l'illusione di poterlo fare. Come era il mondo prima che lui e Mia si conoscessero? C'erano le macchine, c'era la polizia... a lui piaceva il proprio lavoro e aveva ambizioni, lei voleva studiare e gestiva il chiosco di famiglia.

Incastra Toretto e noi faremo il resto, gli avevano detto. Fatti amica la sorella, fai tutto ciò che devi. Aveva creduto fosse facile, un gioco da ragazzi con qualche bella macchina da guidare. Invece...

Capiva il punto di vista di Dominic. Correre avanti, non guardarsi mai indietro, solo brevi occhiate nello specchietto, giusto per non essere investiti dai fantasmi che ti inseguono, nient'altro.

Ma Mia... Mia aveva negli occhi l'esigenza di voltarsi e capire, riavere indietro il perduto, percorrere a ritroso la via, ricominciare laddove tutto si era spezzato.

Mia rivoleva quel punto e a capo. Ci aveva provato con tutte le energie, si era messa al volante, aveva fatto evadere suo fratello e li aveva preceduti in Messico con l'illusione di ricreare il perduto. Aveva sorriso e intrecciato le mani ad ogni pranzo della Domenica con quella speranza.

Grazie, o signore, per il cibo di questa tavola, per la famiglia, per gli amici...

Ma non era abbastanza. Era lontana da casa, dal suo lavoro, dai propri sogni, dalla vita costruita mentre Dom, Letty e Brian correvano per il mondo con alle calcagna tanta polizia da tingere di blu le strade d'america.

Non l'avrebbe mai ammesso. Era una Toretto, dopotutto. Ma Brian non aveva bisogno di sentirselo dire: Mia aveva necessità di quella libertà di cui lui e Dom non sentivano l'esigenza, la possibilità di tornare a casa o di andare ovunque volesse, entrare in un qualsiasi posto a testa alta, senza paura. La possibilità di scegliere se restare o andarsene, se essere con loro o da sola.

Nessuna costrizione. Solo libertà.

Afferrò il cellulare, premette il tasto di chiamata rapida.

Ci sto.” - disse, quando Bilkins rispose - “Dimmi solo dove.”


E Toretto?”

Toretto resta fuori. Faccio io il gioco sporco.”

E' un lavoro per due... no, tre persone. Come minimo.”

Allora trovatene due di cui non importi a nessuno.” - ribattè Brian - “Ma che sappiano correre come se fossero inseguiti dall'inferno.”

Se ne stava in piedi davanti al tavolo, a braccia conserte. Non voleva una sedia, non voleva un cocktail, non gli importava un accidente del godersi lo spettacolo di danze caraibiche.

Ed era ostile, come al solito.

Bilkins sbuffò e si alzò, dicendo addio alle ballerine e alla serata tranquilla che si era organizzato personalmente. Con un cenno, precedette Brian lungo un corridoio e aprì una porta invitandolo ad entrare.

Niente stanze di sicurezza e maxischermi, questa volta.” - lo sfottè l'uomo biondo, tornando a mettersi a centro stanza a braccia conserte, non lontano dal palo da lapdance. Stile Toretto, rammentò Bilkins, tutto sommato poco sorpreso.

Siamo in Messico, Brian.” - lo ammonì, con aria paternalista - “Qui non possiamo, ricordi? O, per la precisione...”

Si sedette con lentezza, per aumentare la suspence.

Qui fingiamo di non potere.” - concluse. Un sorso dal proprio bicchiere e un assestamento ragionato sul divanetto - “Veniamo al punto. La fedina di Toretto e di sua sorella. In cambio, tu metti in scena il bel giochino delle tre Honda per noi, a nostro uso e consumo.”

Noi? Noi chi? E la mia di fedina?”

La tua, Brian, non è nemmeno da prendersi in considerazione. Ti sei macchiato di crimini ignobili da sbirro e inverosimili da federale, sei un pesce grosso e non te ne rendi neanche conto. E sai come prosegue questa storia? Con te che fai carriera. Ma di pulirti la fedina non se ne parla.”

Brian esitò. Ma non battè ciglio. Si sedette, nel modo più strafottente possibile, le gambe allungate, divaricate, il braccio sullo schienale.

Mi state dicendo che, se accetto, Dom e Mia saranno a posto...”

Come se non fosse mai successo niente. Riavvolgiamo il nastro, Dom torna ad essere il bullo di quartiere con due anni di galera alle spalle, Mia la dolce bambina che vende gelati nel chioschetto di famiglia.” - sorrise, gentile – “Come se tu non fossi mai esistito.”

Mai esistito. Brian lo ripetè nella mente, per esserne certo. Cancellate ogni prova, fino al più piccolo bullone. Fatemi svanire, con un'unica fiammata. E poi insegnatemi a dimenticare il profumo di Mia e la voce di Dom.

Mi sta bene.” - rispose, con voce incolore - “Ed io, invece, divento uno di quelli...”

Già.” - Bilkins annuì, serio - “Massimo livello di segretezza. Sotto copertura per il resto della tua vita, ovunque. Se ti beccano... o se decidi di non voler aver niente a che fare con noi... noi non ti abbiamo mai conosciuto.”

Sempre in fuga, sempre per strada.” - sembrò doverci riflettere. Con voi o da solo la situazione non cambia. Alzò le spalle, incurante - “Niente di diverso dal solito, posso accettarlo. Dammi i dettagli.”

Bilkins tamburellò, guardandolo. Poi si sporse verso di lui.

Figliolo, non sono autorizzato a offrirti alternative. Ma voglio darti un consiglio da vecchio amico... porta con te Toretto.”

Non se ne parla.”

Andiamo! Ha ideato lui quel tipo di colpo, è praticamente un genio! Uno in più non farà la differenza se poi li cancelleremo tutti.”

Uno in più fa la differenza per me.” - replicò Brian, senza frenarsi in tempo. Si morse la lingua, soppesò le soluzioni per rimediare l'appena detto - “Sono qui perché voglio farlo e non parlo a nome di Dom. Rispondo solo per me stesso.”

Interessante...” - commentò Bilkins.

Che cosa...”

Tu non parli per lui... ma lui, oggi, ha parlato per te.”

Brian non replicò. Sorpreso, forse offeso nell'amor proprio, interpretò l'agente, sbagliando.

perché in quell'attimo, in quella frase, Brian fu colpito dall'unica cosa che non aveva considerato. Dominic non lo aveva mai fatto. Dom parlava solo per se stesso e rispondeva solo delle proprie azioni. Dom...

Non rischiare per me, per qualcosa in cui non credo affatto.” - aveva detto - “Te lo chiedo per favore.”

Gli aveva chiesto di non farlo... ma non l'aveva fatto per se stesso. L'aveva fatto per proteggerlo. Proteggerlo. E lui, Brian O'Conner, signore dei bugiardi e dei traditori, stava mandando tutto a puttane.

Dom non voleva niente di diverso da ciò che aveva. Sua sorella, il suo amico, migliaia di chilometri tra sè e la tomba di Letty. E Brian, con un colpo di spugna...

Esitò. Abbassò gli occhi. Poi li rialzò, deciso. Mia. Tutto per Mia. Dom capirà.

Ormai è fatta. Accelera, vai fino in fondo, hai le motivazioni che ti occorrono per vincere. Accelera ancora.

Nessuno parla per me.” - disse, tendendo la mano - “Ho detto che lo farò e lo farò. E ora passiamo ai dettagli.”


Spento.

Cellulare spento.

Casa vuota.

E, quel che era peggio, nessuna NSX in garage. Solo la Skyline nel vialetto. Dominic si era sentito così esasperato da rifilare un calcio alla porta del garage, facendola vibrare fino alle fondamenta.

Idiota. Idiota e idealista. Non ti bastava voler fare giustizia in senso assoluto, adesso ti metti anche a salvare anime e speranze!

Si appoggiò pesantemente alla porta, le mani strette in un unico pugno, la fronte contro le nocche. Odore di benzina, olio, pelle degli interni. Odore di libertà, di impazienza. Respirò a fondo, cercando di decidere.

Quello sbirro, quel come si chiamava, Bilkins, non aveva detto dove o quando avrebbe atteso le loro risposte. Ma c'era stato un cellulare in casa, quella mattina, buttato sul tavolino nell'ingresso. Un cellulare che non era quello di Brian, anonimo... anonimo sopra una busta gialla.

Come quello di Letty, per questo Dom lo aveva notato.

Si raddrizzò, attraversò il giardino e non ci pensò due volte prima di sfondare con un gomito il vetro della cucina e aprirsi la porta. Percorse la casa a tentoni, guidandosi con le luci della via. Eccolo. Dove Brian lo aveva lasciato. Probabilmente aveva memorizzato il numero sul proprio o aveva saputo fin dall'inizio dove trovare il suo ex collega. Ma queste erano sottigliezze e a Dominic non interessavano particolarmente.

Un numero solo in rubrica corrispondeva senza ombra di dubbio al numero da chiamare. Lo fece squillare più volte, con insistenza. E, infine, la voce placida del grasso uomo di colore si fece sentire.

Ascoltami, sbirro.” - disse Dominic, senza presentarsi e saltando ogni forma di preambolo cortese - “Adesso mi dirai dove si trova O'Conner oppure io troverò il modo di rendere quel tuo grasso culo degno di una moto da tryal. Sono stato chiaro?”


Quando Toretto, sbattendo la portiera, scese davanti al locale di spogliarelliste in cui Bilkins aveva trovato rifugio, Brian era già parecchie miglia più lontano, in mezzo al deserto e al limitare di un mare di guai.

Guidava, con gli occhi fissi alla striscia grigia che tagliava il nulla in due parti identiche. La NSX non era ancora a posto, ma le modifiche che Dom aveva iniziato a fare, prima che cominciassero i guai, si sentivano.

Era destinata a diventare una tigre, la macchina per eccellenza. Una degna sostituta della Skyline, ormai non abbastanza per l'insaziabile appetito da motori di Brian, soprattutto dopo aver guidato la Dodge di Dominic.

Quella macchina era come una fenice: sorgeva e risorgeva dalle proprie ceneri sempre e comunque. Persino ripescata in frantumi dal tunnel di Braga era uscita nuova e fiammante dalle mani di Brian per la spettacolare evasione del suo legittimo proprietario.

Guidarla era stato ineBriante, un veleno rapido a passare dal motore alle vene. Brian non avrebbe mai ceduto il posto di guida prima di essere in salvo, non ci fosse stato quel piccolo contrattempo da venti punti di sutura.

Ancora adesso rimpiangeva l'occasione perduta di poterla portare al massimo sulla linea di confine. Occasione mai ripresentatasi, visto che Dom, giunto in Messico, aveva tirato fuori dal cilindro la Supra e ritirato la Dodge in garage.

Brian aveva assistito all'apparizione una mattina. In piedi sotto al portico, ancora intorpidito dagli antidolorifici e infastidito dalla ferita, aveva osservato la sua ex macchina svoltare nel vialetto.

Te la sei tenuta?” - aveva domandato, avvicinandosi zoppicando, Benchè da rossa e nera fosse divenuta grigia e argento, il motore era rimasto inconfondibile. - “Non credi sia passata di moda, dopo tutti questi anni?”

Una buona macchina non passa mai di moda.” - aveva risposto Dom, scendendo e lanciandogli le chiavi - “Fatti un giro e non me la sciupare.”

E lei?” - aveva insistito Brian, indicando la macchina del padre di Dom - “In pensione?”

Lei è una regina...” - aveva risposto Dominic con il canonico mezzo sorriso - “Non puoi camminare tra i comuni mortali tutti i giorni...”

Aveva un telo tra le mani. E Brian lo aveva aiutato a coprirla con la strana sensazione che non l'avrebbe più rivista.

Per un poco erano rimasti tranquilli. Tranquilli come sapevano essere loro. Una Skyline, una Supra e, in breve, una buona nomea nel circuito delle gare clandestine. Piccole modifiche, ammodernamenti, cambi di colore... ancora non abbastanza.

Brian accelerò. E sorrise, quando la macchina rispose senza tentennamenti. Perfetta. Semplicemente.

sai...” - aveva esordito una mattina Dom, entrando in cucina. Mia e Brian stavano facendo colazione e lui, senza preoccuparsi di aver interrotto qualcosa, aveva prelevato caffè e generi di conforto in quantità - “Ci manca qualcosa...”

La privacy?” - aveva scherzato Mia, alzandosi. Si era chinata, baciandolo, afferrando la borsa - “Tempo scaduto, sono in ritardo. Riprendiamo a pranzo.”

Stavo parlando di cose serie.” - si era intromesso Dom, a bocca piena. E si era seduto al posto di Mia - “Brian, ci siamo. L'ho trovata.”

Trovato cosa?” - aveva domandato Brian, dopo aver salutato Mia con un cenno, ridendo e fissandolo. Dominic era di ottimo umore, quasi contagioso, mangiava e ingurgitava caffè con sorsate lunghissime.

La tua macchina.” - lo aveva indicato con un dito, un biscotto mezzo mangiato, masticando vigorosamente - “Non una tra tante, una vera. Quella giusta.”

Quella giusta.” - Brian aveva piegato la testa, cercando di intuire cosa lo avesse portato a quella conclusione. Dom annuiva per conferma alla sua affermazione - “Io ho già la macchina giusta, la guido tutti i giorni.”

Cazzate.” - di nuovo il dito puntato e un altro biscotto tra le ganasce - “Ti serve una macchina vera, elegante e inafferrabile. Una macchina con cui identificarti, da tirare fuori dal garage solo ogni tanto, solo quando vuoi o sei costretto. Una macchina del destino.”

Una macchina del destino...”

Esattamente. Una macchina a cui tornare quando tutte le altre ti abbandonano, che non ti tradisca mai.” - fine del banchetto. Si alzò, strofinando le mani e lasciando cadere briciole ovunque - “Per cui muoviti, abbiamo una NSX da andare a ritirare.”

Una NSX?” - Brian si voltò, afferrandosi allo schienale - “La macchina del mio destino è una NSX? E chi lo avrebbe deciso?”

Io. Io decido del tuo destino. E sarò il primo a mettere le mani sotto al suo cofano.” - Dom aveva sorriso, avviandosi verso la porta - “Andiamo. Ciao Mia, ci si vede dopo. Ehi, Mia, dove sei finita!”

Le mani sotto il cofano del destino. Solo Dominic poteva uscirsene con una frase del genere e non sembrare ridicolo. Brian accelerò ancora, concedendosi il lusso di chiudere gli occhi per un lungo pericolosissimo secondo.

Una macchina che non ti abbandoni mai, a cui tornare, con cui andare per la propria strada. Una macchina per andare incontro a...

A cosa? Il proprio personale quarto di miglio? Un'idea alla Dominic, senza ombra di dubbio.

Meglio lasciar perdere.

Chissà perché una NSX, poi...” - domandò a se stesso, ad alta voce - “Non ho mai pensato di chiederglielo...”


Mi faccia capire.” - replicò Dom, accompagnando le proprie parole con un gesto della mano e un sorriso che avrebbe incenerito un tir - “O'Conner vende la sua anima e la pelle senza un distintivo per dare a me e a mia sorella la possibilità di andare a fare quattro passi nel nostro vecchio quartiere?”

Così sembra.” - concordò Bilkins, restando seduto al proprio posto. Aveva fatto il gesto di alzarsi, quando aveva visto entrare Dom... e ci aveva pensato Dom stesso a farlo risedere, con una bella spinta. Ora, braccia conserte e pettorale gonfio, lo sovrastava con l'intenzione di fargli venire una sincope.

Accidenti, O'Conner è proprio un uomo che sa fare gli affari...” - mormorò Dom. Inespressivo, pensò Bilkins, ecco, inespressivo è il termine che cercavo.

L'ho pensato anche io.” - concordò, amichevole come non mai. Meglio non contraddire Toretto. Dopotutto, sembrava avesse sempre la chiave inglese dalla parte del manico - “Anche se non possiamo fare nulla per ripulire anche lui, è comunque un'occasione per...”

Ehi, amico, frena. Non ottiene nulla? Nemmeno una nota di merito? Ma è un professionista.” - si concesse pure una mezza risata. E si sedette, sul divanetto di fronte – “Questa è bella... a questo punto deve solo dirmi dove si è cacciato. Voglio proprio stringergli la mano e complimentarmi.”

I complimenti di Dom sembravano, già solo a parole, della tipologia che porta gli acclamati in terapia intensiva. Bilkins bevette un sorso del proprio superalcolico e valutò il da farsi.

Gli ho suggerito di coinvolgerti ma mi ha detto che non c'era motivo per farlo.” - comunicò, dopo un attimo di valutazione reciproca. Dominic tamburellava su un ginocchio con la mano destra, con ritmo lento e solenne. Sembrava un uomo paziente, di una pazienza infinita prima dell'esplosione finale - “Sai come è fatto Brian, non sa aspettare e fa tutto di testa sua...”

Oh, si, so come è fatto Brian.” - sorrise, con dolcezza – “Per questo lo rivoglio indietro subito prima che si faccia ammazzare.”

Ammazzare, suvvia...”

Ci sono pochi motivi per scegliere un ex sbirro latitante. Uno è non avere altre opzioni, l'altro è che il lavoro è così sporco e pericoloso che persino gente come voi tutta d'un pezzo si fa qualche remora a metterci mano.” - comunicò, senza battere ciglio - “Voi non ci rimettete nulla: se vive potete sempre tenerlo per le palle, se muore non siete costretti a rispettare nessun accordo.”

A dire il vero, signor Toretto...” - Bilkins non si scompose e marcò bene il 'signor' con aria grave - “Ci sta dipingendo peggio di quello che siamo. Brian poteva rifiutare e non lo ha fatto. E, se vorrà andare per la sua strada dopo l'operazione, potrà tranquillamente farlo.”

Certo.” - concordò Dom. Le dita si bloccarono, il tamburellio sembrò troncarsi. Era il momento di mettere in moto e correre - “Allora, finiti i convenevoli posso sapere dove lo avete mandato?”


4


Prima fermata Puerto Penasco. E poi, se tutto andava come doveva andare, dietrofront, fino alla frontiera. Aveva l'impressione di poter vedere la cartina dipanarsi con il ritmo del contachilometri.

Un colpo come quello previsto richiedeva tre se non quattro persone. E non persone qualsiasi, persone in grado di passare sotto un camion in accelerata o, se il caso lo richiedeva, addirittura sopra.

A parte se stesso, Brian aveva in mente solo piloti che non lo avrebbero aiutato: il primo, Roman, era a Miami, troppo lontano per essere raggiungibile. Andava forte e nulla lo avrebbe smosso da dove si trovava. Soprattutto il suo socio bastardo che lo aveva mollato per tornare in polizia. Peggio, per divenire un federale.

Gli altri... bhe gli altri erano puliti, oppure sottoterra e ormai in piena accelerata sulle autostrade del purgatorio. Bilkins, forse intuendo il suo dissidio, gli aveva rifilato una lista di potenziali nomi che Brian aveva sfrondato con una durezza eccessiva.

Alla fine, tolti i penitenti, i bastardi e gli incompetenti di questo e dell'altro mondo, restavano solo due nomi.

Brian si sarebbe sparato in entrambi i casi.

Suki Suarez, di madre giapponese e padre messicano, era un esempio di guida cronica in stato di follia. Macchine rosa, stile dark lolita, passione per i lecca lecca e le minigonne succinte. Ci fosse stato da passare inosservati non ci sarebbe riuscita.

La sua fedina penale era pulita solo perché non la beccavano e, se la beccavano, la sua mamma dal consolato si impegnava in una telefonata. Aveva la patente falsa ma molto benfatta, il coltello sempre in tasca, una meravigliosa propensione per i furti in gioielleria. Attualmente, a quanto si sapeva, era rintanata a porto Penasco per una breve gita fuoriporta dopo aver dovuto lasciare Miami un po' più in fretta del solito.

Bilkins aveva insistito parecchio su di lei. Dal consolato premevano perché uscisse dai suoi guai senza tirarli in mezzo e i federali che, come al solito, non sapevano, non vedevano e non facevano nulla, avevano suggerito una sua collaborazione.

Collaborazione che Suki aveva già accettato con l'entusiasmo con cui si affronta una giornata di shopping. Brian ne era stato estasiato.

L'altro nome della lista di Bilkins era... bhe, era Dominic Toretto detto Dom: l'uomo che avrebbe fatto il colpo in metà del tempo e magari dormendo ma che, se arrivava a mettergli le mani addosso, lo avrebbe tritato fino a farne segatura. Scartato, con decisione. E, a seguire, rimpiazzato con un 'allora arrangiati' dall'uomo che ufficialmente non gli stava parlando.

Adesso sono affari tuoi, ragazzo.” - aveva infatti concluso Bilkins, alzandosi e andandosene - “Cerca chi vuoi e organizzati. È stato bello rivederti.”

Brian sospirò, strofinandosi la testa e assestandosi meglio in macchina. Doveva almeno provare a dormire un paio d'ore, se doveva affrontare Suki e il suo annoiato e ultralussuoso stile di vita. Fatto questo, c'era da percorrere una bella dose di miglia fino a Calexico, dove le corse clandestine sforavano per un tratto su suolo messicano e attiravano frotte di pazzi furiosi assetati di adrenalina.

Da quelle parti sarebbe stato più facile sconfinare. Poi avrebbe trovato qualcuno. Del resto, conoscendola, Suki stava già lasciando trapelare la notizia dal suo blog e, a Calexico, con un paio di corse, si sarebbero rimediati i mancanti.

Poi avrebbe pensato al resto. Poi.


Ormai Brian doveva essere lontano, a recuperare il suo primo sgherro. Inutile inseguirlo, era preferibile aspettare che risalisse la costa e tornasse a pochi chilometri dal punto di partenza. Lì lo avrebbe atteso Dominic, con il vantaggio di avere, nel frattempo, deciso il da farsi e la tecnica per massacrarlo.

Stupido idealista senza cervello...” - aveva borbottato, guidando verso casa con una certa propensione al sorpasso senza regole - “Imbraccia il volante, impugna il cambio e scendi a difendere l'onore del tuo re e della tua amata. Lancillotto dei miei stivali...”

Poi, al primo moto di rabbia, che un osservatore attento avrebbe potuto confondere con preoccupazione, ne era seguito un secondo, non dissimile a un cedimento per stanchezza.

Davanti a casa, Dom si era seduto sul gradino del portico e, ubbidendo ad uno stato d'animo che non gli era proprio, aveva chinato la testa stringendola tra le mani.

Di nuovo in ballo. Di nuovo correre o morire.

Di nuovo quella stanchezza insostenibile che lo aveva spinto a rifugiarsi a Panama, sciogliere la banda, lasciare Letty. La stanchezza che...

Chiuse gli occhi, nell'ennesimo tentativo di respirare. E gli apparve Jess. Scoteva la testa con aria di disapprovazione, gli occhi liquidi e curvati verso il basso lo rendevano un pagliaccio malinconico. Aveva tre fori rossi sulla maglietta, come l'ultima volta che si erano visti.

Sei uno stupido, Dom.” - stava mormorando - “Come puoi cedere in questo modo, amico. Hai scordato? Avevi promesso... promesso di non voltarti mai indietro...”

Alzò la testa di scatto, le mani strette tra loro, le labbra appoggiate alla pelle. Imprendibile, aveva detto Brian meno di venti ore prima. Non siamo noi i lenti, sei tu che corri troppo veloce.

Ma correre veloci significa essere soli, fratello. È il prezzo da pagare. Vai avanti e non ti volti mai indietro. Mai. Nemmeno quando vorresti.

Sei pronto a tutto questo? perché è ciò che ti attende e, credimi, non è nulla di eroico o giusto. È solo dannatamente triste.


Suki si era scelta la sdraio migliore a bordo piscina. Prendeva il sole, strizzata in un bikini che metteva in mostra le curve proporzionate alla sua piccola statura e rimestava distrattamente il proprio cocktail tenendo la cannuccia stretta tra due unghie accuratamente laccate.

A sciupare l'effetto figlia di papà, senza ombra di dubbio, le riviste automobilistiche e di tuning sparse disordinatamente a terra, in sostituzione di Vanity Fair e Cosmopolitan.

Ti sei organizzata bene.” - si complimentò Brian, arrivandole a fianco in silenzio - “Sicura di voler lasciare tutto questo?”

questo posto, O'Conner...” - replicò la ragazza senza dare l'impressione di vederlo dietro gli occhiali a specchio - “E' un mortorio. Non farti ingannare dalle cromature d'oro. Fa schifo.”

Se lo dici tu...”

Si, certo, lo dico io. Quando partiamo?” - aveva posato il proprio bicchiere su un tavolino intrecciato e stava raccogliendo la propria roba - “Ho i bagagli pronti da ore, cazzo, dove sei stato?”

Non ero vicino.” - bagagli? Il set di prada avrebbe occupato tutto il non bagagliaio della NSX. Alzò gli occhi guardando l'albergo a cinque stelle che incombeva su di loro – “Suki, se questo posto è tanto terribile perché non te ne sei andata?”

Sono agli arresti.” - rispose, alzando gli occhiali e guardandolo. Bella e imbronciata, come sempre - “I miei pagano gli alberghi e ogni confort ma non gli extra. E tra gli extra c'è la benzina per la mia bella che è rimasta in una rimessa sul confine. Uno schifo, credimi.”

Si, uno schifo. Come può essere solo per un automobilista lasciato a piedi.

Brian, per una volta tanto, provò comprensione per lei. Anche se portava ciabattine firmate e orecchini di platino.

Non so cosa darei per tornare a Miami.” - stava sospirando la ragazza, precedendolo lungo il vialetto in direzione di uno dei bungalow del settore vip - “Mi mancano le corse, le risse, le sbornie... il sesso...”

Certo, qui è un mortorio...” - concordò Brian, schivando una coppia di modelle poco vestite e molto sorridenti - “ Nulla da fare o da vedere...”

Tutto già fatto e già visto...” - sospirò Suki, aprendo una porta e lanciando gli oggetti che aveva in mano sul divano - “Mi faccio una doccia e sono pronta. Dove ci aspetta il grande Toretto?”

Come?” - Brian la fissò, interrogativo. Era più bello di quanto ricordasse, ammise Suki con se stessa. Da concedersi una piccola deviazione prima di immettersi sulla via della professionalità. Peccato che avesse sempre negli occhi un'altra donna, una donna che non era mai quella con cui stava facendo sesso. Suki lo aveva già sperimentato ai tempi di miami e dei loro testa a testa per una mazzetta di banconote. Ed era una consapevolezza che lasciava l'amaro in bocca per cui, seppur a malincuore, tornata al presente, scartò l'idea di condividere con lui la propria jacuzzi.

Toretto.” - ripetè dunque, paziente - “Non militate nella stessa banda?”

Dom ed io non abbiamo una banda.” - rispose, sulla difensiva. Forse una famiglia molto unita, ma non una banda - “E io gioco da solo questa partita. Lui resta fuori.”

Ah.” - la bocca color mora di Suki si aprì e si richiuse, seguita da una decisa alzata di spalle - “Peccato, volevo conoscerlo. Sarà per la prossima volta. Ed ora muoviamoci, abbiamo parecchio lavoro da fare.”


Fuori Calexico la confusione era alle stelle. Brian e Suki, con le rispettive macchine, si erano mimetizzati tra i mezzi rientranti dal Messico. I corridori ormai da tempo rendevano più miti i controlli con l'antica arte del baratto: la polizia doganale guadagnava benzina, ricambi, alcolici e quant'altro si potesse offrire. In cambio, quando meno era pensabile, apparivano opportune vie di passaggio tra i due mondi, cancelli da attraversare in branco e in ore prestabilite.

Brian non aveva mai usufruito di questo sistema per rientrare su suolo americano. Quando aveva superato la frontiera con Dom e senza nemmeno poter guidare, aveva ripromesso a se stesso che non ci sarebbe più stato un percorso inverso da compiere. Ora, non mantenendo la promessa fatta a se stesso, avvertiva una specie di nodo in gola, un'angoscia che si confondeva con la tensione di sapersi ormai in ballo e non potersi tirare indietro.

A quell'ora, probabilmente, Dominic stava prendendo atto della sua sparizione e, conoscendolo, dei motivi dell'accaduto. Ma Brian non sapeva quali sarebbero state le sue mosse e, al solo pensarci, si rifiutava di sprecare riflessioni per prevederle.

Aveva altro di cui preoccuparsi, una squadra in via di formazione e le basi di un piano da porre... Dominic Toretto e la sua reazione sarebbero stati presi in esame dopo tutto il resto. E, con un poco di fortuna, al momento di comunicargli che la sua fedina e quella di Mia erano tornate immacolate. O quasi.

Brian.” - la voce di Suki dall'altoparlante era nitida - “Sai dove stai andando?”

Ti sembro uno senza meta?” - replicò, portando il microfono alla bocca.

Ehi, non farne una questione personale.” - rispose la voce, tagliente - “Parlavo della strada.”

La strada, cazzo! A forza di non pensare cosa avrebbe fatto Dom o cosa doveva fare lui non aveva seguito il gruppo in direzione del rendez vous. Senza pensare frenò in testacoda e riprese nella direzione opposta. Suki non commentò il cambiamento di idea eseguendo una manovra analoga e mettendosi in scia.

Se possibile era persino migliorata dai loro ultimi scontri. Una guida talvolta fin troppo nervosa ma eccezionale da molti punti di vista. A Dominic sarebbe piaciuta, Letty l'avrebbe odiata, come odiava ogni donna che piaceva a Dom.

E Mia? Cosa avrebbe pensato mia di quella piccola figlia d'oriente con il piercing alla bocca?

Brian, vuoi restare concentrato?” - gracchiò nuovamente l'autoradio – “Hai bevuto per caso?”

Lo aveva fatto di nuovo. Brian si prese mentalmente a calci e svoltò, cercando un posto al limitare dello spiazzo. Il rave era già in atto, gli stereo di alcune macchine, disposte a cerchio attorno alla radura, pompavano la musica direttamente in vena.

Brian scese, mentre Suki frenava a meno di una spanna dal suo paraurti. La sua amatissima Honda da rosa era divenuta viola (è il colore dell'anno, Brian, aggiornati!), rinnovata nelle scritte e nei disegni sulle fiancate. Ma la sostanza non era cambiata, era pur sempre una gatta velenosa cavalcata da una tigre dalle unghie affilate. L'ideale per la partita che si preparavano a giocare.

Ok, connettiti.” - mormorò Brian, appoggiandosi alla fiancata e sporgendosi verso di lei. Suki, al posto di guida, aveva un piccolo portatile sulle ginocchia ed era, senza ombra di dubbio, già online e nel vivo di una conversazione.

Ora, luogo, quota.” - chiese, professionalmente, digitando rapida i dati man mano che Brian li esponeva. Organizzare una gara non era particolarmente difficile in un mondo ormai globalizzato. I messaggi sui cellulari erano superati, dimenticati a favori di connessioni rapidissime, canali aperti e frequentati cronicamente: informazioni viaggiavano lungo il web e venivano captate e ridistribuite a velocità impressionante.

Ci sei?” - insistette comunque Brian, senza alcuna forma di pazienza. Suki, semplicemente, lo ignorò, continuando la propria opera di informazione, dandogli modo di rincarare la dose - “Suki, allora!”

A partire da adesso...” - rispose lei, senza degnarlo di un'occhiata, concentrata a guardare lo schermo - “Ti chiamerò Furious. Furious O'Conner.”

Brian pensò di aver capito male.

Scusami?”

Sei insopportabile. Un seccatore impaziente e disturbante e non mi importa sapere perché sei così incazzato.” - classificò lei, attingendo dal vocabolario forbito immagazzinato in una delle tante scuole private da cui l'avevano estromesso - “Furious. Furious O'Conner. E ora levati dalle palle, tra una decina di minuti si aprono le iscrizioni, ho da fare.”


Brian l'aveva presa alla lettera. Sapeva quello che faceva e sapeva farlo bene, tanto valeva fare un giro e vedere la situazione.

Attorno ai falò era tutto come sempre. Gente che ballava, piccoli affari sporchi, scambi di impressioni sulla gara appena sostenuta e aneddoti vari di grandi imprese.

Birra e fumo completavano l'opera e creavano un clima di convivenza, almeno per il momento. Brian si aggirava tra i gruppi stringendo alcune mani rispondendo ad alcune battute. Sapevano chi era, così come sapevano chi fosse Toretto e come, entrambi, fossero ormai merce che scottava. Ma nessuno commentava, nessuno vedeva e, se mai fosse giunta la polizia, nessuno si sarebbe voltato indietro per scoprire la loro sorte.

Era così tra la gente delle strade. Una rapida occhiata e via, accelerazione e distanza di sicurezza. Memoria solo per il tempo necessario a seminarti.

Un vantaggio, per molti aspetti. Uno schifo per altri.

Ehi, Brian!” - gridò uno per sovrastare il fracasso del proprio stereo. Aveva un palmare in mano e lo scoteva come se fosse una lasciapassare - “Tu e la piccoletta fate sul serio! È un percorso con le palle, amico, non vedo l'ora di cominciare!”

Brian non commentò e sorrise soltanto, alzando la birra in segno di complicità. Quindi la loro organizzazione proseguiva in maniera ineccepibile se Suki stava già diffondendo un parziale della gara. Al momento, sotto il sesso e la musica correva un fiume sotterraneo di scommesse e proposte discutibili. E loro, a quanto sembrava, nuotavano in vista.

Avevano deciso le strade mangiando un boccone in una sperduta stazione di servizio. L'operazione era semplice, lineare: otto chilometri di cui quattro sul raccordo per tastare riflessi e rapidità decisionale. Trovati i piloti, il resto sarebbe stato semplice da organizzare, dalla chiusura delle strade alla gestione della corsa.

perché la gente della strada poteva non essere interessata alla sorte del singolo ma, quando in ballo erano macchine, adrenalina e scommesse, non c'era nulla per cui discutere. Si agiva come un tutt'uno, dritti al traguardo senza mai abbassare la guardia.

L'obbiettivo finale, per Brian e Suki, restava classificare un pilota o, almeno, fingere di farlo per studiare i presenti. Uno, per il momento. C'era certamente, in quella confusione, una mente criminale disposta ad assecondarli, prendersi una fetta di bottino e levarsi di torno. Bilkins, nella sua veste di non-ambasciatore, aveva lasciato intendere che non c'era bisogno di informare il prescelto di tutti i fatti e lo si poteva gestire al meglio con qualche mazzetta ben confezionata della banca federale.

Hanno tanta carta verde da quelle parti, non si accorgeranno nemmeno della differenza.” - aveva specificato, con lo sguardo reso più innocente dalle palpebre cascanti - “Prendi chi vuoi, Brian, tu organizzi e tu decidi. Il resto è già deciso, mi sembra... la tua ricompensa, intendo...”

Si, la sua ricompensa era già decisa. Brian se la sentiva tutta sulle spalle.


Suki non era una brava ragazza e sapeva di non esserlo. All'età di dodici anni aveva capito di colpo cosa poteva fare e come ottenere tutto il proibito e, a partire da quel momento, aveva decisamente scatenato la propria creatività in ogni direzione.

A quattordici aveva scoperto le macchine e compreso che tutto era possibile e che lo si poteva ottenere dal mondo sotto la lamiera. Così era cominciata la desolante vita di sua madre, perennemente al telefono a far valere l'immunità diplomatica per la sua vivace bambina, signora degli scavezzacollo e dei furti in stile cinematografico.

La bambina in questione, al momento, stava raccogliendo mazzette di soldi che gettava con tranquillità nella borsetta firmata aperta tra le ginocchia, sempre tenendo in bilico il portatile per continuare al sessione chat con gli indecisi dell'ultimo minuto.

Per tanto, quando l'ennesimo fascio di soldi le fu posto sotto il naso, Suki si limitò a un grugnito di assenso e a comunicare, meccanicamente, luogo e ora.

Sii puntuale.” - aggiunse, a beneficio dello sconosciuto - “Non amiamo i ritardatari, non li prendiamo nemmeno in considerazione.”

E' giusto.” - replicò il suo interlocutore senza scomporsi - “E si sa già cosa sarà in palio per il vincitore, soldi a parte?”

Non so di cosa tu stia parlando...”

Il tuo invito parlava di un'attività ricreativa... dettagli?”

Suki si trattenne dallo sbuffare e prendere a calci quel pallone gonfiato. Per tanto, fiera del proprio autocontrollo, rispose con il tono migliore ideato dai diplomatici che aveva avuto modo di frequentare.

Non lo so, amico. Furious O'Conner farà le selezioni stanotte, poi vedremo.”

Furious?” - Ripetè l'uomo con la voce sorniona. Era un armadio di muscoli, considerò lei, con un'occhiata obliqua, con l'aria di chi vive a braccia conserte - “Si è montato la testa...”

Non lo so, amico.” - replicò la ragazza, sempre continuando a scrivere sul portatile - “Per me l'ha sempre avuta.”

Dom sorrise. La piccola nipponica lo conosceva davvero bene...

Allora, amico, che nome segno?”

Bhe, se lui è furious... e io sono l'imprendibile...

Segna Fast.” - rispose, accettando il gettone di prova - “Poi vedremo.”

Ok, mister The Fast.” Suki non sbilanciò in commenti particolari. Se era davvero così veloce, si sarebbe visto - “A stanotte.”

A stanotte.” - replicò la schiena larga, allontanandosi.


5


Cazzo.”

Guai in vista?” - tradusse prontamente Suki, affiancandolo. Brian, fino a quel momento negligentemente appoggiato al cofano della propria macchina e del tutto disinteressato alla confusione che lo circondava, sembrava essersi rianimato.

E il motivo di quella rinascita era la Supra grigia e argento che si era fermata pochi metri oltre, già sulla linea di partenza, in mezzo a una moltitudine di ragazze poco vestite e uomini pronti a vendersi l'anima per guardare sotto il cofano delle belve in gara.

Si è iscritto alla gara?” - domandò, fissando come ipnotizzato il bestione in canotta bianca che ne stava scendendo e scambiando alcuni saluti e strette di mano - “Perché non me lo hai detto?”

Perché non so nemmeno chi cavolo sia.” - replicò lei, guardando prima lui e poi l'altro - “Brian, se abbiamo un problema devi dirmelo ora, così mi invento qualcosa.”

Non avete un problema.” - la tranquillizzò Dominic, arrivando sui piedi di Brian e fermandosi, finalmente - “Lo ha solo lui.”

Dom, non è il momento.” - sibilò il ragazzo. Si vedevano le fiammate del nos negli occhi di Toretto. E c'era di che preoccuparsi.

Dom? Dominic Toretto?” - Suki spalancò gli occhi e tese la mano - “Finalmente ci conosciamo, ho sentito parlare parecchio di te... e in tutti i sensi...”

Brian alzò gli occhi al cielo, esasperato dal tono femminile già in scivolata verso il suadente. Ecco, punto e a capo: ennesimo essere umano impegnato a fare avances alla calamita ambulante. Palesemente, Suki era disposta a usare tutti i sensi a disposizione e anche una buona percentuale di zone erogene per scoprire personalmente che tipo fosse l'uomo che le stava innanzi.

Uomo che, per altro, al momento aveva occhi solo per lui e che non avrebbe ceduto tanto presto innanzi ai suoi tentativi di fuga.

Dai, seguimi.” - si arrese dunque, indicandogli una zona dello spiazzo meno caotica - “Suki, tieni d'occhio la situazione, arrivo subito.”


Cosa credi di fare.” - lo aggredì, senza perdere tempo - “Dom, a questa gara non puoi partecipare.”

Sono iscritto e non mi sono mai ritirato in vita mia.” - replicò, come se niente fosse.

Che ci fai in America? Se ti beccano sei fottuto. Tornatene in Messico, ora.”

Tornerò in Messico se tu farai la stessa cosa. Altrimenti credo proprio che metterò tutto il mio impegno per vincere questa gara.” - pausa - “Ho sentito dire che state organizzando un bel colpo e sono molto interessato.”

Non è un gioco, Dom!” - ringhiò Brian, esasperato - “E io so benissimo di cosa sto parlando.”

Io so benissimo che tu sei un cretino.” - replicò Dom, a denti stretti e un passo troppo vicino - “E lo so dalla prima volta che ti ho guardato in faccia. Ma non pensavo che potessi spingerti a questi livelli.”

Brian lo fissò, aggrottando le sopracciglia. Aveva visto Dom in preda a variabili stati d'animo da quando si conoscevano, dalla gioia al dolore, dalla rabbia alla preoccupazione. Nel tempo lo aveva visto cambiare, perdere il sorriso e la pacatezza mai ombrosa, divenire taciturno, freddo. Era convinto di conoscerlo, eppure...

Eppure mai gli era apparso così. Le labbra contratte, gli occhi neri incredibilmente brillanti, una rabbia tenuta a freno soltanto da un incredibile autocontrollo. Per la seconda volta in pochi giorni, Dominic stava mettendo a nudo un'ennesima imprevedibile emozione.

Faccio solo ciò che credo giusto.” - replicò, impacciato.

Per chi, Brian.” - troncò Dom, ancora più vicino - “Giusto per chi. Per chi ti aveva detto di non farlo o per chi non ti aveva chiesto nulla? Dimmi. Spiegami, sono qui apposta.”

Ho le mie ragioni.”

Oh, le tue ragioni, certo!” - Dom sorrise. E gli sembrò spaventoso, un attimo prima che si voltasse - “Allora portale in pista e vediamo quanto sono valide.”


Cinque macchine. Appoggiati ai rispettivi cofani, in esposizione come i mezzi, i piloti. Suki aveva fatto un buon lavoro, selezionandoli progressivamente nel corso della notte con ripetute sfide al quarto di miglio, scartando e scegliendo in un gioco vertiginoso di scommesse e buonsenso. Il più bravo, il più fantasioso, il più cauto, il più irruento... un campionario di nomi conosciuti o meno con cui giocare alla roulette russa su quattro ruote, gente di cui potersi fidare o da cui stare alla larga.

Senza battere ciglio, la ragazza aveva portato in vista i pezzi che occorrevano al loro mosaico. E Brian, tornando verso la propria macchina, riusciva solo a pensare che tutto quel lavoro stava per essere vanificato da Dom. Perché se Dom si era messo in testa di polverizzare i presenti ci sarebbe probabilmente riuscito in barba ad ogni pronostico.

In ogni gara esisteva un margine di incertezza, certo. Molti i piloti, molti gli stili di guida, variabile la fortuna. Ma, in quel caso, Dominic stava per rivelarsi inevitabilmente il migliore per il semplice fatto che il percorso fosse stato studiato per ottenere reazioni finalizzate a un colpo... un colpo che Dominic aveva concepito e ideato sulle proprie capacità personali.

Era un poco come metterlo in gara per sapere chi sapesse smontare e rimontare la Dodge Charger nel minor tempo possibile.

Per tanto, per ottenere una valida alternativa al fattore di disturbo, occorreva un cambio di strategia. E la provocazione di Dom, in effetti, capitava al momento opportuno.

Suki, corro anche io.” - mormorò dunque Brian, arrivando e salendo in macchina senza attendere risposta.

Cos...” - la ragazza girò su se stessa giusto in tempo per vederlo fermarsi sulla linea di partenza. Senza attendere oltre, con quattro falcate fu al finestrino - “Cosa credi di fare.”

