Tra Ragione e Cuore
I personaggi delle serie "Angel" e "Buffy, the vampire slayer", appartengono a Joss Whedon, la WB, ME e la Fox, l'autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.
*** nota dell'autrice: sono partita con l'idea di scrivere scegliendo tra un saggio per la sezione Coffee& Blood, oppure un capitolo breve per la mia saga. E non mi ci è voluto molto a capire che i due progetti volevano fondersi assieme. Per tanto, potete accettare questo brano che segue come un capitolo della saga di puro genere narrativo… oppure come una riflessione estemporanea su una piccole curiosità. Fate voi, io non mi offendo! E Buona lettura!
"Sei sicura che non abbiamo di meglio da fare?" - brontolò Faith, finendo di riempire una grossa coppa di pop corn - "Ti prego, Spike, andiamo a fare un giro…"
Aveva un tono implorante e lamentoso. E Spike si girò per vedere meglio questo ritratto di sofferenza, dopo aver posato meticolosamente altre due birre su un vassoio già stracarico.
"Cacciatrice." - mormorò, appoggiandosi al bancone - "L'osservatore è tuo. Siamo noi che possiamo andare via tutti mentre tu resti qui a fargli compagnia…"
"Bell'idea." - Si complimentò lei, con occhi fiammanti - "Magari lo lego e lo deturpo anche con la fiamma ossidrica… scherzavo, Cordy…"
Cordelia era spuntata dal sotto del bancone sfoggiando un'espressione inorridita che aveva dell'incredibile.
"Sul serio, Cordy." - Ripetè Faith, nel guardarla - "Scherzavo…"
"Ma spero bene!" - esclamò la ragazza, fermandosi nuovamente i capelli con un elastico - "Non sono cose che si fanno!"
spike aprì la bocca, pronto per ribattere. E faith gliela coprì, con una mano che sapeva di sale e granturco.
"Ti prego… qui, tu e Cordy, di sopra, Wes… dove vuoi che vada a nascondermi?"
Tra le sue dita, Spike emise un grugnito di assenso, lasciando con Cordelia terminasse di farcire qualche tramezzino.
Dall'ultimo piano si sentivano, attutite, alcune risate e gli accordi stonati di una chitarra.
C'era Lorne, e la sua voce ogni tanto sovrastava quel crepitio inconsulto di corde, accennando una strofa. E poi un'altra, casualmente.
E quando le canzoni degeneravano verso ballate un po' più esplicite, una seconda voce brillante e spudorata, dal vago accento irlandese, impostava il controcanto.
"Quei due si divertono proprio…" - disse Spike, voltandosi a parlare con Angel, che stava varcando la porta - "E Price? riesce comunque a studiare?"
"A dire il vero sta giocherellando con il caminetto.." -rispose Angel, prendendo il vassoio stracarico dalle mani di Faith - "Non avevo mai visto nessuno illuminarsi tanto per un'intercapedine abbattuta."
"Erano settimane che rimuginava." - si intromise Faith - "Ha contato i comignoli così tante volte da farmi venire la nausea. Era inevitabile che prima o poi lo trovasse…"
"Certo!" - Spike afferrò alcuni piatti - "ma tutto si può trovare, se si schiavizzano due vampiri e li si obbliga a spostare le scaffalature in un terzo della biblioteca…"
"Adesso è veramente molto inglese…" - Cordelia appariva soddisfatta per quella scoperta. Si era dimostrata abbastanza entusiasta da impugnare lei stessa il piccone per abbattere la parete, una volta appurato realmente il posto.
In effetti nella frase di Cordelia c'era un verbo sbagliato, pensò Spike, entrando. Cordy avrebbe dovuto dire: "Adesso sarebbe molto inglese, se non fosse per il mio uomo irlandese ed il suo amico verde…"

Forse non l' aveva detto, ma bastava vederle lo sguardo per sentirlo ugualmente…

In un soffio era giunto novembre. E la pioggia infinita di settembre si era mutata in freddo temporale.
Per quanto il clima di Los Angeles non fosse lontanamente quello duro e umido della sua infanzia londinese, faceva freddo. Ed il caminetto, oltre ad essere coreograficamente non disprezzabile, aveva una certa utilità.
Anche se per alimentarlo, con grande disperazione di Cordelia, avevano abbattuto una palma del cortile.
L'odore che si sprigionava era dolciastro, ma non fastidioso.
Doyle aveva trascinato un vecchio tavolino Chippendale sul tappeto, di fronte alle fiamme. Probabilmente per posare il bicchiere ed i propri piedi, e non tutte le vivande che ora la sua dolce metà stava accatastando.
Rinunciò per tanto alla comoda posizione, con le gambe allungate. Visto che la compagnia era ormai riunita, rinunciò anche alla chitarra con cui giocava, pizzicando talvolta le corde in assoluta incoerenza.
Anche Lorne era stato felice della scoperta del caminetto. Ed ora, beatamente in piedi, stava inaugurando la mensola con un gomito.
Per cui, quel pomeriggio inoltrato, tranquillamente riuniti e pigramente accampati, festeggiavano quella meraviglia di altri tempi, riapparsa inaspettatamente da dietro una libreria ed una frettolosa parete di cartongesso.
Non c'era voluto molto per riportare il caminetto al suo stato ottimale. La canna fumaria non era ostruita e il legno delle modanature era stato misericordiosamente risparmiato dai tarli.
E Wes, seduto a gambe incrociate sul suo tappeto, con le spalle al tavolino da cui tutti attingevano, famelici, contemplava quelle fiamme e quel focolare che, con orgoglio, riteneva suo di diritto.
Tutto attorno, quasi a dimostrare come il caminetto fosse parte della sua cornice ideale, libri e appunti, accatastati uno sull'altro.
"Allora, Price, con cosa ci delizi?" - lo punzecchiò Spike, accomodandosi nella poltrona lasciata libera da Angel.
"Hai voglia di annoiarti?" - rispose distrattamente l'Osservatore, inforcando gli occhiali e allungandosi a prendere un quaderno in pelle.
Un quaderno come il mio, considerò il vampiro biondo, guardando la rilegatura e la calligrafia sottile e nervosa che traspariva dalle pagine. Anche Wes aveva l'abitudine di annotare le considerazioni, questo era risaputo.
Ma ben poche volte aveva sfoggiato la confusione tipica del ricercatore, fatta di volumi aperti e pile e pile di quaderni.
"Sul serio,Wes, cosa hai in mente?" - domandò Doyle, guardandolo, intento a sfogliare le sue scartoffie. Conosceva parecchi degli argomenti contenuti in quel plico. Provava un vero piacere ad entrare silenzioso in quella biblioteca perennemente in penombra per ascoltare le sue teorie - "Per una volta che ci hai tutti qui…"
"O quasi." - lo interruppe Lorne, movendosi a malincuore - "Purtroppo la gloria ed il successo mi attendono….Wes, mi raccomando…"
"Tranquillo." - rispose di rimando l'uomo, con un sorriso - "A loro non lo dico di certo…"
"A loro chi? E non dire cosa?"
In quanti avevano pronunciato quelle due domande, accavallando una voce sull'altra? Angel, meno curioso di indole, scosse la testa rassegnato. Uno scambio di battute del genere poteva solo attirare tutte quei pettegoli come un barattolo di miele scordato aperto.
Lorne fece un cenno di saluto a tutti loro e scoccò un sonoro bacio sulla guancia di Cordelia. Era un periodo decisamente congestionato di impegni, per il povero lettore di anime. Faceva brevi e vivaci comparse all'Hyperion per poi tornare a volatilizzarsi con una scusa o una motivazione sempre accettabile.
"Allora? Staremo qui a non dirci nulla ancora a lungo?" - borbottò Faith, allungando nuovamente una mano verso il piatto dei panini.
Si sentiva scorbutica. Come una con un livido di troppo.
Wes la squadrò, con sopportazione. Negli ultimi tempi la sua Cacciatrice era decisamente ombrosa. Il Consiglio, con la ricomparsa di Buffy, era tornato alla ribalta. E c'era da domandarsi quanto tempo sarebbe passato, prima che decidessero di passare all'attacco.
Quentin Travers era giunto a Sunnydale mancando di un soffio Spike, Doyle e Faith.
Era piombato a casa Summers cercando di arrogarsi diritti che non aveva.
E per quanto, al momento, le sue fossero ancora insinuazioni senza fondamento, Wes, in cuor suo, iniziava desiderare di trovare al più presto una soluzione al problema.
Studiando.
Ricercando un particolare. Qualcosa che ponesse Faith all'interno delle leggende come molti di loro.
Mettendola nelle mani del destino, non sarebbe più stata nelle grinfie del consiglio.
Scosse la testa, pensieroso, abbandonandosi ad un sospiro.
"Premetto che" - esordì, sfogliando pensieroso i suoi appunti - "in quello che ho scoperto non c'è assolutamente nulla di scientifico."
"Cominciamo bene…" - sospirò Spike - "Angel, tu ti definisci scientifico?"
"Non penso che sia una definizione che mi si adatti…" - sorrise l'altro, occupando il posto di Lorne.
"Comunque…" - riprese Wes - "Non contento di ciò che ho scoperto confrontando le varie leggende in nostro possesso e metà del nostro patrimonio esoterico, ho pensato di tornare alle origini. Ovvero alla teoria dei Prescelti, quella che afferma che… che si possono scegliere le azioni, ma non i ruoli."
L'occhiata con cui Spike trapassò Doyle era decisamente eloquente. Ma l'irriverente irlandese tenne ugualmente lo sguardo fisso sull'Osservatore. In attesa.
Westley riusciva ad affascinarlo con ragionamenti sottili e inaspettati, sollevando dai libri lo sguardo finalmente illuminato della soluzione.
A Doyle capitava spesso di sorprenderlo con quella luce negli occhi, seduto alla scrivania, la matita tra le labbra.
I libri, con il loro profumi, sembravano dargli una sicurezza che non sempre traspariva in lui. Un assenza di disagio, di preoccupazioni…
Wes aveva un mondo segreto. E talvolta vi si rifugiava, a caccia di risposte per tutti.
"Dicevamo." - si ripetè ancora Wes, allungandosi a prendere un libro - "Se è vero che tutti noi nasciamo predestinati, allora devono esserci sin dall'inizio dei segni. Dei marchi. E dando per scontato che dovremmo risalire indietro minuto per minuto fino alla nascita per metterli tutti assieme, ho deciso di iniziare dall'aspetto più semplice…."
"Taglia corto, Wes." - esclamò Cordelia - "Inizio già a non seguirti."
"Mi riferisco al nome di battesimo, Cordelia." - accorciò Westley, guardandola fuggevolmente - "Ci sono moltissimi studi di fonetica e altro genere ancora, proprio riguardo ai significati dei nomi, lo sapevi?"
"Mi stai dicendo che il mio nome ha un significato come, che so, quelli indiani? Tipo Toro Seduto o Fiore nel deserto." - domandò nervosamente la Cacciatrice, infilandosi in bocca un'altra manciata di pop corn
"O Paletto Fulmineo." - concluse Spike - "Oppure Balestra Insensibile…"
"Avanti, sfotti pure… Chiodino…"
"Tralasciando i commenti di Mannaia Gentile." - proseguì il vampiro, magnanimo - "Devo ammettere che questo discorso si fa interessante. Per cui, Price, spara qualcuno di questi significati. E stupiscici."
"Mi sento in dovere, prima di iniziare, di ammettere che il merito di queste scoperte non è tutto mio. Doyle mi ha aiutato parecchio e mi ha indirizzato, per quanto possibile. Per tanto…"
"Taglia corto, Wes."
"per tanto taglio corto." - Annuì rassegnato, pulendosi gli occhiali nel lembo della camicia - "Il primo è il nostro Angel…"
"E qui non abbiamo dubbi. Lui è l'angelo giustiziere…"
"Esatto, Spike, sarcasmo a parte. Non ci voleva molto ed è stato il motivo per cui mi sono orientato in queste ricerche. Angel è sinonimo di protezione. Ed il suo nome, dal greco, significa anche Messaggero, colui che annuncia.
In un certo senso Angel, con la sua comparsa, ha portato l'apertura di una nuova era, abbandonando le tenebre e divenendo il Paladino della luce…"
"Sei tutto questo?" - chiese Spike - "E pensare che io ti ricordo giovane e spensierato tra i tuoi massacri… come sono vecchio…"
"Angel è tutto questo e più ancora." - aggiunse Wes, senza voltarsi a fissare il silenzioso amico, in piedi alle sue spalle. Poteva immaginare l'imbarazzo che stava provando. Sapeva essere consapevole del suo ruolo. Ma non poteva ammettere con se stesso l'importanza di quello che stava facendo.
Per Angel era Redenzione. Ma per tutti loro era leggenda.
"Del resto si potrebbe pensare che la sua missione sia iniziata quando Darla ti ha vampirizzato. Eppure già il tuo nome di battesimo, Liam, come quello di Spike, ha un significato ben preciso."
Adesso la cosa era interessante. E basilare. Spike si raddrizzò e si sporse, per fissare l'Osservatore.
"La vostra coincidenza di nome, permettetemi il gioco di parole, non è una coincidenza. E andrebbe anche analizzata meglio, a mio avviso… ma ci arriveremo." - Wes stropicciò alcuni fogli, fino a pescarne uno preciso - "William, e quindi la variante Liam, derivano dal tedesco WILLIHELM. La traduzione conosce qualche variazione, ma il senso non cambia… "uomo protetto dalla volontà", "volontà che protegge", oppure "colui che vuole protezione". Si può adattare a ciò siete senza nemmeno troppa elasticità… le due parole dominanti sono…"
"Volontà e protezione." - ripetè Spike, tornando a sedersi, rilassato. Mentre Angel, spostandosi, veniva ad incrociare le braccia dietro il suo schienale - "Hai sentito, Flagello? Price ha dovuto fare ricerche per scoprire che siamo testardi e possessivi."
"Possessivi? Vorrai dire protettivi." Lo corresse Angel, chinando la testa. E beccandosi una stoccata cerulea - "Hai ragione. Sono possessivo."

