Senza un perchè
Seguito di "The gift"
I personaggi delle serie "Angel" e "Buffy, the vampire slayer", appartengono a Joss Whedon, la WB, ME e la Fox, l'autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.
***Ho cambiato in parte le vicissitudini di Faith dopo la sua ripresa dal coma. Per chi ne volesse sapere di Più: da Oltre il destino-cap.III
***Inoltre ho dato un seguito alla puntata "Foll for Love" (V stagione) per meglio spiegare i rapporti tra Spike e le Cacciatrici in L'uccisore
"ehi briciola." - spike si allungò sul letto, passandosi un braccio dietro la testa.
L'estate era passata. almeno così dicevano. Da un paio di giorni su los angeles cadeva una lenta pioggerella che stendeva un certa uniformità grigia su ogni cosa.
Cordelia e doyle erano scappati in un posto non ben precisato. Una breve telefonata da una stazione di servizio e via! Una fuga romantica senza preoccupazioni, approfittando del ritorno di wes dall'inghilterra. Sarebbero dovuti tornare in serata o, al più tardi, domattina.
Un'estate in città, per Faith ed Angel. Con tanta voglia di fuggire.
Spike, invece, era stato dedito ad una vita da pendolare.
Da sunnydale a los angeles.
E ritorno.
Con dawn.
Senza dawn.
Avanti e indietro. e le poche volte in cui non era per strada e non era a sunnydale… stava al telefono.
"Qui tutto ok. Angel è particolarmente silenzioso. Già, più del solito." - spike giocherellava con la matita, tamburellando sul quaderno - "Abbiamo fatto a botte con un gruppetto, l'altra notte. Lo sai che uno di loro lo ha morso? Non vedevo una cosa tanto divertente da un sacco di tempo…"
dawn ridacchiava alle sue battute. Rispondeva per le rime.
Ma Spike non si lasciava imbrogliare.
C'era qualcosa in lei…
Dawn era cresciuta molto nel corso di quell'estate. La solitudine, la nuova vita sembravano aver influito, mettendola di fronte ad atteggiamenti adulti indispensabili alla sopravvivenza.
E poco a poco, quasi tutto questo potesse influire sul suo corpo, era fisicamente cresciuta, perdendo in parte quell'aspetto etereo che l'aveva sempre contraddistinta.
In fondo buffy era morta perché dawn potesse restare umana.
Perché dawn ai suoi occhi, era già umana. Ed ora lo era per tutti, così alta e magra.
Per una strano scherzo del destino, alla fine, era venuta fuori anche una certa somiglianza tra le sorelle.
Qualcosa, in alcune espressioni, nel guardarsi intorno.
Guardinga.
Senza essere diffidente.
Ed anche adesso, Spike poteva immaginarla. Seduta nell'ingresso. poteva capirlo dal suo strofinare le unghie lungo il ripiano del mobile, lo sentiva in sottofondo. C'era qualcuno con lei, qualcuno che camminava, con passo leggerissimo… forse tara…
Probabilmente aveva i jeans ed una maglietta rosa. Prediligeva i colori pastello e gli abiti in cotone e, in un desiderio di essere meno informe di quanto già non si sentisse, aveva scoperto i sandali con il tacco sottile. Sottolineando delle splendide caviglie e dando alla sua già allampanata figura un'andatura ancora più precaria.
Nel complesso, cresciuta troppo in fretta.
Ma ancora con quel sorriso adorabile su un musetto da bambina in cui gli occhi erano protagonisti incontrastati.
Si stava mordicchiando un labbro. Lo faceva tra una frase e l'altra. Non era sua abitudine quanto lo era stato per Buffy. anzi, dawn si tormentava il labbro inferiore soltanto quando provava imbarazzo innanzi a spike. le poche volte che le succedeva. Spike chiuse gli occhi, cercando di visualizzarla meglio. Sapeva benissimo che dawn stava cercando il coraggio per confessargli qualcosa. Ma non aveva fretta. Non le sarebbe successo nulla se si fosse concessa ancora qualche minuto….
"Spike, senti, c'è una cosa che devi sapere…" - finalmente si era decisa. Spike sedette sul letto, posando i piedi nudi sul tappeto, iniziando a cercare con lo sguardo gli stivali.
Gli sarebbero potuti servire…
"è successa una cosa…" - dawn accellerò il ritmo delle parole, uniformandolo al suo respiro - "Non una cosa grave, smetti di cercare le scarpe…"
ma come cavolo se ne era accorta?
"Ti ascolto, briciola." - spike cambiò addirittura orecchio e rimase fermo.
"è una cosa incredibile. Willow voleva chiamare angel, ma io penso che tu sappia come dirglielo…." - dawn alzò gli occhi, fissando l'alta figura in piedi innanzi a lei, i capelli raccolti, e gli occhi leggermente vitrei.
"Dawn… dirgli cosa…"

gli piaceva il suo studio.
Anche se il più delle volte era sinonimo di una porta chiusa a cui non arrivava mai.
Una catastrofe.
Un'emergenza.
Un'apocalisse.
Ed angel faceva dietro front e scendeva le scale.
Infilandosi la giacca.
Ma stasera no.
Una finestra spalancata, un davanzale bagnato di pioggia ed una comoda sedia in pelle.
Guardare fuori e perdersi ancora un po'.
Per ritrovarsi in un bussare discreto.
"Avanti." - sospirò. Limitandosi ad alzare gli occhi, quando la pallida mano di spike spuntò oltre il battente.
Seguita da tutto il resto di lui.
Per ultimo giunse il suo sguardo, tenuto basso fino a quell'istante.
"Angel. Io dovrei parlarti." - ostentava una sicurezza fin eccessiva.
E pilotava la sua attenzione sopra la testa di angel, per non guardarlo in viso.
"allora parlami." - replicò l'altro.
Spike non sapeva da dove iniziare. Si era addirittura dimenticato di posare il cellulare. Estraeva e rinfilava l'antenna meccanicamente.
Come sarebbe stato meglio? Alla lontana? Filosofico? Brutale?
Dove finivano le elucubrazioni sembrava iniziare il nulla.
"William…" - anche Angel iniziava a percepire un certo disagio - "Qualunque cosa sia… dilla e basta."
"Bel suggerimento." - replicò automaticamente Spike. prima di accorgersi di aver parlato.
Alzando lo sguardo sorpreso.
Fissandolo.
Una gamma pressochè infinita di emozioni gli stava passando in fondo allo sguardo. Angel lo fissò, ricambiando il silenzio con il silenzio.
"E' viva…Angel." - la bocca di Spike scandiva quelle poche parole - "e'… viva."

Viva. Di nuovo viva.
Dannazione, averlo saputo… pensò Spike. Pentendosene all'istante.
Pioveva.
Ma quel punto del terrazzo era riparato. Sul tetto dell'Hyperion, sul gradino, poco lontano dalla porta metallica accostata, stava spike.
In preda ad una sana rabbia che sapeva di gioia.
Era contento.
Era perplesso.
Era…
Era un vampiro con l'anima che pensa ad una cacciatrice tornata in vita.
Buffy era tornata.
Angel non aveva avuto bisogno di sentirla nominare. Si era appoggiato allo schienale, schiantato. Oppresso da quella notizia.
E poi dawn aveva avuto la faccia tosta di dire che era il più adatto a dirglielo.
In base a cosa?
In base a cosa, cazzo!
L'aveva detto. Poi aveva girato sui tacchi e se ne era andato. Come si poteva dire una cosa del genere?
Non poteva la rediviva presentarsi a los angeles con un bel sorrisetto?
Perché diamine doveva esserci un ambasciatore!
E non è buona creanza risorgere quando si è stati tanto pianti!
È una cosa che disorienta!
E…
"E stai parlando come un vittoriano del cavolo, caro il mio Spike!" - si disse, lanciando lontano il cellulare.
Dritto in una pozzanghera.
Brontolando si alzò per raccoglierlo. Lo pescò e lo scosse, tornando a sedersi con un tonfo.
Giusto in tempo per vedere Faith accostarsi la porta metallica alle spalle, uscendo sotto la pensilina. Si sedette, dandole la schiena. Sapendo benissimo che si sarebbe seduta a fianco, posando i gomiti sulle ginocchia, imitandolo.
"Lo sai già, vero?" - mormorò.
"Già." -annuì Faith - "Sono arrivati doyle e Cordy. Stanno parlando con Angel. Ha chiamato Giles, sta tornando dall'Inghilterra in fretta e furia…"
spike annuì innanzi a quelle informazioni, mantenendo lo sguardo fisso nelle gocce che si infrangevano sul cemento.
"da quanto sei qui?"
"Da quando l'ho saputo."
"Wes sta parlando con Willow. E con la ragazza bionda, tara. Di magia, credo." - tacque un istante, cercando disperatamente qualche altra informazione - "anzi, credo voglia andare fino a sunnydale, oppure sarà Giles a passare di qui…"
"Cosa ne pensi faith?" - gli sarebbe piaciuto avere una sigaretta.
"…"
"Sai benissimo che cosa ti ho chiesto. Cosa pensi faith. Cosa… provi."
Volse il capo verso di lei. Cosa gli passasse per la testa… spike aveva sofferto molto per la morte di Buffy. per certi aspetti, forse, più ancora di angel.
Qualcosa sembrava roderlo da dentro, travolgerlo irrimediabilmente. Una volta, ridendone, l'aveva definito un "dolore imbastardito". Non era niente di puro, niente. Era qualcosa che lo prendeva nel petto, lo attanagliava come sanno fare solo le cose che non si possono dire. Qualcosa che di colpo gli sfrecciava negli occhi.
Era così ormai da molto tempo.
Dapprincipio Faith aveva chiuso il cuore innanzi a quel tormento. I suoi contrasti con il Consiglio, le pressioni che erano state fatte su Wes l'avevano distratta, assorbita in un frenetico susseguirsi di esasperazioni.
E spike, così assente, così lontano, era divenuto una figura sullo sfondo.
Senza esserlo veramente.
Trovarselo di fronte, anche fuggevolmente, giorno dopo giorno le aveva permesso di crearsi un'opinione su quello che ancora non sapeva definire.
Perché nulla le avrebbe fatto cambiare idea.
In Spike c'era qualcosa.

Qualcosa che non gli permetteva di suonare la chitarra.
Dopo quell'alba ormai fuggita in cui li aveva portati tutti lontani dal baratro, non c'era più stata nota alcuna.
Aveva semplicemente smesso.
Come se fosse cosa da nulla. E lorne lo aveva capito prima di tutti loro, già mentre Spike scendeva le scale, lorne, che aveva scosso la testa con un sorriso triste e scanzonato allo stesso tempo. Spike si era voltato a fissarlo, come se avesse sentito quell'occhiata sfiorargli la nuca.
Ed aveva ricambiato, sfidato a dire qualcosa.
Ma lorne non aveva nulla da dire. Nulla che spike già non sapesse.
Poi era sparito.
Semplicemente.
I mesi si erano susseguiti, da uno a due e da due a tre.
Presto dawn avrebbe ricominciato la scuola. Anzi, avrebbe cominciato la scuola, il liceo.
E spike sarebbe rimasto a los angeles. Non aveva mai voluto andarsene realmente. E Dawn, per quanto la cosa potesse non piacergli, stava meglio dove stava, a casa con Tara, Willow e lo stupido Xander.
Non si era risparmiato un attimo. Restando sempre se stesso, patendo quella situazione.
Come se nessuno gli avesse mai detto che quando si è immortali, prima o poi si perdono le persone che si amano. forse prima non gli era mai importato abbastanza….
Come a Faith, del resto.
E quindi l'immortalità non centrava…
Il problema era l'essere umani…
D'istinto Faith si protese in avanti e gli accarezzò a guancia.
Lo sorprese. Il suo semplice gesto lo fece voltare, meglio di ogni parola.
"Io…" - quanto le costava dirlo -" sono contenta per lei. E per angel."
E lo vide. Vide quel piccolo sussulto in fondo al suo sguardo. Lo sentì come una fitta nel cuore.
Buffy in quei mesi era stata più sua che di angel. era lui che portava il piccolo claddagh legato al collo. Ed era ancora lui che, per ricordare quel maggio in cui l'aveva vista cadere, posava due rose bianche innanzi alla sua lapide.
Due.
Come le persone pure che gli erano state affidate.
Due.
Povero spike, così preso dalla sua missione. Così gabbato dal destino.
Vorrei vedere il mondo con i tuoi occhi, spike.
Con occhi blu.
"angel non ha nessuna possibilità neanche adesso." - lo sentì mormorare.
"Saperla viva e lontana è meglio di saperla morta. Non sei d'accordo?" - replicò, quasi senza accorgersene.
Non rispose. Perché nel cuore era d'accordo pure lui.
"Le hai parlato, vero?"
"Avrei voluto. Poi ho cambiato idea." - sorrise - "nemmeno io so cosa dire a chi resuscita. Avevo un'unica battuta in testa… caspita, allora è prerogativa delle donne di angel! no, non mi sembrava il caso."
Faith lo guardò, mentre scimmiottava se stesso. E sorrise. In effetti Buffy summers non avrebbe apprezzato quel paragone con darla….
"Non si dovrebbe tornare dalla morte." - mormorò spike, alzando lo sguardo al cielo grigio - "Le cose non sono mai come le hai lasciate. I sopravvissuti diventano nevrotici a cercare di tappare la falla che hai lasciato e poi… come se niente fosse…"
saltò in piedi. La pioggia cadeva più fitta e Spike, in preda a qualcosa che sembrava un attacco isterico, tirava calci alle pozzanghere, urlando come un'aquila.
"Come se niente fosse… il caro estinto se ne torna indietro!ehi gente, eccomi! Posso riavere la mia camera, posso restare ancora un po' nelle vostre vite? Ho cambiato idea… oh, certo, ha cambiato idea! Ha distrutto tutti quelli che la conoscevano, sua sorella, dannazione, guarda sua sorella! Un'estate per farla restare in piedi, per farle capire che Buffy si era sfracellata per hobby e non per colpa sua! E Giles! Giles che potrà anche non piacermi ma che ha ubriacato pure i suoi globuli rossi per riuscire a superare la cosa!" - allargò le braccia e gridò al cielo. Ancora.
"per non parlare di Angel! certo, perché escluderlo dai grandi traumatizzati. In fondo aspettava solo di morire…"
Non aggiunse altro. La sua voce si abbassò per un attimo e faith lo vide chinare le braccia, come se qualcosa gli avesse attraversato prepotentemente la coscienza. Ma per lei era gia abbastanza. Sotto la pioggia, in piedi, alle sue spalle.
"Perché non comprendi anche te, in questa gamma di reazioni? Vogliamo parlare delle tua chitarra?" - lo provocò.
"Ma di cosa stai parlando?"
"sto parlando di te, Spike, della tua dannata testa dura. Non dovresti stare anche tu tra le persone che si sono spaccate per riempire quel vuoto? Non ti sei quasi annullato per chiudere la cosiddetta falla?"
"Non sai di cosa stai parlando!" - provò a voltarsi ed ignorarla, a riprendere la sua crisi di rabbia. Ma faith, incrollabile, lo afferrò per un braccio e lo obbligò ad ascoltarla.
"Se io non so di cosa sto parlando, tu non sai cosa stai facendo!" - lo fissò dritto negli occhi, con una tenacia che Spike non riconobbe - "E non mi sembra che tu ti sia comportato da incosciente finora. Hai programmato tutto, fino all'ultima virgola. Ed il tuo problema è che adesso ti senti superfluo, proprio adesso, così vicino all'autodistruzione."
"Finiscila!" - spike la strattonò, per liberarsi dalla sua mano.
E faith, barcollando arretrò.
"Non è così?" - Adesso gridava veramente -"Non è così, Spike? non è che di colpo ti ritrovi con un dolore che non si è mai sfogato ma che per lo meno ti teneva in piedi? Non è questo? Non avevi la sua tomba e sua sorella, il suo spazio e la sua missione? Ed adesso è tutto superfluo. Buffy ha risolto la situazione molto meglio di quanto tu non avresti mai potuto fare? È questo il problema? è questo?"
"Taci! Cosa nei vuoi sapere, piccola ipocrita. Tu, felice per lei! Non ti è mai importato niente di Buffy. felice per lei! Tu che hai sempre solo voluto il suo posto, proprio tu, che ti sei sbattuta il suo ragazzo fingendo di essere lei!" - odio, gli sembrava quasi di provare odio - "Ma fammi il piacere! Non sai niente di quello che provo e credo. Niente, non ne saprai mai niente. Perché sei una sciocca ragazzina che si è sempre riempita la testa con risposte che non aveva!"
l'avrebbe colpita. L'avrebbe colpita se non fosse stata faith a colpirlo per prima.
Uno schiaffo. Faith, capace di atterrare un vampiro alto il doppio di lei.
Faith che lo schiaffeggiava.
Spike voltò la testa per il colpo e, in un moto incontrollabile, fece per ricambiare. Alzò il braccio.
E tutto si congelò, in quell'istante.
Rimase lì, abbacinato. La mano alzata. I vestiti di entrambi zuppi di pioggia. e gli occhi di Faith pieni di lacrime.
Lacrime. Faith tremava e piangeva, con un'espressione che mai le aveva visto negli occhi.
Faith sapeva di sconfitta.
Faith si era spezzata.
Nulla, nessuno aveva mai incrinato dentro di lei la forza.
Nulla. Solo Spike.
Inaspettatamente.
Impietrito a fissarla, a minacciarla ancora, con la mano alzata. Ormai dimentico del perché.

Nel sentirsi gelare il cuore, al suono della sua voce.

"Ti comporti così perché sei tu che non avrai una chance con lei nemmeno in questa vita?"

la vide portarsi una mano alla bocca, come se quella frase fosse nata con vita propria. La vide specchiarsi nei suoi occhi azzurri sbarrati per lo stupore.

Poi fuggì. Incespicò e cadde, prima di giungere alla porta. Ma continuò a fuggire.
Lontano.
Lontano da lui.

Avrebbe voluto rannicchiarsi su se stesso. E piangere.
Fino allo stremo.

Sotto di lui, nella via buia, risuonavano già passi disperati.

II
"Spike, ma cos…" - Wes, seduto nello studio di Angel, con Cordy e Doyle, scattò in piedi, quando lo vide sulla porta.
Ma Spike non lo degnò di uno sguardo, mentre con andatura da ubriaco, correva fino alla scrivania di Angel.
Era bagnato fino all'osso.
Ed Angel lo fissò stupefatto, prima di alzarsi per andargli incontro, mentre questi si appoggiava pesantemente al ripiano, parlandogli con voce concitata.
"Io ho combinato un casino." - la sua voce era quasi isterica, come i movimenti con cui si scostava i capelli bagnati dal viso - "non volevo dirle quello che ho detto. Non so dove sia andata, ma dobbiamo trovarla, ti prego Angel, dobbiamo trovarla, io non so dove sia andata, ma si farà male, le faranno male se la trovano."
Non smetteva di parlare, di balbettare, tremando. Angel, lo afferrò per le spalle e lo scosse. Il gelo che provava nel cuore gli impediva di chiedere chi fosse la persona in pericolo.
Lo sapeva.
"Calmati William, non mi sei di alcun aiuto così." - cercava di apparire forte, nello stringergli le braccia - "Si aggiusterà tutto, stai calmo."
"Tu non capisci" - gridò Spike, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime - "il suo sguardo Angel, il suo sguardo… io l'ho spezzata… l'ho spezzata."
Faith spezzata. Sarebbe stata una frase senza senso, se non fosse uscita dalle labbra di spike. Aveva un significato preciso, innegabile, connesso alla natura di predatore di cacciatrici.
Anche se sarebbe stato difficile riconoscere in lui l'Uccisore. Ora, mentre l'orgoglio del passato tornava vivo nel presente diventando rimorso.
Lo lasciò andare, lo vide appoggiarsi pesantemente la scrivania, ansando, cercando di calmarsi.
Cercando di sentire la voce del suo orgoglio che gli faceva notare lo spettacolo che stava dando.
Agli occhi di Cordy, un passo dietro Doyle. Agli occhi di Wes.
Wes. Angel si voltò, per essere colpito dalla gamma di emozioni che gli attraversava il volto.
Wes sapeva a cosa si stava riferendo spike.
C'era, era stato presente il giorno in cui spike l'aveva spiegato a Faith. Le parole gli erano risuonate a lungo nella mente.

cosa aveva fatto Spike a Faith?
Cosa?
Perché?

No.
La verità li colse agghiacciandoli. Entrambi. Angel e Wes, in quel muto dialogo si scambiarono un'espressione inorridita.
Non c'era stato un perché.
Spike era andato a segno senza vedere il bersaglio. Era questo che lo stava facendo reagire in quel modo.
Angel girò su se stesso, andò verso spike. ma questi si divincolò,dalla sua stretta.
"Lasciami!" - urlò - "non capisci? È in pericolo, devi cercarla, l'hai già trovata una volta, tu sai come fare, tu puoi ritrovarla. Angel ti prego, devi salvarla, ha bisogno di te." Arretrava, quasi inciampando nel tappeto, come un animale braccato. Fino a ritrovarsi quasi chiuso in un angolo.
"Ha ragione." - la voce di Doyle risuonò chiara in quel silenzio opprimente - "Se Spike dice che la cacciatrice è nei guai dobbiamo cercarla. Faith ha bisogno di noi."
"Andiamo." - rincarò cordy, ignorando la situazione tesa, parlando con il tono sicuro di sempre - "Andiamo. Wes prendi il cellulare e chiama Lorne. Digli che ci serve il suo aiuto, spiegagli…"
spiegargli cosa?
"Oh, dannazione, spicciamoci!" - gridò, correndo verso la porta, cercando le chiavi nella borsetta.
Doyle la seguì e Wes gettò solo una fuggevole occhiata alle sue spalle, prima di scendere a precipizio le scale.
Solo angel rimase fermo.
E spike ne approfittò per inveirgli ancora contro.
"Muoviti, dannazione, muoviti. Fai come loro, aiutala, aiutala…"
La sua voce si spense quando sentì la stoffa del maglione di angel tra le dita. Vi seppellì il viso, singhiozzando, afferrandolo con le mani, laddove poco prima aveva cercato di colpirlo. Cogliendo Angel assolutamente di sorpresa.
"non volevo farle del male, non volevo. Aveva ragione lei, mi sono innamorato del suo ricordo. Come ho amato lei, a modo mio, prima della mia anima dannata, prima questa vita… ero così orgoglioso di poter fare una cosa così importante, così orgoglioso di potermi occupare di dawn… avevo tanto voluto il suo rispetto, a Sunnydale. L'avevo desiderato così tanto. Volevo mi rispettasse, volevo mi amasse, perché aveva così tanto ed io non avevo niente, sempre a mendicare qualcosa della sua vita." - sentiva le braccia di angel cingergli le spalle, mentre, in un soffio, gli raccontava il suo amore da terzo incomodo - "e lei è morta, ha lasciato tutto a me, a me… ed io non volevo più deludere nessuno. E non mi sembrava abbastanza. Adesso sarebbe potuta essere anche mia. Adesso che non avrei più letto la scelta nei suoi occhi. Lei, lei, sempre lei che non sono riuscito a piegare… Ho detto a Faith cose che non pensavo, perché aveva ragione, perché sono arrabbiato con Buffy, perché è tornata e…
e perchè non mi sono ricordato che il cuore di Angel è troppo grande per non avere spazio anche per me. perché non mi è importato di Faith, in questi mesi, perché anche se eravamo così uniti, io l'ho lasciata sola. Perché avevo litigato con Buffy per via di faith…. Perché alla fine mi sembra di avere scelto Buffy anche se amo faith…
E non mi importava più che Buffy fosse in torto, solo perché è morta. Perché era morta.
Ho sbagliato tutto, tutto, tutto, tutto…"

Erano parole concitate, quasi incomprensibili, immerse nel dolore non sfogato di tutti quei mesi. Fatte di verità inammissibili, fatte di un'angoscia sempre più grande su fragili fondamenta. Un dubbio, un piccolo desiderio, poche cose nate da un dolore genuino e cresciute dentro un fulcro di disperazione incompresa.
Il dolore rimasto dopo la singola lacrima al funerale. Il suo dolore, come base per accatastare quello degli altri. Dilaniato da mille direzioni, debolezza su debolezza, mese dopo mese.
Chiuso in un silenzio dello spirito così poco consono al suo carattere. Spike, capace di dire a tutti il fatto proprio.
Spike, che non aveva mai mentito. Che urlava cattiverie solo se c'era un buon motivo.
E non lo trovava in quello che aveva fatto a faith.

A poco a poco, si consumarono quei minuti densi di disperazione.
Poi i singhiozzi cessarono del tutto.
Spike si raddrizzò, asciugandosi gli occhi. Come se tutte quelle lacrime lo infastidissero più degli abiti ancora impregnati di pioggia.
"Non c'è tempo. Dobbiamo andare." - mormorò, come se sentisse di doversi scusare, con un tono duro e finto. Chiudendo nuovamente quella scatola che chiamavano cuore.
"Non vuoi aspettare qui?" - domandò Angel, nel lasciarlo andare quasi a malincuore, ma fingendo di non essere stato presente a quello sfogo incontrollato - "potrebbe tornare..."
Lo vide scuotere la testa, ma gli impose di guardarlo in faccia.
"tu ed io, a quanto pare, dobbiamo parlare di molte cose." - ma non sapeva quali fossero. Fino a poco prima, aveva provato solo il sollievo per la vita di Buffy che ancora brillava. Prima di sentire la morsa della paura all'idea che l'universo potesse reclamare una cacciatrice nel ritorno di un'altra - "resta qui, perché io credo che Faith tornerà e riprenderete la conversazione da dove l'avete interrotta."
Spike chinava lo sguardo come un ragazzino mortificato. Non sembrava proprio più lui. Ma lo era stato, in quei mesi?
"William… anch'io ho paura del ritorno di Buffy. è come se si aprisse una voragine per inghiottirci tutti. È come se non potessimo più credere a nulla, non potessimo avere certezze... Ma le abbiamo mai avute? Prima o poi discendiamo tutti all'inferno, varchiamo le porte del tempo e ci arroghiamo il diritto di tornare. Ma pensiamo sempre che valga solo per noi stessi, per le nostre forze. Non ci concediamo l'illusione della speranza o della fiducia. Pensiamo che le persone che amiamo non possano cambiare, che non reagiscano, mentre noi ci muoviamo nella loro vita.
Siamo fatti per sorprenderci, innanzi ad azioni che non pensavamo neanche potessero essere concepite da mente estranea. Willow ha fatto ciò che anche noi avremmo voluto fare. E Buffy è tornata. Come me. Come Doyle."
Gli cinse le spalle, seguendo un istinto che andava ben oltre la consapevolezza degli eventi.
Lo fece sedere nel posto occupato fino a poco prima da Wes. Poi si chinò, per incontrarne lo sguardo.
"io non so cosa riservi questo ritorno. Se sia uno scherzo del libero arbitrio o un tassello del disegno universale. Una cosa la so, William. Buffy è stata più presente nella mia vita in questi mesi di quanto non sia mai stata. È brutto da dire, ma è così. È più facile sentire come propria una cosa che non parla, che è inanimata, che vive solo perché siamo noi a darle vita. Buffy odierebbe questa frase, ma è la triste verità del nostro rapporto. Non mi illudo che le cose cambino."
Spike lo fissava in silenzio, con le mani abbandonate tra le ginocchia. Lasciando che le parole gli penetrassero lentamente, facendo strada tra le cellule del suo corpo. Le sentiva come un contatto, un intenso contatto.
"quando tu sei entrato da quella porta con questa notizia, io, per un attimo, non ho saputo pensare nulla. Nulla. Se non che l'incubo è finito. Non dirmi che non capisco." - si affrettò per interromperlo - "non dirmi che il tuo incubo inizia adesso. Non è vero. Quello che è successo tra te e faith è stato un grandissimo sbaglio. Ma puramente casuale. Ti sei scontrato con lei perché sei abituato alla sua testa dura, al suo risponderti per le rime. Hai un'attenuante."
"come mai io ne ho sempre e tu mai?" - bofonchiò Spike, tirando su col naso. Una reazione umana, constatò Angel, ripensando per un attimo a come, tanto tempo prima, avesse detto a Dawn che i vampiri non si soffiano il naso.
Dawn.
Piccola Dawn troppo grande per se stessa e troppo grande adesso che Buffy era tornata.
"E non sei contento?" - replicò, costringendosi a sorridere. Si alzò - "adesso devo andare. Resta qui e cerca di schiarirti le idee. Non credo che le cose siano gravi come le dipingi…"
afferrò la giacca ed uscì, domandandosi come poteva essere così ottimista senza alcuna verità.
Si voltò ancora un attimo, fingendo, perdendosi in una frase semplice.
"E lavati la faccia. Ci vediamo più tardi."

Non gli piaceva doverlo lasciare da solo.
Non gli piaceva essere stato così concentrato tenere la mente occupata da non essersi accorto di tutti quel tumulti nascosti sotto la quotidianità. E non era certo di poter veramente capire Spike.
Non aveva pensato che gli incubi possono mutare sostanza, al posto che sparire. Si era illuso che quella loro conversazione, a Sunnydale, potesse sedare ogni angoscia. Aveva sperato che il sangue riparasse il suo spirito.
Si era clamorosamente sbagliato.
E non c'era rimedio.
Ci sarebbe stato bisogno di rimedio, se buffy non fosse tornata?
Sussultò, per quel pensiero. Se buffy non fosse tornata…
Era più rassicurante pensare che non si sarebbe accorto del guaio in cui si era cacciato Spike. Che fosse un bene, la nuova vita di buffy.
Lo era, si ripetè, lo era.
C'era Doyle nell'ingresso. Stava posando il telefono e si girò, per guardarlo scendere le scale.
Gli sorrise, scanzonato. Capendo troppo, come sempre.
Ed angel, ricambiò, con aria tollerante.
"siamo due bei geni, non credi?" - lo provocò, per sdrammatizzare un incipiente senso di colpa.
"L'avessimo visto più di cinque minuti, negli ultimi tre mesi, ce ne saremmo accorti… anche se cinque minuti, in effetti, non sono pochi…" - mormorò Doyle, giocherellando con l'anello, come suo solito - "Comunque ho chiamato Lorne. E lui ha detto che verrà qui a tenerlo d'occhio. Tanto sapevo che non te lo portavi dietro…"
"mi sembra una buona idea…"
"Soprattutto perché Wes ha preso la moto di Spike…"
sedettero in macchina. E fu armeggiando per mettere in moto che, di colpo, anche il cervello di Angel mise a fuoco un particolare.
Un piccolo particolare.
Piccolo?

Nella voce di Spike….

Oddio.

Perché avevo litigato con Buffy per via di faith… Perché alla fine mi sembra di avere scelto Buffy anche se amo faith…

Oddio.
Doyle lo guardò, mentre si abbandonava sul sedile, con lo sguardo vacuo.
"Angel… non vorrei interromperti ma…" - diede un colpo di tosse molto discreto - "là fuori da qualche parte c'è Faith che si prende una polmonite a suon di lacrime…"
"Wes la troverà prima di noi." - rispose automaticamente l'altro, passandosi una mano tra i capelli e mettendo ugualmente in moto - "Doyle… io credo che spike abbia detto… no, magari delirava…"
"Allora l'ha ammesso." - constatò con naturalezza Doyle. E con una punta di malizia.
Ed Angel, evitando di centrare un lampione, dimenticando la sua Spike-preoccupazione ed il suo Buffy-pensiero, incassò un altro colpo a sorpresa.
"tu lo sapevi?"
"So che nella vita di spike c'è sempre una cacciatrice. Pensavi sul serio che Faith fosse un'eccezione alla regola?"
"Di solito non ama le cacciatrici…" - … come poteva aver detto una sciocchezza del genere?
"E a te chi l'ha detto?" - Doyle abbassò il finestrino, respirando l'aria fredda del temporale appena terminato, guardando la poca gente sui marciapiedi - "Mi dispiace solo sia venuto fuori nel suo risvolto negativo. Credo che Spike non riesca nemmeno a immaginarsi come lui e faith siano vulnerabili uno di fronte all'altro. Soprattutto sull'elemento buffy."
"e chi non lo è…" - replicò l'altro, prima ancora di accorgersi di aver parlato. "Ti dirò, uomo. Tu stai meglio di quei due."
"è il vantaggio di essere stato anch'io quello che è tornato dall'inferno. Non credi?"
"Sbagliato. È il vantaggio di sapere eterno il proprio amore. Vivi o morti che siate." - Doyle tamburellò sulla portiera e sorrise alla città nella notte -"non cambia ciò che siete. La morte separa e riunisce quanto la vita. E dimentichiamo sempre che sia vita che morte non sono eterni. È un pensiero rassicurante, non credi? Qualcosa che si conclude per la stessa ragione logica con cui è iniziata. E la ragione logica è il sovrannaturale. Probabilmente non ti frega niente di quello che sto dicendo, perché sei giustamente preoccupato. Ma io sono stato rimandato qui a tenerti allegro, per cui…"
"Per cui continua pure a parlare. Io intanto penso ad altro."
"ehi, uomo." - lo chiamò ancora. Ma con un tono diverso. Profondo - "Tireremo fuori quei due ragazzi, da qualsiasi guaio in cui si siano cacciati. Te lo prometto." Angel gli lanciò un'occhiata, fuggevole. Ma Doyle vi lesse lo stesso tutto quello che Angel non aveva detto.

Di colpo gli sembrò che Buffy avesse portato via le loro voci. Come se con lei si fossero spente le parole che tutti loro sapevano creare. Il silenzio. Il silenzio era calato su di loro.
Solo ora, d'un tratto, dalle labbra di tutti loro sgorgavano frasi irrefrenabili. Spike e Faith. Angel e Spike. Caspita, pure wes aveva imprecato a denti stretti, entrando impunemente in camera di spike per cercare le chiavi della moto.
E Buffy, così causa di tutto e così vittima dei loro sogni ambiziosi?
Doyle scrutava i vicoli, cercando faith. Ma, nel suo cuore, irrefrenabilmente, provava il desiderio di correre a sunnydale.
Da buffy.
A parlarle, raccontarle del paradiso ed ascoltare il suo, come fosse, quanto lo rimpiangesse. Buffy, accusata di aver lasciato dolore, strappata dalla pace…
Che ironia, il destino.
Che grande incompresa, povera ragazza.
Il cuore di Doyle faceva in fretta a riempirsi di pena. Doyle era tornato indietro per un buon motivo. Doyle. Non Buffy. buffy probabilmente non sapeva il perché di questa nuova occasione.

E fu allora. Fu allora che…

"ferma la macchina."
"Cosa?" - angel frenò, bruscamente - "L'hai vista?"
"No. Non faith. Devo andare, devo fare una cosa." - mormorò l'altro, raccogliendo le poche cose che gli stavano scivolando dalle tasche.
Angel lo afferrò per un braccio e chiese.
"Una visione?"
"Sì, ma non del genere che pensi tu. Devo andare, angel, devo fare una cosa molto importante. Molto. E tu devi dire a Principessa che non ho intenzione di darmi ad atti di eroismo."
"doyle…."
"te lo giuro, Angel. non devo fare il martire. Devo soltanto parlare con una persona." - Doyle gli sorrise, per rassicurarlo - "cerca Faith, tu puoi trovarla. E quando la trovi, l'abbracci stretta e le dici che il cuore di una cacciatrice è troppo prezioso per essere sprecato. Non lasciare che imbocchi di nuovo la strada sbagliata…"
si gettò fuori dalla macchina, lasciandolo annichilito.
Mi dispiace, angel, ma non è questa la cacciatrice che devo salvare.
Mi dispiace.
Ti voglio bene faith, ovunque tu sia.

III
Corse.
Corse come non era mai stato abituato a fare.
Corse, fino alla fermata più vicina della metropolitana. E poi ancora, fino a varcare la porta dell'Hyperion.
Spalancandola.
Facendo sobbalzare i due demoni seduti nell'ingresso.
Lorne, in poltrona, fotogenico come sempre.
E Spike, seduto sul divano, a mani giunte.
Pronto a saltare in piedi, vedendolo entrare.
"non una domanda superflua." - Ansimò doyle, posando le mani sulle ginocchia, cercando di riprendere fiato.
"cosa è successo?" - chiese Spike, andandogli incontro.
"appunto. Niente. Non è successo niente. Domanda superflua."
"parli troppo per essere senza fiato."
"la stanno ancora cercando, Spike." - aggiunse doyle scambiandosi un'occhiata con Lorne.
Impegnato a passarsi elegantemente il pollice sul mento.
Con l'aria del gatto che succhia il topo come una caramella.
"bene, bene, bene… doyle, non potevi deciderti prima di uscire di casa?" - lo provocò.
"tu…" - rispose Doyle, puntandogli un dito contro e raddrizzandosi- "non fare umorismo. E tu, infilati una giacca, perché tu ed io stiamo partendo."
"non me ne vado fino a quando non vedo Faith al sicuro."
Testardo, le braccia incrociate. Una finta durezza. Doyle lo guardò, sperando che dai suoi occhi non trasparisse la tenerezza che gli provocava quel ragazzo. Sperò di essere incurante, freddo.
E che Lorne nascondesse quel suo irrefrenabile sorriso davanti ad una così pessima recitazione.
"Fai come vuoi." - disse, in tono neutro - "Ma io devo partire. Subito."
"Cosa… dove stai andando."
"Non vuoi venire, non ti deve interessare. Ma devi prestarmi la macchina." - aggiunse, fregandosene della privacy e sfilando le chiavi dalla tasca del trench, abbandonato sullo schienale di una sedia "Devo andare a parlare con una persona che ha bisogno d'aiuto."
"Con chi vai a parlare."
"lo sai benissimo. Lorne, spiega a tutti dove sono andato. O inventati una balla rassicurante. Tanto è uguale." - si sventolò con il cappello, prima di calcarselo in testa - "allora, Spike, ti muovi?"
"Ho detto che non vengo." - sillabò l'altro, ringhiando.
"Vedi Spike." - doyle gli sorrise, sentendosi così angelico da aver paura di essere picchiato - "Tu sei un pessimo bugiardo. E continuare a dire che non verrai quando una vocina nella tua testa ti dice chiaramente che lo farai…"

Avevano ancora tempo. Parecchio tempo.
Anche se Doyle tirava il collo al motore e correva come un pazzo furioso.
Fumando.
Cantando a squarciagola.
Battendo il tempo sul volante.
E spingendosi indietro il cappello con un dito.
"ma la vuoi smettere?" - gridava il suo compagno di viaggio.
"Ma non ci penso nemmeno." - rispose l'altro - "sono teso, tesissimo! Anzi, è la tua occasione per offrirmi anche un po' di quel bruciabudelle che tieni sotto il sedile!"
e Spike, senza un commento, estrasse la fiaschetta in argento. ne bevve un sorso e la passò al conducente.
"grazie" - mormorò questi, aggiungendo l'armeggiare con il tappo alla lunga lista di cose che stava già facendo. E poi aggiunse - "oh, grazie" - quando Spike decise di tenergli il volante.
"E di cosa? Del fatto che tuteli la mia persona?" - brontolò il vampiro. Odiava ritrovarsi a fare le cose solo perché doyle apriva bocca. E gli succedeva da quando si conoscevano - "oppure del fatto che ti assecondo anche quando sembri pazzo furioso?"
"anch'io assecondo un sacco di matti." - rispose l'altro con naturalezza, cercando un'altra sigaretta - "Mi spiace solo di non essermi imposto per estorcerti informazioni quel pomeriggio…"
"quale pomeriggio?"
"Sai benissimo quale. Quello dopo il funerale di Buffy, mentre aspettavamo che Dawn venisse a studiare francese con te." - Doyle curvò passando nell'altra corsia.
"ma si può sapere chi ti ha insegnato a guidare?" - gridò l'altro.
"Mamma." - un'altra accelerata con grattata del cambio - "e poi cordelia."
"perfetto." - mormorò Spike, ascoltando l'ennesimo ringhio del motore, scivolando sul sedile ed afferrandosi al cruscotto.
"Spike! non avrai mica paura della velocità!" - chiese Doyle, girandosi a fissarlo.
"Guarda la strada!" - replicò l'altro- "Ma perché non ho preso la moto…"
"perché Wes l'ha presa prima di te."
Adesso iniziava ad essere difficile sentire il motore. Spike urlava troppo forte.
"Oh insomma!" - sbottò ad un certo punto Doyle - "se il tuo accento inglese sale ancora di qualche ottava sveglierà il mio istinto patriottico! Ed io mi sentirò in dovere di tirarti un pugno!"
Convincente. Sintetico ma efficace.
Spike sprofondò un po' di più nel sedile, cercando un'altra sigaretta.
"Wes e la mia moto, tu e la mia macchina…perché dannazione perché…"
"Bello, degno di Amleto. Continua pure." - doyle gli gettò un'altra occhiata, per vederlo armeggiare con il cellulare. Scatenandogli un certo desiderio di giustificarsi.
"Chiamo Cordy. Voglio sapere se l'hanno trovata."
"No."
"No cosa?"
"non chiamare Cordy. Non le ho detto dove intendevo andare."
"Io non so nemmeno dove stiamo andando." - obbiettò l'altro, cercando di reprimere il nervoso che iniziava a salirgli - "E voglio sapere di Faith."
"Allora chiama Angel."
"no."
"ottimo. Ci siamo messi d'accordo." - annuì doyle - "per cui posa il cellulare e facciamo due chiacchiere."
"io…"
"Sì, sì, tu vuoi telefonare. Dopo. Telefonerai dopo." - fece una pausa, ma non riuscì a resistere al desiderio di importunarlo - "Sei veramente certo di non sapere dove stiamo andando?"
"Preferisco ignorarlo." - borbottò Spike. Conosceva quella strada ad occhi chiusi - "Mi sfugge perché. È quella la domanda a cui dovresti rispondere."
"Affari tra redivivi…" - replicò l'altro con un'alzata di spalle - "Avanti, parliamo. Dimmi perché non vuoi chiamare Angel."
"Perché la crisi isterica mi è passata e quindi non ho voglia di parlargli."
"Ti vergogni che Angel ti abbia consolato?"
"Fatti gli affari tuoi."
Doyle annuì, pensieroso, fissando la strada.
Poi tagliò un'altra curva, sentendolo sobbalzare per la sorpresa.
"Ti vergogni che Angel ti abbia consolato."
"io… Angel non mi ha consolato! Ero fuori di me. Avevo le idee confuse." - perfetto. Ti sei descritto come un idiota.
Chiamale idee confuse…
"Spike… è umano preoccuparsi o essere stressati dopo l'estate che hai passato."
"umano, appunto, io sono un demone!"
"E sei cattivo, duro, immorale e impertinente…. Concordo sull'impertinente." - Doyle iniziò a gesticolare, per spiegarsi meglio. Incominciando un sano sproloquio, mentre Spike, tornando a tenere il volante, sperava di sapere fare le curve, dal posto del passeggero.
Fino a quando non gli sembrò di aver raggiunto il limite di sopportazione.
"Fermati." - esclamò, interrompendolo.
"Cosa? Per quello che ho detto?" - si indicava con entrambe le mani -"Guarda che è lunga a piedi fino a los angeles, non mi sembra il caso."
"Ferma… Questa… macchina…"
"Eddai, Spike, non fare così. Ti lascio telefonare. Chiama Cordy. Tanto poi lei vorrà rompere solo le mie ossa."
"Guido io."
"Come, scusa…" - e riusciva addirittura ad avere un'espressione perplessa.
"Ho detto che guido io" - ringhiò Spike, piantandogli un dito in mezzo agli occhi - "ne ho abbastanza della tua guida. Visto che tanto sto già tenendo il volante, voglio anche il posto."
Doyle cercò di obbiettare.
Il dito tornò a sembrargli pericoloso.
"Non una parola. Ferma e scendi."
"Non mi piace come guidi." - piagnucolò Doyle, fermandosi ugualmente sul ciglio della strada - "sei uno spericolato…"

Mentre Spike si imponeva sul suo autista, Lorne, seduto dove l'avevano lasciato, cercava di trovare interessante la rubrica sugli esfolianti di una delle riviste di Cordelia.
Degradato.
Da cantante a portinaio.
Da brillante conoscitore di anime umane a casella vocale messaggi- che-nessuno-vuole-sentire.
Spike non era stato per niente contento di vederlo. Forse perché in faccia leggeva, stampato a lettere cubitali, un "TE L'AVEVO DETTO". L'aveva squadrato, come si fissa un lombrico con il riporto e si era seduto sul divano.
Si rischiava di inciampare quasi nella sua mascella.
Ma Lorne, impavido di natura, si era seduto ad affrontare tutta quella cocciutaggine.
Ed aveva esordito, brillante, sollecito.
"te l'avevo detto."
E la conversazione era morta.
Da quel momento in poi si erano educatamente ignorati. Anzi, Lorne aveva addirittura fischiettato, stirando le lunghe gambe.
Poi era arrivato Doyle.
Una liberazione.
Non solo aveva varcato la sua porta con un'anima che sembrava un tripudio di campanelli, ma si era anche portato via quell'anima in pena.

a quanto sembrava, l'anima in pena stava tornando.
A piedi.
Ma c'era il vuoto in essa.
Una anima, con il vuoto dentro.
Lorne si raddrizzò, poi si alzò. Chiudendo il bottone della giacca con la destra e nascondendo la sinistra dietro le spalle. Restando in piedi, al centro della hall.
In posa, innanzi alla sua percezione.
Solo che dalla porta che doveva aprirsi per lasciar passare Spike, entrò Faith.
Faith, o almeno quello che ne restava.
Una colonna di stracci bagnati e lunghe striature nere sul viso.
Una maschera.
Con sotto l'espressione più cruda che mai Lorne le avesse visto.
Disfatta.
Lorne ne fu colpito. Doyle, nel corso della loro telefonata, aveva accennato alla testardaggine con cui Spike proclamava di avere "spezzato" la cacciatrice.
Non era una semplice metafora.
Era qualcosa, come una grossa colatura dentro il suo cuore, la vischiosità dei pensieri nitidi.
Faith aveva combattuto. Un grosso livido le copriva lo zigomo ed un palmo era fasciato con nastro adesivo nero.
Nastro adesivo?
Una rissa da bar e medicazioni da teppista.
Uno sguardo fatto di pioggia.
"Posa la balestra." - la sentì mormorare, mentre scendeva i gradini - "Uccido solo vampiri."
Ed i vampiri uccidono te, piccola.
Bucano il tuo cuore come tu il loro.
Anche tu diventi cenere, tra le loro mani.
"Dove stai andando…" - le domandò, seriamente.
"Dove tutto è cominciato." - replicò lei, con voce bassa e pastosa - " Devo tornare al fondo del baratro. Devo ricordarmi come si fa a risalire."
Non tutto era perduto.
In lei brillava ancora qualcosa.
Adesso Lorne poteva vederlo chiaramente. Non era nemmeno una luce. Era… un soffio.
"Vuoi che venga con te?"
"No. Da sola. Come sempre."
"Faith…"
"Tranquillo Lorne. Tranquillo."
"Gli altri ti stanno cercando."
"Allora di' loro di smettere." - rispose semplicemente. Salì le scale e Lorne la seguì, fino a fermarsi sul ballatoio,mentre Faith entrava in camera.
Brevi attimi.
Ma nulla.
Faith lo ignorò completamente.
"Devo andare." - spiegò, dirigendosi verso il garage.
"Non vuoi che dia almeno un'occhiata a quella mano?"
"E' un taglio, ho rotto male una bottiglia." - replicò salendo in moto.
"Faith… per quanto non sia nella mia natura…" - aggiunse Lorne, accostandosi alla moto - "Inizio ad essere preoccupato."
"Non ne vale la pena, Lorne." - in quella luce i suoi occhi sembravano viola - "Non mi impedirà di andarci."
Era vero.
Faith sarebbe partita in ogni caso.
"C'è… c'è qualcosa che devo dire agli altri?" - tanto sembro fatto apposta…
la vide scuotere la testa. Poi cambiare idea. Addolcirsi, nello sguardo, una frazione di eternità.
"Devi dire a Wes che ho questa con me." - mormorò, scostando i capelli fradici. Impigliata, nel mezzo, una piccola rosa d'ambra - "Lui capirà."
Rimase.
Attese.
Lo guardò, con occhi nuovamente torbidi.
Fino a quando Lorne non le donò un sorriso.
Tirato.
Bello.
Poi fu libera di andare.

