YIN E YANG
Spoiler
per: Secondo me non faccio allusioni ma non si sa mai… tenete presente la
timeline comunque
Pairing: Doctor Who/ Jack - Mme.dePompadour (sì, sì lady Harkness, tutta colpa tua,
come al solito!)
Rating: NC17, Slash 50%, Romance 50%
Timeline:
post seconda stagione di Torchwood e terza del Doctor Who… dicono...
Disclaimer: i personaggi non appartengono ai legittimi proprietari. L’autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.
Nota dell’autrice: dovete sapere che faccio sempre qualcosa quando mi parlano al telefono. Quando chiama Carmilla, mi faccio un caffè e mi siedo. È una mossa di grande intelligenza. Non mi credete? Provate a parlare dell’asessualità del Doctor Who fondando tesi multiple (e multiorgasmiche) mentre pulite la cucina!
A seguito di spiacevoli
episodi tale Fanfiction è disponibile con la mia
autorizzazione solo presso il mio sito, Vs.
Ananke e, da settembre 2008, su EFP. Per richieste o
segnalazioni, per cortesia, scrivetemi
. Grazie, MJ
A Benedetta perché
non avevo risposta. E sono andata a cercarla.
Antefatto (ore nove, caffè alla mano,
casa da riordinare, cellulare)
Carmilla:non
riesco a immaginarmi il Doctor che fa sesso. Secondo
te è etero o gay?
Mj: bella
domanda. Bisognerebbe testarlo e vedere dove rende meglio.
Il concetto di Yin e Yang ha origine dall'antica
filosofia cinese,
molto probabilmente dall'osservazione del giorno che
si tramuta in notte e della notte.
I caratteri tradizionali per Yin e Yang possono essere separati e tradotti
approssimativamente come
il lato in
ombra della collina (Yin) e il lato soleggiato della collina (Yang).
(da Wikipedia)
TUTTO
può essere descritto in termini di Yin e Yang,
mediante quattro principi:
1. Yin e Yang sono opposti
Qualunque cosa ha un suo opposto, non assoluto, ma in
termini comparativi. Nessuna cosa può essere completamente Yin o completamente
Yang; essa contiene il seme per il proprio opposto.
(Doctor - Jack Harkness)
“Questo
è un interessante sviluppo della faccenda.” - commentò il Dottore, restando
seduto al proprio posto, la testa girata verso la porta - “A cosa devo
l’onore?”
“Ci
vediamo troppo poco per perdere tempo in preliminari.” - rispose Jack,
continuando a spogliarsi, appoggiato alla porta - “Viaggi solo, no?”
“Cosa
te lo fa credere?”
“Martha
fosse rimasta…” - replicò, slacciando la cintura - “Non saresti tornato.”
Il
Dottore si sporse, togliendo i piedi dal pannello di controllo e posando i gomiti
sulle ginocchia.
“Tu
credi?”
“Non
credo, io so.” - era arrivato alla fine degli indumenti. E ora, nudo,
percorreva con calma la passerella, salendo verso il centro del Tardis - “So
che lasci indietro solo chi non è biondo... ma che non sai lasciare nessuno
veramente indietro.”
La
bocca si piegò, in un sorriso malizioso.
“E
io…” - aggiunse, piegandosi in avanti e sfiorandogli le labbra - “Non faccio
differenza…”
“Illuso.
Tu non fai differenza perché sei...” - replicò il Dottore, con un mezzo
sorriso, abbassando gli occhi, malizioso - “…la differenza… la differenza
basilare…”
“La
differenza basilare tra cosa... e cosa…” - rispose Jack, appoggiandosi ai
braccioli, il Dottore intrappolato tra le sue braccia e il suo sorriso - “Sono
molto curioso.”
Il
Dottore rise, fissandogli al bocca. E, con un movimento deciso, gli afferrò i
capelli, piantando tutte le unghie nel cuoio capelluto.
“La
differenza tra il freddo della solitudine…” - sospirò, slacciandosi con la mano
libera il primo bottone della camicia - “…e il fuoco…”
Si
slacciò un secondo bottone. E Jack sentì il proprio corpo iniziare ad andare in
cortocircuito.