Farò da apripista.” - comunicò, scendendo e avviandosi verso il gruppo degli avversari. Lo fissavano, interrogativi e neanche troppo amichevoli - “Conoscete il percorso e io ho bisogno di testarvi di persona. Seguitemi e provate a prendermi.”

Dominic, discosto dal gruppo, alzò un sopracciglio, restando in attesa. E Brian gli rifilò un'occhiata davvero ostile.

Lo prendi come un fatto personale?” - Dicevano i suoi occhi chiari - “Allora gestiamolo come un fatto personale. Tu ed io, davanti a loro.”

E se ti battiamo?” - stava domandando uno dei presenti, particolarmente strafottente - “Come pensi che ci fideremo del tuo giudizio, dopo?”

Dopo?” - ritorse Brian, con prontezza. E sorrise – “Qualcuno ha davvero parlato di un dopo?”

Lei. Lei lo ha detto.”

Si dicono un sacco di cose chattando, non te l'ha spiegato la mamma?” - replicò Suki, in posa provocante, spalleggiando Brian - “Qui è lui che decide. E, se ha deciso che correre, correrà. Qualcosa da ridire?”

No, palesemente no. Sapevano chi fosse O'Conner. Ed era uno di quegli uomini al volante che tutti volevano sfidare. Battere Brian, dicevano, era come superare i propri personali limiti ed andar dritti al paradiso delle corse clandestine passando per la corsia di sorpasso.

Era una nomea che Brian si era fatto nel proprio personale anno di latitanza. Si dicevano che fuggisse, che fosse un ex sbirro condannato dopo aver messo in mano ad un delinquente le chiavi di una macchina per correre fino all'orizzonte e oltre. Si dicevano molte cose, nessuna trovava conferma. Alla fine, l'unica certezza era che avesse gareggiato in ogni stato e strappato troppe vittorie per passare inosservato assieme alla sua skyline azzurra e argento. Anche adesso, dopo un anno passato oltre la frontiera, il mito non accennava a ridursi.

E se ora Brian O'Conner, l'uomo delle corse clandestine, aveva deciso di correre nella propria gara, nessuno ci avrebbe trovato qualcosa da ridire.

Mi sta bene. Parti e poi partiremo noi.” - disse infatti uno dei presenti facendosi portavoce per tutti. Era piccolo di statura, con vistose catene da rapper sulla felpa troppo grande - “Andiamo?”

Quattro secondi di vantaggio.” - specificò Toretto, con tono svagato. Per tutto il tempo lo aveva solo fissato, senza una reale espressione - “Se proprio decidiamo di provare a prenderlo dovrebbe rendere tutto più divertente, non trovate?”

Si, palesemente erano d'accordo. E, come un branco di lupi famelici, fissavano l'uomo biondo.

Perfetto.” - Suki battè assieme le mani per richiamarli all'ordine. Attorno, il loro pubblico iniziava a dare segni di impazienza - “Allora muoviamoci, la strada ci attende.”


Non sapeva cosa fosse a farlo impazzire, se la strada sotto le ruote o il rombo del motore. Ma sapeva che il contachilometri denunciava la velocità del proprio sangue nelle vene, la potenza incontrollabile del proprio cuore in sincronia con i giri del motore. Poteva sentirlo.

E questo lo faceva sorridere mentre derappava senza perdere il controllo e senza battere ciglio. Tutto si sfuocava lungo la traiettoria, restavano solo i corridoi tra i camion, stretti e chilometrici in cui scivolare come coltelli nel burro.

Alle sue spalle correvano gli altri. Anche Dominic. Anche Dom per una volta era dietro di lui, distanziato, non abbastanza convinto di quello che stava facendo per insistere sul pedale.

Già, Brian era certo, questa volta. E, se Dom non sbagliava, sarebbe stata la certezza a mettere ancora qualche decimo di secondo tra loro.

Lo faccio per te.

Lo faccio per lei.

Ed è abbastanza per arrivare fino al Kilimangiaro e ritorno.

Strinse ancora di più il volante e pestò sull'acceleratore. I camion suonavano senza sosta alle sue spalle, infastiditi da quelle macchine variopinte che come insetti ronzavano loro intorno.

Il raccordo era pieno di bestioni della strada, come avevano sperato Suki e Brian. Le sei del mattino erano un orario perfetto per beccare i carichi in partenza e valutare subito come i loro potenziali piloti se la cavassero ad affiancarli.

Davanti, dietro, accelerando, stringendo e allargando. Se la cavavano tutti egregiamente, a quanto poteva vedere dagli specchietti. Solo la Supra sembrava invisibile, sempre fuori dalla sua visuale. Un baluginio, ogni tanto, gli faceva intuire dove fosse, a che velocità, in lizza con chi. Poi null'altro.

Dominic era un tutt'uno con l'asfalto, come sempre.

E' la prima volta che vengo in macchina con te.” - aveva scherzato Brian, mentre si allontanavano a rotta di collo dal pullman carcerario, desolantemente rovesciato su una fiancata. Aveva sorriso e la scarica di dolore gli era nuovamente partita dal fianco su cui premeva. Ma non aveva voluto cedere - “Non guidi male...”

Sei spiritoso.” - era stato al gioco Dom, scalando le marce. La Dodge tra le sue mani sembrava velluto, non uno scrollone, non un rimbalzo - “La prima, dici?”

Muovi il culo, mettiti al volante, Brian.” - aveva replicato Brian, imitando il tono di voce pieno dell'altro - “Un po' di esercizio non può farti male.”

Dom aveva sorriso, con gli occhi fissi alla strada, riconoscendosi in quella presa in giro, forse ricordando quella breve parentesi tra strade e officina che avevano avuto. Breve, come sa essere l'attimo prima che cambi tutto.

Poi aveva allungato una mano nella sua direzione, afferrandogli le dita e lo straccio che si premeva allo squarcio.

Qui, Brian. Premi. Non ti distrarre.”

Brian aveva chiuso gli occhi e la mano lo aveva sfiorato ancora fuggevolmente, allontanandosi. Quella mano era come il suo tono di voce e il suo sorriso. Dom era libero, era calmo e, nel silenzio del deserto, nel rombo del motore, sembrava non desiderare altro.

Brian, non ti distrarre. Gli sembrò di sentire la voce e riprese la macchina in sbandata. L'alettone stridette contro il camion sollevando qualche scintilla e, da sotto lo stesso bestione, emerse una macchina argento capace di scivolare con precisione millimetrica davanti al suo paraurti.

Per un attimo non seppe nemmeno cosa pensare. Da sotto il camion, rapido e sottile come una lancia. Non lo aveva visto nè sentito arrivare, non aveva nemmeno immaginato che potesse... urlò, di frustrazione e, rapido, ripetè la mossa di Dominic in direzione contraria.


Cazzo, Brian.” - sibilò Dom, guardandolo negli specchietti. C'era il guard rail dall'altro lato, nient'altro. C'era da ammazzarsi.

Accelerò, senza pensare e si mise innanzi al camion, aprendogli la via. Brian, prevedibilmente, rinunciò alla manovra kamikaze e lo affiancò, gettandogli un'occhiata che Dominic si guardò bene dal ricambiare.

Profilo gelido, occhi fissi davanti. Non pensare, si disse, resta calmo e vinci. Sai perché lo stai facendo, lo sai meglio di lui.

Non lasciare ti veda in faccia o capirà che gli stai permettendo di passare.

Ecco, fatto. La NSX lo distanziava di una lunghezza, era ora di riprenderla. Dietro continuava il concerto dei motori e dei clacson e, ogni tanto, si sentiva stridere una lamiera. Il suono dei contatti e del motori percorreva l'asfalto come una vibrazione ma Dom era consapevole di come fosse solo un'impressione distorta dall'immaginazione.

Non poteva, a quella velocità, sentire la flessione delle gomme sull'asfalto. Ma gli piaceva comunque illudersi di riuscirci. Una specie di sesto senso che lo rendeva parte della strada, del motore, della sfida.

Come diceva Brian? Il contachilometri dice la velocità del mio sangue, ne sono certo. Accelerò, entrando in scia e, rapidamente, si insinuò sotto l'ennesimo tir per riapparire dall'altro lato. Brian filava, il traguardo era vicino, restava poco tempo. Lo vide imboccare una delle uscite e gli fu subito alle spalle, una curvatura perfetta tale da affiancarlo, il proprio cofano all'altezza delle portiere.

Corri, Brian, sono qui. Corri.

L'angolo della bocca gli si storse in un frammento di sorriso. Brian O'Conner, il ragazzo biondo che aveva grandi macchine e poca tecnica, quello che lo aveva strappato dalle unghie della polizia tanto tempo prima. Lo sconosciuto che si era portato a casa una notte senza sapere di aver appena dato il via alla corsa per la sua rovina. Lo sbirro travestito da amico.

Cosa aveva detto Mia, quel giorno, in officina? Ora sei suo. Suo di chi, si era chiesto Dom, senza riconoscersi in quelle parole.

Ora sei suo. Voleva dire mio, certamente, si era detto. Ma non era vero.

Non era mai stato completamente di Mia. Era di entrambi, senza limiti e consapevolezza. E lo era anche adesso.


Ventiquattro ore prima, mentre ancora sostava sotto il portico di casa decidendo il da farsi, Mia era apparsa con due tazze di the, sedendosi al suo fianco.

Era una vecchia abitudine, un microscopico rito salvato dall'infanzia fuggita troppo in fretta.

Un gradino, una tazza, il cordino della bustina a solleticargli la mano. Lei, perennemente troppo minuta e pensierosa. Lui, troppo alto, troppo silenzioso, schiacciato dal ruolo di padre, amico, fratello, unica famiglia.

Aveva fatto di tutto per darle persone che rendessero più intensa l'idea di casa. Per un po' ci era anche riuscito. Ma niente dura per sempre e nulla è davvero semplice da capire. Per Mia la casa era dove si trovava Dom.E questo, Dom, non lo aveva mai compreso.

Soli, in due, da tutta una vita. E, ormai troppo spesso semplicemente soli, seduti su un gradino qualsiasi che non aveva il profumo di casa.

Avevi ragione.” - aveva mormorato Dom, guardando nelle profondità della bevanda - “Sta per fare una cazzata.”

E tu?” - aveva replicato mia, sottovoce, guardando lontano - “Cosa farai ora...”

Silenzio. E Mia sorrise.

Certo.” - mormorò, piegando la testa in segno di resa - “Lo andrai a riprendere.”

Non l'ho mai fatto. È sempre stato il contrario.”

Non l'hai mai fatto perché sapevi che sarebbe tornato. Sei fatto così.” - lo corresse lei. Ma non c'era astio nella sua voce, solo una triste consapevolezza - “E' questa la differenza tra te e me... tu non hai mai smesso di crederci.”

Dom si voltò, fissandola. E Mia gli sorrise. Si assomigliavano nel sorriso, e non lo sapevano.

Tu li attiri tutti, Dom.Provano a fuggire e non riescono, vanno e tornano, vanno e tornano, se sei tu ad andartene semplicemente aspettano. E Brian... Brian è solo un satellite che mi hai prestato per un po' di tempo.”

Si era alzata e gli aveva baciato una guancia.

Riposa. E, domani, fai buon viaggio.”


Non aveva detto altro. E la sua porta era stata chiusa la mattina dopo. Dominic non aveva nemmeno tentato di bussare, non l'avrebbe trovata sola.

Ora, intravedendo l'ultima curva a gomito prima del rettilineo finale, Dom non ricordava nemmeno la sensazione di sconfitta che aveva provato. Ancora una volta tutta la libertà e la pace si condensavano in quell'ultimo quarto di miglio, quell'ultimo tratto di speranza e gloria di cemento che la vita gli concedeva. Nient'altro aveva importanza.

Battè le palpebre, una sparizione infinitesimale del mondo, poi fu pronto.

Le tue ragioni, certo... portale in pista e vediamo quanto sono valide.”

Pronto.

Libero.

Il Nos, Brian, è l'ultima spinta quando hai già dato il massimo, non un modo di accelerare le cose senza pensare.”

Libero di compiere la cosa più giusta.

E, dopotutto, Nos, in Messico, significa Noi.

Poi Brian gli fu alle spalle, in una frazione di secondo.


Brian urlò. Il colpo che sferrò sul volante gli fece partire una scarica di dolore dal palmo fin dentro al cervello. Urlò ancora, di frustrazione, guardando le luci di Dom riflettersi sul cofano lucido della NSX.

Sorpassato. Vinto.

Ti sei deconcentrato, sei sceso a patti...” - disse la voce di Dom, dalla profondità della memoria - “E io in quel momento ho potuto fotterti.”

Cazzate.

Tutte cazzate. Nessun patto questa volta, nessun motivo per avere incertezza. Lo faccio per te, lo faccio per lei. Non posso avere dubbi su questo. Non posso.

Ma Dominic gli era davanti e Brian non aveva nessuna spiegazione valida se non quella di Toretto che gli parlava nel cervello.

Fino a quando penserai di non potermi battere... non potrai battermi.”

Io so di poterti battere. Lo so.” - rispose, a denti stretti, come quella notte - “E queste sono cazzate.”

Come vuoi, Brian.” - rispose l'immagine dentro la sua mente. E gli sorrise - “Ma intanto ti ho comunque battuto, come sempre.”


Dominic aveva parcheggiato poco oltre la linea di vernice ancora fresca che segnava il traguardo. Brian, in preda a una rabbia che non controllava adeguatamente, lo superò e si fermò oltre, in mezzo alla confusione.

Appena sceso dalla macchina fu travolto dalla folla. Ridevano tutti intorno, euforici, lo spintonavano, alcuni lanciavano anche qualche battutina sarcastica.

Ma era inevitabile che così fosse. Vincere significa arrivare primi. Se sei secondo, non importa come e perché sia successo. Sei secondo e non c'è altro da dire.

Dominic stringeva qualche mano, sorrideva spaccone a qualche ragazza. Ma i suoi occhi sembravano correre di tanto in tanto a O'Conner, fermo a distanza di sicurezza.

La ragazzina giapponese, nella veste del suo braccio destro, lo stava strattonando, gli sussurrava qualcosa, inascoltata.

Brian non mitigava e non esprimeva. Fermo, fissava solo la sua sconfitta dritto in faccia. Dominic ricambiava, con un morsa allo stomaco. Dalla prima corsa, Brian si era giocato con lui qualsiasi cosa: macchine, libertà, divani, soldi, fedina penale, carriera... non aveva avuto paura di perdere nulla e non gli aveva mai serbato rancore per tutte quelle vittorie.

Brian, prima di allora, non si era giocato solo una cosa, un'unica cosa. La loro amicizia. Ma stasera era diverso, irrimediabilmente.

Aveva scommesso.

Aveva perso.

Ed ora nei suoi occhi c'era solo rabbia.


5


Le comunicazioni sulle frequenze della polizia li avevano fatti disperdere. Brian si era riscosso, voltandosi verso Suki. E lei, prontamente, gli aveva indicato Dom e un altro pilota, poco oltre. No, solo lui, sembrava aver detto Brian. Poi aveva annuito per la risposta, sparendo nell'abitacolo e la ragazza era corsa in direzione di Toretto.

Seguilo.” - gli aveva ordinato, buttando sul sedile la sua vincita. Aveva mormorato un indirizzo e Dom non si era sprecato nemmeno in un cenno d'assenso.

La folla si stava diradando a velocità impressionante, in ogni direzione. Le scie si aprivano come una ragnatela per la città. Sarebbe stato più difficile con la luce e i primi movimenti del giorno, anche per i più allenati. Ma i beccati si sarebbero saputi solo alla corsa successiva.

Nessuno si voltava indietro o tornava sui propri passi. Se avevi una macchina, potevi fuggire. Se non sapevi fuggire... bhe, non era problema di nessuno.

Il rendez vous era un capannone in periferia, una vecchia officina con i sigilli della polizia. Brian la conosceva, li aveva messi egli stesso e si era premurato di non toglierli più. Lì aveva fatto portare la Dodge di Dom e li aveva lavorato per sistemarla nei mesi del processo, a poche miglia dalla frontiera e a un paio d'ore da LA. Lì gli lasciavano i pezzi delle macchine da quando viveva in Messico. Ci pensava poi uno del posto a portarli oltre confine.

Dominic sapeva dove fosse e non dubitava che anche la polizia sapesse che quello era il rifugio di O'Conner il fuggiasco. E, proprio per questo motivo, lo si poteva reputare un posto tranquillo, almeno per una notte.

Sempre che Bilkins non avesse mentito, considerò Brian, uscendo a velocità assurda dallo svincolo.

Ti beccheremo non appena rientrerai dal Messico.” - aveva comunicato, con assoluto candore - “A partire da quel momento avrai ventiquattro ore per organizzarti. Potrai addirittura ballare nudo davanti agli studios, se pensi che possa aiutarti. Poi ricominceremo a darti la caccia.”

E come pensate che io possa fare un colpo per voi se sarò impegnato a evitarvi?”

Se fai quel colpo su suolo americano, ragazzo, sarò io di persona a piazzarti una palla in mezzo agli occhi. Intesi?”

Intesi, mio grasso amico, replicò Brian, pentendosi di non avergli risposto per le rime allora, invece che adesso nella propria testa. E lasciami aggiungere che preferirei quel colpo da te che da un qualsiasi messicano con una buona mira.

Svoltò, rallentando e scendendo lungo la via sterrata. Le pietre rimbalzarono rapide contro l'assale, irritandolo più del dovuto. I fari alle sua spalle erano larghi e troppo bassi per essere quelli di Suki, lo abbagliavano nello specchietto. Gli facevano provare il desiderio di farsi tamponare, farsi tamponare e scendere già con il cric in mano per vedere come avrebbe reagito Toretto. Giusto per il piacere di provocarlo ancora. E ancora. E ancora.

Fino allo sfinimento.


In fondo allo sterrato, dove l'asfalto tornava a portare sollievo alle gomme, c'era uno spiazzo non particolarmente ampio ma abbastanza da poter parcheggiare le macchine. Suki ancora non si vedeva, ma adesso Brian non aveva tempo per pensarci.

Spense il motore e i fari con due colpi secchi. Poi scese dalla macchina, deciso ad avere un frontale con Dom.

Doveva agire d'anticipo, se voleva il tempo di dire la propria opinione. Doveva avere le idee chiare e non esitare. Doveva arrivare tanto vicino da schiacciarlo contro la fiancata della Supra e sputargli addosso tutta la propria bile. E, quando lo vide appoggiato alla portiera con l'aria sorniona di sempre, tutti questi buoni propositi andarono a farsi fottere.

Soddisfatto ora? Soddisfatto? Sei ancora il più veloce, congratulazioni!” - urlò, spalancando le braccia. Dominic, senza battere ciglio, mirò al mento.

L'impatto con il cemento non fu dei più piacevoli. Brian schivò il secondo pugno e gli rifilò un calcio nella rotula, abbattendolo come un albero e saltandogli sulla schiena. Dominic non se lo fece ripetere due volte, capovolgendolo e bloccandolo con le ginocchia sullo sterno per rifilargli il pugno appena andato a vuoto. E un ceffone, giusto per gradire.

Al ceffone seguì un morso. Al morso un calcio. Al calcio una gomitata. Poi un ringhio basso e gutturale. E un altro morso.

Ehi, Fast and Furious!” - urlò Suki, a bordo ring - “Secondo me vi siete scambiati i nomi, voi due!”

Dom e Brian la guardarono entrambi. Brian teneva ancora una gamba attorno al collo di Dom, Dom lo teneva per l'interno coscia, molto vicino al bersaglio. Suki li fissava con vago disgusto, sporchi di polvere e impegnati a tentare di spaccarsi tutte le ossa. Allungò il passo e si avvicinò, tendendo la mano a Dom.

Questi, troppo sorpreso, districò la propria dalle grinfie di Brian e ricambiò la stretta.

Toretto, era una vita che volevo conoscerti, è stato un piacere. E sei dei nostri.” - disse, con aria professionale. Poi, caricandosi la tracolla Vuitton in spalla, aggiunse – “Io vado a dormire. Risolvete questa cosa perché Domattina partiamo all'alba.”

Era di spalle, quando decise di rincarare la dose.

Ehi, O'Conner, se hai bisogno un motivo per calmarti, sappi che ogni volta che lo mordi io ho pensieri impuri!”


La porta dell'officina non si era ancora richiusa che Brian già ripartiva alla carica. Diede un colpo di reni, deciso, ribaltando ancora una volta le loro posizioni, sedendosi a cavalcioni sullo stomaco di Dom.

Attento.” - replicò quell'altro, sardonico- “Adesso sono io che potrei avere pensieri impuri.”

Sembrava che la voglia di fare a botte gli fosse passata. Restava immobile sotto il peso di Brian e attendeva. Attendeva quel pugno levato sopra la sua testa e per niente rassicurante. Un pugno per altro ancora immobile.

Brian, se ti sposti di una spanna intreccio le mani. Sono scomodo.” - puntualizzò, impassibile.

L'altro esitò, il pugno si abbassò impercettibilmente. E Dom sorrise, dolcemente.

Sei un bastardo.” - ringhiò Brian, un attimo dopo, battendo per l'ennesima volta la testa a terra - “Hai barato. Se tu...”

Se io non ti avessi parlato mi avresti battuto.” - finì Dom, annuendo e complimentandosi con se stesso per le posizioni invertite. Gli bloccò i polsi, stringendoli in una mano sola. E gli puntò l'altra alla gola, per neutralizzarlo - “E' sempre questo il problema, vero? Io non seguo le regole e tu si, giusto?”

Strinse maggiormente. E gli occhi di Brian divennero più azzurri.

Ma è davvero così, O'Conner?” - domandò, piegando la testa. Lo schiacciava, gli mozzava il fiato - “Rispetti sul serio le regole?”

Io ho le mie...” - ansimò, cercando di liberarsi. La stretta aumentava a ogni tentativo - “E tu le... tue...”

Si, esattamente.” - Dom allargò lievemente le dita, poi tornò a comprimere - “Ma le tue non mi sono affatto chiare...”

Ecco. Questo faceva più male della stretta alla gola, del peso sullo stomaco e dell'orgoglio ferito. Brian si divincolò e ottenne come unico risultato di battere la nuca a terra un'altra volta.

Spiegati.” - sibilò. Aveva gli occhi brillanti, le labbra quasi blu, ma Dominic sapeva che non era il momento di cedere. Per nessuna ragione.

Cosa vuoi, Brian.” - mormorò - “Rispondi a questa domanda.”

Io.. io voglio...”

Non a me.” - lo interruppe Dom. E la mano lasciò la gola - “A te stesso. La devi a te stesso questa risposta.”

Si rialzò e si sedette sui talloni quando Brian si girò sul fianco tossendo. Gli posò una mano sulla spalla e il ragazzo si discostò, trascinandosi una spanna più lontano.

Ok.” - sospirò Dom, raddrizzandosi - “Arrangiati, me ne vado a dormire.”


Vattene, Dom. Torna in Messico.” - era roco, nell'urlargli dietro. E dal tramestio si poteva intuire come stesse tentando di rialzarsi.

Ho vinto la corsa e sono dentro al gioco. Fattene una ragione.”

Non ti voglio qui e non ti voglio in questa partita, credevo di essere stato chiaro.” - replicò Brian, arrivandogli alle spalle. Gli girava la testa, la gola gli faceva male. Ma la rabbia era ancora peggiore - “Questo è il mio... era il mio lavoro, so come farlo e tu...”

Io cosa, Brian!” - Dom lo zittì, senza un solo movimento - “Ma chi vuoi prendere in giro! Tu non sai infiltrarti tra i cattivi perché sei un bravo sbirro. Tu sai infiltrarti bene perché non sei uno sbirro. Sei uno di noi, pensi come uno di noi ma vorresti essere uno di loro. E sai perché? perché non vuoi sentirti un fallito.”

Un fallito. Fallito, fallito, fallito, sei un fallito Brian.

Non è così Brian? Il papà sbirro non voleva questo? Non ti ha picchiato fino a farti svenire per renderti più forte, per renderti degno di quella divisa?” - si fermò, esitò, poi calò il colpo - “Magari ha persino sparato al tuo amico meccanico per farti tornare in te!”

Si sarebbe aspettato un pugno. Era pronto a farsi massacrare. Non avrebbe mosso un dito, si sarebbe lasciato pestare fino a dimenticare il proprio nome.

Ma non avvenne. Brian era immobile, freddo.

Vai avanti.” - mormorò, aumentando la sensazione di gelo - “Ti ascolto.”

Il punto è...” - Dom alzò la mano, in un moto di esasperazione - “Che devi scegliere. Hai la fedina sporca, sei amico di un delinquente, sei innamorato di una ragazza discutibile eppure continui a correre quando gli sbirri schioccano le dita.”

Mi hanno incastrato, non potevo fare altrimenti.”

Cazzate. Sono cazzate. Torni da loro ogni volta che puoi e poi...” - si posò le mani sui fianchi e respirò a fondo - “Poi torni da me. E fai qualcosa per me. E, ogni volta... ogni volta rischi di lasciarci la pelle.”

Quello è un problema mio.” - replicò Brian. Era incredibilmente calmo, freddo. No, non era calmo, era paralizzato. Dom, abbassando gli occhi, vide le mani tremargli prima di sparire nelle tasche.

Correre o morire. Correre o...

No, Brian.” - replicò, sentendo la propria voce mutare, più bassa man mano che la consapevolezza diveniva ingombrante - “Quello è un problema mio.”

Io ti porterò in Messico, Brian, fosse l'ultima cosa che faccio.

Ti sbagli.” - ribadì l'uomo - “Io sono responsabile per la mia vita e le mie scelte. Compresa questa. Io farò quello che dovrò e nel modo migliore di cui sarò capace.”

Si fermò. E sperò che Dominic non notasse le mani stringersi più forte sotto lo strato di stoffa.

Me ne frego di spiegarti le mie motivazioni.” - aggiunse - “Probabilmente non lo sto facendo nemmeno per te, ma per Mia. Quanto a mio padre e alla mia vita... non ne sai niente e quindi chiudi quella bocca.”


Era vero. Non sapeva niente della sua vita. Brian non ne aveva mai parlato. Solo frammenti, qua e là, per casualità, per incoscienza. Parole sparse di un'esistenza che sembrava non considerare, lasciata indietro, come quella di molti altri.

Dominic, fedele alla propria filosofia 'avanza e non voltarti', non gli aveva mai chiesto nulla. Si era solo illuso di avere compreso molto, durante la fuga, dai pochi stentati resoconti di una persona provata nella mente come nel fisico.

E ora... ora poteva solo darsi dell'idiota.

Non solo non aveva scoperto cosa passasse nella testa di Brian, ma non era nemmeno stato in grado di ammettere perché volesse tanto aiutarlo. Non abbastanza chiaramente, insomma, se tra loro adesso correva quell'astio!

In effetti, Dominic non avrebbe apprezzato nemmeno un abbraccio ma, per quello che sapeva di Brian per esperienza personale, raramente negava di provare riconoscenza. O affetto. O qualcosa di simile.

Il Brian che conosceva era più pulito di quanto si potesse pensare, di quanto pensasse egli stesso. Ed ora, dopo la brillante opera di convincimento di Toretto, era solo un pilota idrofobo intenzionato a dormire in macchina all'aperto pur di non frequentare nessuno dei presenti.

Suki, prontamente, si era appropriata dell'unica branda disponibile. Nel tempo che loro avevano speso per massacrarsi a fatti e parole, aveva teso due funi, prelevato due teli di copertura e creato dei bei divisori per avere la privacy che le spettava. Poi, ipod nelle orecchie, era andata a dormire, escludendo beatamente il mondo reale dal proprio campo d'azione.

Dominic aveva ritirato la propria macchina nello spazio tra i banconi da lavoro e aveva gettato la sacca sul divano per avere anche un cuscino. Le comodità non erano bastate a fargli dimenticare il proprio malumore e i lividi che iniziavano a formarsi dove Brian aveva ritenuto opportuno marchiarlo.

Brian.... bhe, Brian era fornito di una NSX nera a cui tornare quando le cose si mettevano male e, fedele a questa idea che Dom gli aveva inculcato, era rintanato dietro il volante, con le gambe piegate, le braccia incrociate e la rabbia come alternativa per non pensare alla propria deleteria posizione.

Posizione fisica, si intende... Perché il provare ad affrontare la propria posizione esistenziale non era nemmeno da prendere in considerazione.

Cosa dire, del resto? Si, Dom, hai ragione. Era questa la risposta? Sbuffò tra i denti e la gola gli fece nuovamente male.

Si mosse, nervosamente, cercando un metodo per stare più comodo. E questo intensificò la morsa che sentiva allo stomaco, il nodo di tensione che stentava a sciogliersi.

Era abituato ad essere in disaccordo con Dom, su una miriade di cose. Era abituato a fare tutto l'opposto del concordato e tutto il contrario del richiesto. Ma, questa volta, questa volta sapeva di aver esagerato. E sapeva come anche Toretto fosse ad un passo dal non avere più un freno.

Assorto in queste conclusioni, dunque, sobbalzò quando dal finestrino di destra apparve Dominic.


Eccolo, in effetti. Dominic Toretto, con i suoi enormi bicipiti a vista e il sopracciglio alzato nello squadrarlo.

Che vuoi ancora.” - borbottò Brian, cercando di minimizzare la propria reazione di sorpresa - “Ti sei spiegato chiaramente, mi sembra...”

Sono venuto a scusarmi.” - fu la risposta. Piatto nel tono della voce, quasi laconico.

Ecco. Adesso la sorpresa non era più mascherabile. Brian si rese vagamente conto di avere la bocca aperta solo quando la gola tornò a infastidirlo obbligandolo a un colpo di tosse.

Mettici questo sopra.” - aggiunse Dom, allungando un braccio nell'abitacolo e porgendogli uno straccio con del ghiaccio all'interno - “L'ho trovato assieme a queste...”

Due birre nell'altra mano. Erano così fredde da essere opache.

Allora non mi hanno tagliato la corrente...” - commentò Brian, caustico, accettando la bottiglia e cercando di ignorare le scuse il più possibile. Cosa avrebbe dovuto rispondere? Crepa? Scuse accettate? Non riusciva a immaginare alternative che stessero a metà tra i due concetti.

Bevette un sorso e gli sembrò di provare un sollievo senza limiti. Dom aveva ancora la mano tesa verso di lui, con il ghiaccio.

O'Conner...” - stava sospirando, con sopportazione - “Non credi di potermi dare ascolto, almeno questa volta?”

Brian lo fissava, meditabondo. La testa piegata indietro, la bocca contratta e gli occhi azzurri stranamente cupi. Non capitava spesso, ma Dominic lo odiava quando aveva quell'espressione.

Non lo capiva. Non lo sentiva. Poteva solo domandarsi con fastidio cosa avrebbe detto o cosa avrebbe fatto senza approdare ad una soluzione realistica. Brian era... frustrante. Del tutto imprevedibile.

E, difatti...

Salvarmi la vita. Era questa la tua motivazione che batteva la mia?” - domandò il biondo, senza smettere di studiarlo.

Allora avevi capito.” - sospirò Dom, aprendo la portiera e sedendosi nel posto a lato del guidatore. Si voltò, assestandosi comodamente per ricambiare l'occhiata e discutere - “E' una buona motivazione, a mio avviso.”

Anche la mia.”

Brian, io non ho bisogno della fedina pulita per essere vivo e soddisfatto.”

Tu no. Tua sorella sì.”

Mia avrebbe bisogno che tu ed io non le mandassimo a scatafascio l'esistenza ogni volta che comincia a vedere un futuro.” - sospirò. Poi riprese - “La prima volta te la sei cavata con qualche graffio e con una taglia sulla testa. La seconda, ti sei accartocciato con una macchina e reso complice di un omicidio. La terza, per ribaltare un pulman pieno di galeotti, ti sei salvato per puro miracolo. Cosa ti fa credere che questa volta non andrà peggio?”

Lo fissò, intensamente. Ma Brian non accennava a rispondere. Dom allungò la mano che ancora stringeva il ghiaccio e, premendo con il panno, gli fece inarcare la testa, posando il gelo sul livido che si stava formando.

Il freddo, allargandosi sulla pelle, sembrò togliergli il fiato e le parole. Brian assaporò quell'impressione di mutismo senza lottare, senza allontanarsi dalle dita, le stesse che avevano stretto fino a dargli l'impressione di morire.

Credevo che non pensassimo mai alla morte.” - replicò, con lentezza. Il ghiaccio bruciava e levava il dolore. O era Dom? - “Lo fai mai correndo? perché devo farlo nella vita... non è la stessa cosa?”

Penso sempre di poter morire correndo. Succede.” - replicò Dom, con semplicità. C'era suo padre dietro ai suoi occhi, suo padre che urlava mentre le fiamme lo carbonizzavano - “Ne sono sempre consapevole. Correre o morire, lo hai dimenticato?”

Ma questo non ti ferma.”

No, è così.”

E allora perché ti aspetti che io lo faccia.” - lo guardava, ora - “perché mi chiedi di fermarmi se sai che non lo farò... E che non lo faresti nemmeno tu.”

Io non ti ho chiesto di fermarti. Ti ho solo detto che sono qui per aiutarti. C'è una bella differenza.”- spostò il panno e tornò a premere poco oltre, dove la pelle aveva già un'ombra bluastra - “Tu non credi?”

Tu non vuoi farlo.”

Nemmeno tu.”

E' diverso.”

Lo è davvero?”

Smettila, Dominic.” - le dita di Brian si serrarono intorno alla sua mano. Erano fredde, ruvide come se la sabbia del deserto si fosse infiltrata tra le cellule - “Smettila.”

Non aggiunse altro. Gli bastava guardare in faccia Dominic per sapere come avesse perfettamente compreso e, soprattutto, come non fosse intenzionato a cedere.

Piega la testa e non rompere.” - fu infatti la risposta. E il ghiaccio premette di nuovo sulla contusione - “E non rompere nemmeno sull'altra faccenda. Sono qui e ci resto.”

Silenzio.

Nessuna reazione.

Nessuna risposta.

E torno in Messico solo se torni con me. Fosse l'ultima cosa che faccio, Brian, qui non ti lascio.”


Dominic, per indole, faceva e raramente parlava. Decideva, attuava, concludeva. Le parole, in ogni passaggio, erano parte del superfluo che si poteva tralasciare.

Lo sapeva Mia, che raramente era stata partecipe dei suoi piani. Lo aveva sopportato Letty, tutta la vita, sempre frustrata da non riuscire a prevedere le idee peggiori. Lo aveva capito persino Vince, sbattendo il muso sulle conclusioni spesso e volentieri. E, non ultimo, Brian ne era perfettamente cosciente.

Come sapeva alla perfezione che, se Dom si sbilanciava a comunicare la propria intenzione, erano guai. Guai senza limiti, metafore o sentimentalismi.

E, per confermare questo sospetto, Dominic non era sceso dalla macchina. Si era voltato, assestato e, come suo solito, addormentato in tronco. Brian, rigirando la chiave della macchina tra le dita, aveva ingoiato bile e nervoso.

Dominic era un tutt'uno con la NSX: si poteva guidarla con lui dentro o stuzzicare il can che dorme cercando di sbatterlo fuori.

Poteva anche rubare la macchina di Suki scatenando la sua furia... oppure andare a piedi.

No, poteva solo andare a piedi. A piedi!

Represse un ringhio di disgusto e, con l'ennesimo spostamento di arti, scese dalla macchina per sparire nella notte.


6


Andato sarà una buona risposta dalle tue parti!” - sibilò Suki, piantandoglisi di fronte - “Ma sappi che io non sono una che si accontenta.”

Immagino.” - replicò Dominic, restando seduto sul divano e guardandola, di sotto in su - “Purtroppo, però, è la mia unica risposta: andato.”

Ma devi avere una minima idea di dove!”

perché dovrei?”

Perché hai la faccia di uno che pensa sotto tutti quei muscoli.” - ribattè lei, per niente preoccupata del fatto che in pochi osassero parlare in questi termini a Toretto. E soprattutto che, per 'pochi', si intendesse 'nessuno' - “Voglio informazioni, bello. Qui stanno in ballo la mia fedina penale e la mia vita!”

Non parlarmene.” - replicò Dom, con il suo solito sorriso un po' bieco - “Il tuo nome?”

Suki si morse un labbro, irritata, prima di rispondere. Alzarsi il primo giorno di lavoro e non trovare il proprio principale era già un fatto discutibile... ma trovare al suo posto un armadio di muscoli senza il dono della disponibilità era inaccettabile.

Urgeva un rimedio. E in fretta.

Che facciamo?” - insistette, dunque, allungando una mano e avviando il proprio notebook con un colpetto d' unghia - “Da dove partiamo a cercarlo?”

Non lo cerchiamo.” - con la stessa nonchalance con cui lei accendeva un portatile, lui sceglieva una rivista automobilistica scolorita e datata - “Torna...”

Tu credi? Io non credo.”

Torna, torna.” - ripetè Dom, allungando le gambe, incrociando le caviglie e aprendo il depliant - “Torna sempre...”

Si, è uno dei mie difetti.” - replicò Brian, alle sue spalle, piegando la testa e superando la tenda che chiudeva la porta - “Ciao, Suki, dormito bene?”

Suki era senza parole. Lo scomparso aveva tra le mani tre bicchieri di caffè e una scatola di quelle rosa, da brioches. Come se niente fosse. Non aveva l'aria riposata ma, senza ombra di dubbio, era calmo. Molto più calmo della sera precedente.

Ce ne hai messo di tempo.” - commentò Dom, senza staccare gli occhi dall'articolo che stava leggendo. Allungò una mano e Brian ci posò un bicchiere bollente - “Zucchero?”

Doppio.” - replicò il ragazzo, porgendo un contenitore analogo alla ragazza - “Posso sperare che te ne vada?”

Certo. Torno in Messico.”

Come? Suki era passata dal voltare la testa verso uno a girarla di scatto verso l'altro.

Torno in Messico perché è lì che state andando.” - puntualizzò Dom, portando il bicchiere alle labbra e posandolo poi sullo sgangherato tavolino a lato del divano - “Ci serviranno alcune modifiche alle macchine per quello che state organizzando.”

Modifiche? Ci? Quello che state organizzando?

Adesso basta.

Suki si erse nel proprio metro e cinquanta di puro insopportabile carattere. E si piantò davanti a Brian.

Lui sa cosa stiamo organizzando?” - sbraitò - “Lui lo sa e io no?”

Io parlo con gli sbirri e tu no.” - fece eco Dom. Altro fruscio di pagina voltata.

E cosa ti hanno detto gli sbirri?” - domandò Brian sedendosi al tavolo e aprendo la scatola dei dolci.

Che sei un idiota.” - sospirò Dom. Altra pagina - “Ma sei l'unico, a parte me, che può fare un colpo del genere.”

E quindi?”

E quindi... o lavori con me o sei fuori.”

Silenzio. Brian si frenò con un autocontrollo che stava cercando di spadroneggiare già da qualche ora e che, dopo dieci chilometri di passeggiata autoimposta, non gli era ancora proprio.

Conta fino a dieci, Brian. Puoi farcela.

Oppure...” - riprese Toretto dopo aver contato fino a sette e ritenuto fosse abbastanza per fargli saltare i nervi ma non del tutto - “Tu accetti che io lavori con te e siamo a posto. Amici come prima.”

Chiuse la rivista e lo fissò, lisciandola con due dita.

Amici come prima.” - sputò O'Conner, come unica risposta.

E' quello che ho detto.” - sorrise Dominic - “E, visto che mi conosci, sai che non è mia abitudine concedere il comando ad un altro.”

Una proposta vantaggiosa.” - commentò Suki. Era rimasta zitta e in ascolto fino a quel momento, valutando la situazione. Ora, senza ombra di dubbio, sapeva cosa fare: aprire bocca e prendersi uno status prima di morire affogata nel testosterone - “Fossi in te, Brian, io accetterei.”

Brian non voltò la testa nemmeno per guardarla. Né diede l'impressione di averla sentita. Fissava Dominic, dritto negli occhi. E Dominic faceva altrettanto.

La Fragolina ha ragione, Brian.” - sottolineò Dom, con una calma inspiegabile - “Dovresti proprio accettare...”


Fragolina. Nessuno si permetteva di chiamarla in quel modo, né in nessun altro.

Suki se lo sarebbe mangiato vivo, ne avesse avuto il tempo. Ma Brian aveva voltato i tacchi e Dominic si era alzato prima ancora che la saracinesca smettesse di scricchiolare nelle guide.

Ci penso io.” - aveva sospirato passandole a fianco - “Tu preparati a partire, il Messico ci aspetta.”

il messico ci aspetta... Suki si sedette sul divano, con una grazia tale da far cigolare le molle. Il messico, certo! La terra promessa, della gloria e dell'avventura, l'ultima frontiera violabile che uno statunitense poteva concedersi.

L'ovest è finito, gringo... vaja con dios, il caldo Mehico ci attende!

See, come no! Si lasciò cadere indietro, contro lo schienale e masticò il proprio dolce come se fosse caucciù, premendo i denti uno contro l'altro fino a sentir male. Fragolina! Io!

Toretto era ben diverso da come se l'era immaginato. I toni entusiastici con cui si parlava di lui nel mondo delle gare d'un tratto non le sembravano più realistici: il suo modo di fare battute e sorridere, quella linearità che gli impediva di fingere simpatia verso chi non apprezzava, quel suo modo diretto di smontare gli sbruffoni e rendere evidente la propria opinione... bhe, si, qualcosa corrispondeva ma... ma Dominic Toretto era molto di più.

Era voce calma, presenza, forza. E Suki, poco avvezza a profondità di pensiero e a riflessioni che superassero il minuto di indecisione, non sapeva inquadrarlo e incasellarlo.

Era ombroso? Forse. Duro? Può darsi. Erotico? Oh, cazzo, sì, su questo non si poteva discutere! Ma, attrattiva a parte, non c'era altro da sottolineare con una parola decisiva.

Toretto era... bhe, Toretto. Che altro aggiungere?

E cosa avrebbe detto Brian per definirlo?

Allora, Fragolina, pronta?” - mormorò Toretto, sovrastandola e spaventandola.

Suki imprecò, per poco non le cadde tutto di mano.

Cazzo!” - sbottò, reggendo a malapena il proprio caffè al caramello. Da quanto la fissava, quanto tempo era passato, come poteva essere cosi silenzioso e...

Stiamo partendo, raccogli la tua roba.” - specificò l'uomo, afferrando la propria maglia e alcuni oggetti dal tavolino. Con una sorsata finì il caffè, con un movimento di polso il bicchiere volò in un angolo - “Brian sta sistemando la macchina, chiede come stai a benzina.”

C-come?” - troppo veloce, troppo. Suki non riusciva a seguirlo - “Partiamo?”

E' quello l'obbiettivo.”

Tu.. Brian...”

Dominic si fermò e si voltò, studiandola.

Io.. e Brian...” - ripetè, imitando la stessa inflessione e calcando sull'indecisione con cui i loro nomi erano stati accostati – “...Cosa.”

Suki, presa in contropiede, valutò per un attimo se non stare zitta.

Voi vi...” - e tutta la baldanza con cui gli aveva parlato prima? Giù dritta verso il tubo di scarico? - “Voi vi siete accordati, insomma. Allora, chi dei due... tu o lui?”