"E proseguiamo…" - adesso che iniziava a entrare nel denso della conversazione il suo tono era più imperioso - "Veniamo al soprannome, Spike."
"Questo so benissimo cosa significa, me lo sono scelto!"
"Allora non ti interesserà sapere che in simbologia il chiodo ha una sua rilevanza. Piantarlo in una statua, presso alcune religioni africane, significa invocare protezione e non ha significato malevolo. E questo è solo uno dei significati. L'ultimo, cronologicamente parlando, definisce il chiodo come sinonimo di azione ed intenzione."
"Fico…"
"Grazie del commento." - replicò, distrattamente, sfogliando le pagine - "mantenendo un ordine logico, si può parlare di Darla e Drusilla…"
"Perché!" - esclamò Cordelia, - "cosa ci può importare di quelle due!"
"A me importa." - replicò quieto Angel. Darla e Dru erano parte di lui, ancora, intimamente. Una la madre e l'altra la figlia.
Impossibilitato ad escludere la loro importanza in questa lunghissima partita che era la sua vita.
"Darla, significa 'Tenera Amante'… E Drusilla… 'Di grande bellezza'"
Questi sono proprio azzeccati, ridacchiò Spike, seguito da un cenno di sorriso del vampiro bruno. Erano nomi che definivano , in effetti, la caratteristica intrinseca che avevano sempre manifestato. Angel riflettè per un istante, su questo semplice studio, comune quasi da essere dato per scontato.
Darla, una tenera amante… lo era stata, eccome! E Dru… la sua bellezza li aveva ossessionati entrambi, irretendoli in un gioco in cui l'ultima parola sembrava spettare sempre alle stelle ed alle bambole dagli occhi di vetro.
Wes sfogliò le pagine, alzando la testa interrogativo - "angel, sai se fossero dei nomi che si erano scelte o se ne avevano altri?"
"Purtroppo no." - Angel scosse la testa - "Darla non me lo disse mai. E Dru… non me ne sono curato. Può darsi ne avesse un altro, Elisabeth… ma non ne ho mai avuto la certezza."
"E' possibile…" - sussurrò Doyle, assorto - "Elisabeth deriva dall'ebraico Elisheba. Significa 'Dio è il mio giuramento'. È un significato che ben si adatta a Dru…"
E fu allora, con quelle parole, che Doyle ebbe un'intuizione. E comprese, con un attimo di orrore, che il crimine di Angelus era stato ben peggiore di quanto potesse immaginare. Non aveva ucciso Dru per distruggere la sua purezza. Egli, in quell'istante… aveva colpito il bene ed il male, privandoli entrambi....
La sua mente si rifiutò di proseguire. Ora la follia di Dru era tragicamente motivata.
E doyle si sentì strangolare dalla paura. Una verità troppo grande…
Nascose quella verità. La ingoiò, come un boccone troppo amaro. E pregò, come non faceva da molto tempo, pregò perché mai, quell'attimo di orrore , si ripresentasse, all'interno di una visione.
"Comunque, visto che Angel non ne è certo." - concluse, protendendosi ad afferrare una birra non più tanto ghiacciata - "Se Angel non si ricorda non vedo perché insistere. Andiamo avanti. Ad esempio, il tuo nome, Wes…"
"Il mio nome è perfetto." - replicò, modesto, incrociando gli occhi chiari del demone - "Significa Spirito Prospero…"
"Vero… decisamente perfetto…"
"Attento Wes, il vampiro biondo ti sfotte…"
"Ti dirò Faith… me ne ero accorto…"

"Spirito prospero… questo si che è un nome da capo Sioux…"
"E Giles?" - chiese Cordelia. Si era accoccolata vicino alla poltrona di Doyle e adesso lasciava che le tormentasse il collo con dita fredde.
"non giles, ma Rupert. Solo il nome di battesimo. Significa luminoso… o illuminato. In entrambi i casi è sinonimo di sapienza…"
"Oppure divinità…" - commento Spike, sarcastico. Prima di tornare serio - "in ogni caso, nel sistema dualistico della lotta tra bene e male, la luce sta a significare bene. E nelle religioni iniziatiche, ed inizio a pensare che il Consiglio sia una setta del genere, la luce che discende tra le tenebre è sinonimo di lotta contro il male.. nell'induismo è sinonimo di sapienza…"
sarebbe andato avanti nel suo elenco se non si fosse reso conto che lo stavano tutti fissando allibiti.
"Bhe?" - li provocò, digrignando i denti - "Ancora con questa storia che sono un ignorante e bisogna strabiliarsi ad ogni sfoggio di cultura? guardate che, tra me ed Angel, è lui il campagnolo ignorante. Ahio!"
Si massaggiò la nuca, inarcando la testa per vedere in faccia il suo sire.
"Hai poco da picchiarmi, Flagello! Verrai dal paese delle fate, ma io sono un londinese di cultura ampia e cosmopolita! Ed è inutile negarlo."
"Mai messo in discussione questo punto." - commentò l'altro, provando il desiderio di rifilargli un altro scappellotto - "Ma vorrei una correzione sul campagnolo ignorante."
"Certo, certo, tanto l'eroe sei tu…" - brontolò Spike - "non si può dirti nulla, perché hai la luce, la predestinazione e la missione dalla tua parte…"
"Come mai sai tutte quelle cose sulla luce?" - domandò Faith, guardandolo.
E spike la squadrò, seduta sul tappeto e intenta a tormentarsi una ciocca di capelli.
"Perché so leggere…" - replicò, freddamente, arroccandosi sulle sue posizioni. Non gli andava di spiegare come fosse tutto un rimpianto, un rimpianto per la luminosità dell'universo. Dall'ombra aveva contemplato, per anni, albe e giorni lucenti, domandandosi se l'uomo fosse veramente capace comprendere che quella era l'unica cosa che separava la vita dalla morte. La luce, contemplata dalle tenebre, era un gioiello troppo lontano e troppo prezioso per non divenire parte di forti utopie - "Non ci vuole niente a sapere queste cose. Scegli un libro a caso qui dentro e sfoglialo."
"e su questo argomento, io saprei anche consigliarti…"
"No, grazie, Spirito Prospero. Va benissimo così, raccontami…."

"Proseguiamo con te, allora, Faith. Il tuo nome significa fede…. Oppure cuore fiducioso."
"Allora il mio è il nome con il significato sbagliato. Doveva esserci un'eccezione a confermare la regola…"
"Io non ne sarei così sicuro…" - replicò Wes, trapassandola con un'occhiata. E penetrandole dritto nell'anima - "Il tuo problema è un cuore fiducioso troppe volte tradito. Se veramente non ti importasse di nulla come dici, non saresti così triste…"
Faith si morse le labbra, cercando di non respirare per non dare sfogo all'agitazione. Abbassò lo sguardo, per la vergogna.
La voce di Wes era risuonata limpida, diretta e faith, disperatamente, la sentiva ancora risuonare nella mente, cercando una punta di ostilità.. una leggera intonazione che le permettesse di offendersi e non di chinare il capo, consapevole.
Fu un attimo, un vento gelido di sorpresa, ed una brezza leggera di preoccupazione.
Nel silenzio.
Un attimo di silenzio, quanto bastava a Spike per chiedersi se l'Osservatore non meritasse un naso rotto per quella sua insostenibile franchezza.
Ebbene sì, l'avrebbe picchiato per quella sua dannatissima dote. E soprattutto per quella verità che sembrava essergli sgorgata dritta dal sentimento più puro di umana comprensione.

Faith non rispose.
E Wes la fissò, con una punta di rammarico per quella frase venutagli fuori dal cuore. per Faith l'amore era una ferita insanabile, sempre pronta a riaprirsi. Ferita dalla vita e ancor di più da insperate gentilezze.
La contemplò, con i lunghi capelli attorno alle guance, mentre Doyle le accarezzava la testa fuggevolmente, protendendosi sopra Cordelia.
"Faith…" - mormorò, contrito, posando una mano sul tappeto - "Ti va di venire a sederti qui con me?"
non si aspettava realmente che lo facesse. E forse l'avrebbe stupito di meno vederla alzarsi per uscire da quella porta.
Invece, quando sentì il suo calore a fianco, la cinse con un braccio, possessivamente, senza una parole.
Lasciando che, dopo un istante di rigidezza, si rilassasse, posandogli la testa sulla spalla, per sbirciare il quaderno.
Erano stati molto vicini, da quando era tornata da Sunnydale e dai suoi incubi. Qualunque cosa fosse stata tra lei e spike, sembrava ormai appianata e scordata.
Eppure restava qualcosa in lei, qualcosa di informe e pauroso che talvolta l'assaliva. E la spingeva a venire da lui, ad addormentarsi nella biblioteca, sul tappeto. Faith cercava ancora qualcosa, che non poteva ammettere. E Westley Whydam Price era la sua guida.
"e Cordelia?" - chiese, buttando un'occhiata ai fogli.
"Ti dirò, Faith. Se proprio si doveva avere un'eccezione, direi che è il nome di Cordy… per quanto abbia cercato, ne ho trovato solo uno. Significherebbe Gioiello del mare… ma non ha senso…"
"Come sarebbe non ha senso!" - Cordelia scattò, posandosi le mani sui fianchi, come se uno spasimante le avesse appena detto che era mal depilata - "E' un bellissimo significato. E non mi importa se non è impegnato come i vostri, perché è splendido!"
era decisamente inviperita. E non propensa a farsi rabbonire.
"Principessa, aspetta…"
"Perché? Vuoi cambiarmi il nome? Non se ne parla nemmeno! Scordatelo!"
"Cordy, se mi lasci parlare, posso dirti che Wes ha sbagliato…"
"Certo! Io spero di no, perché a me piace, questo significato! E non vedo perché dovrei essere vincolato al destino, se al destino non credo…"
"In effetti potrebbe essere questa la spiegazione!" - azzardò Westley - "non è trascurabile, questa sua mentalità… e poi non credo proprio di aver sbagliato…"
"Wes, credimi… Cordelia può significare Colei che ha cuore…" - insistette Doyle, sovrastando tutte le voci.
"Ne sei certo?" - westley si era illuminato. Si gettò a capofitto sotto il tavolo, per afferrare la penna - "Ne sei veramente certo?"
"Direi di sì… è dal latino…"
Cordelia era rimasta senza fiato. Le guance le si erano imporporate.
"Mi piace… mi piace più dell'altro…" - balbettò, mentre la bocca le si inarcava in un sorriso - "Dio, quanto ti amo!"
Gli era saltata addosso, cingendogli il collo con le braccia. E baciandolo, con una furia passionale tale da mettere a rischio le sue coronarie.
Attenta, commentò Spike, inizia a gonfiargli la vena sul collo…
"Grazie." - ripetè Cordy, interrompendo il contatto, con uno schiocco - "Grazie."
"Non ti ho fatto un regalo." - commentò ansimando Doyle - "E' il tuo nome. L'hai dalla nascita…."
"Sarà. Ma adesso è meglio." - annuì convinta - "e dimmi un po', da quando conosci il latino?"
"domanda lecita." - incalzò angel, sorprendendoli tutti - "Dopotutto non sei anche tu un campagnolo ignorante della terra delle fate?"
"Ancora con questa storia? Flagello, sarai un eroe, ma non conosci l'ironia…" - Spike si accese una sigaretta, imbronciandosi.
"Infatti non lo conosco…" replicò candidamente doyle - "Ho un buon amico che ogni tanto mi racconta degli aneddoti…"
"E gli hai parlato di me?"
"Ovvio." - il demone sembrava quasi stupito di quell'ovvietà - "Sono poche le cose che non gli racconto…"
" come mai non lo conosco?" - chiese la ragazza, inquisitoria e minacciosa.
"Lo conoscerai." - ribattè Doyle, cingendola e donandole ancora un bacio dagli occhi brillanti - "Tornerà presto…"

"Si, certo. E non usare baci per corrompermi!" - ribattè Cordelia, sedendosi e fingendo di essere irritata - "scommetto che il tuo nome è Piccoletto dagli occhi brillanti…"
"Non proprio…" - Wes appariva vagamente perplesso - "vedi, Cordy, Doyle è il pezzo forte della serata…"
"Come sarebbe a dire, il pezzo forte?"
"è il sogno di ogni ricercatore. Nel suo caso… bhe, come dire… nel suo caso c'è un significato per ogni parola…"
"Cosa intendi, per ogni parola?" - domandò Angel. Doyle non gli appariva per niente colpito.
Anzi, quasi rilassato, come se fosse tempo che attendeva quella scoperta.
"Intendo dire che c'è un significato anche per il secondo nome e per il cognome… ed è inconcepibile!"
"Se la smetti di borbottare, potesti anche dirci questa scoperta da Nobel…"
"Ti accontento, Spike. Francis Allen Doyle… Francis, dal tedesco, significa uno e libero, Allen sta per ridente e Doyle… Doyle sta per Cercatore di Luce."
E a questa frase seguì un silenzio rotto solo dal crepitio delle fiamme.
E fu proprio il Fenomeno a interromperlo.
"Allora? Nessun commento?" - domandò, allungandosi a prendere un ennesimo tramezzino.
Non c'erano commenti.
Assolutamente nessuno.
Ognuno sembrava dover assorbire quell'informazione a modo suo.
E fu Angel a riprendersi, guardandolo.
"Lo sapevi, vero?" - domandò, lentamente, intrecciando le mani. Mentre Doyle, tornando ad adagiarsi comodo nella poltrona, ricominciava a giocare placidamente con il Claddagh.
"Da sempre." - replicò, essenziale, con un sorriso - "Ed anche non l'avessi saputo, non mi avrebbe di certo stupito.
Mia madre era decisamente un tipo da queste cose..."
"C'è solo una cosa che non capisco." - mormorò spike, seguendo con la coda dell'occhio Wes che aggiustava alcuni appunti sfogliando un testo - "Tra i tre significati, quello che definisce il tuo ruolo è il cognome. E non il nome..."
"in effetti hai ragione. Ma anche in questo caso la risposta è semplice." . rispose garbatamente Doyle - "Solo che non puoi saperla."
"Lo sapevo..."
"Mi spiace, Spike." - aggiunse - "Ma amo troppo la mia privacy..."
"Di certo tu sei quello maggiormente intrecciato con il destino." - aggiunse Faith.
E Doyle la fissò, stranamente.
"E' una definizione interessante." - mormorò. Osservando Wes che si girava, a contemplarla.
"Lo è veramente." - commentò, attento. Faith aveva centrato il particolare fuggente - "Dopotutto Doyle non è un demone comune"
"Grazie tante."
"Ma è intrecciato con la linea umana, ed indubbiamente ricopre incarichi unici." - Wes annuì, convinto, scarabocchiando ancora un'annotazione - "cercatore di luce..."
"Non ti immagini quanta se ne annida nell'ombra." - commentò Doyle, levando lo sguardo verso Angel.
Ai suoi occhi il vampiro era ancora la fiamma insaziabile che gli avevano detto di cercare nei sobborghi di Los Angeles. L'eroe nascosto sotto la propria cenere, l'uomo che ancora palpitava in lui... luce pura.
Ed ali piene di luce...
L'Angelo...