Doyle e Spike viaggiarono insieme in silenzio. Ognuno immerso in pensieri che riteneva superflui. Sunnydale iniziava a divenire un profilo luminoso all'orizzonte.
Era da poco passata la mezzanotte, quando finalmente arrivarono a casa di Angel. Spike fermò nel vialetto e spense il motore.
Era in un posto in cui non voleva essere.
Ma c'era.
"adesso?" - mormorò, senza aspettarsi veramente una risposta.
"possiamo fermarci qui e parlare."
"Non abbiamo le chiavi…"
non si era accorto di averlo detto. Il suo inconscio aveva sputato la scusa meno scusa sulla faccia della terra. E Doyle gli rideva in faccia. Non che ridesse sul serio, s'intende, non l'avrebbe ritenuta una reazione garbata.
Ma in cuor suo lo stava facendo.
Ed era già abbastanza da far sporgere rabbiosamente la mascella.
"Spike." - sussurrò confidenziale il demone - "devo dirti un segreto… non mi servono le chiavi."
"Me lo immaginavo."
"Angel non la prenderà male…" - aggiunse, scendendo dalla macchina e stiracchiandosi, come se si preparasse ad una scampagnata - "Comunque, io sarei dell'idea di fare due passi ed andare da lei."
"Chiamala con il suo nome. Non mi provocherai un trauma." - ringhiò, sbattendo la portiera - "E se dobbiamo andare andiamo. E mentre tu intrattieni lei, io cosa faccio?"
"Non vuoi partecipare alla conversazione?" - chiese Doyle, fermandosi con le mani in tasca, mentre Spike saltava la recinzione del cimitero.
"Tu non mi vuoi nella conversazione."
L'aveva detto con un tono che non ammetteva repliche. Ed era anche vero.
"In effetti…" - ragionò, alzando gli occhi come se cercasse le sue sopracciglia.
"Te l'ho dico io cosa farò!" - esclamò Spike, spostandosi perché finisse di saltare la cancellata - "Parlerò con Dawn. Come faccio di continuo. Parlerò con Dawn e sentirò i suoi problemi. Io parlerò… con Dawn."
Non servo più a Dawn. Ha sua sorella adesso.
Non ha problemi da risolvere.
Ha sua sorella.
Non le servo più.
"Spike…" - Doyle lo guardò - "Io penso che Dawn possa farti bene. Ma, questa volta, non lasciarti sommergere da suoi problemi…"
"io… ma cosa cavolo stai dicendo?" - sbottò l'altro - "non avrò ancora due secoli, ma non sono un novellino. Mi parli come se io fossi un figlio degli anni ottanta o che so io! Un adolescente! Mi tratti come un adolescente con problemi emotivi!"
"hai ragione… non sei un adolescente!"
"Ma certo che ho ragione!"
"Sei un ragazzino."
Un ragazzino con gli occhi più grandi che abbia mai visto…. Se li spalanchi ancora un po' cascheranno….
"Che cosa?"
Però, che acustica quel cimitero….
"Lo sei, Spike. il tuo corpo ha aggiunto un anno sull'altro senza cambiare. La tua anima è rimasta chissà dove, per tutto questo tempo… quanti anni avevi quando Drusilla ti ha trovato? Venticinque?"
"Ventidue… ne avevo ventidue…" - borbottò, sfregandosi la testa. Possibile che quella frase tanto semplice fosse una risposta tanto cercata?
Trovata… senza un perché…
"Lo vedi? Sei un ragazzino. È un anno che te lo ripeto!" - Doyle gli sorrise e avanzò compiendo un gesto del tutto inusuale per il suo carattere. Posandogli le mani sulle spalle e fissandolo negli occhi.
Un gesto affettuoso.
Per un vampiro che non li apprezzava per niente.
"Non mi hai mai detto il perché…"
"Non ti serviva un perché… non hai mai obbiettato, finora."
"giusto… come dire…"
"Esatto. Come dire tu non me lo hai chiesto." - Doyle gli battè una pacca sulla spalla e si incamminò - "Adesso hai qualcosa da fare mentre parlo con Buffy…"

era una notte stellata a Sunnydale. Le nuvole erano rimaste a los Angeles, anche se entrambi continuavano a sentirle nel cuore. Silenziosi, camminando piano.
Uno a fianco dell'altro.
"La troveranno, Spike, non ti preoccupare…" - ripetè doyle, ancora una volta.
"Come fai a dirlo…"
"Ti sembrano capaci di rinunciare?"
"Potrebbero arrivare tardi."
Non voleva pensare.
Tanto non risolveva niente.
Doyle d'altro canto, faceva finta di non accorgersene.
Era preoccupato per Spike. Ma non valeva la pena di farglielo notare. Avrebbe reagito male, come suo solito.
Aveva bisogno di aiuto. E non lo voleva.
Chissà da quanto andava avanti con questo dissidio.
Doyle si voltò a fissarlo e, per un attimo, un'ombra di preoccupazione fu visibile nei suoi occhi chiari.
Aveva cercato quell'aiuto? Era possibile che l'avesse chiesto e nessuno avesse recepito?
"perché mi guardi in quel modo?"
Se ne era accorto… angel non era così pronto…
"Niente. Mi domandavo… non importa."
"Adesso sei tu che eludi le domande…" - l'accusò prontamente l'altro.
"Hai ragione." - doyle gli sorrise - "Rimedio subito. Mi domandavo se avrei potuto accorgermi prima che ti serviva una mano…"
"A me non serve una mano."
"e stavo convincendo la parte di me preoccupata che tu non avresti preso bene alcuna forma di approccio per parlare dei tuoi guai."
"io non ho guai."
Doyle annuì per il suo tentativo andato a vuoto e tornò a fissare la strada.
"Del resto… ho veramente un brutto carattere, quando si tratta di accettare un aiuto."
Che sorpresa… Doyle si girò a fissarlo. Spike stava cercando le parole ed una vanga per sotterrarsi. Lo si vedeva lontano un chilometro.
La mascella contratta, lo sguardo fisso e tutte due le mani piantate in tasca.
Spike la chiamava noncuranza.
Doyle, con un sopracciglio alzato, registrava molto imbarazzo.
"Se hai finito di strabuzzare gli occhi…" - ringhiò Spike, senza nemmeno girarsi - "Io potrei anche evitare di pentirmi…"
"Non pentirtene." - esclamò allegramente Doyle - "Parla, ti ascolto."
"sì." - oddio, già il monosillabo era stentato.
E Doyle gli porse una sigaretta.
"Rilassati. Non ti mangio e non sei sotto esame." - disse, accendendogliela.
"Grazie." - replicò l'altro, con una lunga boccata, fissando le lapidi. Non erano poi così lontani da casa Summers…

IV
Chiavi e Fenicotteri
"Lorne?" - Westley varcò la porta dell'Hyperion senza curarsi delle impronte fangose che lasciava sui tappeti rossi. E, per una volta, anche Cordelia non sembrava interessarsene molto - "Ci sono novità?"
Quando Lorne aveva chiamato, il suo tono era risuonato stranamente imperioso. Quanto bastava da non scatenare nell'Osservatore il desiderio di spiegazioni più esaurienti. Almeno, non aveva scatenato questo desiderio all'istante.
A quello avevano pensato i lunghi chilometri in macchina, tra la pioggia ed il cielo plumbeo.
Cordelia aveva frenato bruscamente davanti alla cancellata e, per uno strano tempismo, i fari della macchina di Angel li avevano illuminati, mentre percorrevano il vialetto, stringendosi un po' di più nei giacconi fradici.
Ed infatti, senza farsi attendere, il vampiro bruno era apparso alle loro spalle, mentre ancora aspettavano una risposta alle loro domande.
Cordy girò su se stessa e colse con una sola occhiata la cosa che più le stava a cuore.
"Ehi… dove hai lasciato Doyle?"
"Non ne ho la minima idea. È lui che ha lasciato me."
"Come sarebbe a dire!"
"e' proprio quello che ho detto. Non so dove sia. E, a questo proposito… Lorne, dov'è Spike?"
"e Faith? Non hai detto che avevi notizie su Faith?" - rincarò Westley, appellandosi a Lorne.
Lorne, sprofondato nel divano, con le mani beatamente intrecciate sullo stomaco.
"signori" - esordì con tono cerimonioso - "se vi volete accomodare, abbiamo di che discutere."
"non vorrei sembrarti fuori luogo." - obbiettò Cordelia, ancora presa da tutte quelle sparizioni - "Ma qui abbiamo tutti qualcuno da cercare. Per cui, se hai qualcosa da dire, dovrai spicciarti. Dobbiamo muoverci."
"non hai bisogno di muoverti. Non troverai nessuno dei tre, nemmeno se ti metterai a perlustrare sotto ogni tappo di bottiglia da qui alla costa." - Lorne mosse la punta dei piedi per sottolineare il concetto - "E questo vale anche per voi. Sono stato lasciato qui a fare il messaggio parlante, per cui, come ho già avuto modo di dirvi… posate il fondoschiena sulle poltrone e prestatemi orecchio!"
"Perfetto" - aggiunse, quando finalmente li vide seduti sulle poltrone ed appoggiati ai tavoli- "Cordelia: Doyle non ha intenzione di farsi torcere nemmeno un capello, ma ha da fare e tu ti accontenterai di aspettarlo a casa. Dedicati all'uncinetto. Angel: Spike ha puntato i piedi come un mulo ma, alla fine, ha seguito il piccolo irlandese nella sua missione. Per cui, potrai anche tu dedicarti ad altro. Ti consiglio il pizzo al tombolo, per tenere compagnia a Cordy. Ed infine, Wes…"
L'espressione di Lorne si addolcì, nel puntare lo sguardo ed il dito verso l'Osservatore. Wes, seduto nella poltrona, appariva pateticamente fradicio e assorto.
"Wes…" - riprese, prima che l'angoscia del silenzio lo attanagliasse - "Faith è stata qui, meno di un'ora fa."
"Perché non l'hai fermata?" - chiese, sommesso. Nella stanza sembrava essere sceso il buio, come se rimanessero solo loro, il demone e lo studioso, uno di fronte all'altro.
"Non ho potuto. Non avevo modo di farlo. Hai ragione ad essere preoccupato." - rispose, implacabile - "Non aveva un bell'aspetto e qualunque cosa abbia detto Spike è penetrato in profondità. È veramente arrivato vicino a stroncarla."
"Fino… a questo punto?" - Westley spostò il suo sguardo ad Angel, poi nuovamente a Lorne. Le doti di Lorne rendevano temibile una frase del genere, per il realismo che descrivevano.
Temibili. Perché Lorne, sempre loquace e brillante, aveva apostrofato le preoccupazioni di Angel e Cordy, ma aveva riservato, per la descrizione di Faith, un tono serio e confidenziale.
Ed ora, in silenzio, annuiva, alla domanda di Westley.
"dove è andata." - Angel non aveva bisogno di domandare. La sua era una strana frase senza intonazione, basata sulla sensazione che la loro ricerca fosse finita.
E fallita.
"non lo so. Credo di poterlo immaginare. Ma non lo so." - lo sguardo di Lorne non si staccava dagli occhi di Westley - "Sta andando dove penso, sarà presto in pericolo e presto al sicuro. Ne sono certo. L'unica cosa che so è che nessuno di noi potrà seguirla."
"Se hai anche una pallida idea, tu devi dirmelo." - scandì Wes.
"ha detto che sarebbe tornata dove tutto è cominciato ed ha aggiunto che dovevate smettere di cercarla." - era strano, saper cantare sotto mille sguardi e sentirsi intimidito da quelle tre paia di occhi - "Io posso immaginare gli stessi posti che puoi supporre tu. Ma ciò non toglie che non muoverai un dito."
"come Cordy non cercherà Doyle." - sorrise, spostando lo sguardo - "ed Angel non rintraccerà Spike. Dovrete aspettare che quei tre disgraziati giochino le loro carte. E vincano la mano."
Era un messaggio di speranza. E di ottimismo.
Da Lorne non si poteva aspettare altro.
Rimasero, così, in silenzio, assorti nell'assimilare un silenzio.
Presto rotto da un espressivo sospiro di Cordelia.
"Mi toccherà litigarci di nuovo…" - mormorò rammaricata la ragazza. E nessuno dei presenti ebbe dubbi su chi fosse il fantomatico oggetto della sua bellicosità.
"ha detto anche a me che non intendeva comportarsi da martire." - le rispose Angel, intuendo senza difficoltà la profonda paura della ragazza. E scegliendo, inusualmente, la condotta di Lorne - "del resto, Cordelia, io litigherò con lui e Spike appena varcheranno quella porta."
Ed il suo tono da spaccone fu ricompensato da un sorriso spontaneo sulle labbra di quella Principessa senza principe.
Solo Westley restava in silenzio. Sulle sue spalle gravava il peso di non poter accettare di sapere la sua cacciatrice da sola, sperduta, con un grosso buco nel cuore.
Gli sembrava quasi di poter sentire nel suo petto quel vuoto rimbombante. Senza averlo mai provato, potendolo intuire, appena.
Faith, la sua piccola Faith…
E dal passato sentì sorgere una limpida voce femminile.

"Westley carissimo…" - Helen gli venne incontro a braccia tese. La sua ampia falcata aveva il piacevole fruscio della seta che le avvolgeva le gambe.
Nel parco, di fronte alla biblioteca, le macchie di colore non erano date dai fiori, ma dalle sedie di ferro battuto qua e là sparse. E ravvivate da compiti studiosi assorti in conversazioni e letture.
Helen passava tra di loro come una ventata di solidità.
Appariva meno eterea dei suoi colleghi, solida e forte.
Era alta ed i capelli, ingrigendole le tempie, le avevano finalmente concesso un pretesto per addolcire lo sguardo. E abbandonare tailleur neutri, a favore di gonne lunghe e femminili.
Come se potessero compensare la durezza che aveva dovuto dimostrare negli anni, per scavarsi uno spazio in quella comunità prettamente maschile. Un'Osservatrice, un' abile Osservatrice, ma a quale prezzo…
"Helen." - Westley le sorrise, chiudendo il libro e alzandosi - "Il tuo fascino è…"
"Oh, ti prego!" - rise, prendendolo a braccetto, prima che potesse afferrare la giacca di lana dallo schienale della sedia - "risparmiami, ci conosciamo da troppo tempo perché io debba sorbirmi i tuoi educati complimenti. Non ricordi quello che ti dico ogni volta? Devi lasciarti andare…"
"Ed essere meno cerimonioso." - declamarono in coro, avviandosi per il vialetto.
Sorridendosi complici.
Helen e Westley avevano quasi vent'anni di differenza. Quanti bastavano ad essere stati, in un tempo remoto per entrambi, docente e studente, prima di essere amici. L'ala protettiva di Helen era divenuta presto per Westley ben più di una raccomandazione.
Un caposaldo.
Una bella Osservatrice relegata alla vita accademica in attesa di un incarico che il Consiglio non gradiva neanche ipotizzare. Un'amica ideale per un ragazzo che, senza un nome ed uno straccio di protettore, con le sue sole meningi da spremere, diveniva sotto i suoi occhi il primo del corso.
A prezzo della sua esuberanza.
A prezzo della sua fantasia.
Helen gli sorrise e Wes ricambiò, aggiustandosi gli occhiali, per mantenere un certo controllo delle sue emozioni.
"Wes, Wes, non si deve mai smettere di fantasticare. Non te l'ho detto sempre? Mantieni pure il tuo decoro, ma la prossima volta che ci vediamo, devi dirmi qualcosa del tipo… Helen, cara, sembri un fenicottero con quel vestito!"
In effetti indossava un completo di una splendida tonalità di rosa. Ed era alta quasi quanto lui, con quei bei sandali. Ma non sembrava un fenicottero. Westley aveva in mente molti paragoni.
Forse troppo sussiegosi, certo… ma molto poetici.
"sono felice di vederti…" - disse, guardandole il bel profilo. Camminavano lungo la sponda del laghetto e Wes non era molto stupito di esservi giunto così rapidamente. Che Helen lo avesse trascinato, una volta ancora, in mezzo ai moscerini spacciandoli tenacemente per farfalle e lucciole.
"anch'io." - sorrise ancora la donna, carezzandogli la manica della camicia, guardandolo in viso - "seguo i tuoi successi da lontano. Ed in Consiglio c'è già chi parla di te…"
Helen era divenuta membro effettivo del consiglio da qualche mese. Una nomina e via, un incarico un po' troppo lontano da Londra, per essere presente ad ogni riunione. Ma Helen non era il tipo da rifilargli false speranze solo per riempire un vuoto nella conversazione.
"Tu, invece? Non so molto di te…" - cambiò discorso Wes. Il Consiglio sembrava ancora fuori dalla sua portata - "Sei stata parecchio lontana, negli ultimi tempi."
"tre mesi." - puntualizzò, sembrando ancora più luminosa - "tre mesi martedì. Ma ho i miei buoni motivi…. La cacciatrice, Wes. Sono l'Osservatrice della cacciatrice."
Wes si fermò, per guardarla meglio, con la sorpresa scolpita nei lineamenti. Era bello, constatò Helen, sotto quegli strati di autocontrollo, sotto tutte le regole che si era imposto.
E, con un attimo di preveggenza, fredda come un soffio, Helen ebbe la netta impressione che Westley fosse destinato a grandi cose. Non ad una biblioteca.
Non ad una cacciatrice tra tante. Si trattò forse di una variazione di luce, oppure di un dono nascosto. Ma, in quel singolo sguardo che si scambiarono, Helen varcò le difese di Westley e il tempo.
Grandi cose.
Grandi cose nel futuro di Whydam-Price.
Cose che il Consiglio non avrebbe capito.
Realtà che Wes avrebbe cercato disperatamente di ignorare.
Persone che avrebbe combattuto.
Destino.
E non destino.
Niente era scritto, ancora. Niente di tutto ciò per cui Wes aveva studiato e faticato.
Rispondendo ancora una volta all'impulso ed al freddo che di colpo sentiva, Helen protese una mano e gli accarezzò la guancia.
"Westley, santo cielo." - scherzò, ricacciando le sue preoccupazione da dove erano venute fuori, in fondo al cuore - "ti rovinerai le iridi, se le esponi così tanto alla luce…"
"Perdonami." - Westley, abbassò lo sguardo, sembrando deliziosamente in imbarazzo - "Non sapevo si fosse attivata una nuova cacciatrice…"
"Si tratta di un caso un po' particolare." - concordò la donna - "la nostra esuberante cacciatrice americana gode ancora di ottima salute, sulla bocca dell'Inferno… si tratta di Kendra… il fatto che la sua attivazione sia stata causa di un caso unico non l'ha resa meno cacciatrice delle altre.."
"cosicché." - proseguì Westley, riprendendosi dalla sorpresa e nascondendosi dietro un tono pacato e studiato - "Quando è morta si è attivata un'altra cacciatrice. Come da normale procedura."
"Scherzi del destino, Westley. La normalità dall'anomalia. Un caso spinoso, direbbe qualcuno. Una situazione da vagliare… " - aggiunse, con una punta di ironia che nascondeva le estenuanti discussioni a cui aveva partecipato - "E da questo imbarazzante stravolgimento delle regole è venuta fuori una nomina che non mi sarei mai più aspettata di ricevere."
"ne sono lieto. Veramente, Helen, ne sono felice." - lo era. Ma con quella vena di tristezza legata al non essere al suo posto.
Senza gelosia.
Solo una punta di realismo.
Perché, in un mondo quasi rigurgitante di Osservatori, le cacciatrice non erano mai state due.
Troppe, eppur poche.
"Avrai la tua occasione, Wes, te lo posso assicurare." - Helen sorrideva sempre a Wes. Dal giorno in cui aveva capito che il ragazzo avrebbe goduto di quella famigliarità senza mai raccontarla a nessuno. Senza mai giudicarla debolezza.
"E lei, com'è?" - azzardò. Non era certo si potesse parlarne.
"oh." - Helen si illuminò, innanzi a quella domanda - "E' … splendida. Forte, caparbia, sensibile… mi avevano detto che aveva un carattere difficile, ma non è vero.
Bisogna solo saperla capire. La sua vita è difficile…"
"Non dimenticarlo Wes. Io ho insegnato per molti anni cosa è giusto dire ad una cacciatrice. Ma ora so che la cosa più importante è saperla ascoltare. Le sue paure, le sue ambizioni, le strade che sa che le sono precluse e che la fanno soffrire… ascoltare, Westley, ascoltare con il cuore. Non troverai in nessun libro le spiegazioni per far funzionare l'anima di una Cacciatrice. Per guidarla bisogna semplicemente accompagnarla per la sua strada. Una cacciatrice incompresa smette di essere una cacciatrice."
"Non sarà il tuo caso." - replicò impacciato Wes. Lo sguardo di Helen si era perso, sull'acqua appena increspata del laghetto. Il grigio dei riflessi si confondeva nei suoi occhi. Appariva distaccata, come se la superficie delle cose fosse svanita, portando a galla una sua nascosta paura.
Un grande segreto.
La sua frase la riscosse. E fu nuovamente Helen, sorridente, con lo sguardo verso di lui e le leggere rughe intorno agli occhi. "credo anch'io… per la prima volta so che non sbaglierò. Ho sempre creduto che, nelle mie spiegazioni, ci fosse un margine di rischio, un errore in agguato. Ora, invece, so che non posso sbagliare. Ogni parola che dico alla mia cacciatrice scaturisce dal cuore. E quando si segue il cuore, non si può sbagliare."
Ancora lo sguardo lontano. Perso.
"Helen…" - la voce di Westley suonò preoccupata. Anche il sole sembrava nascosto ed il laghetto appariva vuoto e già in penombra.
"Westley." - dio, come era stanca, d'un tratto, la sua voce - "promettimi che un giorno seguirai il tuo cuore. Abbandonerai gli schemi e le imposizioni e non avrai paura di imboccare la tua strada."
La sua strada? Di cosa stava parlando? Era un Osservatore, sapeva già qual era la sua strada…
"devi promettermi che non dimenticherai questo giorno, che non dimenticherai che sei nato per seguire la giustizia. Promettimi che amerai la tua cacciatrice più del tuo Ordine. Perché l'Ordine è effimero, innanzi ai pericoli che corre quella ragazza. E tu devi amarla come una figlia. E l'amore, quello che la cacciatrice ha bisogno, mai lo troverai dentro ai tuoi libri…"
non sapeva cosa dire, non sapeva cosa pensare. La contemplava in silenzio, senza badare al fatto che le mani che stringeva fossero fredde e dure.
"Promettimelo." - sussurrò ancora.
"te lo prometto Helen." - replicò Wes.
Ed Helen secondo un codice benedicente che non sembrava destinato a svanire, lo obbligò a chinare il capo, per deporre un bacio su quella fronte, scrigno di sapienza.
Senza sapere mai se le avesse creduto realmente.

Poi il sole tornò.
Varcò le nubi ed illuminandoli ancora, caldo e inaspettato. Helen si riscosse e gli sorrise, allontanando le mani per afferrare di nuovo il braccio che galantemente le veniva offerto.
Il suo Wes.
Null'altro che Wes e l'acqua del laghetto.
Giovani e trasparenti. Eppur così pieni della conoscenza del tempo.
"E' una ragazza minuta." - riprese, come se nulla li avesse interrotti - " ma vorrei che tu la vedessi muoversi. Agile come un gatto, sembra fatta di gomma…la mia Faith, la mia piccola Faith…"
"Faith? È così che si chiama?" - un brivido lo colse… forse avrebbe dovuto prendere la giacca…
"Faith. Spero che un giorno tu possa conoscerla." - Helen annuì, perdendosi solo per un istante nei suoi pensieri - "e' un peccato che il consiglio non voglia realmente accettarla, solo perché si è attivata con un'irregolarità gerarchica. È molto dotata. Senza contare che trascurarla potrebbe essere un enorme sbaglio."
"per me sarebbe un onore conoscerla." - replicò Wes. In cuor suo non sapeva cosa pensare del consiglio. Con correttezza lo riteneva infallibile, per quanto incomprensibile. Dopotutto, avevano dato a Faith un'Osservatrice che, agli occhi di Wes, era la migliore.
Avrebbe voluto aggiungere qualche altra parola. Ma sarebbero state parole di circostanza.
Rimase dunque in silenzio, mentre i passi di Helen lo riconducevano laddove si erano incontrati.

Tre mesi dopo, nel refettorio, Quentin Travers, freddo e irraggiungibile, annunciò la morte di un'appartenente all'ordine. Espresse il suo cordoglio per la cara Helen, deceduta mentre strenuamente affiancava la Seconda cacciatrice. Invitò tutti ad un attimo di silenzio e a raggiungerlo nella sala Grande, per un breve discorso.
Ad uno ad uno si alzarono ed uscirono.
Fino a quando rimase solo Wes.
Seduto.
Abbandonato contro lo schienale della sedia, le mani abbandonate sulle ginocchia.
Nessuno si fermò anche solo ad appoggiargli una mano sulla spalla.
E Wes si sentì solo.
Solo come non era più stato da molto tempo.
Solo.
Helen era morta.
Per amore.
Perché non aveva seguito le regole, si rimproverò mentalmente. Pentendosi di non averla messa in guardia innanzi alla sua impulsività, l'ultima volta che si erano parlati.
Senza ricordare la promessa, senza ricordare altro che il suo sorriso ed il suo sguardo brillante.
Dio, quanto era stata bella, nel parlargli della cacciatrice. Come se ne avesse tratto una certezza ormai sopita. Scioccamente persa dietro un sogno.
Se solo fosse stata più accorta.
Se solo fosse stata più distaccata.
Non bisognava affezionarsi in quel modo… cosa si poteva guadagnare, se non un pianto sincero?
Rimase seduto al suo posto, composto, a chiudere il suo cuore con un lucchetto, a cercare di porre un muro tra se ed il resto del mondo.
A disciplinare la sua anima.
Per incasellarsi.
Con la sottile contraddizione di non ricordare come stesse già disubbidendo, seduto da solo in un refettorio ormai vuoto.

Di Faith non si seppe più nulla.
Sparì, dopo la morte di Helen. E, nell'inverno di quello stesso anno, venne notificata la sua presenza sopra la bocca dell'inferno. Le due cacciatrici riunite!
Quale scalpore!
Nei corridoi i pettegolezzi si fusero con le maldicenze su Helen.
Wes, marciando più impettito che mai con i libri sotto il braccio, cercava di ignorare la spina nel cuore che gli provocavano quei sussurri.
Chi mai, se non l'Osservatrice, poteva aver educato la ragazza ad allearsi con un'altra sua pari? Era una prova di incompetenza, sotto molti aspetti… la ragazza non si era rimessa alle decisioni del consiglio, non aveva richiesto un nuovo Osservatore. E si era sentita libera di prendere contatti con l'altra cacciatrice, magari con l'ardire di accampare gli stessi diritti…
E ancora.
Ancora.
Molte cose si dissero su Helen e sulla sua morte. Ma nessuno sprecò mai un parola per la donna bellissima che era stata e che aveva camminato tra di loro avvolta nella seta leggera color del tramonto.
A gennaio, in un freddo e nevoso mattino, Westley Whydam-price venne designato a divenire Osservatore di entrambe le cacciatrici.
Ed i sussurri cambiarono soggetto.
Partiva per l'america.
Per sostituire l'illustre Giles, caduto in disgrazia per aver disubbidito agli ordini. Per mettere ordine in una situazione non troppo chiara.
Westley, con il cuore pieno d'orgoglio, preparò le valige e partì, con sogni ambiziosi e speranze.
Non si ricordò di mettere in valigia il suo cuore e l'amore. Partì con i suoi libri ed il suo buonsenso.
Lui, giunto da nulla ed ora Osservatore di entrambe… entrambe, senza distinzioni.
Senza comprender quanto grande fosse il bisogno di amore di una sola.
Tradendola, prima ancora di vederla varcare la soglia. Nel momento stesso in cui, sollevando un sopracciglio, la ragazza apostrofò il suo discorso di presentazione.
"Nuovo Osservatore?"
Eh già. Nuovo osservatore. Saggezza dei tempi , poco più di dieci anni di differenza e nessuna voglia di sottomettersi. Faith lo aveva squadrato, con un mezzo sorriso.
E sarebbe bastato poco per conquistarla.
Poco.
Poco. E si sarebbero ritrovati entrambi.

Westley aveva sbagliato.
Capendo troppo tardi.
Pagando i suoi errori. Amaramente.
Incapace di vedere la catastrofe all'orizzonte.
Fino a quando non fu evidente.
Ed ormai incontrollabile.
La notte del tradimento di Faith, irrompendo nella villa di angel, con Giles a fianco, le trovò entrambe, in ginocchio, una di fronte all'altra. Con le armi puntate alla gola.
La bilancia in equilibrio perfetto.
Le sue cacciatrici.
Le sue. Mai state sue.
Faith afferrò Buffy per la nuca e le baciò la fronte, sotto i suoi occhi.
Prima di svanire nella notte.
E Wes, impietrito, non seppe far altro che ricordare Helen e quel gesto che la contraddistingueva.
Helen.
Che con quel gesto riportava sempre la luce.

I suoi sbagli.
La sua promessa mancata.
Sentirsi responsabile di due Cacciatrici solo per averle ottenute da un consiglio di uomini.
Né cuore.
Né amore.
Calcolo.
Razionalità.
Rifiuto innanzi al dubbio.
Ancora sbagli.
E sbagli.
Ancora tradire Faith, con il ricordo di Helen piantato nella carne viva.
Capire e negare.
Perdersi.
Fino ad un'espulsione dall'Ordine.
Un danno liberatorio.

Fu il dono di quella calda ed umida estate. Alla presenza del consiglio, in piedi, innanzi al tavolo spartano.
Esposto, alla gogna.
Ed infine condannato.
Per poi uscire e camminare. Nel parco.
Da solo.
A braccetto con i ricordi.
Helen…
Mai svanita?
Helen, con i suoi attimi di lontananza, Helen che vedeva troppo lontano e viveva troppo intensamente.
Con lo sguardo pieno d'amore per Faith. Helen, sempre nello sguardo di Faith.
Helen, morta perché credeva in ciò che faceva. Helen, quasi invidiabile.
Westley camminò con le mani in tasca e la barba un po' incolta, sorridendo per il sole che lo stordiva, così inusuale sull'Inghilterra. Fino al lago, in mezzo ai moscerini… con un mazzo di fiori di ciliegio, da abbandonare sulla riva.
Giunto fin lì, per pensare.
Per appoggiarsi al tronco del vecchio cedro.
Ma anche il suo riflesso era svanito, dall'acqua del laghetto.

Fece le valige e ripartì. Ripartì per l'america.
In aeroporto, aspettando il suo volo, acquistò un piccolo portachiavi smaltato.
Un piccolo fenicottero rosa.
Chiavi e fenicotteri….
E la cosa non lo sorprese poi molto.

Parlavano ancora intorno a lui?
Wesley si riscosse, abbandonando l'agitato corso degli eventi, scoprendosi a giocherellare con il mazzo di chiavi ed il piccolo fenicottero ormai sciupato.
Tornando al presente.
A Faith.
Ora era la sua piccola Faith.
Non aveva più pensato ad Helen da molto tempo. Non aveva mai detto a Faith quanto le avesse voluto bene. Non aveva mai detto a Faith che la conosceva.
Perché…
Perché solo adesso, con la paura di non poterglielo dire mai più, ricordava tutto questo?
A capo chino come chi è sconfitto.
Lasciato ai suoi ragionamenti ed accompagnato da una pigra conversazione, regolare come la pioggia che aveva ripreso a cadere. Helen aveva amato Faith come si ama il proprio opposto.
Faith, nella pioggia. Faith come la pioggia, sempre in caduta.
Helen, come lo stagno, quieto e luminoso.
La stessa sostanze e le sue due forme.
Le donne di Westley.
E la paura di averle tradite entrambe.

Ora le voci non c'erano più. Angel e Cordelia non erano più nell'ingresso e Lorne, in piedi a fianco della poltrona, si stava silenziosamente infilando la giacca.
La notte era passata.
La notte era fuggita con Faith.
"Perdonami." - mormorò, alzando la testa e sbattendo le palpebre per la luce del lampadario - "Non sono di molta compagnia."
"Tutt'altro, Westley." - sorrise Lorne - "Tutt'altro. Lo sai, in certi frangenti, le parole sono superflue."
"Mi dispiace, Lorne, ma non sono d'accordo. Mai, come ora, mi pento delle parole che non ho mai detto…" - e di quelle che ho sprecato….
"forse hai ragione…" - Lorne chinò il capo un istante, prima di trovarsi Wes di fronte, in piedi.
"Era… ferita?" - domandò, quasi temesse di dare concretezza alle sue paure nel solo formularle.
"Un po' sbattuta. Niente che non sia fatta già altre volte." - era finalmente giunto il momento - "Wes, mi ha lasciato un messaggio per te."
Tacquero un istante, in attesa di essere pronti.
"Mi ha detto di dirti che ha con sé un ciondolo…" - Lorne avanzava cautamente tra le parole. Per essere certo di non sbagliare - "si tratta di una piccola rosa in ambra, con una fogliolina d'argento brunito. Me l'ha mostrata e ha detto che …"
"Mi ha detto che tu avresti capito…"
Capire…
Wes capirà…
Faith aveva realmente detto una cosa del genere? Lorne, non stai cercando solo di confortarmi?
Lorne…
Non poteva crederci. Non osava neanche domandare ancora. Tratteneva il fiato, fissando quel demone dritto in viso. Come se, per una volta sola, potesse essere lui a leggerne l'anima.
La rosa d'ambra… il regalo troppo da Osservatore…

"Faith…" - Wes la fermò, mentre varcava la porta. Anch'egli aveva radunato poche cose e la sua valigia di pelle stava già pronta, alla base delle scale, quando Faith era finalmente scesa - "Aspetta, ho una cosa per te…"
Le porse una catenina e, senza aspettare il permesso, le cinse il collo, per armeggiare con la chiusura.
Faith strinse il ciondolo tra le dita e lo portò al viso, per vederlo meglio.
"l'avevo comprato per il tuo compleanno, ma poi mi è sembrato un regalo così da… Osservatore." - le sorrise, un po' tirato - "E' un simbolo in ambra. Serve a proteggere dagli spiriti maligni e demoniaci. So che, con il mestiere che fai, la croce cristiana è più appropriata, ma un po' di superstizione non guasta…"
Faith tenne nel palmo della mano quella piccola rosa dai baluginii dorati. "E' bellissima, Wes, grazie. Non ho mai avuto nulla di tanto bello." Lo abbracciò. Di impulso, protendendosi sulle punte, per cingergli il collo, sentendolo chinarsi e sollevarla da terra, appena, per ricambiare.
Strappandole un sorriso.

Wes capirà… bambina mia… e se fosse che sei nei pasticci perché non ti ho capita? Oh, piccola, piccola.
Come è mai possibile tutta questa fiducia nei miei confronti….

Amore…
Helen…
Amore,carissimo, amore.
Non puoi sbagliare, quando parli con il cuore…
Non negare amore alla cacciatrice…
Ella non ti chiederà altro… Non troverai in nessun libro le spiegazioni per far funzionare l'anima di una Cacciatrice…
Oh, Helen, quanto ti fidavi di me…
Oh, Helen, quanto tempo per riuscire a capire…
Amore.
Solo amore.

"Non importa se adesso per loro sei una Cacciatrice." - le sussurrò,in un orecchio - "Per me lo sei sempre stata. Ed essere stato il tuo Osservatore, per breve tempo e commettendo un sacco di sbagli, è comunque stato un grande onore a cui non ero pronto."

È vero.
Ho capito Faith, ho capito veramente.
Ora so dove stai andando, cosa stai cercando. Ora so che non sei partita da sola.
Ci sono io con te.
Ho capito Faith, ho capito veramente.
Sono ancora il tuo Osservatore.
L'avevo promesso.
Me ne ero dimenticato.
L'avevo promesso.
Chiuse gli occhi, solo un istante. E gli sembrò di sentire ancora le labbra morbide sulla sua fronte.

Un istante lungo una consapevolezza.
Ma Lorne attese.
Attese, fino a rincontrare gli occhi profondi di Westley Whydam-Price.
Sorrise.
E attese ancora.
"Ho capito." - ricambiò il sorriso, spontaneo - "Grazie."
Grazie.

V
"Dimmi qualcosa…" - mormorò Spike.
"sei tu che dovresti parlare…"
"questo lo so anch'io, Doyle! Ma se tu dici qualcosa, io posso risponderti e…."
"e sbloccarti. Ok, capito l'antifona." - doyle sospirò, massaggiandosi le tempie -"Sai…"
"non prenderla alla lontana."
"non è nelle mie intenzioni. Stavo giusto dicendo che trovo buffo, il gioco delle parti. Angel che picchia buffy per Faith, tu che picchi Faith per Buffy…"
"Non ho picchiato Faith." - replicò pacatamente, ignorando la palese provocazione.
"Ma avresti voluto…"
"È lei che ha picchiato me…"
"E sai anche che ha fatto bene."
"Certo… puro masochista… picchiami, picchiami perché sono cattivo!"
"Hai ragione…" - rise doyle -"non è consono al tuo carattere. Del resto vivi con Angel, che di autolesionismo si intende…"
"Sempre quando non sono gli altri a cercare di stroncarlo…" - mormorò Spike -"E' per questo che sono arrabbiato. Di tutte le cose che potevo inventarmi, ho investito gli ultimi anni a perseguitare la donna della sua vita. E gli ultimi mesi ad ossessionarmi con il suo ricordo. E adesso… niente. Un bel niente."
"E di lei non sei innamorato." - con una punta di malizia, anche Doyle avrebbe voluto sentire la famosa ammissione che tanto sconvolgeva Angel. ma Spike era propenso a parlare d'altro.
Aveva ragione. Gli serviva solo un imput.
"tu sai come è andata. Mi sono sobbarcato sua sorella. Io adoro quella bambina. Chiamarla bambina non le fa onore. È cresciuta, è diventata bella e forte. Io… sono stato in paranoia, veramente." - riusciva pure a sorriderne - "Non mi spiego neanche il perché, ma ero terrorizzato dall'idea che avesse dei problemi, o che si chiudesse in se stessa, tanto da non riuscire a raggiungerla. E poi, c'era sempre lei, Buffy. ne abbiamo parlato tanto, non volevo che diventasse uno di quei tabù stupidi… solo che più ne parlavamo, più ricordavo cosa mi piacesse di lei. Angel ha ragione. Non sono mai andato tanto d'accordo con Buffy come in questi mesi che non c'era. Prima era tutto una lotta ed una discussione. Una gara a tirarci stoccate."
"Non avevi l'anima allora, Spike." - mormorò Doyle, per arginare quella punta di rimorso.
"Mi spiace contraddirti. Ma l'ho fatta piangere anche l'ultima volta che ci siamo visti. Per via di Faith. Una buona causa. Ci siamo fatti male a vicenda, tanto per cambiare, ma non mi pento. Vorrei solo che Angel…"
"Che Angel capisse?"
"No, quello non è un problema. Angel capisce troppo per i miei gusti."
Angel dice la stessa cosa di te…
"Vorrei capire, io. Ma non si tratta di Buffy. E'… Faith. Cioè… ma no, forse non è nemmeno lei… "
"E se non è lei…" - incoraggiò Doyle. Era vagamente deluso. La grande verità non gli era sfuggita di bocca per un pelo.
Iniziava quasi a dubitare delle sue supposizioni.
Delle sue poteva anche… ma Cordelia era dichiarata disposta a giocarsi metà stipendio, sulle intenzioni di quei due…
E cordy con i soldi non scherzava.
"E se non è lei… bhe, allora sono io!" - esclamò, tirando un calcio alla prima lapide sotto mano - "Sono io che ho detto delle cose tremende sul suo conto! Sono io che devo sempre incasinarmi la vita con le cacciatrici. Sono io che ho corso per tutto il mondo inseguendo tutte quelle che le hanno precedute nell'ultimo secolo! Io, sempre io, che non riesco a levarmele dalla testa! Io!"
aveva accelerato il passo. Camminava, girandosi a fissarlo in faccia, per sottolineare i concetti più importanti. Ma la sostanza non cambiava, frase dopo frase.
Spike aveva un grosso problema.
Le Cacciatrici.
Semplicemente.
"Sai chi è stata la prima a farmelo pesare? Drusilla! Dru mi ha mollato perché diceva di sentirmi addosso l'odore della Cacciatrice!"
"Stai scherzando, vero?" - doyle si fermò di botto e lo fissò, sbarrando gli occhi chiari.
"Scherzare? Io non ho nessuna intenzione di scherzare!" - Spike stava al centro dello stretto passaggio con le mani in tasca - "Ho portato Dru in Messico dopo aver lasciato Sunnydale e lei, a parte dare di matto come suo solito ed essere leggermente più … scostumata, mi ha accusato di essere cambiato, di essere ossessionato dalla Cacciatrice! Il suo odore addosso… io volevo fare il bagno nel suo sangue, non ritrovarmi in questa situazione!"
Sembrava esasperato.
E sembrava cullarsi nella sua oratoria per non lasciarsi andare.
Doyle lo fissò, mentre proseguiva a camminare e parlare, sventolando le mani e saltando su e giù dai muretti e dalle lapidi.
Non voleva ammettere nemmeno con se stesso ciò che gli bruciava il cuore.
E non voleva concedersi ancora il lusso di parlarne.
"Spike…" - lo chiamò, interrompendolo - "Perché adesso non mi dici realmente come stanno le cose?"
"C…cosa?" - domandò l'altro, perdendo il filo del discorso.
"Negli ultimi dieci minuti ho saputo di te molto più di quanto potessi sperare. Ma non era quello che volevo sapere." - si era fermato, ormai erano veramente vicini al quartiere di Buffy - "Perché non hai chiesto aiuto. Perché sei affondato così, senza che nessuno se ne accorgesse…perché, Spike."
come poteva rispondere ad una domanda del genere.
"Non ha importanza." - insistette testardamente Spike, focalizzando lo sguardo su un punto lontano - "Quello che veramente mi brucia è ciò che ho fatto a Faith."
"Spike… quella è la tua coscienza. È normale che si faccia sentire. Ma io ti chiedo cosa senti dentro al cuore. Cosa hai sentito, fino a stasera."
Doyle non sapeva se la strada percorsa fosse quella giusta. Non sapeva come mediare tra ciò che conosceva di Spike e ciò che realmente era.
Il problema erano i segreti, la stretta corrispondenza che sembrava intercorrere tra loro. L'anima di Spike, tornata da chissà dove era stata indirettamente la causa di ritorno di Doyle.
Era l'anima che sfidava ogni spiegazione ed ogni futuro.
Era il mistero che legava i misteri. Era un tassello indispensabile nella scacchiera, nella partita che Angel conduceva contro il male.
Tornata come quella di Angel, con una motivazione paradossale ma umana come può essere solo la vendetta?
No, forse no.
Ma era un quesito che conduceva troppo lontano.
E Doyle lo represse, con violenza, insieme ai ricordi che non poteva più avere.
"Io penso…" - Spike si appoggiò al sarcofago alle sue spalle, come se la risposta gli pesasse addosso come un macigno - "Penso che Faith lo abbia capito e che io l'abbia trattata male per questo… Il mio dolore imbastardito…"
Come sapeva sorriderne, cinico ed esasperato.
"ricordi la nostra conversazione, quel giorno, il giorno del funerale? Ti ricordi, mi hai detto che non l'amavo… avevi ragione, avevi dannatamente ragione. Non l'amavo. Ma la desideravo alla follia. E continuo a desiderarla, senza possibilità alcuna, a modo mio."
Camminava,lentamente, quasi in tondo. E non gli andava di interrompersi e dare spazio ad una risposta….
"Faith mi accusato di questo, dopo che io le ho urlato contro… ha detto che era la consapevolezza di non avere possibilità alcuna con Buffy che mi rendeva furioso…una verità che le è sfuggita di bocca, solo per ferirmi. Una verità che non era una verità, detta solo perché non riuscivamo più a controllarci…" - una cattiveria, non ci credeva nessuno dei due, ma faceva male ad entrambi - "Faith era già arrivata a bersaglio, Doyle. Perché sapeva che mi sentivo beffato semplicemente dal destino. La mia missione, Doyle…la mia missione…
C'è una sola domanda Doyle, una sola che non mi ha lasciato in pace, da quando è morta Buffy… fallirò? Fallirò nel mio compito? Ho fatto di tutto, ma era sempre in agguato. Fallire… non ho conosciuto pace per questo dubbio…"
"Il fallimento è una possibilità in ogni vita. Può succedere. Il suo peso può veramente schiacciare. Ma tu non potevi, perché non hai sbagliato nemmeno quando era poco probabile che tu riuscissi…"
Era una frase strana, piena di mistero. Ma Spike era un fiume in piena. Sapeva che se avesse interrotto il corso dei pensieri, sarebbe stato nuovamente solo. Seguitò a parlare, a ripetersi, gettando occhiate lontano.
Sembrava cosa da poco, ora, tra le labbra. Sembrava sciogliersi come neve al sole, la sua paura, il suo blocco, il macigno che gli premeva sul cuore. Non alfine la paura di sbagliare. Sotto di essa, la paura di essere escluso.
"Angel… angel ha così chiara in mente la sua Redenzione… ma io, io non sono come lui. Questa sembrava la mia occasione… sembrava una missione da affrontare da solo. Perchè no, io amo il posto al centro della ribalta. Io, le mie certezze finite in fumo per un'anima dannata…"
"Proteggere Dawn…" - Doyle annuì tristemente - "Lo so, Spike, ci ho pensato anch'io molto.
Il ritorno di Buffy stravolge tutto quello che ti dissi..."
"Non sono certo di voler tornare ad essere nessuno."- la paura era scivolata fuori dalle labbra, inarrestabile.
"Non succederà, Spike." - ribattè lentamente, ma con voce ferma - "Il tuo ruolo è assegnato. Parte del tuo destino si è compiuta. Sei il custode di Dawn. Lo sarai sempre. E se ne dubiti, basta che tu glielo chieda…."
Non si sarebbe mai aspettato una risposta del genere. Chiedere a Dawn. Il suo rapporto con Dawn si basava sulle risposte che sapeva darle, non su quelle che poteva ricevere.
"Il futuro di Dawn… Dawn è la Chiave anche per la tua vita." - Doyle soffiava le parole fuori, precipitosamente - "Io non so, non so se posso realmente dirti quello che vuoi sapere o se, a metà di una frase, le Alte Sfere mi trapaneranno il cervello per farmi tacere.
Ma questa risposta ti spetta Spike, al di sopra di ogni gerarchia ed ogni dovere. Il tuo ruolo non cambia, Spike. Nessuno solleverà dalle tua spalle questo peso che apparentemente ti trascina a fondo. Perché è parte di te."
Sentiva le labbra chiudersi a forza. Già sapeva che il resto non gli sarebbe stato permesso di dirlo. Tacque.
Tacque, continuando ad urlare disperato nella mente. Urlare le verità che avrebbe preferito non dover custodire.
"Ne sei certo, Doyle?" - Spike cercò di accendere una sigaretta.
Non riusciva a controllarsi.
La mano gli tremava.
Doyle gli sfilò l'accendino dalle mani e gliel'accese, senza un commento. Non disse nulla, per confortarlo, per minimizzare quell'attimo di debolezza.
Nel suo sguardo si sarebbe potuta leggere la determinazione ed il suo credo.
Avrebbe sfidato il destino ogni qualvolta fosse stato necessario, per la vita dei suoi amici.
"Non è tornata perché tu non eri all'altezza…" - sussurrò. Ignorando le fitte lancinanti che gli attraversarono il cervello. Le nascose per non spaventarlo, per non fargli comprendere cosa avesse appena fatto.
In fondo non gli importava del dolore.