La tenda che copriva l'ingresso si era sollevata. E Brian stava venendo verso di lei, senza battere ciglio.

Io e lui...” - scandì, aprendo un cassetto e recuperando una busta portadocumenti in pelle - “...cosa.”

Stesso modo di esprimersi di Dominic. Dominic alzò un sopracciglio nella sua direzione, ma non commentò. Brian non aveva l'aria particolarmente amichevole ma, a quanto le sembrava di capire, era almeno collaborativo.

Solo che... si, ma come...

Il capo.” - rispose precipitosamente Suki, con l'imbarazzo di chi viene sorpreso con biancheria altrui tra le mani e cerca in tutti i modi di disfarsene - “Chi dei due è il capo.”

Perché?” - domandò Brian, mettendosi la cartella sotto il braccio. Era pelle consunta, dalla cerniera pendevano alcuni fili, qualche brandello si stava sfilacciando - “Hai preferenze?”

Ecco. Suki si snebbiò tutto d'un colpo. Forse Dominic non era valutabile a tempi brevi, ma Brian era un vecchio, indigesto boccone già sperimentato, sulla pista come nella vita.

E non ci voleva nulla per metterlo al suo posto.

Oh, certo.” - sputò dunque Suki, incrociando le braccia e lasciando che tutto il proprio peso minimo si scaricasse su un unico fianco in maniera provocante - “Io! Io sono la mia preferenza! Valutiamo la cosa?”

No.” - disse Dominic, chiudendo il cofano della propria macchina senza rimbombo.

No.” - sottolineò Brian, aprendo un secondo cassetto e spostando alcune riviste a caccia di qualcosa - “Altro?”

Ovvio, O' Conner. Una risposta.” - si risedette sul divano - “Una risposta, o dovrai procurarti un pilota prima della frontiera.”

Silenzio teatrale. Poi dita puntate verso se stessa.

Perché Suki Suarez....” - sottolineò, enfaticamente - “Da qui non si sposta.”


Che Fragolina. Dominic doveva proprio ammetterlo: gli piaceva. Gli piaceva dalle ciocche colorate in testa fino al tatuaggio sulla caviglia passando per il piercing all'ombelico. Virava tutta eccessivamente al rosa per i suoi gusti, ma era magnifica.

Mostrava i denti a Brian ignorando il fatto che fosse un biondo naturale. Il che denotava carattere, spirito indomito e testardaggine da mulo. Forse non aveva le doti per batterlo su strada, ma indubbiamente lo seminava di una lunghezza in parecchie cose.

Di colpo sono felice di non essere il capo.” - sospirò, dunque, ad alta voce. E le sorrise, incrociando le braccia - “Fragolina, hai tutta la mia approvazione.”

Eccolo. Il Toretto di cui le avevano parlato, ammiccante e senza peli sulla lingua.

Suki sentì il desiderio di discutere evaporare all'istante. Eccolo, finalmente!

Sai, mi piace l'idea di averla come collega...” - stava rincarando, indicandola con un dito e l'aria soddisfatta - “Tu occupati delle cose importanti, qui nelle retrovie ci occupiamo di far ringhiare i motori.”

Ammiccò, facendola sorridere. Lo provocava. E con vero gusto. Bene, soppesò Suki, vi siete chiariti ma tu non sei d'accordo. Non sei d'accordo ma non lo mollerai a piedi.

Bhe... ti fa onore.

Oh, si.” - concesse dunque, stando al gioco - “Sii la nostra safety car, Brian. Nessun problema.”

Proprio nessun problema. Soprattutto perché Brian, in perfetto silenzio, aveva l'aria di chi ha per sbaglio bevuto un sorso di benzina.

Dominic sembrò approvare la sua risposta. Un sorriso svagato gli passò nei lineamenti e scomparve risucchiato dagli occhi scuri. Era a dir poco... elettrizzante.

Non fatevi ingannare, hombres.” - aveva detto un tizio, una notte, l'ennesima birra ben stretta tra le dita - “Il Toretto di LA non è roba per tutti. Io lo conosco, lo conosco bene. È una Ferrari in mezzo a utilitarie, un...”

Si era interrotto, cercando le parole. Era un tipo strano, un vago accento spagnolo, un amico strambo come lui al seguito. Discutevano sempre ma, per una volta, l'altro taceva. E con un certo assurdo rapimento.

Dominic è...” - aveva ancora biascicato, dopo un nuovo sorso di birra - “Dom è l'ultimo quarto di miglio di un'autostrada di cui non vedi la fine. Irraggiungibile.”

Si era emozionato e pulito gli occhi nella manica, teatralmente.

Si, hombres, irraggiungibile.”

Un fesso, forse. Un ciarlatano. Ma, dopo quelle parole, Suki avrebbe dato di tutto per conoscere questo mostro dell'asfalto.

Dominic Toretto, l'ultimo quarto di miglio di un'autostrada infinita. Esisteva qualcosa di più affascinante per il popolo dei motori?

Quindi....” - concluse Suki, tornando a presente e cercando di minimizzare la propria eccitazione - “Quindi è ancora lui il capo.”

Il 'lui' in questione non sembrò apprezzare. Ma si astenne dal fare commenti.

Soddisfatta, ora?” - chiese soltanto, incenerendola con un'occhiata.

Dipende. Se ora mi alzo da qui mi racconterai il resto del piano prima di accendere i motori?”

no. Te lo racconterò quando saremo arrivati.” - Brian avrebbe voluto aggiungere 'perché prima mi devo chiarire le idee'... ma, forse, non era il caso.

Suki già lo fissava con disapprovazione. Dom, con malcelato compiacimento.

Ne aveva abbastanza.

Andiamo.” - borbottò dunque, voltando le spalle a entrambi e chiudendo la trattativa - “Voglio essere a Kino prima di notte...”

Kino?”

Brian si voltò, fissandolo. L'aveva detto con una sfumatura...

Si.” - confermò, con un cenno - “A Kino. Ho un aggancio per le macchine in quella zona.”

Bene. Allora andiamo.” - l'altro annuì, senza dargli l'impressione che sotto ci fosse altro. Eppure, per un attimo...

Sentito?” - stava aggiungendo Dominic, tendendo galantemente una mano verso la ragazza. Sembrava del tutto ignaro dell'infatuazione da mito che Suki stava provando. E riusciva comunque ad essere fantastico - “il capo ha detto andiamo... e noi ubbidiamo al capo...”


Se fosse stato davvero libero di scegliere, il 'capo' avrebbe preso quelle due teste e le avrebbe battute assieme fino a ottenere un suono bitonale. Mentre Suki era seccata del non sapere ancora quale fosse il piano, Dominic disapprovava tutta la faccenda ma era intenzionato ad andare fino in fondo.

E Brian? Più passavano le ore più diveniva impaziente.

Anche ora, senza farlo apposta, continuava ad accelerare, allontanandosi sempre da Nogales e dalle montagne alla volta del deserto. Ormai da giorni non faceva altro: fuggiva rapido, da un posto puntando ad un altro che sembrava più importante, giusto, migliore.

Insomma, una parabola di vita su strada.

Alle sue spalle, Suki e Dominic avevano smesso da un pezzo di giocare al gatto col topo. Suki ogni tanto allargava, invadeva la corsia opposta per il gusto del brivido. Dominic, alle sue spalle, probabilmente, non apprezzava ma, dalla radio, non giungeva nessun commento negativo. Brian non stentava a immaginarlo perso nei suoi pensieri, ma erano pensieri che non riusciva a intuire.

Poteva prevederne le mosse, aveva imparato ad agire d'istinto, ad intromettersi, imporsi, urlare se necessario. Ma ora... ora era tutto diverso.

Era sempre stato Brian a correre dietro Dominic. Non il contrario. E quella nuova piega degli eventi lo tormentava.

Perché Dom non lo lasciava in pace? Perché si sentiva tanto indispensabile in quel contesto?

Non sarò stato abbastanza chiaro? Brian non sapeva cosa rispondersi. E, ogni volta che si poneva questo quesito, la voce di Dom gli rispondeva dentro la testa con un'altra domanda.

E io, Brian, non sono stato abbastanza chiaro a spiegarmi?

Io non ho bisogno di essere salvato.

Scartò e decelerò, lasciandosi superare da Suki, affiancando Dominic e voltandosi a fissarlo.

Occhi negli occhi, menefreghismo per l'asfalto, massima velocità su una strada che apparteneva solo a loro.

Cosa vuoi, Brian!” - urlò Toretto. Ogni tanto verificava la posizione di Suki, tornava a fissarlo. Ma O'Conner no, O'Conner aveva occhi solo per lui - “Qualche nuovo argomento da affrontare?”

Tu ed io, ora, all'ultimo miglio.” - propose, deciso. L'aria tra i loro finestrini era una colonna rovente, bruciava le labbra, disperdeva la sfida in parole spezzate - “Se vinco, sei fuori.”

No.” - rispose Dom, tornando a offrirgli solo un profilo da guardare.

No.

Dominic accelerò, e gli tagliò la strada, obbligandolo a frenare, in un stridio di gomme e una sbandata. Poi, sempre più veloce, superò anche Suki, seminandola.

No, Brian. Stiamo già correndo l'ultimo miglio.” - mormorò, sottovoce. Accelerò ancora, senza alzare gli occhi verso lo specchietto, senza guardarsi indietro - “E, uno dopo l'altro...”

Scalò le marce, accelerò ancora.

Uno dopo l'altro, arriveremo alla fine.

Alla fine.

Insieme.



7


Bahia de Kino. Quando vi giunsero, il sole era già alto e caliente, come era d'obbligo in un posto del genere. La spiaggia era affollata, il mare piatto come una tavola e Suki, all'improvviso, rimpianse il ritmo rilassato di Miami, il pigro 'corri di notte e divertiti di giorno' che sembrava non essere applicabile al nuovo stile di vita.

Ma non dorme mai?” - ripetè, per un'ennesima volta, afferrando la sacca che Dominic le porgeva e mettendosela in spalla - “proprio mai?”

Dormire è per i comuni mortali.” - sospirò Dom, chiudendo il bagagliaio e gettando un'occhiata a Brian che, nervosamente, camminava avanti e indietro sul lungomare parlando al telefono - “Non per i capi...”

La battuta era già ripetitiva da un pezzo, ma Dom non aveva tempo di pensare alle frasi da dire, tanto era impegnato a ragionare sul resto. Suki aveva ragione, Brian non dormiva ormai da troppe ore. E, come l'assenza di alcool, il sangue freddo e l'intuito, il sonno era una componente indispensabile per correre e ragionare.

Avevano un lavoro da fare. E, da molti punti di vista, erano già indietro con l'organizzazione.

Le macchine, il posto, l'obbiettivo. L'uomo di Bilkins, al telefono con Brian, non doveva essere contento di sentirlo né, tantomeno, collaborativo come ci si poteva aspettare. Lo si poteva intuire dall'espressione sempre più nera del ragazzo.

Luogo, ora, dati, fatti. Tutti pezzi indispensabili di un mosaico che Dominic sperava di non vedere più nella sua vita. Ne sono fuori, si era detto, lasciando Letty e abbandonando la Repubblica Dominicana. Ne sono fuori, si era ripetuto, a Panama, aggiustando macchine in un'officina dove gli attrezzi più evoluti erano una chiave inglese e uno scalpello. Ne sono fuori, aveva continuato a ripetere, giorno dopo giorno, alzandosi e aggiustando trattori, camioncini, motorini di un altro tempo.

Ma la telefonata di Mia aveva cambiato ogni pensiero.

No. Letty. Era stata la morte di Letty a mutare il panorama.

Prima aveva voluto esserne fuori perché era stanco... dopo, dopo averla vendicata, aveva voluto restarne fuori perché non esisteva più nulla per combattere.

Nulla.

E ora...

Brian aveva chiuso la chiamata con uno scatto rabbioso. Di spalle, con la schiena curva e tesa, comunicava un'emozione che non aveva nulla in comune con il controllo. Dominic, abbandonando le proprie riflessioni, lo raggiunse.

Allora?”

Allora è un figlio di puttana.” - replicò a denti stretti l'altro, rigirando il cellulare tra le dita - “Nient'altro che un figlio di puttana.”

Aveva mani nervose. Dom le fissò, prima di risalire fino al profilo, agli occhi fissi al mare. L'isla Tiburon era una macchia nera e lucida in mezzo all'orizzonte. Incombente e per niente rassicurante, riflessa nelle iridi chiare.

Brian.” - insistette, con calma. Avrebbe dovuto chiamarlo O'Conner e apostrofarlo per la sua incompetenza ma, per una volta, pensò fosse il caso di preservare il tormento che voleva infliggergli per altri momenti. Sembrava stanco. E preoccupato - “E' qualcosa che posso aiutarti a risolvere?”

Devo solo pensare.” - fu la risposta ostinata.

Come vuoi.” - Toretto si voltò, tornando verso la macchina. Se voleva fare il bambino capriccioso, non c'era motivo per opporsi. Dominic, per esperienza, dopo aver cresciuto una sorella e domato la banda di teppisti che si era scelto per famiglia, non era di certo propenso a perdersi dietro ai capricci.

Poteva aspettare... oppure agire.

Hai da fare, Fragolina?” - domandò, dunque, affiancando Suki. Seduta sui talloni con la propria valigia aperta, cercava qualcosa di non meglio identificato ma che doveva essere di importanza vitale.

La ricerca durò ancora qualche secondo. Poi, Suki, vittoriosa, potè rivolgergli la propria attenzione.

Ti ascolto.” - disse, aprendo un piccolo portagioie in pelle e sostituendo gli orecchini con un paio più appariscente - “Cosa proponi?”

Ci servono macchine.”

Si, lo so. Credo sia l'attuale problema di Brian. Suggerimenti?”

Brian non vuole suggerimenti.”

Ok. E io voglio risposte.” - replicò la ragazza, alzandosi nella sua statura e posandosi le mani sui fianchi.

In tal caso...” - rispose Dominic, con aria svagata - “Ho un amico a cui chiedere.”


Lo chiamavano Enchilada per via delle ricorrenti e inevitabili macchie di salsa che aveva sulla camicia. Era grande, grosso, lento. Conosceva tutti e tutti conoscevano lui e la sua trattoria.

Ma, prima di divenire un armadio d'uomo pieno di ricordi e con poco desiderio di vivere, aveva avuto un altro nome, un'altra esistenza e un altro motivo per essere conosciuto da tutti.

Un pilota.

Il pilota che tutti avrebbero voluto essere. Anche Dominic.

Ed Enchilada sembrava saperlo alla perfezione, nell'accoglierlo a braccia aperte.

Nicki.” - lo salutò, alzandosi e abbracciandolo. Con la testa gli carezzava il mento, ma Dom sembrava trovarlo divertente.

Ciao, zio.” - ricambiò, con un sorriso - “Hai rinunciato ai circuiti per la tavola?”

Eh, ragazzo mio, un uomo ha priorità nella vita. Non mi siedo più ai box se posso sedermi nel mio locale.” - replicò, con un sospiro e un vago accento ispanico. Stava in piedi aiutandosi con un bastone e Suki, alle spalle di Dom, notò la gamba destra, innaturalmente rigida e curvata.

Protesi, registrò. Non c'è carne sotto la stoffa. Poi gli occhi salirono alle foto sulla parete dietro al bancone.

Piste. Circuiti. Premiazioni. Montagne di premiazioni. Di colpo quella gamba finta le provocava l'amaro in bocca.

Quello che sembrava Enchilada prima di scoprire i FastFood si alternava sul podio con un uomo di colore che lo superava di tutta la testa e che sorrideva sempre congratulandosi.

Toretto? Istintivamente guardò Dom. No, impossibile, troppo giovane. Ma Enchilada sembrò notare quel processo mentale e le sorrise, con garbo.

Non è lui, è suo padre.” - spiegò, mentre Dom alzava gli occhi alle immagini e, ignorato, distoglieva rapidamente lo sguardo - “La somiglianza è forte, una fitta al cuore, credimi.”

Si zittì. Sospirò. Poi si voltò nuovamente verso le immagini della sua altra vita.

Capisco lo sbaglio.” - commentò, con falsa serietà - “Ma... se lo guardi bene, Dominic ha un mento meno bello.”

Indubbiamente. Notano subito tutti il mio mento. Deve essere colpa delle mie spalle strette.” - concordò Dom, granitico, ringraziando silenziosamente la prontezza di spirito dell'uomo - “Suki, ti presento Enchilada, il più vecchio amico di mio padre. Enchilada... ti presento Fragolina.”

Suki trattenne il fiato, offesa. Enchilada sembrò trovarlo divertente.

Chica!” - rise, battendosi una mano sulla coscia e sprigionando un suono legnoso - “Anche a te ha affibbiato un soprannome alimentare!”

Le tese le braccia e, prima che Suki potesse replicare, la strinse in una stretta calorosa.

Benvenuta nella mia casa. E ora, Nicky, dimmi in cosa posso esserti utile.”


Toretto aveva telefonato più volte. Brian si era reso conto dell'avviso di chiamata ma aveva deciso di ignorarlo, impegnato com'era in ben altri problemi.

L'uomo che Bilkins gli aveva indicato come contatto per i mezzi non sembrava poi così entusiasta all'idea di aiutarli. Con il passare delle ore, aveva cominciato a subodorare il grosso guaio in cui si stava cacciando ad aiutare i tre americani da rally che erano stati inviati dalle sue parti e, per tanto, tergiversava, fingeva di non capire. Dopo l'ennesima schermaglia telefonica, Brian, un poco troppo stanco persino per i propri standard, gli aveva chiesto un confronto faccia a faccia per avere, di persona, il piacere di mandarlo a quel paese.

Il gringo aveva fatto il prezioso ma, alla fine, aveva garantito che si sarebbe presentato. Quando giunse il momento dell'incontro, Suki e Dominic se l'erano filata già da un paio d'ore, dopo aver lasciato Brian solo a camminare sulla spiaggia in un desolante tentativo di calmarsi e chiarirsi le idee.

La lunga passeggiata notturna non aveva sortito alcun effetto e Brian non confidava che quella diurna portasse qualcosa di nuovo. I quesiti erano ancora gli stessi, le conclusioni non erano mutate particolarmente.

Dominic non se ne sarebbe andato.

Mia non lo avrebbe rivoluto indietro.

La polizia non gli avrebbe dato nulla, men che meno un motivo per volere una nuova vita.

E Brian cominciava, in fondo alla mente, a nutrire qualche dubbio sulle proprie scelte personali. Tutto sembrava divenire rapidamente polvere, un tutt'uno con il deserto messicano. E la sola metafora gli provocava un nodo alla gola, un brivido incontrollabile di terrore.

Polvere. Tutto è polvere.

Il desiderio di una birra stava divenendo nuovamente troppo forte e Brian si era imposto di restare calmo. Si era passato una mano tra i capelli e aveva abbassato lo sguardo, ragionando.

Era stato in quel momento che il gringo, Chevarez, lo aveva raggiunto. E, senza attendere le presentazioni, lo aveva ricattato.


Quando le Civic erano apparse, Brian si stava preparando a tirare il primo pugno. Era stato il rombo sincronizzato dei motori a frenarlo. E, con buone probabilità, era stato quello stesso suono a convincere Chevarez della propria sconfitta.

Figlio di puttana.” - aveva mormorato il farabutto, pensando al proprio lauto compenso che, al posto di lievitare, svaniva del tutto. Aveva tirato la corda e questa, alla fine, si era spezzata.

Brian, d'altro canto, era senza parole. Fino ad un attimo prima era stato impegnato a combattere con il fidato gringo che cercava di estorcergli il doppio del denaro pattuito con Bilkins e ora, nel tentativo di fare della propria espressione stranita una faccia da poker, guardava Dominic Toretto scendere dalla macchina capofila e fargli un cenno.

Tranquillo, sembrava dire con quel movimento, tutto come previsto.

Adesso, pensò Brian, non so come uscirne.

Dominic salutò un paio di ragazzi alti e magri usciti dalle macchine e poi, lasciandoli alle mani di Suki, si avviò verso di loro. Aveva la camminata sicura di sempre, forse enfatizzata dai pantaloni informi neri e dalla canotta bianca che faceva risaltare l' asimmetria delle sue spalle. Una saliva, l'altra scendeva quando si muoveva, i fianchi facevano altrettanto e chi gli stava di fronte aveva l'impressione di trovarsi al cospetto di un grosso predatore.

il tuo socio?” - ringhiò Chevarez, afferrando Brian per un braccio - “che scherzo è questo, amico?”

Scherzo? Affari, amico, si chiamano affari.” - Dominic si infilò tra loro senza cambiare espressione e calcando spregiativamente sulla parola 'amico' – “Chevarez, giusto? Levati dalle palle.”

Voi avevate un accordo con me.” - insistette l'uomo, interdetto dal sentirsi chiamare per nome. E Brian, d'un tratto di snebbiò.

Un accordo che non intendevi rispettare.” - ribattè, senza muoversi, alle spalle di Dom, reggendogli finalmente il gioco - “Era inutile continuare a tergiversare, ci siamo rivolti altrove.”

Dove. Chi.” - il messicano aveva le narici dilatate, ansimava come un mantice. Qualcuno che lo conosceva, magari fin troppo bene. Aveva probabilmente immaginato molti scenari, ma non di trovarsi tagliato fuori dai giochi prima ancora che iniziassero - “Conosco tutti da queste parti...”

E noi conosciamo quelli che sono troppo in alto per te.” - concluse Dominic, incrociando le braccia - “Per cui, insisto. Sparisci.”

braccia conserte.

Spalle ad armadio.

E, dietro, un uomo alto e biondo che si stava massaggiando le mani.

Troppi, ragionò Chevarez, contando i ragazzi appoggiati alle macchine. Ma sarebbe stato troppo già soltanto il mastodonte di colore che gli stava davanti.

Vi state mettendo in un guaio.” - spuntò ancora, movendo precauzionalmente un passo indietro.

Vero.” - rispose Dom annullando i suoi sforzi con un passo in avanti. 'Mettendo'? Noi siamo in un guaio... - “Ma non sono affari tuoi.”

Potrebbero esserlo.”

Potrebbero.” - altro passo - “Ma non lo sono.”

Sembrava una concessione. Chevarez fu quasi tentato di ringraziare.

Gli occhi di Toretto si alzarono sopra la sua testa, poi tornarono a puntarlo. Il messaggio era inequivocabile.

Sparisci.

E Chevarez, a conti fatti, dovette ammettere che era un buon consiglio.


Dominic attese che Chevarez fosse in macchina prima di voltarsi in direzione di Brian.

Scusa, capo.” - disse, cercando di sembrare pentito - “Ho pensato ti servisse una mano.”

Dove..” - Brian sentiva la rabbia salire ma, sorprendentemente, un risata arrivò alle labbra prima delle lamentele. Dominic aveva procurato tre Honda Civic facendo un giro in macchina - “Dove le hai prese?”

Dove ho preso le precedenti.” - rispose Dominic, guardandolo. Brian, con le mani appoggiate alle ginocchia, rideva come un pazzo - “Intanto quello non ci avrebbe mai aiutato.”

Oh, me ne sono accorto.” - Brian si asciugò gli occhi e cercò di ricomporsi - “Aveva una faccia... credeva che gli avresti strappato i denti di bocca.”

Altre risate.

Bhe, si, avrei potuto. Ma non sarebbe stato educato.” - Dominic non sapeva cosa rispondergli... Perché così allegro? Crollo nervoso? - “Comunque le macchine sono da settare. E per stanotte ci prestano un'officina. Ok?”

Ok.” - intanto, di dormire... - “Ma...”

Si, Brian...”

Dove hai detto che le hai prese?”


Quindi tu...” - mormorò Enchilada, sedendosi al tavolo con loro - “...non hai un soprannome.”

Non do un soprannome a tutti.” - commentò Dom, riempiendogli un bicchiere di vino e aggiungendo un goccio al proprio - “E Brian non è spiritoso, non avrebbe apprezzato.”

Non gli creda, io sono spiritoso.” - si difese Brian. Quell'uomo, lo zio di Dominic, che zio proprio non era, aveva l'aria simpatica, bonaria. Difficile rammentare come le Civic fossero frutto di un 'favore che qualcuno gli doveva' e che i due macisti che le avevano guidate fossero i suoi figli.

Non sei spiritoso. Tu fossi spiritoso, io ti avrei chiamato 'tonno'.” - gli comunicò Dom, indicandolo con il bicchiere. Poi si voltò verso Enchilada, prima di bere un sorso - “Era il suo trucco per rimorchiare mia sorella. Prendo un sandwich al tonno... come è il tonno? come hai detto che ti chiami, bella ragazza?”

Enchilada rise, battendo come suo solito la mano sulla finta coscia. I ragazzi alle sue spalle, contro il bancone del locale, gli fecero eco.

Nel resto del messico era già l'ora della siesta, ma al ristorante di Enchilada si stava facendo un eccezione per i forestieri. Un'eccezione a base di pesce arrostito, buon vino, frutta dolce e troppo matura. Un paradiso, dopo tre giorni di birra e burrito e prima di gettarsi in una maratona criminale di almeno trenta ore in cui il nutrirsi sarebbe stato l'ultimo dei loro pensieri.

Forse per il vino, forse per il cibo, anche Brian rise della battuta. Tonno... si, in effetti se lo sarebbe meritato. Sandwich al tonno, senza crosta. Mi piace il tonno. La risata si spense dolcemente, mentre abbassava lo sguardo. Era passata una vita da allora. Lui non era più il poliziotto fresco di accademia e desideroso di carriera, Mia non era più la neodiplomata con il desiderio di una vita migliore.

O forse si. Mia era ancora quella ragazza. E, da questa realtà che Brian non voleva vedere, erano nati tutti i loro problemi.

Sospirò, alzando gli occhi verso la tavolata. Anche i figli di Enchilada si erano decisi a prendere posto e Suki, ovviamente, si intratteneva con uno di loro. Erano due ragazzi non particolarmente alti, spessi, dall'espressione tranquilla. E, da quel che aveva potuto vedere Brian, erano tutte persone capaci di stringere un volante e usarlo per disegnare traiettorie.

Si respirava aria di gare in quel posto. Da un lato le foto di Enchilada, dall'altro quelle dei suoi figli su circuiti minori.

perché Dom non mi ha mai portato qui?” - Si era domandato Brian entrando, con la prima occhiata alle immagini. E, prontamente, si era dato una risposta caustica e vera. Gare legali, circuiti veri.

Quelle pareti denunciavano una storia che Dom avrebbe voluto per sé e che aveva irrimediabilmente perduto nel vendicare suo padre. Quella stanza doveva renderlo terribilmente consapevole di aver spezzato la propria esistenza con un colpo ben dato di chiave inglese, di aver rinunciato a qualcosa di assurdo e grande senza possibilità di ritorno.

Eppure era andato avanti. Brian fissò Dom, mentre questi rideva di una storiella di Enchilada e ribatteva, avvolto dal fumo di sigarette, il bicchiere ben stretto tra le dita. Dominic Toretto continuava a muovere i suoi passi su questi terra con dignità e senza battere ciglio. E, con quella forza di volontà, piegava chiunque al suo passaggio.

Si alzò, portandosi appresso la birra che stava bevendo. E uno dei figli di Enchilada, Juan, lo affiancò, mentre si fermava davanti alla parete dei trofei.

Un grande.” - affermò, intuendo quale foto stesse guardando - “Toretto.”

Si chiamava Dominic anche lui.” - commentò Brian, più per riempire i vuoti che per interesse a conversare.

Nick, per gli amici. Ma io lo chiamavo zio.” - annuì Juan - “Sulla pista era il più veloce e preciso. Nessuno riusciva a superarlo.”

Forse correva per un buon motivo, pensò Brian. Forse aveva un buon motivo e, del resto, non gli importava nulla.

Ha fatto una brutta morte.” - concluse Juan, riportandolo al presente. Guardò il proprio genitore, impegnato a condividere chissà quale ricordo con Dom - “Mio padre ha perso una gamba ma, almeno, ha salvato la pelle. Lui... nick...”

Lo so.” - rispose Brian, in un soffio.

E Juan si voltò, con un'attenzione diversa da quella che finora gli aveva dedicato.

Lo sai?” - domandò, con vago accento inquisitorio. Brian lo fissò dritto negli occhi scuri, senza arretrare.

Dom me lo ha raccontato.” - tornò a fissare le foto, un gruppo. Reggevano bottiglie, corone e c'era un ragazzo a fianco del vincitore. Un ragazzo sorridente con spalle troppo larghe - “Di lui, dell'incidente, il fuoco... le urla...”

La voce gli si spense. L'espressione di Juan, ora, lo aveva messo sul chi vive. Brian ricambiò l'occhiata con una punta di incertezza, domandandosi cosa gli fosse sfuggito di tanto importante in quella manciata di parole.

Perdonami.” - mormorò Juan, dopo un lungo silenzio - “Non immaginavo.”

Non immaginavi... cosa...”

Credevo fossi solo un collega, un socio in affari.” - mormorò Juan. Sembrava non aver paura di dire ciò che pensava - “Non un amico.”

Ti sbagliavi.” - rispose Brian, ripagandolo della stessa moneta - “Ma, toglimi una curiosità, cosa ti ha fatto cambiare idea?”

Ti ha parlato di suo padre. Delle urla.” - replicò il ragazzo. E aggiunse, sottovoce - “E, a quanto ne so io, non lo aveva mai fatto, nemmeno con Mia.”


Adesso si ricordava di Juan. Più giovane, più magro, al seguito di un altro gruppetto di piloti durante la gara nel deserto di sette anni prima. Era stato uno dei tanti ad avvicinarsi a Dominic, ma uno dei pochi che lui aveva salutato con autentico piacere.

Io ero al circuito, quel giorno. Il giorno del padre di Dominic.” - aggiunse Juan, incuneandosi tra le sue riflessioni - “So quello che è successo perché l'ho visto. Io ho visto Dom e conosco la versione dei fatti che ha raccontato a sua sorella.”

I suoi occhi scuri si mossero, squadrandolo ancora. Chi sei, sembrava chiedersi. Cosa hai di tanto particolare da obbligare Dominic a svelare i propri segreti? Non lo so, avrebbe voluto rispondere Brian. Non lo so e non riesco a immaginarlo.

Ehi, Juanito.” - li interruppe Dom, raggiungendoli e passando un braccio attorno al collo del ragazzo - “Tormenti Brian con aneddoti dei bei tempi che furono?”

Qualcosa del genere.” - Juan aveva ereditato da suo padre la capacità di dissimulare, a quanto sembrava - “stavo per esporgli la tua prima sbornia.”

Non lo ascoltare.” - Dom era davvero allegro, nel minacciarlo con un dito puntato. Probabilmente, non immaginava nemmeno il calibro della loro conversazione - “Era un moccioso e piaceva poco alle ragazze, me lo portavo appresso per dargli una mano.”

Come facevi con Jess quando ti ho conosciuto, considerò Brian. Hai un debole per i deboli. Ma si impose di stare al gioco e sorrise, bevendo un sorso di birra.

Dobbiamo andare.” - stava dicendo Dom, stringendo la mano a Juan, accettando un abbraccio improvvisato ma sincero - “finisci la birra, abbiamo tre macchine che ci aspettano.”

Certo.” - Brian non se lo fece ripetere due volte. Posò il vetro vuoto sulla mensola, alzando gli occhi un'ultima volta alla foto. Ridevano, in quella foto ridevano tutti.

Qualunque cosa sia.” - gli disse Juan, mentre Dom proseguiva a salutare i presenti - “State attenti.”

Non ti preoccupare.” - rispose Brian, senza guardarlo. Nella foto, Dom stringeva la coppa di suo padre, alzandola sopra la testa - “Gli guardo io le spalle.”


8


L'officina era nell'entroterra, in un paese in mezzo alla polvere e alla sabbia rossa. Era ricavata da un vecchio caseggiato dall'aspetto coloniale che ricordava a Suki le case del film Zorro, tutte ballatoi e colonne. Bella, le piaceva.

Io prendo la stanza più grande.” - disse, salendo la scala principale con il portatile sotto al braccio - “Vado a vedere se abbiamo connessione.”

Era una bella scusa per esplorare l'edificio mentre Dom e Brian sistemavano le macchine sotto un portico che ne avrebbe ospitate ben più di due, fosse stato sgombro di fieno, galline e vecchio legname.

Nessun segnale dall'etere. Pazienza. Si affacciò da una finestra del corridoio e fissò il movimento sullo spiazzo. Brian, con retromarce sul filo del rasoio, parcheggiava i mezzi, Dominic copriva le loro con teli scuri.

C'era solo da stupirsi che non si fosse radunato un discreto pubblico, vista la confusione che facevano. Ma, a quanto stava scoprendo Suki, il messico era un paese in cui, cordialità a parte, erano tutti in grado di farsi gli affari propri.

Enchilada aveva dato loro fiumi di informazioni, come se ogni novità e ogni movimento in città fosse perfettamente a portata di tutti. Ma, quando le civic avevano sfilato per le vie ed erano state disposte a raggiera sulla passeggiata a pochi metri dalla spiaggia, nessuno aveva ufficialmente visto o capito.

Da allora, le macchine, ridotte da tre a due, avevano cambiato le targhe e si preparavano a divenire nere. Le avrebbero tinte e sarebbero stati pronti per l'alba, giusto in tempo per partire.

Dominic aveva ceduto la Supra come garanzia, nel caso le Civic fossero tornate danneggiate. E le modifiche da fare non avrebbero richiesto molto tempo, aveva garantito Juan, lasciando le chiavi e salendo sulla macchina del fratello per andarsene.

Una chiusura di giornata tranquilla, dopotutto. E l'indomani, sulla strada che collegava Hermosillo a Yecora, avrebbero assaltato un camion.

L'obbiettivo era obbligarlo a fermarsi, aprirlo, prelevare alcune casse e dare fuoco al resto. Brian avrebbe verificato il contenuto, visto che sapeva cosa contenevano e non intendeva rivelarlo a nessuno.

Il resto... bhe, il resto, a quanto sembrava, avrebbe fatto un bel botto. Meglio essere in una zona desertica.

Confortante.” - pensò ancora Suki, restando appoggiata al davanzale e continuando a fissare i due. Dominic dirigeva le operazioni, Brian spostava macchine a ripetizione.

Di qua, di là, più indietro.. andiamo, O'Conner, sai fare di meglio, forza!

Doveva divertirsi come un pazzo. Suki sospirò e tornò ai propri ragionamenti.

perché un colpo cosi complesso per un lavoro così barbaro?

Lo aveva chiesto, per togliersi ogni dubbio prima di iniziare.

perché vogliono un colpevole su cui puntare il dito.” - aveva risposto Brian - “Dom ha fatto assalti del genere più o meno ovunque, vogliono che anche questo sembri un colpo ben fatto. A quanto dicono, non sarebbe la prima volta che esplode un camion...”

Era una cisterna di benzina.” - aveva puntualizzato Toretto, impassibile - “Ed è stato un incidente. Non volevo.”

Bhe, questa volta vuoi.” - aveva risposto Brian, massaggiandosi il collo con aria infastidita - “E' il tuo paese che te lo chiede.”

No, il mio paese lo ha chiesto a te.”

Si, ma adesso tu sei qui e sai meglio di me cosa dobbiamo fare. Ti spiace illustrarci il meccanismo?”

Dominic gli aveva sorriso, prima di chinarsi sulla cartina e cominciare a parlare. Aveva spiegato le manovre, i tempi, le distanze con precisione quasi millimetrica. Come avvicinarlo, come aprirlo, come prelevare il tutto. No, non lo fermiamo, lo sganciamo. Poi lo facciamo esplodere. Che ne dici?

No, non sono convinto, aveva detto Brian.

E da capo, fino alla soluzione ottimale. Un battibecco cronico tra due menti criminali. Abbiamo troppe macchine, siamo troppi pochi, siamo troppi, non ci bastano le macchine... e così via, sino a piena soddisfazione di entrambe le parti.

Siamo pronti.” - sospirò dunque la ragazza, chiudendo la finestra. Il rumore dei motori cominciava a sembrarle monotono.

Dom stava ancora criticando le manovre di Brian. E Brian, inserita la prima, sembrava aver deciso di investirlo.


Spesso, regolando questo o quello, con la testa dentro a un cofano, Dominic si ritrovava a ricordare e a riflettere su tante situazioni e tanti fatti.

Solitamente pensava a Letty, alla sua passione per le borchie, alla facilità con cui sapeva restargli a fianco, la prontezza con cui prendeva il controllo della situazione se il caso lo richiedeva.

Ma, talvolta, quando il ricordo si faceva troppo doloroso, la mente di Dominic tentava di passare oltre, ad altre persone, ad altre situazioni.

Vincent, ad esempio. Vincent era morto mentre Brian e Dominic si sfidavano al quarto di miglio, forse nell'attimo in cui saltavano il passaggio livello all'unisono, forse nell'istante in cui la macchina di Dom si accartocciava sull'asfalto.

Dominic lo aveva saputo giorni, no, settimane dopo. Si era seduto, aveva stappato una birra e brindato al suo vecchio amico, morto senza il piede sull'acceleratore. A Vincent, che avrebbe tenuto compagnia a Jess negli autodromi del Signore.

Dopo aveva telefonato a Letty. Forse perché la solitudine era grande, perché il dolore era troppo per poterlo arginare da solo, perché non aveva nessun altro da chiamare, nessuno con le spalle abbastanza larghe da sorreggerlo.

Letty le aveva. Solo Letty.

Fatto.” - Brian gli arrivò a fianco, levandosi i guanti e la mascherina. Puzzava di solvente e vernice, aveva macchie nere ovunque - “Suki ha quasi finito. Ci sa fare, sto pensando di farle aerografare anche la NSX, che ne dici?”

Ti vedo bene su una macchina rosa fragola.” - rispose. Si raddrizzò, allargando le spalle doloranti e pulendosi le mani nello straccio - “Ci arrivi in quel punto?”

Dove? Qui?” - Brian si era piegato, insinuando una mano nel motore. Aveva dita più lunghe, precise. Potevano tornare utili - “Si, in effetti ci sono. Prova.”

Dom afferrò un pezzo e premette, lasciando via libera all'altro. Poi, prima che chiedesse, gli passò una chiave.

Grazie.” - disse Brian, armeggiando senza guardarlo. Era bravo, senza dubbio. Doveva aver avuto un buon maestro, da ragazzino, qualcuno disposto a lasciargli sperimentare perché potesse capire e fidarsi del proprio istinto del fatto che si può vedere con la punta delle dita.

Di niente.” - rispose Dom, pulendosi con lentezza le mani, un dito alla volta - “Brian, posso farti una domanda?”

Sentiamo.”

Il tuo amico... quello di cui mi hai parlato... quello in fondo alla strada... che fine ha fatto?”

Silenzio. Solo il rumore della chiave contro il metallo. Poi la sua voce, quella di sempre, quella di quando si preparava ad omettere qualche verità.

Perché ti importa?”

Non lo so. Ma so che mi importa da quando ho detto quella bastardata, quella su tuo padre che...”

Non hai detto una bastardata. Hai solo detto la verità. Passami la chiave.”

Un altro silenzio, un altro passaggio di attrezzi. E Dominic impegnato a digerire quell'affermazione, a risentire la propria voce e a darsi del figlio di puttana da solo.

Tu sai infiltrarti bene perché non sei uno sbirro.” - gli aveva ringhiato contro, per il piacere di scuoterlo - “Sei uno di noi, pensi come uno di noi ma vorresti essere uno di loro. E sai perché? perché non vuoi sentirti un fallito. Non è così Brian? Il papà sbirro non voleva questo? Non ti ha picchiato fino a farti svenire per renderti più forte, per renderti degno di quella divisa? Magari ha persino sparato al tuo amico meccanico per farti tornare in te!”

Non hai detto una bastardata. Hai detto la verità.

La verità, la verità, la verità...

Basta, si disse, cacciando il ricordo in fondo alla mente. Lasciò cadere lo straccio a terra e si appoggiò al cofano. Brian lavorava in silenzio, con le mani dove, fino a poco prima, erano state quelle di Toretto.

Tanto valeva finire l'opera. E, dopo aver provocato, ascoltare anche il resto.

E come è finita?” - domandò dunque, con calma.

Non gli disse che avrebbe potuto evitare di rispondere. Non gli disse nulla per confortarlo o alleggerire la conversazione.

Dom voleva sapere, voleva provare a capirlo, con le sue contraddizioni, con le sue incertezze e le improvvise levate di testa.

Perché, da quando era apparso per la prima volta al chiosco, da quando aveva risposto al primo pugno di Vincent o aveva ricambiato la prima occhiata di Mia, aveva compreso di non riuscire a incasellarlo in nessuna tipologia umana conosciuta.

Brian, il bugiardo, l'onesto, lo sbirro, il giustiziere, il nemico, l'amico. L'incomprensibile cacciatore che lasciava fuggire la preda, il perdente che non cercava rivincita, l'agente aggrappato alle regole che ribaltava un pulman di galeotti, il ragazzo che non aveva paura delle macchine perché potevano salvarlo da tutto il resto.

Brian, che aveva gli occhi del fuggiasco, sempre.

Dominic attese, in silenzio. E Brian, minuto dopo minuto, strinse, regolò, ripulì e collegò. Poi, con un sospiro, certo di non poter sfuggire ancora, si raddrizzò e fissò Dominic dritto negli occhi.

L'ha fatta franca, per un poco.” - rispose, senza battere ciglio - “Poi è morto, prima che io mi decidessi a denunciarlo.”

Lo avresti davvero fatto? Avrebbe voluto chiedere Dominic. Lo odiavi davvero fino a questo punto?

Ma non poteva. Non poteva domandargli tanto.

Era tu padre.” - disse soltanto. Tuo padre. E un padre è parte di noi, anche quando non vorremmo.

Certo, ma l'altro era...” - esitò. Poi gli occhi tornarono lontani, immensi - “...era un amico. Passami quell'altra chiave.”


Suki non disse nulla. Li aveva studiati, restando pochi passi indietro, in parte nascosta dal colonnato. Non si erano accorti della sua presenza. Stavano parlando, un timbro di voce chiaro e udibile, senza segreti.

Ma parlavano di cose che non andrebbero udite, che non avrebbe voluto udire.

La confondevano. Suki odiava essere confusa. Eppure la vita non aveva fatto altro, da quando era nata. Le aveva dato una patria che non aveva mai visto, uno stato in cui vivere in cui non si riconosceva, una città che troppo spesso veniva sostituita con un'altra.

La velocità l'aveva confusa, sin da piccola. Cambiamenti troppo veloci, mutamenti troppo rapidi, spiegazioni troppo complicate per il suo cervello di bambina.

Tutto troppo veloce, tutto andava troppo veloce, senza pietà, senza frenate, senza modi per rallentare.

Confusione. E velocità.

Alla fine era stato inevitabile cedere almeno a una delle due. E Suki aveva preferito di gran lunga la velocità al caos.

Macchine, luci, feste, illegalità. Velocità, prontezza, mai fermarsi, mai dubitare. Nessuna confusione che non fosse piacevole. Varietà, non confusione, musica, non frastuono. E, poco a poco, aveva cominciato a sentirsi bene.

Ma quei due uomini la confondevano comunque. Toretto, la leggenda su strada, O'Conner, il perenne vincitore in gara.