"E passato il colpo di scena.." - riprese allegramente - "Andiamo tutti a dormire?"
"A dire il vero, sul foglio c'è ancora una lista di nomi..." - commentò Faith, sporgendosi ad indicarli. Wes la teneva ancora stretta e, indulgente, spostò il foglio perchè leggesse meglio - "Sono i ragazzi di Sunnydale..."
"Sentiamo..." - disse spike, con gesto magnanimo della mano. Per quanto non lo desse a vedere, la sua mente macinava veloce le informazioni cercando di collocarle in quel gioco di equilibri che per poco non gli era costato la vita e le due Cacciatrici. "Abbiamo un po' di tutto." - commentò Faith, alzando solo un attimo gli occhi - "Xander è il diminutivo di Alexander, cioè protettore degli uomini... caspita c'è da stare tranquilli.. poi c'è Anya, che significa Graziosa.. oppure Grazia.."
"Nel senso di favorita da Dio..."
"Fa lo stesso, intanto si è beccata Harris...il che non fa di lei una favorita... a meno che non lo riferiamo al fatto che adesso è di nuovo demone e single...ragazza fortunata..."
spike preferì non commentare. Di colpo, si augurò anche di non arrossire.... sul fatto che Anya fosse graziosa non si poteva discutere. E riguardo al Favorita... gli venivano in mente alcune risposte... ma era meglio lasciar perdere...
"Attento..." - sussurrò impercettibilmente Angel - "Inizieranno ad arrossirti le orecchie..."
Spike alzò la testa per fissarlo, irritato.
"Come vedi, anch'io so fare della facile ironia..." - aggiunse, con un sorriso sarcastico. E vincente, ammise a malincuore Spike.
"Buffy, se veramente si chiama Buffy e non Elisabeth come nega sempre." - proseguì Faith - "Significa dal prato..."
esitò un attimo, prima di voltarsi, con espressione critica.
"Allucinogena come l'erba?" - azzardò. Con un sorrisetto, nel sentire le risate dei presenti.
"potrebbe essere una buona teoria." - commentò Wes, ridacchiando e guardando l'espressione divertita di Angel. Piena di autoironia - "Ma io penso che si possa andare per approssimazione. Come hai fatto notare tu, potrebbe chiamarsi Elisabeth. Ma se così non fosse, questo nome, Buffy, potrebbe essere un'allusione diretta al colore verde.
E, a quel punto, la simbologia si spreca. Il verde è il fiorire della speranza, la salvezza. Il verde smeraldo è il rimedio alla malattia, alle debolezze umane... ma può significare anche immaturità... oppure può indicare il lato del cuore in cui risiede la vita pulsante... ma qui ci addentriamo in troppe teorie tediose..."
"oh, se ne è accorto da solo..."
"Spike..."
"Si, lo so... taci Spike. Lo so. taccio."
Wes lo guardò, in un sorriso sorpreso.
Era vero. Lo diceva sempre...
"Bravo." - Si complimentò, senza contraddirlo.
Il peso di Faith era piacevole, come il buffo solletichio dei suoi capelli. Gli stava accoccolata a fianco, con le gambe ripiegate… ed era un tepore nel cuore, più ancora che sul petto.
"In ogni caso, la questione Buffy Summers è spettanza di Giles." - commentò, improvviso - "Mi spiace per lui se ha una Cacciatrice tanto complicata, ma se la sa cavare."
"Del resto, lui è la luce che discende tra noi..."
"D'accordissimo con te. L'Illuminato si occuperà al meglio di tutto ciò e ci farà sapere." - Wes girò la pagina, tirandosi ancora più vicino la sua cacciatrice - "Andiamo avanti."
"Restano tre nomi: Willow, Tara e... e Kate."
Faith alzò la testa, sorpresa. E nei suoi occhi sentì riflettersi la sorpresa di Angel.
"Kate?" - ripetè lui, senza accorgersi quasi di averlo fatto.
"Tutti quelli che hanno a che fare con te potrebbero essere..." - iniziò Wes. Prima di tacitarsi da solo - "A dire il vero, l'ho scoperto per caso... e ho pensato potesse interessarti. Significa Purezza, Angel."

Purezza... chissà perchè non me ne stupisco. Kate, la purezza.
Forse è realmente così.
Kate è la purezza della mia vita.
E nemmeno il mio marchio ha potuto macchiarla....
Il sollievo fu enorme.
Sentì il suo corpo rilassarsi, come se una grande tensione lo abbandonasse.
Non c'era nulla che veramente confermasse quel sollievo. Era solo una teoria strampalata, frutto del tempo libero di un amico.
Non era altro.
Oppure, paradossalmente, riflettè Spike, percependo quella gamma d emozioni, pochi centimetri sopra la sua testa, si tratta di un altro tassello a posto...
E la cosa non mi dispiacerebbe affatto...

"Tara significa Colei che compie" - stava dicendo faith - "e Willow… willow significa Salice..."
"Ed il salice è una pianta paragonabile alla fonte della sapienza, che allontana ogni male, ed i demoni. Ma c'è anche un'altra tradizione che lo ritiene un simbolo funebre... per via dei rami pendenti..."

Un simbolo funebre... Doyle ripensò, con un brivido, alla visione di tara, in un mare di sangue. Tara era colei che compiva.... cosa? Perché? Doyle poteva averne una vaga idea, ma non la certezza.
Non era il pensiero di Tara a spaventarlo. Era Willow che lo atterriva. Un salice piangente... per un attimo gli sembrò di vedere chiaramente le lacrime di Willow divenire nere, scaturire da occhi malvagi...
"Un salice..." - anche Spike stava seguendo un pensiero analogo. L'affermazione di Wes gli aveva provocato un brivido inspiegabile. Come se la tempesta già incombesse su di loro - "In effetti Buffy era sepolta sotto un salice.. ed un salice l'ha riportata indietro.. dannazione, che gioco di parole idiota..."
"Io non ne sarei così certo." - replicò Doyle, guardandolo. E ricordandosi come fossero stati compagni di viaggio in quella paradossale avventura dentro le anime della cacciatrici - "Ma ritengo sia meglio fermarsi qui..."
"Perchè la ruota del destino gira più veloce, se ne comprendi il meccanismo?" - domandò Spike. Gettandogli un'occhiata che la diceva lunga sul fatto che avesse tratto da quella serata alcune debite conclusioni.
Era pericoloso andare a caccia di questa verità... ed in quella stanza ne erano tutto rabbiosamente consapevoli.
Desideravano risposte che non potevano ascoltare. Saperle avrebbe fatto precipitare gli eventi.
Dovevano attendere.
E speravano di avere a lungo la pazienza che stavano dimostrando.

"Manca solo Dawn..."
"Ma qui non c'è..." - rispose Faith, inclinando il quaderno, per mostrare una pagina bianca.
"Westley, non hai dimenticato un pezzo grosso della partita?" - chiese Cordelia, iniziando a radunare i resti dello spuntino - "Non mi sembra che dawn sia proprio facile da dimenticare..."

Soprattutto perchè non potremmo ricordarla.
Come fai a dimenticare chi non ricordi?

"Gli appunti su Dawn sono in un altro quaderno..." - spiegò Wes, allungandosi ad afferrare un plico rilegato - "Ma anche nel suo caso, il gioco sembra riuscire. Cosa non stupefacente... dopotutto. Dawn è stata progettata a tavolino dai monaci. E le mie conoscenze non possono competere con le loro.
Hanno creato dawn come una scatola cinese, difficilmente può bastare una vita per arrivare a capo del mistero. Il suo nome, in ogni caso, ha un bel significato. Dawn sta per Alba del giorno. E simbolicamente, la chiave è il potere di sciogliere o legare. Nella rappresentazione del Giudizio Universale, poi, sarà una chiave a permettere di chiudere il diavolo in un abisso per mille anni."
"mi stai dicendo che briciola avrà un posto in prima fila nell'apocalisse?"
"Geloso, vampiro?" - domandò Faith - "La pupilla ti surclassa?"
"Tranquillo William, con i tempi che corrono, lasceranno qualcosa da fare anche a te..."
"Ma la piantate voi due?" - domandò, gemendo - "Ma ce l'avete con me?"
"Ohhh" - Cordelia sbuffò, alzando gli occhi al cielo - "potresti aiutarmi al posto di continuare a piagnucolare..."
"Piagnucolare io? Senti un po', tu! Trattami bene, sono un vampiro prezioso, io!"
"Addirittura…"
"E non metterti anche tu, Sgherro delle Alte Sfere."
"Carino…mi piace! Più adatto alla mia indole… meglio di Cercatore della luce…"
Si interruppero. E lo fissarono. Doyle era felice e appagato da quella descrizione così poco lusinghiera del suo stato.
E quel che era peggio… stava sorridendo.
"Ma come ci riesce!" - Spike si grattò furiosamente la testa e lo indicò, esasperato - "Qualunque cazzata dica, di colpo pendiamo tutti dalle sue labbra! Io…io non ci posso credere, con lui tra i piedi non si riesce nemmeno a litigare!"
era disperato.
E Doyle, più lo guardava, più rideva.
"E tu sapessi come serve con le ragazze…" - ribattè, difendendosi dai colpi poco misericordiosi che Cordelia gli rifilò all'istante.

"Dunque.. a questo punto vi illustrerò brevemente le mie debite conclusioni…" - riprese, inforcando gli occhiali… e sollevando, tra le mani, uno spaventoso volume rigurgitante di appunti.
"Oh no!" - Spike sbarrò gli occhi e saltò in piedi, afferrando i panini e le bottiglie vuote - "Scordatelo!"
Wes lo guardò, interdetto. Spike, preso dal sacro fuoco della casalinga, stava impilando tovaglioli e bicchieri sui vassoi, in maniera del tutto casuale.
Ma quel che era peggio… tutti lo stavano aiutando.
Chi sprimacciava i cuscini e chi recuperava piatti e contenitori, affannosamente.
"Un'altra volta, forse…"
"Oddio è veramente tardi…"
"Ma non è possibile che non ci siamo accorti dell'ora… chissà doveva avevamo la testa…"
"Buonanotte Wes!"
"Si, certo, buonanotte Wes…"

II
Buonanotte.
In un lampo erano fuggiti tutti. Angel, uscendo, per ultimo, si era chiuso la porta alle spalle.
I passi di tutti loro erano risuonati giù dalle scale. E la porta d'ingresso aveva cigolato.
Bisognerebbe oliarla, ragionò, distrattamente, impilando le scartoffie.
Fogli e libri, sparsi dappertutto.
E tutto, sommato, un certo qual tepore che ancora proveniva dal caminetto ormai spento.
Wes si sdraiò sul tappeto. Non gli andava di proseguire il lavoro di archiviazione.
Catalogare i fogli, ritirare i volumi…
Sollevò alcuni fogli, leggendo la sua calligrafia quasi in controluce.
I nomi… ed il loro destino.
Che strano gioco si era trovato, per il tempo libero!
Non gli bastava, dopotutto, quel continuo piovere di segni preziosi che già subivano nella vita quotidiana? Doveva per forza continuare ad andare a caccia di altro e altro ancora? Particolari nuovi per le inquietudini di sempre.
Perché doveva essere così importante? Ma certo, il Consiglio…
Al consiglio serviva una spiegazione teorica per non riprendersi Faith. Non bastava far notare come lì fosse a casa e compisse il suo dovere al meglio….
La Cacciatrice è sola, con un osservatore per aiuto. Non ha bisogno di famiglia.
Come suonava odiosa e viscida una frase del genere… eppure Quentin Travers sapeva dirla come se stesse succhiando un bastoncino di zucchero. Con un gusto immenso e le labbra dolcemente arcuate.
Avrebbe lasciato in pace Faith solo se il destino l'avesse reclamata. Il suo nome in una profezia, una teoria fondata e… puff! Il consiglio l'avrebbe lasciata a passare i suoi anni migliori in America, solo se Westley Whidam-Price si metteva di impegno a fornire loro almeno cinquecento pagine di tesi sul perché… e il per come….
Allungo le braccia e distese la muscolatura.
Come era stanco… come era stufo…
Era davvero così importante?
Forse.
"Gentili colleghi…" - mormorò, grattandosi la testa pensierosamente - "Stimatissimi Lords… La Cacciatrice non ha bisogno di una famiglia… e, se è per questo, non ha bisogno nemmeno di un Consiglio…no, questo è meglio non dirlo."
Era veramente stanco. Chiuse gli occhi, lasciando che la mano gli scivolasse dalla nuca al tappeto.
Non sapeva più da cosa cominciare.
Ormai gli stavano con il fiato sul collo. E non ci sarebbe stato modo di fermarli. Erano sei mesi che giravano attorno a Faith come squali… da quando la morte di Buffy aveva dato loro modo di ragionare. Quasi quanto la sua resurrezione….
Ma non bastava.
Ormai nulla bastava più agli squali.
Sentì la porta socchiudersi. E poi passi felpati sul tappeto.
Ed aprì gli occhi, per accennare uno stanco sorriso di benvenuto a Doyle.