Spike lo guardò, indecifrabile, prima di chinare il capo.
Rideva. Rideva asciugandosi gli occhi, scosso fin in fondo alla sua essenza, mentre Doyle prelevava una sigaretta e l'accendeva, girandogli la schiena.
Rimasero così, ignorandosi, ognuno con i suoi pensieri. Ognuno a fare i conti con ciò che doveva essere.
"E' tornata perché l'hanno richiamata indietro, Spike." - non si girò, riprese semplicemente a parlare - "Non perché avesse realmente un motivo. Dovrà ricrearsi il suo spazio e non c'è nulla di invidiabile in questo. Non c'è modo di sapere come andrà a finire la sua nuova vita… vivrà, Spike. Ma questo ritorno non era scritto."
"Cosa dovremo dare in cambio, Doyle? Ho stroncato Faith per rimettere in pari la bilancia? Ero il mezzo necessario al destino? Doyle, faith pagherà perché, come al solito, alla fine, sceglieremo Buffy?" - restava solo quest'ultimo dubbio.
"Qui non si tratta di poter scegliere, Spike. a quanto pare nessuno può farlo in questa partita. Nessuno, tranne una." - come suonava stanca la sua voce, come se il peso delle loro parole lo schiacciasse - "Buffy, buffy aveva chiaramente scelto, non credi? Era la sua vita, ne ha disposto come meglio credeva, probabilmente cambiando come suo solito le sorti del mondo. Come al solito non ha seguito un piano prestabilito. Ma questo non ha importanza. C'è sempre una possibilità di ignorare le paratie del destino, che dipende dalle nostre forze, da chi siamo.
Anch'io ho paura per Faith e non so quali saranno le conseguenze di questo ritorno. Ma la paura non ci darà risposte, Spike. faremo ciò che dobbiamo."
"E se fosse tutto senza un perché?"
"il perché non cambia ciò che faremo, Spike. Si scelgono le azioni, non i ruoli…." - si girò e gli sorrise - "Almeno, nel nostro caso, dobbiamo stare al gioco…"

"Io ho qualche difficoltà ad aiutare Faith, se mi trovo a Sunnydale…" - borbottò Spike, spegnendo il mozzicone con la punta dello stivale.
"Avresti le tue difficoltà anche a Los Angeles…" - Doyle tornò ad avvicinarsi - "Faith è fuggita da te, lo sai bene… non c'è modo di trovarla. Potrebbe riuscirci Wes… oppure Angel. Non io. Non Cordy. Non tu."
"Bella consolazione…" - sbuffò l'altro, tornando a esibire la sua faccia tosta - "Ma tu non eri il consolatore dei disperati ed il conforto degli afflitti?"
"Io? E da quando! Sono uno che sa farsi gli affari suoi ed ha tanto buonsenso." - ribattè per le rime, spalancando gli occhi - "Mi hai preso per un ente di sostegno?"
E poi gli sorrise.
Un'occhiata che valeva mille discorsi.
Come amava dire Angel.
"E con Angel?" - lo chiese senza pensare.
E per un attimo, diede per scontato che Doyle non capisse.
Come lo conosceva poco…
"Angel? a parte il fatto che potresti appellarti alla sua improba pazienza…" - replicò allegramente l'altro, prendendolo a braccetto e riprendendo la via - "Io penso che la tua storia con Buffy sia archiviata da parecchio tempo…"
"Però dovrei dirglielo." - continuò testardamente. Iniziava a prenderci gusto a scaricarsi la coscienza.
"Vuoi dirgli una cosa che già sa?" - gli chiese, fermandosi.
Stavano di fronte ad un'altra cancellata. Avevano attraversato il cimitero di Sunnydale da un estremo all'altro.
"Potrei anche…" - mentre già gli veniva il dubbio di averlo fatto, nello sproloquio di poche ore prima - "Oppure potrei dirgli che, a parte una sana attrazione fisica, non c'è nient'altro."
"Segui il mio consiglio… non metterti a rinvangare. Sei talmente ispirato che confesseresti pure il compio copiato in terza elementare…" - disse, arrampicandosi e saltando dall'altra parte.
"Ehi, Cantastorie! sfotti?"
"Non potrei mai." - si fermò, per aspettarlo - "anche se avrei voglia di vederti… angel, senti, la tua ragazza mi piace da palpare… oppure ciao Angel, la tua ragazza ha un fondoschiena da urlo."
"Non è la sua ragazza." - precisò l'altro con una risata e, voltandosi, nell'incontrare lo sguardo di Buffy, in un soffio aggiunse - "Non è mai stata la ragazza di nessuno…"

Trovarsela di fronte.
Non era mai stato realmente pronto.
Non ci aveva neppure pensato.
Buffy viva a parole, era un'altra cosa.
Eppure non era altro che Buffy.
Indossava un maglioncino nero, attillato, a maniche lunghe.
Come se la temperatura calda dei primi di settembre fosse troppo poco per lei.
Portava i capelli legati, in una lunga coda bionda.
Erano davvero così lunghi? Spike non ricordava.
Non ricordava quegli zigomi affilati, quegli occhi verdi… le braccia conserte ed il paletto tra le dita.
Come se fosse una penna, un pettine oppure un pennello da cipria.
Buffy, con la sua bellezza da ragazza normale.
Non più una ragazza normale, si corresse. Se mai era stata normale .
"Buffy." - più che un saluto era un riconoscimento.
E lei lo sapeva.
"Spike." - rispose, con voce neutra - "E Doyle, giusto?"
"Giusto." -annuì lui - "Piacere di vederti, Buffy. veramente."
"Grazie." - non sembrava disposta a dire più dell'essenziale - "Come mai qui?"
"Non di certo per ammirare il miracolo." - replicò Spike.
Era stato brutale.
Se ne rese conto troppo tardi. Buffy lo stava già intendendo come un disinteresse. Abbassò lo sguardo e, con un tono duro, ribattè per le rime.
"Sono di ronda. Devo andare."
Gli passò a fianco, con passo veloce. E Spike l'afferrò per un polso.
"Buffy, aspetta."
Si stava ancora voltando, ma il paletto era già a sfiorare il suo petto. Abbassò lo sguardo sorpreso, come se non ricordasse come poteva essere veloce. E letale.
Fissando il paletto, e la mano che si frapponeva tra la sua maglietta e la punta lignea.
Stringendola, serrandola come un fodero.
Anche Doyle sapeva realmente essere velocissimo.
Non amava sfoggiare i suoi poteri a demone.
E nessuno, fino a quando non li vedeva, si capacitava che non fosse solo un umano molto sensibile.
Adesso stringeva il paletto, lo serrava nel palmo, non curandosi affatto delle schegge che già gli erano penetrate nell'epidermide. E Buffy lo guardava con sorpresa.
Spike fissò quella mano. Non sapeva se e chi ringraziare. Non sapeva se buffy l'avrebbe veramente ucciso o soltanto minacciato. Come faceva una volta.
Era realmente la Buffy di sempre? Dawn aveva detto di sì. E sì avevano detto gli altri interpellati.
La guardò, dimenticando per un attimo il suo sguardo ironico, la sua espressione dura ed il suo contrastato rapporto con Buffy. Si sentì soltanto ferito. E quel dispiacere gli trasparì dal viso. Un'altra goccia in un vaso ormai quasi colmo.
Anche Buffy sembrò notarlo, prima che la durezza lo nascondesse. Abbassò la mano, mentre Doyle lasciava andare la presa. Lo guardò, mentre con un passo indietro e con il tono di sempre la fissava in volto.
"piacere di rivederti, Buffy."
non si erano capiti, ancora una volta.
Erano cambiati.
Ma tra loro tutto era immutato.
Odio.
E amore.
Scosse il paletto, come per liberarlo dal desiderio malvagio con cui l'aveva mosso. E lo ripose nella tasca dei jeans, per dimostrare, come poteva, le sue intenzioni pacifiche.
Ma non poteva chiedergli scusa.
Non poteva.
Lo fissò, sperando capisse.
Sperando di capirlo, almeno una volta.
Ma Spike abbassava lo sguardo e rifiutava di incrociarlo con il suo.
"Buffy." - la chiamò Doyle. Tranquillo, come se non avesse appena evitato un omicidio - "Io sono venuto a parlare con te."
Era pacato e sereno.
Buffy non ricordava di essere stata vicina ad una persona che emanasse una tale quiete.
Lo conosceva. Di fama, più che altro.
E l'ultima volta in cui gli aveva parlato, Doyle non era stato altro che il messaggero chiamato Cantastorie. Colui che le aveva posto in mano una spada e le aveva detto di uccidere il suo amore.
Anche se si sentiva morire dentro.
L'aveva detto con un sorriso.
Senza smettere di essere un calmo specchio d'acqua.
Colui che dispensava la morte come se fosse la pace tanto agognata, colui che condannava l'amore senza il rancore.
"No. Cantastorie. No." - Buffy fece un passo indietro, senza staccare gli occhi dal volto di lui - "Nessun messaggio."
"Nessun messaggio. Solo parlare." - Doyle era forte, armato delle sue certezze- "Non ci sarà sacrificio o vendetta, Buffy. Solo parole."

Di cosa stavano parlando?
Spike era stato fermamente convinto che non si conoscessero. Fino a quel momento non si era nemmeno posto il problema del perché Doyle volesse così tenacemente andare a Sunnydale.
Doveva parlare con Buffy. Mancava solo il perché.
Buffy, di fronte a lui.
Spike non voleva guardarla. Non voleva scoprire come fosse distorta nella sua mente. Scoprire che era ancora più alta e più bella che nei suoi sogni. O meno vibrante e ridente.
Buffy aveva chiamato Doyle Cantastorie. Possibili che quel pestifero demone irlandese avesse avuto a che fare con tutti loro?
No. Non con tutti.
Spike sapeva di non averlo incontrato prima della fondazione della Angel Investigation. Mai.
Mai?
Buffy non si fidava. Non poteva fidarsi.
"Devo andare." - ripetè.
"No." - sorrise Doyle- "Non puoi."
Poneva un veto alla cacciatrice! E con un sorriso perfetto!
Nessuno le poteva parlare in quel modo.
Gli occhi di Buffy divennero due fessure roventi. Le braccia incrociate, la posizione di difesa non lasciavano intendere che avrebbe accettato l'invito.
"Sono libera di rifiutare." - rispose glaciale.
"Ma non lo farai." - Doyle non arretrava un millimetro. E, quel che era peggio, non la prendeva realmente sul serio - "Buffy, possiamo stare qui fino all'alba e più ancora, a discutere sul perché dovresti ascoltarmi. Ma ci guadagneremmo solo un mucchietto di polvere di Spike. e non sono nemmeno se questo ti dispiacerebbe, visto che hai appena cercato di ammazzarlo."
Spike si mosse, inquieto. Poi, dopo un'esitazione, mentre la rabbia iniziava a prendere il sopravvento, si girò, incamminandosi.
"Vado da Dawn. Non mi faccio immolare per colpa di due testardi. Chiamatemi quando avrete finito di discutere."
Buffy lo guardò allontanarsi. Ma Doyle non lo degnò di un'occhiata. La fissò in viso e attese.
Attese.
Fino a quando Spike non svoltò l'angolo e l'attenzione di Buffy fu nuovamente sua.
"Possiamo parlare, Buffy?" - domandò ancora.
E non si stupì molto, quando la vide annuire.
"Andiamo." - aggiunse - "C'è un posto dove possiamo prendere un caffè?"
Le sorrise.
E le offrì il braccio.
Come nessuno aveva mai fatto.
Come un gentiluomo d'altri tempi.
Stupendola ancora. E stupendo se stessa, nell'accettare la gentile offerta.

VI
"Ciao Briciola." - borbottò, entrando dalla porta sul retro, senza aspettare invito.
Era andato e venuto così tante volte che c'era da stupirsi che non avesse scavato un solco nel prato di casa.
Dal nulla si materializzò Willow, armata di scopa.
La teneva alta sopra la testa e cercava di essere minacciosa.
"puoi volarci con quella." - replicò Spike, levandogliela di mano e lanciandola nel ripostiglio - "Ma come arma non serve a niente. Dov'è Briciola?"
"Ah, Spike. sei tu."
"Credevo che questa parte l'avessimo già superata. Ma fa lo stesso. Ciao Willow come va sono passato per caso sai dov'è Dawn?"
"accidenti… come parli in fretta." - replicò la ragazza con un sorriso ammirato.
Spike alzò gli occhi al cielo camminò spedito verso il soggiorno.
"Briciola!" - urlò, affacciandosi alla tromba delle scale.
"Arrivo." - rispose una voce dall'alto. Poi, in un turbinio di capelli castani, apparve dawn, affacciata alla ringhiera.
"Spike!"
Un urlo di pura gioia, percorrendo le scale di corsa. Poi una scivolata sul corrimano, dritta tra le braccia del suo eroe.
"Mi immaginavo che arrivassi, ma non così presto!" - esclamò, cingendogli il collo con le braccia - "Sono così contenta di vederti."
Era così esuberante e così sincera…
La strinse e seppellì il viso tra i suoi capelli. Non era certo di meritarsi qualcosa di così vivo e puro.
"Spike…"
"dammi solo un minuto, Briciola, uno solo…" - mormorò, assaporando quel calore con gli occhi chiusi, con il capo sulla sua spalla.
Fu così che li sorprese Tara, per un fuggevole attimo, prima di ritrarsi, imbarazzata.
Così.
Dawn ancora seduta sulla balaustra della scala, laddove il corrimano si allargava e curvava appena. Con i piedi a pochi centimetri da terra. E le braccia attorno al collo di Spike.
Erano abituati all'affettuosità di Dawn nei suoi confronti. Ma Spike non era mai stato così.
La sua testa bionda sulla spalla di Dawn, il viso seminascosto, così vicino al suo collo da far sussultare. Le braccia intorno al suo corpo sottile.
Tara strinse un po' più a sé i libri che aveva tra le mani, incantata da quella visione, da quei due corpi luminosi ed evanescenti, uniti.
Stretti.
Dawn alzò lo sguardo, come se un'ombra l'avesse attirata. E tara, con un sussulto, si ritrasse, tornando a poco a poco verso lo studio e la normalità.
"Spike…. devo preoccuparmi?"
Spike alzò la testa, arruffato, sorridendo.
"No. Solo una giornata molto faticosa. E tu?"
"La mia vita è sempre faticosa." - replicò lei, petulante, con un'alzata di spalle. Poi, con un cambio di tono, lo fissò negli occhi - "Spike, sul serio. Cosa ti succede?"
"Niente di cui dovresti preoccuparti." -replicò pacato. Dawn gli ravviava i capelli con entrambe le mani. Li tirava indietro, impigliando le dita. Aveva delle splendide mani da pianista, lunghe e sottili.
Il loro tocco era forte sul suo cuoio capelluto. Piacevole.
E Spike si sorprese a chiudere ancora gli occhi. Sentendo quelli di Dawn sul suo viso, brucianti di preoccupazione.
Era un tocco affettuoso, assolutamente innocente. Era così rassicurante…
D'un tratto sentì una di quelle mani sul viso. E spalancò gli occhi, sorpreso.
Dawn lo stava scrutando, con un'espressione mai vista.
"Spike…" - sussurrò - "Stai piangendo…"

sedettero sui gradini, sotto il portico. La via era tranquilla, deserta.
Sedettero vicini, come avevano fatto tutta l'estate.
Dawn l'aveva condotto lì, tenendolo per mano. Era rimasta in silenzio, cingendogli il collo con le braccia. E Spike, lasciandosi stringere, aveva perso lo sguardo nella notte.
"Mi vuoi raccontare?" - aveva sussurrato, dopo un po'. A quell'unica lacrima non ne erano seguite altre. Aveva serrato la mascella e non aveva ceduto, cercando un po' di conforto nell'oscurità.
"Che notte…" - rispose - "è così tranquillo, non avrei mai pensato che Sunnydale potesse essere così. A Los Angeles pioveva, non ti puoi immaginare…."
"Spike!" - gli teneva una mano. E non sembrava più la sua piccola Briciola - "non fare questo gioco con me, non far finta di niente, ti prego. Devi dirmi cosa ti succede… devi permettermi di aiutarti. Come tu fai con me."
spike si voltò a fissarla. E si sfilò il giaccone, per posarglielo sulle spalle.
"io sono un artista, Briciola. " - sorrise, nell'avvolgerla - "nessuno consola bene come me…"
"hai ragione. Ma lasciami provare…"

come erano grandi le parole… come potevano ostruire la gola. Scivolavano a fatica, facendosi attendere. Divenendo più fluide, poco a poco.
Una bella storia da ascoltare… oh, sì, gli sarebbe piaciuto…lentamente , come sorseggiare un liquore…
Dapprincipio…

"Non so di preciso come è cominciata… diamine, non è poi un grande inizio. Potevo inventarmi di meglio. E non so nemmeno se abbia importanza realmente.
È cominciata quando Buffy è venuta a Los Angeles. O forse no. Allora non ho dato molto peso al fatto. Ero solo furioso con lei, con il suo atteggiamento per via di… ma ci arriveremo con calma.
Buffy venne da me, per avvertirmi di Glory. Litigammo, io le dissi molte cose di cui forse mi son pentito.
Non pensavo di perderla così presto, non pensavo la perdessimo così presto.
Quando è morta… tu sei stata il mio pensiero. Tu ed Angel. tu ed Angel, come un rullo di tamburo nella testa, per non pensare ad altro.
Tu e lui, tu e lui, ininterrottamente.
Ininterrottamente.

Dapprima ci sono stati gli incubi.
Continui, non riuscivo a chiudere occhio senza che Buffy mi puntasse il dito contro.
Io, il mio senso di colpa…
Da lì, in poi, in certi momenti mi sembra di ricordare solo una discesa.
Sono stato male, male da impazzire.
E quando sono tornato a Los Angeles, dopo il funerale… è stato solo strano.
Ma sopportabile.
E quando mi sembrava di esplodere, venivo qui, dove potevo essere utile.
Venivo qui e parlavo con te. Poi andavo da lei, a raccontarle i miei casini. Le portavo i fiori e, grottescamente, mi sembrava fossimo una bella coppia.
Dio, che cosa macabra che ho detto…
Io e Buffy, senza litigare, lontani solo un paio di metri. Un paio di metri in profondità…

Si mise a ridere per questa descrizione. E non riuscì a fermare un'altra lacrima, strofinandosi furiosamente lo zigomo.

Andavo da lei, Dawn. Poi venivo da te. O viceversa, non ricordo.
La mia vita era perfetta.
Perfetta.
Tu eri la mia vita.
Lei la mia morte.
Ed io mi dividevo per entrambe.
A poco a poco il resto del mondo mi è sembrato svanire. E tua sorella è entrata nei miei sogni, lasciando i miei incubi… divenuta materia dei sogni… come diceva il vecchio William…
Avevo dovuto aspettare che uscisse di scena, per andarci d'accordo. Quando se ne è andata, io ho preso il mio posto sulla scacchiera. E sono divenuto tuo custode…

Dawn sentì un brivido lungo la schiena. Ma tacque.
Spike parlava, giocherellando come suo solito con quell'inseparabile accendino.
L'accendeva per fissarne la fiamma un singolo istante. Poi la spegneva, con uno schiocco del coperchio.
E così via, all'infinito.

Il tuo, soprattutto il tuo.
Verso Angel è sempre stata più una questione morale.. d'affetto, perchè no…pazzesco io che parlo di affetto, io, il Sanguinario…
Questa sì che potrebbe far ridere…
Il mio posto.
Il mio dovere.
I miei cari.
Ma non bastava. Non mi basta mai.
Mai.
Tua sorella, tua sorella mi è entrata dentro senza un motivo. Avevo un motivo per amarla nel rancore verso Angel… quando è cessato, ho perso anche l'amore per lei…
non so nemmeno quante volte l'ho ripetuto.
Il mio cuore appartiene alla stirpe delle Cacciatrici. Talvolta mi sembra di non aver mai amato nulla come la sete del loro sangue.
E Buffy… solo perché io non ero riuscita ad ucciderla, credevo che nessun'altro vi sarebbe riuscito…
Nulla.
Nulla come inseguirle, sentire il loro cuore battere più veloce… anche quello di tua sorella accelerava con me. E non ho modo di quantificare il gusto che provavo.
E quando non ha più battuto, mi sono illuso di poterlo sentire ugualmente.
Poi è arrivata la tua telefonata, Dawn… ed io sono stato il più idiota della terra.
Il più idiota.
Avevo fatto di tutto per colmare il vuoto lasciato da lei.
Tutto.
E nel farlo, ho abbandonato me stesso.
Ho smesso di suonare, ho smesso di scrivere…

Lo ascoltava trattenendo il fiato. Assimilando ogni parola ed ogni emozione.
Ogni ammissione…

E ieri sera il mondo mi è crollato addosso.
Buffy non è mia…
Tu hai lei…
Ed io, per non so quale bastardo scherzo del destino, ho perso Faith.
Faith, già. Faith.
Perché lei sola mi ha affrontato, viso a viso.
Lei sola, su quel terrazzo, sotto quella pioggia torrenziale.
Non so…
È un attimo, Dawn. Basta un attimo per uccidere una persona nel cuore.
Io ho ucciso il cuore di Faith perché lei stava uccidendo il mio.
Faith, la sua unica colpa è lo spirito d'osservazione.
Le ho detto che era una nullità.
Le ho detto che era una puttana.
E lei mi si è spezzata tra le dita.
E poi è volata via.
Non so dove sia, Dawn. Faith è da qualche parte. Ed io non posso fare altro che pregare un dio… un dio? Quale dio, Dawn?
Quale dio pregano i demoni?
Non so nemmeno perché sono qui…
Faith, la mia amica, la mia confidente…faith la mia cacciatrice…
Doyle mi ha trascinato. Ha detto che non potevo oppormi, che sarei andato ovunque mi avesse condotto.
Doyle è fatto così… non si impone mai. E quando ti contraddice, ti parla con la voce che avrebbe il tuo cuore, se solo ti degnassi di ascoltarlo.
Doyle ha questa brutta abitudine, Angel me lo aveva detto… ti guarda e ti dice qualcosa del tipo alzati e cammina, oppure prendi la mia mano e seguimi … così, biblicamente.
Non puoi fare a meno di farlo. Non puoi non fidarti di Doyle…
Lui è il custode di Angel. lo è, lo sai, lo sarà fino alla fine dei tempi.
Stasera ha dato una forma alle mie parole…
Ha detto l'unica cosa ce volevo sentirmi dire, l'ha detta in fondo ad un lunghissimo discorso… ma è sempre così, sempre. Ti porta lontano, prima di raggiungere la luce.
Ha detto che Buffy non è tornata per i miei fallimenti.
Mi ha detto che non ho sbagliato, non ho sbagliato, nemmeno quando mi sembrava di affondare.
Io non volevo altro, Dawn, mia Dawn.
Null'altro che farti felice…

Appoggiava la guancia alla mano. E la guardava, affettuosamente. E non c'era niente in lui che non fosse uno sconfinato affetto.
E non poteva immaginare nemmeno come agli occhi di Dawn, fosse anch'egli puro e sincero.

Volevo solo renderti felice.
E non mi rendevo conto come tu rendevi felice me. Così tanto da non poterne più fare a meno.
E Faith è l'altro rovescio della medaglia.
E la ragazza che mi chiama vampiro e fa a botte con me.
È la ragazza che mi urla contro, con gli occhi che brillano. Che urla e poi picchia… non come quella peste di tua sorella…

Buffy… buffy si accompagnava ad un sussulto nello sguardo. Ma non per le fantasie di un'estate fuori dal mondo. C'era altro. Qualcosa di palpabile. Qualcosa che Dawn percepiva come un alito freddo.
Qualcosa che Spike le avrebbe narrato a tempo debito.

Faith, faith. Lei è la bambina di Angel, un po' come tu sei la mia. Non vi potremmo mai toccare con un dito, tale è la nostra paura che vi spezziate… mai avrei pensato di farle quello che ho fatto.
Mai.
Proprio io, Dawn.
Conosco il segreto che si nasconde nell'uccidere una cacciatrice. E non è la violenza. L'amore Dawn, io le ho sempre uccise con l'amore… e faith… faith…

La sua voce perdeva d' intensità. Poi risaliva, scivolando dolcemente verso un altro significato. Ed un altro ancora.

Doyle doveva parlare con tua sorella, non so nemmeno di cosa. Ma era deciso a farlo. E ce la siamo trovata di fronte mentre venivamo a cercarla.
Oh, Dawn, certe volte sono proprio un animale…
Avevo voglia di abbracciarla, di chiederle scusa per quel dannato giorno in cui non ho saputo salvarla. Avevo voglia di buttarmi in ginocchio e dirle che non avevo fatto altro che inquinare il suo ricordo a mio piacimento, dirle tutto questo, e invece…
Invece è stato come cadere dalla torre, Briciola…

Si teneva la testa tra le mani. Poi stringeva i pugni, tra loro, fino a far scrocchiare le nocche, posandovi testardamente il mento. Non poteva fare a meno di parlare,senza guardarla.

Ho cercato di fermarla. Non volevo che andasse via. Volevo sapesse che era Buffy, anche se tutti probabilmente la trattano come un pezzo unico… come un caso paranormale… non deve piacerle, odiava che lo facessero con te. Ed ora è lei.
Lei è diventata un fenomeno, un miracolo…
Ho cercato di fermarla e lei… lei per poco non mi ha ucciso. Forse non saprò mai se voleva farlo o era un gioco, un gioco di quelli un po' pesanti in cui eravamo specialisti.
Non lo saprò mai. Non voglio saperlo.
È una verità che fa male.
Più del dubbio.
Doyle le ha fermato la mano.
Ha stretto il paletto ad un centimetro dal mio petto.
È stato come se stringesse il mio cuore.
Ha fermato il paletto, ma io l'ho sentito ugualmente affondare nella carne.
Buffy mi ha ucciso, a modo suo… un'altra volta…

Non potè continuare.
Le braccia di Dawn lo stringevano. Forti, possessive, come non avevano mai fatto. Dawn era un peso sul suo corpo. Una fonte di calore sopra la pelle fredda di Spike.
La sua voce. La sua voce era sale e miele, così vicina al suo orecchio.

"buffy non può averti ucciso come dici tu, non può essere così, perché tu sei qui, qui con me. non vedi? Ti abbraccio, ti abbraccio forte, ti sento qui vicino… io posso sentire il tuo cuore Spike. e non voglio perderti solo perché Buffy è tornata. Io vi voglio entrambi con me, così come tu vuoi me, e Faith, e Buffy… ricordi Spike, non aspettavo altro che la tua anima per dirti quanto ti volevo bene… tu ci sei sempre stato, sempre, sempre. Sei sempre con me… ed io sono sempre con te."
Si scostò per guardarlo. Si asciugò una lacrima dalla guancia, mentre già spike protendeva le dita per afferrarla. Poi gli posò una mano sul cuore.
"Io sono sempre con te. Io sono qui. Sempre. Qui, dove sta Angel, dove sta faith, e Doyle… dove c'è la tua famiglia, spike. qui."
Il suo cuore. Come batteva il suo cuore, quasi lo stordiva, pulsandogli nel capo. Come era caldo la mano di dawn, come infondeva amore dritto verso quell'organo…
Come in quel film… il cuore è un organo di fuoco…
E poi giunse la verità.
La verità tanto attesa.

"tu sei il mio custode… non te lo ha detto Doyle?"
che bel sorriso aveva la sua briciola… che begli occhi azzurri… che strano che era…
che strana meraviglia dentro a quell'attimo infinitesimale…
doyle… cosa ha detto Doyle… mi sembra di sentire ancora la sua voce…Il tuo ruolo è assegnato. Parte del tuo destino si è compiuta. Sei il custode di Dawn. Lo sarai sempre. E se ne dubiti, basta che tu glielo chieda….tu non potevi fallire, perché non hai sbagliato nemmeno quando era poco probabile che tu riuscissi…
chiedilo a Dawn….
Dawn può dirtelo….

"Briciola, io lo so che forse hai già risposto… ma io ho bisogno di sapere se… sono… il tuo Custode."
Quanto gli era costata quella domanda.
E quanto era semplice la risposta.
Un semplice cenno, un semplice cenno…
Non desiderava null'altro.
Ed ottenne un sorriso. Quei occhi grandi, capaci di levarsi verso di lui, ancora una volta.
"Dal giorno in cui sei entrato nella mia vita ed hai detto Sparisci Marmocchia." - rise, nel ripeterglielo, mentre gli occhi si riempivano di lacrime - " tu sei sempre stato il mio Custode. Ed io l'ho sempre saputo. L'ho sempre saputo, Spike. la chiave ti appartiene, dall'istante in cui è divenuta vita. L'universo ha fatto molto, perché potessimo incontrarci. La morte di Buffy ci ha semplicemente dato un pretesto… ma tu mi proteggevi già prima…"
Abbracciati. Abbracciati e nulla più.
"Oh, Briciola, Briciola…. Ma perché non me lo hai mai detto…"

perché anch'io avevo paura, Spike. tanta paura che tu mi rifiutassi.
Adesso anch'io so.
E nulla potrà più cambiare tutto questo…

"Aspetta…." - mormorò d'un tratto, sciogliendo l'abbraccio.
"Briciola, Cosa…"
"Dai, entra." - Dawn lo trascinava, gli teneva una mano e cercava di issarlo in piedi - "Vieni, dobbiamo fare una cosa molto importante."
"Dawn."
"ohhh" - sospirò, alzando gli occhi al cielo - "Non vorrai stare ancora qui a cambiarti smancerie con la tua pupilla! Alzati, Spike, andiamo!"
lo trascinava, facendolo sorridere.
Era bello sentire i pesi scivolare via, poco a poco.
Era bello.
Era come sentirsi amati.
Uno alla volta, in quella lunga notte, erano venuti a lui e l'avevano condotto fuori dal buio.
Angel, Doyle, dawn… ognuno di loro, senza un motivo apparente, gli aveva offerto una risposta tanto agognata.
Era come un sogno.
Un sogno tra coperte calde. Un sogno al sicuro.
Faith…
"resta qui." - ordinò imperiosa la ragazzina, correndo su dalle scale.
"Non devi andare a scuola?" - chiese automaticamente Spike.
"No, oggi, no, solo nel pomeriggio. Domani, andrò domani." - replicò Dawn, percorrendo il pianerottolo - "Aspettami, non scappare…"
"E dove vuoi che vada." - rispose, solo per se stesso, scostando un poco la tenda per vedere il primo raggio di luce filtrare impregnando la moquette.
Faith… dove sei faith?
Oh, faith, torna a casa.
Torna dalle persone che ti amano…
Credimi…
Non troverai nulla che non possano offrirti i loro cuori…

"Spike…"
Si girò, sentendosi chiamare e là, incorniciata dal primo mattino, stava Dawn.
Dawn, con una chitarra tra le mani.
"Briciola…" - si difese.
Ma dawn era irremovibile, come il suo sguardo.
"No. Manca solo lei, Spike." - sussurrò. Lei. La musica. Lei. Faith - "Devi suonare Spike. suona e ritrova del tutto la via di casa…"
la teneva tra le mani solo per tenderla verso le sue.
"avanti, spike non farti pregare…"

Uno di fronte all'altro. Sul tappeto, a gambe incrociate.
Uno di fronte all'altro.
Ad aspettare che giungessero le note.

Ad aspettare una nuova notte.

La via di casa… adesso la vedeva, nel librarsi del primo suono.

VII
"Caffè, nero, denso e forte." - chiese Doyle alla cameriera. E la ragazza lo guardò strano. Come se tutti quegli aggettivi fossero superflui. E meno soddisfacenti di una mancia - "Buffy? anche per te?"
"Panna e zucchero." - rispose lei, fissandolo con occhi al tritolo.
E la cameriera, senza fiatare, annotò e girò i tacchi.
Si sentiva aria di litigata, tra quei due…
"Andiamo… credi sul serio che me ne starei seduto a bere caffè, fossi venuto a chiederti di salvare il mondo e massacrare il mio migliore amico?" - Doyle si appoggiò comodamente allo schienale e allungò le gambe - "Rilassati…"
non era di certo amichevole.
Braccia incrociate, sguardo affilato e duro.
Buffy non cedeva.
La roccaforte inespugnabile.
Aveva ragione Spike, probabilmente. Buffy non era mai stata la ragazza di nessuno.
"Non ti stanchi mai di essere così forte?" - le chiese, pensoso.
"Non ho scelta." - sospirò lei, posando i gomiti sul tavolo - "Forse faresti meglio a dirmi perché sei qui…"
"Non c'è un motivo particolare…" - mentì con naturalezza - "Volevo parlare con te…. Quattro chiacchiere tra amici…"
"E da quando il messaggero degli dei si scomoda per così poco?"
"Messaggero degli dei?" - rise Doyle, inclinando un po' la testa - "Di' un po', Buffy, ti sembro un personaggio tanto eccelso? Guardami… posso anche essere uno con buoni agganci, ma da qui ad essere un tale fenomeno…"
"Allora cosa sei, Doyle?"
"chi può dirlo…" - replicò, con un'alzata di spalle - "Uno che capisce la gente, uno che è più di quello che sembra…. Un redivivo…"
l'aveva detto fissandola dritta negli occhi. Senza smettere di avere quel leggero sorriso stampato sui lineamenti.
Con quegli occhi sapeva bucarla da parte a parte…

"Allora, posso sapere chi diavolo sei?"
"Chiamami Cantastorie." - replicò l'altro, aprendo in serie gli sportelli della cucina e frugando, per niente disturbato dalla balestra che gli veniva puntata contro - "Ma il tuo osservatore non tiene alcolici?"
"Che cosa vuoi!" - la voce di buffy era quasi stridula. L'abrasione sulla guancia le dava un tremendo fastidio, come la costola rotta, del resto.
E quell'insulso individuo, in casa di Giles, nel cuore della notte, le provocava solo un tremendo furore.
"Devo parlare con qualcuno. Con lui, con te, non fa nessuna differenza. Meglio tu, pensandoci bene. In fondo sei tu che hai combinato questo guaio…"
come parlava veloce, spingendo indietro quel suo dannato cappello floscio. Era il tizio più male in arnese che avesse mai visto.
"Che guaio avrei combinato io?"
"Ragazza mia! Sarai anche bellina, ma non sembri molto sveglia…" - alla fine sembrava aver scovato qualcosa di suo gradimento. Lo stappò con i denti e ne bevve una sorsata, prima di continuare allegramente ad insultarla - "Non ti pare di avere qualche guaio in corso, al momento? Non sei alle prese con un affascinante vampiro che vuole distruggere il mondo? Sentiti in dovere di correggermi, se sbaglio…"

"Fanno due dollari e ottanta" - disse la ragazza, posando poco gentilmente le tazze alte sul tavolo.
"E' un furto!" - sbottò Buffy, frugando in tasca alla ricerca di qualche spicciolo.
"Allora non berlo." - replicò la cameriera, per niente intimorita dal suo sguardo.
Doyle si stava divertendo da morire. Pagò la cameriera per entrambi, senza eccellere nell'agognata mancia. E fissò sottecchi Buffy.
Annotando ogni reazione che passava sul suo viso.
Trovandolo assolutamente fortissima.
Che ragazza! Avrebbe fatto girare la testa a chiunque… chiunque non avesse avuto paura di farsi male.
Come Angel, che dichiara sempre di non avere niente da perdere. Oppure Spike, che senza un po' di rischio si sente menomato…
E se sommava quello che vedeva a quello che diceva Cordelia…
Ne usciva il quadro più disparato che pittore astratto avrebbe mai saputo dipingere.
"Dicevamo…" - riprese, conciliante.
"stavi cercando di convincermi che non hai una missione da compiere qui a Sunnydale…"
"sei proprio un osso duro… ma io non ho fretta. Non ho una missione, non ho nessun secondo fine."
"Sì, certo." - lo guardava sperando di vederlo dissolversi.
"santo cielo!" - esclamò, alzando gli occhi - "Ma sei proprio diffidente! Bevi il tuo caffè, prima che si ghiacci."
Come erano lunghi i preamboli…. Doyle guardò l'orologio fuggevolmente. La notte era ancora lunga, e spike doveva essere probabilmente già al sicuro… un problema in meno.
Se era con Dawn e le cose erano andate come dovevano, si poteva anche ritenerlo sereno… Gli sarebbe piaciuto concentrarsi e captare l'aura di dawn…scambiarsi due parole… ma entrambi avevano qualcosa da fare.
"allora. Pronta a fare quattro chiacchiere?"
Non aveva bisogno di usare la parola.
"Caspita… era meglio se ti offrivo una camomilla." - mormorò, senza abbassare lo sguardo innanzi alla sua testarda interlocutrice - "ma io non desisto."
"Mi spieghi perché dovrei parlarti? non ci conosciamo, non ci siamo quasi mai visti, non hai un motivo per essere qui, a quanto dici. Eppure hai interrotto la mia ronda, trascinato in un bar…"
"non ti ho trascinata…"
"…mi tormenti con le tue domande ed insistendo con l'essere affabile.
Tu devi dirmi cosa vuoi!"
"Niente! Non voglio niente" - gli veniva da ridere, da allargare le braccia e sbarrare gli occhi - "non voglio nulla. Voglio solo parlare con te, quattro chiacchiere! Non so più come dirtelo! Ma tu sai quanto tempo stiamo perdendo per la tua testardaggine? Non vuoi stare qui a parlare con me, ma non ti spiace per niente restarci per litigare! Ma ti sembra il modo di gestire un'amicizia nascente?"
"non siamo amici." - tagliò corto lei, con un notevole broncio. Poi aggiunse, con un improvviso cambiamento di idea - "va bene, diciamo che io ti credo. Non sei venuto qui per qualcosa di specifico. Ma ci deve essere un motivo per cui vuoi parlarmi a tutti i costi…"
"certo che c'è." - annuì deciso, incrociando le braccia e allungando ancora un poco le gambe.
Finendo con il dare ancora fastidio alla cameriera, intenta a passare lo straccio.
Un'occhiata di una che vuole solo finire il turno… magari con un omicidio.
Sempre che la ragazza bionda non lo uccidesse, perché le sarebbe piaciuto avere il piacere di farlo con le proprie mani.
"Se c'è, perché hai negato finora che ci fosse?"
"Buffy, Spike non ti ha sempre detto di fare domande precise?"
"E tu che ne sai?"
"So parecchie cose. Ma non distrarti, ti ho detto la verità. Non ho un secondo fine e non sono qui in missione. Sono qui per motivi personali."
"Personali? E che c'è di personale, qui a Sunnydale, per te?" - chiese, per poi mordersi le labbra, per il tono sgarbato che non era riuscita ad evitare.
Non voleva fidarsi.
Non doveva…
"non mi manda Angel, Buffy.."
lo disse dolcemente, dando forma alla sua paura. Guardandola abbassare lo sguardo, tra la delusione ed il sollievo.
Come quella notte…

Cercare un osservatore e trovare l'osservata.
No, decisamente una fregatura.
Che ragazza, però.
Bella, bionda, con quello sguardo…
Anni dopo l'avrebbe ammesso anche con angel. non si poteva resistere alla sua forza ed alla sua fragilità.
Buffy, risposta senza risposte.
"Quale guaio… se tu ed angel non vi foste tenuti caldo, quella notte, le cose starebbero in modo molto differente.."
Provava un malsano gusto a non addolcirle la pillola. Anche se non era solo colpa sua. Se la prendeva con lei, perché non c'era Angel da maltrattare.
Angel non c'era più. Angel era svanito in un bacio, in un fuoco di corpi intrecciati.
Svanito. Bruciato.
Uno scambio di parole violente. Fino alla verità ultima.
"Devi ucciderlo." - dio, l'aveva detto, ma quanto gli era costato! - "Sta a te riportare l'equilibrio. Versa il suo sangue, rispedisci Acathla da dove è venuto. E sarà tutto finito."
Sollievo e dolore. farlo perché qualcuno l'aveva ordinato. Non perché, al di là dell'amore, Buffy l'avrebbe fatto comunque.

"Lo so." - mormorò Buffy, nel presente - "Ma per un attimo ho sperato… come allora." Già. Anche Buffy si era persa nei ricordi, per un istante. La loro linea di pensiero si era fusa,
"Mi dispiace, Buffy. a dire il vero, non so se mi dispiaccia più per quello che ho detto nel presente o per quello che ho detto nel passato."- era assorto, giocherellava con lo sguardo fisso sul ripiano lucido del tavolo.
La vedeva riflessa, ne incontrava lo sguardo. Uno sguardo cupo come inchiostro. Lentamente si immerse nel riflesso, cercando di scorgere le profondità di quell'anima. L'anima della cacciatrice…
La vide sussultare.
Alzare lo sguardo, di colpo sulla difensiva. Fissarlo.
Anche se non se lo spiegava. La sua mente era forte e l'istinto la guidava.
Il riflesso di Doyle l'aveva fissata dritta nel cuore. Non poteva dubitarne.

I loro sguardi si incontrarono ancora. L'azzurro degli occhi di Doyle aveva una sfumatura metallica.
"perdonami. Non volevo spaventarti." - disse, con tono di voce piatto.
"chi sei…"
"un demone. Un demone con l'anima. Nient'altro." - una cruda verità che non gli era mai piaciuto ammettere - "Non volevo essere così invadente…"
non negava. Sapeva perfettamente cosa avesse percepito Buffy.
"E' una notte molto strana, Buffy. molte cose possono accadere…molte cose stanno accadendo." sorrise delle sue percezioni, senza dare spiegazione alla cacciatrice.
Sorrise, perché da qualche parte, in quel momento, aveva sentito scivolare una lacrima.

Una lacrima.
Buffo.
Si fissò nel suo riflesso. E la vide.
C'era una lacrima nera sulla sua guancia.
Faith si portò le mani al viso. Una lacrima, una lacrima piccola… bastava un dito per raccoglierla. Era piccola. Ma forte,sgorgata dal dolore.
Non significava nulla.
Non l'avrebbe salvata.
L'alba era veramente molto vicina… dopo tanto tempo riusciva a percepirla dal profumo. sapeva di poter restare alla luce. Sapeva che non sarebbe divenuta polvere, quando il sole fosse sorto.
Ma era buio dentro l'anima.
Ancora troppo buio.
Anche le sue lacrime erano fatte d'oscurità.
Il suo riflesso era muto. Non valeva la pena restare a fissarlo.
Un riflesso.
Occhi azzurri.
Doyle!
Faith spalancò gli occhi, in un sussulto. Un attimo, per un attimo c'era stato doyle, nel riflesso. Doyle parlava con la cacciatrice, che leggeva l'anima della cacciatrice.
Posò la mano sul vetro, laddove tutto era svanito.
"Doyle…" - sussurrò - "oh, Doyle, come hai fatto a trovarmi…"

"Doyle…"
Faith…
La sua voce gli attraversò la mente come una lingua incandescente.
Serrò gli occhi, portandosi le dita alla tempia.
"doyle…" - riaprì gli occhi, mentre buffy si protendeva sul tavolo, istintivamente, per afferrargli una mano.
Preoccupata.
"non è niente." - sussurrò sorridendo - "E' passato."
Passato.
E futuro.
"Nel presente, adesso, io sono qui per te." - disse, fissandola negli occhi - "E da questa nostra conversazione dipenderà il tuo domani, Buffy. il domani che ti è stato nuovamente concesso."
"Allora è questo." - sospirò buffy - "Solo questo…"
ne aveva abbastanza.
Un altro. Un altro in decoroso pellegrinaggio.
Come tutte le persone della sua vita. Vedere senza chiedere.
Null'altro che…
"Avanti, chiedimi anche tu se sto bene!" - sbottò.
"E' questo che fanno gli altri?"
"Certo. In qualche modo devono trovare modo di rivolgermi la parola."
"Inizi ad odiarli, Buffy?"
Non rispose.
Chinò il capo e stette in silenzio.
"chi odi di più, Buffy?" - insistette.
"nessuno. Non odio nessuno."
"Se è vero, allora lo farai. Prima o poi dovrai odiarli, odiarli perché non ti capiscono, perché ne parlano o perché fanno finta di niente."
"non è detto."
"eppure non lo neghi. Non puoi, vero Buffy?"
"Non posso odiarli. Mi hanno riportata indietro…"
"Non significa che ti abbiano reso la vita…"
ancora quella voce tranquilla… quanto aveva popolato i suoi incubi, dopo la morte di Angel. La sentiva, stringendo l'elsa della spada, preparandosi a brandire il colpo fatale. "Avresti potuto colpirlo anche quando aveva gli occhi aperti… ti avrebbe perdonata in ogni caso…"
"Come?" - Buffy alzò la testa di scatto. Come poteva realmente sapere cosa stesse pensando? "Angel, quella notte. È inutile fargli chiudere gli occhi innanzi al dolore… non smette mai di sentirlo." - increspava le labbra con un triste sorriso - "E' fatto così, non può farne a meno…"
"Come sta?" - un groppo le si era formato in gola.
"Gli manchi…e gli mancherai sempre. Ma lui è l'angelo della notte, avrà sempre qualcosa di cui riempirsi la testa."
"Sono tornata." - replicò buffy. come se questo ponesse fine alla loro separazione.
"Non è stato l'amore per Angel a ricondurti indietro…" - Doyle scosse la testa - "E' stata la magia. Una bella differenza…"
Come era in gamba a far sgorgare lentamente dalle sue labbra la fine delle illusioni. Senza alzare lo sguardo, come se fosse in ascolto di altro, come se provasse un intimo dispiacere a percorrere quella via.
"Ascolti... i miei pensieri?" - azzardò, facendosi forza con un sorso di caffè.
E lui, sorprendentemente rise, una risata pura e garbata.
"No, non ascolto i tuoi pensieri. Non sarebbe educato." - scosse il capo e la fissò in viso - "Le tue emozioni sono forti, non si fa fatica a percepirle. Non sei realmente vuota come ti senti…"
"Secondo te mi sento vuota?"
"Oh, sì, direi proprio di sì. Non si tratta dello spazio che non ti sembra di avere più, non si tratta della difficoltà di reggere, ora dopo ora, lo sguardo dei tuoi amici. Essi sanno di aver avuto un buon motivo per riportarti indietro ma non sanno come affrontarti. Tara, tara forse, parlasse di più, potrebbe aiutarti. Ma resta in disparte e non si fida della capacità nascoste…"
"Tara? Tu conosci tara?"
"non molto. L'ho vista al tuo funerale…"
quella frase la colpì più di ogni altra. Doyle era il primo che, con naturalezza, parlava della sua morte. Funerale. Era una parola così cupa… sapeva di scelta definitiva, senza ripensamenti. Sapeva di sale, lacrime e paura.
Paura della terra e del suo freddo umido.
Un brivido la scosse.
Si strinse le mani al petto, cercando di ricordare quelle sensazioni. Ma non c'erano, non c'erano. Non aveva provato freddo, non aveva avuto paura di soffocare, nulla, nulla. L'avevano salvata da qualcosa che non esisteva.
Dal pericolo che viveva solo nelle loro menti.
Buffy lo guardò, smarrita. E Doyle si protese, posando una mano sulle sue. Perché le allontanasse dal cuore, perché tornasse a posarle sul tavolo, nella posizione di chi ascolta.
"Lo so." - mormorò semplicemente.