“E
tu sai…” - aggiunse il Dottore, innocentemente, afferrando il terzo bottone e
premendo, perché attraversasse l’asola con lentezza - “A che fuoco mi
riferisco…”
(Doctor - Mme.dePompadour)
“Balla con me.” - ripetè
Renette, le ciglia che si curvavano verso l’alto al semplice alzare dello
sguardo - “Balla con me, mio Angelo…”
“Tu sei nata per ballare
con i re…”
“I re attenderanno.” -
sussurrò lei, arretrando e sedendo sul letto, una mano sui damaschi ricchi e
pieni - “Ora è con te... con te che voglio danzare…”
Il Dottore mosse un passo
verso di lei, un secondo, un terzo. E piegò la nuca, elegante, posando le labbra
sul suo collo, sulla pelle profumata e morbida.
Renette inarcò la testa,
mordendo le labbra, le dita a stringere la stoffa. Un bacio, un bacio che
infiamma il freddo. Un fuoco sulle labbra. Si lasciò andare indietro,
portandolo con sé.
“Renette… noi non
possiamo.” - sussurrò lui, senza smettere di sfiorarle la pelle con la propria,
con le labbra, con le parole - “Non possiamo…”
“Perché tu non esisti?” -
rise lei, voltando la testa, cercando i suoi occhi - “Perché sei un amico
immaginario di una bambina che aveva paura del buio?”
Sorrise, sentendo il corpo
di lui sopra il proprio, afferrandolo per le spalle perché non potesse fuggire.
“Il mio uomo del
caminetto…” - sospirò, percorrendogli il viso con un dito, con lentezza - “Eri
tra le fiamme, la prima volta che ti ho visto. E solo ora… scopro che sei il
fuoco…”
“Ti sbagli, Renette, non
sai quanto.” - sussurrò lui, spalancando gli occhi con infinita lentezza. Un
tono di voce lento, solenne, come il tempo e il silenzio di Notre Dame - “Non è
il mio fuoco…”
Renette non sembrò
comprendere. Ma sorrise, paziente. E, con le labbra, gli cercò le labbra.
“Allora… se è così…” -
rispose, ogni parola in un bacio, un malizioso appropriarsi della sua bocca -
“Infiammati con il mio… e abbandona il gelo…”
2. Yin e Yang hanno radice uno nell'altro
Sono interdipendenti, hanno origine reciproca, l'uno
non può esistere senza l'altro.
Buio - Luce
(Doctor - Jack Harkness)
Un
bottone, un altro, un altro ancora. Il torace del Dottore era stretto, pallido,
come se raramente fosse esposto alla luce. Il Dottore era oscurità nel corpo,
come nell’anima.
E,
bottone dopo bottone, quando fu il momento, Jack insinuò le labbra e la bocca
sotto la stoffa, lasciando che tornasse ad adagiarsi contro lo schienale, le
braccia distese, la testa inarcata. La camicia scivolò lungo i fianchi, la
giacca dalle spalle percorse le braccia, divenne uno straccio a terra. I
pantaloni finirono lontano, per essere dimenticati.
La
bocca di Jack non era nata solo per le parole e lo dimostrava ampliamente. Le
sue mani strinsero, torsero, si
appropriarono di pelle, stoffa, respiri soffocati.
Lentamente,
lentamente, come un bottone attraverso l’asola.
Come
un tramonto, la luce che sfuma e diviene notte. E, quando seppe di essere nudo,
libero e ormai in balia di Jack e del suo corpo, sorrise, allungando le dita,
afferrandogli il mento.
“E’
ancora questo che vuoi, dopo tutto questo tempo?” - domandò, fissandolo negli
occhi chiari.
E
Jack risalì lungo il suo corpo, con lentezza, scivolando sulla sua pelle,
dentro i suoi pensieri, con quello sguardo, quell’espressione.
“Perché…”
- sussurrò - “E’ passato così tanto tempo?”
Si
fissarono. E il Dottore non rispose.
Semplicemente
gettò indietro la testa. E rise, come se al mondo non esistesse altro che quel
sentimento.