"Che fai qui?" - domandò. Senza accennare a muoversi, mentre l'irlandese gli girava intorno e si serviva dal carrello di ottone.
"sarebbe tornato Angel." - spiegò Doyle, riempiendo due bicchieri - "Ma gli è passato un caso tra le mani. No, resta lì, sono andati gli altri…"
gli porse uno dei bicchieri, mentre Wes si sedeva, preoccupato.
"Sicuro non serva una mano?"
"Non serve, tranquillo. Dormi troppo poco per portarti in giro armato di balestra." - disse, tornando a sedersi in poltrona - "Non hanno voluto nemmeno me… e hanno tutti innocentemente mentito quando hanno detto che era una cosa da niente."
"E noi non ci preoccupiamo?"
"Questa volta no." - Doyle scosse la testa - "Non ci preoccupiamo per loro perché, in questo momento, preferiamo tutti preoccuparci per te."
Wes lo guardò, sorpreso.
E doyle, inclinò la testa, con un mezzo sorriso.
"E ovviamente per Faith…"

"Hai ragione ad essere preoccupato." - mormorò Wes, scostando un po' la cenere a caccia di qualche scintilla restia a spegnersi - "Per quanto mi impegni, non trovo la scappatoia. Se non metterò Faith al sicuro, cercheranno di prenderla con la forza…"
"E non pensi che la difenderemo a spada tratta?" - Doyle aveva allungato le gambe ed ora fissava la schiena dell'osservatore, accoccolato sul talloni davanti al caminetto. Impegnato a tormentare qualche tizzone in cerca di un'illuminazione.
"Fino all'ultimo respiro." - replicò sottovoce, senza voltarsi - "Ma il problema è quanto a lungo potremo fronteggiarli. Pure la lotta contro il male passa in secondo ordine, se si tratta del prestigio del Consiglio. E poi c'è la questione del Cruciamentum…"
"Sarebbe a dire?"
"Il Cruciamentum è la prova a cui vengono sottoposte le cacciatrici al compimento dei diciott'anni." - Wes si massaggiò il collo, chiudendo gli occhi un istante.
"Anche Buffy l'ha subita, vero?" - chiese Cordelia. E wes si voltò, sorpreso, appena in tempo per vederla sedersi sul tappeto, poco lontano.
"Oh, ciao."
"Non hanno voluto nemmeno me." - spiegò allegramente la ragazza, prima di sentirsi domandare qualcosa - "E va avanti, per piacere."
"Sì, anche Buffy. Una pratica vile e idiota, oserei aggiungere, e non mi capacito che Giles li abbia assecondati." - sospirò ricordando come, se non ci fosse stato proprio quel barbaro rito, lui non sarebbe mai giunto in America in veste di osservatore. - "Di quello di Faith non mi sono preoccupato. Ed ho fatto male."
"Faith abitava già qui, no? e non è successo nulla. Cioè, non ci siamo ricordati di festeggiare, ma a parte questo…"
"Non ne sono così sicuro, Cordy. Chiedi a Faith cos'è successo al suo diciottesimo compleanno. E ti dirà quello che ha detto a me. Buio. Buio totale. E mi pare strano che, per quanto si impegni, non riesca a ricordare nulla."
"Stai dicendo che potrebbero aver…Ma come è possibile…"
"Non lo so, Cordy. Ma adesso pensaci bene. Se volessero Faith solo per processarla e farla fuori discretamente, non si sarebbero preoccupati di saggiare le sue capacità. E se non la vogliono morta, allora, necessariamente, la vogliono e basta."
"E come pensano di domarla, se è lecito chiederlo?" - Doyle si accese una sigaretta e prese il posacenere che Cordy gli porgeva - "Non sarà più cacciatrice del consiglio. Come non lo è Buffy, del resto…"
"E poi, infine, c'è l'ultima ipotesi." - Wes si voltò. E la sua espressione sembrò terribile, ad entrambi. Wes ardeva di un fuoco buio e furibondo - "A mio avviso la peggiore. Se dichiari Rinnegata una Cacciatrice e neghi la sua efficacia… ma ugualmente ti ostini a saggiarne lo stato… "
non riuscì a proseguire. E si voltò, fissando nuovamente le fiamme che riprendevano lentamente vigore.
Mentre Doyle finiva per lui.
"…allora stai pensando di farla fuori, di sacrificarla. Ed aspettare che se ne attivi un'altra."

"Stai scherzando, spero!"
"Purtroppo no, Principessa." - Doyle premette il mozzicone tanto da ustionarsi leggermente le dita - "Temo proprio che le cose stiano così da tempo. Se Faith muore, il consiglio avrà una nuova cacciatrice da controllare. Faith sta bloccando la successione. È sopravvissuta a buffy, quando tutti speravano accadesse il contrario."
"Ma se aveste ragione, avrebbero già cercato di ucciderla…"
Cordelia, per quanto si sforzasse, non poteva assimilare quello che i due stavano dicendo. Di colpo la sua mente si era popolata di quegli uomini che non aveva mai visto. Uomini scuri che uccidevano Faith., senza curarsi del vuoto che avrebbe lasciato.
Senza curarsi della tragedia che si nasconde dietro una scomparsa.
Uomini… come Wes.
Come era possibile… Cordy posò lo sguardo sull'Osservatore. Come potevano persone con lo stesso condizionamento di Westley scegliere una soluzione del genere. Uccidere Faith… uccidere quella ragazza bruna dalla lingua troppo veloce ed il gergo spicciativo.
La ragazza che…
"Oh mio dio.." - mormorò, mentre gli occhi le divenivano innaturalmente grandi - "Per loro è solo un numero, una tra tante… come fanno a non capire…"
"Non possono, Cordy." - rispose Wes, incrociando le gambe e posando il mento sulle mani - "Non possono capire nulla. Faith è sempre stata un'anomalia, per loro. Un fattore seccante… o meglio, uno spiacevole disguido. Sì, lo definirebbero così. dopotutto sono inglesi."
Chinò lo sguardo, pensieroso.
Ricordava ancora la voce diffusasi quel giorno in Accademia.
Una cacciatrice, una cacciatrice di troppo! Non avevano ancora tirato un sospiro di sollievo per la morte di Rhonda che…
"…Certo, sapevano che se ne sarebbe attivata un'altra. Ma fino all'ultimo hanno sperato di essersi sbagliati. Speravano che l'anomalia si esaurisse in fretta, che non si andasse avanti oltre, con questa seconda linea…"
"Ma perché prendersela con Faith! Dopotutto è Buffy quella che muore e risorge!"
"Hai ragione. Ma l'unica prescelta di cui avevano sempre parlato le leggende era lei. E, a quanto pare, lo è tutt'ora." - aggiunse, passandosi per l'ennesima volta la mano sugli occhi.
"Non hai ancora trovato niente?" - chiese Cordy. La preoccupava vederlo in quello stato. Aveva l'aria stanca, gli occhi arrossati.
E Faith non era da meno.
Il suo nervosismo era cresciuto proporzionalmente alle occhiaie di Wes.
Quei due stavano combattendo una battaglia tutta loro.
E non si lasciavano aiutare.
Cordelia si voltò e Doyle ricambiò la sua occhiata, senza proferire una parola.
Condivideva la sua linea di pensiero, su questo non c'erano dubbi.
Con l'unica differenza che, come suo solito, ne era al corrente prima di lei.
"Non possiamo fare niente?" - gli chiese, d'un tratto, senza poter più resistere.
"Temo di no, Cordy." - replicò il demone, mentre Wes tornava ad alzare la testa da quelle centinaia di fogli che ormai sapeva a memoria - "Tu ed io non sappiamo neanche da che parte iniziare in questa stanza."
"Eppure noi aiutavamo Giles in biblioteca…"
"Giles è un direttore d'orchestra, in confronto a me, Cordy. Non provo nemmeno a competere con il quantitativo di informazioni che ha in testa. Il problema è che non posso nemmeno usufruirne…"
"Ma sei certo che non voglia aiutarti?"
"oh, sì. Ne sono certo eccome. Come sono certo che, se lo conosco veramente, non resterà a lungo a Sunnydale." - Wes sollevò il volume e lo posò sul tavolino, iniziando a raccogliere ed impilare quelle scartoffie inutili che iniziavano a irritarlo.
Fogli, fogli, fogli… ma nessuna risposta su di essi. Li aveva girati e rigirati, nel contenuto, nella forma. Ma senza trovare un'ombra di speranza.
"E perché dovrebbe fare una cosa del genere? Dopotutto è ancora l'Osservatore di Buffy…"
"Ed è di nuovo un Osservatore del Consiglio."
Questa sì che era una sorpresa. Pure Doyle sembrava non saperne nulla.
"E tu come lo sai?" - chiese Doyle, posando i gomiti sulle ginocchia per sporgersi verso di lui. E passargli, insolito ma vero, posacenere e sigarette.
"L'ultima volta che sono andato in Inghilterra, hanno usato lui per trovare un compromesso. Speravano che i nostri rapporti mi ammorbidissero." - ancora ricordava il breve incontro forzatamente formale. Come due sconosciuti. E come, sorprendentemente, lo avesse un po' ferito - "Giles, in effetti, non ha nemmeno provato a farmi cambiare idea. Ma non mi ha offerto aiuto. E credo preferisca restar fuori dalla questione. Anche perché il ritorno di Buffy mette di nuovo in contrasto mente e cuore…"
L'aveva detto con una punta di sarcasmo. Ma non poteva mentire a se stesso. Provava pena per il dissidio di Giles e per la soluzione che avrebbe dovuto scegliere.
Da un lato il consiglio, dall'altro la Cacciatrice. Una cacciatrice che mai, come ora, doveva sembrargli lontana e incomprensibile.
"Giles non resterà a lungo. Buffy è ancora una Cacciatrice. Ma non è detto che la loro vicinanza sia la scelta ottimale." - fece una pausa, decidendosi finalmente a sfilare una sigaretta dal pacchetto - "E questo, per quanto sia un caso di psicologia affascinante, non è in cima ai miei pensieri…"
L'accese, respirandone una lunga boccata. "Io devo trovare il modo di tenermi stretta la mia Cacciatrice. E sono disposto a qualunque cosa. Vogliono la mia testa? Se la prendano…"
"Ma non la vogliono…"
"Oh, certo che no, Doyle." - allargò le braccia e lo fissò, beffardo - "guardami bene. Tu non ci crederai mai ma si parla pure di me, nella cerchia degli aiutanti del nostro eroe! Di me! Come se fossi di questa importanza basilare! Non possono toccarmi. Mi odiano, mi disprezzano, ma hanno il sospetto di non potermi torcere nemmeno un capello. Per quanto io continui a mettermi sulla loro strada… niente! Assolutamente niente!"
Fece un respiro, per calmarsi. Tornando ad essere il loro Westley Whydam-Price… e non quel duro ed esasperato uomo che era stato, per un breve attimo.
"Non sono un guerriero e non sono mi sento più uno studioso. Che meraviglia." - sospirò, guardandosi le mani. Sembravano le mani di un carpentiere. C'era addirittura una nocca mal calcificata, ricordo di una frattura dei primi tempi da eroe.
Eroe… gli venne da sorridere, per quell'affermazione che era suonata sarcastica addirittura nella sua mente.
Eroe.
Non era l'eroe di nessuno.
Non era un Osservatore.
Ma soprattutto era un incapace.
Incapace di salvare la sua cacciatrice.
Oh, Helen, quanto ti sei sbagliata sul mio conto! E quanto poco serve l'amore, davanti ad una biblioteca vasta come quella del Consiglio.
L'amore non può nulla, se la salvezza risiede nella ragione…

Cordelia gli si era avvicinata. E gli aveva passato le braccia intorno al collo, posandogli la testa sulla spalla. Un gesto che riservava ad Angel, più che ad ogni altro.
Ma Wes non si era mosso. E non aveva spezzato quel silenzio che sembrava schiacciarlo, piegandogli la figura.
Non badava a lei. E non badava a Doyle.
Era come se il filo dei suoi pensieri fosse troppo forte per essere reciso.
"Se c'è una cosa che temo…" - mormorò ad un tratto, cercando di uscire da quel circolo vizioso di auto derisione - "è quello che non conosco. Per quanto avanzi non procedo. E per quanto io non faccio altro che pormi migliaia di domande, solo una mi ossessiona…."
Solo una…
Quella che mi tiene sveglio.
Quella che mi fa svegliare urlando…
Quella che mi fa temere di non potermi spingere oltre…
Wes aveva alzato la testa. Ed ora lo fissava, quasi con sfida. E Doyle sapeva bene cosa si aspettava.
Perché quello era lo sguardo che molti gli avevano rivolto nel tempo.
Lo sguardo di chi si aspetta una risposta, credendo di essere giunto innanzi ad un'onniscienza.
Io non sono un dio, Wes… e non sono la fonte di ogni verità….
Sono un messaggero. Un messaggero con la mente violata da decisioni altrui e superiori.
Non posso dirti ciò che tu non sai.
A meno che tu non debba saperlo.
Non c'è giustizia, in questo.
Non c'è speranza….
"mi dispiace, Wes. Io posso immaginare la domanda…" - mormorò, lentamente - "Ma non ho una risposta. Anche se penso che il libero arbitrio sia molto più forte di un pezzo di carta…non posso escluderlo."
"ma…" - Cordelia aggrottò la fronte cerando si seguire quella frase tanto contorta -"…io credo di non riuscire a seguirti."
Doyle abbassò lo sguardo, tamburellando sul bracciolo.
Appariva stranamente concentrato, tanto da rendere i suoi occhi decisamente densi. Ed ogni volta che accadeva, la superficie delle cose, le forme, le luci, si riflettevano al loro interno.
Soppesava le parole, cercando di renderle il più nozionistico possibile. Difficilmente avrebbe potuto far comprendere a Cordelia le complicanze a cui stavano andando incontro. E non perché la ragazza non avesse abbastanza testa per arrivarci… ma perché rifiutava alla base alcune cose in cui, invece, lui credeva profondamente.
"Vedi, principessa." - spiegò, con lentezza, senza smettere di fissare il pavimento e oltre alla materia, all'interno della sua testa - "il vero problema è che non abbiamo nulla che ci dica che stiamo facendo la cosa giusta."
"Proteggiamo Faith. Cosa c'è di sbagliato?" - chiese, senza capire.
"Nulla ci da' certezza che Faith sia al suo posto qui. Con noi. Può darsi che la sua strada in effetti sia un'altra. E che noi, a modo nostro, per affetto, la stiamo ostacolando."
"Che idiozia! Lei non ci vuole andare in Inghilterra." - Cordy lo guardò, senza capacitarsi di quello che stavano dicendo. O meglio, di quello che stavano cercando di dire - "Né tantomeno vuole essere uccisa."
"E può darsi non voglia più essere una Cacciatrice." - mormorò Wes, facendola voltare.
Nella sua voce, per un attimo, era risuonato un vago terrore.
Cosa poteva accadere ad una Cacciatrice che rinnega la sua natura? Cordelia sentì questa domanda balenarle nella mente. Come può Faith rinunciare a se stessa?
"Questa risposta probabilmente esiste, da qualche parte." - riprese Wes, approfittando del suo attimo di confusione - "può darsi che esista una profezia riguardo a Faith, così come ne sono esistite a migliaia nel corso della successione. Ma se dicesse l'opposto di quello che supponiamo? Se il consiglio fosse un passo innanzi a noi con una certezza che non abbiamo? Cosa accadrebbe, in quel caso…"
"Il Consiglio ti ha cacciato, Wes! Ha detto che eri un incompetente, ed ha sbagliato! Cosa ti fa pensare che siano realmente così furbi e così certi di quello che fanno? Se fosse vero quello che dici, la loro onniscienza e conoscenza degli eventi… allora si sarebbero serviti di te per controllare Angel! Ma non l'hanno fatto!"
era balzata in piedi per difendere meglio le sue teorie. Si era puntata le mani sui fianchi ed ora lo affrontava, bellicosa, sovrastandolo.
"Ed ora, dopo tutte le volte che hanno sbagliato, ti ostini ancora a credere che ne sappiano più di noi? Non siamo noi quelli con visioni, Apocalissi, maledizioni e redenzioni? Noi abbiamo vampiri con l'anima e demoni verdi da qualche tempo un po' sfuggenti? Non abbiamo… oh mio dio…"
demoni verdi da qualche tempo un po' sfuggenti….
"Lorne." - mormorò, risedendosi con un tonfo - "lui sta lavorando a questo, vero?" - li guardò, come se il solo pensiero potesse ferirla. Come lo sguardo colpevole di wes. "Lorne ti sta aiutando…" - mormorò, lentamente - "a farla andare via, vero?"