Un attimo di calore. Poi Doyle sollevò la mano, tornando ad intrecciare le braccia sopra la testa.
"Buffy, posso fare qualcosa perché tu sia felice di questa seconda vita?"
che domanda strana. La risposta le giunse alle labbra automaticamente.
"Sono felice di essere viva."
"E quante volte l'hai ripetuto stamattina allo specchio per essere certa di essere credibile?"
"Quante basta." - rispose, stando al gioco, notando con piacere il tanto atteso cambio d'espressione.
"Bene, bene, facciamo progressi… adesso inizi a dirmi la verità."
"Stavo facendo sarcasmo." - ribattè seccata, buttando in fuori un po' le labbra - "sei assolutamente insopportabile."
"Lo dice sempre anche Cordelia. Ma mi ama ugualmente."
"Cord… lasciamo perdere, non sono affari miei."
Ma quanto avrebbe desiderato saperli lo stesso!
Quella sì che sarebbe stata una conversazione interessante. Quello era l'uomo di Cordelia? Quella era veramente l'uomo di Cordelia?
"ma perché mai nessuno pensa che lei sia la mia donna!" - sospirò drammatico Doyle, mentre l'impertinenza gli stropicciava già i lineamenti - "Mi sento un soprammobile… un piegaciglia!"
"Vuoi negare anche adesso di aver letto nella mia mente?" - l'accusò furibonda.
"No. Questa volta no." - replicò, dopo averci pensato su - "questa volta l'ho fatto proprio…"
"smetti di usare i tuoi poteri da demone su di me."
"Questi sono i poteri della mia parte umana." - la corresse - "Quelli demoniaci non sono altrettanto efficaci…"
sbuffò, esasperata. Tamburellò sul tavolo e infine si decise.
"Parlavi dell'aiuto che può darmi tara." - disse, dimostrando finalmente il suo interesse.
"tara è in gamba a comprendere le persone." - un flash… tara in un lago di sangue… quando? Perché? - "Non è forte, qualsiasi cosa potrebbe spezzarla. O almeno lei lo crede. Ti darà il suo aiuto non appena lo chiederai."
"Lei mi ha riportato indietro…" - come posso aspettarmi che comprenda realmente…
"Vero… ma non so perché, il mio istinto mi dice che non era la trascinatrice del gruppo."
"Dovrei prendermela con Willow, dunque?"
le era sfuggita dalle labbra.
Odio, rancore, perplessità in un'unica domanda….
Ora sì che vedeva il sentimento sul volto di Doyle. La tristezza di aver avuto ragione. Confusa. Si sentiva confusa.
"Non sentirti ingiusta, Buffy, per quello che hai detto. Ricordati che Willow non sa da cosa ti ha strappato…" - disse, cauto - "Per lei era solo dolore, perdita. Si è convinta probabilmente che fosse stato tutto uno sbaglio, una tragica fatalità… ma non è così, vero Buffy?"
"Cosa intendi dire?"
"Non sei caduta per sbaglio, vero? Lo sapevi, Buffy, non avevi bisogno di decidere all'ultimo minuto. Sei andata incontro alla morte, quel giorno…"
"Come fai a crederlo..." - la sua voce era rauca.
"Spike." - sospirò Doyle, come se in un nome si nascondesse la risposta - "Spike è arrivato molto vicino al capirlo. Non si dava pace, quando è tornato a Los Angeles. Per lui c'era stata una premeditazione, in tutto l'accaduto… si tormentava per non essersene accorto in tempo, per non averti fermato… come se ci fosse altra scelta…"
"Spike.." - Buffy teneva le pupille fisse, innanzi a quella sorpresa.
"Già, sempre lui. Il tuo sangue sulle sue mani, per usare un'espressione tipica di Angel. la tua morte sulle sue spalle. Per lui è difficile accettare la morte nella sua realizzazione pratica. La morte è qualcosa che accade agli altri. E mai a chi ami."
"io non volevo…"
"oh, lo so. Lo so bene. Ed infatti non c'è motivo per farti una colpa. La morte è un dono, vero Buffy?"
come poteva chiederlo, con quegli occhi, con quella voce, come poteva, dannazione, come poteva rinvangare in quel modo, rivoltandole l'anima, il cuore, la mente…
"Lo è." - rispose, senza esitazioni.
"Anch'io ho donato la mia vita, Buffy. l'ho fatto per salvare Angel da quella sua dannata propensione al martirio…" - sorrideva, come se parlasse di cose da poco - "Spike lo sapeva, in cuor suo. Lo sapeva così bene da essere furente, per il tuo ritorno…"
"Cosa?"
"dai Buffy, non fraintendere. Non ha a che fare con la gioia di saperti viva. Spike non riesce ad ammettere nemmeno con se stesso che le motivazioni della tua morte sono più solide di quelle della tua resurrezione! Ed io sono d'accordo con lui…" - mosse le mani, per sottolineare la rabbia che provava - "Qui non si tratta dell'ordine prestabilito, del destino e del cambiare le carte durante la partita con l'universo. Stiamo parlando del perché, del fine ultimo di ognuno di noi. Cosa può essere di te, se il tuo fine ultimo si è già compiuto? Esiste ancora il futuro dopo la nostra fine? Non è questo il problema, Buffy?"
"Io credo… io, non … so."
"tu sapevi perché dovevi morire. Ma non sai perché devi vivere adesso. Lo sapevi allora, sei morta con l'immagine di dawn e spike in fondo agli occhi. Hai voluto ricordarli, con il loro amore per te nella voce, stretti uno all'altro…" - Doyle parlava rapido, senza curarsi di nulla - "loro erano i testimoni della tua scelta.
Dawn la porta nel cuore. Vive per la tua morte. E spike… non è per questo che l'avresti ucciso stasera, se non ti avessi fermato?"
"Non volevo uccidere Spike." - mentì, come un automa.
"Certo che volevi. Lui sa qualcosa di troppo, non è vero, Buffy? spike è il tuo ultimo legame con la decisione presa, una pedina troppo importante nella tua partita con la morte. Con una sola mossa gli hai lasciato tua sorella ed il suo sire. Ucciderlo stasera sarebbe stata la via più semplice per giungere alla catastrofe. Ed un modo efficace per riprenderti ciò che ti appartiene. "
Era consapevole del dolore che le provocavano le sue parole. Sapeva perfettamente che la scure calava troppo rapidamente sul suo capo, che le frasi, dotate di vita propria, si susseguivano troppo concitate. Stava crocifiggendole l'anima…
"Buffy…" - la chiamò. Ma per lui si trattò di un prendere fiato - "Dimmi cosa pensi. Dimmi che mi sono sbagliato, che non avresti ucciso la tua umanità trafiggendo il cuore di spike. dimmi che non siamo a questo punto…"
chissà cosa avrebbe letto Spike negli occhi di Buffy se l'avesse vista. Cosa sarebbe successo, si fossero trovati soli, uno di fronte all'altro? Se non ci fosse stato Doyle a fermare la mano… non osava pensarlo.
Buffy si coprì la bocca, per non urlare. Spike, in polvere.
In cenere, insieme al credo di Buffy.
"Non devi lasciare che accada…"
cosa? Cosa non devo lasciare che accada, Doyle?
Si appellava a lui, disperatamente.
"Non perdere la tua umanità, Buffy. torna indietro realmente. Non è mai troppo tardi per trovare un perché alle nostre scelte.
Non vivere per poi scoprire che non avevi un buon motivo per farlo.
Non ucciderti dentro solo perché tutto è ormai compiuto.
Nell'universo c'è sempre qualcosa in cui credere, qualcuno da amare… chiedi a ciascuno di loro in cosa crede. Non alzarti ogni mattina cercando di convincerti che sei felice. Soprattutto se non lo sei…"
"Non riesco a scordare cosa ho abbandonato. Mi hanno strappata da…" - tacque, improvvisamente. Non voleva dirlo, non voleva sentire la sua voce che pronunciava quella parola. Non voleva ricordarsi, non voleva ricordare più.
"Non avevo motivo di lasciarlo…" - balbettò, chinando il capo, movendosi sulla sedia come una scolaretta mortificata.
Sentendo le dita sul mento, la mano tenera che l'invitava a rialzare la testa.
Gi occhi chiari che non smettevano mai di offrire qualcosa….
Quell'uomo aveva un che di… biblico…
"venite a me…"
sì, avrebbe potuto dirlo e sarebbe risultato credibile. Anche con quell'impossibile giacca addosso e quell'aspetto trasandato.
"No, non prendermi per più di quello che sono…" - le ricordò ancora, ridendo sommesso - " sono solo un demone, Buffy, un demone troppo uomo per non provare pietà per la miseria. Sono un redivivo, Buffy, anch'io ho varcato le porte del tempo e della razionalità… ma l'ho fatto per un buon motivo. E non c'è paradiso che io rimpianga."
Paradiso.
Non l'aveva detto scherzando.
Non l'aveva indovinato. Non aveva suggerito la parola, perché superasse le sue paure.
Sapeva a cosa si stava riferendo.
Il paradiso…
Perdere la perfezione e rimpiangerla in eterno…
"non va sempre così. Se così fosse, solo i dannati saprebbero cosa c'è di splendido nella vita. Non è così. Io ho rinunciato al paradiso. L'ho fatto con un perché. E di quel perché mi sono fatto scudo. La vita, l'amore, la fede… le mie armi."
Aveva rinunciato a tutto per andare incontro alla morte. Aveva rinunciato alle persone che amava, al calore, alle risate, al proprio corpo. Si era lanciata in quella sfera di luce a caccia della notte. E poca cosa le era parso quel turbine lucente in cui era precipitata, innanzi alla luce che l'aveva accolta.
Libera.
Finalmente libera.
Appena un ricordo della vita che aveva, della vita che le permetteva di respirare…
Al di sopra delle domande e delle risposte, al di sopra delle parti e dei sentimenti.
Per poi ricominciare a cadere. Cadere. Cadere e dovere scavare con le unghie, con le dita per riguadagnare la vita.
Combattere. Rinascere e già combattere per la propria sopravvivenza.
Nulla di romantico nella morte.
Non più.
Più nulla nella sua rinascita. Nulla del suo sacrificio.
Nulla.
Di nuovo viva, senza un perché.
"Il mio perché… io… l'ho perduto…"
"lo so. Ma sei sulla terra. Non all'inferno. Qui la speranza è di casa…" - non aveva più voglia di sorridere, ma lo fece ugualmente - "E non posso immaginare cosa sia nascondersi dietro la propria morte, possedere solo quella. Non voglio credere che esista solo questo nel tuo futuro… preferisco credere che sia solo una verità troppo in alto da poter essere solo intravista da tutti noi."
"La cacciatrice è sempre innamorata della morte…" - mormorò a se stessa, asciugandosi le lacrime con rabbia.
"E' vero… anch'io ho un amico biondo che lo predica. Ma in han detto che nel tuo cuore, la morte ha occhi scuri…"
come poteva sorridere, sorridere ancora. Come poteva alzare gli occhi verso di lei senza rabbia e disprezzo. Senza diffidenza, senza giudizio per le sue debolezze.
"Angel…"
"Già, potrebbe anche essere il tuo credo. Angel." - lo pronunciò come si sussurra una preghiera - " c'è mancato veramente poco che lo perdessimo, quando sei morta. Un soffio. Spike è giunto appena in tempo. Ma tu lo sapevi che ci sarebbe riuscito, vero? Alla fine ti sei fidata del tuo miglior rivale. Gli hai affidato tutto. Tutto."
Tutto.
La vide sbarrare gli occhi, portare la mano al collo. Stringersi la gola, schiacciando la stoffa, fino a scoprire appena la cicatrice.
Un viaggio nei ricordi, ancora uno? No, non cercava i segni del morso… ricordava…
Ma ricordava altro.
"Sì, buffy, non te lo ha lasciato. Non poteva pensarlo due metri sottoterra. L'ha lui. L'ha riportato a Los Angeles per ricordarsi il suo perché, mentre si addentrava nel buio. Ha salvato se stesso ed Angel con quell'anello…" - Doyle girava tra le mani la tazza ormai vuota, scrutando le ultime gocce che andavano asciugandosi sul fondo - "Potrai reclamarlo quando vorrai…"
"il mio Claddagh…"
"Già…" - come era strano, pronunciato con quel giovane accento americano… non perdeva la purezza del suo significato... chissà se anche Angel sentiva un brivido con quel leggero sbaglio di dizione - "Spike sa decodificare benissimo i messaggi."
"Qual è il tuo credo…"
"L'amore, Buffy. L'amore è la mia chiave di lettura. È qualcosa di molto difficile da imparare. Tu, ora, devi semplicemente amare… chi o cosa non ha importanza… limitati ad amare, mentre cerchi la tua strada…"
"Doyle… tu ami?" - avrebbe capito. Non sapeva da dove potesse venire questa certezza.
"Certo. Io amo. E l'universo non ha potuto nulla, quando ho deciso di riavere un cuore da far battere."

"un cuore da far battere… io non l'ho chiesto…"
"puoi sempre ucciderti…"
con che calma era riuscito a dirlo.
Con che calma aveva represso il suo essere che sobbalzava e gridava davanti a quella proposta. E con quale sollievo aveva fissato Buffy che sbarrava gli occhi e lo guardava, come se fosse una grossa lucertola col sombrero.
"E' una buona risposta." - concordò - "la migliore che abbia mai sentito.."
"non ho detto nulla."
"Appunto per questo." - Doyle si mosse e, senza scomporsi per niente, posò la sua tazza vuota sul primo vassoio di passaggio. Non curandosi affatto di aver per l'ennesima volta portato la cameriera sull'orlo della crisi isterica - "Ho un'opinione precisa sul suicidio. Se ci mettiamo a discutere, io proverò l'incontrollabile desiderio di mettermi ad urlare…"
"risparmiami, ti prego." - replicò Buffy. La caffeina e doyle stavano mettendo a dura prova i suoi nervi. Non tanto da impedirle un'ultima stoccata - "sei un tipo che urla?"
"Come no! Grido come una zitella isterica! Poi bevo molto whisky e canto… non so cosa faccia peggio…"
"Me lo chiedo anch'io…" - rispose buffy, appoggiandosi allo schienale. Finalmente più rilassata. Forse non si fidava ancora, ma erano finalmente due persone che si capiscono. Che non si limitano a parlarsi.
"Allora… Buffy." - le sorrise, tamburellando sul tavolo e scandendo bene le parole - "Abbiamo ancora qualche impressione sovrannaturale da scambiarci o vuoi qualche pettegolezzo sulla città grande?"
"Mmm, la tua offerta mi tenta..." - come fingeva scherzosamente di essere sensuale, con il mento appoggiato sulle mani. Delle belle mani forti…
Se ne ricordò troppo tardi per riuscire a nasconderle. Aveva le nocche pelate e le unghie corte, troppo corte. Come se avesse disperatamente cercato di rimediare un danno riuscendoci solo in parte.
Doyle si accorse troppo tardi di averle deliberatamente fissate. Erano finite nella sua visuale insieme al viso di Buffy.
"E' un po' presto per mettersi i guanti…" - mormorò, imbarazzata - "con il maglione attiro già abbastanza l'attenzione…"
Chissà cosa nascondevano quelle maniche lunghe…
"Hai delle splendide mani." - replicò doyle - "E quelle ferite guariranno prima del tuo cuore." Gli sorrise. Non sapeva come rispondergli, mentre posava di nuovo il mento sulle mani, nascondendole cautamente nelle maniche.
"Suvvia! Abbandoniamo per un istante i nostri crucci!" - la canzonò allegramente - "Parliamo di altro."

Decisamente non sarebbero riusciti ad avere una conversazione tranquilla…
Doyle portò le mani alla fronte e represse un gemito. Non voleva spaventarla, non era certo che sapesse delle sue visioni.
Frugò nelle tasche e recuperò una sigaretta ed i fiammiferi. Non si curò di offrire o di chiederle se le desse fastidio.
L'accese rapidamente, focalizzandosi sulla fiamma per non perdere la cognizione dei suoi sensi. Buffy lo fissava, senza che le sfuggisse un fiato.
E quando finalmente doyle si rilassò, scotendo il fiammifero per spegnerlo, domandò timidamente:
"Va meglio?"
era coraggiosa. E più pronta a capire di quanto non credesse.
Doyle annuì, aspirando un'altra boccata di fumo, con le sopracciglia aggrottate.
Non aveva messo realmente a fuoco la scena…
Una moto, una moto che slitta… una gara? Erano più moto?
C'erano i fuochi, dentro ai bidoni.
La ragazza con il vestito rosso era saltata sul cofano delle Mustang. Ballava, sensuale…e nel saltare a terra, finiva in polvere….
Strano. Veramente strano.
Visto con occhi non suoi.
Doyle resistette dalla tentazione di levarsi la cenere del vampiro dal viso. Con una mano avvolta nel nastro adesivo nero… nastro telato, da elettricista….
"Veramente molto strano…" - mormorò, più per se stesso, aspirando un'altra boccata dalla sigaretta.
"Cosa è strano?"
"Nulla, nulla…" - a dirla tutta, quella sigaretta gli stava dando la nausea.. e poi non si poteva fumare in quel locale - "Probabilmente ho avuto una visione incompleta…"
"Tutto qui?" - Buffy sbarrò gli occhi nella sua espressione più tipica - "Tu hai una visione e ti sembra cosa da poco?"
Come mai la ragazza della cassa lo fissava ancora? Aveva già spento la sigaretta…
No, forse era per la sua presunta compagna che si aggrappava al tavolo e urlava…
"Buffy… a me capita di continuo…"
"Che cooosa????"
"Buffy, buffybuffybuffy."- Cercava di interrompere quel fiume di domande che vedeva arrivare - "Qui dentro già mi odiano… puoi evitare di far creder a tutti che sono un pervertito?"
"Oh… sì… scusa…" - disse, zittendosi e sprofondando nella sedia. si arrotolava nervosamente un ciuffo di capelli sfuggito dalla treccia.
Come sarebbe a dire che ti succede di continuo…" - sussurrò, mentre Doyle eludeva un'occhiata, nascondendosi con una mano. Sperando di svanire tutto.
"Le visioni mi servono per prevenire i guai."
"premonizioni?"
"Non sempre…."
"vabbè, ok… e che cosa c'era di strano in questa?"
"Lo sapessi non sarebbe strana."
I loro visi erano vicinissimi, entrambi chini, uno verso l'altro a confabulare.
Buffy lo vedeva finalmente bene. Vedeva i suoi occhi azzurri e trasparenti, si sentiva un po' scivolare al loro interno, come se donasse un po' di se stessa, ogni volta che cercava di scorgerne il fondo.
Strano…
Com'era tutto strano…
Come era bello specchiarsi in lui.
Si sentiva finalmente pulita, le sembrava di non sentire più sulla pelle l'odore delle terra.
"Tu ami Cordelia?"
Strano il modo in cui l'aveva chiesto. Come se fosse di vitale importanza, come se quella confidenza, sulla bilancia della sua vita, potesse veramente fare la differenza.
"Come la vita." - gli sfuggì in un sussurro che increspò appena la calma dei laghi azzurri.

VIII
"Doyle, tanto vale che tu lo sappia. Se adesso varco quella porta e trovo spike che dorme con mia sorella… lo ammazzo."
"Va bene."
"Credimi sulla parola."

Sunnydale all'alba riluceva per l'asfalto umido.
Ed era tranquilla.
E silenziosa.
Nessuno in giro.
I pochi insonni, da dietro le loro tende, si sarebbero stupiti nel veder passare anima viva…
Ed avrebbero certamente pensato male della ragazza bionda con il maglione che s'accompagnava con un uomo malvestito.

"Ho detto va bene. Ah, Buffy?"
"Sì?"
"Se adesso, varco la porta e trovo spike che dorme con una minorenne…lo ammazzo."

"hai ragione, Doyle. È l'inizio di una bella amicizia."

E così, armati di buone intenzioni, salirono i gradini del portico.
E mentre Buffy armeggiava, cercando le chiavi di casa, Doyle, con uno sguardo distratto, si immergeva nelle sue riflessioni.
La visione era venuta e se ne era andata. Nessun altro tassello, niente di niente. Non un'immagine, un segno o altro ancora.
Inutile concentrarsi.
Nessuno spiraglio.
Nessun baluginio.
Solo molte perplessità.
"Ehi, non penserai di farmi qualche strano scherzo!"
"Come scusa?"
"Doyle! Io ti chiamo e tu non mi rispondi!cosa dovrei pensare, calcolando la tua predisposizione a… a quella cosa lì…"
muoveva le braccia per spiegarsi meglio.
Di colpo Doyle rivide la ragazzina che era stata. La ragazzina sui gradini di un liceo che aveva fatto saltare in aria.
Lui ed Angel, nell'ombra.

"Ehi, cantastorie…"
"Ma non si riesce mai a prenderti di sorpresa?uomo, uomo… ma dov'è il sale della tua vita, se niente ti stupisce?"
si fermò a fianco, gettandogli un'occhiata di traverso.
Stava fermo, con lo sguardo fisso. Il suo sguardo poteva perforare l'oscurità e attraversare la luce.
E questo bastava a perpetuare la sua condanna.
"Bene, bene." - mormorò il cantastorie - "Eccola là. La nostra pupilla. La bella cacciatrice…"
"Buffy…" - confermò Angel, senza distogliere i suoi occhi.
"Lo so. Buffy Anne Summers… trasferita qui dalla Grande Mela per donare un bacio alla Bocca dell'inferno. Ci sono molti progetti ambiziosi intorno a quella ragazza…"
"A me basta che non muoia."
A me basta che non muoia neanche tu…
"Infatti sei qui per questo." - mormorò allegramente, con una cameratesca pacca sulla spalla.
Restandoci quasi aggrappato, strofinandoci la scarna e ispida barba incolta.
Per tormentarlo.
Anche se Angel continuava ad ignorarlo.
"Ma guarda che delizia. È bella, ha l'aria simpatica…"
"E' felice."
"E' giusto. È troppo giovane per conoscere già il dolore."
"Non si è mai troppo giovani, Cantastorie…"
"Mmm. Mi sembra un discorso autobiografico. Me ne vado prima che il livello di autocommiserazione salga a livelli preoccupanti… stammi bene eroe."
Anche tu, Cantastorie. Anche tu.

"Ti sento Buffy." - rispose, senza smettere di tenere lo sguardo fisso - "Stavo solo ricordando… allora! Non ci aspetta un omicidio dall'altre parte del portone?"

il soggiorno era immerso nella penombra. Le tende erano state accuratamente tirate. In cucina qualcuno si stava movendo. Quando Buffy e Doyle entrarono, la testa bionda di tara fece capolino dal corridoio. Per poi venire loro incontro.
"Tara, già in piedi?"- sussurrò Buffy.
"Ho lezione presto… e non riuscivo più dormire." - teneva un tazzone colorato tra le mani, come per scaldarsi - "Ciao Doyle, piacere di rivederti."
"Il piacere è mio, Tara." - le sorrise, sinceramente ammirato. Ricacciando in fondo al cuore quella fuggevole visione… il sangue di tara, del colore delle ciliegie mature… "Dawn?" chiese Buffy.
tara la guidò con un'occhiata.
"Mi dispiace, ho preferito non svegliarla…"
dawn dormiva sul divano, avvolta in un'ampia coperta colorata. Teneva le mani vicino al viso, come fanno talvolta i bambini.
Se stava sognando, non lo dava a vedere.
Anche Doyle la stava guardando. Si era appoggiato all'arco, per fissarla meglio, per coglierne ogni particolare.
Poteva realmente essere, quella piccola bellezza, una forza per cui molti avrebbero ucciso? Un'arma, un mistero? era difficile crederlo, soprattutto mentre le ultime ombre della notte fuggivano. la coperta che ricopriva Dawn era decisamente grande,trasbordava dal divano, ricadendo a pieghe spesse sul pavimento.
"Buffy… dobbiamo calcolare che stiano dormendo assieme?" - domandò malizioso.

"come scusa? - chiese lei, tornando a girarsi, mentre Tara saliva le scale.
"Ti ho chiesto se una situazione del genere si può definire 'dormire insieme'…" - ripeté, indicando con il mento.
Indicando la coppia di anfibi che sporgeva da sotto il piumone.
All'ombra del divano, laddove i raggi di sole non l'avrebbero certo colpito, avvolto nella stessa coperta di dawn, sul tappeto, stava spike.
O almeno, calcolando che i suoi piedi sporgevano, ci si augurava che ci fosse anche il resto.
Senza aspettare che Buffy si riprendesse dalla sorpresa, doyle entrò nella stanza, girando intorno al tavolino, fino a trovarsi a pochi passi dal dawn e dal suo faccino tranquillo.
Si chinò, per scostare la coperta.
E là sotto, tranquillo e silenzioso, dormiva spike.
Lui e dawn si dovevano essere crollati tenendosi per mano. E se quelle di dawn non lo davano a vedere, quella di spike era ancora leggermente protesa verso di lei.
Ed il suo sonno era realmente profondo.
Doyle rise, nel tirargli nuovamente la coperta sulla testa.
Quella visione l'aveva messo di buonumore. Era andato tutto liscio, bene come aveva sperato di tutto cuore.
Tutto sommato non ci si poteva realmente lamentare
Visioni incomprensibili a parte (e questa era una costante della sua vita) non poteva lamentarsi del risultato ottenuto. Sia per Buffy che per spike.
"Allora Buffy, andiamo a dormire anche noi?"
"Purtroppo no." - buffy non si sbilanciava in commenti su quello che stava vedendo. Preferiva soffocare uno sbadiglio - "Vado a cercarmi un lavoro."
"Ma come…" - anche Doyle aveva imparato ad alzare un sopracciglio in pieno stile Cordelia - "Niente vacanze per i redivivi?"
"Se hai famiglia a carico, no." - sorrise. Le piaceva avere finalmente qualcuno disposto a scherzare sulla sua resurrezione - "Vado a farmi una doccia ed esco. Rimani quanto vuoi… se vuoi un altro caffè…"
"non penso mi serva un altro caffè." - obiettò lui, con un sorriso - "No, grazie, penso di uscire a fare due passi…"
"Ma non dormi mai?"
"Senti chi parla."
"Ti trovo ancora quando torno?"
"In media è una domanda che eludo… ma in questo caso farò un'eccezione." - ribattè lui, mentre Buffy già si avviava su per le scale.

Si attardò ancora qualche attimo nell'ingresso.
Poi, tornando sui suoi passi, rientrò nel soggiorno.
Un posto tranquillo, in legno chiaro.
Con una bella addormentata sul divano… ed una peste bionda sul tappeto.
"Allora Spike.." - mormorò, sprofondando in poltrona e sollevando il lembo di coperta - "Continui a fingere o vieni fuori da lì sotto?"
Un'occhiata di ghiaccio.
"si da' il caso." - replicò offeso - "che io stessi realmente dormendo, prima che tu e la cacciatrice vi deste ai gorgheggi sotto al portico."
"Certo, detto da una silenziosa creatura della notte…" - gli piaceva prenderlo in giro. Erano realmente ben assortiti. Antitetici sarebbe stato forse il termine più idoneo…
Doyle gli parlava, come se niente fosse, sottovoce, gettando occhiate oblique alle scale.
Fino a lasciare di colpo, a metà di una frase, il piumone, intrecciando le mani sullo stomaco.
"Ciao Buffy, buona giornata!" - esclamò cordialissimo.
La Cacciatrice lo guardava inquisitrice, allacciandosi i polsini della camicetta.
"Tu non eri quello che andava a fare due passi?" - chiese, mentre tara la raggiungeva, con i libri sotto il braccio.
"Tra un po'… è un posto così tranquillo." - mormorò, con aria innocente e svampita - "Ciao Tara, buona giornata anche a te."
Come era materno, nel salutarle così. Spike, immobile sotto una coperta che iniziava a tenergli troppo caldo, trattenne il suo disappunto a fatica.
Non sapeva nemmeno di preciso perché non ne usciva…
"Se ne sono andate… " - la voce lo raggiunse prima che il lembo fosse di nuovo alzato
"Inizio ad averne abbastanza…" - mormorò seccato.
"E di cosa?" - Doyle inclinò la testa, per guardarlo negli occhi - "Ha forse un motivo per essere seccato, un vampiro che sta nascosto sotto il divano per non incontrare la cacciatrice? Spike, sei dei buoni adesso… non ti farà male…"
"mi spieghi cosa ti è saltato in mente?" - ringhiò, strisciando fuori e schivando il braccio di dawn che gli scivolava addosso - "Ma ti sei sentito? Buona giornata Buffy… e anche a te cara Tara…"
Lo scimmiottava ancora, sedendosi quasi sui suoi piedi a gambe incrociate, quando la porta si riaprì.
"Doyle, senti, devo chiederti una cosa…" - Buffy ripiombò in casa.
E si fermò di botto.
"Oh. Sei sveglio."
Era un tono che non ammetteva repliche.
Avrebbe potuto risponderle in un sacco di modi.
Si limitò ad annuire colpevole.
"Dimmi.." - si intromise doyle, per far levare quello sguardo da basilisco puntato sulla nuca di spike.
"No, non importa…" - si stava di nuovo chiudendo a riccio.
Doyle non impiegò molto a decidere. Senza curarsi di dawn che dormiva in mezzo a quella confusione, si alzò e la raggiunse nell' ingresso, prima che uscisse.
Buffy era già fuori dalla porta, ma Doyle arrivò ugualmente a posarle una mano sulla spalla, prima che fuggisse ancora più lontano.
"Buffy…" - la fermò, accostandosi la porta alle spalle ed uscendo sotto il portico.
"No, Doyle, era una sciocchezza… lo chiedo a tara…"
"Buffy…" - le teneva di nuovo il mento tra le dita, per obbligarla ad alzare il viso - "puoi dirmi anche le cose stupide…"
buffy lo guardò. Voleva disperatamente credergli. Sul serio.
Si mosse, indecisa. Poi, con un sospiro, si rimise lo zainetto sulle spalle.
E gli tese le mani.
"Ho messo lo smalto rosa di dawn… dici che vanno meglio?"
Doyle le prese e le guardò, attento.
Non sarebbe bastato così poco a nascondere i segni lasciati dalle schegge di legno e dalla terra scostata a manciate. Probabilmente alcune di quelle cicatrici non si sarebbero mai rimarginate…
Forse non sarebbe bastato per gli altri. Ma per Buffy era molto, ed era questo ciò che contava.
E Doyle, tra le sue mille risorse, aveva anche la menzogna.
"Sono delle mani bellissime… nessuno noterà niente."
La vide sorridere, sollevata.
"Allora… vado…."
"ci vediamo presto. Ti saluto dawn quando si sveglia…"

"Che voleva?" - chiese spike. stava ancora seduto dove l'aveva lasciato, con la schiena appoggiata al divano.
"Dovevi origliare per scoprirlo."
"Bell'amico…" - replicò, alzandosi e spolverandosi i pantaloni - "vai a prendere la macchina, io scrivo due righe a Dawn."
"E dove andiamo?"
"Torniamo a Los Angeles. A meno che tu non abbia un'indicazione alternativa per la rotta."
"non possiamo ripartire…"
"E con chi devi parlare adesso? Di traumatizzati senza speranze resta solo quel lobotomizzato di Harris…"
"Sento un certo astio nel tuo tono…"
"E perchè mai… non ne ho motivo…" - mormorò, senza nessuna intenzione di essere paziente. Bloccato a Sunnydale, in pieno giorno e a casa della cacciatrice - "arriviamo al dunque?"
"non ci siamo ancora, al dunque. Le visioni sono frammentarie, poco chiare."
"tutto qui? Solo visioni?"
gli rispose con un grugnito. Senza nemmeno alzare lo sguardo.
"Dobbiamo tornare a Los angeles."
"No, spike. inutile che tu insista..."
guarda che non ho visioni di distretto…"
"Le tue visioni sono connesse ad Angel. E' lui l'eroe. E l'eroe sta a Los Angeles." - replicò testardo Spike.
"Spike…" - Doyle si impose di essere paziente - "Non possiamo ripartire. Qualunque cosa io abbia visto, accadrà qui. Di questo sono certo. E poi, devo insistere sul fatto che non fosse una visione."
"hai sentito il cervello trapanato in modo diverso dal solito?" - lo disse aspettandosi una risposta pungente. Ma Doyle era nuovamente sprofondato verso altre considerazioni.
"Non ne sono sicuro." - ammise. Si passò una mano sulla fronte, come per dissipare un dubbio.

"Willow è già scesa?"
"Io non l'ho vista…"
"Allora vado a svegliarla…"
"invece di spaccare le palle ad una ragazza che dorme, che ne dici di fumare una sigaretta con me di là in cucina? Dobbiamo parlare di una cosa…"
"Come dire che abbiamo un altro problema?" - chiese, fermandosi di botto.
"Non ne sono sicuro… so solo che vorrei un'aspirina."

"e' sempre un brutto segno." - constatò Spike, aprendo un cassetto del bancone e tirando fuori un flacone - "Quando vuoi un'aspirina…"
"E non ti posso nemmeno dare torto…" - mormorò lui, sedendosi su uno degli sgabelli, mentre Spike si voltava per riempirgli un bicchiere.
"Mi vuoi dire che ti è successo?"
"Spike…" - sbadigliò, appoggiando la guancia al mento, con un mezzo sorriso - "lo sai che ha quasi l'aria paterna stamattina?"
"Stai per ricominciare con la solfa che sono un ragazzino?" - lo provocò l'altro, cercando un fiammifero per accendere la sigaretta.
"E l'accendino?"
"Nella tasca della giacca. Non ho voglia di tornare di là…" - rispose, passandogli il pacchetto. Il pacchetto di doyle, fregato impeccabilmente dalla tasca.
"però, che mano da borseggiatore…"
"Angel dice che non sei da meno."
"Dovevo campare il lunario in qualche modo, mentre aspettavo che Angel aprisse l'agenzia…"
"Certo.. perché adesso campi da nababbo con quello stipendio da buon samaritano." - ribattè Spike, sedendo in quell'angolo che, negli anni, era divenuto il suo posto preferito.
Doyle tamburellava sul ripiano, mentre la preoccupazione rendeva evidente qualche leggera ruga d'espressione.
"Devo preoccuparmi?" - lo chiese pro forma. Era già preoccupato.
"No." - Doyle gli sorrise, prima di piantare entrambi i gomiti sul tavolo ed iniziare a massaggiarsi le tempie - "Sono solo un po' sbattuto. Non ero certo che Buffy sapesse delle mie visioni… "
"Così hai represso la crisi per non spaventarla. Bravo, Doyle, ottima idea." - grondava sarcasmo. Ed aveva un sano desiderio di picchiarlo.
"Ti prego, no, mi manca solo il naso rotto."
Aveva risposto prima di riuscire a fermarsi. Interruppe di botto il massaggio e fissò Spike che, con gli occhi sbarrati, rischiava di farsi cadere anche la sigaretta dalle labbra.
"Ti giuro che non volevo farlo!" - si affrettò ad arginare il disastro - "Le mie percezioni sono un po' eccessive, al momento. Credo sia dovuto alla discussione con… buffy…"
si interruppe. Sul viso di Spike era passato un lampo.
"oh." - mormorò, abbassando lo sguardo ed ignorando l'accaduto - "E come sta?"
Gli interessava realmente. Ed aveva preso al volo la prima occasione per chiederlo.
"potrebbe stare meglio." - non gli andava di mentirgli - "Ma è forte. troverà il modo di uscirne…"
"non sei riuscito ad aiutarla?"
"Difficile a dirsi… le ho dato una mano a chiarirsi le idee." - Doyle si accese la tanto agognata sigaretta - "Purtroppo è solo l'inizio. Ha bisogno di riprendere il giro… impiegherà un po'."
"Si perde l'abitudine a vivere, secondo te?"
"Non l'abitudine,Spike, il gusto. Si può perdere il gusto a vivere." - Doyle abbassò lo sguardo. Il piano era lucido, come era stato il tavolino in cui Buffy si era specchiata…
Il riflesso… Doyle si era immerso nel riflesso di Buffy sul ripiano del tavolino e…
Faith! Certo, gli era apparsa Faith, un'immagine registrata in una frazione di respiro.
"Oddio." - mormorò ancora - "Non ci sarei mai riuscito, mi fossi messo di impegno… e tutto questo non porta che ad una conclusione."
Faith è qui.
Faith è a Sunnydale.
"Di cosa stai parlando?" - Spike lo guardò, appoggiandosi al pensile alle sue spalle e lo fissò meglio.
Ma Doyle lo ignorò completamente.
Rimase a fissare il vuoto. Con la bocca aperta.
"Doyle! ohi, Doyle!" - Spike saltò giù dal mobile e gli diede uno scrollone - "Non farti venire un embolo per piacere!"
"Sì, no, non mi scuotere!" - esclamò, riprendendosi del tutto - "Ho capito, capito!"
"Se hai veramente capito, smettila di comportarti come un invasato e spiegati."
"Non ne sono sicuro. Ma è stata Buffy."
"Perfetto. È colpa di Buffy. finalmente una buona notizia."
"spike lascia perdere il sarcasmo." - Doyle lo fissò e cercò di esporgli i fatti in modo pacato - "Mentre parlavo con buffy, stanotte, mi sono concentrato per percepire l'aura... sai di cosa sto parlando?"
"L'aura della cacciatrice? Io l'annuso ad un miglio di distanza…" - spike sedette di fronte - "Va avanti."
"Nel momento in cui ho, diciamo, 'captato' Buffy, c'è stata una specie di interferenza, un disturbo…"
"Ne parli come se si trattasse di sintonizzare una radio…"
"Forse perché il meccanismo è quello." - Doyle afferrò il flacone ed ingurgitò un'altra pastiglia - "Un disturbo, spike. Buffy è stata come un catalizzatore…Ed ho captato Faith…"
Non sapeva nemmeno in base a cosa potesse essere giunto a quella conclusione. I pezzi del mosaico si erano di colpo disposti con una logica bene chiara.
"Ero preoccupato per entrambe." - ammise doyle - "L'emozione ha un certo peso, quando si tratta di entrare in contatto come ho fatto io. Il tutto complicato da una certa dose di metafisica… sia Buffy che faith sono cacciatrici e stanno cercando qualcosa che hanno perso…"
la fiducia… la fiducia in loro stesse… il loro…perché…
"Faith è qui a Sunnydale. Non credo di essere in grado di percepirla su una distanza più lunga." - aggiunse, perdendosi dietro pensieri che correvano troppo veloci - "La seconda visione potrebbe essere stato un semplice contatto involontario. Ma non mi stupirei la riguardasse."
Era piuttosto tranquillo. La sua mente registrava le parole di doyle senza sconvolgergli i lineamenti. Assimilava.
Si limitava ad assorbire le parole.
Solo se sue ciglia rivelavano qualcosa, adombrandogli leggere gli occhi. Spike abbassava lo sguardo.
"L'hai vista, dunque…" - gli sembrava la cosa più importante. Significava che era ancora viva.
Ma se non lo fosse stata, lui l'avrebbe sentito?
Un fulmine l'avrebbe colpito per quella morte di cui poteva essere il mandante?
Si era alzato, senza rendersene conto.
Stava in piedi, innanzi alla finestra.
La tenda era tirata, ma il suo sguardo era fisso verso ciò che avrebbe voluto vedere.
Non poteva varcare la porta.
Non poteva correre e chiamarla.
Non poteva sbirciare fuori, respirare e fissare il sole.
"Si sentirà almeno al sicuro, ora, alla luce?" - mormorò.
"chi può dirlo…" - doyle si mosse. Era ancora seduto al bancone, nella cucina di casa Summers. In silenzio, fissando la schiena che spike gli voltava - "Tu ti sentiresti al sicuro, là fuori?"
"Cosa?" - Spike si voltò, puntandogli addosso quei due neon azzurri - "Io sarei morto, fossi là fuori! Lo sai bene!"
"Io penso che anche faith si senta così, che sia come te, a modo suo... fugge la luce, ne ha paura. Sa solo che al mondo può essere al sicuro solo nelle tenebre… ha paura della luce."
Come poteva essere? Oh, quanto desiderava sbagliarsi…
Spike tornò a sedersi, di fronte a lui, appoggiandosi al bancone, nella posa di chi riflette.
"Spike…"
"sto bene, sto bene." - gli aveva risposto per tranquillizzarlo, come se avesse bisogno di sentire la sua voce dichiararlo - "Cosa dobbiamo fare?"
Si appellava a lui per non perdere il controllo.
"aspetteremo. E poi parleremo con Buffy."
"se le dici che faith è qui, quella mi ammazza."
"e perché dovrebbe ammazzarti?"
"Per due buoni motivi. Uno: abbiamo sempre di che discutere, io e Buffy, quando si tratta di Faith. Due. Non riuscirai a fermarla di nuovo se decide di farlo."
"tu mi sottovaluti…" - scherzò il demone - "pensi mica che mi faccia battere da una cacciatrice…"
"Stai parlando di Buffy. quella ti sbriciola le ossa senza pensarci due volte. Credimi, me ne sono prese talmente tante da Buffy.." - si interruppe, con un cambiamento di espressione - "Qualcosa mi dice che su di te non leverebbe un dito…"
cosa poteva fare se non sorridergli, per quel suo tono sospettoso?
"Possibile. Siamo riusciti ad accantonare le divergenze del passato."
"senti un po', Cantastorie, adesso che ci penso… da quanti anni ficchi il becco in tutta questa situazione?"
"non capisco…" - replicò Doyle, spalancando gli occhioni bugiardi.
"Oh sì che capisci… e ti assicuro che mi piacerebbe proprio sapere come facevi a conoscere Buffy…"
"Vuoi farti gli affari miei, insomma…"
"Io posso."
"Ed in base a cosa?" - voleva proprio sentire cosa si inventava.
Spike era un campione a trovare motivazioni veritiere e logicamente impeccabili.
"Io posso perché…"
"Lascia stare… te lo dico perché voglio dirtelo. Nessun' altra motivazione oltre a questa. Buffy mi conosce perché io sono venuto a sunnydale la notte in cui lei ha rispedito Acatlha all'inferno…"
"E non ci siamo incontrati?" - Spike alzò un sopracciglio - "Ha passato con me buona parte della nottata."
"spike…" - non era certo che l'avrebbe presa bene… - "io sono quello che ha detto a Buffy di ammazzare Angel…"
"Oh… anche tu? Prima o dopo che l'ho consigliata io?"
"Prima…" - parlare con Angel è stato inutile e straziante…
"io volevo Drusilla. E tu?"
"La stessa cosa che volevi tu…" - precisò doyle, guardandolo - "Salvare il mondo…"
"Scommetto che le tue motivazioni erano più nobili delle mie." - ribattè Spike, aprendo il frigo.
"Non è un po' presto per cominciare a bere?"
"Doyle… tu non ci crederai." - disse spike, voltandosi minaccioso, con il succo d'arancia in mano - "Ma ho fame…"
doyle aprì la bocca. Stava per esordire con un 'allora mangia!', quando si ricordò che non aveva a che fare con un umano.
"Molta fame?" - azzardò.
Ed il succo d'arancia si bloccò a mezz'asta.
"Tranquillo. Non ti mordo." - borbottò - "Dannazione, se ho fame…"

"Ciao Spike." - sbadigliò Willow, entrando un cucina. Aveva un pigiama a fiorellini delizioso.
Gli passò vicino, assonnata e lo baciò sulla guancia, afferrandolo per la maglietta.
Poi proseguì verso il frigo.
"ciao anche a te…" - aggiunse rivolta a Doyle. Non era propriamente sveglia, ma era molto socievole -"Spike, credo che ci sia un contenitore in frigo dawn ti aspettava e si è organizzata. Sai dov'è il succo d'arancia?"
"Sul serio c'è un contenitore per me?" - spike si precipitò a spalancare il freezer. E willow, per non restare decapitata, chinò prontamente la testa, tuffandosi quasi dentro il frigorifero.
Dei bei riflessi per una che dormiva.
"Ehi, will!" - spike sbattè lo sportello abbracciando i contenitori - "la spremuta è sul tavolo. Tieni."
Le aveva anche recuperato un bicchiere.
Doyle non credeva ai suoi occhi. In cucina, a casa della cacciatrice, c'era un vampiro che, frugando, a caccia di una tazza per il suo sangue mattutino, offriva cereali ad una strega dai capelli rossi con pigiama a fiorellini.
"Ti sei ambientato bene…" - constatò, dimenticando come, fino a pochi secondi prima, fossero stati presi da una conversazione seria.
"Certo." - willow, allegra e spettinata, si sedette, afferrando il cucchiaio che Spike le porgeva - "grazie. Ha passato qui tutta l'estate…"
"Io e Will facciamo sempre colazione insieme. Di me Tara non è gelosa." - replicò lui, sbattendo il suo pranzo o che quel che era nel microonde.
Di rimando, la ragazza si limitò ad alzare gli occhi al cielo. Probabilmente si era ormai rassegnata alle battute perfide del bellimbusto.
Lo sportello del microonde si era appena chiuso e già Spike ci batteva una mano sopra.
"E muoviti, muoviti, muoviti…" - ringhiava, fissando ossessivamente il timer.
"Spike, ma da quanto tempo non mangi?"
"E chi si ricorda…quando sono partito da qui?"
Willow lanciò un'occhiata interrogativa a Doyle. E lui scosse la testa con sopportazione.
"Non gli credere. Angel ha dovuto accendere un'ipoteca per riuscire a sfamarlo…"
willow sorrise, prima di tornare a rimestare i suoi cereali.
Era un gesto che univa il mondo…
Tutti, prima o poi, si sedevano arruffati al tavolo di cucina, con i corn-flakes ed il bricco del latte.
Persino Faith aspettava di non avere testimoni, per godersi una colazione del genere…
Willow e spike facevano colazione insieme…
Come Doyle e Faith…
Era il loro segreto.
Sedevano in cucina ed ogni mattina godevano del silenzio e delle tranquillità. Prima di tornare a letto o cominciare un nuovo giorno.
Una pausa.
Sì, tutto sommato anche il suo carattere tranquillo poteva sentire nostalgia. Ed una punta di preoccupazione.
"Ma tu guarda quello…" - disse, per scuotersi. E Willow si voltò a guardare ciò che Doyle le indicava. Spike, imperturbabile, continuava a picchiare il microonde - "Sembra uno che non mangia da settimane…"
"Sono sotto stress." - ribattè lui, senza neanche girarsi.
Un altro flash. Doyle sussultò e si afferrò al ripiano.
La schiena di Spike. Qualcosa calava inesorabile sulla schiena di Spike.
Lo vedeva inarcare la testa e reprimere un urlo.
Tra le braccia stringeva qualcosa…
O qualcuno?
"Doyle…"
Buffo… allora Willow ricordava il suo nome…
"Va tutto bene."
"Non gli credere… ormai lo dice senza neanche pensarci…"
Spike. Lo mise a fuoco a fatica. Aveva abbandonato la sua colazione ed era a lato del bancone. Ad un passo da doyle.
Non muoveva un muscolo.
Voleva sembrare incurante.
Ma gli sarebbe bastato un singolo attimo per afferrarlo. O aiutarlo.
Per fare ogni cosa necessaria.
Ed a stento nascondeva l'impazienza di sapere cosa avesse visto.
"Willow…" - Doyle si piantò quasi le unghie in mezzo alla fronte - "Ignoralo. Sto veramente bene. Spero di non averti spaventata…"
"Spaventata no… preoccupata, forse." - replicò, imbarazzata, riempiendogli il bicchiere di succo. Gli sarebbe piaciuto che spike si sbilanciasse a dedicarle un'espressione rassicurante.
Invece, da dove era seduta, poteva vedere solo il suo profilo di marmo.
Ed il suo sguardo fisso su doyle.
"Devo ricominciare a preoccuparmi?" - lo sentì chiedere, garbatamente. Inclinando un po' la testa, con quell'espressione con cui parlava con dawn, quando voleva a tutti i costi sentirsi dire la verità.
Accattivante….
"Se per te non è un problema, sarò io a preoccuparmi." - replicò, cercando di mettersi in piedi.
Era bianco come un cencio.
E spike per un attimo temette di vederlo scivolare a terra.
"Willow…" - sussurrò, cauto - "Non ti preoccupare, gli capita di continuo… è un esibizionista…"
"è tremendamente vero." -Doyle scosse la testa per snebbiarsi la vista definitivamente - "vivo con un eroe… devo ritagliarmi il mio spazio alla ribalta…"
"vedi? Adesso parlerà aulico per un po' e poi sarà a posto…"
"Spike… la tua colazione brucia…"
"cosa?" - si girò, dimenticando tutto - "Nonononono…."
"Vedi willow? Un vero samaritano…" - disse doyle, restando in piedi, per vederla sorridere, sollevata.

Era un tipo simpatico.
Willow l'aveva pensato dalla prima volta in cui si erano visti, anche se le circostanze non erano state le migliori per approfondire una conoscenza.
Anche Tara lo riteneva una brava persona. E difficilmente si sbagliava.
Di certo era più di quello che sembrava.
E per Willow quello era già un motivo di cameratismo. Tutta una vita, ad apparire meno di quanto valesse.
Senza riuscire mai ad emergere del tutto.
Solo adesso, con la magia…
Sì, la magia era il suo pensiero confortante.
Con essa sarebbe stata finalmente qualcuno…
Chissà se poteva fare qualcosa per Doyle e le sue visioni…

"Doyle, posso fare qualcosa per aiutarti?"
"no, grazie." - sorrise lui - "Niente code di rospo o simili, mi fanno venire acidità di stomaco. Sono obbligato a tenermi le visioni per contratto… e certe volte è meglio non discutere con il destino…"
Non era abbastanza stupida per non recepire. Quello sguardo sapeva scavare nella persona che fissava. E Willow si sentì tornare una ragazza come tante.
"allora vado a vestirmi." - mormorò, alzandosi - "Ma se cambi idea…"
"Non penso che lo farò, ma grazie…"
la seguirono entrambi con gli occhi.
"Sei incredibile." - commentò Spike, non appena Willow fu in cima alle scale - "hai trasformato un mal di testa in una morale…"
"chiamami pure il re della parabola…"
"Non ti sembra un po' biblico?" - lo punzecchiò, assaporando la prima sorsata del suo pasto.
"anche tu con questa storia?" - chiese doyle, voltandosi a guardarlo - "allora anche tu e Buffy avete qualche opinione in comune…"
Erano molto vicini. Ed anche se spike non faceva commenti, era preoccupato.
"Hai un motivo per fissarmi in quel modo?" - Spike gli puntava gli occhi addosso e leggeva una preoccupazione che era molto simile a quella che sentiva nel cuore. E non potè fare a meno di chiederlo, mentre Doyle tornava a sedersi.
Fece rotolare il flacone delle aspirine verso di lui. Sapeva che Doyle le inghiottiva come fossero caramelle.
"Hai visto me questa volta, vero?"
doyle alzò gli occhi verso di lui e posò le pastiglie senza prenderle. Annuì, senza un commento.
"E… morivo?"
non ne aveva realmente paura.
Aveva solo bisogno di saperlo.
"No. Non ti ho visto svanire. Ti ho visto soffrire…"
"Ho modo di contrastare tutto questo?"
Erano essenziali. Le voci basse, perché nessun'altro condividesse quel loro segreto.
"Sei abbastanza forte per riuscirci… non sarebbe la prima volta…"
"Raccontami cosa hai visto…"
E così fece Doyle. Ogni particolare, ogni minima cosa.
"Sei certo che fosse un cimitero?"
"No. Posso ritenerlo probabile. Ma non è questo il particolare rilevante. Venivi colpito alle spalle… stavi difendendo qualcuno."
"Qualcosa o qualcuno?"
"difficile a dirsi."
"intanto lo sapremo presto…" - concluse spike - "c'è solo una cosa che non mi è chiara…"
"sarebbe?"
"Una volta non avevi visioni solo sugli innocenti?"
Gli sorrise. Deliberatamente.
"Ancora adesso ho visioni solo sugli innocenti…"

"Mi consigli un testamento?"
"con il lavoro che fai dovresti averlo già…"
"Una frase confortante, grazie."
"Figurati…."
"Doyle…"
"Ti prego Spike, non affidarmi nessuno. Angel m'impegna anche nel tempo libero…"

Cercavano entrambi di convincersi che non valesse la pena di parlarne seriamente.
Dopotutto, avevano altro di cui chiacchierare.