Come
se al mondo non ci fosse altro, oltre le mani che afferravano i suoi fianchi
sollevandoli.
Come
se al mondo esistesse solo Jack e la luce che sapeva portare con un semplice movimento
di bacino.
E,
dopo, sempre ridendo, accolse il buio.
(Doctor - Mme.dePompadour)
Le
stringhe scorrevano con un leggero fremito. E le vesti si aprivano come petali.
Seduta, in mezzo alle gonne, Renette le sentiva cadere, una alla volta. Le sue
unghie afferravano e graffiavano la schiena nuda del Dottore, il suo respiro
scaldava la pelle pallida, il viso.
La
spogliava con lentezza, un lampo serio nello sguardo, come se ogni gesto
bilanciasse la vita e la morte, il loro incontrarsi, come uomo e donna, giorno
e notte.
Come
se temesse la luce di quel corpo caldo e pieno, fatto di giovinezza ed estate.
E
Renette si lasciava ammirare, con dolcezza, esplorare, con le dita, con le
labbra, con gli occhi.
“Il
mio Dottore…” - sussurrò, afferrandogli il viso, con entrambe le mani,
guardandolo - “Il mio uomo dell’oscurità.”
Lo
baciò, con dolcezza. Ebbe l’impressione che chiudesse gli occhi, abbandonandosi
al suo sapore.
“Renette,
ti prego, non farmi questo…” - sussurrò, piegando la testa, la tempia sul suo
viso, lentamente, fino alla spalla - “Non spezzare questa oscurità… ti prego…”
Un
tempo infinito di solitudine e lontananza. Un tempo senza amore che si riempie
sempre di morte, qualunque cosa accada.
“Non
lasciarmi provare tutto questo. Lasciami andare…” - un sussurro, una preghiera
sottovoce, di disperazione.
Renette
sentì il cuore riempirsi di dolore. Ma comprese, comprese che l’amore, come la
vita, riserva amare sorprese, su ogni strada che venga percorsa. E, con un
sentimento che non avrebbe mai più ammesso con se stessa, capì che quell’attimo
d’amore le avrebbe dato luce, con un ultimo baluginio di una fiamma prima che
si spenga.
“Mi
dispiace…” - sussurrò, le dita sulle sue labbra, il tormento del suo respiro -
“Ma io ho bisogno di questa luce... perché illumini il mio cammino, fino alla
fine.”
Brucerò come una fiamma,
diverrò cenere, prima che giunga la notte. Ma tu, mio Dottore, mio Angelo,
porterai questa luminosità con te, nel buio, fino alla fine delle stelle.
Portami con te, portami con te al di sopra di questo cielo.
“Un
bacio non mi basterà…” - aggiunse, lasciando scivolare l’ultima veste - “Per
affrontare l’oscurità…”
3. Yin e Yang diminuiscono e
crescono
Sono complementari, si consumano e si sostengono a vicenda,
sono costantemente mantenuti in equilibrio. Però ci possono essere degli
sbilanciamenti che creano problemi; i quattro possibili sbilanciamenti sono:
eccesso di Yin, eccesso di Yang, insufficienza di Yin,
insufficienza di Yang.
(Doctor - Jack Harkness)
La
marea esiste anche tra le stelle. Di pulviscolo, luce, morte, onde che il nulla
sospinge verso altro nulla, lungo le traiettorie dei pianeti. Corpi che si
strofinano, attriti fuggevoli, calore che si espande da piccole collisioni e si
amplifica, irraggiando lo spazio di rosso e fiamme.
Il
Dottore chiuse gli occhi, afferrandosi con le mani all’intelaiatura del sedile,
piegando un braccio, allungando l’altro fino a Jack, fino ad afferrargli il
collo, la spalla, tirandosi a forza verso di lui.
La forza di Jack lo
riempiva, lo tormentava. Con gli occhi chiusi, la bocca distorta da un riso di
piacere senza nome, la decisione repentina di volere di più, di chiedere
ancora, fino all’anima, ben oltre a piacere e al sesso.
Le mani di Jack lo
penetravano, lo stringevano comprimendogli i reni, schiacciandoli senza pietà.