Sbagliato. Confuso. Toretto il vincitore, Brian il misterioso.

No, ancora non ci siamo. Toretto il misterioso e Brian... no, niente da fare.

Camminò a ritroso, allontanandosi e si sedette sul gradino dell'ingresso, riflettendo. Da quando era entrata in collisione con 'Fast and Furious', il suo mondo era andato rapidamente sgretolandosi.

Tutto aveva cambiato prospettiva, dalle corse alle persone fino alle menti.

Era sempre vissuta nell'ambito delle corse clandestine, non aveva nemmeno immaginato come queste potessero essere un ripiego, oppure un impiego temporaneo. Perché cercare una pista vera se potevi avere tutto questo?

Non aveva mai pensato che si potesse rischiare senza un tornaconto. Ogni colpo era ideato per il gusto del rischio e del vantaggio, non per idealismi. Perché dovrei farlo se non approvo?

Anche ora, dopotutto, perché si affannava tanto? Ah, certo, la propria fedina penale, l'immunità diplomatica... ma Brian? E Dom?

D'un tratto si sentiva limitata. Ed egoista, chiusa in un guscio di capricci che non sapeva nemmeno quando l'avesse circondata.

Era sempre stata cosi? Oppure...

Oh, che diamine! Si alzò e si piegò poco oltre, recuperando tre birre fredde dalla ghiacciaia. Attraversò il cortile spedita e li raggiunse. Ma, quando fu a pochi passi da loro e dalle loro conversazioni impegnate, sentì un cellulare squillare.

Il cellulare di Brian.

E poco dopo, la sua voce tesa.

Mia. Mia, dove sei...”

E Suki, lentamente, arretrò fino a poter fuggire.


Volevo solo salutarti.” - disse Mia, alzando gli occhi e controllando ancora una volta gli orari. C'era tempo, c'era ancora tempo - “State.. state bene?”

Mia, dove stai andando...” - Brian non chiedeva, implorava - “Io non... Dom...”

si impose di restare calmo, chiuse gli occhi, respirando piano.

Si, stiamo bene.” - rispose. Poi insistette - “Mia, dove sei.”

In un posto affollato.” - scherzò lei - “Gente che va, gente che viene... sembrano tutti così felici di partire...”

Arrotolò il cavo telefonico alle dita. E strinse, per non tremare.

Anche io sono felice di partire.” - aggiunse, decisa - “Volevo solo lo sapessi.”

Mia...”

Me ne vado, Brian. Me ne vado.”

Me ne vado.

Me ne vado.

Brian chiuse gli occhi, quando il mondo prese a girare. Il cortile, il colonnato, il buio calante del tardo pomeriggio... si piegò in avanti, posando una mano sul ginocchio, respirando ancora.

Non essere un idiota, calmati.

Di nuovo diritto, teso.

Dove stai andando.” - domandò, ancora, deciso - “Mia, andrà tutto bene, devi credermi, sto facendo di tutto per migliorare le cose.”

Lo so.” - lo interruppe lei, concitata - “Ma non miglioreranno, non miglioreranno mai se continueremo a rincorrerci, se continuerò ad aspettare che uno di voi torni da me. Io... devo essere io quella che se ne va perché qualcosa cambi.”

L'altoparlante stava gracchiando un avviso. Mia, spaventata dall'evenienza che Brian potesse udirlo, coprì il ricevitore. E questo aumentò in lui la paura dell'ignoto, del baratro che sentiva aprirsi sotto i piedi.

Aspetta.” - ansimò - “Aspetta, Mia.”

Si voltò, correndo, tornò verso il colonnato, l'officina. Tornò correndo da Dom, e lo afferrò per una spalla.

Parlale.” - disse soltanto - “Parlale, ti darà ascolto.”

Dom lo guardò, troppo sorpreso per replicare. Afferrò il cellulare, fissando il display. Nessun numero, nessun appiglio.

Se ne va, Dom, dille di non farlo. Dille che sto sistemando ogni cosa.” - aggiunse Brian. Una preghiera - “Ti prego...”

Non accennava a lasciargli il bicipite. E Dom portò il ricevitore all'orecchio, posando la mano e l'attrezzo che stringeva sulla spalla di Brian.

Calmati.

Mia.” - disse, con voce incolore - “Cosa succede.”

La risata che gli rispose aprì una ferita dolorosa.

Credevo avessi detto che non ti saresti mai messo tra di noi.”

Se stai partendo...” - non si lasciò intimidire - “... vorrei essere informato anche io.”

perché, Dom? perché sono tua sorella? perché sei abituato a sapermi a casa? Non credo tu abbia mai avuto per me tanta considerazione da informarmi sui tuoi spostamenti.”

Mia...”

Questa è stata l'ultima volta, Dom. Non intendo più aspettarti, sapere dove ti sei stabilito o raggiungerti. Non voglio più aspettarti, non voglio più lasciare che mandi le nostre vite a scatafascio.”

Mia...”

Smettila!” - scattò. Chiuse gli occhi, ordinò alle proprie mani di smettere di tremare, alla propria voce di essere stridula - “Non fate altro che ripetere il mio nome, entrambi. Mia, Mia, Mia... e non significa niente. Niente, Dom. Non sono la tua sorellina bisognosa di protezione, non sono la sua ragazza da tutelare. Per questo me ne vado.”

Con un nuovo nome e una nuova vita. Non ebbe bisogno di aggiungerlo, Dom lo percepì comunque, come percepì con chiarezza lo squarcio che gli si allargava al centro del petto.

Mia sapeva come procurarsi documenti, sapeva come badare a se stessa. Se aveva deciso di farlo, allora... allora...

Ecco, pensò soltanto, con un attimo con atroce lucidità, un nuovo ricordo sgradevole. Un nuovo dolore da rivivere con le mani in un cofano.

Istintivamente allungò le dita e strinse la lamiera. Calda, calda come l'aria.

Ok, ci sono. Ora so cosa devo fare.

Dove stai andando.” - tentò ancora. Ancora una volta.

Lontano. Da entrambi. Ma starò bene, non ti preoccupare.”

Ecco, ecco la parte difficile.

Mia, io vorrei...” - accelera - “Io voglio solo tu sia felice.”

Lo so.”

Sei la mia sorellina. E non voglio perderti.” - alza gli occhi, guarda Brian, guardalo mentre rinunci ad aiutarlo - “Voglio davvero che tu stia bene.”

Accelera ancora.

Lo so, Dom. Lo so. Spero solo tu possa capire.”

Lo capisco, piccola.” - non chiamarla Mia, non pensare a lei come alla bambina che hai cresciuto. Non pensare che se ne va perché tu non possa più farle del male - “E' questo che vuoi davvero?”

Credo di si. E vorrei che tu non tentassi di farmi cambiare idea. Io... io non voglio partire sapendo che c'è del rancore tra noi.”

Non ce ne sarà. Non c'è. Ma io... io vorrei avere tue notizie.”

Strinse più forte la spalla di Brian, sentì la chiave premergli al pelle. Mia rideva piano, nel ricevitore, rideva ancora, ma per Dom era il suono stridente del chiodo nella lamiera.

Oh, Dom... e dove, come... dove sarai... non lo sai, vero?”

Tornerò a casa. Se tutto andrà bene, io sarò a casa nostra.”

Non esiste una casa nostra. Casa è dove vive una famiglia, non ricordi?”

Si, è vero, casa è dove sei tu. Casa è ciò che si difende... io non ho casa senza di te... Accelera, accelera, accelera...

Fai buon viaggio.” - aggiunse. E il respiro di Brian mutò, addensandosi.

Lo sarà.” - Mia sbattè le palpebre. Tutto troppo veloce, troppo, come sempre, con suo fratello - “Lo sarà, Dom. Addio.”

Sorpassa.

Devi dire a Brian che lo amo.”

Lo sa.” - e tu sai che non lo farò.

Si, forse hai ragione.”

Vinci.

Addio, Mia.”

Non voltarti. Non voltarti indietro.

Dom chiuse la chiamata. Mia fece altrettanto. Poi alzò gli occhi agli schermi. No, si ripetè, senza controllare i singhiozzi. C'è ancora tempo. Tempo per gettarsi alle spalle l'ultimo dolore.


9


Vinci.

Perdi.

Non voltarti indietro.

Passa al prossimo quarto di miglio.

La mano di Dom lasciò la sua spalla nell'attimo stesso in cui abbassò il cellulare. Quella di Brian fu decisamente più lenta a mollare la presa. Dom senti le dita stringere, martoriare il muscolo e poi, di colpo, rilassarsi.

Non potevo fermarla.” - disse soltanto, fissandolo dritto negli occhi azzurri.

Semplicemente non potevo.

Perdonami.

Perdonami.

Ti ha detto dove?” - Brian stringeva la mascella, immobile.

Dom esitò. Poi scosse la testa impercettibilmente.

Ha detto che starà bene.” - rispose, come se potesse significare qualcosa. Ma cosa, cosa può significare se hai lasciato lui, hai lasciato me...

E noi? Cosa abbiamo fatto noi, del resto...

Se ne è andata.”

Cosa vuoi Brian? Un si? Del silenzio?

Vuoi davvero una risposta?

Non so se... credevo ti avrebbe ascoltato.”

No, non penso.” - Dom abbassò gli occhi, posando la chiave e lo straccio. Non riusciva a lasciar andare il cellulare, quasi fosse un ultimo aggrapparsi a Mia, alla sua voce, alle sue parole.

Non mi avrebbe permesso di interferire.

Mi hai solo dato modo di dirle addio.

Ho sempre saputo dove trovarla. E ora, ora che dipendeva da me...

No, non cedere.

Si voltò verso il cofano, riprendendo il lavoro interrotto.

Ho quasi finito.” - disse soltanto, cercando di ricordare a che punto fosse con la regolazione, poco prima, prima che il mondo crollasse definitivamente - “Vedi a che punto è Suki con la vernice, deve cominciare con questa...”

Si. Io... me ne occupo subito.”


Si sentiva anestetizzato.

Si sentiva galleggiare.

Polvere. Tutto è polvere.

Illusioni, nel deserto, fine di un noi solo immaginato.

Noi, io e Mia, noi, destinati a sopravvivere a ogni cosa.

Noi, la parola che aveva imparato varcando il Messico, con Dom.Nos.

Nos, come la sigla delle nostre vittorie. Nos. Noi.

Saremo un noi, assieme, saremo una famiglia.

Saremo... non saremo mai.

Suki, Dominic è pronto, ti porta la macchina tra poco.”

Bene. Tu... tutto ok?”

Certo. Tutto a posto. Ti serve una mano?”

No, tranquillo.”

Grazie.” - grazie di cosa? La guardò, senza vederla realmente. Le girò le spalle, allontanandosi, senza sapere dove andare.

Un motore ringhiò nella notte. La civic sfilò lenta a pochi metri di distanza, fermandosi nel punto prestabilito. Dom era sceso, scambiando, due parole con la ragazza, ma Brian non aveva distinto i vocaboli. C'era il suono del motore, distinto, al centro del cervello. Un motore su di giri, tanto da assordare.

Un motore e la sua voce. Il motore non nascondeva la sua voce, per quanto forte girasse.

Ti amavo. Ti... amo.

Non volevi ti salvassi, non volevi questa libertà che sto cercando di comprarti con le mie azioni. Non volevi nulla del genere, sei sempre stata libera di andare avanti e... e mi hai aspettato. Hai aspettato Dominic, hai atteso e, infine, ti abbiamo lasciata di nuovo.

Dom ti ha lasciato per corrermi dietro. Perché io, quel giorno, non l'ho ascoltato.

Non rischiare per me, per qualcosa in cui non credo affatto.” - aveva detto - “Te lo chiedo per favore.”

Per favore. Aveva un valore, io non l'ho visto. Dominic lo sapeva, sapeva quali sarebbero state le conseguenze, lo sapeva sin da principio, come sempre. Siamo destinati a perdere tutto. Non conta nulla arrivare secondi, lo hai dimenticato, Brian. Primi, bisogna arrivare primi.

E tu non ne sei capace.

Fallito, Brian. Fallito.

Si coprì le orecchie con le mani e si sedette a terra. Quanto aveva camminato? Si vedeva ancora la casa, più in basso, in un punto privo di vegetazione.

Ma non c'era odore di vernice, non c'era il rumore dei motori, il tonfo sordo del metallo contro al metallo. Solo il deserto, con il silenzio.

Ti amo, Mia. ti... ti amavo.

Chiuse gli occhi. La lacrima, cadendo, rese più scura la polvere.


Suki era davvero brava con il compressore. Brian non aveva esagerato. Dominic si sedette a osservarla a distanza di sicurezza, godendosi la discesa del sole all'orizzonte.

Verniciava senza preoccuparsi della sua presenza, attenta ai movimenti, per niente disturbata dal lavorare in un posto poco attrezzato e con materiale quasi di scarto. La vernice doveva reggere poche ore, non serviva un lavoro particolarmente raffinato. Ma Suki ci stava mettendo comunque una certa bravura.

Gli piaceva fissarla. Gli impediva di pensare. Lo illudeva di poter non pensare ancora per qualche minuto a sua sorella. Non aveva restituito il cellulare a Brian, lo conservava come una reliquia nella tasca dei pantaloni.

Dieci secondi, pensò. Dieci secondi cambiano tutto. Cambiano la vita.

Era durata di più la telefonata di Mia? E la paura di Letty prima del colpo di pistola? Era durata di più o di meno?

Si passò una mano sulla fronte, intrecciò le dita e vi posò le labbra. Letty... Letty era morta cercando un modo per riportarlo a casa. Mia se ne era andata perché aveva fallito nel tenerlo ancora ad un posto. E Brian... Brian aveva perso ogni cosa nel dargli un'occasione per fuggire.

E tutto quello che Dom si sentiva di provare, dopo tutto questo, era stanchezza.

Non gratitudine, non dolore, non rabbia... solo stanchezza.

E solitudine.

Infinita solitudine.

Posso aiutarti in qualche modo?”

Dominic alzò gli occhi, sorpreso. Suki era in piedi, poco distante, con la mascherina e gli occhiali in mano. La macchina era dipinta a metà, alle sue spalle, c'era ancora molto da fare ma... ma Suki era lì, in piedi, e lo guardava, interrogativa.

No, grazie.” - rispose Dom, con lentezza - “Tutto a posto.”

No, non è vero.” - lo contraddisse la ragazza. D'un tratto era vicina, tanto vicina da sedersi al suo fianco con le ginocchia quasi sotto la mento - “E' la stessa cosa che ha detto Brian e tutti e due siete dei pessimi bugiardi.”

Dominic Toretto la fissava. Tanto valeva finire l'iniziato.

E io mi intendo di bugiardi.” - proseguì, imperterrita - “Io odio i bugiardi. Per cui, spara. Ti ascolto.”


Mia aveva mani delicate. Brian adorava sentirle scivolare sulla pelle, sul viso, le labbra. Chiudeva gli occhi e dimenticava tutto.

Mia era magia, magia. E pace.

Solo con Mia si sentiva in pace.

Gli sorrideva, lo sfiorava e... Brian dimenticava ogni cosa. Passato, presente, futuro, il desiderio di correre più veloce, sempre più veloce.

Con Mia, Brian poteva fermarsi. E Dominic, con Letty...

Oh, mio dio. Brian si strinse la testa tra le mani, piegando il capo. Adesso, come attraverso uno strappo, vedeva. Capiva.

Dominic gli aveva detto di chiedere a Mia cosa volesse realmente. E Brian non l'aveva mai fatto, non aveva mai avuto il coraggio di sapere.

Aveva avuto paura. Paura di fare quell' unica domanda a cui non smetteva mai di pensare.

Vuoi un futuro con me? Lo vuoi?

La propria domanda. E non una domanda per Mia.


Non volevo che Letty passasse la vita in fuga, l'ho lasciata perché mi sembrava la soluzione migliore. Ho sbagliato.” - Dominic lasciò vagare lo sguardo allo spiazzo, al buio - “E l'ho persa, per sempre.”

Silenzio.

Quando mi ha detto che la sua vita era perfetta... non era quello che volevo sentirmi dire. E ho scelto per entrambi.”

E lei è morta.

Morta, morta, morta.

Dom si voltò, guardando Suki.

Brian ha fatto lo stesso sbaglio.” - spiegò, con lentezza. Ma non c'era condanna nella sua voce - “E mia sorella se ne è andata.”

Ma è viva, lontana da tutto, felice. Felice...

Suki tese istintivamente la mano, posandogliela sulla guancia. Non piangeva, non batteva ciglio, non traspariva nulla. Ma gli occhi, gli occhi bruciavano, bruciavano senza sosta.

Lo aveva lasciato parlare, senza interromperlo. Ogni parola sembrava una forzatura nel suo modo di prendere le cose, pronunciava ogni frase con lentezza, con lunghe pause.

Era dignitoso. Solenne. E incredibilmente solo.

Non desiderava conforto, non voleva un consiglio... aveva solo bisogno di parlare. Nient'altro.

La mano di Suki ricadde, con lentezza.

E non chiamerà per dirmi dove si trova.”

Non puoi esserne certo.”

Pausa. Suki si inumidì le labbra e scosse la testa.

No, non puoi sul serio esserne certo.” - rincarò, convinta - “Hai ragione su tutto il resto e non hai bisogno che io ti dica che non si può cambiare il passato... mi sembra che ti sia abbastanza chiaro in testa ma... ma niente è sicuro nel futuro.”

Dominic la fissò, mentre prendeva fiato e ripartiva. Aveva parlato fino a quel momento ed era un sollievo poter finalmente stare zitto. Un sollievo, soprattutto perché permetteva di lasciare spazio alla perplessità che quella ragazza gli provocava parlando come un mulinello.

Niente è sicuro. Mia potrebbe fermarsi alla prossima stazione degli autobus e tornare indietro, Brian potrebbe aver ragione su questa seconda chance e... e non è detto che tu debba...”

Si interruppe. E lo fissò, concentrata.

Io non so darti un consiglio sul giusto e sullo sbagliato.” - ammise - “Non ti conosco davvero, non so davvero niente di te. Ma so che abbiamo una cosa in comune: noi corriamo sempre per vincere e mai in retromarcia. E non esiste una corsa che assomigli ad un'altra.”

Vinciamo, perdiamo, vinciamo ancora e perdiamo sempre con la stessa rabbia. Ma non esiste motivo per smettere di correre.

Corriamo anche quando ci dicono che è sbagliato.” - le tremava lievemente il labbro inferiore - “E lo facciamo perché non sappiamo mai se e come taglieremo il traguardo.”

Correre o morire...” - replicò Dom, sottovoce.

E Suki sorrise, piegando la testa, fissando lo stesso punto imprecisato nel buio.

Correre o morire, Suki.” - aveva detto Brian, mentre si rotolavano in un letto, nell'alba di Miami - “Il mio amico lo dice sempre, credimi.”

E tu vivi con le regole del tuo amico?” - aveva replicato, stringendolo con le gambe, godendo di tutti quei muscoli infiniti che rispondevano alla sfida - “Non ne hai di tue?”

Ho cominciato ad averle dopo che l'ho conosciuto.” - aveva sorriso, sembrando un ragazzino - “Ma una verità come questa non sono ancora riuscito a trovarla.”

Correre o morire. È di questo che abbiamo bisogno.

È questo ciò di cui abbiamo bisogno, per non voltarci indietro.

È questo ciò che possiamo fare, per andare avanti.

Suki annuì e allungò la mano verso di lui.

Esatto.” - concordò, rifilandogli un bel pugno sulla spalla - “E allora facciamolo. Corriamo o moriamo. Ci preoccuperemo del domani quando sarà diventato oggi.”


La Fragolina non era tutto zucchero. Sotto il rosa pastello e il fucsia provocazione era acciaio e benzina.

Una sfrontata fuoriserie concentrata nel corpo di una Mini Cooper.

Forza, cerca O'Conner.” - aveva concluso, prendendo in mano la situazione e osando addirittura tendergli la mano per aiutarlo a mettersi in piedi - “Io lavoro e tu raccogli il coyote in amore.”

Coyote in amore... carino. Era ora che smettesse di ululare alla luna.

Devi tornare, Brian.” - disse dunque, fermandosi davanti a lui. Le spalle al muretto, gli occhi alzati - “Devi scendere la collina, cercarti un letto e provare a dormire. Tra poche ore...”

Si, lo so. Abbiamo un lavoro da fare.” - rispose, interrompendolo. E sorrise, di scherno - “Ho un lavoro da fare, un bel lavoro senza motivo. Mia non vuole, tu non vuoi e io...”

Aveva alzato una mano, con trasporto. La lasciò ricadere.

Io...”

Tu devi andare a dormire.” - rispose soltanto Dominic. Districò una mano dalla tasca perché l'afferrasse, perché riuscisse a mettersi in piedi, con le proprie forze e il suo aiuto - “Ormai stiamo correndo, dobbiamo arrivare fino in fondo.”

Brian fissò quella mano. Aveva di nuovo le unghie nere di grasso per motori, i polpastrelli duri per il continuo lavoro. Ma era rassicurante, solida, unica.

Unica.

Lentamente alzò gli occhi verso di lui. Non batteva ciglio, non trapelava nulla.

Era così, da sempre.

Ma soffriva, sapeva soffrire, Brian lo sapeva. Brian lo aveva visto, mentre lo sovrastava, con il pugno alzato e il desiderio di ucciderlo dopo aver scoperto del doppiogioco di Letty.

Anche ora stava soffrendo. Eppure gli tendeva la mano, senza dire nulla.

Ormai stiamo correndo.

Era vero. E Dom non aveva mai abbandonato una corsa e rinunciato a una competizione. Non lo avrebbe fatto nemmeno ora.

Correre o morire?” - gli domandò. E Dom pensò a quanti avevano alzato gli occhi verso di lui con quella frase sulla bocca, quanti lo avevano posto davanti a quella scelta.

Corri. O muori.

Esatto.” - rispose, mentendo. No, non avrebbe mai voluto farlo. Ma lo fece, perché era di questo che Brian aveva bisogno, di credere, di aggrapparsi a qualcosa.

Non voglia che tu corra, non voglio che tu muoia, amico mio.

Ma, se non vedi altro, se credo in tutto questo... vai. Vai avanti.

Io ti guarderò le spalle.

Andiamo.” - sospirò, stringendo la mano che si era aggrappata alla sua - “Domani mi rendi la libertà, ti voglio al tuo meglio.”


Suki si sentiva bene. Dipingeva la macchina e si sentiva bene.

Dominic le aveva portato una birra e aveva riportato O'Conner a casa. Brian era andato a dormire o, perlomeno, fingeva piuttosto bene.

La notte messicana era splendida, le macchine erano fantastiche e il piano sembrava perfetto.

Si, si sentiva bene.

Benissimo.

Soprattutto perché adesso sapeva di avere dei buoni motivi per aiutare Brian nella sua missione. E non erano la propria immunità diplomatica, la mamma, la fedina penale o l'adrenalina del fare qualcosa di illegale... era qualcosa di diverso.

Amicizia? Libertà? Forse. Ma Suki sapeva che, soprattutto, lo faceva perché era bello, per una volta, inseguire qualcosa di inafferrabile. Inafferrabile come i legami, l'affetto, l'amore, le emozioni in continuo cambiamento di un'esistenza.

Correre dietro qualcosa che non si può mai del tutto comprendere. Qualcosa innanzi a cui non si perde ma ci si inchina, semplicemente.

Si, per questo lo stava facendo. E le piaceva.

Le piaceva sentirsi utile. Per la prima volta, dopo una vita passata a non appartenere a nulla, a nessun luogo e a nessuna idea, Suki Suarez aveva un posto dove stare e uno scopo.

Un grande scopo.

E sì, non c'era motivo per smettere di ripetere che si sentiva bene.


10


Stai bene?”

Sto bene.”

Parla.”

Non ho voglia di parlare.” - rispose Brian, fissando fuori dal finestrino. Non ho nulla da dire.

È fatta, no? Abbiamo fallito, non c'è altro da dire. Nient'altro.

Non abbiamo solo fallito.”

Non ha importanza. Non ho niente da dire.” - ripetè, restando ostinatamente voltato.


Era andato tutto a puttane.

Era un rettilineo, lo avevano scelto con cura. Un'ampia curva in entrata, due curve strette in uscita. Perfetto. Avrebbero assaltato il camion e lo avrebbero fermato prima delle due curve o, nel peggiore dei casi, con le due curve stesse.

Doveva sembrare un incidente, si poteva fare senza danni. Lo avrebbero fatto, sapevano di poterlo fare, sapevano che sarebbe andato tutto bene.

Non sapevano che, in fondo a quella strada, mentre il camion era già loro, mentre Brian lo guidava già dopo aver lasciato la macchina a Suki, qualcosa li avrebbe attesi.

No, non sapevano delle macchine che sarebbero apparse dal nulla. Non sapevano delle armi. Non sapevano dell'olio sulla strada.

Non sapevano che la situazione sarebbe divenuta ingestibile in meno di dieci secondi.

Salta.” - aveva urlato Dominic nella radio. Salta, Brian.

Brian aveva esitato, aveva deciso di non ascoltarlo. Aveva sterzato, obbligato il camion a fermarsi sul ciglio della strada. Aveva sentito la violenza dell'attrito del mastodonte con l'asfalto e poi con la sabbia, la difficoltà della frenata gli era risalita lungo ogni terminazione nervosa.

Salta, Brian, salta!

No, non ancora, non ancora, non ancora...

Era sceso, correndo, deciso a forzare il portellone. Magari non avrebbe avuto il tempo di farlo esplodere, ma poteva recuperare le valigette e poi fuggire.

Ci sono quasi!” - aveva urlato, stringendo la radio in una mano e il grimaldello nell'altra - “Vattene da lì, Dom, Suki, vieni a prendermi!”

La macchina di Dom era finita in testa coda, Brian aveva avuto l'impressione di sentire i colpi, gli spari, la gomma dei pneumatici che si aggrappava all'asfalto.

Ma l'esplosione aveva coperto tutto. Le fiamme erano salite alte, incendiando il carburante sulla strada. Una Civic ne era stata avvolta ma ne era emersa, come una scheggia.

Una civic, una sola, dalle fiamme.

E Brian aveva compreso. Aveva compreso prima ancora che Dom gli frenasse sui piedi, prima di sentirlo urlare di muoversi, di muoversi, dannazione!

Aveva compreso.

Aveva compreso che non avrebbe mai più rivisto Suki.


Correre o morire. Corri o muori.

Non pensare che certe volte non hai scelta.

Corriamo o moriamo. Ci preoccuperemo del domani quando sarà diventato oggi.”

Dominic aveva l'impressione di sentire la sua voce. Sentiva ancora quella mano microscopica sulla sua guancia, la guardava rifilargli un pugno cameratesco nel bicipite. La rivedeva sorridergli.

Fragolina...

Niente domani per Suki.

Accelerò, stritolando il cambio tra le dita.

Niente domani per Suki.

Tutto svanito, nel fuoco. Sentiva ancora le sue urla, mentre bruciava.

Seduto al suo fianco, Brian si ostinava a non parlare. Guardava la strada, il paesaggio, guardava probabilmente cose che non esistevano nemmeno oltre al vetro.

E taceva.

Taceva nel non alzare la testa verso il cartello di Kino.

Parlami, Brian. Avrebbe voluto ripeterlo, come aveva fatto per tutta la loro fuga. Perché se Brian parlava la sua vita diveniva tangibile, forte, un dato di fatto. Dom diceva 'parlami' per poter dimenticare, ogni volta che aveva la disperata necessita di non pensare alla ferita su cui aveva premuto le mani, al sangue, alla paura inammissibile.

Parlami, Brian. E Brian parlava.

Ma ora, nemmeno Brian aveva parole per combattere. E il silenzio li stava inghiottendo.

Io non so darti un consiglio sul giusto e sullo sbagliato...”

Suki. Dominic accelerò ancora, stringendo i denti.

Non ti conosco davvero, non so davvero niente di te....”

Ti sbagli. Mi conoscevi, avevi capito ogni cosa. Eravamo amici.

... Ma so che abbiamo una cosa in comune: noi corriamo sempre per vincere e mai in retromarcia.”

Correre, dovevi correre. Non morire. Non guardarsi indietro mai, hai ragione. Ma tu... tu non dovevi correre tanto avanti.

E non esiste una corsa che assomigli ad un'altra.”

Dovevi voltarti e restare qui, tra noi. E ora... dove sei ora...

perché tu... Perché non io...

Girò la testa verso Brian, impercettibilmente. Nulla, non riusciva a vederlo in viso. E, d'un tratto, sentì qualcosa di simile alla paura.

Mia se ne era andata.

Suki era morta.

Dove fosse Brian... non riusciva a immaginarlo. Parlami, dannazione, parlami!

Ci siamo.” - disse, svoltando e lasciando stridere le gomme in un sorpasso senza visuale - “Andiamo da Enchilada, poi vedremo.”

Nessuna risposta. Dominic avrebbe voluto prendere a pugni il volante e urlare. E invece fece l'unica cosa che poteva ancora fare: correre.

Correre sempre più veloce.

Corriamo anche quando ci dicono che è sbagliato.”

Smettila, Fragolina... smettila.

E lo facciamo perché non sappiamo mai se e come taglieremo il traguardo.”

Si, lo facciamo. E, alla fine, qualcuno sentirà le nostra urla mentre bruciamo vivi.


Quando l'aveva vista, la sera prima, dipingeva. E canticchiava, dietro la mascherina, brandendo la pistola del compressore senza esitazioni.

Stendeva il nero in maniera omogenea, ma era soddisfatta come se fosse la più fashion delle tinte.

Mi sento bene, aveva detto, a causa dell'occhiata che Brian le aveva rivolto.

Mi sento bene perché ho capito una cosa.

Quale cosa? Suki non lo aveva specificato. Aveva solo enigmaticamente sorriso ed era tornata al proprio lavoro.

E Brian sapeva di averle ancora parlato, di averla ancora guardata, di averle sfiorato le mani mentre afferrava il volante o aver sentito la sua voce gracchiare nella radio. Ma non ricordava, non ci riusciva.

Pensava solo a quel sorriso enigmatico, a quella singola frase.

Mi sento bene, O'Conner. Davvero bene.

Davvero?

Brian sbattè le palpebre e, d'un tratto, il mondo circostante si distorse. Era di nuovo seduto nella sala riunioni, davanti allo schermo, la voce del capo impegnata a illustrare il caso di Braga. E, più in basso sul monitor, la foto di Letty e la terribile scritta rossa: deceduta.

Era una bella foto, per quanto presa da una telecamera di sorveglianza. Voltata, l'espressione dura di sempre, decisa.

Letty, come lui, non aveva chiesto nulla per sé. Solo la libertà per Dominic, nient'altro.

Non mi importa un accidente di me stessa! Rendilo libero, Brian. Riportalo a casa da sua sorella. Riportalo a casa.”

Brian chiuse gli occhi, come se il ricordo fosse un pugno, un colpo troppo violento. Letty era morta. Suki era morta. E lui era in grado solo di chiudere gli occhi e stringere i denti. Desiderare di fare la cosa giusta, desiderare di sentirsi bene...

Brian.”

Brian voltò la testa di scatto, guardandolo. Dominic lo fissava, anche se la macchina viaggiava come un proiettile.

Ricambiò, sorpreso. Avrebbe voluto dirgli che stava bene, ma non ci riusciva. Eppure era facile, con uno squarcio nel fianco e le mani perennemente appiccicose. Più facile di adesso.

Dominic lo aveva caricato in macchina, come oggi.

Dominic lo aveva afferrato e obbligato a restare calmo, come oggi.

E lo aveva portato via. Come oggi.

Via, verso qualcosa che lo aiutasse a guarire, per metterlo al sicuro.

E, ogni volta che Dominic lo aveva obbligato a parlare, Brian gli aveva ubbidito. E si era sentito più attaccato alla vita, un respiro più vicino alla salvezza.

Parlami, Brian, sono curioso. Qual è stata la tua prima macchina? E la prima ragazza? Bionda o bruna? Parlami, Brian. Raccontami. Raccontami tutto ciò che puoi.

Volentieri, Dom. Volentieri. Sei la mia famiglia, ti racconterò tutto. Tutto.

E... adesso... solo silenzio. Silenzio.

Parla.”

Non ho voglia di parlare. Abbiamo fallito, non c'è altro da dire.”

No, non è vero. Non è vero. Parlami, Brian, parlami, parlami, parlami...

Non abbiamo solo fallito.” - abbiamo ucciso, abbiamo perso, abbiamo... stiamo... stiamo soffrendo.

Non ha importanza. Non ho niente da dire.”

Nulla.

Bugiardo. Bugiardo patologico, Brian.

Ok.” - rispose Dominic, tornando a fissare la strada - “Allora andiamo avanti.”

Siete due pessimi bugiardi. Tutti e due. E io mi intendo di bugiardi.” - mormorò la voce di Suki, nella testa di Dom - “Io odio i bugiardi.”


11


Doveva esserci solo il camion...”

Ma non c'era solo quello.” - concluse Enchilada, riempiendogli il bicchiere e sedendosi con fatica. Erano nel retro del ristorante, una stanza inondata di luce gialla. Il profumo della cucina e il rumore dei piatti in sala erano forti, Dom si sentiva girare la testa nello strofinarsi gli occhi con una mano.

No, non solo quello.” - confermò, afferrando il bicchierino e vuotandolo - “Abbiamo preso il tir senza problemi, sradicando il parabrezza ed estromettendo il guidatore. Brian è passato dal cofano, Suki ha...”

Rallentò. Poi riprese, con il tono di sempre.

Suki ha tenuto la Civic piuttosto bene. Poi si è defilata e io sono passato a fianco del mezzo perché dovevo...”

Già, cosa dovevo?

Non importa. Arrivava una macchina in direzione contraria, mi ha intralciato e poi... poi c'è stato il primo colpo di arma da fuoco. E ho capito che non era stato un caso.”

E ho pensato a Jess con spalancava le braccia e al suo sangue sul vialetto di casa.

Un'imboscata?” - domandò Enchilada, aggrottando le sopracciglia. Seduto davanti a lui, le ginocchia divaricate, le mani strette attorno ad un bicchiere vuoto, la testa china, Dominic Toretto aveva l'aria frastornata, la stessa con cui si era presentato passando dal retro. Aveva segni sul viso, come se alcune schegge lo avessero colpito dal lato del finestrino, una bruciatura sul collo della maglietta bianca.

Enchilada avrebbe voluto prenderlo e scuoterlo fino a fargli battere i denti. Perché era stato impulsivo per tutta la vita e si era rovinato con la propria esuberanza e con la disperata necessità di avere vendetta. Perché era un delinquente, un bandito, un uomo senza patria e senza radici.

Ma era buono. Incredibilmente e disperatamente pulito, anche ora. Ed era il figlio del suo migliore amico e Dio solo sapeva quanto avrebbe potuto essere peggiore di ciò che era.

Vai avanti.” - ordinò, dunque. Gli avrebbe ubbidito, come ubbidiva sempre a suo padre. E Dom annuì.

Dopo la prima macchina...” - riprese - “Ne ho vista una seconda. Poi una terza che sbarrava la via. Anche Brian l'ha vista, ha sterzato, ha insabbiato il muso del camion. Ed è andata bene. Sarebbe saltato in aria, sarebbe stata una strage. Almeno, era quello che credevo.”

Poi qualcosa ti ha fatto cambiare idea.”

Hanno continuato a sparare, hanno colpito il serbatoio della macchina di Suki, ha cominciato a perdere benzina e...”

Non riusciva a dirlo. Ma doveva.

Una macchina l'ha speronata. Io l'ho evitata, sono finito in testacoda e ha speronato lei.” - pausa. Fuoco, urla - “E' finita contro uno dei loro mezzi. E'...”

E' esplosa.” - finì per lui il suo interlocutore. Come tuo padre.

È morta come tuo padre.

In silenzio gli riempì il bicchiere. E Dominic bevve.

Un primo. Poi un secondo.

Si.” - confermò, infine - “Suki è morta bruciata.”

E io ho sentito le sue urla. Ma, forse, erano le mie.


Juan gli aveva dato cotone, disinfettante, garze. Brian aveva diligentemente posato tutto sulla panca, senza toccarlo.

Erano solo nocche spelate, sarebbero guarite.

Guarivano sempre, dopo ogni rissa, dopo ogni arresto, dopo ogni...

Si, sarebbero guarite. Punto e basta.

C'era una televisione, sotto la pensilina. Era accesa, trasmetteva qualcosa di non facilmente riconoscibile, dato il segnale disturbato. Ma la voce dello speaker, professionale e velata di leggero pathos, non lasciava scampo.

Un incendio, macchine accartocciate, corpi. Segni di frenata, forse un camion.

Forse un camion... Brian si sarebbe voluto fare una bella risata. Oh, il camion c'era stato, eccome. Lo aveva guidato, lo aveva insabbiato e, forse, a quanto stava denunciando la televisione, non lo aveva insabbiato poi così bene.

Sparito, con il suo pregiato carico, con le casse da bruciare e le valigette da recuperare. Sparito, volatilizzato nel deserto.

Ma si, una risata era d'obbligo.

Si piegò su se stesso, ghignando piano.

Camion fantasma e corpi non identificabili. Il deserto è un cimitero, dove le strade sono lisce e lucide di sangue. E noi ci corriamo sopra.

Rise ancora, strofinandosi la fronte. Quando si guardò le dita, le vide rosse, le sentì umide.

Forse aveva battuto la testa. Non aveva importanza. Non faceva male come tutto il resto.

Chiuse gli occhi, cercando di pensare e si massaggiò distrattamente il taglio. Avrebbe smesso di sanguinare, era cosa da poco. Alzò gli occhi verso lo schermo, cercando di cogliere alcuni particolari, di scinderli dai disturbi della trasmissione.

Vigili del fuoco, polizia, qualche furgone di giornalisti. Le macchine erano carcasse annerite e avvinghiate tra loro, gomitoli di lamiera contorta attorniati da gente in divisa.

Nulla, nulla che potesse dire cosa o chi... nulla.

Intrecciò le dita, posò le labbra sulla pelle e si aggrappò a una forma di esasperata razionalità da sbirro. Forse non era un poliziotto, ma doveva fingere di esserlo e capire, tentare di capire.

Chi erano. Cosa volevano. Perché Bilkins non lo sapeva.

Chi. Che cosa. Perché. Solo il dove e il quando sembravano chiari.

Si, Brian, questa tecnica funziona. Separa le persone dai fatti, cancella i visi, cancella i motivi personali, spazza via con un colpo deciso le parole, le sensazioni, le regole.

Fai un passo indietro. Ripercorri le tue scelte.

Fai le domande giuste.

Chi, cosa, perché. Perché, perché, perché...

perché è andato tutto storto? perché non era come doveva essere? perché ci aspettavano? E chi, chi erano?

Che cosa ho sbagliato...

Si massaggiò di nuovo la fronte, chiudendo gli occhi. Ancora sangue, dannazione, ogni volta che sfiorava quel taglio!

Chi, chi, chi... che cosa mi è sfuggito.

Dove, chi.”

Un momento... Brian strinse maggiormente gli occhi, ascoltando con più attenzione. Una voce aveva parlato, nella sua mente. Era una voce sgradevole, associata a una discussione.

Quando? Ieri. Dove? Il lungomare, il lungomare nella baia. Chi...

Dove, chi... voi avevate un accordo con me.

Dove, chi... conosco tutti da queste parti...

Chevarez, giusto? Levati dalle palle.”

Fai le domande giuste, Brian. Ricomincia. È solo un fatto di domande esatte.

perché?

Voi avevate un accordo con me.”

perché....

Vi state mettendo in un guaio.”

perché se non per vendetta... Perché un'imboscata se non sapevano che stavamo arrivando... che cosa, che cosa...

Vero. Ma non sono affari tuoi.”

Potrebbero esserlo.”

Potrebbero, potrebbero, potrebbero...

Potrebbero. Ma non lo sono.”

No, Dom. ci siamo sbagliati. Sono affari. Affari di Chevarez.


Brian ne aveva avuto la certezza. Una coltellata, un colpo allo sterno, un dolore quasi fisico e si era ritrovato in piedi, nella calura del portico, le voci gracchianti del televisore non più comprensibili.

Chevarez. L'uomo di Bilkins, il fornitore dai prezzi troppo alti, li aveva venduti al miglior offerente.

Dopotutto, una sola cosa aveva lasciato chiaramente intendere: era una questione di affari, di soldi sonanti, nel maggior quantitativo ottenibile, senza nessun interesse nello scegliere una causa.

Questi, o quelli. Quelli che hanno un camion da proteggere con merce che scotta e questi che vogliono macchine per appropriarsene. La polizia? Che polizia! Gli sbirri non possono nulla in Messico e non possono ammettere di averci provato.

Si, tutto quadra.

Non si pose nemmeno il problema di aver inventato, unito i pezzi a caso in cerca di una buona risposta immediata. Dominic, doveva dirlo a Dominic. Si voltò, rientrando dalle cucine, rabbrividendo per l'improvviso sbalzo termico. Il calore e l'umido erano rimasti all'esterno. La cucina moderna e le sale dal profumo dolce del legno erano fresche, semivuote, lo frastornavano.

Percorse il lungo corridoio, entrando a passo spedito nella saletta da cui proveniva la voce di Enchilada. L'uomo era al telefono e Dom, al tavolo, giocherellava, la schiena contro al muro, lo sguardo perso in chissà cosa. Aveva l'aria stanca. E Brian si fermò, incerto.

Dominic fissava le profondità di un bicchiere vuoto, come se guardasse lontano, fantasmi invisibili nel riflesso del vetro. Il polso ruotava lentamente, il bicchierino compiva lo stesso arco, con la stessa estenuante lentezza.

Stanco.

E solo.

Mia, Suki, Letty, Dom... e, tanto tempo prima... no, il tempo non c'entrava, l'unico filo conduttore che Brian trovava era se stesso.

Non il tempo, Brian. Sei tu. Sei sempre tu a distruggere il suo mondo. Fallito, fallito... scosse la testa, per scacciare i pensieri scomodi. E quel gesto attrasse l'attenzione di Dominic.

Siediti, O'Conner.” - disse, puntando un piede sulla sedia a fianco e spingendola verso di lui - “Stai sanguinando.”

Davvero? Brian lo fissò senza capire.

Brian.” - ripetè Toretto con pazienza - “La fronte ti sanguina. Siediti.”

si, sanguina. Roba da poco. Eppure sono entrato per qualcosa di importante ma... si, certo.

Chevarez, Dom.” - rispose con voce impastata, restando in piedi e guardandosi bene dal fare il richiesto - “Chevarez ci ha venduti.”

Lo so.” - rispose Dom - “Sono giunto anche io a questa conclusione.”

Si alzò, andandogli incontro. Brian seguì la traiettoria della sua mano fino a quando non potè sentirla sulla spalla.

Enchilada sta cercando di procurarci informazioni.” - aggiunse Dominic, strattonandolo e spingendolo verso la sedia senza incontrare una vera resistenza - “Ma noi dobbiamo andarcene da qui. Ti va bene se torniamo al rifugio di stanotte?”

C'è la roba di Suki là.” - rispose Brian. Aveva occhi dilatati, segni di stanchezza sul viso. Era vulnerabile, ma Dominic non riusciva lo stesso a cogliere il suo stato d'animo.