"Stai pensando a faith?"
"Certo. Non capisco cosa ci faccia di nuovo qui…"
"E' qui che è cominciata la sua caduta." - considerò Doyle - "Penso che in questo momento.."
s'interruppe. E si voltò.
Dawn stava percorrendo il corridoio, strofinandosi gli occhi.
Nemmeno adesso, appena alzata, i suoi capelli erano aggrovigliati.
Cadevano lisci e lucenti sulle spalle.
"Ben alzata."
"Ciao Doyle… abbiamo provato a restare alzati ad aspettarvi ma si vede che qualcosa è andato storto…"
"Per l'esattezza stavamo ancora parlando dell'intenzione di restare alzati quando sei crollata." -Spike si alzò e le riempì un bicchiere di latte - Ti abbiamo svegliata?"
"No." - Dawn scosse la testa, e si sedette vicino a Doyle, allungando la mano per afferrare il bicchiere al centro del tavolo - "Buffy dov'è?"
"Ha parlato di annunci di lavoro ed è uscita con Tara. Willow deve essere di sopra, a studiare. Ha fatto una rapida apparizione e poi è sparita di nuovo."
"Deve avere un esame." - spiegò dawn. Ma non era particolarmente interessata all'argomento. C'era altro che le ronzava in testa - "Spike, ho pensato una cosa."
"Dormendo?"
"Bhe, sì, più o meno. Se Faith è in crisi, non è probabile che venga qui a Sunnydale per cercare di capire? In fondo è qui che sono cominciati i suoi guai…"
Doyle e spike si scambiarono un'occhiata.
Un'occhiata con la O maiuscola.
"la pensate come me?" - Dawn spostava lo sguardo da uno all'altro - "Non vi sembra possibile?"
"non solo è possibile." - commentò Spike, senza smettere di fissare doyle - "Ma è anche appurato…"
"Visto?" - Dawn era molto contenta della sua intuizione - "Chiamatemi pure Dawn, la Chiave dei misteri."
Non si poteva negarle un certo senso dell'umorismo. Spike sorrise, cercando di mantenere un contegno. Ma Doyle manifestava già un'ammirazione senza confini per quella ragazza che prometteva di divenire splendida… alla fine dell'età disgraziata…
"Non guardarla in quel modo." - che tono gelido il vampiro!
"Quale modo?"
"Quel modo. Tu sei accasato. Lei è minorenne." - scandiva bene le parole per essere capito senza dubbi - "Fine della questione."
"Accidenti quanto sei possessivo!" - Dawn lo apostrofò senza pensarci nemmeno troppo.
E per poco doyle non morì strangolato.
Dawn gli stava ancora dando grandi colpi sulla schiena, quando tornò Buffy.
"Bene… si banchetta a sbafo, qui." - constatò, sbattendo la borsetta sul tavolo e salutando dawn con un abbraccio.
"Ciao Buffy." - Dawn l'abbracciò, con l'aria di una gatta che fa le fusa. - "Ti trovo bene…"
"Mi sento bene." - replicò lei, ignorando Spike e girandole attorno.
Mentre Doyle rispondeva con un'alzata di spalle innocente all'occhiata di dawn. Non aveva intenzione di prendersi il merito per il buonumore della cacciatrice.
"Pranzate con noi?"
"Già pranzato grazie."
La voce di spike la fece sobbalzare. Sentì incrinarsi il bicchiere che aveva tra le dita. E lo posò, incurante sul lavabo.
"Meglio." - replicò tagliente - "Ci hanno già pensato tutti quei datori di lavoro a farmi venire la nausea."
Uno splendido inizio.
La mascella di Spike si irrigidì impercettibilmente.
Ed il lampo che gli passò negli occhi fece venire i brividi sia a doyle che a dawn.
"Meglio. Così non ci sarà un peggioramento in quel tuo culo flaccido…"

Al decimo minuto di litigata dawn si alzò. E senza un commento, passando in mezzo ai due che, uno di fronte all'altro, impegnavano al meglio le loro potenzialità canore, marciò spedita verso i pensili.
Ne aprì uno e vi frugò dentro. Quando finalmente fu armata di un enorme sacchetto di patatine, si voltò e parlò con Doyle.
"Preferisci i pop corn?"

La discussione era interrotta.
Per niente colpita da tutti quegli occhi che la fissavano, dawn rimase dov'era, con il bottino tra le mani.
"Ci ha fregato." - commentò Spike.
iniziava ad andare molto fiero del lavoro svolto quell'estate…

buffy fu più pronta a riprendersi. Non potendo andare fiera del fatto che Dawn l'avesse zittita, si appellò alla condizione di sorella maggiore.
"Non si mangiano schifezze prima di pranzo." - disse, levandole di mano i sacchetti e ritirandoli nell'armadietto da cui provenivano.
"Allora che si mangia?"
buffy sembrò pensarci un attimo. Ragionò, aprì un cassetto e sfogliò un quaderno.
Poi, chiudendolo con uno schiocco, si voltò, con la risposta a fior di labbra.
"Ordiniamo la pizza?"

IX
Un pranzo tranquillo.
Chiacchierando, ridendo, intrattenuti da Doyle, con il suo repertorio anti-situazioni spinose.
Chiacchiere.
Pure e semplici parole sopra ai cartoni delle pizze, seduti nella sala da pranzo di casa Summers.
Una breve parentesi prima tornare ognuno alla parvenza di vita normale che si era costruito. Willow aveva raggiunto tara in facoltà, Anya aveva chiamato per avvertire che il Magic Shop era aperto e che Giles sarebbe arrivato al più tardi domattina.
E dawn aveva promesso di raggiungerla. Xander sarebbe passato a prenderla.
Doyle, dopo l'ennesimo biscotto, si era addormentato sul divano, con la coperta di dawn come cuscino, mentre parlava con Spike.
Ed il vampiro, senza un commento, si era alzato e l'aveva lasciato ai suoi sonni che si augurava, di tutto cuore, fossero tranquilli.
In cucina si sentiva l'acqua scorrere.
Godendosi la pace della casa ormai vuota, Buffy lavava piatti e bicchieri.
Con movimenti tranquilli ed umani.
Aveva scostato le tende e sbirciava fuori, in giardino, sopra le piante aromatiche.
Il sole le illuminava il profilo, colorandola di orzo e bronzo.
I capelli le ricadevano folti sulle spalle. Li teneva legati con un elastico, perché non le dessero fastidio.
La luce addolciva le sue spigolosità.
Spigolosità di carattere più che di fisico.
Lavava i piatti e si attardava ad asciugarli. Uno ad uno, con lenti movimenti circolari.
Come se potesse scorgere nel loro riflesso i desideri più agognati.
"Buffy…" - la chiamò, avanzando, fino ad appoggiarsi ad uno dei mobili, uscendo appena dalla penombra del corridoio - "Ti disturbo?"
la vide interrompere la routine, come se dovesse soppesare la richiesta.
Poi annuire, senza voltarsi.
Protendersi a serrare di nuovo le tende.
"Entra." - mormorò.
Spike avanzò per la cucina. Buffy aveva ripreso a lavare i piatti. Sedette sull'angolo del mobile e prese lo strofinaccio.
Per un po' rimasero così, senza parlarsi. Buffy lavava i piatti e Spike, tendendo una mano, li asciugava.
Un silenzio destinato a divenire troppo pesante.
"doyle?"
Era un buon inizio, diplomatico, si complimentò Buffy con se stessa. Parlare di qualcosa che avevano in comune… ottima idea.
Come se fossero due estranei…
"Si è addormentato, sul divano."
"Aveva un brutto mal di testa…"
"Già. Lui e Cordelia sono tornati a Los Angeles ieri sera, poi io e lui siamo ripartiti per venire qui e…"
"E poi le visioni,no?"
"Già. Le visioni…" - Spike impilava i piatti, man mano che li asciugava.
"Sono brutte, non è vero?"
"Ne ha avute di peggiori…"
La conversazione stava già languendo.
"Ne ha avute ancora, stamattina?"
"Una volta sola. Ma era connessa con quelle di stanotte."
Non sembrava molto propenso a raccontarne i contenuti.
"Come mai vi siete precipitati a Sunnydale?" - il tono di Buffy suonava vagamente irritato, non apprezzava quella conversazione così stentata che aveva rimpiazzato la solitudine ed i suoi pensieri.
"Doyle non mi ha detto che venivamo a Sunnydale."
"E tu sei salito in macchina senza far polemica?"
"Si da' il caso…" - ribattè controllandosi a stento - " che io non abbia bisogno di mettermi a discutere per ogni cosa."
"E Doyle che motivo aveva per venire qui?"
"Buffy…" - lo irritava quel suo modo di indagare - "è venuto per parlare con te. Mi pare che te lo abbia detto fin dall'inizio."
"Già." - appariva riluttante ad ammetterlo.
"Tu non lo conosci bene, Buffy. Doyle ha il duro compito di saper sempre cosa deve fare… ha detto che doveva parlare con una persona. Ed è venuto qui a parlare con te."
"E tu? Che bisogno c'era che tu venissi?"
"Chi può dirlo…" - sospirò lui, aggiungendo un altro piatto - "Potrebbe essermi già successo qualcosa… oppure è qualcosa che deve ancora accadere…"
tacque. La visione di Doyle, così come poteva immaginarla, gli saettò nella mente.
Qualcosa l'avrebbe colpito alla schiena, in una notte a venire.
Qualcosa che l'avrebbe fatto urlare.
E chi, chi avrebbe protetto in quel frangente?
"Spike, da quando credi così fermamente al destino?"
"Da quando mi tormenta più del solito… e poi credo nel destino nella misura che mi serve a contrastarlo." - un altro piatto - "Come te, del resto."
"Non sono certa che il destino sia così facile da combattere."
"Non ho detto questo. Ho detto che, in ogni caso, bisogna contrastarlo. E cambiarlo, se non è il migliore per noi."
"Come dire che tu perderesti volentieri l'anima?"
Si mordeva le labbra. Aveva interrotto il suo lavoro, per fissarlo.
Per provocarlo.
Vergognandosene.
"Non ho voglia di litigare, Buffy. come ho già avuto modo di dirti una volta, l'anima mi ha portato certi vantaggi." - le levò il piatto grondante dalle dita e lo asciugò, con calma - "Non so dove mi porterà, ma non posso più farne a meno."
Non sapeva cos'altro aggiungere.
E nemmeno buffy riusciva più a riempirsi la testa di provocazioni.
Restava solo il godere ancora un po' della reciproca compagnia.
E superare il disagio.

"Mi spieghi perché abbiamo pranzato in quattro e laviamo piatti per dodici?" - chiese, all'ennesimo bicchiere che tirava a specchio.
Ho gli arretrati di ieri, sospirò lei.
"In certi momenti mi sembra di non fare altro…" - si interruppe. Si era sentita così bene per un attimo da averne paura.
La quotidianità, la quotidianità tanto desiderata…
"Anche a Los Angeles." - si affrettò a dire spike, per non spezzare quel condizione favorevole - "Figurati che Cordelia pretende di organizzare i turni per fare la spesa! E per spolverare! Mi vedi Buffy, mentre sbatto i tappeti?"
cercava di farla ridere. Di piacerle. Come faceva agli albori del corteggiamento. Quando gli bastava un chip, senza l'ambizione di un'anima.
E per quanti sforzi facesse, la cacciatrice lo fissava sempre con una vena d'acciaio nello sguardo.
Fino all'ultimo. Fino all'ultimo sorriso, nel librarsi giù dalla torre…
Il piatto le sfuggì di mano. E con una lentezza impressionante precipitò verso il pavimento. Senza arrivare a sfiorarlo. Fermato in tempo. Spike, in ginocchio di fronte a lei, con il piatto stretto tra le dita.
"Grazie." - mormorò.
Prima di ribellarsi alla propria freddezza.
Prima di afferrarlo per un polso.
"Grazie, Spike."
In un soffio, prima di pentirsi.
Per vederlo annuire. E capire senza equivoco.

"Ho parlato di molte cose, con doyle, ieri sera…" - esordì.
"Fa bene sfogarsi." - commentò, ritirandole i piatti su un ripiano più alto - "Doyle è un ottimo confidente."
"hai una grande opinione di lui, vero?"
"sono costretto ad averla. Ogni volta che provo a criticarlo mi dimostra quanto vale. E non è un santo."
"Un motivo in più per andarci d'accordo?"
"lo sai quanto odio la perfezione…" - richiuse il mobile - "c'è altro?"
"io devo rifare i letti."
"Vuoi una mano?"
"Perché no…"
non erano realmente convinti di essere amici. Era più simile ad una tregua armata. Ma poteva andare. buffy camminava d'avanti, con le lenzuola fresche di bucato. E dietro marciava spike, con la cesta in cui la cacciatrice, perfetta donna di casa, lanciava tutta la biancheria.
Magliette rosa di willow, canottiere striminzite di dawn, gonne lunghe di tara.
Tutto finiva in un unico groviglio.
Solo una volta l'espressione di Buffy divenne accusatoria.
"E' mia." - mormorò Spike, vedendosi sventolare una maglietta nera sotto al naso - "L'ho cercata tanto… non sapevo proprio dove l'avevo lasciata…"

e così via, stanza per stanza. Fino alla sua. A quella che era stata la sua stanza.
Buffy si fermò sulla porta. Era divenuta la stanza di dawn.
Non aveva un vero motivo per entrarci.
"Dawn deve imparare ad essere più ordinata." - mormorò, più per convincere se stessa - "Tutti abbiamo la nostra parte di lavori. Vieni, scendiamo."
La seguiva senza fare commenti.
Le guardava le spalle.
C'era stato un periodo della sua vita in cui nulla gli era sembrato migliore del seguirla, così, un passo più indietro.
Aspettare che si girasse, con occhi fiammeggianti.
Per rispondergli.
Per insultarlo.
Lo ferivano già allora, la sua rabbia, la sua freddezza.
Lo ferivano perché andavano contro il suo egoismo.
Buffy non voleva essere sua. Più si faceva desiderare, più spike la seguiva con tenacia.
E soffriva per il suo rifiuto.

Ora era tutto diverso.
Il tempo e, bisognava ammetterlo, Doyle gli avevano fatto comprendere il legame esistente tra loro.
La stretta corrispondenza delle azioni umane. Il loro disperato attrarsi inevitabilmente.
Le loro incrollabili capacità.
Capacità di far incontrare le strade parallele, come amava dire Lorne…

Ed uno che si convince di poter far incontrare le strade parallele… può arrivare anche a supporre di poter fare miracoli..

"Buffy. c'è una cosa che devo dirti."
Aspettò che si girasse, attese di incontrane lo sguardo.
"faith è a Sunnydale."

Si svegliò di soprassalto.
Qualcuno stava gridando.
No, inesatto.
Qualcuno gli stava urlando contro.
Si tirò a sedere, di scatto e li guardò, sbattendo le palpebre.
Buffy urlava, con le mani sui fianchi.
Ogni volta che spike, sempre con la cesta della biancheria sotto il braccio, cercava di farsi sentire, la ragazza alzava il tono della voce.
C'era da stupirsi che i vetri non vibrassero…
Rimase seduto sul divano a cercare di capire almeno una singola parola.
Quando infine, con un calcio, Buffy spedì la cesta e Spike lunghi distesi nell'entrata, la brutta piega presa della discussione gli sembrò evidente.
"Ok, frena!"
non sapeva quante ore avesse dormito. Ma non erano abbastanza da riuscire a captare al volo il nocciolo della questione. Saltò in piedi e si frappose tra buffy e spike.
"Qualcuno vuole dirmi cosa sta succedendo?"
ricominciarono le urla.
E Doyle, svegliato si soprassalto e ben prima della sua proverbiale pazienza, fu costretto ad imporsi.
Adesso si che i vetri tremavano.
"Ora che finalmente tacete entrambi, avremmo modo di metterci d'accordo."
Con sforzo enorme si sedettero in soggiorno, senza che volasse un altro singolo ceffone.
"Cosa hai fatto, Spike?"
"Come fai a dire che sono stato io!"
"Chiamalo intuito!" - ribattè,sedendosi di fronte ad entrambi.
Seduti vicini sul divano. Una cosa da non credere.
"Le ho detto che Faith è qui, a Sunnydale. Il resto non ho fatto in tempo a dirlo. Stava già urlando." - spiegò, fulminando la ragazza con un'occhiata.
La quale ricambiò, altrettanto grintosa. Senza muovere un muscolo, a braccia conserte e gambe accavallate.
Il ritratto dell'inespugnabile autodifesa.
"Credevo che non ci fossero dubbi riguardo alla mia opinione su faith." - commentò. "qui non si tratta del tua opinione!" - scattò spike, perdendo le staffe - "pensala come ti pare!ti comunicavo solo che Faith è qui a Sunnydale. Ed aggiungo che l'ho fatto per poi non sentir dire che ti avevo nascosto delle informazioni!"
buffy abbassò lo sguardo.
Un pensiero le sfrecciò rapido nella mente.
E Doyle lo captò con il gelo nelle ossa.
"Buffy. non ti ho mentito."
Li vide sussultare entrambi. Fissarlo.
Inorriditi.
"Ne sei certo?"
Buffy sentì gli occhi riempirsi di lacrime.
Voleva fidarsi, lo voleva così tanto da non riuscire neanche a respirare.
E se si fosse illusa?
"Oh, sì, sì, lo sono. Faith non sa che siamo qui. Ed io non lo saprei, non l'avessi vista nelle visioni, stanotte, mentre parlavo con te…"
anche Doyle si ribellava a quel malinteso. Buffy era così vicina al disastro… solo il suo corpo era tornato indietro. Ma la sua anima ancora vacillava, a cavallo tra due mondi entrambi divenuti rimpianto.
Doveva credere.
E se in quel momento se la sentiva di credere solo in doyle, lui l'avrebbe implorata di fidarsi.
Come poteva, come poteva essere così…
Lei, lei, Buffy, la cacciatrice.
Lo guardò, con occhi grandi e impauriti.
Lo guardò, inginocchiato innanzi a lei, sentì il proprio viso tra le sue mani.
E rifiutò di ammetterlo con se stessa. Si alzò, lasciandolo dov'era, asciugando rabbiosamente le lacrime che doyle avrebbe voluto raccogliere.
"Ti credo, Doyle." - mormorò, con la sua voce dura - "E sono calma. Voglio sapere perché faith è qui…"
Faith qui. Come sapere un serpente nel proprio giardino.
"Non sono affari tuoi."
"spike…"
"Spike un corno, doyle." - si era alzato, fregandosene santamente di quanto potesse incombere sull'amico, ancora inginocchiato sul tappeto - "Non le importa niente di faith. Assolutamente niente! Non mi serve il suo aiuto per ritrovarla."
"A te forse non serve." - replicò doyle alzandosi - "ma a me il suo aiuto può fare anche comodo…"
"per cosa? perché hai paura che io ci lasci veramente la pelle? Lei non ha intenzione di guardarmi le spalle, vuole sapere solo perché la fonte di ogni guaio, al secolo Faith, se ne sta così vicino…"
"Hai finito?"
"Non ho finito. Non ho affatto finito!"
"spike."
Si voltò a fissarla nel sentirsi chiamare. Si voltò per vedere la sua determinazione.
La sua capacità di passare sopra ad ogni cosa, per il bene di molti.
Non vide il suo odio per la rivale.
Buffy era focalizzata su altro.
"Spike… cosa ti fa pensare che morirai."
Per un attimo fu tentato di dirle tutta la verità, di appellarsi alla Cacciatrice che in lei risiedeva.
"trovare faith non è una passeggiata." - ribattè con un'alzata di spalle - "comporta certi rischi."
"Cosa te lo fa credere."
Adesso erano realmente vicini. E Buffy, riluttante, era costretta ad alzare la testa per incontrare i suoi occhi.
"Andiamo, Cacciatrice, i rischi sono rischi ed io non voglio il tuo aiuto. Perché si da' il caso che…"
"Che non siano affari miei. Lo so. Ho capito." -si sforzava di restare calma. E, per la prima volta da molto tempo, sapeva cosa doveva fare.
Spostò la sua attenzione su Doyle, alle spalle di Spike. il demone era fermo, in attesa che finisse lo sfogo. Le mani in tasca e lo sguardo assorto.
"Doyle."
Non era una domanda. Non era una preghiera.
Buffy lo avvertiva che era giunto il momento di dirle la verità. I fatti, l'accaduto presente e futuro.
Era pronta ad ascoltare.
Spike non prese bene neanche la fine della loro discussione. Tornò a sedersi sul divano, accendendo con rabbia una sigaretta e tirando pacchetto e accendino tra i cuscini.
"Vuoi dirglielo? Diglielo! Ma se inizia a pestarti, non aspettarti che ti soccorra."
Doyle non si girò nemmeno a guardarlo. Ma rivolse un sorriso a buffy.
Un sorriso che, se si fosse rivelato contagioso per Buffy, avrebbe provocato un'altra discussione con il suo antagonista di sempre.
Una cosa era certa.
Buffy non intendeva alzare un dito su Doyle. Ed in quella stanza, questa era un'informazione di dominio pubblico.
Iniziò a parlare, con calma.
Avesse proteso la mente, avrebbe potuto sentire la prima domanda martellante di Buffy.
Quella che traspariva dalla sua immobilità, dal suo sguardo da predatrice.
"Stamattina, in una visione, ho visto qualcuno ferire Spike. Non l'ho visto morire. Ho visto solo che veniva aggredito alle spalle. E che soffriva."
Parlava a frasi brevi, dosando le emozioni contrastanti. Avesse dovuto seguire il suo istinto avrebbe afferrato quei due marmocchi viziati e li avrebbe ficcati a testa in giù nella vasca da bagno.
Poi, sapendoli rinchiusi in un ripostiglio, dopo aver gettato la chiave, si sarebbe seduto tranquillo, a proseguire il suo sonnellino così malamente ininterrotto.
In certi momenti aveva l'impressione di chiedere così tanto…
"E quello che dovrebbe accadere a spike è connesso con faith?"
"Non ne ho la certezza."
"Ma non puoi escluderlo."
"No, non posso." - non posso. Dovrei dirti più di quanto vuoi realmente sapere.
Lo scoprirai fin troppo presto.
Lo saprai prima ancora di spike, quando sarà il momento…
"Adesso dimmi di faith."
"Non è venuta a Sunnydale con noi. Non sa che siamo qui." - ripetè.
"Ed è nei guai?"
Non le importava. Non le importava assolutamente se faith affogava nei suoi disastri. Le importava soltanto che non si estendessero a colpire le persone che amava.
"Faith al momento è un pericolo solo per se stessa."
"Come dire che è nei guai." - concluse, incrociando le braccia.
Spike la guardò e scosse la testa, mentre un sorriso cinico e arrabbiato gli increspava le labbra.
Doyle poteva dimostrarsi conciliante finché voleva.
In fondo non era la sua vita.
In fondo Buffy non era arrabbiata con lui.
In fondo Faith era da qualche parte e lui non si scomodava ad andare a cercarla.
In fondo…
In fondo poteva continuare ad urlare nella sua mente quanto di sbagliato c'era in Doyle.
Nulla avrebbe tolto quanto si sentisse carogna…

Spense la sigaretta con un movimento rabbioso. Ignorando deliberatamente il desiderio di appiccare fuoco alle tende.
Per ripicca.
Si alzò.
Voleva andarsene.
Fece in tempo ad arrivare nell'ingresso, prima di ricordarsi che non poteva uscire.
Che il sole non sarebbe calato ancora per alcune ore.
E, al colmo dell'esasperazione, si inginocchiò a terra, cominciando a raccogliere la biancheria sparsa sulla moquette.
Piegava ed impilava nella cesta.
Con cura quasi maniacale.
Con la facilità con cui, in un' epoca quasi dimenticata, spezzava colli e strappava arti. Le voci di Doyle e Buffy gli giungevano nitide.
"Sediamoci,ti va?" - Doyle lo sfiorò il braccio, indicandole le poltrone ed il divano.
E Buffy si era seduta, nel momento stesso in cui spike si era alzato.
Doyle , proteso verso di lei come era stato la notte prima, le riassunse sinteticamente i punti salienti.
Tralasciando il motivo per cui faith fosse fuggita da Los Angeles. Tralasciando la litigata sul tetto dell'Hyperion. Dopotutto rientrava nella privacy di spike.
"Stanotte, Spike ed io andremo a cercarla. Non credo valga la pena di cercarla, prima.
Faith si sta nascondendo certamente."
"Fa parte del suo stile."
"Ci si nasconde sempre, quando si ha paura."
L'aveva detto con tono quieto, senza neanche alzare lo sguardo.
Ma, per quel che lo riguardava, la conversazione era finita.
I tasselli mancanti li avrebbe dovuti fornire lui…

La guardò alzarsi.
E pensò che fossero impellenti due passi sul retro della casa, quando la vide inginocchiarsi ad aiutarlo a piegare magliette.
Era il suo modo di chiedere scusa.
Di dirgli che le dispiaceva fosse andata come al solito.
Sfiorargli le mani, nel passargli i vestiti, da aggiungere agli altri.
Senza dirsi nulla.
Nulla.
Non percependo nulla.
Fino alla rinuncia.
Buffy si protese ed afferrò la cesta. Prima di sentirsela sfilare dalle mani.
"Lascia, la porto io…"

Lo scantinato era un'oasi di disordine.
Scavalcando tutto ciò che era stato abbandonato nel coso dei mesi, Spike arrivò a posare la cesta incriminata al ripiano. E, senza neanche pensarci, si diresse verso lavatoio, cercare il detersivo.
"Come fai a sapere dove sia?"
"Ho vissuto qui, tutta l'estate." - commentò, recuperando il contenitore e passandoglielo - "Tara ha qualche problema di schiena e non le fa bene sollevare quelle ceste stracariche di roba."
"Come dire che sei l'uomo di casa…"
"Inutile che fai sarcasmo. lo sono sul serio. Qualcuno doveva prendere il tuo posto…"
buffy ignorò l'allusione a stento velata sul fatto che lei fosse l'uomo di casa e continuò la sua indagine.
"E tu saresti stato il più adatto a sostituirmi?"
"A quanto pare…"
"sì. Certo." - replicò Buffy, lasciando intendere quanto potesse credere a ciò che le veniva detto.

"Spike. vuoi il mio aiuto per ritrovare faith?"
"E da quando ti importa cosa voglio?"
si era voltato a fissarla. La bucava quasi, tanto i suoi pensieri bruciavano di rabbia.
Spike era furente con lei. Si dominava, si controllava, ma non c'era niente in lui che non fosse tensione.
Perché?
Perché le parlava in quel modo?
Buffy si sarebbe voluta proclamare vittima innocente. Ma in cuor suo sapeva di non esserlo.
E sapeva quanto spike fosse stato in gamba quell'estate.
Tutto in quella casa, parlava di lui. In un modo o nell'altro, tutti finivano con il menzionarlo, almeno una volta al giorno.
Tutti.
Willow che apparecchiava il tavolo chiacchierandoci, non sapendo come buffy potesse sentirla ridere dalla cucina.
Oppure anya, che aveva chiesto esplicitamente di parlargli quando aveva telefonato… Alla fine Spike era divenuto uno di loro.
E per Buffy era un mistero come fosse riuscito a conquistarli.
Come se, una volta svanita lei che sembrava il maggior legame tra Spike ed il gruppo, fossero cadute le tensioni.
Che Spike fosse divenuto realmente il loro capo ideale.? Che il loro istinto di banda li avesse portati ad aggrapparsi a quell'eterno ragazzo più solare di quanto non fosse mai stato il suo Angel?
Angel…
Di colpo si rese conto.
Angel non era venuto a Sunnydale.
Angel non aveva chiamato.
Angel…
Doyle, da qualche parte in un discorso, aveva detto che Spike l'aveva salvato per un soffio…
Ma chi, se non quello Spike che ora la fissava come se fosse in fiamme, avrebbe potuto raccontarle ogni particolare?
"Non lo faccio per Faith." - si impose di non pensare ad Angel ed ai suoi occhi…
addolorati, come li aveva ridotti l'ultima volta che si erano visti.
L'ultima, prima…
"Hai un altro motivo? La cacciatrice ha il dubbio di dovermi qualcosa?"
"No. Non ti devo niente."
Aveva risposto prima di riuscire a mordersi la lingua. Lo vide scuotere il capo, sorridendo e voltarsi.
"Spike, aspetta…io…"
"Dimmi Buffy…" - com'era pungente la sua voce - "lo fai per una stupida visione? Perché Doyle ipotizza che qualcuno possa farmi del male? Dovresti ignorarlo, è solo molto protettivo di carattere."
"Non vuole che ti accada niente."
"Che strano…lo dici come se fossi io che devo capirlo. Io so perché doyle si comporta in un dato modo, so di lui più di quanto tu possa immaginare. Non capisco una cosa… come mai non lo disapprovi?"
"Come scusa?"
"Ti ho chiesto perché non lo disapprovi.. in fondo gli è venuta questa strana fissazione di tutelarmi. Lui e le sue improbabili teorie." - la guardava, senza muovere un muscolo - "Anche fosse, quello che ha visto non riguarda te e la tua missione."
"Io non ho più una missione. E non sono più chi sono." - si voltò, sfiorandosi le labbra per quella verità che aveva gridato senza controllo.
Non voleva che si vedesse la sua debolezza.
Non voleva colpirlo.
Colpirlo… perché lui credeva in lei.
Nella lei che era sempre stata.

Erano cambiati entrambi.
Ma solo a parole.
Agli occhi di buffy, Spike era ancora l'improbabile alleato. Il vampiro senz'anima.
Per Spike, Buffy sarebbe sempre stata la cacciatrice incapace di amarlo e comprenderlo.
Amarlo…
Quale illusione, sfumata e morta nella loro passione.
Si portò una mano alla gola. Ancora, come poche ore prima.
Ancora, per ricordare il suo legame con i vampiri.
Il Claddagh.
Il morso.

E sussultò, quando sentì la sua mano posarsi sulla spalla.
Restò ferma.
Poi si lasciò guidare contro il suo petto.
Si appoggiò, posò la guancia sul suo cuore.
Come batteva forte e solenne, ora che non aveva più senso di farlo.
Come scandiva il tempo in respiri più lunghi…
Oh, quanto le era mancato quel suono… il suono del comprendere di Angel…
Ma non erano le braccia di Angel. Non era il corpo di Angel quello che la confortava.
Chiuse gli occhi e singhiozzò più forte.
I torti subiti e quelli seminati.
La sua vita perduta.
Perduta.
Così tante volte e da non poterlo credere.
Quante volte era morta… quante volte si era sentita morire.
Quante volte…
Quante volte senza volerlo. Senza ribellarsi.
E resurrezione era seguita a resurrezione.
Eppure le cadute non erano mai finite.
Nessuno poteva capire, nessuno. Nessuno poteva sapere quale liberazione fosse stata quel librarsi finalmente libera, tra cielo e terra.
Alla fine era diventata uno di loro… un demone sulla terra, aggrappato ad una vita ed un'emozione che non voleva.
Incapace a cedere.
Si sarebbe rialzata ancora. Anche senza forze e senza volontà.
Ma quale, quale prezzo!
"Oh, spike…"
lo sentì irrigidirsi,poi tornare a rilassarsi. E stringerla un po' più forte.
Sentì la mano tra i capelli. E sentì il suo capo chinarsi, fino ad appoggiarsi sulla sua testa.

Non l'avrebbe mai più abbracciata in nome di un amore che non esisteva.
Non si sarebbe più pentito innanzi ad angel per quell'amore profano che li aveva travolti.
Non avrebbe più ricordato le notti d'amore ed il suo corpo che solo quel nome sussurrato rendeva freddo.
Angel, angel, angel...
Probabilmente non se ne era mai resa conto. Buffy non aveva mai saputo di amarlo chiamando il suo Sire. Con la voce e con se stessa.
E spike mai l'aveva realmente piegata. Neanche con la vittoria in pugno, strappando trionfante la sua biancheria.
Ed era bastata un'anima. Un'anima dannata per perdere anche tutto questo.
Che non era amore.
Che non era nulla.
Se non l'incontro di due corpi con le mente ed il cuore pieni di qualcun altro.

Quanto aveva atteso di sentirsi chiamare per nome. Quanto aveva atteso quel riconoscimento.
Ma avrebbe pensato di ottenerlo in quel modo, con il puro istinto.
Per averla vista impallidire, per essersi sentito gridare contro una cattiveria.
Una cattiveria tornata indietro come un boomerang.
"Io non ho più una missione. E non sono più chi sono."
Oh, quanto si erano fatti male con quella piccola frase. Quanto…
Beffati dal destino. Entrambi tormentati oltre ogni umana comprensione, da loro stessi.
Quanti cocci da rimettere assieme, nelle vite di entrambi.
E fu stringendola che si rese conto quanto simili fossero i loro dolori.
Ricordava, ricordava l'anima che gli perforava il petto, che si insediava nuovamente in un cuore nero che mai l'avrebbe voluta.
Ricominciare da capo, una volta già raggiunta la completezza.
Non era forse questo il segreto della loro rinascita?

Come era strano…
Spike la stava abbracciando.
E non c'era più nulla di ossessivo e offensivo nei suoi gesti.
Chissà se confortava così dawn, nelle notti in cui non ricordava altro che essere orfana e fondamentalmente sola…
Abbracciati, a metà di una litigata.
"Sei una testona, cacciatrice." - lo sentì mormorare - "Non puoi dirmi le cose al posto che picchiarmi?"

X
*** La citazione in corsivo è tratta da The Gift(capIII).
Non le fu mai chiaro come fosse arrivata lì…
Seduta nella sua cucina.
Impegnata a soffiarsi il naso.
Con un vampiro affaccendato ed impegnato a riempire il bollitore del the.
The…
"Spike, lascia perdere. Non mi piace molto il the…"
"per lui invece è un rituale." - obbiettò Doyle da fuori casa, facendola sobbalzare - "Ricordati che è inglese…"
"Se vuoi fare umorismo sulle mie abitudini." - replicò l'altro, scostando la tenda quel poco che bastava - "Entra e siediti… Irlandese rompiscatole."
"Splendida giornata." - commentò, rientrando dalla porta di servizio con un poderoso sbadiglio - "Qualcosa mi dice che non vale la pena tornare a dormire."
Buffy sedeva su uno degli sgabelli del bancone, con un sano aspetto arruffato. Aveva gli occhi gonfi e pesti e stringeva ancora tra le dita quello che doveva essere un fazzoletto.
Guardò Doyle, abbozzando un'espressione imbarazzata.
Solo in quel momento doveva essersi resa conto che le si leggeva in viso come fosse andata a finire.
Senza ricordarsi che era Doyle quello che la stava fissando.
L'esperto delle risposte, più che delle domande.
"Ma che ci fai alle donne, William!" - lo apostrofò, spalancando le braccia e alzando gli occhi al cielo.
Imitando perfettamente Angel.
In un modo talmente impeccabile che spike, pur non avendo molti motivi per stare allegro, si ritrovò a sogghignare.
Buffy alzò la testa e lo fissò.
"William?"
Era vagamente interrogativa.
In un'epoca lontana, era stato proprio Angel ad avvertire Giles sul fatto che non sarebbe mai riuscito a trovare Spike negli annali degli Osservatori.
Forse perché Spike non esisteva. Esisteva solo un certo William il sanguinario.
William.
Non aveva mai sentito nessuno chiamarlo così…
Credeva fosse un nome ormai obsoleto, rimpiazzato dal soprannome che tutti conoscevano.
"Ti chiamano William, adesso?"
"Solo Angel. E Doyle stava imitando Angel." - non c'era motivo di dilungarsi , no?
E Buffy lo sorprese. Lo guardò, mentre un sorriso vagamente sarcastico le increspava i lati della bocca.
"Come dire che riesci ad esasperare anche Angel?" - era meglio importunarlo che chiedergli il perché di quel monopolio.
Stava già versando l'acqua bollente nei tazzoni. Finì il suo lavoro. Poi, meticolosamente, attento, posò il tutto e dosò le parole.
Ignorando Doyle che ridacchiava.
"Cacciatrice… esasperare Angel è la mia missione…"

"Come mai hai cominciato a farti chiamare Spike?" - domandò ancora, afferrando dalle sua dita la bustina del the.
Era curiosa.
E profondamente spossata.
Quei due demoni, in meno di venti ore, l'avevano messa di fronte a verità che avrebbe preferito non sapere.
L'aveva messa in contatto con le sue intime paure.
Confortata e ributtata in fondo al pozzo.
Per poi aiutarla risalire.
Restando con lei a camminare sul profilo del dubbio.
La disperazione e la quotidianità. Intrecciate insieme.
Una parvenza di vita, per legare il sovrannaturale che era in loro.
"Bella domanda." - commentò Doyle. Crollava dal sonno. Stava puntellato al bancone, impegnato ad immergere e sollevare la bustina con ritmo monotono.
"Diciamo che,molto tempo fa, a Praga ho fatto una grossa cazzata…" - rispose Spike, cercando di non dare alla situazione il peso che realmente aveva avuto - "Così ho dovuto poi far perdere un po' le tracce…"
"Cazzata grossa quanto?"
"Hai presente quando Xander ha fatto l'incantesimo per sopperire alle sue frustrazioni sessuali? Ecco, senza frustrazioni analoghe, io ho combinato pressappoco lo stesso casino."
"La furia collettiva ed il linciaggio? Sei stato proprio bravo…"
"See…" - ammise modesto. Guardandola con un sorrisetto fenomenale - "Ed il resto non te lo racconto… lì sì che sono stato veramente bravo…"

"Mi ci vorrebbe un altro caffè… altro che the…"
"Il risultato non cambia." - mormorò Buffy - "Siete così tesi che basterebbe un bicchier d'acqua per farvi venire le palpitazioni…"
erano rimasti soli in cucina. Spike stava cercando le sue sigarette, ribaltano i cuscini del divano.
E presto sarebbe tornato.
"Tu stai bene?" - le chiese Doyle, in fretta e sottovoce.
"Non ne sono sicura." - rispose Buffy, con un leggero sorriso - "Ma credo di non volerlo più uccidere…"
Sembrava una battuta.
E Doyle le sorrise, mentre l'intesa passava tra di loro.
Simbolica.
Era una frase simbolica.
Con il desiderio di uccidere Spike se ne era andato anche il rifiuto per se stessa.
Era scivolato via.
Facendola sentire meno sporca.
Meno sola.
Il tempo, sbiadendo il ricordo del paradiso perduto, l'avrebbe aiutata.
La memoria umana, nella sua inefficacia, sarebbe stata la sua chiave di salvezza.
Attendere…
E parlare, ammazzando il tempo.

"Da dove pensate di iniziare a cercarla?"
La domanda li colse di sorpresa.
La fissarono, entrambi.
Simultaneamente.
"Cavoli.." - commentò Buffy - "Ho avuto la vostra attenzione… allora, da dove si comincia?"
"Ti vuoi unire all'opera?"
Doyle lo fulminò con un'occhiata. Ma era mai possibile che attaccasse briga anche con le frasi con meno di dieci parole?
"Sì, Spike. per due buoni motivi. Primo: Non mi piace che nella mia zona ci siano traffici demoniaci di varia entità e senza la mia supervisione. Secondo: Se non la troviamo noi in fretta, piomberà qui tutto il Consiglio a cercarla. E nella settimana della mia resurrezione, non ho voglia di vedere anche tutti quegli inglesi barbosi."
"Concordo pienamente con il secondo punto." - annuì Doyle. Per poi tornare serio - "In effetti Buffy non ha tutti i torti. Se Giles sta già tornando indietro, il consiglio sarà allertato. Basterebbe un nonnulla per avere tutti i loro occhi puntati addosso."
"Quanto sa il Consiglio di Faith?" - chiese Buffy. Era strano, si sorprese a pensare, come del suo rapporto con Riley fosse restata solo la capacità di fare domande mirate e sintetiche.
Strano e triste, ricordare solo questa sua caratteristica. E più null'altro.
Un altro amore sparito.
"Sa che Westley la nasconde ed Angel la tutela." - disse Spike - "E' tutta l'estate che le stanno con il fiato sul collo."
"Hanno, a quanto sembra, un problema di successione." - aggiunse Doyle - "E' possibile che dopo la tua morte non si sia attivata un'altra cacciatrice. E faith non è quello che amerebbero definire un buon rimpiazzo."
"Un problema che io ho indirettamente risolto." - commentò Buffy - "saranno quasi stufi di vedermi resuscitare…"
"Può darsi che tu abbia ragione. Ma stanno stringendo il cerchio attorno a faith da vari mesi. Potrebbero non resistere al desiderio di liberarsene."
"Angel non può far nulla?"
"Lui e Wes hanno fatto anche l'impossibile." - concluse Doyle - "Le trattative vanno ancora avanti. Angel rimane in una posizione privilegiata agli occhi del Consiglio. Anche mettendosi di impegno non possono torcergli un capello senza ritrovarsi con un guaio a livello metafisico.
Su questo le Alte sfere sono state chiare. Con noi e con loro.
Angel non va toccato. E così tutti i Prescelti già identificati.
Faith resta in una posizione… equivoca. È l'unica che ancora ricade sotto la loro giurisdizione."

A metà della frase era suonato un campanello nella testa di Spike.
Qualcosa che non gli risultava. Qualcosa che, in più di un anno di scorribande con il suo Sire non aveva mai sentito neanche menzionare.
"Cos'è questa storia dei Prescelti?"
L'occhiata di Doyle sarebbe passata alla storia.
Come il suo unico commento.
"Oops."

"Lui non ne sa nulla?" - gli occhi di Buffy erano enormi - "Mi stai dicendo che Spike non ne sa nulla?"
Tenne per sé la profonda soddisfazione di vederlo spiazzato, per una volta.
Si limitò alla sorpresa.
Adesso non gli fregava più molto di sapere cosa fosse la questione dei Prescelti. Perché era peggio di quanto pensasse.
"Mi stai dicendo che buffy lo sa ed io no?"

Quanto gridavano quei due.
Ragazzi, che mal di testa…
Erano talmente presi a lamentarsi che non c'era spazio per rispondere alle loro accuse.
Pensandoci bene, se li lasciava parlare ancora un minuto avrebbero ricominciato a litigare dimenticandosi il motivo.
Bisognava solo scegliere….
Era meglio dire a spike quello che non sapeva o lasciare che ricominciasse a litigare con Buffy?
Quale era il male minore?

"Siiilenzio!"
Adesso che stavano zitti si poteva anche discutere.
E Doyle, dopo quell'urlo si sentiva decisamente meglio.
"Grazie." - mormorò, tornando a sedersi.
"Cos' è che lei sa ed io no?"
"Ti interessa di più sapere perché lei lo sa o cosa lei sa?"
"Sei pregato di non impegolarti in uno di quei tuoi soliti discorsi chilometrici. Fuori la verità e subito."
"Tieni, fuma." - rispose porgendogli le sigarette - "Ti farà bene."
"Ti ascolto."
"purtroppo ci atterremo ad informazioni generiche. Abbiamo già affrontato il discorso di predestinazione."
"Sì. E le parole a riguardo, cito testualmente, sono state: niente di ciò che è scritto non è immutabile. Altresì detto: la predestinazione non esiste se hai le palle."
"Cominciamo bene." - sospirò il demone. Buffy si era alzata e sbrigava alcune faccende. Preferiva tenere le mani occupate, pur non perdendosi una parola della conversazione - "Non stiamo parlando della predestinazione negli eventi, ma di quella nei ruoli. Mi cito testualmente:si scelgono le azioni, non i ruoli. Ti ricordi che ho detto anche questo?"
"Va bene." - tagliò corto - "Andiamo avanti fino alla parte che mi interessa."
"Io dubito che arriveremo mai alla parte che vuoi sentire. Non puoi saperla. Però posso spiegarti il contesto…"
Mordeva il freno. Lo guardava ed appariva visibilmente seccato. Stritolava il filtro della sigaretta con le labbra, ma non commentava. Aspettava che Doyle proseguisse nella spiegazione.
"Probabilmente sto per dirti qualcosa che sai già. È un argomento un po' inflazionato. Al di là delle profezie specifiche relative a certi eventi, esiste un possibile ordine stabilito per quanto riguarda le relazioni di certe persone. Una corrispondenza delle parti che va ben oltre ciò che siamo e come ci comportiamo. Qualcosa a cui non possiamo sfuggire. Ti serve un esempio?"
"Lasciami indovinare…" - ribattè rassegnato - "Io e la Chiave?"
buffy si voltò e lo guardò come se fosse un alieno.
Ma Doyle preferì ignorarla. E fornire, con un''unica frase la risposta ad entrambi.
"E' esatto. Tu sei il Custode della Chiave. Questo ruolo ti è stato probabilmente assegnato dalla notte dei tempi. Prima ancora che un singolo frate potesse anche sono concepire che la chiave divenisse carne. In un modo o nell'altro, prima o poi, sareste entrati in contatto. Ed al di là del vampiro che eri, pur essendo privo di anima, il tuo rapporto con Dawn era legato alla protezione che potevi fornirle."
"Questi legami implicano…" - cercava di dosare le parole, visto che sentiva gli occhi di Buffy impegnati ad incendiargli il cuoio capelluto - "… un senso di completezza quando si raggiunge l'obbiettivo?"
"Sì." - doyle annuì sorridendogli - "Quello che l'universo percepisce come un tassello al suo posto, per te equivale ad una sensazione di appagamento."
"Questo mi è chiaro." - il suo tono non ammetteva equivoci. Non voleva che si rivelasse altro, riguardo alle sue impressioni personali - "Per cui mi stai dicendo che esiste un insieme di persone inevitabilmente costrette ad incontrarsi."
"O a interagire senza incontrarsi." - puntualizzò - "Da questo punto di vista si tratta di un sistema molto elastico. Tutti hanno un ruolo. Solo che certi rimangono fissi più a lungo ed altri si riducono a brevi istanti. Anche in questo caso possiamo fare un esempio."
"Giles è la mia Guida. Ma in alcuni casi è stato temporaneamente sostituito." - lo interruppe Buffy - "In un caso è stato Doyle la mia Guida."
"E' esatto." - annuì, Doyle, riprendendo la spiegazione - "Un altro caso siamo io e Cordelia. Io sono la Guida di Angel."
"Ma lo è stata anche Cordelia." - concluse Spike.
Iniziava a capire.
Una rete di relazioni intricatissime.
"Tu sei portato di natura a comprendere certi aspetti. Sapere che esiste un possibile perché a certi legami non è una verità che ti coglie impreparato."
"Sicchè, se tu ora mi dicessi cosa sai sul mio ruolo, si riempirebbero tutti gli spazi vuoti delle conversazioni nell'ultimo anno?"
era la domanda a bersaglio.
Senza colpo ferire.
Diretta ed inequivocabile.
Doyle gli sorrise.
Da lui non si sarebbe aspettato di meno.
"Dritto al punto" - commentò - "Io non potrei dire di te assolutamente nulla. La mia non è scienza infusa, Spike. io posso fornire le informazioni solo quando finalmente sono slegate dalle loro limitazioni. Sono poche le cose che conosco e di cui non posso disporre liberamente. Ma in qui cadiamo in una situazione puramente soggettiva, che a che fare con altri ruoli che ricopro. Non a caso a Cordelia lasciai solo le visioni. E le visioni soltanto."
Spike annuì. Tamburellava sul tavolo. E la sigaretta ormai da lungo tempo giaceva spenta nel posacenere. Non aveva sentito il bisogno di una seconda.
"Per cui, concludendo, esiste una schiera di Prescelti connessi ad Angel." - azzardò.
"Già. Torniamo alla tua domanda iniziale. Angel è una figura molto forte sia nel contesto dei ruoli che in quello delle profezie. Non è un segreto. Angel è il catalizzatore di molte energie universali. Fino a quando non sei spuntato tu, la sua posizione privilegiata è stata anche connessa alla sua unicità."
"Il vampiro con l'anima." - mormorò Buffy. Dirlo le permetteva di raggiungere la consapevolezza di come anche adesso anche Spike avesse un'anima. Un pensiero su ci non si era mai realmente soffermata.
Nell'attimo in cui aveva visto andare via spike ed Angel, la sua mente era stata protesa al dolore di vederli partire entrambi. Non al grande cambiamento avvenuto.
Non al fatto che lo Spike che aveva di fronte non fosse più lo stesso che aveva conosciuto.
"A parte il fatto di avergli rovinato l'esclusiva, ho qualche altra incombenza?"
"Non sarà cambiando i termini alla domanda che potrai avere una risposta, Spike. il tuo legame con Angel è molto forte. e per molti versi ben al di sopra della comprensione che potremo mai averne."
"ottimo. Mi è appena stato detto che sono inspiegabile! E che ho pure scombinato le vostre elucubrazioni!"
"Le mie non tanto." - rise Doyle - "Ma quelle di Westley all'inverosimile! Puoi provare a chiedere a lui, quando torniamo a LA. Ti aggiornerà sui suoi studi."
"Non te lo consiglio…" - disse Buffy - "L'unica volta che ho avuto bisogno di una spiegazione sull'argomento, Giles mi ha sommerso di documentazione."
"pure Giles…"
"Non li chiamano Osservatori perché portano gli occhiali."
"Va bene. Veniamo al dunque."
"Siamo già al dunque."
"No. Non mi hai detto perché a Buffy l'avete detto e a me no."
Diamine! E perché gli ridevano anche in faccia?