che silenzio. Era calato di colpo.
E faceva freddo, adesso, nella stanza.
Non c'era più il caldo crepitare della legna tra le fiamme.
Non c'erano più fiamme.
Westley guardò Cordelia, in silenzio. Rispondere alla sua domanda significava solo mentirle.
A lei.
E a Doyle.
Alzò gli occhi. E non vi lesse nulla. Se non una tacita e rassegnata sorpresa.
"Non potevo dirvelo." - disse, guardando lui e non riuscendo più ad affrontare il viso di Cordy e la sua condanna - "A voi come a Spike ed Angel."
"Ed hai deciso di fare di testa tua." - replicò, quietamente Doyle.
"Aveva gli agganci giusti…" - si difese. E, ad un tratto, gli sembrò solo una scusa che non reggeva. Abbassò la testa, in segno di resa e sentì ancora i loro sguardi bruciargli la nuca - "Io non voglio che se ne vada…"
Lasciar partire Faith… e c'erano stati persino momenti in cui aveva pensato di riuscire a lasciarla andare via.
"Io non voglio che se ne vada…" - ripetè, piano - "Ma non posso evitare di prendere in considerazione anche questo… la fuga. Se io non posso…. se Angel… non può proteggerla con altro mezzo che non sia la violenza… allora…"
"Non succederà, Wes." - Cordelia si morse un labbro, prima di riprendere a parlare. Pentita, di averlo aggredito, con i suoi atteggiamenti, più ancora che con le parole - "Ci sono migliaia di modi che non abbiamo ancora pensato.. e poi, può anche darsi che la lascino stare…"
"su questo non possiamo illuderci." - le rispose Doyle, facendo alzare ad entrambi la testa - "Concordo appieno con ogni parola che hai detto. Ma non su quest'ultima cosa. È un'utopia, Cordy. Faranno qualcosa."
Si interruppe. Un attimo soltanto.
"ma, Wes, voglio ti sia chiaro, qualunque cosa facciano, Faith non si muoverà da qui. Qualcosa l'ha condotta in questo posto… e ci vorrà ben più di una mazzetta di uomini a farla andare via."

III
Spike stirò i muscoli e fissò il soffitto.
Allungò bene le braccia dietro la testa, incrociando le mani.
E facendo scrocchiare le dita.
"Allora siamo d'accordo." - commentò, fissando il soffitto - "Adesso gli spezzo le gambe e nessuno mi ferma."
"Ti prego di non essere precipitoso…" - sospirò Lorne, studiandosi le unghie. Prima di urlare - "Angel, fermalo, fermalo!"
Non c'era bisogno di dirlo. Angel si era mosso quasi in contemporanea al suo consanguineo.
Lo aveva afferrato per la collottola e, con un movimento inspiegabile per la sua statura, gli si era posto di fronte, passando sotto il braccio alzato.
"Flagello!" - ringhiò Spike, quasi arrampicandoglisi addosso per scavalcarlo - "Non parlavo delle tue. Ma due o quattro, al momento, non fa differenza."
Aveva mutato il volto. E teneva i canini ben in vista.
Si illude di farci paura, pensò Cordelia, poco turbata da quello scoppio d'ira. Come se non avessimo mai visto un vampiro…
"William, o ti calmi, o è la volta in cui ti prendi quel ceffone che ti ho più volte promesso."- Rispose Angel, senza prendersi la briga di mutare i lineamenti. Ma con un tono decisamente anomalo tra le sue labbra.
Era arrabbiato, a modo suo.
Ovvio che sia arrabbiato, considerò Cordelia.
Con quello che Wes gli appena raccontato…
"Vuoi che mi calmi?" sbraitava ancora il biondo - "Il disonore d'Inghilterra ha appena ammesso di aver congiurato alle spalle di tutti perché non ci riteneva affidabili…"
"Non ho detto questo.."
"Taci, cartuccia! Non ti voglio sentire, a meno che tu non stia urlando di dolore." - si protendeva sopra la spalla di Angel, mostrandogli le mani ad artiglio - "Mi sono fatto prendere a mannaiate per questa ragazza, ho dovuto persino fare pace con Buffy per salvarla, tutto per quattro dannate visioni e per questo stupido gioco che tutti voi fate con il destino! Sono stufo, stufo marcio di queste vostre fissazioni!"
Saltò in piedi, dalla poltrona su cui era stato ribattuto di forza.
"E' un anno che vivo qui e nessuno mi ha mai detto che stavamo giocando con regole precise! Anche tu, Angel, dannato martire! Si, proprio tu. Dovresti essere furibondo… stiamo parlando di Faith, cribbio, di Faith!"
"Non pretendere di sapere come mi sento." - la risposta di Angel lo colpì come una frustata. E lo fece bloccare - "E, soprattutto, smetti di dare spettacolo."
No, non era una frustata. Era il coro ligneo di Sunnydale che gli cadeva nuovamente in testa.
Provocandogli rabbia. E dolore.
Non resistette al desiderio di dargli una spinta, di pura rabbia. Poi si risedette.
Con uno sguardo reso cupo dalla rabbia.

"Hai ragione, Spike." - disse Wes, prendendo la parola. Lo fissò con occhi stanchi. Ma con sguardo fermo - "Ho vagliato un piano alternativo a quello che avevamo elaborato. Ho preparato a Faith un'alternativa, nel caso la nostra intenzione si fosse rivelata sbagliata. E non farmi obiezioni… non ne vale la pena.
Cordelia è arrivata ben prima di te, a dire la sua."
L'aveva detto, con un sorriso tirato. E con imbarazzo.
Soffriva, per quello che stava accadendo. Ma era una sofferenza che si aggiungeva ad una stanchezza che ormai…
No! assolutamente nessuna preoccupazione per l'Osservatore! Spike si redarguì mentalmente.
"Rimane il fatto che dovevi discuterne con tutti gli altri." - borbottò, sprofondando maggiormente nella poltrona - "E soprattutto con Faith. Non è un pacco postale."
Sapeva di essere stato poco pungente e incisivo.
Ma non poteva fare a meno di spingere la mente un po' più lontano dal contesto.
A Faith che partiva, Faith che se ne andava. E alla paura di perderla che lo aveva colto così di sorpresa, non molto tempo prima.
Egoisticamente pensò a se stesso, a metà di quella che sarebbe dovuta essere una recriminazione disinteressata.
Cosa sarà di me senza di lei? Non gli importò nulla del pericolo che correva, dello stress a cui era sottoposta e, soprattutto, del fatto che lei fosse la Cacciatrice.
Che fosse stata la Cacciatrice per una lunga estate e lui non si fosse mai soffermato su questo fatto.
Sulla paura che probabilmente aveva provato.
La solitudine, esplosa infine in quell'incontrollabile disperazione.
Ma che importava di tutto questo!
Cosa mi succederà, se lei andrà via?

Wes, nel frattempo, aveva accolto il silenzio di Spike come un muto rancore. Si era passato una mano sugli occhi con un lungo sospiro imposto.
Poi, alzando gli occhi, aveva fissato Angel.
Angel ancora in piedi, ancora con la giacca di pelle indosso. E con un'espressione indecifrabile sul viso.
"Dimmi cosa pensi." - sospirò l'inglese, fissandolo, senza nessun tentativo di intenerirlo - "Non sono abbastanza lucido da arrivarci da solo."
Una frase che aveva il sapore della sconfitta. Eppure non c'era autocommiserazione in lui. Non si sarebbe arreso, Angel lo sapeva.
Indipendentemente da quello che gli avrebbero detto, Wes sarebbe andato avanti a fare la cosa giusta.
La sua cosa giusta.
C'era Faith in ballo. Nulla aveva più importanza per lui.
E fu per quello che Faith, proprio Faith, in quel momento, chiudendo il cuore alla fiducia che aveva in Angel, decise di prendere le sue difese.
"Wes l'ha fatto per me. E quindi non sono affari tuoi."
La sua voce risuonò così fredda e dura che tutti i presenti si voltarono a fissarla. Lorne, in piedi e non ancora sotto processo, Cordelia, seduta a terra e del tutto assorbita nel fare treccine con le frange del tappeto e Doyle, appoggiato al vecchio bancone della hall.
Ma soprattutto Angel, sorpreso da quell'affermazione prima ancora di essere ferito.
Negli occhi di Faith c'era ostilità. E, soprattutto, sfiducia nei suoi confronti.
Dopo molto tempo, ancora una volta, quell'espressione. La stessa con cui l'aveva guardato a Sunnydale, nel momento in cui si era resa conto di non aver irretito Angelus, ma di avere davanti semplicemente uno splendido commediante.
Angel non aveva parole. La guardò, sorpreso, la guardò stringere i pugni e, con un attimo di fredda consapevolezza, attese di essere colpito.
Ma non accadde.
Perlomeno, non a fatti.
Si era alzata in piedi, con l'impulsività e la rabbia che l'avevano contraddistinta nella sua adolescenza a Sunnydale, quando provava un profondo divertimento a vedere Wes, in maniche di camicia e bretelle, correrle appresso per redimerla. Quando con la passione per il pericolo si era fatta strada nel modo peggiore.
Quando avrebbe voluto tutto, visto che non aveva nulla, se non se stessa.
Erano cambiate molte cose da allora. Tranne una, a quanto sembrava.
Una sola.
Ma ora era stanca.
E stufa marcia che tutti pianificassero la sua vita.
E se l'aveva permesso, per un certo periodo, era stato solo perché non era certa di avere le forze per andare avanti.
Ma ora, ora che iniziavano a litigare, come un mucchio di cani concentrati sullo stesso osso…
"Non mi ha chiesto cosa volevo. Cosa pensavo di tutto questo. Ed è quello il suo sbaglio." - gli occhi le fiammeggiarono, nel puntarsi su Angel - "Eppure qui siete tutti sdegnati per essere stati tenuti all'oscuro.
Non per il fatto che stavate tramando, ognuno per conto suo, sul mio destino."
"Faith, io…" - cominciò Angel.
Ma Faith era ormai avviata a dire la sua. E nessuno avrebbe potuto rallentarla.
"Destino.. ho sbagliato termine, sbagliato, cazzo! Non si tratta del mio destino, quello so già quale è! Sono la Cacciatrice, contro il male in ogni sua forma demoniaca, sono l'anomalia del sistema, la rinnegata, la squilibrata…
sono tutto questo.
Ma qui si tratta della mia vita! Siete tutti così presi da preservare questo mio dannato compito da non preoccuparvi di me. Me ne frego del Consiglio e me ne frego delle profezie! ho fatto cose sbagliate e cose di cui mi vergogno… ma questo non conta nulla, nulla! Stiamo ancora qui a dibattere su quello che è meglio per il mio status di Cacciatrice… ma non su quello che sono diventata."
La voce si ruppe in un singhiozzo.
"Su quello che…" - tentò di aggiungere, con una voce che già le mancava - "Avrei voluto diventare."
Si voltò esasperata. Senza curarsi del silenzio, di Angel, in preda ad un dispiacere ben superiore all'irritazione che pensava di provare.
Non le importava nulla.
Per la prima volta, da molto tempo, si convinse che non le importava nulla di tutti loro.
"Fottetevi." - sussurrò, voltando loro le spalle.
E la porta dell'Hiperyon le apparve nitida, quasi luminosa.
E l'avrebbe raggiunta con poche falcate.
E si sarebbe lasciata abbracciare dalla notte.
Se non avesse incontrato un' altra stretta nata dal buio.
"E no, bella mia." - si sentì sussurrare, mentre già si aggrappava a quel corpo freddo e solido - "Questa volta non mi scappi."

Doyle fu il primo a muoversi, con un cenno a Lorne, che lo vedeva in viso. Il primo a posare una mano sulla spalla di Angel per spingerlo gentilmente verso un'altra stanza. Mentre Wes, silenzioso anche nel cuore, tendeva una mano a Cordy, per aiutarla. E si appoggiava a lei, per la prima volta in vita sua, nel muoversi come un automa.

Come era successo a Spike, pochi minuti prima, i radi pensieri che ancora percepiva gli sembrarono egoisti.
Aveva sbagliato di nuovo. E per quanto già prima fosse stato certo di dover rendere conto a Faith di quel suo sciocco 'piano alternativo', solo adesso vedeva la vasta portata della sua disattenzione.
Faith aveva passato un'estate come Cacciatrice in carica.
E l'aveva passata da sola.
Mentre lui stava in Inghilterra, in balia di vicende burocratiche e tediose udienza da Santa Inquisizione, Faith era stata nuovamente una Cacciatrice senza osservatore.
Ed ora non aveva più importanza tutto questo… perché Buffy era di nuovo in vita.
Buffy era ancora La Cacciatrice.
E Faith le aveva restituito, a modo suo, la corona e lo scettro.

Magari stava dando di nuovo spettacolo.
Ma non gli importava un fico secco.
Tutto stava andando male, se non peggio di quanto si potesse comprendere.
Faith gli si aggrappava addosso come se al mondo non fosse restato più nessun altro appiglio.
E non c'era bisogno di una grande sensibilità per saper che non piangeva, che non riusciva nemmeno a sfogarsi.
Tremava, per una tensione nervosa incontrollabile. E non era conforto che cercava.
Ma un freno alla sua rabbia.
Qualcosa che fosse più forte di lei, della sua disperazione, del rancore che provava verso il sistema.
Qualcosa di più antico dei suoi dolori.
Quello che voleva Faith era un perché. Ed una conclusione per quella lotta eterna che da sempre persisteva tra il cuore e la ragione.

Angel si sedette al bancone della cucina e, con una mossa insolita, si strofinò i capelli nervosamente.
Scompigliando quei capelli scuri e abitualmente diritti che lo contraddistinguevano. Poi intrecciò le mani e vi posò sopra le labbra, immergendosi in una riflessione ben più cupa di quanto non si aspettasse.
Aveva sbagliato.
Anzi, forse sarebbe stato meglio ammettere che avevano sbagliato tutti.
Ma Angel, proprio per indole, non era propenso a colpevolizzare nessuno se non se stesso.