Il corpo era un’esplosione di dolore, pulsante e unico. Ma il Dottore si inarcò
ugualmente verso di lui, un braccio attorno al collo, la bocca ad afferrargli
la bocca, senza pietà.
E con occhi aperti, per
guardarlo, madido di sudore, con sfida, prima di chinarsi e morderlo, con
decisione, il collo, la spalla. E di nuovo la bocca, il viso.
“Non è mai abbastanza,
vero, Jack?” - ansimò. Il respiro si spezzava, la risata sembrava soffocarlo -
“Non lo è mai…”
“Non esiste nulla che
riempia questo vuoto.” - sussurrò Jack, chiudendo gli occhi, inarcando la
testa, accelerando il ritmo. La bocca del Dottore non conosceva misericordia,
le sue unghie sul petto tormentavano e ferivano - “Nulla... come questo…”
“No, Jack.. nemmeno questo
fa di un bicchiere vuoto uno pieno…” - si lasciò andare, riaprendo gli occhi,
fissando la cupola del Tardis, assoluta e dorata come una gabbia di solitudine
- “Puoi fare ciò che vuoi ma… questo non cambierà l’essere e il non essere, lo
svanire e il riapparire… la solitudine e l’amore…”
“Non è l’amore la risposta
della solitudine.” - ancora una spinta. E un sussulto, strozzato, a spezzare le
parole. Gli tese la mano, ansimando - “Non l’amore.”
La mano del Dottore afferrò
la sua. E Jack tirò, con tutte le forze che aveva ancora in corpo, cambiando
l’angolazione, di nuovo la marea del dolore a investirli.
E si prese la sua bocca,
senza lasciare andare la sua mano.
“Non è l’amore l’opposto della
solitudine.” - ringhiò, gli occhi nei suoi, i denti stretti fino a far
sanguinare le labbra - “Non…”
“Non importa.” - rispose il
Dottore, afferrandogli il viso, baciandolo - “Non ha importanza, se tu sei
qui.”
Perché l’opposto della
solitudine è adesso.
(Doctor - Mme.dePompadour)
Amore
è una parola che riempie l’anima. La invade, fino all’ultima cellula, come
miele. L’amore fa chiudere gli occhi per volare, fa dimenticare il profumo
delle fragole, fa scordare la luce del sole.
L’amore
fa dimenticare perché riempie ogni particolare di luce e fiamme, con movimento
lento a cadenzato.
Renette
gli cercò ancora il viso, la fronte, le mani tra i suoi capelli, l’assurda
impressione che il seno fosse cristallo destinato a sbriciolarsi.
Il
pulsare del basso ventre, ora, sapeva di pienezza, si irradiava con filamenti
destinati ad arrivare sino al cuore e ai polmoni. E le mani del Dottore, senza
una vera misericordia, non conoscevano sosta, bruciando sul loro passaggio, con
umido e morbidezza.
Gli
afferrò la schiena in una carezza, la linea magra della scapola, percorse
strade conosciute fino al viso, per poi tornare a scivolare lungo il torace.
Su
e giù, su e giù, mani a imitare la danza dei loro corpi, il lento valzer di due
stelle sconosciute e giunte a distruggersi.
Ansimò,
si strinse le labbra tra i denti, cercò ancora la sua bocca, la sua lingua
impertinente, i suoi occhi.
E
le sue mani incontrarono lacrime, gelandosi.
“Angelo
mio…” - sibilò, la schiena in un incontrollabile inarcarsi al suo volere - “Non
fermarti… lasciami entrare…”
“Renette…”
“Amami,
anche solo per un istante.” - ordinò, dolcemente, le mani a cancellare scie di
un dolore senza nome - “Amami e riempi di questo attimo ogni vuoto che temi.”
Amami,
perché non sono altro che una stella destinata a spegnermi nel pieno del mio
fulgore.
“Amami…”
“Non
chiedermi… qualcosa che hai già ottenuto…”
4. Yin e Yang si trasformano l'uno nell'altro
Ad un certo punto, lo Yin può trasformarsi nello Yang
e viceversa.