"Oh, Spike…" - Buffy non riusciva a trattenere le lacrime - "Sei geloso…"
"Io gelos…" - Spike si girò a guardarla - "ma non diciamo scemenze!"
Era fondamentalmente vero. Non capiva perché, se c'era un grande e complesso disegno universale, tutti ne fossero a conoscenza tranne lui. Era…era razzismo!
"Non me lo avete detto perché sono indisciplinato e cattivo?" - li provocò.
"oh, signore!" - esclamò Doyle alzando gli occhi al cielo - "Non è che facciamo riunioni segrete per scambiarci complimenti. E di certo non parliamo di te alle tue spalle. Di tanto in tanto io e Wes prendiamo nota di alcune connessioni. Con animo da studiosi…"
"Non mi hai detto perché lei lo sa…" - insistette.
"Io lo so perché Angel me lo ha detto."
Spike la fissava con occhi che erano fessure.
E mentre già apriva bocca per uscirsene con un nuova perversione, Doyle lo interruppe.
"Buffy è, in una certa ottica, lo speculare di Angel. Ci sono molti ruoli che girano intorno al suo. Buffy è la cacciatrice. Questo non è un segreto. Le informazioni che lei ed angel si scambiano sono di altro genere. Non sono speculazioni. Loro devono necessariamente avere consapevolezza del loro ruolo."
Buffy abbassò lo sguardo.
Era consapevole del rischio che correvano… se lei era ancora realmente la cacciatrice, doveva raggiungere pieno controllo del suo ruolo nel minor tempo possibile.
Da questo dipendevano molti equilibri che stavano vacillando…
"Il mio ritorno sta provocando confusione…" - spiegò Buffy.
Le carte del destino si stanno rimescolando un'altra volta.
Si credeva fossero già disposte sul tavolo.
Ci sbagliavamo tutti.
"Willlow ha probabilmente rivestito un ruolo che non le competeva." - aggiunse ancora - "Riportandomi in vita ha complicato l'equilibrio."
"Niente che l'universo non rimedierà."
"E' questo che mi preoccupa, Doyle."

"Una cosa è certa." - aggiunse, riprendendosi - "Io sono la cacciatrice."
"E Faith?" - chiese Spike.
"Anche Faith è una cacciatrice. Il ruolo potrebbe essersi sdoppiato."
"Oppure Faith potrebbe avere un altro ruolo…"
"Questo non lo credo, Buffy. Ho motivi per pensare che tu e faith siate ancora intimamente legate."
"Che bello…"
Grondava sarcasmo.
E Spike adesso non poteva che sogghignare.
"Allora anche tu che sai tutto non apprezzi questo gioco delle parti…"
"Sta zitto Spike." - rispose, automaticamente, mordicchiandosi una ciocca di capelli - "Cosa ti fa pensare che tra me e Faith ci sia un legame?"
"Le mie visioni su Faith sono connesse alla tua vicinanza, Buffy. Su questo non c'è da discutere. È così."
"Non ti pare una spiegazione un po' scarna?"
"Anche a te non posso dire tutto." - la punzecchiò - "Le visioni, ringraziando il cielo, sono sempre e solo affari miei. Non condivisibili."
Ecco.
Avevano ricominciato a parlare contemporaneamente.
Volevano sapere.
E pretendevano che l'altro non sapesse.
Ed il the era ormai freddo.
Restò in silenzio, mentre quei due di discutevano a suon di supposizioni, recriminazioni e frecciate.
Erano snervanti.
Preferiva di gran lunga estraniarsi. Mentre attendeva la fatidica domanda.
Quella che prima o poi avrebbero fatto entrambi.

Eccola…
Eccola che arriva…
Ottimo… fregato.

"Forse dovresti dirci almeno che relazione intercorre tra noi!"
Spike aveva interrotto la discussione e l'aveva puntato.
In piedi, appoggiato al bancone, con la Buffy direttamente a fianco.
Doyle puntò il dito contro entrambi.
"Vampiro…" - disse, indicando prima lui e successivamente lei - "…e Cacciatrice. Non vi basta?"

No. A quanto pare non basta.
Ma quanto parlano…

"Ragazzi… ragazzi… mi dite come vi rispondo se non state zitti?"
"Vogliamo una risposta."
"Hai un Osservatore, Buffy. domani quando arriva glielo puoi chiedere."
"Lei ha un osservatore. E io?"
"Tu puoi chiamare Wes… oppure Angel."
Non funzionava. Non abboccavano alle sue soluzioni alternative.
Fino a quando, a metà di una lamentela, Spike si bloccò ed in lui si fece strada un ricordo.
Una conversazione…

Il suo silenzio era anomalo. Ed ottenne come risultato il silenzio di Buffy.
Anche il suo sorrisetto appariva presagio di una nuova trovata.
"Spike… che c'è?" - Doyle aveva quasi paura a chiederlo.
"Tu, hai già risposto a questa domanda." - esclamò trionfante.
"Come scusa?"
"Io so già la risposta. Tu me lo hai detto quando lei… bhe, sai quando me lo hai detto, no?"
Doyle aggrottò le sopracciglia, cercando di ricordare.
E quando infine gli venne in mente a cosa si riferiva Spike, scosse la testa.
"Beccato…" - ridacchiò.
Non poteva negarlo.
Aveva già risposto a questa domanda, non molto tempo prima.
Tipico di Spike ricordarlo nel momento più opportuno…

"Amore per lo stesso compito, non amore uno per l'altro… fino all'ultimo, intrappolati in questa ragnatela fatta di rabbia. Condividevamo lo stesso destino in due mondi diversi."
"Tu con Angel. lei con Dawn."

"Doyle.. di cosa sta parlando?"
Ecco. Buffy.
Buffy che lo fissava con occhi spalancati.
"Andiamo Buffy." - Spike osava addirittura passarle un braccio attorno alle spalle, per completare la sua vittoria - "Si tratta di informazioni riservate. Doyle non può dirtelo…"
Doyle scosse ancora la testa. Lasciando che ricominciassero a discutere. Intanto Spike non l'avrebbe mai detto a Buffy. aveva i suoi buoni motivi per farlo. oltre ad una certa malizia.
Li lasciò fare. Adesso sapeva che Spike non avrebbe più calcato la mano su di lei. Adesso per lui la situazione era definitivamente chiarita. Era bastato un ricordo, un semplice ricordo…

"Spike." - lo chiamò ancora.
Interrompendo la rissa. Buffy e Spike stavano muso a muso.
Più vicino di così, avrebbe potuto solo baciarla.
"La tua curiosità è soddisfatta?"
"Non lo fosse potresti aggiungere altro?"
"Non ne sono sicuro."
"Io voglio sapere cosa a che fare lui con mia sorella!
"te lo ha detto. È il Custode."
"Io sono il custode di mia sorella."
"Gelosa, cacciatrice?"
"Smettila se non vuoi che ti rompa il naso."
"Baciami bambina, ti condurrò in paradiso…"
Adesso basta.
Doyle sobbalzò innanzi all'ultima frase. Non era certo di quali potessero essere le reazioni. Spike non poteva nemmeno immaginare quale valore avesse una frase del genere per il cuore di Buffy.
Si preparò al peggio.
E dovette ricredersi.
La sua immaginazione non era abbastanza fervida.
Anche Spike non riuscì a capacitarsene. I suoi occhi divennero così grandi da rischiare di rotolare sul tappeto nel momento stesso in cui la bocca della cacciatrice violentò la sua.
Mosse le braccia come dei mulinelli, non sapendo dove mettere le mani.
Fino a rinunciare, a lasciarsi andare.
Fermo, le braccia lungo i fianchi.
Senza essere nemmeno certo di ricambiare, la strana impressione di essere totalmente inerte.
Fino a quando Buffy non si staccò da lui, lasciando la presa.
Con occhi brillanti e sorriso feroce.
Senza fiato.
"Mi spiace…" - mormorò - "Nessun paragone con il paradiso."

XI
"Possiamo comportarci da persone serie, adesso?" - domandò Doyle, senza fare nulla per nascondere il divertimento che provava.
"Certo!" - trillò allegramente Buffy. Da come si leccava le labbra sera più facile pensare che avesse appena ingoiato un canarino più che baciato un vampiro - "Stavamo dicendo?"
"Stavo offrendo, se mi era possibile, ancora qualche delucidazione…Spike?"
Spike aveva difficoltà di comprendonio. Se mai aveva avuto domande da porre, probabilmente, considerava, Buffy gliele aveva succhiate dalla testa.
"Ah… sì…" - rispose, prima di distrarsi di nuovo.
"però sei proprio in gamba." - si complimentò Doyle.
"Grazie." - rispose spicciativa Buffy- "Vediamo di capirci. Se faith è ancora una cacciatrice, il Consiglio ha un motivo per accampare diritti, giusto?"
"Purtroppo giusto."
"Se Faith non fosse più la cacciatrice, ci sarebbe già un'altra prescelta per sostituire te."
Si voltarono a fissarlo.
"Sei lento a riprenderti… ma quando lo fai,vai dritto al punto." - mormorò Doyle.
"Sì, certo. Ma era una cosa che già sapevi, immagino."
"E' la risposta che hanno dato a westley quando è andato in Inghilterra. Ma non ci aspettavamo niente di diverso."
"Come mai io non lo sapevo?"
"Avevi altro a cui pensare."
Non era un'accusa. Ma una pacata e affettuosa constatazione.
"Non mi sento meglio…" - rispose. Iniziava a mettersi insieme un mosaico che non aveva considerato. Mentre lui era preso dalla sua missione e dalle sua motivazioni, nella casa di Angel scorreva un intero mondo di emozioni e problemi.
"Westley ha triplicato gli studi anche per questo. Bisogna trovare qualcosa che confermi la posizione di Faith a fianco di Angel."
"Non è sotto la sua protezione?" - chiese Buffy. La feriva il sol pensiero, ma se così fosse stato, avrebbe dovuto salvarla per Angel, per ogni volta in cui lui l'aveva assecondata e protetta.
Perchè anche il suo orgoglio sentiva la necessità di una giustificazione.
"da un punto di vista affettivo, certamente. Ma questo definisce il ruolo di Angel più che quello di faith." - sospirò Doyle. Si sentiva veramente a pezzi. Ed il suo mal di testa non accennava a diminuire. Come una specie di disturbo di fondo.
"Perché non vai a dormire?"
"Come, scusa?" - domandò, alzando la testa.
"Ti ho chiesto perché non vai a dormire. Lascia che ti descriva la prospettiva: Faith è là fuori ed io probabilmente mi beccherò un colpo di mannaia in mezzo alla schiena nelle prossime ventiquattr'ore." - Spike descriveva meticolosamente - "per tanto, visto che il più delle volte sei costretto a rattopparmi, consigliandoti di andare a dormire, tutelo la mia persona."
"Come sei altruista…"
"Ma tu non stai mai zitta?"
"Comunque, mi spiace ammetterlo, Spike ha ragione. Vattene a dormire. Per le elucubrazioni c'è sempre tempo."
"Voto unanime?" - domandò Doyle, guardandola.
Buffy gettò un'occhiata al suo improbabile alleato.
"Voto unanime." - annuì.

"Non ho mai visto nessuno crollare così profondamente ed in così breve tempo."
"E non ti immagini quando ha le visioni per gli affari suoi." - commentò Spike - "Lì sì che viene mal di testa solo a guardarlo."
"Non hai l'impressione di girare in tondo?"
"Spiegati meglio."
"Litighiamo. Poi sembriamo persone normali. Poi litighiamo di nuovo. Ed in tanto Doyle ci scarica sulla testa una valanga di informazioni paranormali."
"Benvenuta nella mia vita…"
Ormai mancavano poche ore al tramonto. Ed erano certamente le più faticose.
Non restava che aspettare.
Spike misurava a grandi falcate la stanza e Buffy, rannicchiata in un angolo del divano, si tormentava pensosamente i capelli.
"Ti sei stancato?" - mormorò, quando lo vide sedersi in poltrona.
"No. Voglio chiederti una cosa."
"Spara." - sospirò. Di colpo le sembrava di ricordare di non aver chiuso occhio da un tempo infinito.
Del resto, aveva dormito tutta l'estate…
"Da quanto tempo sai della questione dei Prescelti?"
Non c'era più l'intento polemico nella sua voce. Nessuna recriminazione.
Una semplice curiosità.
"Angel mi ha chiamato, poco dopo essere andato via da Sunnydale." - spiegò, con calma - "Lo sapeva da tempo. Probabilmente da prima che ci conoscessimo. Mi disse che Giles avrebbe saputo darmi i particolari. E mi disse pressappoco quello che Doyle ha detto stasera a te."
"Dopo quella telefonata, non mi chiamò più. Probabilmente ritenne che era meglio non sentirci." - aggiunse, giocherellando con le frange di un cuscino - "Iniziò a passare informazioni a Giles. E poi lo fece Westley. E poi… smisi di interessarmene. C'era dawn. Dawn da proteggere. Mia madre… ed il resto mi sembrò irrilevante. Anche se di portata universale."
"Dawn. Almeno il suo è un ruolo lampante." - commentò Spike - "Lei è la Chiave…"
"E tu sei il suo Custode. Di tutto quello che potevano dirmi, questa è la cosa che più mi ha stupito…"
"Lo sapevi?"
"Certo. Giles me lo ha detto all'ennesima volta che ho dato in escandescenza perché dawn era sparita da scuola per venire da te." - Buffy gli sorrise - "Mi sembrava di avere finalmente un buon motivo per impalettarti ed è stato costretto a dirmelo."
"Allora cosa avevi tanto da sbraitare prima, di là, in cucina?"
"Il fatto che io abbia dovuto accettare questa situazione non significa che per me abbia un senso. Nessuno mi ha ancora detto perché proprio tu."
"Se cercavi un perché, hai chiesto alla persona sbagliata. Da quando abbiamo lasciato Los Angeles, mi sembra solo che Doyle si ostini a dire che non c'è sempre un perché. Un perché comprensibile, diciamo." - sorrise, riflettendo - "Doyle finisce sempre con il dire che, anche non si può capire, c'è un perché. Lui e Cordelia non fanno altro che discutere per questa filosofia. Non riescono a trovare un accordo…"
"Lui la ama?"
"Alla follia." - Spike avrebbe voluto aggiungere altro - "Alla follia."
"Sei felice a Los Angeles?"
"Felice… che parola grossa… comunque sì, lo sono. Ci sto bene, vivo con gente che non mi giudica. E poi c'è Angel… mi sento in famiglia."
Negli occhi di Buffy c'era un misto di perplessità e sorpresa.
"Non avevi mai parlato così di lui…"
"Buffy, la sostanza del legame tra me ed Angel, non cambia. Siamo noi ad essere cambiati, a vederlo con un altro approccio." - non sapeva nemmeno perché le raccontava certe cose - "Io non parlo dei rapporti e dei legami sovrannaturali. Quella è roba da Osservatori. Io mi riferisco alla vita di tutti i giorni. Lui è il mio Sire. E mi è mancato. Con un'unica differenza: prima dell'anima mi mancava Angelus, non Angel."
"Ho qualche difficoltà ad immaginare come possa mancare Angelus…"
"Angelus ha un pessimo carattere ed idee megalomani. Ma con lui ti diverti. E parecchio. Almeno, questo mi sembra di ricordarlo…" Spike allungò le gambe e buttò indietro la testa - "Del resto, mi diverto molto anche con Angel. Anche se è barboso e tormentato."
"Barboso… Angel non mi è sembrato barboso…"
"Solo perché era tua prerogativa baciarlo ogni volta che cominciava a gemere. Io devo subire, invece." - che tono falsamente melodrammatico.
"Non verrà qui, vero?"
Spike alzò la testa quel tanto che bastava per fissarla.
"Cosa preferiresti? Vederlo oppure no?"
"Non lo so. Vederlo, credo. Ma sarebbe peggio per tutti e due. Quando è venuto, dopo il funerale di mia madre, è stato come tenere in piedi un muro barcollante. Avessimo ceduto, non ci saremmo più rialzati."
Aveva abbassato lo sguardo. E la voce era suonata bassa e stanca. Il peso del mondo le gravava sulle spalle da un tempo che quasi non riusciva più a ricordare. Attraversava le vite degli uomini, nascendo e rinascendo, in attesa di un evento che determinasse la sua salvezza. Questo era la Cacciatrice. Questo era Buffy, assolutamente incapace di abbandonare la natura umana per seguire la sua predestinazione. Costretta ad essere anche quando non ne aveva la forza.
Nel desiderio di lasciarsi andare. E mai in pace.
Non aveva mai considerato questo punto di vista. Quasi poteva vedere le sue tre forme sovrapporsi.
Buffy…
La ragazza bionda e forte. Ma umanamente imperfetta.
La Cacciatrice letale e precisa.
Ed infine la Prescelta, il catalizzatore in un perpetuo contatto con il mondo dei suoi simili, ma sempre più separata da loro.
Chissà quante altre cose poteva essere Buffy.
Chissà quante…
"Sei preoccupato per Faith?"
"Io l'ho guardata negli occhi, Buffy. so bene cosa ho visto. Ed è per questo che mi preoccupo." - è colpa mia, Buffy. sarà solo colpa mia se accade qualcosa.
"Cosa le è successo?" - buffy non fece commenti riguardo a quello che Spike aveva appena detto. Anche lei, per quanto potesse discuterci, sapeva del suo legame con l'essenza delle Cacciatrici. L'aveva sentito sin dal primo istante in cui si erano visti.
Sapeva delle sua capacità. Ed anche se non l'avrebbe mai ammesso, le rispettava. Spike sapeva essere letale per il semplice fatto di esistere. Se Buffy non era morta, tra le sue braccia, era stato solo per quell'incomprensibile desiderio di giocare al gatto col topo che era la base del loro rapporto.
E perché forse, alla fin fine, non aveva mai voluto realmente ucciderla.
"Come mai non mi hai ucciso, Spike?"
la domanda gli corse come un brivido giù per la spina dorsale.
"E tu? Perché non mi hai ucciso?"
"Ho provato molte volte…"
"ma hai sempre fermato la mano."
"Come te, del resto."
"Non quante credi. E poi, mi sembra di averti già detto che io non vinco quando uccido le Cacciatrici. Sono loro che perdono." - continuava ad esprimersi al presente. In fondo le sfumature della morte della cacciatrice erano molte - "Ho i miei mezzi per portarle molto vicine all'orlo. Il metodo classico è eliminare uno ad uno gli individui che la circondano."
Adesso questa frase aveva un nuovo valore. Spike isolava la prescelta dal suo contesto, disturbandone l'equilibrio.
Diamine, che cosa complicata.
Iniziava a ripromettersi di parlarne con Westley. La cosa lo incuriosiva…
"Nel tuo caso, a questo punto, bisogna valutare il fattore dawn. Sembra dimostrato che su di lei non posso alzare un dito… e poi, bisogna tenere presente un altro particolare." - non aveva voglia di una conversazione seria. Il sole era quasi calato. Poteva sentirlo.
"E sarebbe?"
"Tua madre era un tesoro. Ed io le piacevo più di Angel…"

Un bottone dopo l'altro. Buffy aveva uno specchio in cui guardarsi pensosamente.
Rintanata in camera di Tara e Willow, lasciava scivolare a terra i vestiti uno ad uno.
Non si era mai permessa di farlo. quella era sempre stata la camera di sua madre. Non avrebbe mai potuto che essere una bambina ai suoi occhi…
Cosa avrebbe detto Joyce nel vederla adesso?
Le escoriazioni e le tumefazioni la ricoprivano ancora.
Il uso corpo era cosparso di segni violenti, bruciature e ferite profonde.
Per quanto fosse certa di aver levato ogni frammento che poteva provocarle infezione, le sembrava ancora di essere coperta di schegge di legno. Poteva quasi sentirle, come se strisciassero sottopelle, scavando tunnel inquietanti. Come… vermi…

"Per me sei morta. Con tutto quello che di marcio rappresenti."

Si girò di scatto, cercando la fonte di quella voce. Ma era la sua voce. La sua. Il suo cuore batteva all'impazzata, voleva fuggire dal petto in cui era compresso.
La voce, la frase… sì, certo. La frase detta a Faith.
Oh, sì. Aveva detto a faith proprio una cosa del genere.
E non se ne era mai pentita.

C'era Tara, sulla porta.
Scusami, la sentì balbettare, non sapevo fossi qui.
"tara…" - dopotutto era la sua camera adesso - "Perdonami. Entra, entra pure. Avevo bisogno di cambiarmi…"
"Dio, Buffy…" - Tara le guardava le braccia, il seno - "dovevi dirlo delle ferite…"
"Non ci ho pensato. Io e dawn le abbiamo medicate." - replicò con un'alzata di spalle - "Guariranno…"
"Ti resteranno delle cicatrici." - tara fece un passo avanti e protese la mano. Avrebbe voluto sfiorarla, ma non era certo di potere - "Se vuoi posso provare a farle sparire."
No!altra magia sul suo corpo! no!
Si girò, ostentando una normalità che non sentiva, buttando un'occhiata che avrebbe voluto fosse incurante alla propria immagine.
"No…" - rispose - "Non sono certa di volere che se ne vadano…"
"Buffy… le cicatrici sul tuo corpo non servono a ricordarmi cosa ti abbiamo fatto."
"vorrai dire ricordarti…"
"No, Buffy. a me basta guardare la tua espressione per sapere a che cosa ti abbiamo condannato…"

La voce di Tara. Doyle rallentò, passando davanti alla porta, mentre Spike finiva di salire le scale.
Gli fece un cenno di tacere.
Solo un attimo, per sentire con chi stava parlando Tara.
Aspettando la voce di Buffy.
Sentendola.
Per riprendere a camminare, con un sorriso soddisfatto. Fino a raggiungere Spike.
"Adesso origli anche?"
"No, si da il caso che mi accerti della disposizione dei pezzi sulla scacchiera…"
"Non puoi parlare come un normalissimo demone?"
"Guarda che non è delitto se ogni tanto stai zitto…"

"Cosa intendi dire?" - domandò, voltandole le spalle.
"Sapevo i rischi che Willow correva, a provare a riportarti in vita. Potevi non essere più tu… eppure siamo stati fortunati. Sei tu. Sei tu realmente…"
"Ne sei sicura?" - domandò, afferrando la dolcevita che aveva steso sul letto.
"sei tu, Buffy. sei tu, in tutto e per tutto. Non ha a che fare con il rimpianto che senti…"
"Cosa ne sai…"
Non voleva essere dura. Non voleva trattar male Tara. Voleva solo nascondersi…
Nascondersi…
Come fa solo chi ha paura.
Paura…
"Ho paura, Tara. Ho tanta paura." - si voltò e la guardò, scivolando a sedere sul letto, portando ancora la mano a stringere la gola - "Io non so più chi sono veramente. La mia vita è qualcosa che sfugge, così completa quando l'ho lasciata da…"
Non sapeva come spiegare quello che provava. Le sarebbe bastato confessare la completezza che aveva abbandonato. Ma non voleva, voleva serbare per se stessa almeno quel segreto, in una vita che ora più che mai sembrava pilotata da qualcun altro.
"Ho tentato di dirlo a Willow." - gli occhi di Tara erano sinceri e tristi - "Ho provato a dirle che non poteva essere certa di ciò che avevi trovato da… dall'altra parte. Ma Willow crede così tanto alla magia da non ricordare che c'è altro oltre lo spiegabile…."
Oltre lo spiegabile.
Per Tara era sempre stato così. La magia come caratteristica umana e naturale.
E poi il sovrannaturale.
La magia e il reale, come due componenti simili e mai in contrasto.
La magia era il suo più grande talento. Un talento da allenare, ma non da nutrire a suon di testi, come Willow.
"Io credo a molte cose. E più ancora a quelle che non comprendo. Io credo in te, Buffy. credo in te e non smetterò mai di pentirmi per quello che ti abbiamo fatto… perché intravedo il paradiso perduto ogni volta che ti guardo."
Tara piangeva.
Si copriva la bocca con la mano, come per fermare le parole. Con una mano tremante, come se di colpo di concedesse un'agitazione che provava ormai da tempo.
Avrebbe dovuto piangere Buffy. Invece i suoi occhi erano asciutti, colmi soltanto di stupore.
Povera Tara. Ancora una volta, dalla morte di sua madre, Buffy scopriva una profonda affinità con quell'eterea ragazza bionda che sapeva farsi amare da tutti.
E, per quanto fosse il suo amore, era incapace di negare i torti di Willow.
L'aveva assecondata solo per il loro legame. Non perché fosse giusto.
Perché era più brava a sopportare il rimorso che il rancore.
"Buffy… io potessi ti chiederei di perdonarmi. Ma la verità è che so di non meritarmi nulla, per quello che ho fatto… per quello che abbiamo fatto. Le mie colpe sono le stesse di Willow. E più ancora… perchè sapevo. Ti chiedo solo di accettare il mio aiuto. Lascia che ti aiuti."
Buffy annuì. Non aveva parole per fermare le lacrime di Tara. Egoisticamente non voleva sollevarle quel peso dal cuore.
Ma voleva il suo aiuto.
Non avrebbe mai saputo dire quanto desiderasse il conforto di quella ragazza.
Per non sentirsi più sola.
Perché mai più lei e willow si sarebbero parlate come un tempo. Willow era rimasta intrappolata nella vecchia vita di Buffy.
Adesso l'adolescenza era veramente finita.
Scoprendo la morte erano finiti i sogni.
Tara lo sapeva bene. Con sua madre aveva sepolto ogni dolcezza.
Mai nessuno avrebbe riempito quel vuoto nel suo cuore di bambina.
E Buffy avrebbe portato lo stesso nulla in fondo all'anima.
"Tara, aiutami."
Sì.
L'avrebbe aiutata. Si abbracciarono, unendo i loro battiti imperfetti. Cercando, una nell'altra, quel frammento di incomprensibile.
"Avrei voluto che ti ascoltassero, tara." - sussurrò Buffy - "Ma ormai non posso più tornare… là. Non potrò per molto tempo. Lo sento che torna… sta tornando il mio fardello. Sta tornando a me.
presto sarò nuovamente la cacciatrice."

Questo è il motivo di questa mia rabbia?
Tanto a lungo ho atteso di sentir scivolare via l'obbligo…eppure presto le vicende di Sunnydale lo poseranno nuovamente sulle mie spalle.
Le cronache parleranno ancora di me.
Il tempo scivolerà con l'inchiostro.
Riempirò ancora pagine con le mie avventure.
Perché sono la cacciatrice.
E sono la Prescelta.
Non si sfugge al proprio destino…
Angel…
Angel, tu eri il mio destino.
Eppure ti ho perso.
Ho perso te. Ho perso la mia morte.
Ed il girotondo mi imprigiona ancora…

Domerò questo caos.
Ancora.

"Anche Tara è una prescelta?"
"Sì, Spike. lo è. Hai visto quante stelle, questa notte?"
"Nuova tecnica per eludere le domande."
"No." - Doyle non smetteva di tenere lo sguardo alzato verso il cielo - "Credevo però che voi poeti ci parlaste con le stelle…"
"Seee… e da quando sarei un poeta?"
"Da tempo… cosa volevi sapere di tara? - tanto valeva accontentarlo… lasciare le stelle dove erano. Si voltò, con le mani in tasca e lo sguardo allegro.
"Niente. Solo se era una prescelta."
"Non vorrai fissarti a trovare una risposta in tutto…."
"Come no. Con te che prima dici che non abbiamo un perché e poi che siamo predestinati? Risparmiami il nuovo discorso. Ne ho abbastanza…"
"E come al solito smanii di tornartene a LA?"
"Più o meno. Guarda chi arriva…"
Dawn percorreva il vialetto con i libri sotto il braccio. Con lei arrivava Willow.
"Ciao. Le pecorelle tornano all'ovile…" - commentò Willow, fermandosi. Dawn stava sussurrando qualcosa all'orecchio di spike.
"sei sicura?" - mormorò, chinando la testa per guardarla annuire seriamente.
"Starai attento?"
"Come sempre…"
"Ti chiamo…"
"Ti chiamo io. Penso che andremo a dormire a casa di Angel."
"Siete in partenza?" - chiese Willow.
"Non ancora. Dobbiamo ancora aggiustare alcune cose." - commentò doyle - "Domani, forse. Comunque possiamo fare che salutarci."
"Ah sì?" - Spike si voltò a fissarlo, interrogativo.
Domani torniamo a Los Angeles?
"Direi di sì. Domani notte." - Doyle tornò ad alzare lo sguardo alle stelle, sempre più brillanti mentre calavano le ombre - "Se saremo fortunati, ci saranno ancora più stelle… ed ecco che giungono le comete."
Dapprima questo commento sfuggì a tutti loro.
Bastò veder voltare Doyle, per sapere a cosa si stesse riferendo. Tara e Buffy scendevano insieme le scale.
Affiancate, per la prima volta.
Tara aveva sempre camminato un passo dietro la cacciatrice. Willow fu la prima ad accorgersene.
La prima ad intravedere il cambiamento avvenuto in lei.
Era veramente luminosa.
Come se splendesse dall'interno.
Doyle le impresse nella mente, così come erano, così come erano ai suoi occhi. Cacciando quella agghiacciante consapevolezza ancora lontana dalla sua realizzazione. Il tempo.
Tara avrebbe avuto ancora il tempo necessario a completare la sua missione.
E nulla più.
Nessun dolore.
La risposta sfrecciò nello squarcio della sua angoscia.
Se ne sarebbe andata senza dolore.
Sarebbe scivolata via all'inizio di una nuova stagione d'amore. E le sarebbe stato risparmiato il disastro che già incombeva sulle vite di tutti loro.
Le guardò giungere sotto il portico.
La guardò avvicinarsi a Willow, sfiorarla timidamente. E conquistarla ancora, con la sua purezza.
Conquistare tutti loro.
"Stiamo qui tutta la sera?" . Buffy saltò giù da gradino e si girò a fissarli.
A fissare loro che la squadravano allibiti.
Era lei.
Adesso era veramente lei.
"Buffy… ti vedo bene." - sorrise Willow con quell'esitazione che la caratterizzava.
Grazie. Le rispose serafica la cacciatrice.
Era la prima volta che riusciva a guardare l'amica negli occhi senza sentirsi travolta da ricordi indesiderati.
Non si illudeva di dimenticare. Forse, a dire il vero, le illusioni erano rimaste in un'altra vita.
Ma aveva realmente avuto un'altra vita?
Non era sempre la stessa?
Non era la solita vita che continuava?
Spostò lo sguardo su Doyle.
E attese.
Attese il suo sorriso.
E Doyle diede una luminosa conferma alla luce che vedeva.

XII
Il cimitero di Sunnydale…
"Il più grande pregio della ronda con Angel è che non mi porta per deprimenti cimiteri."
"Avevi solo da non venire…"
"Se devo essere accoppato in un cimitero, è inutile girarci intorno."
"Io non ho mai detto che ti accoppavano."
"Giusto. Per cui non fare il drammatico."
"Taci cacciatrice. Socializza con Doyle e lasciami in pace."
"Spike, non essere teso. Non morirai."
"Un'altra visione?"
"No. La consapevolezza che se ti torcono un capello, Angel mi farà molto male."
"Non esserne certo. Gli ho perso la cacciatrice…"
"Allora è colpa tua…"

ecco fatto.
A forza di fare il duro, gli era sfuggito di bocca.
Si era dimenticato di Buffy che camminava dietro di lui, intrecciando le mani dietro la schiena. Tra le dita reggeva un sacchetto di carta scura, con il pranzo di Spike. Erano passati a recuperarlo prima di cominciare la ronda, ma il vampiro non si sentiva in vena di banchettare.
Tutto ciò che poteva accadere, non gli sarebbe piaciuto. Di questo era certo.
Desolatamente certo.
Passato prossimo e futuro immediato erano entrambi poco radiosi.
Notte.
N un cimitero
A cercare una cacciatrice.
In compagnia di un'altra.
Sotto lo sguardo indagatore del custode di suo fratello.
Suo fratello…
Si fermò di botto, aggrottando le sopracciglia. Da dove era venuto fuori quel pensiero?
Perché appioppare ad Angel quella definizione? E senza nemmeno ce avesse fatto nulla per meritarla…
Da qualche parte, nella sua mente, era sfrecciato un pensiero. Un pensiero svanito in un lampo.
Qualcosa che aveva a che fare con Angel.
Qualcosa…
"Allora! Cosa hai fatto a Faith?"
"Chettifrega." - le rispose, distrattamente.
Inutile, del tutto inutile. La cosa importante era svanita.
Tanto valeva rispondere a Buffy, che già si preparava a lavare con il sangue la lapide a cui si appoggiava.
Il sangue della sua cena.
Ed anche un po' di quello di Spike.
"Abbiamo litigato." - sbottò - "Ti basta?"
"Sono piuttosto curiosa di sapere cosa tu le abbia detto per provocare questa reazione."
"Per godere delle bastardate che sono riuscito a inventarmi?"
"Ho molta esperienza riguardo alle parole che usi per ferire la gente. Credevo solo che l'anima…"
"Ma che cosa credi!"
Nel momento stesso in cui si voltò, andando quasi a batterle contro. Doyle riprese a camminare. Non voleva più saperne niente del loro continuo cozzare.
Lontano….
Non troppo, però. Iniziava a trovarli curiosi.
"Mi dici cosa ti fa pensare che un'anima renda buoni e caramellosi? Ti sembro un cucciolone? Questa idea bacata ti è venuta fuori dal fatto che Angel sia un tipo molto educato? Ma guardati intorno!"
"E cosa dovrei vedere, se mi metto guardare intorno?"
"Potresti scoprire come anche i dotati di anima possano essere stupidi, bastardi o crudeli! Dimmi che non hai mai parlato a vanvera in vita tua! Oh, no, certo, quando mai la bionda e perfetta cacciatrice ammette le sue colpe! Mai! Eppure sale in cattedra, pontifica e trae conclusioni di cui non sa un beneamato nulla!"
"Ma vuoi prendertela con me? guarda che se continui così, io di persona ti darò una mannaiata tra le scapole!"
"accomodati! E fallo dal lato del manico, per favore. Così ti liberi di me una volta per tutte!"
"Ma si può sapere da dove tiri fuori tutte queste scemenze?"
"Dall'anima, ovviamente."
Lo disse con un tale tono esasperato, che Buffy ebbe, per la prima volta in vita sua, un moto di solidarietà nei confronti di Spike. Non aveva voglia di litigare, lo stava facendo solo perché era Buffy a volerlo.
Come se fosse più facile accontentarla.

Stava ancora brontolando qualcosa, ma Buffy aveva perso il filo del discorso.
Adesso era ben stufa di quel giochino idiota che portavano avanti da ore.
Fece un passo avanti e tese le braccia.
Posandogliele entrambe sulle guance.
Facendogli perdere il filo del discorso.
Le mani sulle sua guance.
Un gesto che Doyle le aveva insegnato.
"Spike, vogliamo piantarla una volta per tutte con queste litigate?" - chiese, fissandolo dritto negli occhi.
Senza neanche immaginare cosa passasse per la mente di Spike.
Sentendo solo i suoi occhi chiari sfiorarle le ciglia.
"Siamo abbastanza grandi da sapere quali sono i nostri torti, uno verso l'altro. Io dubito che smetteremo mai di discutere in questo modo, ma puoi lasciarmi, per una volta, provare a capirti?"
Attese una risposta, fissando le sue sopracciglia aggrottarsi. La stava soppesando.
Non era certo di volerle rispondere positivamente.
Questo poteva vederlo.
Il suo litigare era un modo di tenersi alla larga. Non gli andava per niente quella vicinanza. Si sentiva invischiato, un po' attratto ed un po' respinto.
Forza, Buffy, si incoraggiò.
Tanto a quanto pare, infinocchi benissimo anche il destino!
Nessuno ha detto che devi sempre litigarci, con spike…
Ed i vampiri con l'anima ti piacciono troppo.
Non riuscì a trattenersi dal sorridere, per quell'ultima constatazione.
Ed il risultato fu incredibile.
Spike la contemplò, mentre la luce, scaturendole da dentro, le addolciva i lineamenti.
"Che hai da ridere?" - le sussurrò.
Non c'era nessuna recriminazione nella sua domanda.
"Nulla. Solo un pensiero birichino…" - replicò, lasciando che una fossetta le si accennasse sulla guancia - "Allora, vuoi provare a fidarti almeno per un paio di minuti? Metto da parte le mie frasi pungenti su Faith e tu mi spieghi cosa è successo."
"E perché ti vuoi sforzare in questo modo?"
il suo tono era graffiante.
Ma non si muoveva. Restava immobile, stretto tra quelle mani calde.
E non riusciva a pensare ad altro che al fatto di vedere Dawn, per la prima volta, sui lineamenti di Buffy.
Era sempre stato l'opposto.
Buffy in Dawn.
A ricordargli un amore impossibile ed una morte ingiusta.
Quando viveva a Sunnydale. Ed anche quell'estate, quella lunga inutile estate di dolore. ed ora non c'era più la Buffy dei suoi sogni, la Buffy da amare e stringere appassionatamente.
C'era solo la sua piccola Briciola.
Forse c'era sempre stata Dawn scolpita in Buffy.
Dawn, creata dai monaci, creata dai geni di Buffy ad arte.
Oppure sempre rimasta nascosta in lei, in attesa che qualcuno unisse la luce alle tenebre.
Che strano pensiero…
La Luce della Chiave scritta nel sangue nero inchiostro della cacciatrice.
"Perché siamo amici."
"E da quando?"
Adesso le sorrideva. Senza levare le mani dalle tasche del trench.
"Da molto tempo, credo. Ma l'ho capito solo quando ti ho visto con la mia sorellina tra le braccia… lassù… mentre cadevo."
Solo adesso lo ricordava bene. Solo adesso lo ricordava, affacciato da quella torre. Aggrappato a fatica alla struttura metallica, con Dawn che si divincolava urlando.
"è la cosa che abbiamo in comune, non credi?" - constatò, pacato.
"Penso di sì. Posso non esserne molto contenta ma…" - aveva cercato di usare un tono leggero, ma la verità le stava di nuovo uscendo dalle labbra - "Ma non avrei mai saputo chi meglio di te poteva capirla."
Si è sempre fidata più di te che di me…
"Buffy." - rispose - "Non avere mai paura di quella che c'è tra me e Dawn. Non potrò mai farle del male. E… e non ho fatto nulla per allontanarla da te."
Nemmeno io avrei mai voluto allontanarmi da te.
"Vuoi veramente sapere cosa ho fatto a Faith?"
Posso veramente dirtelo?
Posso rischiare a spiegarti che ho messo Faith in pericolo per una stupida debolezza mentale?
Posso veramente fermare questo girotondo isterico di eventi che si ripetono con questa semplice realtà?
"Non mi sono mai perdonato di averti visto morire. E non ho accettato questo tuo ritorno. Dovevo prendermela con qualcuno e me la sono presa con Faith. Non importa realmente cosa le ho detto. Me ne vergogno, non c'è altro da dire."
Adesso che finalmente aveva iniziato a parlare, le mani di Buffy si mossero, scivolando sul risvolto, provocandogli un brivido come solo la calda pelle umana poteva provocargli.
Scivolarono e si posarono sulle spalle, lisciando la pelle della giacca.
Descrisse pacatamente la situazione incontrollabile in cui lui e Faith erano caduti.
E quando terminò, si avviarono in silenzio, per raggiungere Doyle.
Senza aspettare un vero commento o una frase pungente. Non c'era nulla d aggiungere a ciò che già era stato detto.
"Ti abbiamo fatto aspettare." - si scusò Buffy, affiancandolo e lasciando che Spike camminasse da solo qualche minuto, per smaltire le sue confessioni.
Si sentiva leggera.
Un altro tassello a posto, avrebbe commentato pacatamente Giles.
E la nostalgia per il suo Osservatore non rovinò quel senso di benessere.
Sorrise a doyle e si incamminò, sfilandogli di mano il sacchetto del macellaio.
Senza una parola, gustando ancora quell'attimo di intimità sincera in cui non aveva mai creduto.
"Tu credi nei miracoli, doyle?" - sussurrò, sperando che spike non la sentisse.
"Certo." - mormorò lui - "Soprattutto da quando mi capita così spesso di vederli accadere…"

"Ehi, ma certo!"
"Niente è certo…" - replicò una voce meditabonda alle sue spalle.
"Ti prego, risparmiami…" - si voltò alzando gli occhi al cielo.
Prima di fissarli meglio, su un punto alle sue spalle.
E scattando verso di lui.
Fulminea, prima ancora che Doyle finisse di ruotare su se stesso.
La polvere li investì entrambi, facendoli tossire.
"Fatto." - mormorò, spolverandosi i vestiti - "Due vampiri in meno, ma niente mannaia. Falso allarme."
"Come ne sono contento." - ribattè Spike, strofinandosi gli occhi per liberarli dalle ceneri dei suoi simili.
"Accontentati." - replicò Buffy, con un'alzata di spalle - "Stavo dicendo che credo di sapere dove sia Faith…"
Seguitò parlare ancora un secondo, prima di rendersi conto che stava camminando da sola.
Si girò, per vederli fermi.
Spike si era bloccato con lo spolverino a mezz'aria, mentre lo sollevava per ripulirlo.
E Doyle, invece, in posa maschilmente perplessa, gli stava a fianco, con le mani in tasca e l'espressione interrogativa.
"E come sei giunta a questa illuminazione?" - l'accusò Spike.
"Nel momento in cui mi hai detto da cosa fuggiva Faith, ho capito dove potrebbe essere andata. Se è venuta qui a Sunnydale lo ha fatto per un buon motivo. Giusto?" - e visto che entrambi annuivano - "Sunnydale è stata una tappa molto importante per Faith ma non il punto di partenza. La sua fuga è iniziata dalla morte della sua Osservatrice. Faith è scappata da là ed è venuta a Sunnydale. Ed è qui che ha cominciato ad avere quell'incubo…"
"Quale incubo?"
"Quello della fossa. Faith sognava di essere inseguita e di cadere dentro una fossa, in un cimitero. L'inseguitore cambiava sempre. Ma mai la fossa."
"Non capisco come tu possa saperlo."
"Non è un segreto. Si svegliava urlando. Chiunque abbia dormito con lei lo sapeva. Ed allora l'abbiamo fatto in parecchi." - aggiunse, pensando a Xander che strisciava i piedi ammettendo una galeotta notte fuori casa a metà di un'apocalisse - "Diceva sempre che un incubo del genere era un buon motivo per restare svegli."
"Non so quante volte ho sentito ripetere questa frase." - commentò Spike cupo. Avesse dovuto cedere ad un sentimento, si sarebbe sentito seccato per non essersene ricordato - "Diceva di aver sognato di uscire dalla fossa una volta sola, risvegliandosi dal coma."
"Lo so." - annuì Buffy - "Me lo disse Riley, dopo la notte in cui…in cui Faith era me."
non le piaceva dover rivivere quel momento. Ma lo fece ugualmente.
E Spike le fu intimamente grato di questo.
"Io chiesi a Riley tutti i particolari, per vedere se qualcosa poteva condurmi da lei. E tra i tanti, mi riportò questa frase. Per lui non aveva senso, ma io non impiegai molto ad associarlo alla questione degli incubi. Solo che poi accantonai l'informazione. Per me, non aveva significato. Non quanto ne aveva per Faith."
"Allora quello è stato il momento della risalita." - Doyle sfilò una mano dalla tasca per sottolineare il suo ragionamento - "Faith è tornata dal coma per avere la sua seconda possibilità. Dunque se Faith non è venuta a Sunnydale perché ritiene che qui siano cominciati i suoi guai…"
"Allora è venuta a cercare il perché che le aveva permesso di risalire." - concluse Spike. La sua mente stava viaggiando rapidamente su quella che sembrava la strada giusta - "Simbolicamente la fossa. Sunnydale doveva essere la sua tomba e non lo è stata. Faith è qui perché ha bisogno di credere che questo sia il posto da cui può risalire. Non quello in cui è caduta…"
Come Buffy, del resto.
Dannazione… ha fatto così tanto per risalire e guarda cosa le ho fatto…
Non si accorse di averlo detto, fino a quando non sentì i loro occhi puntati addosso. E si girò, per dominare l'imbarazzo con l'aroma di una sigaretta.
Una boccata. Una singola boccata prima che l'urlo spaventato di Buffy gli facesse dimenticare l'irritazione. Gettò la sigaretta e si protese.
Per un attimo temette di avergli spezzato le clavicole, nell'interrompere il suo barcollare per addossarlo al sarcofago alle sue spalle.
"Buffy, allontanati." - ansimò Doyle, cercando di comprimersi le tempie.
Inarcandosi indietro ed urlando.
Buffy ubbidì prima ancora di capire quale fosse la motivazione.
Arretrò, fino trovarsi a qualche metro da loro.
Nemmeno Spike toccava Doyle. Seduto sui talloni, a mani intrecciate, non gli staccava gli occhi di dosso.
Ma era impotente.
E non potè far altro che lasciare che quelle urla gli riempissero la testa.

Correva.
Correva cosi veloce da sentire l'aria bruciarle la gola.
Ancora un metro.
Ancora un metro e sarebbe crollata.
Ma lo raggiunse.
E le bastò un colpo per sfondargli la cassa toracica.
Cadde in ginocchio e sputò il sangue e le ciocche di capelli che le si erano incollate la viso.
Si voltò, senza neanche prendere fiato e sopportò il colpo che la sorprese sulla spalla, mentre si gettava a capofitto a colpirlo in centro al cuore.
I suoi alleati stavano arrivando. Ed anche se erano troppi, non aveva paura di loro.
Prima i vampiri. Poi i demoni.
Morivano tutti.
Prima o poi.
Urlò, forte.
E sentì la sua rabbia librarsi tra di loro come una stoccata.
Prima di cadere, sotto un altro colpo.

"No no no no."- gridò Doyle.
Si afferrò alla giacca di Spike e lo scosse , facendogli battere i denti, senza neanche vederlo, con lo sguardo vitreo. Sentì le mani gelide del vampiro serrarsi attorno ai suoi polsi.
E si bloccò.
Continuando a scuotere la testa.
Muto.

Il sapore del sale.
Il sangue che si mischiava alla terra.
Rialzò la testa quel tanto che bastava da smettere di raccogliere la sporcizia con le labbra.
Non subì un altro attacco.
Il torpore svanì, mentre Doyle la incitava a rialzarsi.
Lo sentì, limpido, urlare nella notte.
Sentì i loro dolori mischiarsi. E colpì, ancora, ancora.
Senza riuscire a rialzarsi, fino a battaglia finita.
L'ultimo massacrato cadde su di lei, facendola gemere. E temere di non riuscire a liberarsi.
Strisciò fuori da quella radura divenuta fossa comune.
E si afferrò ad una delle piante, capovolgendo il vaso in pietra grigia. Aggrappandosi al piedestallo ed issandosi in piedi.

"Se ne sta andando…" - singhiozzò. - "Spike, sta andando via."
"Doyle. Doyle, no. Non mi metto a correre in nessuna direzione." - ribattè Spike, posandogli un palmo aperto sulla fronte e spingendolo nuovamente ad appoggiarsi. Intridendo le dita di sudore - "Respira lentamente. Fa piano."
La mano sulla fronte gli strappò un gemito.
Il futuro. Ancora il futuro.
Spike, le sue braccia. Lo schizzo del suo sangue che si levava alto, incoronandolo di fuoco.
Spike levò la mano di scatto e si alzò in piedi. Arretrò, senza girarsi, fino a sbattere contro la lapide.
"Ma perché gli sta succedendo questo." - annaspò - "Non aveva mai subito…questo."
Si guardò la mano, disperato. Gli aveva fatto del male, con un semplice contatto della pelle.
Una mano calda strinse la sua.
Forte.
"Aspettiamo, Spike. aspettiamo insieme." - sussurrò Buffy, lasciando che i loro sguardi smarriti si incontrassero.

Minuti.
Minuti densi.
Doyle strappò un ciuffo d'erba con le dita, lasciando che il profumo gli risvegliasse la mente intorpidita. Aprì gli occhi, sbattendo più volte le palpebre.
Mettendo a fuoco la brace della sigaretta.
Come se fosse un piccolo faro.
Addossati ad una lapide, poco lontano, sedevano Buffy e Spike. le loro mani erano unite. Strette nella stessa angoscia.
Ma Doyle non poteva vederle. Poteva solo sentirle.
Non gli dissero nulla, mentre lo fissavano che inspirava aria molto lentamente, come se gli costasse fatica, tossendo e comprimendosi il torace.
"è …passato."
No ne era veramente certo. Ma voleva crederci.
Nessun dolore poteva far perdere alla voce di Doyle l'intonazione gentile.
Nemmeno adesso che, bugiardo evidente, dichiarava di stare bene.
"Spike, mi offri una sigaretta?" - aggiunse, tendendo la mano.
Spike avrebbe preferito di gran lunga tirargli il pacchetto e restare a debita distanza. Eppure si alzò, riluttante e camminò verso di lui, mentre Doyle si rimetteva in piedi.
Per completare la farsa del tutto finito.
Tese il pacchetto tenendolo in punta di dita.
E rimase paralizzato quando Doyle gli afferrò un polso e lo strinse con forza.
"Lo vedi?" - ansimò - "Non mi fai del male se mi vieni vicino. È tutto passato, Spike."
Congelati. Gli occhi di Doyle si fissavano duri in quelli di Spike. Non stava mentendo, questa era l'unica cosa certa.
Spike annuì, stringendo la mascella, prima di abbandonarsi ad un sorriso un po' tirato. Fece ancora due passi e lo sorresse, passandosi un braccio attorno alle spalle.
"Vale anche per lei?" - domandò, indicando Buffy con il mento.
"Lo spero…" - mormorò, sedendosi nella piccola radura dove Buffy li stava aspettando - "ragazzi, sarà meglio che io vi spieghi due cose…"
"Facciamo anche quattro."