Fu Lorne, il primo a rompere il silenzio. Ed Angel lo guardò, trovandoselo per la prima volta seduto di fronte.
"Penso di meritarmi anch'io la mia parte di strigliata." - commentò, inclinando un po' il capo, con un sorriso accattivante.
Dietro di lui, a braccia conserte, ma rivolto a fissare il mondo al di fuori della finestra, stava Wes.
Il suo profilo era reso più scuro dall'ombra della barba, che gli affilava i lineamenti facendo risaltare gli occhi.
Un profilo duro e pensieroso. Ma soprattutto silenzioso.
A suo fianco c'era Cordelia, di spalle, affaccendata. Impegnata a tenere le mani occupate, per riordinare i pensieri.
E, solo in quel momento, Angel si rese conto che Doyle non c'era. Che se ne era andato, probabilmente dalla porta di servizio, quella che mal si chiudeva.
Contrariamente alla sua abitudine a restare nei pressi, quando le cose si mettevano male… eppure così in linea con il suo istinto di immergersi tra la folla, ogni qual volta lo spirito desiderasse una risposta.
"Non so chi ha messo in testa, a te, a Wes ed a Faith, che io mi sarei messo a fare paternali." - commentò Angel, abbandonando Doyle alle sue scelte e puntando occhi color onice sul demone che aveva di fronte.
Non sono il patriarca di casa.
Né, tantomeno, il più adatto a recriminare sui sotterfugi altrui.
Credeva di averlo pensato. Invece, come gli capitava talvolta, quando i pensieri si facevano troppo densi per nuotarci liberamente, aveva pronunciato quelle fredde parole.
Fredde più per lui che per gli altri.
Fredde come aveva sentito sempre, sulle labbra, le cose che rinfacciava a suo padre e in cui finiva col riconoscersi, più volte di quante il suo cuore potesse ammettere.
Fredde come doveva averle sentite suo padre se mai, negli occhi, aveva visto il muto rancore scuro di un giovane ribelle.
Come erano state fredde, nei suoni e nello sguardo, quelle di faith.
"Non sono arrabbiato,Lorne. Né on te, né con Wes. Se è questo che ha importanza per voi." - aggiunse, stringendo le nocche per sentire maggiormente, a contatto con la bocca, la durezza ossea delle sue mani - "Se ho dato quell'impressione, me ne dispiace.
Io sono, semplicemente… inutile."

La sua affermazione era caduta nel vuoto. E non era parsa reale, per la voce, per gli occhi e per quel spasmodico stringersi le dita.
Come faith, Angel stava ardendo di una tensione senza pari. Angel, che sapeva addentrarsi nel profondo del male, nel buio di Los Angeles per demoni che non aveva mai visto, stava ancora fuggendo da loro.
Come faith sentiva il richiamo di una vita in solitudine, di una vita all'orlo della sua linea d'ombra.
La linea dove, per lungo tempo, Darla l'aveva condotto, nei sogni, con seducenti movenze.

"Tu non sei inutile.." - ripetè, con tono sorpreso Cordelia - "Come Wes non è un complottatore e Lorne un complice. Siete persone, è normale che abbiate dei limiti. E poi, io non la farei tanto lunga. Wes ha fatto una scelta, e allora? È una buona idea, non possiamo farne un caso di stato solo perché l'ha presa da solo… non siamo mica un gruppo di formiche! Ognuno pensa con la sua testa ed ognuno fa quello che crede giusto…"
"Io ho sbagliato, Cordy." -replicò Wes, senza nemmeno voltarsi a guardarla. Senza curarsi di Angel, che ancora fissava il tavolo, in preda a pensieri che nessuno poteva seguire - "Ed il mio sbaglio non sta in quello che ho deciso per Faith…ma in quello che avreste provato, se Faith se ne fosse andata. Mi sono preoccupato, stoicamente, di sopportare la mia parte di dolore. E non mi sono curato della vostra, né tantomeno, di quella di Faith. Non mi sono curato di nulla che non fosse semplice e pura soluzione razionale. Non mi sono preoccupato di te, che te ne resti qui sola, di Angel, che ha tirato fuori Faith da guai ben peggiori di quelli per cui è stato necessario il mio aiuto… né di Spike, che ne ricaverà un buco nel cuore che non sarà mai in grado di ammettere, se un minimo lo conosco.
E, sopra ogni cosa, io non mi sono preoccupato di Faith. Non mi sono preoccupato di lei come persona. Ho pensato da Osservatore e non da uomo. Ho negato me stesso e lei nello stesso istante. Destino, Profezie e Cruciamenta non sono più il mio pane quotidiano da tempo. Combatto il male e non mi curo di come lo facciamo, se il metodo è ortodosso oppure no.
E quest'estate, mentre me ne stavo in Inghilterra a respirare umidità e supposizioni ipocrite, per combattere per la mia Cacciatrice… faith stava qui, in balia di un titolo che non si ricordava nemmeno più di avere.
La morte di Buffy ha fatto questo, ha dato un nome ad un istinto. Ha incasellato Faith entro limiti che abbiamo sempre varcato. E l'ha resa sola.
Sola… perché io non c'ero."
Non aveva più voglia di continuare. Non era nemmeno certo di aver detto qualcosa di comprensibile. Era, semplicemente, esploso.
Con il suo modo pacato, aveva vomitato rabbia e dolore su tutti loro, su Lorne, ancora stranamente silenzioso, e su Cordelia, che ancora si domandava dove fosse finita la loro tranquilla serata al tepore del caminetto.
"Nessuno di noi c'era." - mormorò la ragazza, dando forma alla sua parte di colpa - "E faith su una cosa ha ragione…"

"Fottetevi. fottetevi tutti." - singhiozzò ancora, colpendolo sul petto. Spike incassò il colpo e alzò gli occhi al cielo, con fare seccato. Non che tenesse veramente alle costole, in quel momento.. ma non gli sarebbe dispiaciuto, con i tempi che correvano, averle intonse.
O,almeno, non così fastidiosamente presenti.
Ancora una volta, con le mani, corse tra i capelli di Faith, fino a stringerle le scapole. Faith stava tutta tra le sua braccia, senza ricambiare quella stretta.
A pugni stretti, il volto ostinatamente chiuso in un sottile e interminabile filo di parole dure e incoerenti.
Incoerenti come la sua vita, quella buffa altalena di rabbia, egocentrismo e solitudine da cui era più volte caduta.
Per poi risalire. E continuare a darsi una spinta, con un vigore che non sapeva di avere.
Che doveva bastarle.
Sola, sempre sola.
Non smetteva di ripeterlo, e non si curava del nervoso che ormai irrigidiva Spike. Sola, dannazione, sola eppur chiusa in un abbraccio tra i più forti mai nati.
Cos'è, Cacciatrice, ti manca il calore? Non mi senti solo per questo motivo? Non sai di essere con me perché la tua pelle non si scalda?
Buffo, forse hai ragione.
Me ne dispiace, cacciatrice. Ma non mi arrendo. E se non posso darti calore, ti darò ugualmente tutto quello che posseggo.
Per farti capire.
E per farti sentire.
E sai perché? Perché sei tu il mio calore. Qui, a centro del petto, dove posi la testa e mi copri di lividi.
Al centro del petto.
E ti dirò di più… questa è l'unica cosa che non ammetterò di certo. Neanche se mi ammazzano.

Il silenzio, in cucina, era quasi imbarazzante.
Lo sarebbe stato, se si fosse fatto largo tra le urla dei pensieri di ognuno.
È così strano, considerò Lorne, guardandosi le unghie accuratamente rifinite. Così strano …
"Voi pensate che il cuore vada in una direzione sempre opposta alla ragione." - commentò - "Vi autoaccusate in termini che vi fanno sembrare delle bilance ordinate, con i pesi ben o mal distribuiti.
Ma l'umanità che è in voi, non nasce da questa scissione. L'umanità che è in voi è unione, unione del cuore e della mente, fin nel profondo. Parlate di voi stessi, come di elementi separati.
Angel e il suo demone, wes e l'Osservatore, Faith e la cacciatrice.
Ma non è così che va il mondo. E non è così che si salva l'universo."
"Doyle la chiama la consapevolezza delle parti." - sospirò Cordelia.
"Consapevolezza delle parti… che definizione bellissima, musicale. Voi siete tutto, molto e tutto insieme.
Non potete accusarvi per le scelte di una parte di voi stessi perché non esiste solo quella parte, non dimenticate chi siete solo per quello che provate. O per quello che pensate." - aggiunse, dolcemente. Forse Doyle avrebbe saputo spiegarlo meglio, con quella sua esuberanza e quel suo incrollabile ottimismo. Ma lui, dopotutto, era solo un demone verde, con tanta musica nel cuore. E di più non poteva fare.
È già abbastanza. E Lorne ha ragione.
Non importa quello che abbiamo fatto, o che abbiamo pensato. Conta che siamo ancora noi e, in questo momento, che siamo ancora tutti insieme.
Non più così lontani….
"Sono stati mesi massacranti. Ognuno di noi ha avuto la sua parte di guai. E se abbiamo una colpa per cui guardarci in cagnesco, è stata di non averne parlato uno all'altro" - buon dio, lo stava dicendo sul serio? Proprio lui, signore del silenzio, si autoapostrofò Angel, domandandosi perché nessuno glielo facesse notare - "mi dispiace, non sono stato per niente d'aiuto a nessuno. Buffy è morta ed io.. io mi sono messo di impegno per sopravvivere senza preoccuparmi del fatto che avrei dovuto anche continuare a vivere.
Non mi sono preoccupato di voi, di nessuno di voi…."
Mi fido di voi.
Eppure, quando ho pensato di aver perso Buffy… che strano… ho pensato di aver perso tutto… ho perso tutti voi per una persona che forse non ha più una vera e reale importanza…
Che… disgusto…

IV
"La verità… è che vi odio tutti."
"Non è vero e lo sai." - ribattè, restando appoggiato al bancone della hall, con le mani in tasca - "comunque sei libera di autocommiserarti finchè vuoi."
Gli sarebbe piaciuto avere una sigaretta.. ma aveva il sospetto che il non trovarle implicasse l'intrusione di un irlandese dagli occhi chiari.
E allontanarsi, anche solo un passo, significa perdere di vista quella pantera. E non sapere più come ritrovarla.
Il soprammobile gli fischiò a lato di un orecchio, preciso e pericoloso.
Ma Spike, un po' per la sorpresa, un po' per quella sua capacità di aspettare fermo i treni in corsa, non mosse un muscolo.
E, ringraziando il cielo di non avere una contusione in fronte, rese i suoi lineamenti ancora più duri e, con un'unica occhiata, fece montare ancor più rabbia nelle vene di Faith.
Sentì il cuore accelerarle e pompare con violenza, infiammandole i tessuti.
Poteva quasi vedere la furia della Cacciatrice, come un'aurea rossa.
L'aveva vista in Buffy, così tanti anni prima da sembrargli un tempo remoto e solo inventato… e l'aveva rivista in Rhonda, se così si chiamava…....o forse Kendra...
"Io ho conosciuto la Cacciatrice che ti ha preceduta…" - mormorò soprappensiero. Non sapeva perché l'avesse detto. Eppure c'era qualcosa…
"E se non mi importasse?"
"magari dovrebbe." - si mosse, camminò verso di lei procedendo su una linea invisibile.
"E perché? Chi si autocommisera va punito con prediche e aneddoti?"
"Ti stai comportando come un'invasata. E, a parte questo particolare, che rende ben poco piacevole la conversazione, non sai più chi sei."
Faith si voltò, fiammeggiando.
"Ripetilo." - ringhiò.
"Ripeterlo?" - Spike spalancò gli occhi, alzando le sopracciglia il più possibile - "Ma io, Cacciatrice, lo urlo anche ai quattro venti tanto ne sono convinto. Non sai più chi sei. Ed è l'unica cosa che rimbomba nella tua testa."
Faith stette zitta, mostrandogli le spalle.
Non aveva voglia di lasciargli vedere il dubbio, in fondo allo sguardo.
E, soprattutto, non voleva cedere.
Cedere alle lusinghe di una splendida oratoria, oppure alla violenza che sembrava montarle da un angolo profondo dell'anima.
L'angolo in cui, giorno dopo giorno, aveva spinto ogni sua delusione ed ogni irritazione, dove aveva nascosto i dubbi e le decisioni sbagliate.
Stava tornando tutto a galla.
In maniera incontrollabile.
"Non voglio ascoltarti." - ribattè.
"E non mi ascoltare." - Spike allargò le braccia, rimpiangendo il fatto che non potesse vederlo, voltata com'era, nemmeno nel riflesso della finestra - "Non ascoltare me, Angel o chi ti pare. Hai deciso che non ti fidi? E non fidarti. Prendi la porta e vattene… oppure resta e cerca di capire chi sei, resta ferma dove ti trovi e scopri cosa hai perso.
E fallo, non aspettare che un altro lo faccia al tuo posto."
"Non ho chiesto nulla a nessuno." - Faith aveva una voce fredda e affilata come una lama - "Proprio un bel nulla."
"Brava. Riguardo a questo puoi avere la mia approvazione." - adesso, il battito furioso che sentiva non era più quello di Faith… ma il suo - "E tutto sommato, non sei tu che non ascolti me.. sono io che non parlo con te."
Sapeva di essere un idiota. La sua vocina lo diceva, in fondo alla mente.
Avere l'ultima parola in una partita già persa era stupido.
E lui, a modo suo, sapeva che Faith l'aveva sconfitto.
Faith era la Cacciatrice che l'aveva battuto.

Girò e tacchi e se ne andò.
Quella era decisamente una serata in cui tutti si convincevano di aver fatto buone azioni, serata in cui erano capaci di dire cose vere e poi volersele rimangiare con rabbia e presunzione.
Ma che stava succedendo?
Dannazione, qualcuno doveva pur saperlo!

La porta scorrevole non gli diede nessuna soddisfazione. Girò su se stesso, cercando una porta su cardini da sbattere.
E mentre ispezionava mentalmente le altre stanze del pianoterra, fece un altro giro su se stesso.
E si ritrovò di colpo, di fronte Angel.
E saltò, come un gatto.
Per lo spavento.
"Ma che cazzo… Flagello!" - soffiò, furente - "Finiscila di essere così silenz…"
Si ritrovò appoggiato alla parete, con una mano di Angel sulla bocca.
Lo guardò, sorpreso.. gli era sembrato che alzasse gli occhi, mentre partiva con le recriminazioni… ma non che fosse così teso.