Ce ne occuperemo.” - rispose soltanto, guardandolo dall'alto - “darò la sua macchina e la mia come risarcimento per quelle che abbiamo distrutto e per il disturbo. Viaggeremo sulla tua, ok?”

Ok. Brian sentiva il cervello divenire sempre più pesante. La Supra argento e il bolide viola fashion. Non ricordava nemmeno che modello fosse. Annuì soltanto, voltando la testa verso Enchilada, in attesa di risposte.

La mano sotto il mento lo sorprese. Come allora, come in macchina, in fuga, quando la testa era altrettanto pesante e gli occhi stentavano a restare aperti.

Anche allora, Dominic lo aveva obbligato ad alzare la testa e a non cedere. Anche allora..

Brian.” - scandì Dom, obbligandolo con quel gesto a fissarlo negli occhi - “Abbiamo molte cose di cui occuparci, a partire da Chevarez.”

Ho bisogno di te.

Non puoi andare avanti in questo modo.” - aggiunse, con calma - “Aspetteremo le informazioni, poi andremo. Ma, prima, voglio che tu pulisca quella ferita e ti calmi.”

E' un graffio. E io sono calmo.”

Non mentirmi.” - lo interruppe Dom - “Non serve a niente.”

Sto...” - non mentirmi. Brian interruppe la nuova bugia sul nascere. Respirò a fondo e abbassò lo sguardo per un istante, cercando il coraggio per tornare a fissarlo negli occhi - “Lei è morta per un mio sbaglio.”

Non hai fatto nessuno sbaglio.”

Era mio il piano.”

Allora, per questo principio...” - replicò Dominic, piatto - “...Io ho ucciso Vincent.”

Ho ucciso il mio migliore amico, trascinandolo nel deserto e permettendo che gli sparassero. L'ho ucciso e sono scappato.

E' stato un incidente.”

Brian si bloccò. È stato un incidente, la risposta gli era salita alle labbra rapida, istintiva. È stato un incidente, Vincent è morto per un incidente. È morto mentre rapinava un camion con Dom, per Dom, con le istruzioni di Dom. E Suki? È colpa mia se Suki è morta. Colpa mia.

Dominic sentì le labbra piegarsi in un sorriso di autoderisione. Brian aveva sussultato, la voce gli si era spenta sul finire di quelle poche parole, come se il dubbio lo avesse colpito come un pugno. Non poteva perdonare se stesso con la stessa facilità con cui perdonava un altro, a quanto sembrava... una cosa che avevano in comune da sempre.

Allora, Brian...” - lo provocò, restando fermo, sovrastandolo - “Dove sta la verità... incidente o colpa...”

Dove sta la bugia... nel nostro rimorso o nella realtà...

Sto sbagliando tutto.” - avrebbe voluto dire, con un mormorio, un soffio, gli occhi di nuovo fissi a un punto indefinibile. Ma non ci riusciva - “E, a ogni passo, gli sbagli divengono peggiori.”

ti prego, andiamo a casa, avrebbe voluto aggiungere. Ma era tardi, tardi per tirarsi indietro, tardi perché tutto potesse tornare come prima. Mia se ne era andata, Suki era morta e dom... Dom non poteva che essere il prossimo.

Ti prego, torniamo indietro. Fermami, fermami prima che io componga il numero di Bilkins, fermami prima che dia inizio a tutto questo. Ti prego... fermami...

Non importa.” - Brian sentì la propria voce rispondere, lontana, vuota - “Incidente o colpa non cambia nulla. Non per me.”

non posso tornare. Non possiamo. Andiamo avanti, corriamo. E, quando saremo in fondo, oltre al traguardo, voltiamoci e rimpiangiamo tutto ciò che abbiamo lasciato indietro.

Gli bastò un lieve movimento per liberarsi della stretta di Dom. Le sue dita scivolarono via, come se non lo avessero mai sfiorato. Poi voltò la testa, fissando Enchilada.

Andiamo avanti, finiamo il lavoro.” - aggiunse.

Il resto è già polvere. Polvere che brucia.


Enchilada aveva confermato il tradimento e la soffiata. Brian, con pedante preparazione da sbirro, aveva posto parecchie domande a riguardo, domande a cui il vecchio pilota aveva risposto con infinita pazienza, forse rabbonito dal vederlo tanto provato.

Brian aveva spelature, tagli e occhi spiritati. Più di una volta si era massaggiato la fronte con nervosismo, slabbrando quel piccolo taglio sempre desideroso di aprirsi e altrettante si era tormentato le mani, ragionando, prima di porre un altro quesito.

Enchilada aveva detto il poco che sapeva. Aveva ripetuto, fino a soddisfarlo, mentre Dominic lo fissava in silenzio e suo figlio Juan giocherellava con un mazzo di chiavi in attesa di sapere il da farsi.

Aveva dato, pacatamente, una conferma ai loro sospetti: Chevarez era un porco, un farabutto prezzolato che, a quanto sembrava, non rispettava più nemmeno la stretta di mano.

Andava rieducato e, se i ragazzi permettevano, se ne sarebbe occupato chi di dovere al posto loro.

Dominic non aveva risposto. Brian, perdendo lo sguardo nel vuoto per un lungo silenzio, era stato sorprendentemente d'accordo. Non gli interessava la vendetta, non di persona: Suki non sarebbe tornata, non sarebbe risorta dalle propria ceneri e avrebbe ritenuto kitch e retrò un massacro per una questione d'onore.

Non le erano mai piaciuti né i principi azzurri né i giustizieri, non avrebbe cominciato ad apprezzarli ora.

Le piacevano i corridori. E gli uomini d'azione. E Brian era tale, si sentiva tale anche sotto la stanchezza e il fastidio di non essere del tutto padrone del proprio corpo indolenzito.

No, nessuna vendetta per Suki. Ma un nuovo inizio per Dominic e Mia, ovunque fosse.

Per tanto, senza attendere oltre, era partito con una nuova raffica di domande: il camion, dove, adesso, chi, perché. È il mio lavoro.

Ditemi dove trovarlo. Ditemi il percorso. Ditemi quando. Ditemi...

Non demordeva. Dominic strinse i pugni dietro le braccia conserte, controllando il desiderio di afferrarlo e prenderlo a botte fino a massacrarlo. Brian non desisteva dal proprio piano e, tanto per cambiare, sceglieva la bandiera più stupida per farsi ombra. Dominic poteva essersi trovato d'accordo sul non cercare vendetta a mani nude (Enchilada aveva promesso che se ne sarebbe occupato, l'efficacia era garantita) ma non era altrettanto solidale sulla restante scelta di Brian.

Non ne aveva abbastanza? Potevano andarsene, ammettere la sconfitta, voltare le spalle a tutto. Certo, provava nausea e disgusto per se stesso nel vanificare così la morte di Suki. Ma non voleva rischiare ancora, non voleva vedere un'altra macchina bruciare. Voleva solo che esistesse una fine per tutto questo e, se gli avessero garantito che sarebbe bastato a frenare O'Conner, avrebbe varcato la frontiera e si sarebbe consegnato alla prima pattuglia di passaggio.

Solo che... bhe, Brian lo avrebbe fatto evadere, in barba ai suoi desideri. Tanto valeva seguirlo e non farsi inseguire ma... ma cosa non avrebbe dato per un'altra soluzione!

Mentre Dominic seguiva le proprie personali utopie, Brian non smetteva di tartassare i presenti. Chi, con chi, dove, quando... rintracciare un camion sparito in mezzo al deserto non è così semplice, stava dicendo Enchilada, con aria paziente. Ci vogliono persone che parlino, qualcuno che abbia notato qualcosa, informazioni... non bastano targa e colore...

Possiamo raccogliere più informazioni torchiando Chevarez.” - azzardò infine Juan, venendo in soccorso del padre. E Brian lo fissò, come se fosse appena atterrato da marte.

Torchiare...

In tal caso.” - comunicò, alzandosi e lasciando basiti i presenti per l'improvviso cambiamento d'espressione - “Ritiro ciò che ho detto: mi occuperò di persona del bastardo.”


Dominic era rimasto senza parole.

Enchilada, per lo stesso motivo, aveva guardato a lungo Brian negli occhi, in silenzio. Un altro ragazzo ferito, un'altra vendetta pericolosa.

Una vendetta inevitabile, aveva considerato. Di nuovo violenza senza controllo, irrefrenabile.

Oltre quindici anni prima però, ricordava, aveva tentato: aveva provato a deviare la disperazione di Dominic parlandogli di giustizia, correttezza sportiva, destino ineluttabile. Aveva cercato parole che spiegassero la morte con sinonimi di pazienza e accettazione. Aveva cercato di rassicurarlo, proteggerlo, domarlo.

Era stato tutto inutile.

Dominic, a quel tempo, aveva le fiamme della pira funebre di suo padre negli occhi. Il fuoco, spento con gli idranti sulla pista, continuava a divampargli dentro. Enchilada l'aveva visto, ma aveva finto, finto che nulla fosse reale, che quelle fiamme nelle iridi, come le urla che Dom non aveva riconosciuto come proprie, fossero solo un'allucinazione dettata dal dolore.

E cosi aveva fallito, prima ancora di cominciare. Dopo, nulla era bastato a frenare la violenza della mano di Dom, al limitare dei box. Enchilada aveva potuto solo sfilargli la chiave inglese quando ormai era troppo tardi. Troppo tardi.

E ora? Non era forse già troppo tardi se Brian aveva quello sguardo? Non erano fiamme?

Forse. O forse no, pensò Enchilada, con stanca tristezza. Ma io sono troppo vecchio per confrontarmi nuovamente con il dolore di uno dei leoni dell'asfalto.

Dove è finita la mia forza, si domandò, con una punta di malinconia. Sulla pista abbandonata, forse... dentro la gamba perduta... non so... forse... no, non so... non importa più...

Poi, piegandosi sul tavolo, scribacchiò un nome e un indirizzo con calligrafia irregolare.

Stai attento, ragazzo.” - disse soltanto, con aria grave, piegando il foglio e calcando con le unghie lungo le linee - “Può essere un porco affamato di grana, ma non è un imprudente.”

Si interruppe, riflettendo. Poi gli porse le informazioni.

Tuttavia, come ogni uomo, ha le sue debolezze. Qui hai più probabilità di trovarlo solo.”

Brian annuì, afferrando il foglio e voltandosi. Un grazie sarebbe già stato troppo: Enchilada aveva sul volto la disapprovazione per la sua scelta. Prolungare la loro conversazione avrebbe solo scatenato uno scontro. E Brian sapeva, sentiva, che le forze gli servivano per un altro conflitto che stava per esplodere.


Ed eccoli, faccia a faccia. Brian e Dominic, uno di fronte all'altro, a lato della macchina. Anzi... Brian contro la macchina con Dominic che lo teneva per il colletto.

Non sei costretto a venirci.” - disse soltanto O'Conner, senza muoversi, il telo con cui avevano nascosto il mezzo ancora tra le mani.

Dominic non rispose, senza premere troppo con i pugni su quel collo e squadrandolo. Quanto tempo era passato da quando, in felpa e senza distintivo, Brian era entrato dall'officina con l'intenzione di accompagnarlo in messico a prendere Braga? Una vita? Un attimo?

Io vengo con te.” - aveva sussurrato, gli occhi verso il motore. Come lo aveva chiamato? Giuda? Ma Giuda, dopotutto, non aveva seguito cristo fino in fondo?

Giuda non si era fatto dannare per qualcosa su cui non era d'accordo?

Brian aveva seguito Dominic in messico, disposto a rendersi complice di un omicidio. E Dominic, per la presenza di Brian, di Brian che stava di guardia e chiudeva cuore e occhi al delitto, non aveva forse scelto la giustizia alla vendetta?

Non aveva ucciso Braga, lo aveva solo riportato indietro.

Per Brian. Ma a Brian non lo aveva mai detto.

perché Dominic Toretto sapeva di essere un peccatore, un bastardo e un uomo pericoloso dietro al volante e con mani sporche di sangue. Ma aveva regole, regole da rispettare.

E una di queste, paradossalmente, l'aveva imparata da Brian O'Conner.

Credi alla giustizia. Credici, credici anche se la stai violando.

Credici, frena la violenza.

E, a pensarci bene, considerò lasciando la presa e permettendogli di toccare terra con i piedi, se Giuda fosse vissuto all'inizio di questo millennio, non avrebbe scelto di andare a piedi, tra il tempio e getzemani. Non sarebbe stato nel suo stile, perché Giuda era uno di loro.

Uno di quelli che suo padre chiamava i leoni dell'asfalto.

Io vengo con te.” - disse dunque, fissandolo dritto in faccia.

Io vengo con te, come un tempo tu sei venuto con me. Vengo con te perché saprò fermarti quando deciderai di cedere alla violenza. Perché io so credere a ciò che c'è di buono in te, sempre.

Io vengo con te. Vengo con te perché sei tu, vengo con te perché hai bisogno d'aiuto. Vengo con te, perché non devi essere solo.

Vengo con te, perché in questa storia siamo un noi.” - specificò Dominic, aprendo la portiera e porgendogli le chiavi - “E non un io. E ora muoviti... capo.”


12


Il suo capo aveva un buon destro.

Il suo capo era veloce e aerodinamico perché stretto di fianchi.

Il suo capo, senza ombra di dubbio, era del tutto privo di cervello.

Tutto questo lo rendeva molto bello fa guardare, mentre faceva a botte. Ed anche molto divertente.

Ti decidi ad aiutarmi?” - urlò Brian, tirando un colpo a uno dei due che difendevano la porta e che, a quanto aveva detto Enchilada, non dovevano esserci.

Hai bisogno di sfogarti ancora un poco.” - spiegò Dom, restando fermo contro la macchina e muovendo una mano per accompagnare le parole - “Poi ti aiuto.”

Dominic!”

Era un bell'urlo. Al di là di tutte le grane che avevano e dell'umore sotto le scarpe che si sentiva, Dom lo trovò divertente. Era a metà tra l'esasperato e il nevrastico. E si poteva anche capirlo... povero capo, non era avvezzo ai bassifondi.

Dom fece due passi avanti e tese le braccia.

Brian le vide passare ai lati della propria testa e si levò, con un attimo di lungimiranza, abbassandosi.

Si era appena seduto per terra quando i suoi aggressori piovvero come sacchi. Come mai lui non c'era riuscito?

Grazie.” - mugugnò, mentre una mano scura lo afferrava per la collottola e lo rimetteva in piedi.

Prego.” - rispose Dom, dandogli uno strattone con una mano e aprendogli la porta con l'altra - “Sei poco coordinato, oggi. Se vuoi torchiare Chevarez fammelo sapere, faccio io per te.”

Ah, ah, spiritoso.” - mugugnò Brian. Dominic non aveva tutti i torti, se non per un piccolo particolare: lui non era scoordinato. Mai. Magari troppo alto e dinoccolato, ma di ottima sincronia. Era scoordinato solo quando la rabbia superava una certa soglia e cominciava ad invadere ogni forma di pensiero.

Ed ora, Brian, senza ombra di dubbio, era arrabbiato.

La fuga di Mia, la morte di Suki, le pretese di Bilkins, la beffa di Chevarez e ogni minuto degli ultimi quattro giorni a domandarsi come sarebbe andata a finire. Se fosse sopravvissuto... come sarebbe andata a finire?

Scostò una tenda e attraversò la sala biliardo fino a un separè scrostato, in un angolo.

Scusami, sono passato dal retro.” - disse, sedendosi e gettando sul tavolo i soldi per una birra. Chevarez aveva una ragazza seduta a fianco e Brian non voleva innocenti tra i piedi - “Fatti un drink alla mia salute, ragazza. Io e lui dobbiamo parlare.”

La ragazza buttò in fuori le labbra e alzò lo sguardo su Dom.

Tu resti con loro o vieni con me?” - domandò, petulante. Sembrava più un ordine che una richiesta. E Dominic le sorrise.

Adorabile.” - sospirò, incrociando le braccia e appoggiandosi al muro. Il separè non sembrava abbastanza solido - “Ma no, grazie. Resto a chiacchierare.”

Come vuoi.” - borbottò la ragazza con un'alzata di spalle. Chevarez non batteva ciglio, cercava di sembrare incurante.

Ma sudava freddo, palesemente. Il suo sguardo passava da uno all'altro, in maniera nervosa. Era così preoccupato dal vederli riapparire integri e bellicosi che non riusciva a concentrarsi sulla sua donna del giorno che flirtava con uno di loro.

Brian lo fissò, in perfetto silenzio e più del necessario. Poi allungò la mano attraverso il tavolo, prese la bottiglia di birra che l'uomo stava bevendo e le pulì l'imboccatura con il bordo della maglietta.

Chevarez cominciava a riprendersi. E il gesto di disprezzo iniziava a scatenare qualche reazione.

A chi ci hai venduto.” - domandò Brian, dopo un sorso di rito dal bottino di guerra. Non una sfumatura, non una provocazione, nulla. Una semplice domanda.

Non so di cosa stai parlando.”

Cliché.” - sputò lui. E, prima che Dominic potesse fermarlo, posò il distintivo FBI sul tavolo - “Riproviamo.”

E quello... Dom lo fissò come se dal centro del ripiano fosse apparso un coccodrillo. Chevarez aveva la sua stessa identica espressione sulla faccia.

Prima abbassò gli occhi sulla tessera. Poi tornò ad alzarli.

Appunto.” - sibilò Brian - “A chi. E in fretta.”

Tu non sei uno sbirro.” - sputò l'uomo.

Ma lo erano quelli a cui ci hai venduto.” - ritorse, deciso. Ed appoggiò i gomiti al tavolo - “Ora tu mi dirai dove sia il camion.”

Io non... quel distintivo non vale nulla qui.” - scattò, come se di colpo quell'ovvietà fosse balzata alla sua attenzione - “Qui non hai giurisdizione.”

Invece qualcosa mi dice che posso averla.” - replicò Brian. Dominic non riusciva più a seguire la conversazione - “E che tu non hai avuto tutto quello che ti aspettavi da questo affare.”

Sorrise, storto. E Chevarez, sotto gli occhi di Dominic, cominciò a sudare.

Io non...” - l'uomo si umettò le labbra, indeciso - “Io non sapevo... la ragazza...”

Oh, si, la ragazza.” - Brian sorrise - “C'era una ragazza. Cosa succede, Chevarez, la ragazza ti rimorde la coscienza?”

Ehi, amico... io non volevo la morte di nessuno. E il camion.. quei tizi pagavano bene, meglio degli altri che volevano vi fornissi le macchine per cui...”

Per cui hai venduto l'informazione. Bravo!” - Brian battè una mano sul tavolo e rise. Chevarez sussultò, Dominic per un pelo non fece altrettanto. Brian in quella veste era terrificante - “Io avrei fatto altrettanto, fossi un sorcio di fogna senza ambizioni.”

Brian rise e scosse la testa. Si premette due dita all'attaccatura del naso per trattenere le lacrime e tornò a guardare il messicano che aveva di fronte.

Povero Chevarez...” - aggiunse, sempre sorridendo - “Da queste parti dicono che sei avido ma non stupido... deve essere un problema rendersi d'un tratto conto di aver fatto la parte del criceto in un'arena di leoni.”

Io non..” - ormai non sapeva più come ribattere - “Io non...”

Stai tranquillo.” – lo interruppe Brian, tornando serio - “Nessuno verrà a chiederti delle tue colpe. Nessuno ti farà sparire perché sei un testimone scomodo. Sei troppo insignificante perché qualcuno si ricordi ancora di te, in questa partita. Tuttavia...”

Abbassò lo sguardo, come se soppesasse il da farsi. E, un istante dopo, fece qualcosa che Dominic non si si sarebbe mai aspettato.

Si mosse sulla sedia e, a fianco del distintivo, posò una pistola.

Tuttavia hai qualcosa che può far comodo a me.” - disse soltanto, togliendo la sicura e posando la mano sull'arma - “Prendi carta e penna e scrivi. Nomi, luoghi, tutto ciò che sai. Subito.”


Fammi capire...” - ricapitolò Dominic. Brian aveva preteso di guidare e l'uomo l'aveva accontentato senza discutere. Aveva una pistola... - “Bilkins viene da te perché tu gli recuperi un carico che scotta. La polizia non lo può fare ma tu si, bla bla bla. Il contatto che ti fornisce...”

Chevarez...” - fece eco Brian senza guardarlo.

Chevarez dovrebbe darti le macchine ma non lo fa. Vuole più soldi e non li ottiene. È un pesce piccolo in una vasca di squali, ma si crede un padreterno e decide di fregarci.”

Splendido riassunto.” - commentò Brian a denti stretti. Scalò ancora e Dominic sentì distintamente lo strappo della frizione. Grossolano, scoordinato.

Male, molto male.

Tuttavia...” - proseguì, con calma, osservandolo. Nulla, occhi dritti alla strada - “... qualcosa va storto.”

Si, qualcosa va storto. Muore Suki. Brian non commentò e Dominic proseguì, con tono litanico.

Ha un'informazione più grossa di quanto non creda. E, da quanto mi sembra di capire, l'ha svenduta.”

Hai capito giusto.”

E lui deve averlo capito dopo, guardando i telegiornali. E' roba che scotta, non un furtarello, ci sono morti e polizia dappertutto che fa domande. Ma, del resto, anche lui, come me, non sa cosa ci sia su quel camion...”

Silenzio.

Bene.” - sospirò Dominic. Se non vuoi dirmelo, non dirmelo - “Comunque, e questo è il peggio per noi, l'ha svenduta a una manciata di sbirri americani.”

Pausa.

Dominic voltò la testa, interrogativo

Questo come lo hai capito?”- domandò, alzando un sopracciglio - “Io ho trovato molto d'effetto il tuo distintivo sul tavolo e tutto il resto ma... come facevi a saperlo?”

Torchiare.”

Come?”

Il figlio di Enchilada ha detto torchiare.” - altro strappo alla frizione - “E ho cominciato a capire.”

Capire cosa.”

Nessuno è stato torchiato. Nessuno che sapesse come volevamo agire. Eppure prevedevano ogni nostra mossa. Chevarez sapeva solo che volevamo tre macchine... il resto?”

Dominic soppesò la domanda, girandola con meticolosità tra i neuroni.

Giusto. Il resto? Luogo, ora... nessuno ne era al corrente. Un'idea prese forma nella sua mente, ma Brian era troppo impaziente e su di giri per rispettare i ritmi del proprio interlocutore.

Bilkins... Bilkins non mi ha detto solo di recuperare il camion... Bilkins mi ha detto come farlo. Ha ristretto il campo dove avrei dovuto agire dandomi una strada e una tempistica.” - ringhiò. Alzò la mano dal volante e la battè, con esasperazione - “E io ho seguito perfettamente le sue direttive.”

Mi sono chiuso nell'angolo da solo. Mi sono fidato di uno sbirro.

La macchina accelerò, con un salto tale da obbligare Toretto ad appoggiare una mano al cruscotto. Guida da principiante... ancora una sollecitazione e ci avrebbero pensato le guarnizioni a spiegare a Brian il fatto suo.

Se sai che piano useranno...” - aggiunse Brian, senza voltarsi - “Sai anche come fermarli.”

Se sai che piano avrei usato... allora fai parte della congiura fin dall'inizio.


Brian aveva ragione. Era riuscito a vedere più lontano, anche se troppo tardi.

Dominic, troppo impegnato a pensare all'immediato, si era perso il quadro d'insieme. Era cosi che aveva lasciato che Vincent si prendesse quella pallottola... non aveva pensato che i camionisti prima o poi si sarebbero difesi. Era cosi che aveva perso Letty... Perché non aveva pensato che a casa avrebbe provato la stessa nostalgia che lui avrebbe provato senza di lei. Cosi... cosi aveva perso Mia... Perché era sempre stato lui ad andarsene e non il contrario.

C'era sempre un perché, in agguato, dietro l'angolo. Ma Dom, cosi abile a notare particolari negli specchietti e spiragli tra le macchine, sembrava avere un punto cieco, un punto cieco che continuava ad essergli fatale.

Si, Brian aveva ragione... erano stati nella trappola fin dall'inizio.

E avevano già anche pagato il prezzo con una vita. Se già prima era stato troppo tardi per tornare indietro, adesso era inevitabile dover andare ben più lontano del previsto.

Brian lavorava per gli sbirri. E gli sbirri lo avevano fregato.

Gli sbirri per cui lavorava avevano chiaramente detto che non lo avrebbero coperto... quelli che lo avevano fregato potevano far valere il suo essere ricercato come soluzione finale per fermarlo.

Bel guaio.

In più, Dominic, seccato di non aver ampliato lo sguardo prima, ora cominciava a ipotizzare scenari di catastrofe senza limiti. Ogni ipotesi gli sembrava plausibile e agiva come una scossa sulla stanchezza e la tensione accumulate.

Ma di tante, soprattutto una...

Ho una domanda per te...” - mormorò dunque,cercando di frenare la fantasia ai confini del realismo - “Pensi che gli sbirri del gruppo uno siano gli stessi del gruppo due?”

Brian, che era già sporto indietro per una retromarcia criminale nel cortile di Enchilada, piantò entrambi i piedi sul freno e lo fissò.

In silenzio. Spiegati, dicevano i suoi occhi. E un altro paio di frasi irripetibili. Ma la sua bocca era ben chiusa.

Bilkins e gli altri papaveri che sono venuti a cercarci...” - scandì, e calcò bene sul 'ci' finale perché si sentisse meno solo nella beffa - “Sono gli stessi che hanno ricomprato l'informazione a Chevarez?”

Sarebbe idiota. Perché pagare per qualcosa che sanno già?”

Perché Chevarez sa che faremo il colpo, perché ha visto che abbiamo le macchine e gli sbirri devono accertarsi che sia il piano sia lo stesso pattuito, visto che, per un passaggio, abbiamo saltato la loro supervisione.”

Interessante... Brian non commentava.

Può darsi.” - replicò infatti, sbrigativamente, tornando a occuparsi della manovra.

Ci avevi già pensato, vero?” - e ti fa incazzare...

Il suono della fiancata che strisciava contro il muro di pietrisco gli aveva fatto accapponare la pelle ma, senza ombra di dubbio, era stata una risposta inequivocabile.


Enchilada fu sorpreso di rivederli e sollevato nell'intuire come Chevarez, per quanto feccia, fosse ancora parte delle schiere dei vivi.

Il resoconto dopo lo lasciò senza parole. Si appoggiò allo schienale della sedia e li fissò entrambi. Poi, inevitabilmente, la sua attenzione si focalizzò su Dominic.

Siete sbirri?” - domandò, senza preamboli - “Perché solo gli sbirri si infilano in guai del genere.”

Lui è uno... era uno sbirro.” - merda. Dominic imprecò mentalmente: centinaia di occasioni per sfotterlo e la peggiore per sbagliarsi - “E i suoi capi stentano a dimenticarsi che ha rassegnato le dimissioni.”

Mai fatto.”

Aspetta un momento...

Scusami?”

Brian si morse un labbro, seccato. Se ne stava in piedi davanti a Enchilada, a braccia conserte e scoccò un'occhiata di fuoco a Toretto.

Credi che il distintivo te lo lascino di ricordo?” - domandò, a bruciapelo. Poi, cercando di controllarsi - “Non sono più uno sbirro ma, a quanto sembra, su suolo americano stentano ad archiviare la pratica di congedo con disonore.”

Dominic lo avrebbe preso volentieri a schiaffi, come al solito... il desiderio di picchiarlo doveva essere il leitmotiv della settimana! Prima il compromesso con Bilkins e tutto quello che aveva comportato, poi il distintivo e la pistola, poi... poi questo!

Era ora di finirla.

Zio...” - domandò, voltandosi e decidendo di ignorare Brian - “Pensi di poterci aiutare?”

Enchilada si grattò un orecchio, pensoso. Poi la gamba di legno, senza cambiare espressione.

Si.” - disse, infine - “Si, direi che posso. Ma, Nicky, lasciatelo dire: non mi piace che frequenti gli sbirri... sono brutta gente.”


Il camion, secondo Chevarez, poteva essere solo in un paio di posti nel circondario. Non di più. Aveva accampato molte motivazioni per convincerli e Brian, alla fine, aveva finto di credergli e si era segnato i nomi.

Enchilada aveva aggiunto altri due nascondigli e i suoi figli, con un paio di amici, avevano verificato il tutto.

Nulla. Ma, nell'ultimo, segni di passaggio, odore di bruciato residuo, vernici e compressore. Un ritocco a un mezzo che scottava, senza ombra di dubbio.

Plausibile, di nuovo.

Brian, con il cellulare tra le mani in perenne movimento, aveva annuito.

Ok, idee?

Purtroppo non si erano limitati a idee... bensì a certezze. Un'ora dopo, la telefonata di Juan giungeva dal porto di Kino: il loro aggancio alla capitaneria di porto di Guaymas aveva appena confermato l'imbarco di un camion sui traghetti diretti a Santa Rosalia.

Sicuri sia il nostro?”

Avevano documenti messicani ma hanno fatto vedere i distintivi americani sottobanco.”

Perfetto. Adesso Brian desiderava solo sbriciolare il cellulare. Perché l'alternativa, quella di usarlo per telefonare a Bilkins e chiarire la faccenda, sembrava sfumata.

Quindi?” - domandò Enchilada.

Quindi siamo in partenza.” - replicò Dominic, massaggiandosi il collo. E che partenza! Iniziava a sentirsi intrappolato in una partita al monopoli, costretto a ripassare dal via con regolarità.

Il camion, infatti, entro nove ore, sarebbe sbarcato sulla penisola californiana e, in altrettante, sarebbe arrivato alla frontiera più vicina: TiJuana.

Come dire sotto casa loro dove, meno di cinque giorni prima, Dominic aveva guardato una ragazza ballare al centro di una pista e desiderato un modo per fare pace con se stesso.

Se partiamo ora...” - stava dicendo Brian.

Se partite ora, siete dei folli.” - lo interruppe Enchilada, secco - “Guardati, ragazzo! E guarda lui! Non vi reggete in piedi, quanto pensi che arriverete lontano?”

Se prendiamo solo una macchina possiamo fare a turni...” - ragionò Dom, ad alta voce. Poi, arrivando, ci preoccuperemo del resto.

Sono comunque sei ore di viaggio, per quanto premiate sull'acceleratore. E, a entrambi, ne servono almeno sei di sonno.”

Dormiremo a lavori finiti.”

No, Nicky, se non dormite ore, dormirete in eterno, a lavori finiti.” - si zittì, per un attimo. Doveva essere la prima volta che uno pronunciava ad alta voce il peggior epilogo per quella storia. I due, i duri tutti d'un pezzo, avevano entrambi distolto lo sguardo, fissando altrove.

Enchilada si era sentito gelare il sangue. Quei due ragazzi non valutavano nemmeno lontanamente di poter sopravvivere. Escludevano a priori di risolvere la situazione e restare vivi, con una freddezza che gli sembrava assurda.

Così poco attaccati alla vita o così certi di fare la cosa giusta? Sembravano entrambe due opzioni sbagliate. Ma la terza, quella esatta? Quale poteva essere?

Cercò di scacciare il desiderio di porre quella domanda e si concentrò sul problema immediato. Brian e Dominic, uno in piedi contro il bancone, l'altro accasciato su un alto sgabello, attendevano pazienti, forse approfittando di quel silenzio per tentare di chiarirsi le idee.

Brian sentiva i propri pensieri come una massa informe, sospesa tra le orecchie ed elettrica di rabbia. La faccia bonaria di Bilkins continuava a balenargli davanti agli occhi: possibile che lo avesse venduto? Non sarebbe nemmeno stata la prima volta, a dirla tutta ma, ora, dopo tutto questo tempo...

desiderava solo dissipare il dubbio. Sapeva anche di dover attendere e sperare di essere ancora vivo, alla fine, per portare a galla la verità.

Dominic, d'altro canto, non era particolarmente tormentato da chi fossero i buoni o i cattivi: non aveva dubbi su chi fossero gli stupidi ma, per tutti gli altri, nutriva un sacrosanto distacco.

In quella faccenda erano in due e in due dovevano uscirne. Poi, ci fosse stata occasione per spaccare qualche osso ai delatori con il distintivo senza finire di nuovo in galera, meglio.

Non potete partire in questo stato.” - sentenziò, infine, Enchilada - “Ma capisco dobbiate farlo. Se avessi la soluzione? Sarete là in sette ore al posto che in cinque, è tutto quello che posso offrirvi.”

Era fattibile. Avrebbero comunque avuto qualche ora di vantaggio sull'arrivo del loro obbiettivo.

Dominic si voltò, guardando Brian.

Ci stai?” - chiese, pacatamente. Era preoccupato per il suo amico, considerò Enchilada, anche se non lo dava a vedere. E, quando Brian ricambiò l'occhiata, all'uomo parve che lo stato d'animo fosse reciproco.

Ci sto se ci stai anche tu.” - fu la risposta.

Bene.” - annuì dunque l'uomo, quando li vide concordi nell'accettare - “Allora raccogliete le vostre cose e mangiate un boccone. Al resto penso io.”

Poi compose il numero di Juan e, abbassando il capo, si concesse un sospiro di sollievo. Forse Dominic e Brian avevano rinunciato a un lieto fine e pensavano di morire entrambi, ma erano disposti a farlo per una motivazione che, dopotutto, portava con sè la speranza: uno non avrebbe lasciato l'altro per salvare se stesso... ma entrambi avrebbero fatto di tutto per tenersi in vita a vicenda.


13


Il trucco della macchina dentro al camion era vecchio ma sempre in voga. Quella notte, per Dominic e Brian, fu soprattutto un modo di divorare asfalto dormendo. Alle cinque, aprendo i portelloni e sbarcandoli nei dintorni di Puerto Penasco, Juan li lasciava a meno di un paio d'ore dalla meta e con una parvenza senza dubbio più umana.

State attenti.” - disse loro, tra abbracci e strette di mano - “E, Dom, salutami tua sorella, dille di venirci a trovare quando si saranno calmate le acque.”

Lo farò.” - promise Dom, mentendo con un mezzo sorriso. Brian lo fissò, sorpreso ed ebbe come unica risposta un'occhiata sarcastica. Che ti aspettavi, sembrava dire Dominic, che dessi un'altra preoccupazione a mio zio?

Che creda almeno uno dei due al sicuro.” - aggiunse poi, guardando il camion che li aveva portati fin lì fare inversione e andarsene - “E' il minimo che posso fare per ringraziarlo.”

Non aveva detto altro, fino a pochi chilometri da casa. Brian, di certo, non si era sentito in dovere di avviare una conversazione. Solo quando Dom si era massaggiato il collo, infastidito, per poi strofinare tra loro le dita, Brian aveva notato, con la coda dell'occhio, un particolare disturbante.

Sanguini?” - aveva domandato, guardando la mano che tornava a posarsi sul volante.

Non abbastanza da farne una tragedia.” - era stata la risposta.

Brian aveva sentito il nervosismo tendergli la cassa toracica.

Sei hai qualcosa da dirmi, sputa il rospo.” - ringhiò, deciso - “Così poi possiamo occuparci della tua ferita.”

La mia ferita è una scheggia che ho dimenticato di togliere.” - spiegò Dom, con un tono adatto a dettare la ricetta per un dolce - “E non mi serve un invito per darti dell'idiota.”

Eccoli al punto. Dopo una notte passata su un camion ignorandosi, non c'era da farsi grandi illusioni: era ora di litigare.

Io non...”

Brian, chiudi il becco.” - il cellulare di Dom stava vibrando. E l'interessato, il volante ben saldo nella sinistra, lo alzò, leggendo un messaggio. Premette un tasto e gettò l'apparecchio sul sedile posteriore.

Il telefono non era ancora atterrato che la macchina era già in testacoda.

Facciamo una piccola deviazione.” - comunicò Toretto, correndo in direzione contraria alla prevista - “Ne varrà la pena, credimi.”

Il tono e l'espressione non erano cambiati. E, a Brian, iniziavano a non piacere per niente né l'uno né l'altro.


Ore sette. Alle porte di Tijuana era il momento più silenzioso della giornata: gente impegnata ad andare al lavoro, nottambuli finalmente diretti verso casa, sportivi iperattivi in giro a caccia di caffè, dolci e un giornale da leggere.

Era tutto tranquillo, caldo, profumato di spezie. Brian avrebbe volentieri chiuso gli occhi e respirato a fondo. Lo facevano pensare a Mia, ai primi tempi della loro nuova vita assieme, in particolare ad una mattina, in cui lo aveva svegliato piantando un chiodo sulla parete.

Tre colpi decisi e precisi.

Cosa stai facendo?” - aveva bofonchiato, spostando le coperte per vederla meglio. Era in piedi, poco vestita, di spalle.

Ho capito cosa sia questo odore che sento dappertutto.” - si era voltata, ridendo, e gli aveva mostrato un mazzo di erbe secche e stecche di cannella - “E' un regalo dai nostri nuovi vicini...”

Si era avvicinata, aveva teso le braccia per mostrare il suo bottino.

Annusa.”

Brian aveva chiuso gli occhi, il naso vicino alle sue mani: profumo di spezie, profumo della sua pelle. Aveva sorriso. E l'aveva guardata.

Non hai accolto i nostri vicini vestita così, vero?” - le aveva chiesto, mentre tornava alla parete e si allungava per appendere il mazzo.

Mia non aveva risposto. Ma non aveva avuto importanza. Era il vederla sorridere che aveva importanza. Era tutto per Brian.

E, ora, ancora, cannella e spezie... l'aria ne era satura.

Brian scese dalla macchina davanti a un cancelletto con tanto di pergolato. Quando lo superò, seguendo Dominic, si ritrovò in un giardino curato, con un chioschetto al centro. L'odore di zucchero e caffè era ineBriante, il silenzio gli fece girare quasi la testa.

Poi, il suono della sedia metallica che sbatteva a terra e si accartocciava gli sembrò un tuono.


Bilkins aveva sempre avuto problemi di insonnia. Dormiva poco e vedeva più albe di quante volesse vederne già normalmente ma, da quando si trovava in Messico, la bella vita notturna aveva decisamente peggiorato le cose.

Andava a dormire troppo tardi e si alzava troppo presto... cominciava a capire il concetto di siesta e a riscoprire il piacere del caffè nero che il suo medico gli aveva chiesto di abolire per abbassare la pressione.

E comunque, al di là dei malumori da stanchezza, le mattine messicane gli piacevano: era tranquille, calde, profumate... non si sarebbe mai immaginato che esistesse qualcosa in grado di polverizzare la quiete alla velocità della luce.

Cosi, in quella particolare mattina di pace, Bilkins non lo vide nemmeno arrivare: sentì il caffè partirgli di mano e lo splendido panorama oltre il giornale divenire confuso e mosso. L'impatto della schiena e della testa con il pavimento non gli piacquero per niente... ancor meno il suono della sedia che, con stridio, si rompeva sotto di lui.

Dopodichè, a completare il quadro mentre ancora si domandava se fosse iniziato un terremoto, uno scarpone gli premette sulla camicia pulita.

Buongiorno, sbirro.” - sorrise Dominic Toretto, piegandosi fino ad appoggiare il gomito al ginocchio. Gentile, come sempre - “Ti sono mancato?”

Bilkins ammutolì. Poi spostò lo sguardo da lui a O'Conner. Erano spaventosi, entrambi. Brian aveva graffi rossi sulla fronte, segni e lividi, l'ombra della barba che gli metteva in risalto ogni spigolosità. Toretto, chino su di lui, conciato in analoga maniera, gocciolava addirittura sangue impregnando il collo della maglietta. E bastava guardare il sorriso che sfoggiava per capire che non prometteva niente di buono.

Andiamo, figliolo...” - mormorò il poliziotto, sperando in Brian... la pressione dello scarpone sullo sterno si accentuò, dandogli consapevolezza del proprio sbaglio.

E' lui che vuole parlarti.” - mormorò l'interpellato. Si sentiva in bilico, incerto davanti a quella scena.

Aveva pensato molto a Bilkins nelle ultime ore e non sempre in termini in termini gentili. Ma non credeva che il faccia a faccia sarebbe avvenuto così presto. Pensava di avere tempo per scoprire altri indizi, pensava che sarebbe stato dopo aver recuperato il camion, quando gli avrebbe tirato sul muso la sua offerta, oppure avrebbe accettato, oppure avrebbe tirato fuori la pistola e lo avrebbe ammazzato per quel cane traditore che era.

Si, molte ipotesi nella sua testa. Ma, ora, non era il suo faccia a faccia con l'uomo che stava vivendo... Era quello di Dominic.

E, difatti, Dominic stava parlando.

Penso che tu sappia come è andata...” - stava dicendo - “.. e penso sia chiaro cosa voglio sapere.”

Siamo già in contatto con la famiglia di Suarez, abbiamo detto...”

Non importa cosa abbiate detto, importa cosa avete fatto.” - pressione maggiore, meno sorriso - “Come funziona... eravamo esche? Vi siete ritrovati con una spia tra i piedi e state tenendo la testa nella sabbia?”

Ancora pressione. E gli occhi di Bilkins grossi come prugne.

E, tanto per la cronaca...”- aggiunse Dominic, piegandosi ancora - “Non siamo qui per dirti che molliamo. Siamo qui per dirti che, a questo punto, ci prenderemo quel camion, che lo vogliate o no.”

Dopodichè, la pressione scomparve. Toretto si sedette sotto l'ombrellone e, con aria rilassata, si ordinò un caffè.


A Bilkins occorse non poco tempo per rialzarsi. Lo fece ansimando e brontolando, sotto lo sguardo di entrambi. Brian, in piedi e con le mani in tasca, sembrava avere lo sguardo perso nel vuoto. Toretto, bevendo il caffè, si era pure portato il giornale più vicino. In prima pagina c'era la foto di un mezzo stradale che rimoveva lamiere nere e contorte da una strada nel deserto.

Abbastanza da sentir tornare la nausea. Spinse lontano i fogli e guardò Bilkins aggrapparsi ad una sedia integra e issarsi fino a posarci sopra la propria imponente mole.

Ti ringrazio...” - rantolò l'uomo, posando le mani sul tavolino e richiamando l'attenzione della cameriera per ottenere un altro caffè - “... di aver optato per una conversazione civile.”

Sanno tutti che sono un tipo educato.” - replicò, voltando la testa. Bevve un sorso e gettò un'occhiata a Brian. Fermo, immobile poco lontano, entrambe le mani in tasca.

In attesa.

Semplicemente in attesa.

Abbiamo poco tempo.” - riprese, dunque, tornando a fissare la propria attenzione sullo sbirro - “Sappiamo dove si trovi il camion e che lo avete voi.”

Non noi.” - specificò Bilkins. Si slacciò il bottone della camicia e cercò di aggiustarsi i capelli radi con un solo maldestro movimento - “Loro.”

Dominic lo fissò, meditabondo. E Brian venne un passo più vicino.

Loro.” - ripetè Toretto.

Bilkins annuì, un bel sorso di caffè giù per la gola per farsi forza.

Loro.” - annuì, comprensivo - “Mi spiace, ragazzi, non sapevo che...”

Sta mentendo.” - si intromise Brian. Piano, sottovoce. Ma Dominic voltò lo stesso la testa verso di lui, in attesa.