Le tempie gli pulsavano. E la gola era secca.
La sigaretta non gli avrebbe fatto bene, ma era meglio di niente.
Si sentiva di nuovo un novellino, come i primi tempi delle sue visioni. Quando pochi secondi bastavano per metterlo fuori gioco per ore. Per fargli rivoltare lo stomaco e sanguinare il naso.
"Sto giocando con cose che non dovrei toccare." - mormorò, spingendo il fumo fuori dai polmoni.
"Del tipo?"
"Le cacciatrici. quello che faccio qui esubera un po' dalle mie incombenze…no, così no va… cerchiamo di renderlo più semplice."
"Ti ascolto." - sospirò rassegnata Buffy. sedeva di fronte a lui, piegando le ginocchia e stando ben attenta a non toccarlo neanche con un dito.
"Non sto per darmi alle grandi rivelazioni. Si tratta di mettere insieme tutte le informazioni che abbiamo. Tutte." - Doyle schiacciò il mozzicone contro il granito della lapide. In effetti il fumo non lo aiutava - "e buttiamola sul metafisico. Scommetto che troveremo più connessioni."
"Da capo dunque. Come è cominciata." - Spike sedeva dietro Buffy, direttamente sul sarcofago. Dondolando gli anfibi - "è iniziata con la telefonata di Dawn che mi avvertiva del ritorno di Buffy."
"perfetto. Stop. La tua resurrezione, Buffy, a quanto ne sappiamo, ha cause magiche ed è uno stravolgimento del destino contro natura. Tu non sei tornata con le tue forze, ma ti hanno riportato indietro. Ad ogni causa un effetto. Willow ha scelto per te e non si è posta questo problema. a lungo andare ci sarà qualcosa per bilanciare le sue azioni."
Oddio…. Tara. Adesso capisco…
"Faith potrebbe essere la conseguenza del mio ritorno? morirà per bilanciare?"
"E' possibile… ma non inevitabile. Se così fosse, i vostri destini divergerebbero. Tu stai andando verso la vita e lei verso la morte.
Ed il vostro legame si interrompe.
Invece tu e Faith continuate ad essere intimamente legate. State andando nella stessa direzione."
"Ovvero entrambe verso la risalita." - commentò Spike - "fatemi capire. Willow sceglie per Buffy. La riconduce qui. Io scelgo per Faith e la riconduco…"
"Anche lei qui. Nel posto in cui esiste una tomba per lei che si è riaperta quando probabilmente pensava di non poter più risalire. Proprio come me." - aggiunse Buffy. questa conversazione stava riacutendo il rimpianto che Faith era sempre stata nella sua vita. L'amica con cui dividere un peso troppo grande. La ragazza piena di esitazioni dentro una scorza dura.
In certi momenti le sembrava di non poter realmente provare per lei l'odio che credeva.
"Esatto. Willow e Spike hanno fatto qualcosa di grave senza essere veramente consapevoli. E sappiamo che nel loro futuro c'è una ritorsione per questo fatto."
"Ne sei certo? Hai parlato solo del mio futuro…"
"In effetti, Spike, ho parlato solo di te. Ma credo di aver intravisto qualcosa anche per Willow. Solo che per lei non posso fare nulla. Non mi permettono di fare niente." - pagherà un amaro prezzo. Più grande di quello che ognuno di noi può immaginare. Dolore per dolore. Morte per morte - "Mi dispiace Buffy."
La ragazza annuì, abbassando lo sguardo. Rimase in silenzio e pregò di tutto cuore di poter evitare a Willow la punizione.
Si fosse trattato di muovere cielo e terra.
"perfetto. Sono un carnefice."
"No." - Doyle sorrise nel sentire il tono con cui Spike si apostrofava - "E stato un errore di sopravvalutazione. Non ti sei ricordato che le Cacciatrici non sono dure come sembrano."
"Anche Willow tende sempre a credermi più di quello che sono…" - lo confortò Buffy, con un'alzata di spalle. Posandogli una mano sul ginocchio con una carezza confortante - "è normale… poi i fatti dimostrano che ci rialziamo…"
"E su questo, Buffy ha perfettamente ragione. Faith è qui in pellegrinaggio, per vedere dove è iniziata la risalita. Ha fatto cose di cui si vergogna, uscendo dal coma. Ma ciò non toglie che tutti, all'inizio della nostra redenzione facciamo cose sbagliate…."
Adesso Doyle parlava solo per Spike. con giri di parole, cercava di comunicargli ciò che Buffy stava rivivendo.

Solo Buffy poteva capire la situazione in modo innato.
In un gioco di botta e risposta.
Faith risale dal coma, risale da una fossa.
Buffy che risorge, scavando per uscire.
La pioggia per Faith.
Il fuoco per Buffy.

Entrambe a caccia delle loro origini.

Faith stava rivivendo la sua risalita nel riflesso di quella di Buffy.
Come aveva fatto Buffy, ritrovandosi nel corpo di Faith.

Era complicato. Continuava a sfuggirle il nesso. Il presente ed il passato si confondevano in una montagna di particolari.
Troppi, per una sola notte.
Sospirò e scosse la testa.
"Non riesco a venir a capo di nulla." - constatò - " ci sono troppe… relazioni."
"hai ragione." - concordò Doyle - "Vorrei anch'io rimanere alla superficie delle cose, ma ho qualche difficoltà. Parte di questo casino è colpa mia. Io sono connesso a questo sbalzo. mi sono relazionato a te, Buffy, e sono divenuto un tramite tra te e Faith. Ogni tuo passo nella risalita acutizza il tuo legame con faith. Ed io, se mi trovo abbastanza vicino, divengo un canale.
Tu e lei mi percepite allo stesso modo."
"mi stai dicendo che faith ti può sentire?"
"Credo di sì, Spike. questa volta ho provato a trasmetterle la forza necessaria per reagire, quando l'ho vista cedere. E questo mi ha reso più vulnerabile a te…"
"Perché sei entrato in contatto con lei. È possibile Doyle. Il contatto che hai avuto adesso con Spike…"
Doyle la guardò, mentre una nuova consapevolezza si avvicinava.
"Credo che tu abbia centrato il punto. Ho visto nuovamente Spike perché è in relazione con Faith. Come stamattina l'ho visto, in relazione con Willow. Ma certo! Come ho fatto a non pensarci prima!è un gioco di corrispondenze molto strette da cui
io traggo le visioni. Willow e Spike, Buffy e Faith. E poi ancora Faith e spike e Buffy e Willow…
io potrei collocarmi al margine del campo, con una funzione di guardiano. Con la possibilità di interagire con tutti i componenti…
A grandi linee potrei corrispondere a dawn… l'unica con cui non ho relazione diretta. Il mio opposto, in un gioco di equilibri del tipo lei e Spike…."
"tu ed io… oppure tu e faith" - concluse Buffy.
"non mi stupirebbe se dawn avesse anche un contatto importante con willow. Oppure che l'abbia già avuto…"
Dawn come guida per i carnefici e Doyle come guida per le vittime.
Adesso il gioco iniziava a prendere una forma.
Due vittime, due carnefici e due consolatori.
Spike socchiuse gli occhi, cercando di ricordare.
"In effetti Dawn mi ha detto qualcosa, stasera. Qualcosa riguardo ad una conversazione con Willow…" - aggiunse pensoso - "Non so di cosa abbiamo parlato. Mi ha detto solo di stare attento. Che le forze di sunnydale sembravano stranamente spaccate."
"Probabilmente perché stanno convergendo verso due catalizzatori." - commentò Doyle pensoso - "Due cacciatrici…
Possiamo quindi supporre che anche questa parte del gioco si sia completata…
Le azioni singole non contano realmente. Ma i nostri percorsi avvengono sulla falsa riga uno dell'altro. Tara è invece una radice per gli eventi futuri…"
"Per Buffy. E per faith, non vedi nulla?"
"Non sto vedendo nulla per nessuno Spike. Ma non mi stupirei che il corrispondente di Tara fosse il nostro Wes."
"perfetto. E adesso, dopo tutte queste elucubrazioni, che facciamo?"
"Ne sappiamo più di quanto immagini. Ad esempio, adesso è certo che si è compiuta una relazione anomala tra te e Buffy."
"Che tipo di relazione anomala?"
"Non mi fraintendere Buffy. una relazione nel senso di contatto. Tu e Spike vi state scontrando e riappacificando da quando vi siete rivisti. E con una ciclicità impressionante. Ma questo non sta accadendo tra Willow e Faith… come si può spiegare una cosa del genere?"
"Non si può pensare che debba ancor accadere?"
"Non penso. Una cosa è certa. Siamo riusciti a delineare solo le corrispondenze immediate. Ovvero tutti coloro che sono entrati in contatto da quando io e Spike siamo arrivati a Sunnydale. Dopo la caduta di Faith e quella di Buffy. Possiamo anche parlarne in questi termini…."
"La caduta dalla grazia, prima di cominciare a risalire." - commentò automaticamente Buffy, con lo sguardo fisso.
Spike non si mosse. Nulla trasparì dal suo atteggiamento. Solo l'impercettibile dilatarsi delle pupille trasmise a Doyle la nuova verità che Spike aveva captato.
Da lui non ci si poteva aspettare di meno. Adesso sapeva che Buffy non aveva conosciuto l'inferno dei dannati.
E serbava per sé quel segreto che nessuno gli aveva mai detto, soffocando il desiderio di esprimersi in un'altra boccata di fumo azzurrognolo.
"vediamo di capire…" - Doyle chinò lo sguardo e tracciò uno schema nella polvere - "possiamo rappresentarlo così…"
si protesero entrambi verso di lui, mentre applicava una delle tecniche migliori di Westley. Il disegno. Uno schema. Un esagono stellato, in cui ogni linea era una relazione ed ogni vertice una figura.
Al di fuori dell'esagono rimanevano collocati Wes e Tara. Come giocatori in attesa della loro mossa.
"Attorno potremmo tratteggiare un infinito insieme di connessioni. Ma questo esagono e quello che veramente ci interessa al momento. Tralasciamo anche la figura che è venuta fuori…"
"Non è casuale?"
"si ottiene spesso una figura di questo tipo nel caso di un influsso magico. E qui sappiamo già che la causa scatenante è stata la magia. Senza contare gli elementi come acqua, fuoco, terra o cielo…. Ma , se non ti spiace, adesso vorrei perdere meno tempo possibile."
"Ne parlerò con Giles un giorno che ho tempo da perdere." - commentò Buffy, protendendosi a correggere il disegno - "Per cui esiste, secondo te, una linea tra me e spike… così."
"Esatto. Questo esagono sarebbe perfetto se il destino avesse uno svolgimento regolare. Ma tutti sappiamo che il destino, con un buon gioco di carte, si può mutare. E che certe volte ha un vantaggio dall'autoimbrogliarsi… "
Si grattò la barba un po' lunga che iniziava a intravedersi. Spike era sceso dal sarcofago e, in piedi, guardava lo schema.
Gli bastò inclinare un po' la testa.
"Ma solo io vedo un triangolo in più?"
"Come scusa?" - Doyle alzò le testa, per fissarlo.
"La linea spacca l'esagono in due. Ora, non so se la proporzione si mantenga anche scambiando le persone e i vertici… ma c'è un triangolo che unisce me, Buffy e faith… e questo mi risulta quasi normale…. Il legame con le cacciatrici che non si smorza mai…" - si inginocchiò e mise a fuoco meglio lo schema - "Da sola non ha senso… ma letta con le altre…"
"Acquista un valore." - concluse Buffy - "Io capisco poco di queste cose, ma mi sembra una teoria giusta."
Doyle li guardò entrambi. Buffy, accoccolata sui talloni e Spike, con le ginocchia nella polvere. Vedendoli vicini la risposta gli si presentò chiara ed evidente.
"La linea tra te e Spike ha un valore anche letta da sola." - mormorò, fissando lo schema, fino a vedere solo le loro due iniziali - "Voi due insieme, siete la causa scatenante. Il vostro legame è precedente agli altri. Pensateci bene. La vostra corrispondenza. Se diamo importanza alla linea che unisce i vostri due nomi, gli altri sembrano divenire solo tramiti per farvi comunicare."
"Lo stesso destino in due ambiti diversi…" - ripetè Spike - "ma certo, io e Buffy abbiamo un'analogia di ruolo… ma come fai a seguire queste informazioni, mi fanno girare la testa!"
"Non parlarne." - Buffy aggrottava le sopracciglia, perplessa.
"Se adesso lo guardiamo da questa angolazione." - Doyle si protese sullo schema - "Otteniamo i due nuclei dei Prescelti. Da un lato Sunnydale: Buffy, Willow e Dawn. E Los Angeles: io, Faith e Spike. Pazzesco."
"Preparati Buffy." - borbottò Spike - "tra un minuto dirà la frase storica degli Osservatori…"
"Non potete nemmeno immaginare le complicanze di una simile scoperta!" - declamò Buffy, sventolando un paio di occhiali immaginari.
E visto che Doyle la fissava…
"Giles dice sempre così…" - spiegò, con un' espressione innocente quanto quella di Spike.
"non c'è legame tra te e dawn?" - domandò il vampiro, trattenendo le risate.
"In situazioni normali si potrebbe pensare di sì. Ma per altri ruoli che non hanno molta importanza nella situazione attuale." - rispose evasivo - "Ma ora bisogna parlare di un altro aspetto. Il tempo. A partire da questo istante abbiamo il tempo contro."
"Ne sei sicuro?"
"purtroppo sì. Adesso sappiamo come funziona la partita. Se abbiamo azzeccato il meccanismo, adesso girerà più in fretta. Non si gioca mai una partita ad armi pari in una situazione del genere. Perderemo il nostro vantaggio molto in fretta."
"parli una lingua che non capisco…"
"lascia perdere Buffy." - mormorò spike. ne sapeva qualcosa del tempo che passa - "La cosa più importante è sapere che ora dobbiamo agire in fretta."
"Perché proprio ora?" - insistette Buffy.
"Sai benissimo perché, buffy. tra te e spike esiste un equilibrio, adesso. Poco fa ha deliberatamente riposto in te una fiducia che non sentiva più. E tu hai chiesto sinceramente di aiutarlo."
Continuerete a discutere.
Ma lo farete perché siete amici.
Amici come nelle altre vostre vite.
"Adesso dobbiamo veramente muoverci." - aggiunse, alzandosi e cancellando con un piede i nomi ed i simboli - "Bisogna trovare Faith perché i demoni di mezza città stanno convergendo verso di lei. È in pericolo. Buffy…"
la ragazza era ancora a terra. Alzò lo sguardo e fissò la mano che Doyle gli tendeva.
"Adesso devi decidere. Vuoi aiutare faith? Non potrai più tornare indietro, Buffy."

Se non vengo, la linea con spike si spezzerà.
La linea anomala. La linea singola.
Come le possibilità che abbiamo contro il destino.

Buffy.
La tua scelta segnerà la vita e la morte.
Ti prego, Buffy.
Afferra la mia mano.
E non chiedere spiegazioni.

"Andiamo"

XIII
La fiducia tradita.
La schiacciava come un sasso. Non poteva fare altro che scivolare fuori da se stessa. Disperatamente rabbiosamente. La fiducia tradita.
Un po' come tradire se stessi.
Aveva tradito.
E si sentiva come se fosse la vittima e non il carnefice.
Ho tradito.
Tradito.
L'inquietudine mi scava un solco dentro il petto. Per quanto inarchi la schiena e cerchi di riempire i polmoni, qualcosa di lattiginoso mi stringe il petto.
Danno.
Ho fatto danno.
Ho fatto danno per ignoranza.
E non mi do pace.
Come posso, in questo battito di ciglia che è la vita umana, aver ancora sbagliato in questo modo.
Come posso essere consapevole di ciò fino all'autodistruzione?
Come può l'uomo sopravvivere con la consapevolezza dei propri sbagli?
È dunque forse meglio non comprendere?
È forse meglio non capire?

Come posso… cosa posso fare… "faith crede di aver sbagliato." - spiegò Doyle, accelerando il passo - "non si sta neanche ponendo il problema di aver subito un'ingiustizia. Sono tornati a galla troppi errori."
"ma è impossibile. Sono io che le ho fatto del male."
"Ti sbagli, Spike. tu sei solo stato una ferita che si riapre. Hai reagito ad un'accusa. E Faith si è sentita di nuovo aggressiva e respinta. Non se lo aspettava. E si è sentita ricadere dentro il baratro. Non ha mai imparato a spiegarsi, non è mai riuscita a dividere l'eccesso dalle sue paure.
Faith è terrorizzata dall'idea di restare sola…."
"Dobbiamo trovarla, Doyle." - ripetè Spike.
Dobbiamo trovarla.
E dirle che non c'è nulla di marcio in lei.
Dobbiamo dirle che tutti commettiamo degli sbagli.
E che gli sbagli non possono nulla contro i nostri forti legami.
Faith, sei parte di me.
Non sei più sola.
Pensa ad Angel.
Credi in Angel.
"Doyle…."
Doyle si era fermato. Respirava l'aria a pieni polmoni.
Le sue pupille si dilatarono oltre misura, nello scrutare il cielo, mentre il suo torace si espandeva.
Aria e luce.
Aria e luce.
Nella sua mente si appellava agli elementi, per trarre forza e conforto.
"Non riesco a sentirla." - gemette- "la terra di sunnydale è impregnata di troppo sangue di cacciatrici per percepire il suo. Le sue tracce sono antiche. Qui ha combattuto. Ma non oggi."
Non capivano.
Spike e Buffy lo guardavano, immobili.
Qualunque cosa stesse facendo doyle, andava ben oltre le loro conoscenze.
E le loro nature.
"le sue tracce… le sue tracce…" - chiamò a sé, chiudendo gli occhi e chinando il capo verso la terra - "Terra, polvere e sangue. I segni della lotta. I corpi dei demoni che svaniscono. Che si sciolgono.
Sangue di cacciatrice…."
Inalò profondamente la notte.
Poi riaprì gli occhi, tornando ad essere l'uomo minuto che era sempre stato.
"il percorso. So giungere dove ha combattuto. Ma difficilmente andrò oltre…"

scenario di guerra.
Un vaso di pietra rovesciato.
Impronte fangose di uomini e demoni.
"Non c'è che dire…" - Buffy scavalcò elegantemente un altro cadavere- "l'impronta di faith è sempre distinguibile…"
camminava con le braccia conserte, in cerchio.
Per quanto potesse dire Doyle, non sentiva realmente il passaggio di Faith. Poteva constatarlo con gli occhi. Ma senza nessuna reazione emotiva.
Palpabile era solo la profonda angoscia di spike.
Qualcosa che le mozzava il fiato, scaturendo dai suoi occhi fin troppo luminosi.
Il tormento dello sbaglio.
Della sciocchezza che può scatenare una concatenazione incontrollabile di eventi.
Litigare con faith.
Quante volte l'aveva fatto, probabilmente con gusto.
Ed ora. Ed ora il suo essere umanamente imperfetto gli si ripercuoteva contro.
Lasciandolo spompato.
Un dolore antico e incontrollabile. La paura di abbandonare le persone che si amano.
Senza un vero perché.

"dove sarà andata…" - lo sentì mormorare, mentre girava su se stesso, incespicando nei corpi sparsi a terra.
"Non lo so." - Doyle scosse la testa e si guardò intorno - "c'è troppo movimento demoniaco… li sta attirando tutti come una calamita. È quasi fuori controllo. Ed è debole."
"la uccideranno. Oddio…. La uccideranno doyle. Dobbiamo trovarla prima noi."
"Ma come, come…"
si interruppe.
Conosceva la risposta anche senza interrogarsi.
"Buffy, la tua mano." - ordinò, chinandosi ad afferrare una manciata di terra - "dammi la tua mano."
"cos… no, è pericoloso."
"Non lo è. Fa solo male."
"Doyle, non è il momento di fare scemenze."
"Faccio ciò che sono in grado di fare." - ribattè, sporcandosi il palmo con la terra dalla sfumatura rossiccia - "Buffy, devi stringere la mia mano e pensare ad Angel. lui è la forza positiva che vi unisce."
"Non posso, non posso pensare ad Angel per Faith. Non puoi realmente chiedermelo."
"io devo chiederti questo sforzo, Buffy. non puoi evitarlo. Angel è l'ultima cosa in sospeso nella tua vita. Ed è l'unica cosa certa in quella di faith. Devi pensare ad Angel, Buffy. Devi farlo, subito."

Angel.
Angel.
Strinse forte gli occhi e lo cercò, nella mente.
Angel. di lui era rimasto solo il nome.
Di lui doveva ricordare il viso, gli occhi.
L'amore.
L'amore di Angel.
Il Claddagh… dov'era il suo Claddagh?
Strinse più forte la mano di Doyle e spalancò gli occhi. La sua vista era vagamente distorta. Ma nella sua visuale c'era Spike. Uno Spike in attesa di un segnale.
Poco sotto la sua giugulare pulsante, le sembrava di scorgere un luccichio. Un luccichio azzurro.
"Cuore, mani, corona…" - sibilò, alzando lo sguardo al cielo - "Sotto questa luna di nulla mi pento…"

Come poteva accadere… come poteva buffy conoscere quel rituale?
L'antica formula perduta. La celebrazione dei legami eterni.
Buffy non stava cercando faith. Buffy doveva trovare prima se stessa.
"Di nulla mi pento. Di nulla serbo il ricordo… cuore, mani, corona. Il mio sangue, il tuo sangue."

Angel si girò inquieto. Si era addormentato sulla poltrona, nel grande ingresso dell'Hyperion, stringendo tra le mani una lettura che non si era rivelata poi così interessante.
Cuore, mani, corona…
Strinse le palpebre, per proteggersi dai lampi di luce che contenevano.
Occhi dentro agli occhi. Occhi verdi.
Buffy…
Un prato d'estate. La brezza della notte e le scogliere. Quanto aveva amato quel posto oltre gli sterpi. Quanto aveva amato la casa diroccata affacciata tra i rovi.
Avrebbe voluto viverci e strappare con le proprie mani le sterpaglie, fino a ritrovare i muri ormai crollati.
Avrebbe voluto non doversi accontentar del giaciglio di fieno che aveva approntato per smaltire le sbornie in santa pace.
Avrebbe voluto aggiustare il tetto e, a poco a poco, abbattere gli alberi solitari della radura. E costruire mobili. Un tavolo, una sedia… una cassapanca…
Una cassapanca piena di sogni.
E Kathie avrebbe intrecciato fiori per una corona da appendere sulla porta.

Fuoco?
Il fuoco bruciava nella depressione tra le roccia.
Illuminava Buffy vestita di azzurro.
Un tunica allacciata sotto il seno. I capelli scomposti e intrecciati allo stesso tempo.
Il suo sorriso.
Angel rabbrividiva. La camicia di tela non lo proteggeva dal freddo dell'oceano.
Ma le sue labbra si muovevano.
"Cuore, mani, corona… Sotto questa luna di nulla mi pento…"
Non avrei mai dovuto lasciarti.
Non avrei mai voluto lasciarti.
Ma dovevo andare… dovevo andare via…
Aiutami.
Aiutami.
Faith ha bisogno di me.
Io ho bisogno di te.
"Di nulla mi pento. Di nulla serbo il ricordo… cuore, mani, corona. Il mio sangue, il tuo sangue."

Il mio sangue, il tuo sangue.
Faith.
Trova Faith, Doyle. Trovala! Lo fissò con occhi pieni di fiamme.
Adesso!

Non le importava del dolore che stava provando. Le sue urla erano nulla.
Nel sogno le labbra di Angel si muovevano e la luna splendeva alta sopra di entrambi. Le stelle li additavano.
Il fuoco tra di loro li scaldava.

Fuoco.
C'era un fuoco tra quelle rocce. In quattro. Uniti per sempre.
Quattro anime.
Mai più nemici.
Amore.
Amanti.
Fratelli.
E sorelle.

Si svegliò, tremando.
C'era Kathie su quell'altura. E lo salutava, con occhi pieni di lacrime.

Corri.
Adesso sai dove andare.
Corri, dannazione, corri.
Io riposerò un po', qui.
A terra.

"Sta ricominciando a respirare meglio…resti tu con lui?"
"Non perdere tempo, Spike. adesso sai dove andare…"

si sarebbe voluta fermare.
Ma ormai era vicina.
Nulla del suo corpo taceva. Ogni centimetro di pelle stava pulsando.
Il dolore non suo le trapanava il cervello. Doyle. Doyle era apparso nuovamente, nel riflesso dell'acqua, sul fondo dell'acquasantiera in pietra.
Aveva teso le mani, come chi attende un abbraccio.
Aveva sorriso.
Ed era svanito.
Faith aveva sentito le gambe piegarsi. Ed era caduta, graffiandosi la guancia contro la pietra ormai abrasa dalle intemperie.
Non riusciva a respirare.
Chiuse gli occhi, con un rantolio.
L'odore salmastro dell'acqua… quanto le mancava…
Acqua di mare.. erba appena tagliata.
Il vento che faceva crepitare le fiamme.
Un'ondata di calore le investì il volto. Sopra le braci, i suoi occhi cercavano quelli di Spike.
"Cuore, mani, corona…" - sussurrò, senza capire le antiche parole - "Sotto questa luna di nulla mi pento…"

E c'erano passi di corsa verso di lei.
La battaglia.
Ancora la violenza.
Il legame si era spezzato. Restava solo la notte umida ed il sangue raggrumato tra le ciglia.

Urlò il suo nome. Urlò, nel momento stesso in cui la sua folta chioma scura svanì, sommersa dai corpi sudati dei demoni.
L'odore di rancido lo colpì con un moto di nausea, mentre si buttava nella mischia, liberandosi del giaccone di pelle che sembrava rallentare i suoi movimenti.
Uccidendo a mani nude. Afferrando armi e ritorcendole contro i loro legittimi proprietari.
La mente gli si frammentò in miriadi di pensieri.
Faith. Faith addormentata tra le braccia di Angel. Faith ed angel, che sapevano chiudere gli occhi e apparire indifesi.
Faith tra le sua braccia. La sua bocca, sopra un tetto e tra le lacrime.
Faith che rideva di Wes e dei suoi occhi alzati al cielo.
Faith che era capace di danzare e combattere.
Faith ed il suo profumo di libertà.
Ed infine faith, che piangeva nella pioggia.

Si sentì chiamare. Ma non poteva voltarsi. Non poteva affrontare la realtà dei fatti. Aveva fallito.
Fallito.
Un altro colpo la pese in pieno petto. Senza piegarla.
Rendendola ancora più disperata.
Perché non riusciva a cedere? Perché non si abbandonava?
Mancava ancora poco. Ancora qualche metro e sarebbe stata nel punto in cui convergevano i suoi incubi. E là avrebbe scelto. Di nuovo.

Ti voglio bene Angel…

Ma forse sarebbe stato meglio tu non mi avessi mai ritrovata.

Non importa se adesso per loro sei una Cacciatrice. Per me lo sei sempre stata. Ed essere stato il tuo Osservatore, per breve tempo e commettendo un sacco di sbagli, è comunque stato un grande onore a cui non ero pronto.

wes… wes crede in me.
Wes mi ha perdonato.
Perché?

Perché per me sarai sempre la mia cacciatrice.
Perché sei la mia faith. Ed io sono fiero di te. Lo sono sempre stato…

Westley, westley non mi lasciare.

"bene, bene, bene." - era un vampiro. Grande e grosso. Eppure veloce, tanto veloce da sorprenderla e strapparle un gemito nel bloccarla a terra - "Cosa abbiamo qui?"
dapprima faith non registrò realmente quello che il demone teneva tra le dita.
Nella mischia qualcuno urlava ancora il suo nome.
Ma tra quelle mani unte stava il fior in ambra. La rosa di wes.
"Ci piacciono le cose delicate, eh?" - gli mancavano i denti… - "Ed io so essere delicatissimo, non credi?"
Si dibattè, impotente. Ma l'energumeno, premendole sulla gola con l'avambraccio, riusciva a tenerla ferma, anche se la mischia non accennava a diradarsi.
"Portati avanti con il lavoro… inizia ad avere paura…"
"Restituiscimela…"
"Cosa, zucchero?"
"Ho detto che rivoglio la mia rosa." - ringhiò ancora, cercando di non pensare a come i suoi muscoli sembrassero bruciare e rattrappirsi, man mano che l'ossigeno nel sangue si riduceva - "E' mia."
"Certo che è tua." - rise ancora il suo nemico - "Per questo adesso diventa mia. Ti strapperò un orecchio per appenderla. Così avrò un trofeo memorabile della mia vittoria…."
"Non ne sarei così sicuro!" - urlò Spike, piantandogli un paletto nella schiena.
"stai bene?" - chiese precipitosamente. Prima di voltarsi e ricominciare a menare di santa ragione nella confusione.
Era ferito in più punti, dalla fronte alle mani.
Era il dio della guerra.
Orridamente incoronato con il suo stesso sangue.

"Doyle, fermati. Non ti reggi in piedi."
"Sto meglio di quanto sembra. Ci siamo Buffy, stanno combattendo, non siamo lontani."
Correva ed ogni tanto incespicava. Per poi rialzarsi e cominciare ad avanzare.
Saltava i muretti e aggirava le lapidi con passo spedito.
"Dobbiamo muoverci. Il tuo aiuto può fare la differenza, per lui."
La linea. La linea dentro all'esagono.
È l'unione della vita e della morte.
Se essa non sussiste… lui morirà.

Dolore per dolore…
Morte per morte…

"No, non adesso, non adesso." - gemette, cadendo a terra e portando le mani alle tempie.
"Doyle…"
Sentì le sue mani sulle spalle e si divincolò.
"Corri, Buffy, corri a salvarlo!" - sibilò, puntellandosi con le mani.
Corri…

Il destino…
Il destino non può reclamarlo in questo modo.
La linea che unisce la vittima al carnefice…. Che unisce la vita ritrovata alla morte necessaria.
La linea che divide i due mondi.
La bilancia dell'universo vuole tornare in equilibrio…

L'universo ha un'altra scelta per riequilibrare la bilancia: riportare indietro le cose.
Può riprendersi buffy.
Semplicemente annullare l'incantesimo.

Il colpo d'ascia è per lei.

Spike è l'alternativa che le stelle propongono.

La vita.
La morte.
Oh, no.
No…

Faith è in pericolo.
Faith è alle mie spalle, qualcuno le sta facendo del male.
Sento l'odore della sua stanchezza. Ed il suo sangue.
Il suo sangue si sta mischiando alla terra su cui camminiamo.
Il suo sangue sta scorrendo verso la fossa dei suoi incubi.
"Faith!"
gli sembrava di non urlarlo abbastanza forte.
Sembrava che non riuscisse a sentirlo.
Urlò ancora. Ancora.
Ed incontrò il suo sguardo, mentre si girava.
E nei suoi occhi lesse la furia.
Faith combatteva. E le luci della battaglia si allargavano a raggio sul suo viso.
Dalla violenza traeva la sua redenzione.
Le sorrise con disperato sollievo.
Le sorrise, lasciando le lacrime libere di scivolare.
E corse verso di lei, dimentico di ogni cosa.
Corse e la scaraventò a terra, levandola dalla traiettoria di un ennesimo colpo.
Stringendola tra le braccia. Le labbra vicine.
E soprattutto gli occhi.
Gli occhi neri di faith che cadevano nell'azzurro dei suoi.
Solo lei l'aveva sempre guardato in quel modo.
Solo Faith sapeva immergersi così nelle sue iridi, succhiando quasi ciò che trovava. Faith traeva una nuova consapevolezza dai suoi occhi.

E spike la lasciò fare.

Io annegherò in questo turchese. Cadrò dentro per non più risalire.
Giacerò sul fondo, dimentica di tutto.
Ed ogni cosa mi sarà perdonata.
I tuoi occhi chiari.
Adesso so che il mondo esiste ancora.

"Spike, attento!"
Buffy si librò in aria, usando una sporgenza della cripta come trampolino. Planando come un falco sui suoi avversari.
Uccidendo colui che alzava la mano su di loro.
Su Spike e sul corpo quasi esanime che stava proteggendo.
Polverizzando un possibile carnefice.
Uno. Uno ancora.
Credendo fermamente nella salvezza che poteva ancora portare.
Vita e morte.
Oh, sì, anche per spike avrebbe dato la vita. Non solo per Dawn.

Ed ora che la vedeva,sapeva che anche per faith sarebbe stata capace di dare la vita.
Per faith come per se stessa.
Perché lei e faith sarebbero sempre state la stessa cosa.
Ed essere due parti di uno stesso cielo significava solo essere degli opposti.
E non potersi mai capire.

"Due cacciatrici, una sola epoca…" - sussurrò doyle. Sdraiato nell'erba alta, le parole solo per le stelle.
"Una cacciatrice quando muore l'altra… una dietro l'altra.
E solo in quest' epoca due insieme. Gli opposti.
Ombre fatte di luce. Due vite insieme, due morti insieme. Cadute e risalite.
E laddove una vive…non potrà che vivere anche l'altra…"

"Reagisci faith, ti prego, reagisci." - singhiozzò Spike, scotendola - "Guardami, guardami cacciatrice…"
"gli occhi dell'uccisore…" - sussurrò Faith, stentando a restare cosciente.
"credi nel mio perché, faith, ti prego…"
Nel mio perché…
Credi… nel mio amore…

"Credo in te, spike…"

Un respiro. Le era bastato un singolo respiro per sussurrarlo. Un respiro. Ed un leggero curvarsi della labbra.
Ferita.
Nell'anima e nel corpo.
Si sentì sollevare, mettere a sedere.
E tutto ciò che di sbagliato c'era stato tra loro, iniziò a svanire. A perdere di lucentezza. A divenire opaco e vecchio, come capita talvolta anche alle cose importanti. Le sue braccia la stringevano.
La stringevano senza farle male.
Senza calore.
Ma erano la vita.

Si rimise in piedi a fatica. Le fitte alle tempie si stavano riducendo.
Non c'era tempo da perdere.
Doveva raggiungerli.
Si appellò a tutto ciò che amava. Si appellò a Cordelia. Chiuse gli occhi per vederla meglio, sdraiata di traverso sul letto. I suoi capelli sparsi, le sue caviglie accavallate.
Ti amo, principessa.

"ti amo doyle."
Che strano sussurrarlo al soffitto…

"Resta qui." - Spike la spinse contro la rientranza del mura, di modo che si appoggiasse - "Torno subito."
Non era successo.
Qualunque cosa avesse arbitrato l'universo, lui non aveva niente di anomalo piantato nella schiena.
Aveva stretto faith tra le braccia. Aveva esultato nel ritrovarla. E nulla aveva turbato questo equilibrio. Corse trionfante.
Ormai fuggivano, i pochi superstiti.
Restava solo buffy, impegnata a fronteggiare qualche temerario.
A colpo seguiva colpo.
Si voltò, per condividere la sua gioia. Si voltò, dimenticando le sua mani rovinate e la sua nuova vita.
Sul campo di battaglia, era ancora se stessa. Armata solo della sua forza era ancora la cacciatrice. Lasciò cadere il paletto e alzò le braccia in segno di trionfo.
Le correva incontro. E la sua gioia stava già svanendo.

Si sentì afferrare per la vita.
E ruotare.
Insieme al mondo stesso.

Doyle urlò, lacerando la notte.

Ma il grido di spike sovrastò ogni suono, riducendo tutto al silenzio.

Le stelle divennero intermittenti.

Tutto fu buio senza che l'umanità ne fosse consapevole.
Poi la luce tornò.
Nella notte risplendette la luna.

La polvere le faceva bruciare la gola.
Buffy tossì, ripiegata su se stessa, inalando ancora più cenere.

Per un interminabile atto.

Mentre doyle cadeva su ginocchia che non lo reggevano.

Un bicchiere in frantumi.
Dawn lo guardò sorpresa, come se non riuscisse a capacitarsi di non sentirlo più tra le dita.
Si era portata una mano al cuore.
Ed il semplice battito aveva scacciato ogni angoscia.

"Apri gli occhi, Buffy."
Dawn?
"Aprili, Buffy."
"Cosa…"
"Abbraccialo, visto che ci sei… la schiena gli fa veramente male…"

Spike.
Non è cenere di spike.
Sento ancora le sue braccia. Lo sento che digrigna i denti imbestialito.
"Come sono felice tu sia ancora vivo…" - rise, aggrappandosi al collo - "Nessuno può ucciderti senza il mio permesso…"

Alle spalle di spike, c'era Faith. In piedi. Con il paletto di Buffy nella destra e l'ascia nella sinistra.

Il sollievo era un dolore ancora più grande delle visioni.
Doyle si era sentito crollare, nell'istante in cui la scelta del destino si era compiuta.
Aveva visto il vampiro comparire alle spalle di Buffy. l'aveva visto alzare alta l'ascia. Un solo colpo per staccare di netto la testa della cacciatrice.
Per smembrarla in due.
E godere in eterno di quella gloria.
Ed aveva visto spike avvinghiarla al suo corpo e girare su se stesso.
Offrire se stesso.
Aveva sentito il rumore della carne che si lacera dentro l'urlo che gli era sfuggito dalle labbra.
La testa inarcata indietro e gli occhi socchiusi.
Il suo sangue, tra i capelli biondi.

E l'energia della mannaia si era interrotta, mentre il vampiro diveniva nuvola.
Mentre Faith gli passava attraverso, senza attendere la completa dissoluzione.
Facendosi strada nella cenere ancora radunata in una forma umana, fino ad afferrare il manico dell'ascia.
Bloccandone la caduta.
Impedendole di penetrare ancora nella schiena di Spike.
Sfilandola crudelmente da quello spazio che si era scavata nella sua carne.

Stringendola tra le mani.
Perché anche le cacciatrici possono godere di un trofeo di battaglia.
E di una vittoria.

"doyle?"
"Ciao dawn." - sorrise, chiudendo gli occhi ed inviandole un pensiero.
"Tutto ok, allora?"
"Come doveva andare, non credi?"
"Ho tremato fino all'ultimo. Non ero certa che Buffy capisse in tempo. Temevo che il suo rancore per faith prevaricasse sulla sua natura."
"E' una grande cacciatrice. Non poteva non comprendere."
"Lui sta bene?"
"è arrabbiato… credo sia un buon segno." - mormorò.
Gli piaceva sentire le risate di quella ragazza risuonargli nella mente.
Abbastanza da unire le sue, per qualche istante.
"Abbiamo rischiato parecchio." - mormorò ancora.
"Hai ragione." - concordò allegramente la ragazza - "Ma è troppo complicato da spiegare."
"Mi suggerisci di non dire nulla?" - domandò, con tono tollerante. E complice.
"Ovviamente. Non li conosci abbastanza da sapere che ti subisserebbero di domande e non sarebbero mai contenti delle risposte?"

Hai ragione, dawn.
Teniamo l'ordine cosmico fuori dalle loro vite.
Fuori dalle vite di tutti noi.

Convinciamoci che realmente non ci sia un perché. E godiamo di questa gioia in eterno.
Siamo liberi.
Liberi di decidere.
E non dobbiamo niente a nessuno.

"Vado a occuparmi di loro."
"Non dubito che tu lo sappia fare nel migliore dei modi."
"Sono molto allenato…"
"Stammi bene Cantastorie."
"E tu fila a letto, Piccola Chiave."

XIV
La supposizione di dawn era esatta. Quando tutto fu finalmente finito, Spike si sentì dedito ad un migliaio di domande che Wes e Doyle cercarono disperatamente di fronteggiare con schemi che, il più delle volte, si rivelarono incomprensibili anche per loro.
Anche faith voleva la sua dose di spiegazione. E giles, con lunghe interurbane diurne, si trovò ad ammetter che la sua cacciatrice si stava rivelando ancora più polemica di quanto non fosse mai stata.
Tutto sommato volevano sapere.
Anche se dichiaravano, a metà delle spiegazioni più astruse, il loro assoluto disinteresse per quelle idiozie.
Tutti e tre.
E separatamente.

Una valanga di domande con risposte che non sapevano apprezzare.
E che, nella sostanza, non mutavano mai.
La salvezza di tutti e tre era stata intimamente legata alla loro consapevolezza delle parti. Nel momento stesso in cui Faith e buffy avevano sentito la loro natura comune anche la vita di Spike era stata al sicuro.
Una sola esitazione e le sorti sarebbero state differenti.
Ed anche se Westley e Giles si erano rivelati come al solito pignoli sui particolari, la simbologia e la cabalistica, Doyle si era spesso ribadito fermamente convinto che tutto fosse stato una questione di fine dei rancori e buoni sentimenti.
Ovviamente, edotti su questo punto, tutti e tre i coinvolti si erano arroccati su vere posizioni di egocentrismo, con veementi spiegazioni che ognuno ascoltava con una punta di scetticismo.
In silenzio.
Pena: una litigata interminabile.
Tutto sommato non aveva realmente importanza…
Avrebbero fatto di tutto per credere di non centrare assolutamente nulla con il cameratismo che avevano provato uno per l'altro.
Un vampiro, una cacciatrice ufficiale ed una rinnegata.
Andare d'accordo per libero arbitrio…mai!

Eppure, in quella notte a metà strada tra l'onirico ed il miracoloso, nessuno di loro si soffermò realmente a riflettere all'accaduto.
Il possibile disegno metafisico non aveva importanza.
E se mai ne avesse avuta, a loro non ne sarebbe fregato niente.

Aveva sentito la lama penetrargli nella carne, schiantandosi su un paio di costole. Si era ripiegato su se stesso, con l'irrazionale paura che l'arma, trapassandolo da parte a parte, arrivasse a colpire Buffy.
E solo all'ultimo, travolto da un dolore che non si aspettava più di provare, aveva inarcato la testa, gridando. Tornando al suo volto umano, ai suoi occhi chiari.
Di rabbia.
E di dolore.

Ed era stato un istante di eterna ombra.
Prima di rendersi conto di poter ancora sentire il sangue pulsante delle Cacciatrici.
Il suo rimbombo nelle orecchie lo sorprese e lo stordì.
Sentì la risata di buffy e le sue braccia che gli stringevano il collo.
E sentì lo sguardo stanco e appannato di faith che contemplava il massacro interrotto.

Tutto questo, mentre il suo sano orgoglio maschile prendeva il sopravvento.
Salvato da due donne!
Colpito a tradimento!
Per una distrazione!
E per un incredibile senso di protezione nei confronti di una cacciatrice.
Non una a caso! ma Buffy!
Era una cosa da non credere!

Altro che gemiti di dolore.
Era un vero comizio!

"Faith." - la voce di buffy, così vicina al suo orecchio, gli raggiunse il cervello come un proiettile.
Prima ancora che di percepire il suono di un corpo che si accasciava a terra.
"No, no, no…" - si girò su se stesso, poco convinto di riuscire a rialzarsi e si mosse verso di lei, quasi a carponi fino a sollevarla e stringerla tra le braccia. In ginocchio, senza curarsi affatto del sangue che gli iniziava ad impregnare i vestiti.
Era un corpo freddo quello che stringeva. Un corpo che scottava e tremava, scosso sin dal profondo.
Provato da chissà cosa.
Un corpo che sapeva di benzina, asfalto e sangue.
Di battaglia.
E di ribellione alle regole.
Un corpo che sapeva di uomo e baci rubati.
E che lo riempiva di una fredda rabbia.
"dannazione, Faith, cosa hai fatto a te stessa." - ringhiò, trattenendo i lineamenti che iniziavano a stravolgersi di nuovo. Sentendosi invadere dalla furia.
Lasciandosi sorprendere da una mano che gli premeva forte sulla schiena.
"Sanguini come se ti avessero macellato." - replicò Buffy - "Sta arrivando doyle. Digli di sollevarla e andiamo."
"non ci penso nemmeno."
Adesso l'aveva ritrovata. Era solo sotto la sua responsabilità.
Si issò in piedi con un moto di pura collera, stringendo al petto faith, sentendola reagire appena, mentre gli cingeva il collo con un braccio e appoggiava al petto il viso arrossato dalla febbre.
"Spike, dalla a me." - disse Doyle arrivando di corsa. Se ancora stava patendo dei postumi da visioni, di certo non lo dava a vedere. E Spike lo ignorò senza rimorso. "La porto a casa di angel. E' più vicina."
Non si poteva discutere la sua scelta.
Doyle affiancò buffy e Spike li distanziò presto, avanzando nel cimitero con ampie falcate.
Nella sua mente esisteva solo faith. Faith che sapeva ancora della pioggia sotto cui si erano scontrati.
"Angel…"
Aveva una voce bassa e soffocata. Stava facendo di tutto per non perdere conoscenza. Spike poteva capirlo da come sentiva le mani di faith sfregare la stoffa della maglietta. Il movimento ritmico la teneva sveglia.
"Lascia che ti porti al sicuro e poi ti prometto che lo chiamerò. Lo farò venir da te a costo di pigliarlo a calci…"
Le avrebbe promesso di tutto.
"come facevi a sapere dov'ero…"
"non lo sapevo. Sono stati Doyle e buffy a scoprirlo. Avrei rivoltato fino all'ultimo sasso da una costa all'altra, fino a ritrovarti…"
"sei il solito esagerato… vampiro."
"senti chi parla. Quella che i demoni li affronta tutti insieme." - replicò, sorridendo.
Perché anche faith, con gli occhi chiusi, accennava un'ombra di ironia.
"non sapevo l'ordine di arrivo,altrimenti li avrei battuti uno alla volta…"

Quando l'adagiò sul letto di Angel ed arretrò di qualche passo per fare spazio a Doyle, gli sembrò che faith fosse piccola e sperduta.
Incredibilmente indifesa.
Si voltò, sperando che le gambe non cedessero e corse in bagno.
Fu lì che buffy lo raggiunse, mentre immergeva rabbiosamente una manciata di asciugamani nel lavandino traboccante d'acqua.
"che stai facendo?"
"è coperta di fango e schifezze varie. Non mi va che si infettino tutti i graffi e le contusioni che ha collezionato." - ringhiò, sentendosi afferrare per un braccio.
Omettendo quanto l'odore di quell'uomo sconosciuto che le sentiva sulla pelle lo irritasse e accecasse.
Non era odore di violenza.
Era odore di passione fatta di rabbia. Di ripicca.
E disprezzo contro se stessa.
E lui l'avrebbe cancellato. A costo di levarle la prima pelle.
"Ascoltami bene, Spike." - aggiunse buffy, dopo un attimo di silenzio senza mollare la presa - "se non te ne sei accorto, sei anche tu coperto di graffi e contusioni. E mi spiace farti notare che ti hanno anche piantato qualcosa di molto tagliente tra le scapole. Senza contare che…"
"senza contare che un corno, buffy!" - scattò, prima di spaccare un paio di piastrelle con la schiena e ritrovarsi seduto per terra, con la mandibola indolenzita.
Improvvisamente molto più snebbiato e calmo di quanto non fosse stato nell'ultima ora.
"Senza contare che io non ti lascerò spogliare una ragazza priva di conoscenza." - concluse Buffy, sovrastandolo - "Per cui adesso ti fai dare una mano da Doyle a levarti dai piedi e mi lasci fare ciò che devo."

Dal bagno uscì con i suoi piedi.
E sempre con la stessa espressione furiosa si sedette nel salone.
Ad impregnare di sangue il tappeto.
"Angel ne sarà estasiato…" - commentò Doyle, poco convinto, appoggiandosi alla mensola del caminetto.
"Angel riesce ad essere estasiato per un sacco di cose." - Spike stava provando ad accendersi una sigaretta. Ma anche il suo beneamato accendino non sembrava volerlo assecondare.
"Scarico." - borbottò seccato, lasciandolo cadere a terra.
"pensi di permettermi di dare un'occhiata alla tua schiena?"
"No."
"Ah. Perché?"
"Perché nel tuo tono sento un intento polemico."
"Spike."
"Adesso sei accondiscendente."
"Andrai avanti ancora per molto ad agonizzare sul tappeto?"
"Non sto agonizzando."
"D'accordo. Godi di ottima salute."
"Adesso ho deciso."
"Deciso cosa?"
"Ti meriti un pugno." - concluse, alzandosi. O almeno provando ad alzarsi.
Non gli piacque poi molto battere il naso sul pavimento…
"salvato in extremis." - sentì mormorare al demone, mentre già gli si inginocchiava accanto.
E preferì di gran lunga restare dove si trovava.
Ignorandolo.
Prima di ammettere che era uno sbruffone molto molto stanco.

"Potevi anche medicarlo…"
"Mi sarebbe piaciuto. Ma sono stato minacciato di morte. Due volte in gergo londinese ed una in cecoslovacco."
"e basta così poco a fermarti?"
"Capisci il cecoslovacco, Buffy?"
"No. In effetti no."
"Nemmeno io. Ma ti posso assicurare che suonava veramente inquietante."

In effetti era stato preferibile lasciarlo in pace. Se ne stava sdraiato su un fianco, fissando testardamente il caminetto che doyle aveva acceso.
La casa era umida, non avrebbe giovato a Faith. Tanto valeva soffrire il caldo ed accertarsi di non provocarlo un accidente maggiore di quello che già aveva in corpo.
E poi Spike non stava particolarmente patendo il caldo. La perdita di sangue lo stordiva. Ed il suo pasto aveva fatto una brutta fine, nella confusione del ritrovamento.
Non si mosse. I suoi sensi erano vagamente anestetizzati. Può darsi che Doyle non fosse più nella stanza. La sua era un presenza che si percepiva anche dormendo.
Del resto non gli sembrava proprio di essere solo.

