A Little bit of love

 

Di MargotJ

 

A Benedetta. Perché, si sa, le parole sono biglie. E rotolano, dai sentimenti ai sogni.

 

Spoiler per: seconda stagione di Torchwood. Allusioni alla fine della prima stagione e al Doctor Who.

Pairing: Jack/Ianto slash

Rating: NC17, Slash, Romance (?)                                               

Timeline: post 2x01-02

Disclaimer: i personaggi non appartengono ai legittimi proprietari. L’autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.

Nota dell’autrice: è una fanfic breve, contrariamente alle mie abitudini. Ma, se accettate un consiglio, vi ascoltate la canzone di Mika ‘Happy Ending’ durante la lettura. Un consiglio (capriccio) della mia mente perversa J

 

A seguito di spiacevoli episodi tale Fanfiction è disponibile con la mia autorizzazione solo presso il mio sito, Vs. Ananke e, da settembre 2008, su EFP. Per richieste o segnalazioni, per cortesia, scrivetemi . Grazie, MJ

 

 

“Tornato per noi?”

“E’ così. Per tutti voi. Mi spiace che tu abbia frainteso.”

“E la parte dell’appuntamento.. ho frainteso anche quella?”

 

Jack piegò la bocca in sorriso storto e non rispose. Ma afferrò il cappotto, infilandolo con gesto rapido e preciso, un movimento di braccia sopra la nuca, senza smettere di fissarlo.

 

“No.” - scosse la testa - “Non hai frainteso. Andiamo?”

 

***

 

 

 

 

 


This is the way you left me, I'm not pretending.

No hope, no love, no glory, No Happy Ending.

This is the way that we love, Like it's forever.

Then live the rest of our life, But not together

 

(Mika, Happy Ending)

 

E' così che mi hai lasciato,/ Non sto fingendo./ Niente speranza, niente amore, niente gloria,/ Niente Lieto Fine. /

E' così che amiamo, / Come se fosse per sempre. / Poi viviamo il resto delle nostre vite, /Ma non insieme.

 

Ianto non si era fatto particolari illusioni. E non aveva rivisto la propria filosofia di vita per un cinema e un buon dopocena.

Nella vita, alcuni reggono il cronometro, altri la pistola. Ma, difficilmente, chi osserva le lancette domina anche il tempo. E Jack non faceva segreto della sua maestria a manipolare la vita altrui.

Talvolta con una parola, altre con un proiettile.

E, quando la crudeltà diveniva passione, persino con un bacio.

In quel caso, Ianto non si vergognava di implorare per una vera, assurda e prolungata agonia. E, se il caso lo permetteva, urlava, inarcando la testa, offrendogli il trionfo assoluto e indiscusso sopra la mente e ben oltre il corpo.

 

A Jack piaceva. A Ianto piaceva. Perché stravolgere tanto gusto per un lieto fine, dopotutto.

 

Perché complicare le cose, pensò pigramente Ianto, guardandolo muoversi nudo per la stanza. Perché complicare le cose se esiste tutto questo.

“Non pensi di doverti alzare?” - domandò Jack, restando di spalle, innanzi all’armadio aperto, le mani tra le stoffe, le dita sul tessuto.

“Dovrei?”

Jack spostò lo sguardo, cogliendo il baluginare dell’orologio, poco lontano. Due e trenta del mattino.

 

No, non dovresti.

 

“Dovresti.” - rispose, senza guardarlo.

“Perché potrebbero tornare?”

 

Era una provocazione, in una voce priva di sfumatura, mai alta, mai sussurro. E Jack si ritrovò a sorridere e a raccogliere il coraggio per girarsi.

Sdraiato al centro del letto, il senso artistico del proprio corpo, l’assoluta incuranza con cui si era gettato a malapena addosso il lenzuolo, maniacale come l’attenzione per i propri completi, per le camicie abbinate alle cravatte, per le scarpe lucide e i calzini. Ianto aveva un gusto edonista indiscutibile per la propria esistenza. Anche nel cuore della notte, con una goccia di sudore sul labbro superiore e, tra i capelli, i segni di mani non sue.

“No. Però io potrei...” - Jack si interruppe, in una risata. E Ianto, con gesto studiato, portò il pugno dal torace alla tempia, senza smettere di fissarlo.