Angel, con occhi scuri come inchiostro, si portò un dito alle labbra, intimandogli il silenzio.
Con una lentezza impressionante.
Spike lo guardò ostile. Poi, sentendo la sua mandibola ancora stretta in una morsa, annuì, imbronciato.
Ed Angel, con tutta la calma studiata di questo mondo, tolse la mano, mantenendosi, comunque, pericolosamente vicino.
"E' ancora di là?" - chiese, sottovoce.
Non voleva che faith lo sentisse.
"Potresti anche urlare." - ribattè Spike, sicuro di quello che stava dicendo, ma comunque sottovoce - "Tanto non sente nulla, nemmeno se stessa, tanto è arrabbiata."
"Lo so che è arrabbiata." - commentò Angel, fissando la porta come s potesse vederci attraverso.
È arrabbiata con me. E con Wes.
Non ci vuole molto a capirlo, solo che…
Ancora una volta, Angel pensò a suo padre. A suo padre che gridava e lo feriva. E a se stesso, impegnato nello stesso gioco. Un gioco che aveva distrutto entrambi.
Ed ora, per quanto, con cipiglio ancora filiale, Angel continuasse a ritenerlo in torto su molte cose… non poteva che chiedersi, con un attimo di dubbio, se fosse così oscuro e privo di scrupoli come l'aveva sempre visto.
Faith l'aveva accusato di non vedere veramente cosa fosse e cosa volesse… e lui, secoli prima, aveva respinto un uomo ormai polvere allo stesso modo e con la stessa dura disperazione.
Rimase in attesa, voltando la testa, ed ignorando Spike.
Fino a sentirsi chiamare.
"Io credo che non volesse veramente zittirti in quel modo." - gli disse Spike, mantenendo lo stesso tono confidenziale - "E' che.. non sa cosa vuole.. ma sa cosa sta perdendo."
Angel lo voltò, guardandolo veramente.
Esortandolo con lo sguardo ed il silenzio a continuare.
E Spike, con un gesto che sapeva di tolleranza, si concesse.
"si è sentita persa in un momento in cui avrebbe preferito essere seguita." - spiegò, gettando le parole fuori, in un soffio, come se fossero un segreto a stento confessabile - "Eravamo tutti con la testa altrove, quest'estate.. io manco c'ero…e tu…"
si interruppe. Qualcosa, per una volta tanto, gli diceva che non era una buona decisione aprire la bocca e dire la verità.
"Già. Io." - sottolineò, cupo, Angel.
Solo allora si accorse che teneva una mano appoggiata alla parete, molto vicino alla testa di Spike. Come quella sera, quando, per un soffio, per destino o imprecisione, non gli aveva disfatto il viso.. e forse anche il prezioso cervello.
Una mano sulla parete.. c'era stato sangue, allora. Un sangue prezioso che aveva versato, senza rendersi conto. Un sangue prezioso come quello che Faith aveva lasciato sui prati di Sunnydale, in una tiepida notte di settembre.
Sangue che forse non sarebbe scorso se lui non avesse avuto, come sempre, l'occhio puntato verso il suo dolore. Vivere, non sopravvivere.
Lui… lui aveva dimenticato di occuparsi dei suoi ragazzi. Di quei due delinquenti che lo seguivano passo dopo passo, litigando e discutendo.
Aveva dimenticato Wes, in un angolo buio di una biblioteca… l'aveva dimenticato per così tanto tempo da non sapere dove stesse andando. Aveva dimenticato tutti loro ed ora, poco alla volta, finivano per inabissarsi in loro stessi.
Tutto per colpa di un cuore dannato… un cuore che aveva ascoltato nel suo monotono battere, dimenticando quel pulsare irregolare delle loro esistenze, quel pulsare vitale…
"Non essere duro con te stesso."
Ancora una volta lo fissò, fin dentro alle profondità azzurre. Ancora una volta si stupì dell'intuizione che vi risiedeva.

Spike si era presto interrotto, nel rendersi conto di parlare inascoltato. Aveva seguito lo sguardo fisso di Angel, fino a focalizzare quella mano a palmo aperto, così vicina al suo zigomo. Avesse girato ancora un po' la testa, ne avrebbe sfiorato il pollice.
E così come era in grado di seguire una sguardo, si era addentrato dentro un pensiero, dentro un ricordo.
E non era poi stato così difficile capirlo, ancora una volta.

"come?" - Angel si riscosse, riprendendo coscienza di se e delle sue azioni.
L'aveva fissato, forse a lungo, dentro quegli occhi..
Aveva ricordato il desiderio di accecarlo, di non vedere più la sua offensiva e dannata consapevolezza, l'istinto del suo demone sopito di piegare e sottomettere quel giunco d'acciaio.. quel "chiodino"…
Spike lo fissò, accennando un sorrisetto ironico. Con il dispiacere di non poterlo servire con una battuta.
Ho detto, replicò, di non essere duro con te stesso.
"Quel che è successo a Buffy è stato orribile. Non contano le intrusioni esterne. Tu sai quanto me che la morte dovrebbe essere definitiva che non c'è nulla di più sbagliato che ritornare. Anche se, nel caso di Buffy, sono contento che sia successo. Ma allora, quando l'ho vista schiantarsi giù da quella torre, mi sono sentito bruciare dall'interno.
Un fuoco che non si spegneva…
E che è andato avanti un bel pezzo ad ardere.
Ancora adesso mi capita… e non sono abbastanza egocentrico da ritenere di provarlo solo io.
Tu senti questa pulsazione… l'hai sentita allora,intensamente , e lei è divenuta parte di te.
Non sei morto con lei… ma solo adesso stai tornando anche tu a vivere."
Si morse la lingua, seccato, interrompendosi.
Perché aveva detto tutte quelle idiozie.
Perché con quel trasporto… forse per ricambiare quel suo comprendere taciturno.. forse, per provare a ricambiare.

Angel non si era perso una parola. Le aveva sentite entrare e scendere giù per la gola, fino a fermarsi, in un unico impossibile nodo.
Aveva capito, sperava di aver compreso tutto.
E sapeva che, se avesse mai risposto a quelle parole con altre, dal cuore, lui e Spike avrebbero litigato, di brutto.
Rifiutandosi di ammettere, per una volta in vita loro, di essere andati, con il cuore e la mente nella stessa direzione.

Spike si appoggiò più comodo alla parete, con un gesto sbruffone.
E ruppe l'incanto, con una punta di sollievo.
"Allora." - esordì, piegando la testa divertito - "Ci vai a parlare o piangi un po' picchiando il tuo amico Spike?"
Bhe, un pugno… un pugno solo…
"Non ti picchio." - sospirò Angel, raddrizzandosi. Levando la mano da quella parete e dai ricordi scomodi - "E, soprattutto, ti comunico che non ero in vena di confidenze. Ho bisogno un favore."
"E sarebbe?"
"Devi parlare con Wes…."
"Ma manco per sogno!"
"William.. io devo occuparmi di Faith." - e, vista l'occhiata venefica che si beccò, aggiunse - "Posso farcela. Ma qualcuno deve parlare con Westley."
"Manda Doyle. È lui che ama le strade impervie."
"lo farei anche. Ma non posso. Per due motivi. Il primo è che non so dove sia ed il secondo…" - si morse le labbra, sperando che Spike non scegliesse come risposta un'ululante risata di giubilo - "che non mi sembra carino mandargli un irlandese a fargli la predica."
Non rideva.. ma solo perché la sua bocca si era animata di vita propria decidendo di restare spalancata a metà di una polemica.
Con occhi sbarrati per contorno.
"Stai dicendo sul serio?" - era sconvolto. Sbalordito.
E non era mai stato così in tutta la loro interminabile convivenza a suon di litigate e discussioni.
"Tu riconosci finalmente che noi inglesi abbiamo un modo civile di esprimerci e comprenderci che voi irlandesi non avete mai imparato?"
Decisamente una frase che solo un essere non respirante poteva pronunciare a quella velocità..
"Adesso non ti allargare." - replicò Angel, cominciando a sentire il Danny Boy suonargli così forte nelle orecchie da assordarlo.
Bel colpo.. tradisco la patria mia per una crisi di famiglia…
Se questo non è il trionfo della ragione sul cuore…
"William, me lo fai questo favore oppure no?" - chiese ancora.
"Ma penso proprio di sì." - replicò l'altro - "E mica per quel tuo casinista d'osservatore. Solo perché la tua motivazione è una delle cose più belle che abbia mai…"
"Spike. Finiscila." - Angel gli infilò a viva forza qualcosa in mano - "Abbiamo entrambi da fare."
"Che cos'è?" - chiese Spike,prima ancora di tastare e guardare ciò che teneva tra le dita. E che, alla prima pressione dei polpastrelli, esalò un lieve aroma di tabacco. Le sue sigarette.
"Erano in cucina. Te le stavo portando quando…Bhe, lasciamo stare." - Angel fece un movimento rassegnato con la mano. Quel breve interludio con Spike, come suo solito, li aveva allontanati dai problemi immediati. E, soprattutto, dalla loro rispettiva angoscia.
"Che pensiero gentile…" - commentò l'altro, rigirandosi in testa l'inno inglese per un ultimo attimo di tripudio. Prima di tornare serio. O quasi - "Credi che mi serviranno?"
Angel era ad un passo dal varcare quella soglia. E non aveva voglia di fermarsi, nemmeno per un istante.
"Credo proprio di sì." - commentò, senza voltarsi indietro. E sapendo perfettamente che, come lui, spike si era già avviato per la sua strada.

V
Resterò qui.
Ferma dove sono.
E aspetterò che mi passi, poi andrò via.
Andrò via.

Le ginocchia le si erano piegate. E, sotto il peso di quella decisione, finì, quasi con un tonfo, sul pavimento della hall.
Si sedette e piegò le ginocchia, stringendosele al petto.. come si era seduta quella notte, in preda al tremito incontrollabile.
Come quando, alzando la testa, aveva visto Angel saltare il cornicione e trovarla.

Angel.
Angel mi ha ritrovata sotto la pioggia.
Ma oggi non verrà più a cercarmi.
Perché… perché è come tutti gli altri.

Spike aveva ragione. Avrebbe potuto anche urlare. Non avrebbe sentito nulla.
A pochi metri da lui, del tutto ignara,c'era Faith.
Solo adesso, fissandola, non visto, si rese conto dei capelli lunghi, quasi in fondo alla schiena e di quanto fosse mutata la sua fisionomia..
Dalla prima volta che l'aveva vista, a Sunnydale, dalla prima volta che l'aveva baciata…
D' un tratto quel bacio estorto con l'inganno gli apparve incestuoso.
Incestuoso e falso.
Il sindaco si era rammaricato che tra lui e Faith non avesse funzionato. Ma la sua demoniaca mentalità limitata non avrebbe mai potuto immaginare epilogo differente.
Forse, anche, perché allora, il sindaco Wilkins aveva fatto per fatto ciò che ora era competenza di Angel.
Amore, protezione e senso di sicurezza.

Solo che, forse, Angel aveva sbagliato ben di più con Faith.
Così tante volte da non ricordarle neppure.
Eppure lei gli aveva sempre creduto.
Aveva sempre rialzato il viso illuminandosi, nel vederlo, nel parlargli…
Senza sapere quale dolorosa felicità gli provocasse.