Sta mentendo.” - ripetè, acquisendo sicurezza - “Non gli credere.”

Non gli credo.” - confermò Dom. E si voltò verso l'uomo - “Sentito? Non ti credo.”

Andiamo, Brian.” - Bilkins aveva occhi spalancati e increduli - “Io che ti vendo? Non lo farei mai.”

Sta mentendo di nuovo.” - Brian non parlava. Brian condannava, con lo sguardo fisso nel vuoto. Non gli serviva vederlo in faccia, gli bastava ascoltarlo. Tuttavia, dopo un lungo silenzio, con lentezza, spostò la propria attenzione fino a incrociare i suoi occhi – “Tu mi venderesti, Bilkins, se ci fosse in ballo qualcosa di più grosso. E io lo capirei.”

Bilkins lo fissò, con pena. E gli indicò una sedia.

Siediti, ragazzo. Parliamo.”

Ti capirei, davvero.” - riprese Brian - “Io sono un tipo che sacrifica tutto per una giusta causa. Ma lui...”

Aveva alzato un dito. E indicava Toretto.

Lui non vuole avere niente a che fare con i tuoi giochetti. Non ha mai voluto saperne dei giochi di nessuno e questo fa di lui un gentiluomo come non ne ho mai conosciuti. E Suki...” - esitò, impercettibilmente - “ ... Suki Suarez amava solo le macchine e le strade. E voi ne avete fatto una vittima.”

Si mosse, due passi soltanto per arrivare a posare entrambe le mani sul tavolino. Aveva gli occhi arrossati, l'azzurro sembrava arroventarsi di furia e disperazione.

Io sono sporco come te, Bilkins, ma loro sono due dannati innocenti.” - sibilò - “Per cui dimmi, dimmi che scusanti hai per quello che gli hai fatto.”

Che io ho fatto loro per te.

Dominic lo guardò, restando in silenzio. Lo vedeva a malapena in viso, ma sentiva una nota terribile nella sua voce: era come un rumore di fondo, fastidioso, di agonia, non diverso da quello che poteva sentire in un motore da regolare. Un piccolo ritmo stonato, sintomo di un male maggiore, un piccolo segno di pericolo sotto tanto controllo, qualcosa che nel mezzo della gara poteva cambiare le sorti e il destino.

Qualcosa si stava incrinando dentro Brian. Ed era una falla microscopica da cui, presto e inevitabilmente, sarebbe passata una diga.

Ti serviva un'esca per farli venire allo scoperto, vero?” - insistette Brian - “Ti bastavo io, avresti solo dovuto spiegarmelo e...”

Tu da solo non saresti stato credibile.” - troncò Bilkins. E l'angoscia con cui lo diceva era reale - “E, se ti avessi detto il motivo, non avresti procurato altri due.”

Altri due...

Ha ragione, Brian.” - la voce di Dominic gli giunse alle spalle - “Non importa chi siano i due. Tu non avresti collaborato.”

Non esserne cosi sicuro. Brian sentì il dubbio attraversargli la mente e ne fu orripilato. Non esserne cosi sicuro.

Io avrei... io avrei cercato... non mi sarebbe importato... non...

Sbattè le palpebre e chiuse gli occhi.

Io non...

Ragazzo, siediti.” - sentì due mani afferrarlo per le braccia. Ma non erano le mani giuste.

Non lo erano.


... Brian si era tenuto la mano sulla ferita come Dom gli aveva detto di fare. Aveva premuto, guardando le macchine della polizia che si avvicinavano, fino a quando un paramedico alto e con le braccia come tronchi non lo aveva sostituito, dandogli l'impressione che le costole non sarebbero mai tornate integre e al loro posto.

D'istinto, si era aggrappato al paraurti alle sue spalle. Le macchine lo avevano sempre protetto, anche nei momenti peggiori. Ma c'era già una mano su quella lamiera bollente, una mano che la pensava come lui. E Brian l'aveva afferrata e stretta mentre tutto diveniva sfocato e, se possibile, ancora più rovente...


O'Conner...”

C'era una mano contro la sua schiena, una mano che opponeva resistenza e sembrava guidarlo. Era calda... giusta.


... avevano parlato di pressione e sangue, le voci si erano amplificate e distorte ma la stretta non si era ridotta. Lo avevano sdraiato, l'odore della plastica della lettiga lo aveva nauseato, come la cannula che premeva nelle narici.

La macchina. Doveva toccare la macchina. Il metallo non era cosi lontano, doveva solo allungarsi e...

Resta fermo.”

Vattene. Sei ancora in tempo.” - aveva risposto.


Vattene Dom.” - aprì gli occhi e i colori gli fecero male. Strinse il bracciolo della sedia. Lamiera, ok, lamiera, fingi, convinciti - “Vattene prima che...”

No.”


No” - la voce di Dominic era stata nitida, mentre il resto svaniva - “Calmati e resta fermo.”

Altro movimento, altre mani. Tutte sbagliate. Ma nessuna come quelle di Dom, tra le sue.

Odore di polvere, motori, benzina.” - mormorò, quando senti quella mano posarsi sulla sua e stringere. A occhi chiusi. Bilkins si storse le mani, preoccupato, guardandolo - “Non serve cercare la macchina...”

Sono al sicuro.


Calmati, sei al sicuro. Resta fermo, Brian.” - una voce calma, calda come qualcosa che risaliva lungo il braccio, attraverso la vena, calda come il deserto in cui erano - “Devi restare calmo, o non riescono a mettermi le manette.”

Poi quella mano si era allontanata, poi era toccato alla seconda. Non lasciarlo andare, aveva pensato Brian, affondando in un mare nero gasolio. Non farlo andare via, non. Troppo tardi. Fine del mondo, spegnete i motori...


Brian.”

Aprì gli occhi, la luce gli sembrò meno fastidiosa. E Toretto storse la bocca in un mezzo sorriso. Era piegato sui talloni davanti, con una mano gli stringeva le dita e il tubolare della sedia. Tutto assieme.

Allora, è la fine del mondo?” - domandò. Dietro di lui, in piedi, Bilkins si faceva aria con il cappello, nervosamente.

Qualcosa del genere.” - bofonchiò Brian. Si piegò in avanti, coprendosi il viso con le mani. Qualcosa del genere, un'altra volta - “Dammi un attimo.”

Anche due.” - replicò. Era un cencio... solo un attimo da dodici ore sarebbe stato consono.

Brian, da dietro le mani, cercava di ritrovare la calma nel minor tempo possibile. Ma non riusciva a levarsi quel singolo pensiero dalla testa. Se gli avessero detto cosa volevano da lui, non avrebbe mai convolto Dom e Suki. Avrebbe scelto altri due. E non gli sarebbe importato che fossero innocenti.

Fallito, Brian. Fallito e marcio.

Dominic doveva saperlo. Doveva dirglielo. Subito.

Dom, io non...” - cominciò, piano, senza alzare la testa. E la voce di Dominic gli arrivò nitida all'orecchio, sorprendendolo.

Non è il momento, Brian.”

Toretto lo teneva saldamente. Con un braccio lo avvolgeva, tendendogli la nuca stretta in una mano. Ed era vicino, vicino come non era mai stato. Brian girò la testa e ne incontrò lo sguardo.

Ne parleremo in un altro momento, ok?” - insistette l'uomo, sottovoce. Poi spostò lo sguardo, per indicargli Bilkins - “Non vorrai mica fare confessioni imbarazzanti davanti a questo sbirro....”

'Questo sbirro' in questione era visibilmente preoccupato. In piedi, torcendosi le mani, aspettava di poter dire qualcosa di intelligente.

Povero Bilkins. Per lui c'erano il giusto, lo sbagliato e tutto lo sbagliato che puoi fare per ottenere il giusto. O, meglio, tutto quello che puoi far fare ad un altro per ottenere un risultato.

Ma non era molto abile con tutto il resto. O'Conner era un bravo ragazzo, un giusto molto bravo a infilarsi in situazioni sbagliate. Toretto uno sbagliato che ogni tanto faceva qualcosa di giusto. Quindi erano perfetti per il favore che il glorioso corpo di polizia chiedeva loro, perché sapevano trovarsi a metà strada e completarsi.

Ma tutto il resto... tutto il resto che esuberava da questa pensata, non gli era chiaro. Anzi, non era proprio il suo campo e, per questo, solitamente, preferiva far finta che nulla esistesse al di fuori dell'ufficio.

Soprattutto cose del genere... cose come persone.

Giusto.” - concordò Brian guardando il suo vecchio capo. Era invecchiato, ma era sempre stato genuinamente convinto delle proprie idee e della propria vita. Eccezionalmente chiuso di visione. Non sarebbe mai potuto essere un buon pilota: non sapeva voltare la testa e capire il proprio avversario con un'unica occhiata.

Lento. Era lento. Bisognava gestirlo per ciò che era.

Ok.” - annuì e Dominic si alzò. Gli girò attorno e si sedette al proprio posto. Il caffè era rimasto dove lo aveva lasciato e Dominic lo afferrò, concentrandosi in quel gesto.

Questo, magari, lo avrebbe calmato. Perché non c'era dubbio che non fosse il momento per dire o fare qualcosa.

Non doveva reagire per essere stato trattato come esca.

Non doveva reagire per la propria vita valutata meno di zero.

Non doveva reagire per la morte di Suki che era stata circoscritta alla burocrazia.

Non doveva reagire per Brian.

Per Brian che stava per aggiungere un altro senso di colpa alla già lunga lista che si portava appresso e che viaggiava sulla corsia di sorpasso da troppo tempo. Per Brian che, a quanto sembrava, continuava a credere nel sistema e negli sbirri e, per farlo, era anche disposto a ignorare qualche dato di fatto.

Per Brian, che era tanto idealista da pensare che giustizia fosse la risposta ultima ad ogni domanda.


Stai bene?” - domandò Bilkins, tornando al proprio posto. In un raro attimo di empatia, si protese, posando una mano sul ginocchio di Brian - “Possiamo parlare in un altro momento, se vuoi.”

Io non ho un altro momento.” - rispose Brian, con calma. Teneva le mani abbandonate tra le ginocchia ed era tornato ad appoggiarsi allo schienale della sedia - “Ho un camion da assaltare tra meno di cinque ore. Dimmi quello che ancora non so.”

Dimmi quello che non mi hai detto la prima volta.

Il camion trasporta materiale che scotta.” - aggiunse - “Nè Suki né Dom sanno cosa sia. Ho rispettato la mia parte di accordo. Adesso voglio sapere il resto.”

Bilkins soppesò la domanda per prendere tempo. Poi gettò tutto alle ortiche. Che diamine, quel ragazzo era ancora vivo e parlava della ragazza morta al presente, non si meritava altre balle federali!

Il materiale che scotta arriva da lontano ed erano settimane che aspettavamo riapparisse sul continente. Quando è arrivata la segnalazione dall'Honduras, abbiamo deciso che era il momento di recuperarlo e toglierlo dal mercato. E non ci siamo riusciti.”

Pausa. Nessuna domanda. Aspettavano entrambi che proseguisse.

Cosi abbiamo capito che doveva esserci stata una fuga di notizie dall'interno. Nel frattempo, la merce è risalita ed è entrata in Messico. E qui le cose si sono complicate... qui si complicano sempre le cose.”

Dipende dai punti di vista.” - commentò Dominic, da buon ricercato in esilio. Bevette ancora un sorso e passò il proprio caffè a Brian. Questi lo accettò senza voltare la testa e senza ringraziare.

Aveva occhi solo per lo sbirro. E teneva la tazza tra le mani perché gli piaceva il calore.

Comunque, dal nostro punto di vista la situazione è peggiorata.” - replicò Bilkins, con sufficienza - “Cosi la cosa è passata di dipartimento e abbiamo pensato che O'Conner ci aveva già aiutato una volta e, spinto nella maniera giusta, lo avrebbe fatto di nuovo.”

Quindi l'obbiettivo era davvero quello detto: riprendere il camion.” - rimarcò Brian. Non si illudeva nemmeno di poterci sperare. E, difatti, Bilkins stava già scuotendo la testa.

Questo, ragazzo, è il piano da cui siamo partiti. Ma, quando sono arrivato qua, mi hanno dato un contro ordine: cambiate le informazioni a disposizione.”

Accelerando voi il recupero, anche gli altri lo hanno fatto. Esatto?” - chiese Dominic, movendo le dita sul tavolo. Prima seconda terza quarta terza seconda terza quarta... terza quarta... quarta seconda...

Esatto. Siamo passati dal problema di una talpa al mettere le mani su un caso di corruzione interna. Il cambio di dipartimento non è bastato, l'informazione è comunque uscita. A quel punto volevamo prenderli e, quindi, non è sembrata una cattiva idea andare avanti con un recupero fittizio.”

Fittizio! E, per curiosità, se ci fossimo riusciti?”

Nessuno aveva parlato di esche, sarebbe stato come pattuito.” - pausa. Bilikins si era reso conto con un attimo di ritardo di ciò che aveva appena detto. Ed era il momento di aggiungere qualcosa - “Ti devo le mie scuse, figliolo. Davvero.”

Ti credo.” - rispose soltanto Brian - “Vai avanti.”

Loro vi hanno fermato, ma noi non c'eravamo. Chevarez avrebbe dovuto fornirvi macchine rintracciabili e non lo ha fatto. Noi avevamo un'idea del dove e del quando, io ti avevo detto apposta la strada su cui farlo ma non è stato abbastanza. Non siamo arrivati in tempo.”

E qui...” - considerò Dominic con voce pigra - “Mi sono accorto anche io che sta mentendo.”

Si nota perché ha appena fatto scuse sincere.” - commentò Brian, con la stessa voce monocorde - “Se dicono una verità è più facile vedere quando mentono.”

Silenzio. Bilkins non sapeva che pesci pigliare. Quei due lo stavano torchiando senza muovere un dito. Aprì la bocca, inalò a fondo e Brian sorrise.

Nessun intervento da parte vostra.” - commentò. Non gli serviva che l'uomo vuotasse il sacco - “Meglio che si pigliassero il camion. Prenderli con le mani nel sacco è più produttivo, no?”

Bilkins si morse le labbra e scosse la testa.

Ma loro si mettono al sicuro su un traghetto di linea.” - continuò O'Conner, come se niente fosse - “E, in più, stanno sbandierando a tutti i distintivi, cosi non potete toccarli. Sono distintivi che ufficialmente non valgono ma che, comunque, fanno il loro effetto, vero?”

Dannazione, possibile che fosse cosi rapido? Come faceva a prevedere le mosse in quella maniera?

Forza della disperazione, mormorò una voce nella sua testa. Ed era una voce che non sentiva spesso: perché era quella della coscienza.

Il dipartimento voleva un recupero clandestino.” - sbottò, esasperato - “Invece questi bastardi lo stanno facendo alla luce del sole. Da quando hanno messo le mani sul camion hanno lasciato cosi tante tracce che... se solo li guardiamo, il governo messicano ci mette alle strette. La polizia americana viene a risolvere le faide interne qui e coinvolge innocenti cittadini che pagano le tasse!”

Non è un problema nostro.” - lo interruppe Brian. Noi sappiamo già quello che ci occorre - “Noi recuperiamo il camion come pattuito per avere quello che ci avete promesso. Poi vi arrangiate.”

Bilkins lo guardò, indeciso.

Brian.” - rispose, con tono ragionevole - “Alla luce dell'accaduto non credo che...”

Non credi che manterranno la parola?” - Brian sorrise. Lo stesso sorriso che aveva fatto a Chevarez - “La manterranno, se non vogliono guai con la Cina oltre che con il Messico.”

Bilkins sembrò non capire.

Per voi, Suki Suarez non valeva molto da viva. Poco importa, pensate spesso al contrario rispetto al resto del mondo. Vorrà dire che da morta dovrete darle l'attenzione che merita.” - spiegò, con tranquillità - “Io, a differenza di voi, conosco sua madre. E non apprezzerà quello che avete fatto alla sua bambina.”

Non lo apprezzerebbe la madre di nessuno.” - fece eco Bilikins. Quella ragazza... non era del tutto senza cuore come credevano. L'aveva conosciuta a Miami ed era difficile da dimenticare. Una bambina, una bambina che avrebbe dovuto avere uno scooter e non un bolide... ma pur sempre una bambina - “Ok, me ne occupo. Sarà la vostra buonuscita.”

Perfetto.” - concordò Dominic - “E la fedina di Brian è il prezzo per tutto il resto.”

Bilkins ammutolì. E si voltò.

C-come?”

La mia fedina, la sua, e un ingente risarcimento alla famiglia Suarez.” - specificò Toretto - “In cambio noi vi prendiamo il camion prima che sia tardi.”

E' escluso. Il camion è ufficialmente già nelle mani della polizia. Non si può far niente. Sarebbe uno scandalo.”

Si può far qualcosa finchè c'è benzina. E noi ne abbiamo. Prenderemo quel camion e lo faremo con o senza il vostro permesso.” - precisò Brian, come se ancora non fosse chiaro - “Potete provare a fermarci. Dubito che ci riuscirete. Noi ci prendiamo il bottino e ne facciamo ciò che vogliamo. Oppure potete lasciarci fare, darci quello che vogliamo e levarvi il problema.”

Bilkins esitava. Era una proposta inaspettata, doveva nascondere qualcosa, senza dubbio. I soldi e le richieste non c'entravano niente, che motivo poteva esserci per offrirsi ancora di collaborare dopo tutto l'accaduto?

Toretto era stato chiaro. Ricompensa o no lo avrebbero fatto comunque... e questo sarebbe stato comunque un vantaggio per il dipartimento, avrebbe dato il tempo necessario di raccogliere prove e far saltare teste.

Perché dunque?

Anche...” - dosò le parole - “Anche fosse che accettiamo, non possiamo cancellare il fatto che state assaltando una proprietà federale, un camion e una manciata di agenti che 'ufficialmente' è in missione, anche se non per conto di chi di solito da' gli ordini. È un colpo che, in ogni caso, fa impallidire i precedenti, che siano cancellati o no.”

Lo sappiamo.” - anche Toretto era in vena di sorrisi malefici - “Ma mi sembra anche chiaro che è un prezzo che siete disposti a pagare, in questo momento. Il camion viene assaltato, il camion esplode... gli sbirri sono sul posto e sono vittime innocenti e, grazie a Dio, illese. Il dipartimento, cosi, lava i panni sporchi lontano dai riflettori. Perché, in caso contrario...”

Bilkins non voleva finire la frase. Brian altrettanto.

In caso contrario...” - concluse Dom - “Il camion resta in mani che ne farebbero un pessimo uso, gli sbirri si volatilizzano prima che dai piani alti si senta uno starnuto e tutte le teste coronate, che ricaveranno un concreto vantaggio dalla merce, mantengono le poltrone che occupano. Voi, ovviamente, un calcio in culo per il fallimento su ogni fronte.”

Pausa.

Il tutto complicato da noi che scriviamo un libro sulla nostra vita, da un comitato per la memoria di Suki Suarez con sede a Miami e Pechino e da un certo numero di messicani inferociti che verranno informati di come gli sbirri americani scorrazzino nel loro paese senza nessun rispetto delle leggi... sempre senza contare quel buon cinquanta per cento di sangue caliente della signorina Suarez. Altro che scandalo... voi sarete Lo scandalo.”

Bilkins soppesò quel monologo. E alzò un sopracciglio.

Mister Toretto, mi perdoni ma... da quando pensa come uno sbirro?”

Io vivo con Brian O'Conner, agente Bilkins.” - rispose, con naturalezza - “Pensa sul serio che non abbia nulla da insegnarmi?”


14


Ho capito l'antifona.

Avrete la vostra chiamata entro poche ore.

Finalmente le frasi che attendevamo, pensò Dominic, alzandosi. Brian se ne era già andato. Aveva visto Bilkins annuire, confermare e tendergli la mano.

Non l'aveva stretta. Se ne era solo andato.

Ma era comunque un si.

Quella mano, quella dannata mano, l'aveva stretta Toretto, per entrambi. E guardandolo dritto negli occhi.

Mi tolga una curiosità, Dominic.” - si era sentito dire, davanti a quell'occhiata - “Perché lo state facendo? perché ci aiutate, dopo tutto quello che è successo?”

Noi non aiutiamo voi.” - replicò Toretto - “Io aiuto Brian.”

Gli aveva voltato le spalle, andandosene.

Io aiuto Brian. Del resto me ne frego.


Brian lo attendeva appoggiato alla fiancata della macchina.

Mi dai le chiavi, per favore?” - chiese, allungando la mano.

Tu non guidi.” - fu la risposta, aprendo la portiera.

Davvero? E chi guida se non guidi manco tu?” - domandò, chiudendo la portiera prima che salisse.

In quel caso...” - Dom reggeva le chiavi con due dita sopra una griglia di scolo - “Andiamo tutti e due a piedi.”

Non lo farai.”

Non è la mia macchina.”

Tu adori questa macchina.” - ribattè Brian, indicando l'NSX - “Ne hai regalata una a Mia, ne hai regalata una a me, tu...”

Si interruppe, come folgorato.

Le foto!

Le foto del padre di Dom che alzava la coppa del vincitore, il muso della macchina alle sue spalle. La macchina di suo padre in quelle foto non era la Dodge.

Come era andata quella mattina? Cosa aveva detto Dominic? Aveva detto...

Brian, ci siamo. L'ho trovata. La tua macchina. Non una tra tante, una vera. Quella giusta.”

Quella giusta.

Non era una Dodge. Nelle foto non era una Dodge!

Sbarrò gli occhi. E fissò Dominic, come se non lo avesse mai guardato prima.

Perché una NSX.” - non si sentiva il punto interrogativo, si sentiva solo l'urgenza di sapere – “Perché proprio una NSX.”

Non ha importanza.”

Io invece credo proprio di si.” - replicò Brian, forzandogli la mano – "Tu hai una risposta per questa domanda e io ho bisogno di sentirla.”

Perché è una macchina sicura.” - rispose Dom, alzando le spalle. Poi si rassegnò a dover dire anche il resto - “Perché se mio padre avesse guidato quella al posto della Dodge sarebbe sopravvissuto.”

Sorrise. E si appoggiò con un gomito al tettuccio, guardandosi attorno, guardando lontano. Aveva avuto un tono pacato nel rivolgersi a Bilkins, falsamente tranquillo. Ma ora era diverso: era un tono malinconico, un tono che raramente si sentiva.

Perché raramente Dominic parlava di se stesso.

E poi...” - stava aggiungendo, con una smorfia - “Sono un nostalgico. A casa nostra c'era sempre una NSX nel vialetto. La Dodge in garage e l' Honda dove tutti potevamo vederla. Una specie di codice. Se c'era quella macchina, c'era mio padre.”

E adesso, se c'era l'Honda nel vialetto e la Dodge in garage, eravamo entrambi a casa. Era bello, per mia sorella. Era bello per me.

Che ne hai fatto? Di quella di tuo padre...” - era una domanda inopportuna ma... - “Non era quella che guidava Mia...”

Dopo che è morto... bhe, non si poteva più fare, non riuscivamo a sopportarlo. Io non volevo saperne, sentivo che la Dodge era la mia fenice. Mia era troppo piccola per guidare qualsiasi cosa.” - spiegò Dominic, appoggiando la tempia al pugno. Era assurdo avere una conversazione del genere in una strada che iniziava a riempirsi di gente, con un camion in arrivo, un potenziale accordo con la polizia e tutti i problemi che avevano. Ma stava avvenendo e, come al solito, Dominic non si ritirava mai da una gara a cui stava partecipando - “Ne ho regalata una a Mia quando ho iniziato a sentirne la mancanza. Io ero lontano, lei era sola... ho pensato che le avrebbe fatto piacere. Nuova e solo sua, senza fantasmi nel motore, ma tipica di casa nostra.”

E cosi è stato.” - confermò Brian, come se ce ne fosse bisogno. Mia aveva lasciato controvoglia quella macchina oltre la frontiera, durante la fuga. E non aveva più voluto rimpiazzarla con nessun altra - “Ma...”

Ma vuoi sapere di quella di mio padre.” - lo interruppe Dominic con tono di sopportazione - “Brian, dovresti dire quello che pensi al posto di rompermi cosi le palle.”

Non sto pensando nulla. Non sei tenuto a rispondermi.” - esordì O'Conner. E Dominic, alzando gli occhi al cielo, pensò che era meglio interrompere la litania. Avrebbe portato via troppo tempo.

L'ho data a Enchilada perché me la tenesse.” - esclamò - “E poi, una notte, sono andato a prenderla perché avevo voglia di mettere le mani nel suo cofano, ok? L'ho presa e l'ho messa in officina da amici, ok?”

Si, ok, ma...”

Brian.” - la guardava dritto negli occhi - “Sai benissimo cosa ho fatto della NSX di mio padre. Lo sai alla perfezione e non hai bisogno di sentirtelo dire.”

Silenzio. Brian non diceva nulla. E Dominic non aveva altro da aggiungere.

Ti serve una macchina vera, elegante e inafferrabile. Una macchina con cui identificarti, da tirare fuori dal garage solo ogni tanto, solo quando vuoi o sei costretto. Una macchina del destino.” - gli aveva detto, quel giorno, il giorno in cui aveva deciso - “Una macchina a cui tornare, quando tutte le altre ti abbandonano, che non ti tradisca mai.”

Una macchina che non sia stata maledetta da nulla, ma battezzata solo con mille vittorie. Una macchina a cui ho baciato il cofano cosi tante volte da averne perso il conto. La baciavo prima e dopo ogni gara, perché portasse fortuna a mio padre.

Una macchina che non era il suo destino ma che era fatta per correre e vincere.

Correre e vincere.

Non correre e morire.

Soddisfatto ora?” - domandò, infine. Poi alzò le chiavi, scotendole sotto il naso di Brian - “E ora che sai che fine abbia fatto la macchina di mio padre, io avrei bisogno di guidarla. Pensi di poter accettare questo ricatto morale e lasciarmi finalmente in pace?”


Quando Dominic spense il motore nel cortile di casa, nessuno dei due sembrò avere una gran voglia di scendere dalla macchina.

La casa appariva quella di sempre. Ma c'era qualche piccolo particolare che stonava, che lasciava intendere come, all'interno, mancasse qualcosa di molto importante. O qualcuno.

I fiori sembravano più spenti, il filo per stendere troppo vuoto. Niente libro sotto il portico, nulla appoggiato sul gradino: niente era fuori posto e le tende della cucina non erano aperte, come sempre, in uno spiraglio per sbirciare il rientro di uno di loro.

Nulla. Dominic, senza volere, si lasciò sfuggire un sospiro.

E non c'era nemmeno niente da dire.

C'era solo da aprire le portiere e scendere.

Decidersi ad aprire le portiere e scendere.

Brian fu il primo. Uscì dall'abitacolo e girò attorno al mezzo per aprire la portiera dal lato del guidatore. No, non c'era nulla da dire, pensò.

Proprio nulla. Facciamolo e basta.


Suki se ne era andata con un grande disordine. Vestiti sul letto, la sacca aperta, l'ipod sul davanzale, il computer sul pavimento. Brian aveva girato in tondo per raccogliere tutto, avanti e indietro per la stanza per non dimenticare niente. Ad ogni oggetto afferrato, a ogni vestito piegato, a ogni scarpa raccolta, aveva pensato che Suki potesse spalancare la porta e dargli dell'impiccione.

Perché era un disordine vivo, colorato, incredibilmente luminoso. Non poteva appartenere a qualcuno che se ne era andato per sempre. Non poteva.

Mia, invece, era stata meticolosa. La sua stanza era perfettamente vuota. Nell'armadio, sul ripiano, solo una maglietta di Brian. Sul tavolo della cucina, impilate, le carte della casa, i documenti della contabilità, qualche ricevuta. Sul letto di Dominic il bucato, piegato e stirato.

I vasi dei fiori recisi erano vuoti, puliti. Tutto era in ordine, composto e lucidato per l'estremo saluto. Doveva aver girato per casa, dicendo addio ad ogni cosa, spostando qualche oggetto, scacciando dalle superfici qualche granello di polvere.

Persino il mazzo di spezie e cannella non c'era più. Il chiodo, sulla parete, era come un piccolo segno nero, un'ombra.

Brian rimase a lunga sulla porta, contemplando il vuoto. Dominic non aveva retto: aveva gettato un'occhiata all'ingresso e aveva compreso. Semplicemente era uscito, rintanandosi in garage. Brian non lo aveva seguito: voleva lasciargli un poco di tempo, per reagire. Perché, forse, non c'era nulla da dire, ma c'era molto da esprimere.

Non osava varcare la soglia. La stanza di Mia sembrava un santuario. Nulla, su nessuna superficie. Cosa aveva fatto della sua roba? Aveva portato via l'indispensabile... e il resto?

Lo aveva gettato?

Se avesse aperto il coperchio della spazzatura, in fondo al cortile, avrebbe trovato la sua vita? Avrebbe trovato parte della loro esistenza assieme?

Per un attimo fu tentato di farlo.

Aveva messo le cose di Suki in una scatola, come in una bara, comprimendole in poco spazio... Perché non frugare tra i rifiuti a caccia delle prove di un amore?

Sarebbe stato poi cosi sbagliato?

Nuovamente, si passò le mani sul viso. Non faceva altro, da ore. Per tenersi sveglio, per calmarsi, per premere sugli occhi e cancellare immagini troppo insistenti. Respirò a fondo: aleggiava ancora un leggero profumo, persistente come i ricordi.

Brian si voltò e discese le scale.

Che fare? In garage con Dom? No, Dominic aveva bisogno di starsene da solo: una sola perdita, due dolori, due gestioni.

Le mani in mano fino all'arrivo della chiamata di Bilkins? No, manco a parlarne. Ideare un piano per l'assalto al camion?

Si, buona idea. Davvero buona, se non fosse che alcune informazioni tardavano a giungere.

Il camion era sbarcato dal traghetto e aveva imboccato la 'mexico uno' per risalire la penisola. Ancora ore da aspettare, dunque, almeno fino a quando non fosse stato a Rosario de Arriba. Poi si sarebbero mossi, con o senza la benedizione telefonica di Bilkins.

Prima di allora, solo una lunga attesa. Quasi un'agonia.

Senza pensare, aprì il frigo, a caccia di una birra. Pulito, asettico, solo acqua e Corona disposte sui ripiani. Si sarebbe volentieri messo a ridere della maniacalità della sparizione che l'aveva obbligata a pulire il frigo prima di partire... ma la risata aveva un gusto amaro già in fondo alla gola.

Si sedette al tavolo, senza aprire la bottiglia. Spostò con un dito una fattura, buttò un occhio sulla seconda: non gli importava niente di ciò che stava vedendo, la mente viaggiava altrove, ritmata solo dai gesti. Dominic, ogni tanto, quando pensava, giocava con un cambio immaginario. Scalava le marce, fissava gli occhi su un contachilometri che non esisteva e, cosi, andava avanti.

Brian avrebbe voluto riuscire a fare altrettanto. Fissò con desiderio la birra e decise di non berla. Ne erano serviti ettolitri per provar a dimenticare Mia ed ora... ora, con i giorni, sarebbe stato un problema ricordarla.

Sentì i passi nell'ingresso ma non si voltò.

Vuoi qualcosa da bere?” - domandò Dom, passandogli a fianco. Brian alzò la bottiglia e la riposò sul ripiano. Dominic si era cambiato la maglietta sporca di sangue ma anche la canottiera bianca cominciava ugualmente ad avere segni rossi.

Togliamo quella scheggia?” - domandò, dunque, restando allungato sulla sedia, i piedi quasi ad intralciargli i movimenti al di là del tavolo.

Non è grave.”

Lo hai già detto. Ma io vorrei che la togliessimo, ti spiace?” - appoggiò i gomiti sul tavolo e lo guardò - “Dammi qualcosa da fare, ho bisogno di tenermi occupato.”

Dom bevve a muso dalla bottiglia e soppesò la domanda. Poi, sedendosi, gli fece un gesto di accondiscendenza.

Prendi il necessario. Ti aspetto qui.”


Non era stato difficile trovare la cassetta del pronto soccorso. Era completa di tutto, lucida e meticolosamente chiusa. Un altro santuario da violare.

Dominic piegò la testa e lo lasciò armeggiare senza dire niente. Per i motori doveva essere un piacere essere sistemati da Brian: scivolava tra i tessuti con attenzione, premeva e tirava senza mai esagerare. Probabilmente si comportava nella stessa maniera anche quando si trattava di valvole e componenti.

A Giuda piacciono i motori... e, ai motori, Giuda piace.

L'idea gli piegò le labbra in un sorriso.

Ancora una volta si domandò dove avesse imparato tutto ciò che sapeva. Non suo padre, su questo era stato chiaro. Nemmeno quel suo amico, Roman. Si erano conosciuti dopo, sulle macchine, non all'inizio della passione per l'asfalto.

Chi, allora? Certo, l'amico. L' amico senza nome che lavorava in fondo alla strada, quello che O'Conner Senior, lo sbirro, aveva ucciso senza troppi scrupoli. Perché? Aveva difeso il figlio ribelle e messo fine a qualcosa che Brian ancora distorceva con i ricordi? Per questo, alla fine, Brian era divenuto un poliziotto, pur disprezzando il genitore?

Non sapeva cosa si provasse ad avere un padre del genere: il suo era stato solo un grande uomo, da amare e poi da rimpiangere in eterno. Ma Brian... che ricordo aveva del proprio?

E il suo amico? Chi era? Un farabutto o una vittima?

Non riusciva a smettere di pensarci. Forse perché ormai Brian era la sua famiglia e sentiva di non sapere abbastanza di lui. Oppure perché, se avesse smesso di pensare a Brian, avrebbe dovuto pensare a Mia.

Ed era triste capire che, alla fine, aveva scelto tra i due quando non aveva mai voluto farlo. Era triste, davvero. Come tanti altri sbagli che sapeva di aver fatto, continuando a ferire le persone che amava, ancora e ancora.

Meglio pensare a Brian. Meno pericoloso.

Perché vuoi essere ancora uno sbirro?” - domandò dunque, piegando ancora un poco la testa. Doveva essere una scheggia bella ostile...

Chi ha detto che voglio essere ancora uno sbirro?”

Ti sei tenuto il distintivo.”

Non mi sembra importante.”

Secondo me lo è.”

Lo era, ma non per il motivo che pensava Dom. Brian armeggiò con le pinzette lungo il bordo della ferita, riflettendo. La prima volta che era fuggito lo aveva lasciato appeso allo specchio del bagno. La seconda sul tavolo, per andare a prendere Braga in Messico. La terza... la terza l'aveva tenuto in tasca, per dimostrare che non credeva in loro, nel ribaltare un pullman carcerario, perché, se avessero saputo di Toretto ciò che sapeva lui, avrebbero capito che stava facendo la cosa migliore. E la quarta, partendo per cercare Suki, era stata spontanea... lavoro per gli sbirri perché, per quanto faccia di sbagliato, sono uno di loro. E, alla fine, senza Dom e senza Mia, il distintivo sarà l'unica cosa che mi resterà per rimanere a galla.

Sotto sotto, ti senti ancora uno sbirro, Brian?”

Non rispondo a domande del cazzo.”

Non accetto risposte del cazzo.” - Dominic abbassò gli occhi, guardandosi le mani - “Tu intendevi accettare l'accordo nella sua totalità, vero? Tu volevi quel posto stabile nelle operazioni clandestine.”

Nessuna risposta.

Non te ne frega nulla della tua fedina, tu vuoi tornare a fare il giustiziere tra i buoni.”

Stai farneticando.” - Brian lasciò cadere la scheggia di vetro sul ripiano lucido, macchiandolo. E premette sul foro con una garza.

Non credo proprio.”

Tieni premuto.” - mormorò, lasciando la presa e voltandosi verso il lavandino. Le mani tremavano, sotto il getto tiepido.

Non scappare, Brian. Dimmi a cosa andiamo incontro. Assaltiamo il camion e poi? Cosa succede?”

Se siamo ancora vivi?”

Saremo ancora vivi, non ti preoccupare. Rispondi solo alla domanda. Poi? Mettono un bel timbro dietro il tesserino e tu indossi nuovamente la divisa? Lo hai già fatto una volta o sbaglio?”

Quello che ho fatto a Miami non ti riguarda.”

No, mi riguarda questa volta. Sono curioso.”

Brian chiuse il rubinetto e si raddrizzò. Non intendeva smettere di dargli le spalle, asciugandosi le mani.

Non ho ancora deciso.” - borbottò soltanto.

Cazzate.”

Forse. Ma sono le mie cazzate.” - replicò, gettando lo strofinaccio sul ripiano. Finalmente disordine, finalmente vita.

Sbagliato, Brian.” - Dominic voltò la testa per vederlo - “Fino a prova contraria, le tue cazzate sono le nostre cazzate.”

Era troppo. Troppo per i suoi nervi, per la stanchezza, per il suo dolore. Troppo. Sentiva di non reggere più e, quando Brian girò sui tacchi e uscì dalla stanza, semplicemente finì la resistenza.

Brian.” - gridò, alzandosi e correndogli dietro. Tre falcate per raggiungerlo - “Mi vuoi dire che ti prende?”

Era già con un piede fuori di casa, diretto alla propria macchina. Ma si fermò e tornò indietro.

Cosa mi prende?” - urlava, come non aveva urlato contro nessuno, né con Chevarez, né con Bilkins - “Cosa prende a te, dannazione!”

La mia era una domanda semplice e tu hai continuato a non rispondere! Mi vuoi dire cosa ti succede?” - dopo si sarebbe pentito di quello che stava per dire, poteva sentirlo. Ma, in quel momento, non riusciva a pensare ad altro - “E' ancora tuo padre? È questo che succede ogni volta che nominiamo la polizia! Puoi andare lontano, puoi essere un grande uomo ma ti senti ancora un fallito, un fallito che, se avrà un distintivo, sarà una persona migliore!”

Il pugno di Brian scattò. Non ci volle molto per fermarlo. Scoordinato, di nuovo. Cosi arrabbiato da non riuscire a dosare i propri gesti.

Non ti serve un distintivo ma tu te lo porti dietro come una reliquia.” - sibilò ancora Dom - “Cosa succede, Brian, sei davvero convinto che la stella di latta conceda super poteri?”

Brian fece leva con la mano bloccata e spinse con l'altra, facendolo arretrare. Per un pelo, il tappeto ai piedi della scala non lo fece crollare.

Tu non sai cosa vuoi, non l'hai mai saputo.” - disse, fissandolo, raddrizzandosi - “Sbirro o delinquente, non hai mai saputo scegliere perché, in un modo o nell'altro, deludi qualcuno. Deludi te stesso, oppure tuo padre, sempre e comunque.”

Ti stai sbagliando.”

No, non sto sbagliando. Lo hai detto tu: tuo padre ti voleva sbirro e tu lo hai fatto. Tu lo hai fatto per lui.”

No, Dominic, io l'ho fatto per me stesso. Avrei dato di tutto perché mio padre non mi credesse un fallito, ma in polizia ci stavo perché volevo starci.” - non urlava. Era di nuovo gelido, bloccato... paralizzato, come pochi giorni prima - “Sono un delinquente in polizia, lo sono sempre stato.”

Certo, è una comoda rivisitazione dei fatti.” - esclamò Dominic, venendogli tanto vicino da investirlo - “Tu sei terrorizzato, Brian, non sai cosa fartene della libertà che hai. Meglio la divisa e il peso di qualcosa che non vuoi che tutto questo. Basta un cenno e tu corri, corri, corri come tuo padre ha preteso da te levandoti tutto.”

Smettila.”

Fermo, gli occhi sbarrati. E il bolide Toretto ormai pronto a investirlo.

Ti ha portato via tutto e tu continui a credere di dover seguire le sue regole. Per questo...” - non si sarebbe fermato, anche se sapeva di doverlo fare, anche se in fondo alla sua testa sentiva di stare sbagliando tutto - “...per questo non lo hai denunciato per quell'omicidio.”

Smettila, Dom.” - ecco un altro colpo, una spinta fiacca. Ma Dom non era intenzionato a smuoversi nemmeno di un palmo. E a insistere.

Tuo padre ammazza il tuo amico e tu pieghi la testa, vero? E, da allora, la storia si ripete...” - si inumidì le labbra e calò la scure - “I tuoi amici delinquenti muoiono, Brian. Ma tu non muori mai, sempre nascosto tra di noi. Nascosto, Brian: perché tu sei e rimani, quando ragioni, uno sbirro. Lo sbirro del suo papà.”


Si sarebbe aspettato un pugno. Un colpo. Invece dovette afferrarlo per un gomito, prima che se ne andasse. Brian si voltò, divincolandosi.

Tu non sai di cosa stai parlando.” - sputò, alzando il braccio per liberarsi - “Non sai niente e ti ostini a parlare!”

Non lo aveva mai visto cosi. Solo una volta, da quando si conoscevano, aveva urlato in quel modo. Ed era stato per dire 'mi dispiace', mentre Dominic lo prendeva a calci.

Io non ho potuto fare niente. Non era un delinquente e non meritava di morire.” - gridò - “Io ero il delinquente tra di noi. E lui ha fatto di tutto per salvarmi. E tu non sai niente di noi!”

Dominic lo fissò, senza riuscire davvero a seguirlo. E Brian gli venne più vicino, lo afferrò per la canottiera, lo scosse.

Era mio fratello! L'ho fatto per mio fratello, sono uno sbirro per mio fratello! Era questo che volevi sapere, no? Soddisfatto ora?” - urlò, ormai senza controllo. E poi lo lasciò andare.

L'amico senza nome, l'uomo dei motori in fondo alla strada. Mio fratello.

E, di colpo, Dominic si snebbiò.


Fu un attimo, un momento cosi piccolo da non esser rintracciabile all'interno della manciata di secondi in cui avvenne. Eppure Dominic ebbe la certezza di averlo sentito, come un clic in fondo alla testa. Clic. E, d'un tratto, la consapevolezza di ciò che era appena accaduto.

Era esploso. Esploso nel momento sbagliato, per i motivi sbagliati. Era stato arrabbiato per Suki, per Mia, per la faccenda del camion, della beffa, della polizia e di quant'altro fosse avvenuto negli ultimi giorni.

Eppure se l'era presa con Brian e per qualcosa che non era certo che accadesse. E, quel che era peggio, aveva tirato in ballo fantasmi che non gli appartenevano, fino a farlo crollare.

Mio fratello.

Era troppo tardi per scusarsi. Poteva solo provarci.

Brian, io...” - esordì.

Sta' zitto.” - non c'era modo di calmarlo. Quel suono, quel suono nella sua voce che aveva messo in allarme Dominic, era ormai un rumore informe di rottura definitiva - “Stai zitto. Era questo che volevi sapere, no? Volevi sapere del mio amico, no? Era mio fratello lo sbirro che volevo essere, Dominic, mio fratello! Non mio padre!”

La voce gli si ruppe.

Mio fratello, cazzo.” - rantolò ancora. Tremava, dalla testa ai piedi, sapeva di doversi calmare. Si passò una mano sulla bocca e guardò Dominic, come se fosse il più caro degli alleati e non il peggiore dei traditori. Anche ora, anche ora lo guardava in quel modo, come ogni volta in cui gli aveva affidato la propria vita. E Dominic si sentì morire per il disgusto verso se stesso.