Aveva occhi indecifrabili. Jack se ne era reso conto il giorno in cui lo aveva assunto. In piedi, dietro la scrivania, nessun timore, nessuna preoccupazione. Un si, come un no, non avrebbe scalfito la roccia.

“Quanti anni avevi...” - domandò Jack, facendosi serio. Non lo aveva mai chiesto. Non aveva mai aperto il fascicolo Jones, prima di gettarlo sul fondo dello schedario. Aveva assunto quegli occhi, non le parole sprecate su di lui.

 

Aveva voluto la bocca morbida, ben disegnata, il viso sbarbato alla perfezione, i capelli da studente di Oxford. E gli occhi privi di una particolare o esasperata vitalità. Ianto Jones, promettente esempio di generazione X, un esemplare da collezionare tra mille altri forse più interessanti ma meno complessi.

 

“Ha importanza?”

 

No, non ne ha.

 

“E’ curiosità.” - ribattè, fermandosi ai piedi del letto, le braccia conserte.

 

Nessun vestito ti dona quanto questo, considerò Ianto, divertito. È così che riconosci il re... quando è nudo.

 

“Maggiorenne.” - mormorò, con una punta di ironia, stiracchiandosi - “Tranquillo... maggiorenne.”

“Ma troppo giovane per conoscere tanti trucchi.” - replicò Jack, puntando un piede sul fondo del letto. E salendo, in piedi, tra le coperte e le gambe di lui, cancellando con alcuni passi i segni dei loro corpi. Sovrastandolo.

“Forse...” - mormorò Ianto, stringendogli una caviglia e raddrizzandosi a sedere con calma - “... ma cosa importa...”

 

Cosa importa... più di tutto questo...

 

***

 

Lo aveva attirato verso il basso, senza paura. Lo aveva fatto precipitare, in un volo spezzato, di nuovo nell’odore della pelle e del segreto.

“E sono io...” - disse Jack, voltandosi, sovrastandolo, la bocca già a caccia di rivalsa - “Ad avere cattive maniere... in questo letto...”

“Il letto è tuo...” - replicò Ianto, afferrandogli le braccia, usando persino le gambe per cercare di bloccare il leone dagli occhi azzurri - “Mio il piacere... di testarlo...”

“Si. Mio il letto.” - un altro colpo di bacino, un invertirsi di corpi, calore, sudore, labbra in contatto - “Mio... Ianto...”

 

Mio.

 

Le mani di Ianto si strinsero sui suoi polsi, le braccia si irrigidirono e Jack sentì la propria bocca sfuggire dalla sua. Ancora lo schiacciava con il proprio corpo, ma una distanza interminabile si era creata tra i loro visi, nello spazio tra le loro braccia, sulla linea tra i loro cuori. E lo fissò, con sorpresa.

 

“Tuo fino a che punto, Jack.” - domandò Ianto, la testa contro il cuscino, le spalle tese nel resistere a quell’attacco.

 

Di nuovo l’espressione assente, gli occhi senza fessure emotive. Un si, un no, un forse... nulla era visibile.

Jack non rispose. Le iridi dentro le sue, troppo chiare, troppo trasparenti. Il buio attorno. Il buio del mondo.

 

Mio... mio per...

 

“Certo.” - sospirò Ianto. E, quando le mani allentarono la stretta ai polsi, Jack seppe di doversi spostare e lasciarlo libero.

 

***

 

C’era Gwen, dentro al sogno. Con le labbra su quelle di Jack, le dita sottili ad afferrargli a malapena il mento. C’era John, John Hart che lo sbeffeggiava, nel chiudersi delle porte dell’ascensore. Solo, solo con Jack. C’era Owen che mirava alla fronte di Jack e vuotava il caricatore.

 

Non c’era Lisa. Non c’era più da molto tempo.

 

Ianto si sedette, composto, come se non fosse mai accaduto, come se non si fosse mai addormentato al suo posto, davanti al monitor. I dati della spaccatura oscillavano come sempre. Uno, meno uno, uno, meno uno... poco più poco meno, niente di particolare. Irrecuperabile ma banale.

 

Come la vita. E l’amore. Irrecuperabile ma banale.

 

“Sognavi.”

Una voce, nell’ombra. Poi, a tratti, l’immagine di Jack si ricompose, nell’uscire dalle tenebre.