Cosa sarei, senza di te…
Saresti Angel.. ed io non sarei nulla…


Ti sbagli, Faith. Senza di te sarei ancora soltanto Angel…

Si appoggiò alla libreria e incrociò le braccia. Nella biblioteca c'era ancora lo stesso identico disordine in cui l'avevano abbandonato, non meno di due ore prima.
Il buon vecchio William aveva ragione, dopo tutto… bastano poche ore per consumare un dramma…
Con gesti curati e perfezionati dal tempo, Spike si accese una sigaretta, facendo scattare l'accendino.
Aspirò e, con la prima boccata, soffiò fuori la sua ironia.
"Versiamoci un bicchiere e facciamo due chiacchiere, compatriota."
"Se sei venuto a spargere sarcasmo, sappi che non è giornata." - Wes gli dava le spalle, sistemando metodicamente alcuni libri.
"Ma quanto poco mi conosci… non sparo mai sulla croce rossa…"
Wes posò i libri sul tavolo, prima di appoggiarsi pesantemente, con entrambe le mani. "Io so molte cose di te, Spike." - commentò, girando appena la testa - "E so che è tua prerogativa essere convinto di portare grandi verità a spasso.
Ma quello che sto per dirti avrà per te dello sconvolgente… non sei il solo con le risposte."
Si era voltato, fino a trovarsi a pochi passi, ed aveva incrociato le braccia, prima ancora di finire la frase.
E Spike, con un sorrisetto beffardo si rizzò, andandogli di fronte.
"Price, a me sta bene. Se hai risposte per la questione anche meglio. Ne serviranno parecchie. Se non vuoi sentirmi parlare, tanto meglio, risparmio le mie forze. E se quello che vuoi è una rissa tra pari, intona 'Dio salvi la regina' e prenditi i pugni che ti meriti."
Wes non battè ciglio, davanti a quel vampiro poco più basso di lui e certamente più letale di quanto potesse immaginare.
"E da quando mi ritieni un pari?" - domandò, con durezza.
Sono solo quel bibliotecario di Wesley. Sono Whydam-Price, quello che inciampa nei suoi piedi. L'hai dimenticato?
Spike lo squadrò, dagli occhi chiari alle braccia conserte.
Prese una lunga boccata e sbuffò fumo, verso il basso, curandosi di non sembrare offensivo. Poi, rigirò la sigaretta tra le dita, pensieroso.
"Cosa ti fa pensare" - disse, alzando la testa per fissarlo, di sbieco - "di non essere un pari?"
e si mosse, passandogli a fianco, andando verso il tavolo per aprire uno dei testi che sarebbero dovuti tornare sugli scaffali. Lo aprì e lo sfogliò.
"Io, al contrario di quello che immagini, ho molto rispetto per gli intellettuali." - alzò la testa, scrutando le alte scaffalature di noce scuro, così Vecchia Inghilterra - "Avrei voluto passare la mia vita tra i libri. Avrei voluto finire nei libri, addirittura. Ma nella vita, non sempre si fa quello che si vuole…."
Lo disse senza amarezza, come una placida constatazione, un fatto ormai accettato. Senza alcuna ribellione.
"E tu, Price, volevi fare veramente l'Osservatore o è stata un'imposizione?"
Wes non si era mosso. Forse aspettandosi una nuova provocazione. Ed ora, girandosi in modo studiato, senza rinunciare alle braccia incrociate.
Spike si accorse, di quel lievissimo rilassamento del suo interlocutore.
E attese.
"Nessuna imposizione." - Wes scosse il capo, per sottolineare il fatto - "Scelta personale. Vocazione, se vuoi."
"In effetti, lo ritengo un termine appropriato." - concordò Spike - "fare l'Osservatore è una vocazione. Ma ci vuole fede… tu in cosa credi, Wes? Segni, libri o persone?"
"Credo nel comprendere." - commentò Wes, scrutandolo - "E questo direi che riguarda tutti i tre i campi."
Spike, sorrise di rimando, con un piccolo cenno di assenso. E si stiracchiò, allungando le braccia e andando a mettersi più comodo, in una della poltrone.
"E allora dimmi cosa hai compreso…" - aggiunse, invitante, con il suo solito sorriso. Era una vera sfida. Mai avrebbe pensato di poter avere un testa a testa con Mister Westley Whydam-Price.
Sapeva di non essere stato mandato lì per comportarsi in quel modo… ma sapeva anche di non conoscerne veramente un altro.
Non era un confidente, non lo sarebbe mai stato.
Era solo uno capace di prendere la vita senza scorciatoie.
"Spike, dimmi una cosa…" - chiese Westley, appoggiandosi allo schienale della poltrona di fronte, in una posa del tutto simile a quella di Angel - "Dove credi di andare a parare?"
Che stai cercando di fare?
Bella domanda, Osservatore… trova una risposta per entrambi, e poi fammela sapere. "Io? Oh, bella, sono qui per parlare…."
"Io ho ben altro di cui occuparmi." - commentò allora il suo interlocutore, raddrizzandosi e movendosi verso la porta.
Non scendere, gli intimò Spike. C'è Angel con lei…
E Westley si fermò. Ancora una volta.
"Tu pensi che la farà ragionare?"
Non c'era rabbia, o sarcasmo in quella domanda. Era la voce di chi vorrebbe avere un appiglio. O almeno una conferma.
"Non lo so." - ammise Spike, ricambiando la sua serietà - "Non so se si tratta di ragionare. Io credo che, come hai detto, si tratti di comprendere."
E poi, incontrando lo sguardo dell'Osservatore, per la prima volta, aggiunse: "E Faith, in questo momento, deve ripartire da zero. E comprendere se stessa."
Si sporse, spegnendo il mozzicone nel posacenere. C'erano i resti di un'altra sigaretta, accartocciata, spezzata con rabbia.
Era una delle poche cose che lasciavano trasparire l'inquietudine di Doyle, si soffermò a pensare Spike. Domandandosi dove potesse essere… prima di riaprire bocca.
"Come, del resto, lo dovresti fare anche tu." - aggiunse.
"Come, prego?"
"Ti ricordi veramente chi sei?" - Spike allungò le gambe e le braccia, nelle direzioni opposte - "permettimi i rinfrescarti la memoria. Tu sei Westley Whydam-Price, Uomo e Osservatore. Quando hai smesso di essere uno dei due?"
"Mai."
La risposta fu ferma e salda, quasi lo colse di sorpresa.
"Bravo. Risposta esatta." - bluffò, prontamente - "Ed allora dimmi perché adesso sei così duro con te stesso, se la risposta è così certa."
Esitò, davanti a quella constatazione.
"Tu non stai facendo lo sbruffone con me. Ma con te stesso. Ti stai convincendo che io ti sia ostile." - si sporse, posando studiatamente i gomiti sulle ginocchia. Per trapassarlo con un'occhiata delle sue - "Anche io so di te molto più di quanto pensi, Wes. E credo che tu sappia di aver tirato la corda… con te stesso, il consiglio e Faith."
Saltò in piedi e gli arrivò a pochi passi. Era a portata di pugno. Pregò sinceramente che scattasse per colpirlo, così da atterrarlo. E da sbriciolare le sue barriere.
"L'ubiquità non è tra le tue doti, Price. Dovevi accorgerti prima di questo fatto. Negli ultimi sei mesi abbiamo giocato tutti a nascondino, uno con l'altro. Ed ora paghiamo, chi prima e chi poi. E tu? Pensi di uscirne indenne?"
ma Wes non pensò nemmeno di rompergli il naso. Rimase dov'era, le mani intrecciate, appoggiato allo schienale della poltrona.
"Apprezzo quello che stai facendo." - mormorò, educato e pacato - "Ma non ho intenzione di scoppiare a comando."

Una frustata sul suo ego.
Ecco cos'era quell'uomo.
Spike inclinò la testa indietro e scoppiò a ridere.
"Sei impagabile, Price." - lo squadrò, vedendo apparire il sorriso soddisfatto di chi ha vinto una partita - "Allora nessun tracollo?"
"Assolutamente neanche uno." - Wes scosse la testa e sorrise, apertamente, rivelando quella tempra d'acciaio che teneva ben nascosta.
In altri frangenti, probabilmente, Spike sarebbe stato furioso. Del resto, era molto tempo che non incontrava un avversario degno della sua oratoria.
Scosse la testa divertito, mentre Wes tornava a impilare libri e a rimettere sullo scaffale quelli abbandonati.
Sicchè, rassegnato della sua sconfitta, Spike si sedette sul tavolo, passandoglieli di tanto in tanto e domandandosi se, al piano di sotto, se la sarebbero cavata così a buon mercato.

Camminò, lento, fino a trovarsi alle sue spalle. A pochi passi da lei.
E capì che adesso se ne era resa conto.
Era come se, in lei, tutto si fosse raggelato. Era come un gatto, a orecchie basse, in attesa del pericolo.
Immobile, tesa.
E fu per quel motivo che, resistendo al desiderio di inginocchiarsi e stringerla, rimase dove si trovava. In piedi, le mani in tasca.
Perché erano tornati quelli di prima. La cacciatrice ed il vampiro.
La storia non sembrava finire mai.
Pochi passi avanti, in mezzo agli uomini… e poi, nuovamente indietro.
"Io non so quando è salito questo muro tra noi. Ma non voglio che duri." - lo disse pacatamente, cercando di reprimere la nota ferrea che gli era risuonata nella voce.
Ma a Faith non importava. Che fosse implorante o rabbioso, non voleva rispondergli. Chiuse gli occhi, stretti, per impedire alle lacrime di traboccare. Poi inalò a fondo, e tornò ad essere Faith.
"Non so di cosa stai parlando. È solo una giornata no. Domani sarà passata."
Non si illudeva di aver nascosto il tremito della voce, ma solo di essere sembrata inavvicinabile.
Eppure, mentre si convinceva di non voler cedere, la memoria le giocò un brutto scherzo…
Si ritrovò, per un attimo, di fronte alla porta, a quel singolo attimo di esitazione…

Ma fu il porre la mano sulla maniglia del portone a darle l'ultima consapevolezza. Poteva non tornare.
Per la prima volta, la prima volta in assoluto, ne fu dolorosamente certa. Sarebbe potuta non tornare… era uscita da quella porta, correndo, piangendo. Era uscita e non aveva pensato a quanto fosse sicuro per lei quel grande albergo pieno di spifferi.
Spifferi… e persone. Sostò sulla porta, la mano sulla maniglia. Aveva paura di quello che era là dentro. Era realmente quello che voleva. Era davvero la casa dove c'era un posto per lei?
Forse non avrebbe dovuto abbassare la maniglia.
Non avrebbe dovuto.
E la maniglia le sfuggì di mano, le venne strappata dalle dita, mentre la porta si spalancava, inondando di luce il suo angolo buio.
Mentre le braccia di Angel forti e rassicuranti la stringevano, in una morsa di puro amore.


Non aveva mai saputo come avesse saputo di quell'esitazione…
L'aveva vista arrivare?
L'aveva sentita?
Come era…

"Angel…" - lo sussurrò quasi, acquistando parola dopo parola la coscienza della propria voce - "Come hai fatto, quella volta…"
si interruppe. Ed Angel si tese, cercando disperatamente un appiglio…quale?quale volta? E, se l'avesse chiesto, cosa sarebbe successo?
"Come facevi a sapere… quando sono tornata da Sunnydale…" - riprese, con lentezza, strofinandosi la faccia - " come sapevi che non sarei più entrata…"
Che mi sarei girata per andare via, già allora.
Che volevo andare via…
"Perché mi hai fermata…" - aggiunse, lasciando di nuovo spegnere la voce. E girando appena la testa.
"Perché…" - Angel chinò il capo, cercando parole di cui non aveva bisogno.
"Perché hai ripreso me ed i miei casini…" - singhiozzò Faith, girandosi a guardarlo - "Perché non hai lasciato che me ne andassi. Non saresti qui, adesso, non avresti problemi e non li avrebbe nessuno."
Si asciugava la faccia con forza, premendo la pelle, con le unghie e i polpastrelli. Seduta a terra, dov'era, lo fissava, dal basso.
Con lo sguardo bagnato di pioggia… come allora.
Ma che cosa stava succedendo… non c'era più controllo, nulla, assolutamente nulla.
Non faceva altro che sentire le urla di faith, come allora… anche se adesso c'era il silenzio tra loro.
"Faith…" - mormorò, accoccolandosi sui talloni. Non l'avrebbe lasciato avvicinare, lo sapeva - "io ero qui. Ero qui ad aspettarti e ti ho sentita. Ti ho sentita dietro la porta, ho sentito il tuo cuore…"
Tese la mano, fermandosi poi, con le dita leggermente protese.
"Eri tornata, ed io pensato che… di non poter aspettare che tu entrassi. Che eri troppo vicina, per non…"
e gli mancò la voce. Qualcosa l'aveva preso, al centro del petto. Come un dolore fisico, facendolo piegare su se stesso. Appoggiò una mano a terra, in cerca di un sostegno che fosse più psicologico che fisico.
"Quando ho perso di vista ciò di cui avevi bisogno. Quando mi sono perso nei miei pensieri tanto da non saperti più ritrovare. Perdere Buffy…"
Si interruppe. E lo sguardo di faith tornò ad asciugarsi.

Riacceso di quella rabbia.

Buffy. Ci sarebbe sempre stata Buffy tra di loro.

Scattò in piedi e per un attimo troneggiò su di lui, con il pugno alzato.
Tra loro passarono fuggevoli le immagini, i loro combattimenti, le loro guerre personali. Le loro guerre, uno contro l'altro.
Ed Angel prego, pregò di ricevere quel colpo. Di sbattere contro la realtà dei fatti.
Ma non accadde.
Faith distese lentamente le braccia, fino a farle ricadere contro i fianchi.
Angel, nuovamente in ginocchio di fronte ad una Cacciatrice.
Ma lei non era Buffy.
Non avrebbe avuto il perdono, per un colpo di spada nel cuore.
Poi Faith si voltò e corse.

E quel dolore, in fondo al petto di Angel, esplose, con una violenza tale da divenire urlo.

"Perdere Buffy è nulla in confronto al perdere te."

La vide fermarsi. Arrestarsi come se una barriera invisibile fosse sorta, tra lei ed il mondo esterno.
Sentì passi di corsa, alle sue spalle. E vide Wes, Wes saltare giù dall'ultima rampa di scale e passargli a fianco.
Il tempo si dilatò all'improvviso, spezzando il respiro a Cordelia, accorsa all'urlo di Angel.

Wes percorse con poche falcate l'entrata e sbattè con violenza la porta, strappandola dalle mani di Faith. Non preoccupandosi del crepitio di vetri rotti, sotto le sue mani, dietro la sua schiena, quando ci si appoggiò pesantemente.
Rimase fermo a fissare Faith, ansimando.

Ma Faith non lo vedeva.
Il suo sguardo era divenuto fisso.
Colpita.

Con una lentezza impressionante, voltò le spalle a Wes. Girò su se stessa e guardò Angel, ancora in ginocchio, spezzato.
Come se gli fossero mancate le forze all'ultimo, per seguirla.
Come se si fosse spezzato all'interno delle parole che non si erano dette, dentro quel silenzio cresciuto a dismisura sotto i tetti dell'Hyperion.
Angel stava immobile, con il viso alzato verso di lei.

"Perdere Buffy è nulla in confronto al perdere te." - lo sentì ripetere, rauco.

Con lo stesso controllo malfermo della voce… lo stesso che Faith sapeva di aver provato.
La stessa natura del loro dolore….erano uguali.
Per la prima volta, quella verità la colpì, facendo di lei una colonna di ghiaccio, diramandosi dal centro dello stomaco, come il dolore di un pugno ben assestato.
Lei ed Angel erano uguali.
Lo stesso silenzio, la stessa rabbia che consumava all'interno, due volti e due modi di reagire per uno stesso dolore.

Ti prego, Faith, credimi, per piacere…

Per piacere.

Angel implorava.

E adesso, per Spike, fermo ai piedi della scala, giunto all'inseguimento di Wes, quel fuggevole commento di Angel, di pochi momenti prima, assumeva un vero significato.
Posso farcela.
Posso farcela in che senso, Flagello.
Cosa, in cosa sentivi di poter fallire…
Non sapevi che lei è la tua bambina e non può lasciarti, non sapevi sul serio che non sempre dai genitori si fugge?

Faith era tornata indietro, con una lentezza impressionante…ed era scivolata a terra, di fronte a lui. Allungando le braccia, stringendolo, guancia contro guancia.
"Non mi lasciare, ti prego, non mi lasciare…" - singhiozzò, piegandosi finalmente al dolore e non più alla rabbia. Lei, lei che voleva fuggire, ora implorava per non esser lasciata sola - "Mi dispiace, Angel, mi dispiace tanto…"
Stretti. Il dolce ed essenziale ritrovarsi degli abbracci.
La Cacciatrice e il Flagello, un unico fagotto di vestiti e lacrime.

Wes non si era mosso. E rimase sorpreso, quando a fianco, si ritrovò il vampiro biondo. Lo fissò, mentre si fermava, scostando incurante i cocci a terra, con la punta dell'anfibio.
"Nei prossimi tempi, Price, avrai bisogno un alleato… e credo che mi offrirò volontario…" - sospirò, gettando ancora un'occhiata a quella scena struggente - "Ho sempre amato le sfide… e soprattutto i guai."

Cordelia si voltò, sentendo passi alle sue spalle. E vide apparire Doyle. Arruffato e silenzioso.
Lo guardò, mentre si avvicinava e la affiancava.
"Non possono separarli, Doyle. Non possono, dobbiamo impedirlo."
"Lo so, sto facendo l'impossibile. L'impossibile, Cordelia."
L'aveva chiamata per nome. Come non faceva da tempo. Con un tono di voce deciso, come se la loro difesa fosse già una realtà di fatto.
Non aggiunse altro, nel puntare gli occhi verso quelle due anime perse.
E rimase immobile con, nella mente, la voce pacata della loro salvezza d'oltreoceano.