Morte - Vita
(Doctor - Jack Harkness)
Jack
era scivolato fuori dal suo corpo, con un solo passo. Con due, aveva trovato a
cosa sostenersi e lì si era appoggiato, respirando in maniera così ruvida da
essere udibile e disturbante. Il Dottore, immobile e in una posa non dissimile
a quella con cui lo aveva accolto, manteneva la testa inarcata e respirava come
se, da un attimo all’altro, potesse smettere.
“Mi
mancavi.” - ammise, chiudendo gli occhi e sorridendo.
“Grazie
del complimento.” - rise Jack, annuendo. Il Dottore era qualcosa che gli
scorreva nel sangue, come vita. Eppur era veleno, ossessione e morte, come un
uomo che si alza e viene verso di noi, con occhi neri e incomprensibili.
In
piedi, esposto, privo di un vestito o di una frase per nascondersi, era ancora
più spettrale e lontano. Eppure, passo dopo passo, Jack lo sentiva avvicinarsi.
Lo guardò giungere con lentezza, fermarsi posando una mano sul suo torace, come
se solo un sostegno o una barriera fossero gli unici motivi tangibili per
arrestarsi.
Sentì
quasi i suoi muscoli tendersi, il collo inarcarsi per trovargli la bocca.
Non
osò toccarlo. Sapeva di sudore, piacere, destino. E sapeva di lui, di Jack,
come se ne fosse impregnato fino all’ultima cellula.
È
morte, per me, perché sai succhiarmi la vita dall’anima.
Aprì
gli occhi, guardandolo. Il respiro continuava a mancargli, la vista si
sdoppiava. Ma c’era il Dottore e tutto sarebbe andato bene. Sbattè
le palpebre e gli sembrò di vedere un sorriso, quel sorriso enigmatico che
raramente concedeva.
“E
adesso?” - domandò, con un attimo di incertezza.
“Adesso
sarà come sempre.” - rispose il Dottore, piegando la testa - “Io ti lascerò
indietro.”
Questo
disse la sua bocca. Ma le sue labbra, su quelle di Jack, pronunciarono un’altra
verità, una verità in cui tutto si fondeva e tutto conosceva corrispondenza.
Vattene.
E torna. Dimentica. E ricordami.
Si
voltarono le spalle, raccolsero i loro vestiti, si nascosero nuovamente.
E,
quando Jack chiuse la porta, senza un saluto, il Dottore scivolò a terra e, afferrato
a uno dei montanti, la fronte al metallo freddo, lasciò cadere una lacrima.
Una.
Singola. Inspiegabile.
Come
rimpianto.
Come
stanchezza. Una, per quell’attimo di vita che, infine, era sempre e comunque
morte.
Morire
per te, Jack. Morire… e non poter morire
mai…
E,
con un suono simile ad un fischio, il Tardis svanì, come solo il suo
proprietario avrebbe voluto saper fare, per mai più riapparire.
(Doctor - Mme.dePompadour)
Erano
ancora assieme, con i loro corpi. Ma il Dottore era già altrove, con la mente,
con gli occhi.
“Sei
già fuggito…” - sospirò Renette, voltandosi, capelli biondi ormai scomposti su
entrambi - “Dove sei, ora…”
“Non
esiste un altro posto in cui vorrei essere…” - rispose, intenso, sottovoce,
senza mai smettere di guardarla negli occhi - “Renette, tutto questo non esiste
nel mio mondo, nella mia vita… tu sei la mia vita…”
Renette
sorrise. Ma la tristezza scivolò sui lineamenti, facendolo spaventare. La vita,
come il tempo, si sarebbe presa anche Renette. La vita, alla fine, avrebbe
lasciato cadere senza rimpianto quel sorriso tra le braccia della morte,
serbando per sé con feroce astuzia, soltanto il Dottore.
Tu
sei la mia vita… ancora una volta, il Dottore sapeva di riporre la propria
promessa in qualcosa di labile, fragile, intenso e ormai perduto.
Perduto,
anche ora.
“Renette
io, potessi, non vorrei mai lasciarti.” - aggiunse, in un sussurro.