Le braccia, le mani che sparivano nelle tasche, la maglietta bianca, la linea più scura delle bretelle, gli occhi.

“Forse.” - replicò, ermetico, digitando alcuni codici, senza privare lo schermo della propria attenzione.

Una mano, decisa, gli afferrò il mento, voltandogli la testa. Un bacio, diretto, senza chiedere, breve.  Poi, nulla. Solo silenzio, mani nuovamente in tasca.

 

Bene, Ianto mantenne lo sguardo fisso innanzi, Deja-Vu.

 

Digitò ancora un codice e Jack attese, con apparente pazienza. Ma Ianto poteva sentirlo, elettrico, contrariato. E, quando premette l’ultima cifra, la sedia da ufficio su cui si trovava ruotò, rapida, bloccandosi sui piedi del capitano Harkness, tra le sue braccia nude.

“Dovresti...” - esordì, deciso.

“Cosa.” - lo interruppe Ianto, senza preoccuparsi di alzare il tono - “Cosa, Jack!”

Jack si trattenne, seppur con sforzo. La plastica rigida scricchiolò tra le sue dita, la mascella divenne una linea dura, netta, dolorosa come i suoi occhi.

“Vattene.” - disse soltanto, raddrizzandosi, un passo indietro - “Vattene a casa.”

 

E Ianto, con sollievo o rassegnata certezza, capì che non lo avrebbe fatto.

 

***

 

Dal letto di Jack non si vedevano le stelle. La sua stanza era in uno degli scantinati della base, una stanza quadrata, grande, scura e silenziosa. Alcune spie brillavano, nel buio, poco lontano dal loro sguardo. Ma entrambi fissavano il soffitto, uno a fianco dell’altro, assenti.

 

Due corpi e due menti. Come in uno specchio, un solo inconsistente e insinuante pensiero.

 

“Ianto...” - sospirò Jack, d’un tratto- “E’ un nome che andrà lontano...”

“Davvero?” - domandò l’interessato. Lo disse con tono assorto, un braccio dietro la nuca, una mano abbandonata sui cuscini - “Lontano tra le stelle?”

E Jack lo prese come un assenso per muoversi e sdraiarsi nuovamente, la testa sul suo stomaco, lo sguardo verso il suo profilo.

“Ianto...” - ripetè - “Significa...”

“Dio è misericordioso.” - la mano abbandonò i cuscini, discese lungo la pelle e giunse ai capelli di Jack, corti, indomabili - “Cortese, benevolo... esisterà ancora dio, Jack, quando avremo scoperto le stelle o esisterà solo un nome con un significato inutile?”

“Le stelle hanno scoperto noi, Ianto.” - soffiò Jack, chiudendo gli occhi sotto le dita calde e lente - “Non il contrario...”

“Le stelle...”

“Non sono come dicono.” - la bocca di Jack si inarcò in quel sorriso che non riusciva sempre a celare, a controllare - “Alle fine dell’universo sono nere, lucide come vernice. E il cielo diviene rosso, quando le stelle collassano, giungendo al fine ultimo. Oltre... oltre nessuno è mai andato.”

“Nessuno...” - la mano di Ianto si fermo, posandosi sulla fronte di Jack. Calda, concreta - “Nemmeno tu...”

E Jack rise, voltandosi, la guancia sulla pelle.

“No, io sono andato oltre.” - ribattè, scanzonato - “Oltre, fino al paradosso dell’esistenza.”

 

Non aggiunse altro, non spiegò. Non attese domande.

Ma altre parole sembrarono sfuggirgli dalle labbra nello spegnimento di un bacio.

 

“Lontano da qui, Ianto, dove è accaduto qualcosa che non accadrà mai, ho compreso che non sono le persone a salvarti, ma il significato che dai loro.” - Attese. Attese di vederlo dritto in viso, negli occhi e aggiunse - “Ianto, il dio cortese.”

 

Rise, sottovoce, tornando a sdraiarsi, la testa ancora sul suo torace e la mano, dopo un attimo di esitazione, riprese a carezzargli di nuovo la pelle.

 

Ianto non rispose. E il respiro di Jack divenne regolare e tiepido, al giungere dell’alba.

 

(05 febbraio 2008)