Ma non importa. Non ha più importanza.” - disse Brian, cercando di convincersene - “Tu hai ragione. Io sono uno sbirro, Dominic. Non ne ho mai fatto segreto e certe volte non ne sono stato fiero. Ma, prima di ogni cosa, volevo essere una persona giusta. E non lo sono.”

Brian...”

Tu sei una persona giusta.” - lo interruppe - “Ti definisci delinquente e non lo sei. Ed io volevo essere come te, davvero. È questo che mi tormenta, non il mio distintivo. Io ho davvero fallito.”

Fallito, fallito, fallito. Sei e rimani un fallito, Brian.

Si passò le mani sul viso e, quando le abbassò, Dominic lo fissò, senza parole. Aveva gli occhi pieni di lacrime, lacrime rapide a sparire.

Continui a dire che sono diventato sbirro per compiacere mio padre. Ti sbagli. Tu mi conosci, lo sai che faccio solo quello in cui credo...” - si strofinò il naso con il dorso della mano e Dominic vide le dita tremargli - “Non rispetto le regole, inseguo gli aquiloni e non vado da nessuna parte. Piede pesante, no? Sono abile a perdere. E perdo, perdo...”

La voce gli si ruppe. Ma l'orgoglio ebbe il sopravvento, arrochendolo e costringendolo all'ammissione più dura.

Io ho perso Mia. E, se siamo a questo punto, se ci stiamo scannando e perché stiamo pagando entrambi per il mio sbaglio.”

Entrambi. Per il mio sbaglio. E mi dispiace, Dominic, mi dispiace tanto. Perché non era cosi che avevo immaginato che sarebbe andata a finire.

E' vero.” - rispose Dominic. E Brian lo guardò, in attesa della condanna finale - “Pago per i tuoi sbagli, per le tue scelte e per le tue eroiche intenzioni. Ma tu, Brian, paghi per i miei. Per i miei sbagli, le mie scelte e le mie poco eroiche intenzioni. Lo fai da molto tempo.”

Mi hai dato una via di fuga. Non mi hai cercato. Hai dato a Letty una chance per riavermi, sei venuto con me in Messico a prendere Braga, mi hai concesso la mia vendetta.

Forse non sono scelte giuste, ma sono scelte da uomo giusto.”

Mi hai fatto fuggire. E io ti ho visto in un lago di sangue per me.

Brian, è ora che tu mi dica cosa è successo con tuo padre.” - Dominic fece un passo verso di lui. Brian ne fece uno indietro - “Adesso dimmi quello che non mi stai dicendo, dimmi perché la polizia, cosa è accaduto.”

Non ha importanza.”

Ne ha. Ne ha, Brian. Perché è qualcosa che non ti da pace, da prima che ci conoscessimo.” - ancora un passo. E, questa volta, una chance per avvicinarsi. Brian gli fissò i piedi e poi si arrese. Tanto vicino che avrebbe potuto stringerlo, se solo avesse potuto sfiorarlo - “E' giunto il momento di andare avanti. Qualunque cosa accada, qualunque cosa tu scelga, devi farlo per andare avanti.”

E' ora che tu vinca, Brian. E' ora.

Oggi ho perso mia sorella.” - aggiunse, sottovoce, come se fosse il segreto più grande che custodiva - “Sei tu la mia famiglia, Brian. Te l'ho dimostrato con i fatti, ma voglio anche che tu me lo senta dire. Tu sei la mia famiglia. Fidati di me.”

Ed io ti aiuterò a farlo.

Fidati di me ancora una volta.”

Io aiuto te. Del resto me ne frego.


15


Non so come sia cominciata la passione di mio fratello per le macchine. Credo con i primi sequestri durante le corse clandestine, ma non ne sono sicuro.”

Pausa. Mani che si tormentano, unghie pulite a vicenda. Di nuovo parole.

Non gli piaceva essere un poliziotto. Voleva smettere. Era come te, per certi aspetti, voleva solo correre in pista. Credo fosse più bravo a sistemare i motori che a domarli... ma non credo abbia più importanza.”

Brian sedeva al tavolo di cucina. E c'era Dominic, di fronte a lui. Ma non c'era motivo per guardarlo in viso. Brian preferiva fissarsi le dita, giocherellare.

Quello che so era che le macchine erano il suo passaporto per tirarsi fuori dalla nostra condizione. Per questo mi ha insegnato tutto, perché avessi anche io una chance, come lui. E questo, mio padre non riusciva a digerirlo.”

Si fermò, pensando cos'altro dire. Poteva raccontare delle botte, delle liti, dei parabrezza spaccati e di suoi fratello che continuava a rimetterli in sesto... ma non avrebbe detto molto di più. Tanto valeva saltare al capitolo finale.

Saltare e non pensarci più.

Chiudere gli occhi... e cadere nel vuoto.

La sua passione per le macchine non lo rendeva degno della divisa.” - mormorò. E le sue mani interruppero il movimento. Degno... - “Mio padre credeva molto nella dignità e nel polso di ferro. Mio fratello aveva ambizioni, le ambizioni sono per i deboli. Il sergente O'Conner non poteva tollerarlo, soprattutto nell'unico figlio per cui lui coltivava qualche ambizione.”

Cosi, una sera, è entrato in officina: ha preso una chiave inglese e ha fatto un gran bel lavoro. Archiviato come regolamento di conti. Mio fratello, il giustiziere delle corse clandestine, trovato morto con il cranio fracassato, nel suo paradiso del motore. Nessun colpevole e nessun testimone. E mio padre, l'uomo tutto d'un pezzo, l'iron man che lo seppellisce senza battere ciglio.”

Nessun colpevole e nessun testimone. Le mani si strinsero in un unico blocco. E Dominic le fissò.

Tu ne hai la certezza, vero?” - domandò, con cautela. Aveva paura della risposta che Brian gli avrebbe dato.

Lo vide annuire, vide le mani stringersi ancora, e si sporse verso di lui.

Tuo fratello non metteva il lucchetto, cosi potevi entrare...” - disse, ripetendo con lentezza le parole che Brian aveva pronunciato oltre un anno prima - “Perché tuo padre non ti cercava dentro le macchine.”

Un altro cenno di assenso.

Dio, Brian. Ma quanti anni avevi... Dominic lo fissò senza riuscire a dire nulla. Brian teneva gli occhi ostinatamente bassi, fissi alle mani, a quell'intreccio di dita nato dall'angoscia.

Eri nascosto in una delle macchine, quando tuo padre l'ha ammazzato.

Tu l'hai visto. L'hai visto morire.

Tu eri il testimone. E, se tuo padre lo avesse saputo...

Ora comprendo. Comprendo davvero.

Dentro le macchine sono al sicuro... le macchine ti hanno salvato quella notte.

Per questo sono uno sbirro. Non perché lo volesse mio padre. Lo sono perché volevo giustizia e non l'ho avuta.” - Brian alzò la testa. Ora era pronto, pronto a guardarlo in faccia, perché Dominic non gli avrebbe chiesto altro - “È la giustizia la mia droga, Dom! La giustizia. Ma, per mio fratello, sono arrivato tardi. Ero troppo giovane e con la nomea di teppista, era la mia parola contro quella di mio padre. Non mi avrebbero mai creduto.”

Si zittì. E Dom attese con pazienza che fosse pronto a parlare ancora.

Sono entrato in polizia non appena ho potuto. Mio padre non ne è stato mai fiero, non ero abbastanza nemmeno in quel contesto. È morto mentre ero in accademia e, con lui, se ne è andata la possibilità di riaprire il caso di mio fratello. Allora mi sono trasferito a LA, a caccia di altra giustizia. E, quando mi hanno messo in mano quel tuo dannato fascicolo, con le foto dell'uomo che tu hai massacrato con una chiave inglese, io... io ho deciso che volevo la tua testa. La volevo più di ogni altra cosa.” - si interruppe e respirò a fondo - “Ma era sbagliato. Era diverso da ciò che credevo. E io... io ho smesso in quel momento di pensare a me stesso come ad uno sbirro.”

Tu hai seminato il dubbio. E hai fatto di me un uomo migliore.

Lo stai facendo anche ora.

Anche ora.

Quando ho deciso di aiutarti, l'ho fatto per questo motivo, perché era la cosa giusta da farsi: tu avevi quel codice d'onore che io non riuscivo a crearmi. E ho lasciato la polizia perché avevo infranto il giuramento. A Miami li ho aiutati perché era la mia occasione per fare più di quello che stavo facendo.” - aggiunse, dopo un attimo - “E, quando ho detto che non so cosa farò se sopravvivremo, non ho mentito. Non lo so, non so più da un pezzo se credo davvero in quella vita.”

E' difficile, oggi, sapere in cosa credere.” - replicò Dominic, con lentezza - “Ne sono successe troppe in questi giorni. Concediti il tempo per pensarci.”

Noi non abbiamo il tempo, Dom. Attendiamo solo di sapere quando saltare in macchina o in che termini lo faremo.”

Hai ragione. Vorrà dire che lo farai dopo, a lavoro finito.” - replicò, con calma.

Brian annuì. Poi, con un gesto di esasperazione, tirò su con il naso e distolse lo sguardo. Sentirsi a pezzi iniziava a farlo imbestialire.

Fu allora che Dominic si alzò, arrivandogli vicino.

Dai, vieni.” - disse, tendendogli le dita - “Tu ed io abbiamo bisogno un motore con cui giocare.”


Questa attesa...” - commentò Dominic stappando una seconda birra - “Potrebbe uccidermi.”

Più di un frontale.” - replicò Brian, da sotto una macchina.

Esatto. Più di un frontale.” - concordò, appoggiando una chiave sul palmo spuntato da sotto il telaio.

Sei ore, attendevano già da sei ore. Dovevano essere tre ed erano destinate a divenire nove. Idea di Juan.

O, almeno, Juan aveva spacciato per propria l'iniziativa di suo padre.

Il camion che stavano aspettando, dall'ultimo bollettino, era in panne da qualche parte, in attesa di un pezzo di ricambio dopo un misterioso incidente su strada.

Qualche parte, dove?” - aveva chiesto Toretto a Juan, con molta educazione.

Da qualche parte.” - era stata la risposta. Juan aveva Enchilada di fronte e sapeva benissimo cosa dire e cosa non dire. E nemmeno pensare, nel caso Dominic sapesse anche leggere nel pensiero

Bene.” - aveva sospirato Toretto, rassegnato. Se suo zio aveva deciso che quello era un brutto punto per assaltare un camion fermo, era tempo sprecato provare a convincerlo del contrario - “E, Juanito, quando il camion lascerà 'qualche parte' per arrivare in 'qui va bene'?”

Aspetta, chiedo.” - era stata la risposta. Dominic aveva alzato gli occhi al cielo e si era appoggiato al tetto della Dodge dondolando la pinza con l'altra mano.

Da sotto la macchina spuntavano le lunghe gambe di Brian. Stava armeggiando già da un'oretta e non c'era motivo per interromperlo. Aveva da pensare, aveva bisogno di calmarsi e Dominic credeva fermamente nel valore terapeutico del lavoro d'officina.

Tenere Brian sotto una telaio a trafficare era un po' come metterlo al sicuro dal resto del mondo.

Nel frattempo, il tramestio dall'altro lato della linea era finito. Juan gli rifilò due dati, con voce dubbiosa. Poi ritrattò, dicendo che avrebbe richiamato ma che, per il momento, il camion era fermo.

Fermo?” - aveva domandato Brian, dalla sua caverna.

Fermo.”- aveva sospirato, rimettendosi il cellulare in tasca e tornando a frugare nel cofano della NSX.

Si erano scambiati le macchine e lavoravano in silenzio da quando erano usciti dalla cucina. Ogni tanto si scambiavano informazioni in vista del colpo: poche frasi, solo ogni tanto, per rammentarsi a vicenda della vicinanza e della consapevolezza. Ed il resto non era silenzio, perchè era fatto rumore di motori, odore di benzina, suono ritmato che scaturiva dai loro attrezzi.

Nessuno dei due aveva voglia di parlare. Lo avessero fatto, si sarebbero scambiati scuse, comprensione gratuita, parole superflue. Non servivano a nessuno dei due quelle parole.

Così erano passate altre ore, fino a giungere al desiderio di un'altra birra e di un poco di azione. Brian era uscito da sotto la macchina, aveva fatto il giro e si era nuovamente infilato sotto. Dominic dopo aver smontato e lucidato un po' di tutto dentro l'Honda, aveva cominciato a tallonarlo passandogli gli attrezzi.

Si annoiava. Bevette un sorso di birra, si sedette per terra a gambe incrociate e sbuffò. Sbuffò chiaramente. E Brian emerse, puntando i talloni per smuovere il carrello. E lo fissò, interrogativo.

Mi annoio.”

Brian lo fissò. Per la prima volta da parecchie ore, gli sembrò ci fosse un motivo per sorridere.

Lo sai che è la prima volta che te lo sento dire?” - commentò.

Non mi annoio spesso.” - replicò Dominic. Poi sorrise. Si, era divertente - “Come va lì sotto?”

Benissimo.” - piegò la testa verso di lui, grattandosi una macchia di nero sulla tempia - “Non c'è niente che non vada. Controllo, penso...”

Si, ne so qualcosa.” - Dom bevve un sorso di birra e gli passò la bottiglia, voltando poi la testa alla porta dell'officina - “Anche la tua non ha nulla. Ma le ho pulito lo stesso un paio di pezzi.”

Hai fatto bene.”

Lo so. Ma spero che Juan telefoni perchè, altrimenti, smonto il motore e lo rimonto.”

Brian, puntellato sui gomiti e con la bottiglia molto vicina alle labbra, rise.

Se tu smonti la mia macchina..” - minacciò - “Io allineo i pezzi della tua sul marciapiede.”

Si, è il camion lo assaltiamo a piedi.”

Già.” - soffiò Brian, guardando lontano. Il camion.

La birra gli corse fredda, in gola. Sembrava tutto lontano e sfuocato, ora. Nel caldo del pomeriggio, nel silenzio della siesta che sembrava invadere il mondo, ci si poteva illudere che nulla esistesse al di fuori dell'officina.

Qui c'erano la polvere, il nero sotto le unghie, il silenzio scandito solo da un orologio troppo rumoroso.

Conosci un posto migliore di un'officina?” - domandò, alzando gli occhi e guardando i pannelli di attrezzi e le catene di sospensione.

Il mio letto.” - rispose Dom, appoggiando le spalle alla fiancata della macchina e allungando le gambe - “Nient'altro.”

Vale anche per me. Ma il letto mi piace averlo in officina.”

Parole sante.” - Dominic alzò gli occhi, fissando la Dodge. Il letto... si, avere un letto non era male ma, per ciò che contava, bastava un cofano. E lui e Letty, da quel punto di vista...

No, nemmeno un letto è meglio di un'officina.” - mormorò, dunque, seguendo i propri pensieri - “Un'officina basta e avanza.”

Non stai pensando a dormire.” - lo prese in giro Brian - “Decisamente.”

Dominic non rispose. Ma apparve il suo famoso sorriso da stregatto.

Beccato.” - mormorò soltanto. E, in quel momento, suonò il cellulare.


Ho capito.” - disse Dominic. Brian, in piedi davanti a lui, a braccia conserte, scalpitò di impazienza.

Capito che cosa? Che cosa?

La faccia di Dom non prometteva niente di buono.

Quindi...” - si interruppe e rimase in ascolto. Poi aggiunse - “Ho capito.”

Brian alzò le mani al cielo, esasperato. Quindi cosa, cosa!

Lo so, zio.” - disse la voce alle sue spalle - “Ma lo farò comunque.”

Non aveva bisogno di voltarsi. E, a questo punto, non aveva nemmeno voglia di avere una risposta ai 'quindi' e ai 'cosa'. Se Dominic rispondeva in questo modo a Enchilada, potevano essere solo guai. Guai seri.

Per l'ennesima volta, desiderò tornare indietro, riavvolgere la propria vita di quattro giorni, fino a quella sera, la sera in cui Mia gli aveva urlato contro e lui se ne era andato, intenzionato a cambiare il mondo.

Era l'ultima volta in cui si erano visti. Dopo, pezzo per pezzo, Brian aveva smantellato anche la vita di Dominic, rendendolo una pedina nelle mani dei federali.

Di improvviso tornò il quesito angoscioso del mattino: se non fossero stati Dom e Suki, ora, avrebbe provato meno rimorso?

Se fossero stati due sconosciuti reclutati alle corse clandestine a sanguinare sul tavolo di cucina o ad andarsene in una foresta di fiamme, avrebbe sentito meno dolore?

Abbiamo un problema.” - disse Dominic, apparendogli a fianco, a sorpresa.

Lo avrei fatto comunque.” - rispose Brian, ignorando le sue parole.

Dominic alzò un sopracciglio. Non era molto difficile sapere cosa avrebbe fatto ma, a quanto sembrava, Brian era in vena di precisazioni.

Avrei fatto anche l'esca.” - aggiunse, convinto - “Lo avrei fatto per te e per Mia. E lo avrei fatto tirando dentro due innocenti.”

Vera la prima parte, falsa la seconda.” - replicò Dom, battendosi il cellulare sul palmo aperto - “Andrai avanti ancora molto? Abbiamo un problema.”

Lo avrei fatto.”

No, non è vero.”

Credimi.”

O'Conner.” - sorrise Dom, sornione - “Credimi tu. Non lo avresti fatto. E sai perchè non lo avresti fatto?”

Ti ascolto.”

Perchè una volta io tenevo per un piede un farabutto fuori da una finestra e tu hai comunque voluto salvarlo.”

E con questo?”

Sei fatto così.” - alzata di spalle - “Puoi pensare ciò che vuoi. Adesso posso avere la tua attenzione?”

Brian sembrava scettico. Dominic sospirò, rassegnato.

O'Conner... Sei un delinquente e un bugiardo.” - spiegò - “Sei un narcisista nella maggior parte del tempo e un mulo senza speranze nell'altra. Ma non sei cattivo e hai davvero una terribile dipendenza dalla giustizia. Se Bilkins ti avesse detto di sacrificare un vaso di margherite, ti saresti rifiutato di farlo. Perchè sei fatto così e nulla può cambiarti.”

Non esiste violenza, dispiacere o rabbia che possa mutarti. Sei incomprensibile ed è incredibilmente facile sentire la tua aura da bravo ragazzo anche sotto la scorza da sbirro.

Ascolta.” - aggiunse, abbassando gli occhi e guardando il cellulare che ancora stringeva - “Mi sono sempre fidato del mio istinto, nella vita come sulla strada. E tu sei una certezza in entrambi i campi.”

Lo fissò dritto negli occhi.

Se tu avessi saputo cosa stava per succedere, non avresti trascinato nessuno in quell'inferno. Perchè puoi credere nel correre o morire, ma non rispetti nulla più della vita.”

Si fissarono.

Ok?”

Ok.” - rispose Brian, ubbidiente - “Adesso dimmi che problema abbiamo.”


Era davvero un problema. Il camion poteva essere ancora impantanato da qualche parte, ma il suo contenuto continuava a viaggiare su ruote. Ed era troppo vicino a centri abitati, oppure su strade troppo affollate per essere afferrabile senza disastri.

In più, dopo l'incidente pilotato di Enchilada, i bastardi che l'avevano in consegna si erano premuniti da futuri contrattempi. E ora, davanti e dietro il camion, viaggiavano, a quanto diceva chi li aveva visti, due fuoristrada neri. Guardie del corpo, ufficialmente. Guerriglia a poco prezzo facile da reperire e che non necessitava di grandi spiegazioni.

Non bene, decisamente.

Non bene.

Ma Dominic era dell'idea che ad ogni problema si poteva trovare una soluzione, finchè c'era benzina. E, quindi, lavorava ad un piano alternativo, in piena accelerata su una strada nel deserto per ragionare meglio.

Alle sue spalle, Brian faceva altrettanto. Correre per pensare per non morire e non uccidere.

Liberatorio.

Come sempre, liberatorio.

Accelerò ancora e scomparve per una frazione di secondo. Brian scartò. Eccolo, di nuovo. Dio, se correva. Correva sempre.

Da quando lo conosceva, Dominic era sempre stato in accelerata. Veloce su strada, veloce sul proprio cammino umano. E tutti indietro, a cercare di raggiungerlo. Imprendibile Dominic. Imprendibile sulle strade di questo mondo, imprendibile sempre.

E sempre solo.

Brian strinse il volante, afferrò il cambio. Nessuno poteva raggiungere Dominic, ma era stupido smettere di tentare.

Impossibile. Impossibile per Brian perchè, come aveva detto una vita prima Mia, con un sorriso triste: “Adesso sei suo.”

Adesso sei suo. E di nessun altro.


Bilkins schiacciò il tasto per richiamare il numero. E Brian rispose.

Ragazzo...” - salutò.

Bilkins...” - rispose la voce di O'Conner. Era comprensibile, anche se un leggero suono metallico la distorceva. Bilkins si voltò e l'operatore che stava cercando di rintracciare la chiamata alzò un foglietto con una breve sigla.

Linea disturbata, decodificò lo sbirro. Insisti, servirà più tempo.

Avete il via libera.” - comunicò, sperando che non fosse la risposta che Brian attendeva per staccare la chiamata. E si affrettò ad aggiungere - “I Suarez sono già a posto, i Toretto lo saranno presto. Manchi solo tu.”

E' giusto.” - commentò Brian, appoggiandosi alla macchina. Dominic stava tirando sassi verso il nulla. Ed era abbastanza lontano da non sentirlo - “Sono l'ostaggio burocratico, no?”

Ne serviva uno...” - rispose, con calma. Prendeva tempo come poteva ed era un sollievo che O'Conner fosse in vena di chiacchierare - “Tu, rispetto a lui, sei più malleabile...”

Già.” - più che altro, pensò Brian, se tenevate in ostaggio lui, si sarebbe fatto una risata. Gli importa della sua fedina quasi quanto dell'estinzione dei caribù. Della mia, invece... quasi quanto a me frega della sua.

O'Conner?”

Sono ancora qui.” - rispose, automaticamente - “Qualcosa che devo sapere?”

Noi abbiamo notizie... ma non sono buone.”

Le abbiamo anche noi.” - replicò - “E abbiamo già risolto.”

Questa era una risposta inaspettata. Bilkins si raddrizzò e fece segno ai presenti di aspettare.

Davvero?” - domandò, di colpo interessato - “Voi pensate di riuscire comunque?”

Dominic ha detto che lo prendiamo. E noi ce lo prendiamo.” - tirava calci ai sassi, camminando qua e là con una mano in tasca. Dominic sorrise, da lontano. Sembrava una cicogna tanto era alto - “Bilkins, tu pensi che esista qualcuno che può contraddirlo?”

No, in effetti no.” - altri segni, chiamata quasi intercettata - “Ci sono indicazioni che puoi fornirmi?”

Non credo sia il caso.” - la linea potrebbe non essere sicura. Sorrise, divertito. Chissà a che punto erano... - “Avrai miei notizie a lavoro finito.”

O'Conner? Mi garantisci che starete attenti?”

Parli della nostra vita o dei danni che potremmo fare?”

Figliolo...” - segno affermativo. Preso!

Avevo capito, Bilkins. Non ti preoccupare.” - altro calcio alla polvere. E poi un'occhiata all'orologio. Si, poteva bastare - “Adesso devo andare... a dopo.”

A dopo, ragazzo. A dopo.”

Bilkins staccò la chiamata e si avvicinò al tavolo.

Allora?” - domandò - “Sappiamo dove sia?”

Allora...” - chiese contemporaneamente Dominic, tornandogli a fianco - “Siamo a posto?”

Brian ridacchiava.

Oh, credo di si.” - confermò. E il sorriso si allargò - “E vorrei vedere la sua faccia...”

A centinaia di chilometri di distanza, in un ufficio messicano che non esisteva, Bilkins stava urlando. Aveva gli occhi fuori dalle orbite e macchie più scure sulle guance e sulla fronte. I suoi uomini lo fissavano in silenzio.

Disgraziati!” - urlava, senza sosta - “Farabutti senza controllo! Era l'unica cosa che gli avevo detto di non fare!”

Il foglio sul tavolo era inequivocabile: coordinate, numeri, restringimenti di campo, un'unica risposta. Al di là della frontiera messicana, nel deserto.

Stati Uniti d'America, il mondo delle opportunità per tutti.

16


Era l'unica cosa che mi aveva detto di non fare. Ha anche detto che mi avrebbe sparato di persona, se varcavo la frontiera per fare il colpo.”

Pensi che lo farà davvero?”

Sicuro! Mantiene sempre le sue promesse, è la sua più grande dote.”

Non ne fanno più di uomini come lui...”

Vero...” - Brian alzò un sopracciglio, cercando di imitarlo - “Ma nemmeno di uomini come noi.”

Dominic sorrise davanti a quell'imitazione malfatta. E tirò ancora un sasso.

Allora è meglio restare vivi.” - concluse.

Vero...” - Brian incrociò le braccia e tirò un altro calcio alla polvere.

Toglimi una curiosità, Dom...”

Basta che non sia un'altra sega mentale.”

Perchè lo fai.” - domandò Brian, ignorando il commento e voltando la testa. Il profilo di Toretto, gli sembrava di guardarlo da tutta la vita - “Perchè li aiuti.”

Nessuna risposta. Solo un altro sasso lanciato.

Ti avevo chiesto di non farlo.” - replicò Dom, dopo un secondo lancio - “E te lo avevo chiesto per favore. Lo hai fatto comunque.”

E allora?”

E allora, a quel punto, ti serviva una mano.”

Vai al dunque, Dom.”

Non ho ancora finito.” - il profilo sorrideva. E un sasso, atterrando, colpì il precedente - “Continua a servirti il mio aiuto. Quindi io non aiuto loro. Aiuto te.”

Ok. Ho capito.” - annuì Brian. E guardò un altro sasso volare.

No, non del tutto, pensò Dom. Le persone che ho amato nella mia vita se ne sono andate tutti, sono tutti morti. E, oggi, ho solo due possibili opzioni: o li raggiungo io o tu resti qui con me, per tenermi compagnia.

Non ne ho altre.

Senza contare che...” - aggiunse, lasciando cadere l'ultimo sasso e voltandosi, con le mani sui fianchi – “Che voglio quel camion per fotterli tutti.”

Giusto.” - concordò Brian, restando a braccia conserte.

E tu mi servi per farlo.” - specificò Dom, indicandolo con un dito - “Ma tu non assalti un camion se non hai un buon motivo, perchè sei un uomo pieno di ideali.”

Vero.”

Io assalto un camion perché mi va di farlo. Ma tu no. E quindi mi serviva un motivo perché tu mi dessi una mano in questo colpo.”

Mi hai fregato, insomma.”

Esatto, O'Conner. E questo dovrebbe farti capire chi sia inevitabilmente il capo tra di noi.” - sorrise. E gli tirò una pacca sulla spalla, girando sui tacchi e tornando verso le macchine - “Andiamo. Il nostra camion ci aspetta.”


Contrariamente alla leggerezza con cui ne avevano scherzato, contrariamente a quanto credeva Bilkins, era stata una dura decisione da prendere. Entrambi rischiavano molto a varcare la frontiera, entrambi sapevano che farlo significava avere parecchia gente alle calcagna e nessuna garanzia che dai piani alti si movesse un dito per aiutarli.

Ma non esisteva alternativa. Prima, per come viaggiava, il camion era assolutamente intoccabile. Ma, alla dogana, volente o nolente, metà della scorta non sarebbe passata. I messicani reclutati non avrebbero proseguito e c'era da sperare che, su suolo americano, non ci fossero altre due auto zeppe di mastini pronti a sostituirli. Da sperare, ma non da illudersi.

Brian e Dominic avevano corso per pensare, per calmarsi. E solo quando era apparsa la rete metallica di frontiera avevano compreso.

La partita non era mai stata giocata in Messico. La partita andava chiusa dove tutto, per loro, era cominciato. Non bisognava nemmeno voltarsi indietro: a Mexalico c'era il varco per le corse clandestine e, non lontano, il nascondiglio di Brian con il necessario.

Superare i controlli non era stato facile, non avevano nessuna garanzia di esserci riusciti: potevano solo sperare, come sempre, di essere troppo veloci e molto certi delle proprie mosse.

Nel frattempo, in contatto radio tra i due mezzi, avevano continuato a pianificare e decidere, a contare i minuti, le ore a disposizione, a prendere consapevolezza della necessità di aiuti esterni.

In due non potevano riuscire: occorreva sfruttare qualche aggancio. E Brian, dopo aver attraversato il continente in fuga partecipando a ogni gara possibile, ne aveva davvero parecchi. Dominic, invece, aveva dalla propria una leggenda personale che rimbalzava da una costa all'altra.

Quindi, si erano fermati in una depressione, una zona più riparata di altre e avevano atteso la telefonata di Bilkins. Brian aveva aspettato, in silenzio, il cellulare appoggiato sul tettuccio della NSX, Dominic aveva fatto per lui alcune chiamate e si era garantito tutto ciò che ritenevano necessario. Rendez-vous alla vecchia officina abbandonata di cui si serviva Brian nei suoi periodi di latitanza.

Come mai, quando sei in fuga, sanno tutti dove trovarti?” - aveva domandato Dom, sarcastico, all'ennesimo accordo preso.

Perchè? Credi che nessuno sapesse che stavi rintanato a Panama quando sei sparito?” - aveva prontamente ritorto l'altro. Ovviamente la conversazione era morta sul nascere e le telefonate erano ricominciate.

Il popolo delle corse clandestine, nel giro di un paio d'ore, era entrato in fermento: i due fuggiaschi erano nuovamente in patria, O'Conner e Toretto correvano di nuovo tra di loro. E Suki Suarez gridava vendetta.

Le chiamate, pressochè tutte dirette a Miami ed LA, erano rimbalzate come boomerang sul resto degli Stati Uniti. Il computer di Suki, acceso e perennemente aperto, aveva continuato a segnalare l'arrivo di nuovi messaggi con una fastidiosa musica tecno da topten che Brian, ad accordi fatti, desiderava solo levarsi di testa.

Da Miami, Tej, in perenne contatto webcam, aveva fornito un mago del computer e questi, un ragazzetto rachitico che a Dominic aveva terribilmente ricordato Jess, aveva violato il sistema di telecamere della dogana per valutare il numero di mezzi. L'illusione che la scorta si riducesse era svanita in fretta: i due fuoristrada di messicani erano stati sostituiti da due Suv neri e un paio di bolidi da strada ribassati.

Brian aveva imprecato a denti stretti, Dom si era piegato quanto bastava da apparire sulla schermata con un'espressione tutt'altro che contenta. Tej aveva scosso la testa, la sua piccola corte mormorato indecisa.

Dopo tutte queste manifestazioni di scontento, l'innocuo ragazzino alla tastiera si era offerto di manomettere i GPS dei mezzi. Per farlo, aveva solo bisogno di puntare un satellite e, per piacere, gli serviva qualche minuto.

Per piacere?” - aveva scherzato Toretto, guardando il microscopico monitor del notebook. Quel ragazzino spostava un satellite come se fosse la station wagon parcheggiata sotto casa. E si spiegava ripetendo un sacco di parole e con un sacco di 'per favore'!

Disarmante.

Li ho bisogno fermi per qualche minuto. Per favore, si intende.” - aveva insistito il ragazzo, convinto delle proprie intenzioni. E Tej, con una canonica e oscena pettinatura afro, aveva occupato tutto l'obbiettivo con fare mafioso.

Ci penso io, fratello.” - aveva biascicato, scotendo l'Iphone.

Grazie, fratello, ti devo un favore.” - aveva risposto Brian, con lo stesso discutibile slang. Toretto si era massaggiato la nuca, con vago disgusto: ma parlavano tutti in quel modo da quelle parti?

Detto e fatto. I mezzi erano rimasti fermi venti minuti per un controllo supplementare. Poi, al primo distintivo sventolato con fare minaccioso, erano ripartiti. Ma, ormai, la trappola era scattata: e il 'Jess' di Miami li teneva sotto controllo dalla propria batcaverna sul mega schermo appeso sopra lo scaffale dei fumetti.

Non c'era modo di ridurre il numero dei veicoli prima dello scontro. Ma, al momento opportuno e con i mezzi a disposizione, si sarebbe potuto fare qualcosa.

Non appena il camion era ripartito dal confine, anche Brian e Dom si erano messi in macchina. In un paio d'ore al massimo, il camion sarebbe stato nel punto propizio per la riuscita del piano, a meno di un chilometro da uno svincolo abbastanza articolato da permettere di immettersi a sorpresa e, soprattutto, di spezzare la formazione.

Oltre al reperimento materiale e all'intervento online, erano piovute anche parecchie offerte di aiuto concreto e Brian, dopo un silenzio prolungato e denso come pece, aveva deciso di accettarne qualcuna: servivano un terzo uomo e un poco di confusione. Dominic non aveva commentato particolarmente, ma Brian gli aveva letto in faccia tutta la disapprovazione del creato. E non aveva potuto, in tutta coscienza, dargli torto: Suki era stata una fuoriclasse al volante, eppure non si era salvata e, per quanto Brian garantisse sugli elementi selezionati, Toretto nutriva parecchie riserve. Soprattutto sul fantomatico terzo uomo che Brian, da quanto aveva spicciativamente spiegato, stava rintracciando in galera.

Galera?” - aveva ripetuto Dom, interrogativo, radunando l'attrezzatura e lanciandola in macchina.

E' un tipo focoso.” - aveva spiegato Brian, senza dilungarsi, spostando il cellulare da una spalla all'altra per avere le mani libere ed aiutarlo. E la conversazione era nuovamente caduta nel vuoto mentre il cellulare di Toretto ricominciava a squillare.

Ultimo, infatti, aveva chiamato Roman. Ma sul cellulare di Toretto. Dom si era fatto una risata quando aveva sentito quella parlata a vocali sformate ed era stato al gioco tra gli insulti e tutti quei 'fratello' che gli uscivano dalla bocca.

Ehi, amico, ma quello sbirro bastardo è sempre al telefono? Si, fratello, di' a quel culo bianco di O'Conner che il terzo uomo arriva. Vorrei essere io, cazzo!”

Ti capisco, fratello.” - aveva risposto Dom con la stessa cadenza rap. Brian aveva sentito le lacrime salirgli agli occhi per il gran ridere - “E' una dura realtà, cazzo!”

Forte, l'amico galeotto di O'Conner! Gettava un curioso spiraglio sulla sua adolescenza incasinata, aveva pensato Dominic, scalando le marce in un sorpasso senza visuale. Una luce più positiva di quelle che, fino a quel momento, Dominic aveva colto.

Non avevano ripreso la conversazione sul padre e sul fratello. Probabilmente, non avrebbero mai più affrontato l'argomento. Ma Dominic, nello spostarsi verso il punto X, non riusciva del tutto a tenere quei pensieri fuori dalla mente. Sentiva di avere limiti nell'immaginare lo stato d'animo di Brian: aveva una visione stereotipata di ciò che era dovuto essere stato il crescere in una famiglia del genere, in cui il legame con la polizia, probabilmente, era divenuto sempre più ossessivo di generazione in generazione fino a far desiderare ai più giovani di uscirne del tutto.

Ammazzato a colpi di chiave inglese.

Uno sbirro che voleva solo guidare le macchine.

Un uomo che voleva salvare Brian a tutti i costi.

Fantasmi, fantasmi che O'Conner non condivideva con nessuno. Ed era impossibile fargliene una colpa. Troppe analogie. Troppi punti morti. Troppo silenzio. Frammenti di un quadro che non diveniva mai completo, che rimaneva sfuggente e inclassificabile come Brian stesso.

Dom pensò a suo padre. E si passò la mano sui jeans, perchè il sudore non gli desse problemi cambiando le marce. Suo padre non lo aveva mai toccato nemmeno con un dito. Aveva dato tutto perchè i figli sapessero scindere giusto e sbagliato, amare ciò che facevano, proteggere ciò che amavano. E, quando se ne era andato, la sua assenza era stata troppo grande per non cadere.

Dominic aveva sbagliato. E, tante volte, ripensando all'accaduto, si sorprendeva a ritenere il proprio esilio dalle piste ufficiali una punizione lieve rispetto all'espressione di delusione che avrebbe manifestato suo padre se avesse saputo.

Sbattè le palpebre, infastidito dalla luce accecante che si riverberava sulla sabbia del deserto. Non mancava molto, in poco tempo sarebbe finito tutto. Non era una prova da poco ed erano troppi i pensieri che ancora lo tormentavano. Non si sentiva pronto, non lo era ancora, ancora troppe visioni.

Suo padre nel fuoco. La vendetta. Mia da crescere. Letty. E tutto il resto. Tutte quelle dannate scelte sbagliate con cui aveva condito il poco che aveva. Il molto, molto che aveva.

Alzò gli occhi e guardò nello specchietto. Brian, il muso della NSX, il sole sul deserto. E polvere.

Solo noi e la polvere.

Solo noi e la polvere.

Gli sembrò che Brian alzasse una mano, in un saluto. Poi lo vide deviare e sparire. E, accelerando, non osò domandarsi se quella sarebbe divenuta l'ultima volta in cui si erano visti.


17


Lo svincolo era prossimo. Il camion, procedendo a velocità costante, lo aveva innanzi, come una enorme Y. Le strade si immettevano sulla principale o si diramavano in più direzioni e Dominic, con una certa maledetta bravura, era riuscito a superarlo e inserirsi in direzione contraria.

Adesso, tutto dipendeva dal tempismo.

Tempismo.

Tempismo.

Dominic sentì il cellulare vibrare. Uno squillo. E seppe che era iniziata.

Dosò la velocità e allungò una mano, afferrando la balestra che teneva sul sedile. Balestra... l'unico termine che gli veniva in mente per definire quel marchingegno.

Se ne trova qualcuno, al mercato nero.” - gli aveva comunicato Brian, estraendolo dalla valigetta con malcelato orgoglio - “E' colpa mia.”

Davvero?” - Dominic aveva studiato l'oggetto. Sembrava un ragno, un marchingegno uscito da terminator - “Serve se sono aracnofobici?”

No, serve a fottere la centralina delle macchine. Le manda in cortocircuito. La macchina si spegne, si ferma, non riparte manco a calci.” - Brian alzò i due corpi di lega leggera e tecnologia d'avanguardia - “L'hanno usato su di me, tre volte. Era un dovere capire come funzionasse.”

Era un dovere anche rendere tutti partecipi?”

No. Quella è la vendetta di Roman. Ci finanzia la scuderia rally. Questo ce lo manda come augurio di buona fortuna.”

Quel tizio mi piace sempre di più. Allora, come funziona?”

Semplice, aveva detto Brian, impugna e mira alla fiancata, più vicino possibile al sistema. Hai un colpo solo, usalo bene.

Dominic strinse il volante con una mano e cercò un punto di appoggio per la balestra sul braccio. Il cellulare squillò di nuovo, comunicandogli un nuovo messaggio in codice. Il 'Jess di Miami', con il suo stile da spia, lo fece sorridere.

Bravo, ragazzino, fammi vedere cosa sai fare...

Nello stesso istante, il primo suv svoltò, immettendosi su uno svincolo. A nulla valsero i ripetuti colpi di clacson del camion: il gps manomesso aveva indicato la strada da imboccare, l'autista del non doveva essere stato propenso ad accorgersi della presa in giro.

Ormai deviato su un'arteria minore e sospeso su un cavalcavia, il fuoristrada non aveva modo di tornare indietro... soprattutto perchè c'erano due camion di trasporto bestiame.

Ci pensa mio zio, fratello.” - aveva detto Tej, con aria sapiente - “Sta nel ramo dei trasporti pesanti, lo farà volentieri.”

Trasporti pesanti e poco amichevoli. Lo zio aveva aderito cosi volentieri da aver anche aperto i portelli. Bestiame sulla strada.

Un compenso, fratello? No, fratello, no. Le assicurazioni amico, ci penseranno le assicurazioni...”

Meno uno. Il secondo, messo in avviso dal trambusto, non ci era cascato. Pazienza. Comunque meno uno. Dominic accelerò e, percorrendo la corsia opposta, affiancò la prima macchina da corsa. Tre, due, uno, bam!

Contò veloce e premette il grilletto. Il ragno, aprendosi, si conficcò sopra il serbatoio. Dominic vide la scarica elettrica, azzurrina, raggiungere la lamiera, poi sentì il rumore inconfondibile di una centralina che si grippava.

Il bolide sbandò, come aveva detto Brian, spegnendosi. Altre scintille furono visibili, mentre toccava il guardrail. Il camion, subito dietro, fu costretto a invadere la corsia opposta.

E Dominic se lo vide di fronte, cosi vicino da sentire il calore dei fari.

Sterzò, passando tra lui e la macchina ormai inservibile, poi tra il camion e lo spartitraffico e, infine, tra le ruote del rimorchio per tornare nella propria corsia.

Per un soffio. Lasciò cadere la balestra, imprecando per l'impossibilità di tirare un secondo colpo. Accelerò e puntò alla seconda macchina mentre il camionista riprendeva il controllo e proseguiva, più veloce.

Nello stesso momento, alle sue spalle, Toretto sentì un ruggito inconfondibile: una Dodge Viper apparve negli specchietti, mentre la NSX faceva capolino dietro il secondo suv.

Tempismo, ancora. Il terzo uomo in arrivo. E su una Dodge... quanto buon gusto... Dominic distolse lo sguardo dallo specchietto e rinunciò a capire di più del mezzo alle proprie spalle.

La seconda macchina ribassata, infatti, intralciava. Qualche mano armata sporgeva già dal Suv. Guai in arrivo. Ma Brian non sembrava intenzionato a farsi fermare. Apparve in un sorpasso improvvisato, obbligando la Dodge a frenare bruscamente per non finire coinvolta in un frontale. Brian, come una lancia, passò tra il Suv e Dominic, con l'automatica già in mano.

Decelerò bruscamente e, prima che dal Suv partisse la prima raffica per abbatterlo, mirò alle gomme, al serbatoio e, con un ultimo balzo avanti, al cofano, penetrando dalla fiancata.

Toretto era già oltre in direzione contraria quando il suv si ribaltò, prendendo fuoco. L'ultima macchina della scorta fu costretta a rallentare e Dominic, con un testacoda, si mise in scia.

E Brian? Brian? Gli sembrò di vederlo, poi ne fu certo. Anche la Viper ne era uscita indenne e, con una mossa non dissimile alla sua, frenata e testacoda, inseguiva la NSX.

Vuoi correre?” - provocò, scalando le marce e fissando la Nissan scura priva di targa che gli sfilava innanzi - “Corriamo!”


Brian alzò gli occhi, cercando la Dodge al di là delle fiamme. Ok, tutto a posto. Si complimentò con se stesso per la mira e per lo spettacolo pirotecnico: non si aspettava un cosi bel risultato.

La Viper, dietro di lui, lo salutò con un colpo di abbaglianti. Poi scartò verso sinistra. Brian scelse di fare altrettanto verso destra, in uno zig zag che coinvolse più di una volta il camion.

Destra, sinistra, destra, sinistra: talvolta il mastodonte intralciava di proposito, in altri momenti sembrava un cane infastidito dalle vespe, impegnato solo a cercare di scacciarsele di dosso.

Infine, le due macchine riuscirono a posizionarlo a centro strada: una a destra, una a sinistra. Brian voltò la testa e sorrise, guardando il pilota.