“Lo
so. Ma la vita ci porta via tutto nell’attimo stesso in cui ci offre i suoi
doni.” - la sua mano era fresca, sulla pelle, sulla tempia e sulla guancia, un
desiderio di irrealizzabile di poter chiudere gli occhi e dormire.
Dormire.
“Devi
andare.” - insistette Renette, guardandolo. E, con infinita lentezza si
sedette, i capelli sulle spalle, la statuarietà
dell’essere priva di veli, bianca e calda.
Una
stella, pensò il Dottore, restando immobile ancora un attimo.
Una
stella e sfiorarla significa bruciare. E morire.
Tese
le dita cercandole la pelle. Ma Renette si riscosse, i capelli lontani, come lo
sguardo.
“Se
lo farai, sarà peggio.” - Rispose - “Peggio per entrambi.”
E,
poco dopo, sola nella stanza, Renette abbassò gli occhi verso le fiamme del
caminetto. E le guardò spegnersi, da rosse divenendo nere.
Yin e Yang rappresentano nel complesso le due forze
primordiali,
opposte ma complementari, presenti in tutte le cose
dell'Universo.
TAIJITU
(The doctor)
Respirò profondamente. E
l’aria fu dolce e calda tra le sua labbra. Come un corpo, come un suono, come
un malinconico pensiero.
L’ossigeno scivolò nel suo
corpo, riempiendo i polmoni, tendendo i muscoli, aprendo la mente. Poi, come
era venuto, scivolò via, come marea. E il Dottore restò immobile, sdraiato sull’erba
verde, nel profumo delle mele.
Sorrise. E, sulle sue
labbra, il vento sembrò posare un bacio.
“Mi sei mancata…” -
sospirò, gli occhi socchiusi, per captare solo un filo di luce.
“Immagino.” - rispose il
vento. Ma c’era una risata nel muoversi delle fronde - “Ma so anche che..
questa settimana…”
“Si, è vero.” - lo ammise,
senza vergogna - “E’ stato sudore, amore e assenza di fiato. Come lo
ricordavo.”
“Completezza.”
“No.” - Il Dottore scosse
la testa, palpebre socchiuse, mani che gli scivolavano sul corpo, come erba -
“Mai, senza di te.”
Riaprì gli occhi, il cielo
azzurro a turbarlo, nuvole sintetiche troppo veloci nel muoversi.
Possiamo riprodurre le
forme.. ma non sapremo mai afferrare l’unicità.
“Mi manchi.” - sussurrò. Le
braccia dietro la testa, il respiro lento, aria che esce, aria che entra - “Mi
manchi ogni giorno allo stesso modo.”
“Dimenticami…”
“Non posso.”
“Abbandona tutto questo.”
“Non lo farò. Per te.”
La voce tacque, il vento
cessò. E il Dottore senti il fiato divenire pesante, duro attraverso il proprio
corpo. E gli occhi si riempirono di fiamme, fiamme di distruzione e morte.
“Ritorna.” - una preghiera,
un attimo di incertezza - “Ritorna.”
Una foglia scivolò giù da
uno dei rami e cadde, colpendolo, sfiorandolo, sulla gola, sulle labbra.
E il Dottore ne respirò il
profumo più acre, le labbra turgide, un frutto appena colto.
“oppure …” - si interruppe.
Non esisteva un oppure. Era
un equilibrio, una non scelta, un uomo e una donna, vita e morte, il caldo che
diviene freddo, il vuoto che si riempie.
Un equilibrio di desiderio
e incertezza.
“E’ ora che tu vada.” -
sussurrò il cielo. E il Dottore si alzò, scendendo lentamente la collina, senza
voltarsi.
“Vai, lontano, oltre
l’ultima stella.” - aggiunse la voce. E la stoffa si compresse sulla sua
schiena, come in un abbraccio tardivo a mai concesso - “Ti attenderò sempre. Ma
invano.”
“Invano.” - rispose il
Dottore, la testa china, le chiavi del Tardis in mano - “Invano per sempre…
eppure sempre con me, Gallifrey. Sempre con me.”
(27 aprile 2008)