Una parolaccia gli salì alle labbra: non era la persona che si aspettava.

La persona che aveva cercato di rintracciare in tutti i modi sedeva a fianco dello sconosciuto. E faceva ciao con la mano.

Deficiente.” - sibilò O'Conner, stringendo gli occhi. Il complice sembrò intuirlo e gli mandò un bacio in punta di dita.

Poi emerse dal finestrino con intenzione inequivocabile.

Dannazione!” - imprecò ancora Brian, accostandosi maggiormente per facilitare la mossa. Quando avevano deciso quella manovra?

Chi aveva deciso!

Che domande! Era chiarissimo chi aveva deciso, visto che aveva già una gamba fuori dalla Viper!

Dominic, mentre stringeva la macchina da corsa e la obbligava a scegliere tra un'uscita dello svincolo e un muro di cemento con cartellone pubblicitario, vide l'ombra umana sbucare dal finestrino e Brian infilarsi sotto il camion per andarle incontro.

Trattenne il fiato.

Folli. Folli! Era complice di due folli e parte in causa in un piano folle! C'era una ragazza, perchè era una ragazza, che stava scendendo da una Viper per salire su una NSX senza mettere un piede a terra e senza preoccuparsi che il passaggio avvenisse sotto ad un camion.

Come aveva detto Brian? È un tipo focoso? No, quello non è un tipo focoso!

Quella è una donna psicopatica che si meriterebbe un manicomio, altro che galera! Quella è una una scimmia, pensò ancora, seguendo lo spostamento di gambe, i capelli che, per quanto fermati in una lunga coda sventolavano in ogni direzione. Quella è una scimmia senza cervello.

Quella è... che donna...

A quanto sembrava, la macchina da corsa con cui stava inseguendosi era guidata da qualcuno che sapeva il fatto suo. E Dominic fu costretto ad abbandonare lo spettacolo circense e occuparsi dei propri affari.

Ma lo fece a malincuore.


Ti sono mancata?” - stava giusto dicendo la 'scimmia senza cervello' finendo di insinuarsi dal finestrino senza urtare Brian con i tacchi.

Come no!” - urlò O'Conner, emergendo del tutto dal camion ma nella corsia sbagliata. La Viper era già un punto lontano, dietro a Dominic e alla Nissan nera con cui stava litigando - “Che ci fai dentro la mia macchina?”

Mi vuoi fuori?” - lo provocò, buttando una sacca sul tappetino e sistemando meglio la pistola nella fondina da spalla – “Guarda che qui ti servo!”

Davvero?”

Davvero! Chi guida se tu sali sul mastodonte?”

Brian la fissò. Poi fissò la fiancata del camion. Con un dito chilometrico, la ragazza gli stava indicando una scaletta.

Bella, vero?” - lo provocò. Aveva un sorriso enorme, una bocca bella quasi quanto i suoi occhi - “Che facciamo? Io vado e tu guidi o...”

Tu guidi e io vado.” - tagliò corto Brian, lasciando che prendesse il volante e cominciando a muoversi per lasciarle il posto.

Un intrico di gambe, braccia, stivali con tacco a spillo.

Scarpe più comode?”

Stavo lavorando quando mi hanno arrestato.” - replicò lei. In effetti, ora, per quanto non ne avesse fisicamente il tempo, Brian decise di dedicarle un'occhiata. Era truccata, troppo, stretta in vestito elasticizzato troppo costoso sotto cui, sbrigativamente, aveva messo dei jeans tagliati. Era l'animale più sexy e mal assortito che avesse mai visto.

Allora, vai?”

Mi sei mancata, Marsh!” - urlò, mentre l'aria gelida tra i mezzi in corsa lo colpiva già sul viso - “E voglio che tu lo sappia, nel caso sia l'ultima cosa che ti dico!”

Anche tu, Brian!” - rise lei, arrivando a premere con un piede sull' acceleratore. La macchina balzò in avanti, con un ruggito - “E ora levati dalle palle, abbiamo un camion da far saltare in aria!”


Dominic, nelle retrovie, stava incontrando qualche difficoltà. Ma nulla che lo preoccupasse veramente. Da un punto di vista concettuale, sapeva di avere motivazioni migliori di un corriere prezzolato per scortare un camion. Da un punto di vista tecnico, sapeva di essere un pilota superiore. Dal punto di vista della situazione, bhe, era tutta un'altra storia.

Il suo avversario era un assatanato con probabile istinto del sopravvissuto: era l'ultima macchina che restava della scorta, aveva visto le possibilità di uno scontro a fuoco svanire alla velocità della luce. Doveva sembrargli di guidare sulla sabbia, in quella confusione di macchine, esplosioni e sorprese a ripetizione.

Da come guidava, sembrava intenzionato a mettersi a fare a sportellate pur di restare attaccato al camion. Dominic sentiva l'irritazione salire minuto dopo minuto: non intendeva danneggiare la Dodge e voleva avanzare, fino a entrare nella mischia.

Là, davanti, Brian aveva come unico aiuto un'acrobata circense in tacchi a spillo. E, sì, Dom aveva visto i tacchi a spillo anche a quella distanza e attraverso le fiamme!

La Nissan nera sbandò ancora, urtando il paraurti di Toretto. Dominic sentì un ringhio basso e gutturale salirgli tra le labbra, per l'esasperazione. E desiderò decelerare, colpire la coda di quel mezzo e vederlo sfondare il guardrail.

Morte certa.

Come Suki.

Come suo padre.

Sbattè le palpebre, non riuscì nemmeno a imprecare. Non era pronto, lo aveva intuito ed ora ne era certo, così certo da non riuscire a respirare.

La Nissan sbandò ancora, Dom tenne a stento la Dodge.

Brian, seduto sulla fiancata, si voltò, all'ennesimo colpo.

Aspetta.” - urlò, sbarrando gli occhi. Sotto i suoi occhi, Dominic sbandò ancora e, con una ruota, finì fuori strada.

Dominic. Dom.

Cosa vuoi aspettare!” - gridò Marsh, tenendo il volante con entrambe le mani. Non aveva tempo per osservare lo scenario di distruzione alle loro spalle, era troppo impegnata a evitare tutto ciò che aveva di fronte.

Aspetta.” - ripetè lui, senza dare spiegazioni. Voltato, i capelli al vento, gli occhi per qualcosa che non era l'obbiettivo che avrebbe dovuto avere.

Cos... Marsh alzò gli occhi e comprese. Comprese abbastanza in fretta da rifilargli un colpo di gomito.

O'Conner, per un soffio, si tenne alla macchina.

Cosa credi di fare!”

Brian, pensa al camion!” - rispose lei, ignorando la domanda - “Finiscila con Toretto!”

Nessuna risposta.

Finiscila, Brian!” - gridò ancora - “Siamo qui per te e per quel camion, non puoi più aspettare. Fai ciò che devi, lo devi a lui e a Suki!”

Si fissavano. E non importava a nessuno dei due di essere in sorpasso, stretti tra un camion e un guardrail senza guardare la strada.

Finiscila, Brian.” - ripetè lei - “Lui sa che sei un buon amico, credimi. Non sarebbe qui altrimenti. Non mandare tutto a puttane ora.”

Brian O'Conner esitò. Poi qualcosa si indurì lungo la linea della mandibola, dentro gli occhi.

Vai.” - ripetè Marsh, indicandogli con il mento la scaletta - “Lui arriverà presto.”

Accostò al camion e Brian si afferrò al gradino. In un attimo fu fuori dalla macchina, saldamente afferrato al suo obbiettivo.

Marsh decelerò e, visto che il camion stringeva, passò dall'altro lato. Dom scomparve dagli specchietti. E, mentre ancora scivolava sotto il camion, tra le gomme, sull'asfalto rovente, sentì l'esplosione e i frammenti di una macchina scura le passarono a fianco, superando in volo le paratie.


Brian si coprì il volto con l'avambraccio e un piede gli scivolò giù dal montante. Marsh e la sua macchina erano sparite, gli sembrò di sentire quasi il guardrail sotto la sua suola delle Converse.

Il camionista cercava di schiacciarlo come un insetto. E, dietro di loro...

Pensò a se stesso. Si vide correre dietro la Dodge, si vide alzare la mano in cenno di saluto, si vide scegliere un'altra strada.

Dominic non lo aveva salutato. Dominic non si era voltato. Forse lo aveva guardato nello specchietto, ma Brian non poteva saperlo.

Cercò di mantenere il controllo, di non pensare alla macchina di Suki che esplodeva, all'assenza di una forma di razionalità, all'assenza di motivazione in tutto quello che era accaduto, che stava accadendo.

Dominic, seduto al tavolo della cucina che lo ascoltava, in silenzio. Dominic che gli tendeva la mano, che...

Dominic che gli salvava la vita e si lasciava arrestare per non lasciarlo.

Dom e pezzi di lamiera nera sull'asfalto.

Lamiera nera.

Il camion sbandò e allargò, per cercare di sbattere fuori la NSX. Il solo movimento permise a Brian di vedere la Dodge superare l'ultimo intralcio e arrivargli quasi sotto i piedi.

Pensi di muoverti?” - lo sentì gridare.

Avrebbe voluto farsi una risata e darsi del cretino.

Invece afferrò saldamente il gradino e salì, senza pensare a nulla.


Dominic, con una brusca frenata, dopo essere fatto vedere vivo e vegeto, si era spostato dietro al mezzo.

Aveva visto Brian esitare, aveva intuito, quando la carcassa nera del suo avversario lo aveva superato ad una velocità che, da vivo, non aveva saputo raggiungere.

Aveva quasi percepito la sua paura, quella paura che non sapeva mai ammettere ma che era visibile nei suoi occhi, sulle sue spalle, quando meno te lo aspettavi. L'aveva visto voltarsi una volta di troppo per non sapere di quale certezza avesse bisogno.

Eccomi, aveva pensato, accelerando. Guardami.

Guardami e agisci.

Perchè è quello che faccio io, quando ti cerco alle mie spalle, durante le corse.

E, ogni volta che ti vedo, sento che posso andare più veloce e vincere.

Perchè tu mi guardi le spalle. Perchè tu non lasci passare nessuno, non permetti a nessuno di raggiungermi.

Sei tu che mi rendi imprendibile.


Arrivare in cima fu, per Brian, un gioco da ragazzi. Camminare, in piedi, su un traino in movimento, non si rivelò facile come pensava.

Meglio correre.

Correre o morire.

Marsh aveva superato il camion e lo rallentava, scodinzolandogli davanti.

Brian si piegò sui talloni, poi in ginocchio. E si sporse pericolosamente oltre il fondo del camion. Colpì con decisione il blocco di chiusura del portellone posteriore, più volte.

Poi lo forzò, spingendo, con tutte le forze che aveva e lo sentì cedere.

Ok. Ora, la parte difficile.

Alzò gli occhi e Dominic annuì, la Dodge si impennò, poi tornò a colpire l'asfalto. Brian saltò, atterrando sul suo cofano.

Il camion sbandò ancora, una delle porte gli passò tanto vicino da lanciarlo sulla strada.

Ebbe la prontezza di afferrarla e, prima ancora di pensare alla propria scelta, le sue scapole sbatterono sul fondo del camion.


Dominic vide Brian, tanto vicino che solo il vetro sembrava separarli. Poi lo vide anche sparire, appeso al portello.

Quando emerse con aria palesemente dolorante, dall'interno del camion, si concesse una risata nevrotica e battè una mano sul volante. Poi si spostò, per fare spazio alla NSX che decelerava per affiancarlo.

Ciao, Toretto.” - urlò la ragazza che stava al volante, con un braccio allungato sul sedile a fianco - “Piacere di conoscerti. Dal vivo, intendo.”

Dom la guardò, interrogativo. Sembrava conoscerlo davvero, gli sorrideva con la sicurezza di sapere molto di lui. E aveva occhi fantastici, neri, ironici.

Bella macchina.” - stava dicendo, come se fossero seduti su una panchina, a guardare il mare - “Adoro le Dodge.”

L'ho notato.” - replicò Dom. E le sorrise, storto - “Credi sia il momento di presentarci?”

Credo che dovremo rimandare.” - rise. Poi cambiò espressione, divenne complice, pratica.

Gli servono le cariche.” - urlò. E Dominic annuì.

Rallentò, lasciando che si mettesse tra di loro, armeggiando con la sacca con cui aveva trasbordato da un mezzo all'altro, arrivando. Brian già si sporgeva dal vano, a mano tesa. La ragazza si protese, pericolosamente nel vuoto.

Le dita di O'Conner sfiorarono le sue e il materiale passò di mano.

Ok.” - urlò la ragazza, affiancando nuovamente Toretto - “Levati da qui, lo aspetto io.”

Scordatelo.”

Levati, Dominic!” - serrò le labbra - “Ti prometto che non gli succederà nulla. Fidati di me.”

Fidati di me. Dominic spostò lo sguardo, senza smettere di controllare Brian, Brian che fissava le cariche ai laterali con i supporti magnetici.

La donna lo fissava. E aveva un'espressione di urgenza, di certezza. Non aveva paura di essere nella corsia sbagliata, di non guardare la strada, di essere vicina a un camion che nel giro di pochissimo tempo sarebbe stato frammenti.

Non le importava. Voleva solo la sua fiducia.

Dominic si morse le labbra. E, quando si voltò, Marsh lo vide diverso, certo di ciò che stava facendo.

Vado a staccare il rimorchio.” - lo sentì urlare, nella confusione dei motori - “Prendi lui.”


Il camionista non sembrava intenzionato a darsi per vinto. E, visto che non vedeva nulla di quello che capitava dietro di lui, quando scorse Dom affiancarlo, non ebbe incertezze.

E, con un colpo di fucile, distrusse il sedile al suo fianco.

Dominic allargò, per schivare il secondo. Non arrivava al rimorchio, dannazione.

Sto cercando di salvarti la vita.” - sbraitò, con frustrazione, certo di non essere né sentito né ascoltato. In compenso, non aveva dubbi sulla risposta. E un altro colpo gli fischiò a fianco.

Brian, già sporto verso la NSX, vide la scena. Colpi di fucile, registrò il suo cervello. Vincent, Vincent è morto cosi, affiancando un camion.

Devo aiutarlo.” - disse, sottovoce. Poi lo ripetè, perchè Marsh capisse. Si tese verso la fiancata, si insinuò dal finestrino, quasi tuffandosi.

Portami dall'altro lato, devo arrivare al gancio del traino.”

Cos... Brian!”

Non può farcela, muoviti.”

Tu devi... devi far saltare le cariche!”

Lo farò dopo, andiamo.” - era già di nuovo fuori dal finestrino e intenzionato ad afferrare la sua scaletta. Prima Dominic, poi tutto il resto.


Questo volta salì ancora più veloce e discese ancora più in fretta, davanti. Quando sentì la ganascia sotto i piedi, gli parve di sfiorare il cielo con un dito.

Ultimo passo.

Poi sarebbe finita.

Dominic gli era a fianco, pronto a lanciargli il liquido gelante. Una spruzzata, due colpi secchi, lo scricchiolio della lega che cede. E il rimorchio che si stacca, acquisendo troppa velocità. Troppa e tutta assieme.


Vattene.

Vattene, aveva gridato.

Vattene, Dom.

Urlava sempre, per cercare di salvarlo, perchè fosse più attento, perchè se ne andasse senza voltarsi. E Dominic lo faceva sempre. O quasi.

Vattene. Lo aveva detto perdendo i sensi, in piedi in mezzo ad una strada, al centro della propria officina, da dentro una Dodge distrutta. Ed ora, persino appeso a un rimorchio senza traino.

Ed era una di quelle situazioni in cui non era facile disubbidirgli.

Il traino, di colpo troppo leggero, sbandò, ribaltandosi. Dominic, come una scheggia, si ritrovò oltre il mezzo in pieno capovolgimento.

Le scintille, alte metri, coprirono al visuale, colpirono il retro della Dodge.

Poi fu solo il fuoco.


La mente, talvolta, gioca brutti scherzi, vede e capisce cose che non dovrebbe sapere, ricostruisce percorsi di cui non sa abbastanza.

Brian che salta, che rientra nella NSX. Brian che obbliga Marsh a rallentare, che si pone dietro al mezzo che sta per collassare contro il proprio traino e aziona le cariche. Un camion che si disintegra, un carico sconosciuto che svanisce, in una detonazione senza paragoni.

Fine di una storia, il cervello che non pensa a un dopo, ma solo all'istante vissuto e, in quell'istante, vede tutto quello che ha bisogno di vedere.

Anche se si tratta solo di fiamme. Fiamme alte e chimiche, fiamme senza forma sull'asfalto e nel deserto.

Nos che non regge alla temperatura, lamiera che si accartoccia. Tutto diviene cenere e, ciò che non è cenere... è distruzione.


Fine di noi.

Dominic non smise di correre ancora per qualche secondo, con la percezione che fossero secoli. Solo quando fu certo, orrendamente certo, di aver percorso un quarto di miglio, frenò, la macchina di traverso in mezzo alla strada.

Scese, mosse alcuni passi verso il disastro. E si fermò.

Perchè correre verso al fuoco. Perchè tornare indietro.

Sei già oltre, sei troppo lontano.

Troppo lontano da tutto.

E c'è silenzio. Non ci sono urla, non c'è nulla.

Nulla, nulla, nulla, nulla....

Nulla tranne un suono.

Un suono basso, regolare, forte. Un suono inconfondibile, un suono che conosci. Tu hai creato quel suono, Dominic, disse una voce in fondo alla mente. Quel suono l'hai creato con le tue mani.

Dal rogo, quella che sembrava l'ombra di una macchina divenne qualcosa di concreto. E unico.


18


Brian aveva effettivamente cercato di farsi saltare in aria. Per un pelo non era anche riuscito nell'intento. Ma, del resto, lui era un tizio che con le macchine sapeva speronare i motoscafi, si era ripetuta Marsh, prendendolo al volo mentre transitava da un mezzo all'altro, proprio nel momento in cui il rimorchio si era ribaltato con fuoco e fiamme.

Ti credi l'uomo ragno?” - aveva urlato, mentre schivavano rimorchio e distruzione per porsi dietro il disastro.

Pronta?” - aveva risposto lui, contuso, bruciacchiato e su di giri, azionando il telecomando e preparandosi alla detonazione.

Pronta!” - la macchina, in derapata, era passata tra le fiamme, nel buio. Brian, sporto in fuori, aveva sentito il caldo investirlo nuovamente e si era rannicchiato sul sedile, coprendosi con un braccio. I detriti avevano colpito la fiancata, piegandola in alcuni punti e Marsh aveva accelerato, fino a portarli fuori dal buio. Lontano dal caos, a respirare aria fredda, pulita.

O'Conner, tu sei matto.” - la sentì ridere, senza osare aprire gli occhi - “Sbirro o delinquente rimani impagabile, impagabile!”

Impagabile o no, Brian non aveva osato aprire gli occhi fino a quando non aveva sentito la macchina fermarsi. Non si era mosso finchè una figura immobile in mezzo alla strada non gli aveva detto che era tutto finito.

Finito.


La NSX era coperta di fuliggine. Era calda, sporca, meno attraente del solito.

Ma, per Dominic, era bellissima.

Una bellissima macchina sicura.

Con una mano le percorse il tettuccio. La lamiera sapeva di chimico, polvere da sparo, gomma bruciata. Ma Dom sorrise ugualmente. Con un passo, fu vicino al cofano. E si chinò, sfiorando la lamiera con le labbra, in un bacio deciso.

Grazie, anche per questa gara.

Grazie di averlo salvato.

Si raddrizzò, alzando lo sguardo verso l'orizzonte. Sapore di motori sulla bocca, sapore di libertà, velocità e pericolo. Sapore di vita.

Ehi, Toretto!” - Brian era seduto sul cofano della Dodge. Marsh gli stava disinfettando qualche bruciatura sulle braccia - “Non credi sia il momento delle presentazioni?”


Già, le presentazioni. Si voltò, camminando verso il gruppo. La Dodge Charger, ancora al centro della strada, la Viper di traverso subito dietro. Trent'anni di differenza e un'incredibile aria di famiglia. Con la sua camminata spaccona, dunque, ondeggiando con le spalle e accennando l'espressione serafica di sempre, Dominic decise dunque di presentarsi alla più affascinante del gruppo.

La Dodge Viper rossa e nera classe 2001.

Ciao bambina.” - salutò, suadente, carezzandole il cofano - “Dom Toretto, piacere di conoscerti.”

Ma bene...” - ridacchiò Marsh, guardandolo e piazzando l'ultimo cerotto disponibile - “E' proprio quello che una donna desidera da lui.”

Tranquillo, ti ha notata.” - rispose Brian, seguendo la schiena di Dominic. Aveva un lungo segno di fuliggine sulle spalle, come una riga nera. Ed era colpa di Brian.

Solo quando lo aveva visto in mezzo alla strada, immobile, aveva compreso come fosse tutto finito. Era sceso, tenendosi il braccio contuso, fregandosene del labbro rotto, del male che sentiva a tutte le ossa, della fuliggine nera e spessa che gli rendeva appiccicose le mani. Era sceso e gli era andato incontro, quasi correndo.

Sono ok.” - aveva mormorato, appeso al suo collo con il braccio buono - “Ero dentro una macchina, ricordi?”

Dominic non aveva ricambiato l'abbraccio. Non era il tipo. Gli aveva solo posato una mano sulla scapola e aveva stretto, la testa china per quel peso sulle vertebre.

Lo sapevo che era una macchina sicura.” - aveva solo mormorato. Lo sapevo.

Ma, per un attimo, non ho più sperato.

Perchè tanti se ne sono andati. Ma tu torni sempre. Torni sempre.

Lo aveva tenuto in piedi, lo aveva seduto sul cofano della Dodge mentre la Viper frenava poco lontano. E si era voltato andando verso la NSX di suo padre.

Per raggiungerla, aveva incrociato Marsh. E, finchè era stato possibile, si erano guardati negli occhi. A lungo, ma senza voltarsi.

Si, si ripetè Brian, tornando al presente, credimi, ti ha notata. Eccome se lo ha fatto...


Fatte le opportune presentazioni con il bolide da strada e salutato con un cenno l'uomo silenzioso che stava a debita distanza, Dominic si voltò e li raggiunse Brian e Marsh.

Dominic Toretto.”- disse, tendendo una mano alla ragazza.

Lei sa chi sei.” - lo sbeffeggiò Brian, ridendo. Si sentiva su di giri, euforico. Il camion bruciava, i mezzi se ne stavano già occupando. In breve tempo, senza ombra di dubbio, sarebbe arrivato anche Bilkins.

Ma io non so il suo nome.” - rispose Dominic, con un bel sorriso storto. Il loro terzo uomo, la scimmia senza cervello, era alta, bruna di occhi e capelli, dorata di carnagione. Era bella, anche vestita in quel modo, da prostituta. Ma era l'espressione a essere unica. Quasi quanto la sua macchina – “So solo che stava in galera.”

Si, con il lavoro che faccio mi capita. Tra parentesi, scusate per il ritardo, disguidi con la cauzione.” - rispose lei, annuendo con aria fintamente rassegnata. Poi gli tese una mano - “Piacere di conoscerti, Dom. Mi chiamano Marsh.”

Marsh?” - bella stretta, decisa. Lo sguardo di Dom passò dai tacchi a spillo alla fondina con la pistola - “Come Marsha... o Marshall?”

Sbagliati entrambi.” - bocca e cuore, nel provocarla - “Marshmallow. Mi chiamano Marshmallow.”

Un soprannome di cibo.” - sorrise Dominic - “Ma tu guarda...”

Guarda cosa?”

Nulla, coincidenze.” - alzò le spalle, incurante – “E come mai una ragazza come te conosce un tipo come me?”

Brian passava gli occhi da uno all'altro, in silenzio. Dom... Dom flirtava?

Ho la tua foto appesa nel mio ufficio.” - specificò lei, ritirando un flacone nella cassetta del pronto soccorso – “Una bella foto vicino a quella di Brian.”

In ufficio?” - chiese Dominic, incrociando le braccia con le mani sotto le ascelle. Si curvava lievemente, per guardarla negli occhi. Marsh, a testa alta, non sembrava per niente impressionata. Ma, indubbiamente, molto colpita. Molto.

Alla FBI piacete.” - rispose, civettando in un battito di ciglia - “Tantissimo.”

Le pupille di Dominic si dilatarono lievemente. E Marsh lo trovò ancora più affascinante. Conosceva quei lineamenti a menadito, visto che li vedeva tutti i giorni, conosceva il suo curriculum e conosceva ciò che Brian le aveva raccontato, dopo ripetute insistenze. Anche ciò che aveva continuato a raccontarle, dopo la fuga in Messico, nelle rare e clandestine telefonate. E, nelle ultime ore, al lavoro oppure no, aveva continuato a seguire le loro mosse.

Ma non esisteva telefonata, fascicolo, aneddoto o foto che potesse rendere la presenza di quell'uomo. Potevi respirarlo, sentirlo nelle viscere, come un rombo di motore o una musica troppo alta.

Sbirro?” - stava chiedendo lui.

Della peggior categoria.” - ammise lei, chiudendo la scatola e passandola all'uomo alle sue spalle, quello che faceva finta di non esistere - “Sono una delinquente tra gli sbirri.”

Un delinquente tra gli sbirri...

E scommetto che sei brava...” - mormorò Dom, tornando serio. Gli sembrava che quella ragazza gli frugasse dentro - “... nel tuo lavoro.”

Molto.” - replicò la ragazza. Poi indicò Brian con il mento - “Quasi quanto lui.”


C'era un elicottero in avvicinamento. Marsh alzò gli occhi, cercandolo.

Arriva.” - disse - “E' ora che vada. Se mi trova qui, mi ammazza.”

Tranquilla.” - la consolò Brian, mettendosi in piedi a fatica. Dio, quanti muscoli dolenti! Meno male che Marsh gli tendeva una mano e Dominic ne teneva una tra le sue scapole - “Vuole già uccidere me...”

Ti aveva detto di non fare il colpo in America...”

Aveva solo da non vendermi come esca.”

Marsh si morse un labbro, indecisa.

Non voleva farlo, Brian. Lo hanno costretto.” - commentò - “Se ti ha fatto le sue scuse, sappi che sono sincere. Ti vuole bene.”

Come a un figlio?” - ritorse Brian, sarcastico.

Come a un figlio.” - Marsh si indicò con un dito - “Guardami, pensi che io gli dia davvero soddisfazioni? Sono tutto tranne che la figlia modello di un poliziotto.”

Più di quante credi.” - stava dicendo Brian. Ma doveva esserci un disturbo, un ronzio, un effetto ritardato del trauma, perchè Dominic non lo sentiva. Sentiva solo la frase prima. Anzi, no, sentiva solo l'implicazione della frase.

Marsh... Marsh Bilkins?

Si, certo.”- rispose spicciativamente lei, sporgendosi verso Brian e baciandogli una guancia - “Salutami papà, comunque. E non dirgli delle cariche esplosive. Le aveva appena sequestrate, ne era cosi fiero...”

Marsh...” - esordì Brian, con disapprovazione.

Shhh, non dire nulla..” - gli teneva un dito sulle labbra - “Sono una ragazzaccia, non provare a redimermi.”

Poi si voltò. E Dom si sentì di nuovo risucchiare verso di lei. Letty, solo Letty prima...

Ciao, Dominic.” - gli strinse le dita, gli guardò le mani prima di cercargli di nuovo gli occhi - “E' stato un piacere conoscerti. E non sto esagerando.”

Vale anche per me.” - replicò, ricambiando con decisione la stretta - “E la prossima volta, voglio sfidare quella bellezza.”

Se sarai gentile, ti prometto che te la farò anche guidare.” - rispose, voltandosi. E, senza ombra di dubbio, i sottintesi superavano di gran lunga la promessa.


L'elicottero era ancora in fase di atterraggio quando la Dodge Viper ripartì, lasciando parecchia gomma sulla strada. L'uomo, che Marsh si portava appresso come una borsetta, le aveva restituito le chiavi mantenendo l'espressione imperturbabile.

La donna, da dietro al volante, aveva accennato ancora un saluto. E Dominic aveva guardato la Viper allontanarsi per parecchio tempo.

Ti ha proprio colpito...” - commentò Brian, massaggiandosi la spalla. Contusa, fastidiosa, troppo incerottata - “... interessante, non trovi?”

Molto.” - ammise Dominic, restando con le mani in tasca a fissare la strada vuota e l'ombra luccicante ormai sulla linea del deserto - “Marshmallow Bilkins? Bilkins?”

Temo proprio di si.” - ridacchiò Brian - “Ma non chiamarla cosi, con suo padre. Ha una sincope, ogni volta che pensa a quel soprannome. Lunga storia...”

E' una lunga storia che voglio sapere.” - voglio tutta la lunga storia possibile su quegli occhi. Si voltò, guardando sopra la spalla di Brian - “Toh, Bilkins Senior...”

Bilkins arrivava con un passo che doveva essere minaccioso.

Dominic appoggiò una mano sul fianco di Brian e se lo spinse dietro le spalle.

Tranquillo, O'Conner.” - sospirò, infilandosi le mani in tasca e gonfiando il petto - “Ti difendo io da lui...”

Ma che spiritoso...”

Bilkins.” - salutò Toretto, ignorando le lamentele - “Che piacere vederla...”

Era la Viper di mia figlia quella che se ne andava?” - ribattè l'uomo, saltando i preamboli e allungandosi per vedere Brian dietro Dom - “Brian, hai coinvolto Georgia nelle tue cazzate?”

Georgia?” - Dom sorrise. Georgia Bilkins... - “Mi piace. Ma Marshmallow è meglio.”

Bilkins lo fissò come se si rendesse conto solo ora della sua presenza. Brian pensò che era meglio intervenire. Subito.

A Dom piacciono i soprannomi alimentari.” - disse, per difenderlo. No, non era quello che il poliziotto voleva sentirsi dire - “E non ho coinvolto Marsh... Georgia... non finchè ho potuto. Non farlo, cioè.”

No, brutta difesa e brutta spiegazione. Meglio tacere.

Brian.” - non era il suo nome, era un ruggito a denti stretti. Bilkins si passò una mano sul viso, cercando di calmarsi. Doveva capirlo, avrebbe dovuto capirlo quando Georgia aveva chiamato per farsi pagare la cauzione.

Aveva detto che era una cosa importante... che stare in galera non era poi cosi grave... si, un poco, ma rendeva più credibile la sua copertura... no, la fedina non ne sarebbe uscita peggio del solito...

Non peggio del solito. Bilkins aveva sospirato e pagato. Georgia, nome di battaglia Marsh, era la causa della precoce caduta dei capelli paterni.

Indubbiamente, Bilkins non si era immaginato questo, quando la sua bambina aveva manifestato il desiderio di entrare in polizia. Sarà cosi carina con la divisa, ecco cosa aveva pensato... starà cosi bene, una volta tolti tutti quei piercings...

Brian.” - ripetè, cercando di riprendere il contatto con la realtà. Lo squadrò, fino all'ultima fasciatura - “La mia bambina sta bene?”

Nemmeno un graffio.” - lo rassicurò il ragazzo. Aveva un braccio al collo, un taglio sulla guancia, nero fumo sui vestiti, sangue sui jeans - “Stiamo tutti bene.”

Ne sono lieto.” - il tono diceva l'opposto, ma Bilkins preferì non dilungarsi. Respirò a fondo e riprese - “Allora parliamo di lavoro... come vi è venuto in mente di fare quello che avete fatto?”

Oh, siamo un voi, adesso.” - Dominic si voltò a guardare Brian - “Sei tu che sei delinquente o sono io che sono sbirro sotto copertura?”

Non mi è chiaro.”

Siete un voi perchè voglio uccidervi entrambi!” - specificò l'uomo fissandoli truce - “Ho uno svincolo in fiamme, un numero imprecisato di strade chiuse, una certa dose di testimoni confusi, pezzi di macchine dappertutto, feriti in un numero imprecisato e... e mucche! Mucche e tori che ci danno dentro su una sopraelevata! Si può sapere cosa vi è preso?”

Ma niente morti.” - sottolineò Dominic, con un gesto definitivo della mano.

Bilkins esitò.

No, niente morti.” - confermò.

Allora abbiamo lavorato bene.” - commentò Brian, divenendo serio - “Sei d'accordo?”

Avete lavorato bene.” - concesse. Poi, con un sospiro, concesse ancora - “Avete lavorato molto bene. Li abbiamo tutti, abbiamo le prove e non abbiamo più il carico. È più di quanto sperassimo.”

Bene. Allora siamo a posto.” - Dominic rimase in silenzio un attimo. Poi lo guardò dritto negli occhi - “Lo siamo?”

Lo saremo tra qualche minuto.” - replicò Bilkins, componendo un numero sul cellulare e allontanandosi – “Manca solo una cosa. Se volete scusarmi...”

Manchi tu, vero?” - domandò Dominic, sottovoce, a Brian.

Già.” - annuì il ragazzo. Con un passo gli era arrivato a fianco. - “Voleva qualcosa per tenerti sulla corda.”

Ha scelto giusto, allora.” - voltò la testa, guardandolo - “Stai bene?”

Sto bene.” - mormorò. Sapeva che la domanda di Dominic era un'altra, ma desiderava solo fingere di non aver capito.

Cosa farò? Non lo so. Non lo so ancora. Nemmeno ora so cosa desidero.

Qualunque cosa tu faccia.” - disse Dom spezzando quel silenzio - “Sarai sempre la mia famiglia.”

Brian, che aveva abbassato lo sguardo, alzò di nuovo il viso verso di lui. E Dom annuì.

Ho lasciato andare mia sorella. Posso lasciare libero anche te. Basta che tu lo chieda. Basta che sia ciò che vuoi.

E' la verità.” - ripetè - “Sbirro o delinquente, tu sei Brian O'Conner. Per me non c'è nessuna differenza. Scegli ciò che fa differenza per te.”

Si fissarono in silenzio.

Lo farò.” - promise.

Ok.” - Bilkins stava tornando verso di loro. Bisognava muoversi a finire il discorso - “Brian, qualunque cosa tu scelga, io vorrei da te un favore.”

Sentiamo.”

Il numero di telefono di Marshmallow. Ho pensato che può raccontarmi lei la storia del suo soprannome. Con tutti i dettagli.”


Fatto. Pulito.” - Bilkins tese la mano e la strinse ad entrambi - “Potete andare.”

Dove vogliamo?”

Se non avete altre richieste...” - scherzò Bilkins.

E Dominic fece schioccare le dita.

Richieste!” - ripetè. Poi si voltò verso Brian - “Ce ne stavamo dimenticando!”

Giusto.” - confermò Brian - “Abbiamo delle richieste.”

Bilkins non credeva alle proprie orecchie.

Era una domanda retorica...” - spiegò, sudando freddo.

Anche le nostre richieste.” - confermò Dominic, serissimo - “Sai, Bilkins, tutto l'aiuto che ci hanno dato... le attrezzature... le mucche...”

Non.. non vi aspetterete mica che il dipartimento di polizia paghi!”

No, no, assolutamente.” - Brian fece un passo avanti, rassicurante - “Non chiederemmo mai soldi al dipartimento, so quante difficoltà abbiate e, quindi...”

Quindi...”

Quindi abbiamo una soluzione alternativa.”

Ne sono confortato.” - commentò, poco convinto - “Sentiamo.”

C'è un camion che è sparito nei dintorni di Miami. Attrezzatura informatica.” - Brian arricciò il naso, con aria di disapprovazione - “Sarebbe meglio smettere di cercarlo.”

Sarebbe meglio...”

Sarebbe proprio meglio.”

Bilkins sentiva la pressione salire. Ma era in vena di essere buono e garbato. Dopotutto, aveva tirato un brutto scherzo a quel ragazzo. E la coscienza, inascoltata che fosse per buona parte del tempo, si stava facendo sentire.

Ok, se è meglio non cercare, non cercheremo. Altro?”

Ti faranno storie per un satellite violato... è un guasto interno. Ne sono sicuro.”

Certo. Tu sei un ingegnere spaziale...”

No, sono io l'ingegnere. Lui è l'astronauta.” - si intromise Dominic. Aveva le braccia incrociate. Bei bicipiti turgidi, in effetti. Molto convincenti - “Poi ci sarebbe la gioielleria sulla 33a. Il responsabile è dispiaciuto per l'occhio nero del proprietario.”

Lo farò sapere al proprietario.” - adesso iniziava a sentire il fumo uscirgli dal naso - “Abbiamo finito?”

Si. Ma voglio farti le mie scuse.” - Brian si era messo una mano sul cuore. E aveva occhi grandi, azzurri, disarmanti - “Per le tue cariche esplosive appena sequestrate. Non sapevo fossero le tue.”

Le mie ca...” - si interruppe. Chiuse la bocca, sigillandoci dentro un ruggito.

Brian, prontamente, gli posò una mano sulla spalla.

Le abbiamo usate per una buona causa.” - specificò, serio.

Bilkins avrebbe solo voluto mangiarselo. Lui, le sue richieste e tutta la macchina con cui andava per il mondo a fare disastri.

Brian O'Conner, il suo giustiziere prediletto. Per non parlare di Georgia! Georgia! Ma non poteva avere la vocazione all'insegnamento come sua madre?

Sei perdonato, Brian.” - sbottò, infine - “Resti vivo ma... Le mie cariche esplosive e... e Georgia! Cosa farai, di peggio, la prossima volta? La inviterai ad uscire per una cenetta romantica?”

No, Bilkins. Non lo farà.” - lo rassicurò Dom, intromettendosi - “Non lo farà perchè lo farò io.”

Meno male che ho due spalle, pensò Bilkins, senza la forza di replicare ancora. Su una Brian teneva una mano, sull'altra Dominic stava dando una pacca.

Tranquillo.” - aggiunse Toretto, rassicurante - “Sono un gentiluomo.”


Fine dei giochi. Fedina pulita, libertà, concessioni di vario genere.

Rimaneva solo un'ultima cosa da fare. Ma Dominic non voleva essere presente. Poteva accettare ogni tipo di scelta di Brian... ma non aveva abbastanza forza da fingere ancora. Era stanco, disposto a capire, ma incapace di fingere.

E Dominic Toretto non crolla mai in pubblico, mai.

Men che meno innanzi a uno sbirro.

Ci sentiamo dopo.” - disse soltanto, sporgendosi verso Brian. Fece un cenno di saluto a Bilkins e si avviò verso la Dodge.

Che uomo.” - ammise Bilkins. Dom aveva spalle abbastanza larghe da reggere l'impatto con Georgia, in effetti - “Peccato non sia dei nostri.”

Esiste un nostri, Bilkins?” - domandò Brian, seguendo lo sguardo dell'uomo. Le scapole di Dominic erano, come sempre, leggermente asimmetriche per il modo di camminare. Erano due ombre sotto la maglia bianca, solo due ombre - “Sono 'uno dei vostri' o sono un 'noi'?”

Non lo so, ragazzo. Dimmelo tu.”

Brian voltò la testa e lo fissò negli occhi. Bilkins sostenne l'occhiata interrogativa e scosse la testa.

No, figliolo.” - rispose, alla domanda silenziosa - “Non lo fare. Fai ciò che ritieni giusto per te.”

I figli rimangono figli sempre. Non ha importanza cosa scelgano.

Ciò che è giusto per me...”

Già.” - il vecchiò agente confermò. Poi sorrise, fissando la polvere - “Penso di conoscerti abbastanza, ormai... e non credo che tu debba pensarci molto, O'Conner.”

No, forse no.”

Bene. Allora ci siamo capiti.” - tirò fuori un fazzoletto e si pulì la fronte - “Però, c'è ancora una cosa.”

Sentiamo.”

Abbiamo fermato una ragazza, stamattina. Ha credenziali false, ma non ci sono dubbi che sia Mia Toretto.”

Brian sentì il cuore stringersi e divenire grosso come un bullone.

Sta bene?” - riuscì solo a formulare. Avrebbe voluto chiedere dove, come... ma sentiva di non averne il diritto.

Mia se ne era andata. Mia aveva i suoi segreti e i suoi fantasmi.

Si, tranquillo, tutto a posto. La sua fedina era ancora in revisione quando ha passato il confine. L'hanno solo fermata per degli accertamenti. Cosa vuoi che faccia?” - Bilkins si inumidì le labbra e ritirò il fazzoletto dopo lunghe operazioni di piegatura - “Vuoi che mantenga lo stato di fermo? Ti darebbe il tempo di raggiungerla.”

No.”

No. Brian non lo guardava più. Brian fissava lontano, oltre la polvere, oltre la foschia che saliva da terra. Brian guardava le macchine e la camminata indolente di Dominic Toretto.

No. Dom l'ha lasciata andare. Dom l'ha lasciata scegliere.

Dom rispetta ogni scelta.

Mia.. Mia ha scelto. Ed io... voglio essere come Dom. Come Dom.

Lasciatela libera.” - aggiunse, per Bilkins che attendeva ancora in silenzio. Bilkins, il vecchio romantico con poca coscienza - “Non vuole altro. Lasciatela libera.”

Tornerà quando sarà pronta. Tornerà a casa quando avrà nostalgia.

E, se tornerà, saremo ancora un noi. Lo saremo.

Grazie di tutto, Bilkins.” - strinse le dita accaldate, con riconoscenza. Grazie, per tutto - “Davvero.”

No, grazie a te.” - mi manchi, ragazzo mio. Mi manchi, ogni volta che mi mettono un fascicolo in mano. Mi manchi, non ci posso far niente - “Sarà meglio che vada. Sai, l'elicottero.. tutti lo vogliono...”

Si, immagino.” - Brian piegò la testa, riflettendo - “Bilkins, un'ultima cosa.”

Si?”

Roman mi ha mandato un ragno elettronico di quelli blocca-centraline.” - spiegò - “Ma non li avevate sequestrati tutti?”

Infatti.”

E quindi, quello che ho avuto...”

Brian...” - lo interruppe, con un sospiro - “Non ti ho insegnato a fare solo domande intelligenti?”

Si, ma...”

E allora, perchè mi stai facendo una domanda tanto stupida?” - insistette, con espressione del tutto vaga - “Io non so nulla di ciò che mi stai chiedendo. Chiaro?”

E Brian intuì di dover lasciar perdere.

Come non detto, allora.” - si arrese. Capisco. Se non sai nulla... - “Fai buon viaggio. E salutami tua moglie.”

Certo, certo.” - intanto penso che, uno di questi giorni, avrò Toretto a cena... non aveva ancora fatto due passi che già si stava di nuovo voltando - “E adesso, ragazzo? Cosa farai?”

Brian O'Conner sorrise. E alzò le chiavi, fino al viso.

Io ho una macchina.” - disse. E che macchina! Poi indicò Dominic Toretto, la Dodge che correva già verso l'orizzonte - “Lui ha una macchina. Cosa pensi che faremo?”


Correre o morire.

Non pensare a nulla, solo all'asfalto.

E avere una buona motivazione per vincere.

Sentiti libero, come se fosse il tuo ultimo quarto di miglio.

Corri. E vinci.

Accelera, accelera ancora.

E, quando vedi davanti a te la fine di una strada, di una gara, di un viaggio, del mondo... accelera ancora. E corri verso il sole.

(23 Gennaio 2010)