E la pressione ghiacciata sulla schiena, facendolo rabbrividire, confermò le sue supposizioni.
"mandami a stendere in americano, se proprio ci tieni… intanto ho deciso di vedere questo squarcio." - mormorò Buffy, strappandogli direttamente la maglietta.
Spike strinse i denti e rimase immobile.
Buffy aveva un buon tocco sulle ferite. Questo gli sembrava di ricordarlo.
"lei come sta?" - chiese freddamente.
"è sbattuta. Ma non mi preoccuperei fossi in te. Il suo corpo si sta già riprendendo. Dorme sotto un paio di coperte. Ma non ha bisogno altro... a parte forse mangiare qualcosa…" - constatò con tono pacato. Quello che era successo dietro la porta chiusa era un affare tra Buffy e faith. E, se si poteva aggiungere, una questione femminile. Si era portata dietro alcuni asciugamani. I pochi rimasti dopo aver medicato faith.
Meticolosamente ripulì la schiena di Spike dal sangue raggrumato, fino a mettere a nudo la lunga scanalatura.
Penetrava di un paio di centimetri e probabilmente, a parte le costole che si stavano rinsaldando…
"hai la clavicola lussata." - disse, con tono d'accusa.
"Rimettila a posto." - replicò.
"Sei pronto?"
"Vai."
Decisamente non una cosa piacevole. Nemmeno per un crudele vampiro.
"potevi urlare…"
"Non volevo svegliarla."
"Non sei contento di averla ritrovata?" - domandò, tornando a strofinare i lembi della ferita.
"perchè me lo chiedi?"
"perché non sei tranquillo. Anzi, sembri furibondo."
"Odio la gente che si fa del male…"
"Capita a tutti, prima o poi, di avere poca stima di se stessi…."
"Hai ragione. Ma in questo caso, direi che non ci sono dubbi sul fatto che io sia il diretto responsabile."
"Allora adesso è il tuo turno di autoflagellazione?" - replicò, distendendo l'asciugamano freddo con le dita - "Perché faith si è fatta del male adesso tu ti dissangui per testardaggine?"
Non le rispose.
Appoggiò la testa sull'avambraccio e rimase in silenzio.
A guardare le fiamme.
Prima di rizzarsi a sedere.
"Bisogna aggiungere dell'altra legna." - mormorò.
"Non è necessario. La casa è ormai asciutta…" - Buffy allungò una mano, carezzandogli una scapola - "Ma tu guarda come sei ridotto…."
Rimase immobile, godendo della scia di tepore che ancora persisteva sulla sua pelle.
"Ce la siamo vista brutta."
"Soprattutto tu. Hai fatto una cosa molto pericolosa. Ed io volevo ringraziarti. Mi hai salvato la vita, stasera…"
"Ci tieni, Buffy?"
"Come?"
"tieni veramente a questa vita?"
Come era strano non vederlo in viso, mentre le poneva una domanda così importante. Proprio lui che come arma possedeva uno sguardo con cui trapassare le pareti.
"fino a ieri non ne ero così sicura." - ammise - "ma ora, è tutto diverso. Adesso ricordo bene chi sono…"
"Quando ho riavuto la mia anima, avevo paura che non si rendessero conto che ero ancora io." - Spike sorrise, abbassando lo sguardo a contemplarsi le mani - "Dovevo dimostrarlo a me stesso. Per gli altri ero sempre uguale, per la mia forza, per il mio aspetto… ma dentro… dentro mi sentivo come se fossi morto. O in agonia. Non mi piaceva, era come brancolare per la troppa luce… un controsenso."
"In fondo lo siamo entrambi. Dei controsensi. Torniamo dalla morte e riabbiamo le nostre anime sfidando le leggi della natura." - obbedendo ad un impulso irrazionale, si avvicinò e appoggiò la guancia alla sua spalla. Ripiegando le ginocchia, fissando pensierosa le ultime braci rossastre - "Ci danno un dono che ci sembra sprecato. Non capiamo, non vogliamo capire… chi può dirlo. Forse è solo la paura del cambiamento."
"tu hai paura di cambiare?"
"tu no? Io ho paura di scoprirmi cambiata… oppure di tentare e illudermi di essere riuscita. Non ho paura del cambiamento. Non lo conosco.
Nella mia vita sono così poche le cose cha cambiano. Io sarò la cacciatrice per sempre. Questa è l'unica cosa che devo tenere a mente."
"Non lo fai bene…"
"Come scusa?" - chiese, girandosi per guardargli il profilo.
"troppo sentimento. Te lo ripeto dalla prima volta che ci siamo visti. Sei immersa nel sentimento, ti offusca il cervello… e ti impedisce di essere solo una cacciatrice. Sei umana, Buffy, imperfetta…. E per questo bellissima."
"perchè mi dici questo?" - domandò, combattendo il groppo che le si era formato in gola.
"Perchè, in questo ultimo anno, ho molto ragionato su una cosa che Angel mi disse. Quando sei un vampiro con l'anima, sconti la tua imperfezione per il semplice fatto di sapere che non finirà mai. La consapevolezza dell'imperfezione dentro l'immortalità. Senza via di fuga." - sospirò - "la tua umanità è la mia innocenza perduta…"
"in certi momenti farei di tutto per riaverla…" - sussurrò. E cambiando tono - "Ringraziando il cielo, poi mi passa."
Buffy lo fissò stranita, prima di assestargli uno spintone amichevole.
"Stupido…"

Lentamente le fiamme languirono.
Lasciandoli serenamente seduti contemplare la cenere.
"spike…"
"Stai per chiedermi di angel…"
"Come fai a saperlo?"
"Pensi troppo forte."
"Volevo solo sapere se sta bene."
"Credevo proprio di avere risposto a questa tua domanda." - strofinando un rametto sugli ultimi monconi incandescenti, aveva finalmente avuto il fuoco necessario per una sospirata sigaretta.
Gli serviva a radunare le idee, come sempre.
Solo che…
Anche Buffy, con sua grande sorpresa, si stava accendendo una sigaretta.
Spike allungò una mano e, senza un commento, gliela sfilò dalle labbra.
E la spense, dopo averne tirato una lunga boccata.
"Non fumare. Ti fa male."
"E tu saresti l'uccisore delle cacciatrici?"
"Io. Non le mie sigarette. Devo andare fiero del fatto che il mio pacchetto di sigarette accoppi la cacciatrice che non sono riuscito ad uccidere?" - ribattè, prima di riprendere a fumare la propria.
"Comunque Angel sta bene." - disse - "E, tanto per la cronaca, gli manchi…"
"Non volevo sentirmelo dire." - replicò Buffy - "doyle ha detto che se non era per te, lui… bhe, sarebbe morto."
"Lo dicono in molti." - ribattè, con una pacata alzata di spalle - "ma io insisto sul fatto che nessuno di noi gli avrebbe lasciato commettere una simile sciocchezza. Devo dire che è stata una settimana un po' all'insegna del martirio. Hai quasi lanciato una moda…"
"Avevo un buon motivo per sacrificarmi." - spiegò, con un sospiro.
"Lo so. Ma non l'ho presa bene lo stesso." - commentò, sintetico. Decidendosi, finalmente - "buffy, devo restituirti una cosa…"
Armeggiando si snodò il cordoncino che portava al collo. E buffy, per la prima volta, mise a fuoco i ciondoli che vi erano appesi.
"Il mio anello…"
I Claddagh erano due. Spike tenne in mano un solo gioiello, sul palmo aperto.
E glielo porse.
"Sono stato ossessionato da questo tuo anello. Non ti avevo mai visto portarlo addosso. Non capivo perché l'avessi indossato, proprio quella notte… ho pensato molto al fatto di non averti salvata…

Penso sempre alla promessa che ti feci, la promessa di proteggere dawn.... fossi riuscito a mantenerla, tu non ti saresti dovuta buttare....
comunque sai, io ti ho salvata...
non quando contava, purtroppo, ma dopo. Ogni notte, nei miei sogni, rivivo tutto da capo, ma in modo diverso.
E sono sempre più veloce e reattivo.
Da quando sei mancata, ti sogno spesso...
E ti salvo ogni notte...

Buffy lo guardava, in silenzio. Lo guardava negli occhi e disperatamente cercava le parole per rispondergli.
"E adesso sei tornata." - concluse Spike - "Sono contento di questo, anche se è… strano. E non riesco ad essere del tutto convinto che sia stata la cosa migliore. L'anello è tuo, è molto importante. Riprenditelo…"
Buffy abbassò lo sguardo. Nella mano tesa di Spike brillava ancora quel cerchietto in argento, l'ultimo residuo della notte più bella di tutta la sua vita.
Lo fissò, con tristezza.
Quanto cose erano passate.
Quante illusioni perdute.
Quante realtà da ricostruire.
Scosse la testa, appena, con rammarico. E chiuse l'anello dentro la mano di spike, stringendola tra le sue.
"Non sono ancora pronta, Spike. Non posso ancora affrontare Angel." - sussurrò - "e' stato sempre troppo importante perché io riesca a farmene realmente una ragione. Forse sono cambiata, alla fin fine. O forse mi sono solo persa. Conservalo per me. Un giorno verrò a reclamarlo."
Aspettò che annuisse. Come solo lui sapeva fare, con impercettibile movimento.
E quando ebbe infilato l'anello vicino al suo compagno, annodò personalmente il cordoncino.
Per poi cingergli il collo con le braccia. Guancia a guancia.
"Custodiscilo per me, Spike." - ripetè, sentendolo accarezzarle le mani rovinate, in punta i dita.
E non provando vergogna, per la prima volta.

"ehi, ehi, Irlandese…"
"spike…mmm.. ma che vuoi?" - bofonchiò Doyle, stiracchiandosi un minimo.
Prima di capire che avrebbe potuto anche girarsi e continuare a dormire.
"Vattene in un letto vero. Resto io con faith."
"Mmm… Buffy?"
"Dorme sul divano. Ho avvertito dawn di non preoccuparsi. Vai, resto io con lei."
"Fai pure." - accondiscese, alzandosi - "non mi spiace l'idea di un materasso…"

"Doyle… scusami per prima."
Lo guardò un po' di traverso. Con un sorriso assonnato.
"Buonanotte, ragazzino…"

"spike?" - domandò, stropicciandosi gli occhi.
"Ben svegliata…" - sussurrò lui, protendendosi in avanti.
Era seduto sulla poltrona di Angel. la finestra alle sue spalle era socchiusa.
"Serra le tende… sta arrivando l'alba." - mormorò, fissando il rampicante del cortile, mosso dal vento.
"Lo so… ma c'è ancora tempo."
"Stai bene, Spike?"
"La schiena mi fa male." - replicò, con un sorriso.
"Dovresti sdraiarti un po'…"
"Preferisco restare qui, Doyle ha bisogno di riposarsi…"
"Spike…" - lo interruppe, girando la testa per vederlo meglio - "Io intendevo qui, con me… ti va?"
lo guardò alzarsi e girare intorno al letto. Ed allungarsi sul fianco, restando sopra le coperte.
"Non hai freddo?" - chiese ancora, sentendosi di colpo eccessivamente sfrontata.
"No, non ho freddo." - scosse la testa e tese una mano, per scostarle i capelli dal viso - "come ti senti?"
"bene." - rispose, girandosi sul fianco, per fissarlo meglio in viso - "Mi fa male tutto… ma questo è una costante…"
non aveva voglia di parlare. E decise di interrompere quella frase di circostanza, per fissarlo, proteso verso di lei.
Gli si leggeva ogni emozione in viso. Negli occhi aperti e ombreggiati dalle ciglia dorate, in tutte quelle ossa che lo disegnavano mettendosi maschilmente in mostra. Bello.
Stanco.
"Mi dispiace aver combinato tutto questo casino." - si scusò, alzando lo sguardo.
"Il casino, a dire il vero, l'avrei combinato io. Non per rubarti la scena, ma sono io quello che ha detto delle cattiverie gratuite."
"Hai detto cose vere… solo che era parecchio che non ci pensavo."
"Non ho mai basato il mio affetto per te sul tuo passato, faith." - abbassò la voce e la guardò dritta negli occhi - "Non sono nessuno per giudicarti. Ero solo molto… no, non ho scusanti. Posso solo dire che mi dispiace."
"Dispiace anche a me…"
" Faith, ti prego,non piangere." - implorò. Allarmato e contrito.
"Non voglio piangere. Io non piango mai. E che sono così stanca… non ho bisogno di essere consolata, spike, sul serio. Non mi sento triste."
Eppure piangeva.
Aveva grandi lacrime che le riempivano gli occhi, prima di decidersi a traboccare e scivolare lungo le guance. Provava a scacciarle, con le mani, ma non c'era verso… laddove ne cancellava la scia, subito ne scorreva un'altra.
"tutto a posto tra te e Buffy?" - chiese, precipitosamente, tirando su con il naso.
Guardandolo mentre si alzava ed armeggiava con il primo cassetto dell'ampio mobile di Angel.
Per porgerle poi un fazzoletto, in silenzio.
Prima di tornare a sdraiarsi.
Era realmente un po' rigido nei movimenti.
"Devo esserti pesata come un macigno, prima…" - mormorò, imbarazzata. Gli sembrava di ricordare come l'avesse sollevata tra le braccia e portata fin lì.
"Sei leggera, faith." - le sorrise, allungandosi meglio, e appoggiandosi ai gomiti - "Tra me e Buffy è tutto ok… siamo solo buoni amici. Adesso sappiamo che non c'è mai stato nient'altro."
"possiamo dire che è tutto ok anche tra noi?"
"Mi piacerebbe molto…"

Sorrisi. Si erano sorrisi, illuminandosi per quella possibilità.
Talmente presi dal desiderio di rivedere tutto come prima da non capire quanto e più ancora fossero legati.
Tutte e due accecati dalle loro paure…

"Amici come prima?"
"Amici come prima."

"Ci vorrà un po' per tornare alla normalità…" - sospirò Spike - "ma ci riusciremo. Una cosa devo proprio dirtela, Faith. Avevi ragione. Avevi proprio ragione."
"Riguardo a cosa?"
"Alla mia rabbia ed ai miei problemi. Ne ho parlato un po', in questi giorni…. E Dawn mi ha obbligato a ricominciare a suonare…"
"Sul serio?" - era la notizia più bella che avrebbero mai potuto darle - "Allora potrai insegnare anche a me…"
"E da quando vuoi suonare la chitarra?" - la punzecchiò.
"Da quando l'hai suonata in camera mia, quella sera… da allora…"
"Perché non me lo hai detto?"
Faith lo guardò, senza una risposta che non fosse nella sua espressione.
Chissà, forse avrei potuto…
Ma eri così lontano…
"Rimedieremo presto." - promise.

"Spike?"
"mmm." - non dormiva del tutto. Aveva solo chiuso gli occhi. Lui e faith avevano le teste così vicine che Spike si era deliberatamente preso l'autorizzazione di giocherellare con una sua ciocca di capelli. Così come si trovava, in diagonale sulle coperte, supino.
Attorcigliandola attorno un dito.
E se i suoi sensi non lo ingannavano, faith stava giocherellando con gli anelli ed il cordoncino che aveva al collo. Sdraiata sulla schiena, fissando il soffitto.
"Non dovresti restituire l'anello a Buffy?"
"Per il momento no…" - rispose. Le confidenze di Buffy erano sacre. Anche per Faith.
"Ho perso una cosa, stanotte…"
"Cosa?"
"Un ciondolino… una rosellina in ambra. Una cosa da nulla…" - spiegò, con un tono superficiale molto falso - "però mi dispiace…"
Abbastanza da non riuscire a dormire…
"A dire il vero ho io anche quello…"
"Di un po'!" - scattò, girandosi a fissarlo - "Non è che per caso sei cleptomane?"
"Cacciatrice…" - Spike aprì un occhio per fissarla - "mi è rimasto impigliato addosso quando ti ho presa in braccio. Probabilmente l'avevi attaccato ai capelli… o in mano, che ne so… è di là, sul tavolo. Vuoi che vada a prenderlo?"
"No, grazie. Va bene così."
"Sei una rompiscatole…"
"Senti chi parla…. Scommetto che hai tirato scemo Doyle."
"è vero. Ma se lo meritava. Mi ha trascinato qui senza curarsi della mia opinione." - ribattè.
E ha fatto bene, si disse.
Ti ha portato dove eri destinato ad essere. Senza Doyle, staresti ancora a languire con Lorne che ti sfotte.
"Spike…"
"Mmm…"
"Vuoi dormire?"
"tu no, immagino." - sospirò, alzando la testa e fissandola.
Con gli occhi come due fessure.
"Non ho sonno." - si lagnò. Con gli occhi luccicanti per la stanchezza. E profonde ombre scure a cerchiarli.
Non aveva una bella faccia.
"Sono giorni che non dormi, vero?" - chiese.
Guardandola che annuiva.
Sono stata un po' autodistruttiva, mormorò.
"Mi dispiace, faith."
"Lo so. Ma non credo che l'avresti fatto, avessi saputo che sarebbe andata così. È stato un incidente, Spike. Capita a tutti."
"consolante…" - constatò, con voce poco convinta.
Faith alzò un po' le spalle, scoprendosi indolenzita.
"Non ci pensare. Va bene lo stesso."
Ne aveva passate tante, negli ultimi giorni. Ma la verità che sapevano entrambi era che non ne avrebbero mai parlato.
Mai.
L'odore delle sue avventure era svanito.
Buffy, inconsapevolmente, aveva fatto un buon lavoro.
Non restava più nulla di quello sconosciuto, su di lei. Il suo marchio era svanito, portato via insieme al nastro adesivo che le aveva fasciato le braccia. Insieme al sangue raggrumato e all'alcool che le aveva impregnato i vestiti Anche se ancora lo portava dentro agli occhi. Insieme ai suoi sbagli. Insieme alle sue disperate reazioni.
Negli occhi.
Occhi che volevano vivere.
La fissò.
Con un moto di paura scrutò fin nelle profondità di quelle pupille.
Ma non vide nulla. Più nulla di quel lacerarsi improvviso. Nulla di quella sera sotto la pioggia, sotto un cielo senza stelle.
"Spike, che stai guardando?"
si riscosse appena. Chissà da quanto la fissava.
"Nulla, nulla." - sorrise.
Ed obbedì all'istinto.
Non voleva lasciare i suoi occhi.
"Ti voglio bene, faith."
Lo disse. Così, semplicemente. Non aveva bisogno di aggiungere altro.
"Ti voglio bene anch'io, Spike."
Gli rispose perché era tempo che attendeva di poterlo dire.
Lo disse affogandolo in un sorriso.
Un sorriso pulito.
E Spike la cinse con un braccio, posando la testa tra suoi capelli. E le labbra, poco lontane dalle sue.
L'abbracciò, sperando di non premere troppo sulle costole incrinate.
L'abbracciò perché era un'esigenza troppo grande.
E quando faith si mosse, per un secondo, ebbe paura di essere respinto.
Un secondo…
Un secondo prima di sentire le dita di lei sulla pelle.
Le dita di lei tra i suoi ispidi capelli corti.
Un ben strano epilogo per la loro discussione. Una risposta ben strana agli artifici dell'universo.
Solo due corpi doloranti. Uniti.

"E adesso dormiamo."

XV
Buffy era sveglia già da qualche minuto. Immobile sul divano, si attorcigliava pensosamente i capelli, con le ginocchia piegate, ancora avvolta nella coperta.
I sensi le dicevano come anche Faith e Spike fossero già svegli. Sentiva le loro voci appena bisbigliate… e si domandava quando Spike si fosse alzato dal tappeto e l'avesse raggiunta.
Sentendosi un po' più sola nel salone, su quel divano dove lei ed Angel parlavano guardandosi appena. Si sarebbe persa in quei pensieri…
Se Dawn non fosse entrata dalla porta d'ingresso.
Chiudendosela alle spalle, da cospiratrice. indossava un maglioncino attillato, che faceva risaltare la sua statura e la sua magrezza.
Sembrava una donna, in quei giochi di luce.
E se non fosse stato per lo zainetto che portava sulla spalla, Buffy non si sarebbe ricordata che…
"Non dovresti essere a scuola?" - chiese, facendola sobbalzare.
"Buffy….io… non ti avevo vista…" - replicò, con un sorrisetto imbarazzato.
"Dawn…" - Buffy si alzò, stiracchiandosi in modo studiato, camminando, fino trovarsi di fronte a sua sorella - "Non hai risposto alla domanda."
"Buffy, io… aspetta un secondo! Tu non hai dormito a casa…" - aveva cambiato idea. Non le andava di essere la sorella minore ripresa e bacchettata. Spalancò bene i suoi occhi azzurri, per fissarla…si concentrò e sperò ardentemente che Buffy captasse i suoi pensieri.
Se erano sorelle…
E se tra Angel e Spike i pensieri passavano come caramelle…
No, Buffy non captava un bel niente.. anzi, dopo un iniziale stupore, la sua espressione stava tornando severa.
Oh, oh….
"Non hai dormito con Spike, vero?" - chiese precipitosamente, per recuperare il vantaggio che andava rapidamente perdendo.
"Ma cos… no, certo che no! E questi non sono affari tuoi" - sbottò, incrociando le braccia - "Fila a scuola Dawn, e non fare storie!"
Dawn spalancò la bocca e la fissò. Per un attimo fu ancora la bambina che aveva lasciato in cima alla torre, in lacrime.
Per un attimo. Poi fu nuovamente la spilungona quasi sconosciuta che l'aveva ricondotta a casa.
"No." - la sfidò, raddrizzandosi e passandole vicino - "Sono venuta a sapere come sta Faith."
Per Buffy era troppo. Non aveva ancora assimilato il no deciso con cui Dawn si era imposta, che già una nuova affermazione le raggiungeva il cervello.
L'afferrò per un braccio e la obbligò a voltarsi.
Ma da chi aveva imparato ad avere quello sguardo…. Eppure Buffy non intendeva di certo sentirsi intimorita.
"come sarebbe a dire! Cosa ti importa di Faith… come sai che Faith è qui?"
"Me l'ha detto Spike, quando mi ha chiamato stanotte, per dirmi che ti eri addormentata sul divano. Ed ora" - aggiunse, liberandosi con uno strattone - "Lasciami andare!"
ed in quel mentre, Spike uscì dalla stanza, socchiudendosi,la porta alle spalle, come sua abitudine.
E Dawn marciò spedita verso di lui, abbracciandolo.
Buffy restò annichilita, innanzi al sorriso con cui Spike ricambiava l' affetto di sua sorella.

Spike era così uguale all'altro se stesso, quello senza … anima… eppure così…
No. Non si trattava di lui, dei suoi capelli troppo biondi e del suo solito abbigliamento da spaccone..
E non si trattava nemmeno di quell'anima con cui l'aveva stupita, la sera prima, chiacchierando pigramente di mille cose.
Si trattava di lui … e Dawn.
Erano legati. Lo erano sempre stati. Dawn andava alla cripta di Spike, per sentire i suoi racconti spaventosi, lo seguiva, ci litigava…
Eppure non c'era mai stato quel cipiglio adulto in lui, nel parlarle. Era sempre stato sarcastico e accondiscendente, divertito da tutto quel ronzargli intorno.
Come una primadonna sotto i riflettori…
E adesso… adesso, sotto i suoi occhi, Dawn gli abbracciava il torace e gli parlava con la testa alzata, per guardarlo in viso.
Non aveva importanza quello che si stavano dicendo.
Era il modo in cui lo facevano! eppure Buffy non si mosse.
Era la seconda volta in ventiquattro ore che Spike la stupiva, abbracciando le due ragazze più improbabili che il destino gli avesse fatto incontrare.
La Cacciatrice rinnegata.
E la chiave.
La sua nemica.
E sua sorella!

A metà di un concitato resoconto della nuova maglietta di Sheryl, l'amica di Dawn con i capelli rossi, lo sguardo di Spike, vagando per la stanza, si posò su Buffy.
In piedi dietro Dawn, a braccia conserte… impegnata a mordicchiarsi un labbro.
Brutto segno.
Decisamente un brutto segno.
"Dawn…" - disse, con un colpetto di tosse, sciogliendo l'abbraccio e piantandosi le mani sui fianchi - "Dawn, non dovresti essere a scuola?"
"Ti prego… non ti ci mettere anche tu…" - sospirò Dawn - "Ma volevo sapere come sta Faith…"
che aria innocente. Spike scosse la testa, massaggiandosi rassegnato il collo. Tutti gli occhi di casa summers lo puntavano…
se ne accontentava una, l'altra l'avrebbe polverizzato con lo sguardo e senza nessun ripensamento…
"ehi, già svegli?" - Doyle sbattè la porta e posò le scatole della pasticceria sul ripiano -"Ciao Dawn, ti ho vista passare… brioches appena sfornate per tutti!"
salvo.
Salvo!
Avesse potuto tirare un respiro di sollievo, quello sarebbe stato il momento ideale.
"Buongiorno Buffy…" - aggiunse passandole a fianco - "Ciao Spike! non ti sei ancora cacciato in nessun guaio?"
certo che ero nei guai, tappo irlandese. Lo sai benissimo!
"Tieni, il giornale, come va la schiena? Facciamo colazione assieme?"
"Faith è sveglia." - rispose Spike, ignorando tutte le domande e le ragazze, nell'aprire il giornale per dargli un'occhiata veloce.
"massacri, massacri, massacri…" - commentò, senza alzare lo sguardo - "Il mondo va avanti anche senza di noi… lo farà anche per il tempo della colazione. Indi per cui, Doyle, andiamo a cercare del caffè."
"Spike, che significa Indipercui? " - chiese Dawn, aggrottando le sopracciglia. Poi, cambiando idea,pensò di cogliere l'occasione al volo.
"Posso entrare a salutare Faith, intanto?" - azzardò. Non era certa della reazione di Buffy…. ma Spike l'avrebbe difesa… forse.
Anche se la squadrava, indagatore. Chiudendo lentamente il giornale. E piegandolo con cura.
"Buffy." - le rispose, senza staccarle gli occhi di dosso - "Hai qualcosa in contrario se Dawn entra e parla con Faith?"
Dawn si girò, per fissare sua sorella. Aspettando di vederle scuotere la testa.
no? no, non sembra un no.
Buffy non aveva niente in contrario.
Meno male, pensò Spike, perché lui avrebbe lasciato entrare Dawn in ogni caso…
"Perfetto." - concordò , spostandosi da di fronte alla porta - "Vi raggiungiamo subito. Buffy…"
"Io esco un attimo. devo fare una telefonata. "- l'interruppe lei. Di colpo sentiva la necessità della voce di Willow che la rassicurasse sulla sua posizione di leader….
E Dawn ne approfittò per mandarla ancora in confusione.
"Tieni" - rispose, frugando nella tasca dello zainetto - "Prendi il mio cellulare."
"Tu hai un cellulare?" - questo le sembrava inammissibile. Lei non aveva un cellulare!
Perché Dawn sì?
"Me lo ha regalato Spike…"
ecco, brava. Dille anche di crocifiggermi…
"… così può rintracciarmi in ogni momento e scoprire se mi sono infilata in qualche casino… anche tu lo facevi…"
prendile anche i chiodi nel cassetto…
"cioè, non con il cellulare, ma lo facevi…"
scelgo io la parete, Briciola? Vuoi scegliere tu?
"è chiaro, no?"
"Come no! Ti sei spiegata perfettamente." - l'apostrofò sarcastico - "adesso fila…"
Ed il suo sguardo incontrò ancora quello della cacciatrice, mentre Dawn, chinandosi, passava sotto il suo braccio ed entrava.

Povera Buffy…
Il pensiero si formulò prima che riuscisse a fermarlo. E lo fece andare in bestia.
Povera Buffy? povera Buffy?
Gli veniva voglia di sbattere i cassetti, al posto che cercare tazze e cucchiai…
"Mi spieghi come Angel faccia ad avere tutti questi servizi di piatti?" - chiese Doyle, emergendo da una stanza, con un vassoio tra le mani.
"Non credo che tu lo voglia sapere."- replicò secco l'altro, sbattendo il necessario sul tavolo - "diciamo che sono… un'eredità…"
Un'eredità poco spontanea delle vittime di Angelus…
"però." - ribattè serafico l'altro, contemplando un bricco di porcellana fine - "Il demone di Angel ha indubbiamente buongusto."
Spike si voltò a contemplare l'oggetto di tanta ammirazione.
"Spiacente." - ribatté- "Quello è il buongusto di Dru. Vivevamo qui insieme, quando l'anima di Angel ha preso il volo, qualche anno fa. Porcellana inglese, diciannovesimo secolo…"
"Ti intendi di antiquariato?" - lo punzecchiò Doyle, riponendo il pezzo sul ripiano.
"Io sono, un pezzo d'antiquariato." - precisò Spike, impilando dei tovaglioli di lino sul vassoio. Lasciandosi sorprendere dalla sua risposta involontaria e dalla risata di Doyle che ne conseguì.
Finì il suo lavoro di concetto, lasciando che un sorriso gli affiorasse spontaneo…
"Ma tu guarda che risposta…" - commentò, non riuscendo a trattenersi. Non riusciva ad essere di cattivo umore neanche mettendosi di impegno.
Alle sue spalle, Doyle, continuando a trafficare intorno al caffè, restava in silenzio a stento.
Lo faceva solo perché mesi di osservazione attenta gli avevano insegnato che Spike si impegnava in lavoro meccanici e risposte distratte solo se si sentiva la testa piena di pensieri da riordinare.
E quanti pensieri….
"Doyle…"
"Spike." - rispose girandosi, per fissargli la schiena.
"Le ragazze Summers stanno facendo il tiro alla fune con me…"- una frase del genere sarebbe suonata lamentosa sulle labbra di molti. Nel caso di Spike aveva solo il sapore di una pacata constatazione.
"Dawn è spaventata da Buffy. non è realmente sicura che si tratti ancora di sua sorella… e Buffy non si abitua alla Dawn che ha di fronte." - smise di armeggiare e si voltò. Doyle per ascoltarlo interrompeva qualsiasi attività. Angel, invece, lo ascoltava senza smettere mai di fare ciò che stava facendo, fosse combattere o leggere un libro.
Ma il risultato non cambiava.
Erano solo due modi differenti di focalizzare l'attenzione. E Spike, se decideva di parlare, apprezzava semplicemente una presenza capace di ascoltare.
"Prima, parlando con Briciola, è stato come essere sotto esame." - proseguì - "Buffy mi guarda come se fossi l'usurpatore di sua sorella. E Dawn si domanda se mi coalizzerò con Buffy come facevo quando vivevo a Sunnydale… quando pur di compiacerla avrei fatto carte false…"
Parlava tranquillo, finendo di aggiungere il necessario sopra il vassoio. E Doyle lo ascoltava, senza percepire nessuna vera preoccupazione in lui. Era solo irritato da ciò che gli sembrava una sciocchezza.
"Con Buffy è sempre tutto complicato, un vero pasticcio." - disse, appoggiandosi al tavolo a braccia conserte - "Se provo anche solo a spalleggiarla, mi si rivolta contro come una furia… non si fida."
"Ma dovrà fidarsi. Dovrà farlo perché Dawn si fida di te."
"La vede come una bambina. E dedurrà presto che io l'accontento in tutto e per tutto e che mi sono conquistato la sua adorazione con tutte le mie cattive abitudini…e non ci sarà modo di convincerla del contrario."
"Detto così, sembra un bel guaio."
"il guaio sarà quando sarà Briciola a ritrovarsi in mezzo." - commentò cupo il vampiro.

Faith stava seduta sul letto.
Dawn, attraversando la stanza in penombra si fermò, poco distante. E la cacciatrice la fissò, con occhi cupi come inchiostro.
"Guarda chi si rivede…" - commentò, senza lasciar trasparire nulla, con voce incolore ed un semplice incresparsi delle labbra.
"Già…" - annuì. Faith era già in prigione, quando la Chiave era stata innestata nelle menti di tutti loro. E, per uno strano scherzo del destino, ne era stata deliberatamente esclusa, almeno in parte - "Ciao Faith… mi fa piacere conoscerti."
"Io non so nulla di te, ma tu dovresti, ricordarti di me." - obbiettò Faith, squadrandola e restando sulla difensiva.
"In effetti potrei." - annuì Dawn. E , dopo un attimo di silenzio, proseguì - "La mia mente è piena di ricordi su un sacco di gente. Ma sono stati tutti messi lì, non vissuti. Ed io, da quando ne ho di miei, preferisco ignorarli deliberatamente."
Avanzò ancora di qualche passo, tenendo rispettosamente le mani intrecciate dietro la schiena.
"Tu per esempio… così di te so solo quello che mi ha detto Spike e..."
"e l'opinione di Buffy." - concluse la cacciatrice, domandandosi dove volesse andare a parare quella forza sovrannaturale che ai suoi occhi era solo una ragazzina. E chiedendosi, con innata crudeltà, se anche lei, dietro i morbidi capelli e gli occhi chiari, nascondesse l'acciaio tagliente di sua sorella.
"Sì. Di Buffy e degli altri. Xander, Willow… sembrano tutti avere un conto in sospeso con te…" - ancora un passo - "posso sedermi?"
Faith non rispose. Senza levarle mai gli occhi di dosso, con garbato cenno della mano, indicò il letto, grande per entrambe. E Dawn sedette, accavallando le gambe e guardandola con occhi cerulei enormi.
Cosa voleva?
Faith posò la testa contro la parete e desiderò poter chiudere gli occhi, cessare quel confronto.
Davanti a sé la Chiave. La bambina che Spike proteggeva.
Che non era una bambina.
Che sapeva e non voleva sapere.
Che ricordava e non voleva ricordare.
"Cosa vuoi Dawn?" - mormorò, con voce asciutta.
"Nulla." - Dawn scosse la testa e, per un attimo, i capelli le piovvero lungo i lati del viso - "Voglio solo conoscerti. Non sono una nemica, se è questo ciò che ti preoccupa. Ora sono umana. Ma un tempo non lo ero. Adesso sono libera. Libera di farmi un'opinione. Di credere, o negare, a mio piacimento. Crescerò ed avrò un futuro vero che diverrà un vero passato.
Ma non ho fondamenta. Ho un passato che qualcuno mi ha dato, che è stato costruito a tavolino."
Parlava, fluida. Dopo un avvio faticoso, infantile, per la scelta dei termini, si rivelava forte, per le motivazioni. Forte e antico. Sulle labbra di Angel avrebbe avuto la stessa inflessione, si sorprese a pensare Faith.
"Non può essere un passato in cui credere. È labile, montato con pensieri di altri scelti e assemblati. Sono stata inserita in un quadro in cui non ero. Sono un'aggiunta. Non ero reale. Ora lo sono. E devo analizzare tutto, da capo. tutto ciò che sta fuori dalla porta di casa mia."
"E quindi anche me." - concluse Faith, sottovoce - " ma io non sono una cavia, lo sai?"
"Ovvio che non lo sei!" - rispose, stizzita Dawn - "Nemmeno io lo sono. Però di te dicono molte cose incompatibili. E se Spike ha una buona opinione di te, voglio capire perché."
Ecco. Finalmente era venuto fuori. Le labbra di Faith si incurvarono in un sorriso di scherno. Era Spike, ancora lui, la causa di questo.
Lo fu per un attimo.
Poi le parole di Dawn la riportarono su un altro aspetto della questione.
"e poi, anche tu, come me, dimentichi il passato per avere un futuro. E forse sei l'unica a cui non hanno ficcato la mia immagine in testa. E poi, tutto quello che pensi di avermi fatto non esiste."
Faith la guardò, mentre l'ombra del dubbio le scivolava sui lineamenti.
Dimenticare il passato… oh, sì, non aveva fatto altro. L'aveva accantonato, nascosto nei recessi dell'anima sperando di non ritrovarlo mai più.
La solitudine, l'omicidio, la violenza della prigione, l'amore dell'Osservatrice morta per colpa sua… l'odio di Buffy, il Sindaco, la tortura di Wes ed il ferimento di Angel.
Tutto si fondeva, in una sfera lattiginosa di paura, pigiata, compressa.
Una sfera divenuta soffocante, mentre Spike, sotto la pioggia, levava il braccio su di lei, con gli occhi infiammati dall'odio. Lo stesso di Buffy, mentre inguainava il pugnale nella carne di Faith.
Il passato.
Ma il suo esisteva. Non come quello Di Dawn…
E poi intese.
Entrambe prigioniere di un'immagine.
Adesso le sembrava di poterla veder, Dawn, chiusa in un involucro creato apposta per lei. Studiata realmente a tavolino.
Dawn, che non poteva scegliere come essere perché non era.
E con questo barlume di comprensione, giunse un'altra verità.
Pura, e semplice.
Buffy aveva un buon motivo per morire. Buffy, che li aveva gettati nel torpore e quasi trascinati con sé nella morte.
Per amore.
Perché Dawn uscisse dall'involucro.perché Dawn smettesse di essere per vivere.
"Cogito. Ergo sum." - le sfuggì dalle labbra.
"Come?" - Dawn la fissò, nuovamente ragazzina, perplessa.
"Westley lo dice sempre." - replicò Faith, con un'alzata di spalle - "è latino. Significa Penso, dunque sono. Lo ripete spesso…"
"e così tu l'hai imparato." - sorrideva adesso, leggera. Ma Faith non dubitava che avesse capito - "Mi piace. È una cosa vera. Posso segnarla?"
"Certo. Non lo offenderà se prendi appunti sulle sue massime. Non credi Spike?" - lo provocò, vedendolo entrare con il vassoio, seguito da Doyle con la scatola rosa della caffetteria.
"le massime di chi?" - chiese lui, lasciando ben intendere come le avesse sentite parlare. Era leggermente arruffato, come se si fosse strofinato i capelli per disciplinare meglio delle idee che dovevano tormentarlo.
"Quelle di Wes. Quella che dice sempre… cogito.."
"ergo sum… si, ho presente. Ma non può reclamare i diritti d'autore, è una frase di Cartesio." - specificò, posando il vassoio e sedendosi. Stupendoli ancora una volta con una nozione.
"Sai anche come si scrive?" - domandò Dawn, allungando le braccia e tendendogli una penna ed il diario.
"il mio latino è arrugginito, ma fin lì arrivo ancora." - replicò il vampiro, afferrando la penna e riportando la frase in diagonale sulla pagina bianca.
"Non sapevo conoscessi il latino."
"errori di gioventù." - disse, accompagnandolo incurante con un'alzata di spalle . Poi alzando la voce - "Buffy, caffè!"
Sapeva che era sulla porta. Gliel'aveva rivelato lo sguardo di Faith. Ne sentì i passi, alle spalle.
Doyle le porse una tazza, tenendo la zuccheriera, mentre Spike apriva la scatola delle brioches e lasciava scegliere Dawn.
Buffy porse il cellulare a Dawn e si sedette sul letto, quasi a fianco di Faith, poggiandosi alla spalliera.
La presenza innocente di Faith tra quelle lenzuola la irritava. Per quanto cercasse di controllarsi, non riusciva a dimenticare Angel, seduto nella stessa posizione. Angel e le sue braccia.
Odiava quella casa, respirava un po' di loro in ogni centimetro. Quella casa, piena del loro amore e del loro odio.
Ed era la prima volta che vi si trovavano entrambe, dopo quella notte ormai lontana… solo ora, mentre le tende tenevano lontano il sole del mattino, i ricordi le sembravano realmente vividi.
Come se la notte li avesse celati, confusi nel sommarsi isterico delle ore.
Nulla di ciò che la colpiva adesso era venuto a trovarla la sera prima. Ben altra la sua angoscia, altrove la sua mente.
Adesso, per Buffy, su quel letto, sedevano persone che non riusciva a comprendere, con legami forti ed inconcepibili. Demoni non più malvagi, cacciatrici rinnegate e redivive, forze sovrannaturali fatte di carne.
Misteri e misteri.
Come i fili che li univano.
Come le cose che dovevano avere in comune.
Quante volte si erano rifiutati per ciò che erano ed avevano sfidato l'ordine delle cose per giungere a quella semplice tazza di caffè?
Come era arrivata a questa mattina, al sedersi vicino a Faith e di fronte a Spike, dando le spalle a Doyle?
"Buffy?" - la richiamò imperiosamente Spike, inclinando la scatola e lasciandole scegliere i dolci. Sapendolo benissimo che, se era ancora la Buffy che conoscevano, avrebbe afferrato quella morbida pasta spruzzata di cioccolata. L'unica, senza curarsi di chi potesse volerla al suo posto.
Per lui sarebbe stata un prova molto più di ogni altra.
"Che hai da sorridere?" - replicò lei, con profondo desiderio polemico, addentando il suo dolce e assaporandolo.
"Io? Niente." - esclamò l'altro - "Faith, fai colazione!"
era imperioso. Se non fosse stato per Doyle, appoggiato seraficamente al testile del letto, lo si sarebbe potuto per scambiare per un egocentrico sultano circondato dalle sue concubine.
La bionda, la castana, la nera.
Gli occhi scuri, azzurri e verdi.
Tre bellezze. Quale lui amasse di più… era mistero.
Oppure un maestro d'orchestra. Ecco, sì, è un maestro d'orchestra che corrompe con i croissant. E, quel che era peggio, costatò Doyle, trangugiando un altro sorso di caffè nero, quelle tre pendevano dalle sue labbra, da tre punti di vista differenti.
Quasi in risposta ai timori di Spike, la più ostile era Buffy.
Per un attimo pensò che, sopra la scatola rosa, stesse per scoppiare un litigio.
Ma Spike era nato per sorprenderli…
"Faith, fai colazione!" - ordinò, non aggiungendo commenti sul nervosismo di Buffy.
"Non ho fame." - replicò lei, con un tono che non accettava moine e imposizioni in egual misura.
Dapprincipio non fece commenti. Gli bastò un'occhiata e un sopracciglio alzato per essere eloquente.
Posò la scatola e pescò una brioches dorata, avvolgendola in un tovagliolo. Un fatto irrilevante, per tutti loro.
In barba al concetto di nutrirsi solo di sangue, Spike adorava mangiare di tutto. Una voragine che talvolta, per noia o per stress si apriva e veniva riempita con buona parte del contenuto del frigorifero.
Del primo frigorifero vicino a cui passava.
Cosicché nessuno badò a Spike, seduto in fondo al letto vicino a Dawn, con una tazza di caffè nella destra ed una brioche alla marmellata nella sinistra.
Nessuno badò a Spike che addentava la sfoglia fine.
Ma i begli occhi di Buffy e quelli di Faith si spalancarono per la sorpresa, innanzi a quello che seguì.
Spike allungò un braccio, protendendosi sul vassoio, ormai finito al centro del letto, a beneficio di tutti. Allungò il braccio, ed arrivò a tenere il dolce sotto al naso di Faith.
"Mordi. Facciamo a metà." - replicò, dolcemente.
Non voleva averla vinta.
Non voleva imporsi.
Era solo… carino.
Estremamente affettuoso. E troppo umano. Doyle evitò per un pelo di strangolarsi e si chiese come aveva potuto dire a Cordelia, tanto avventatamente, che non correva nessun pericolo.
Come poteva aver solo immaginato che le sorprese fossero finite? Solo Dawn non sembrò stupirsene troppo. Si godeva la scena, come se nascondesse un segreto che gli altri non immaginavano.
Faith non aveva parole. Lei e Spike si erano già riappacificati, questo era evidente.
Lentamente avvicinò le labbra e addentò.
Per un attimo, un fuggevole attimo, Spike sentì il suo respiro caldo sulle dita. E quando, con un sorriso, strappò la sua parte, anche il profumo di lei e delle sue labbra.
"Vedi?" - la canzonò, tornando lo stesso di sempre - "Non era poi così drammatico."
Doyle abbassò lo sguardo e sorrise, cercando il proprio riflesso nel caffè, poi pensò di aiutarlo a tornare verso la normalità.
"Faith, stamattina ho chiamato a Los Angeles e ho avvertito che sei con noi…"
"Vuoi sapere se ho intenzione di tornare?" - replicò lei, voltandosi a fissarlo - "Credo di sì. Penso di poterlo fare."
"Bene." - mormorò Doyle donandole uno dei suoi sorrisi - "In tal caso, dovresti telefonare a Wes e dirglielo."
"li sta facendo impazzire?" - chiese, con un sorriso birichino.
"Tutt'altro. È questo il preoccupante. È assolutamente tranquillo! "
"E che fa un Westley tranquillo?" - chiese Spike, come se stessero parlando di una specie rarissima da studiarsi. Dopo alcuni morsi alterni, aveva lasciato la brioche a Faith, molto più affamata di lui. Serbando per sé il caffè. E sdraiandosi più comodo vicino a Dawn.
"riordina la libreria. Toglie i libri dai ripiani, li impila a terra, li spolvera e li cataloga… metodico e serafico."
"ma lo tengono d'occhio, vero? Non lo lasciano solo?" - domandò Spike, fingendo una preoccupazione ostentata.
Buffy, guardando quella pantomima si mise a ridacchiare. E Spike le buttò una fuggevole occhiata, continuando a battibeccare con Doyle.
Lentamente giunsero a pianificare la partenza.
E seppero con certezza che sarebbe stata quella sera.
Venne spontaneo alle labbra di tutti loro.
Non potevano attendere.
Non ne avevano motivo.
Le loro vite avevano subito una battuta d'arresto. Senza un perché.
Le loro vite si erano incrociate. Ancora una volta.
Senza un perché.
Questa era l'unica domanda insoluta in mezzo alle risposte che avevano avuto senza chiedere.
Perché fosse accaduto tutto questo.
Perché.
Forse non aveva molta importanza.
Doveva succedere, prima o poi.
Non era finita, lo sapevano, ripartivano lasciando in sospeso molte cose.
Ma sarebbe stato così sempre, fino alla fine dei tempi.
Tombe, destinate a chiudersi ed a riaprirsi.
Vita, morte, rinascita e caduta. Solo attimi di vita normale, in cui affondare ancora un po'.
Con la fuggevole domanda.
Chi sarà, l'ultimo a partire?

La conversazione saliva a scendeva dalla scalinata degli argomenti disponibili. Imparavano a conoscersi, pigramente accampati sul letto.
A Cordelia sarebbe piaciuto, constatò doyle. Si parlavano, tranquilli.
Solo Faith e buffy si rivolgevano poco la parola. Ma tra loro non c'era un vero astio. Solo una tacita insofferenza.
Quel che era certo era l'azione delle due sorelle. Aveva ragione Spike.
Un tiro alla fune.
Spike, Spike, Spike.
E se Dawn cinguettava un poco, maliziosa, pronunciato da buffy era una notevole sferzata.
E quando sembrò averne abbastanza, si alzò per riportare il vassoio nell'altra stanza. Ma erano troppo testarde per piantarla.
E lui era troppo orgoglioso per starsene zitto.
"Adesso la finiamo!" - proruppe, riposando il vassoio sul letto, mentre gli interlocutori smettevano di parlare tutti insieme per fissarlo - "Tu, Buffy! io riparto e sarà meglio che, entro stasera, ti sia entrato nella zucca che briciola è cresciuta ed ha diritto di parola. Se ti fa impazzire telefona ed io ti darò una mano. Briciola!"
"Comandi." - rispose lei, saltando automaticamente in piedi. No, decisamente Spike non l'aveva cresciuta con le moine…..
"Tu rispetterai tua sorella e ragionerai su quello che ti dice prima di decretarlo sbagliato. Andrai a scuola e ti comporterai come eravamo d'accordo. Ogni volta che sarai veramente convinta di avere ragione e lei si ostinerà a ritenerti in torto, mi telefonerai e ne parleremo!"
afferrò il vassoio e ripartì verso la porta.
"Ed adesso sono veramente sicuro che l'unica donna Summers che non mi dava problemi era Joyce!"
lo guardavano allibiti, mentre usciva ed i suoi passi rimbombavano nel grande salone.
Con un'unica esplosione aveva rimesso le cose a posto, almeno a parole. Era stato razionale e sincero. Aveva offerto aiuto ad entrambe. E stava a loro accettarlo.
Faith chinò la testa, ridendo sommessa. Dio, come le era piaciuto! Lo Spike di sempre, quello che riusciva a far alzare gli occhi al cielo pure ad Angel nel liquidare grandi problemi con frasi schematiche che non ammettevano repliche.
Una cosa era certa.
Con Spike non si ragionava. O ci si capiva al primo colpo o non si arrivava a nulla.
Quando gli occhi di Buffy e quelli di Dawn si incrociarono, appena smarriti, il messaggio che si passarono fu simultaneo.
Ed all'unisono puntarono Doyle.
Il povero Doyle.
Che nel suo destino vedeva scritte molte cose… ma mai la possibilità di poter protestare con un deciso: "Ehi! Io non c'entro niente!"
Aspettavano una parola. O un'azione. Questo gli permettevano di sceglierlo.
"Il suo punto di vista è chiaro." - commentò, pacato - "Io, fossi in voi, lo prenderei in considerazione…"
Non sapeva perché gli dedicassero tanto rispetto.
Ed era consapevole che la sua approvazione era del tutto irrilevante.
Eppure, con quella semplice conclusione, seppe che avrebbero accettato la proposta di Spike.
Buffy e Dawn avevano molto da dirsi.
Ed andarono via insieme, camminando fianco a fianco.

"Non vuoi vederle, Spike?" - chiese doyle, buttando un'occhiata dalla fessura tra le tende.
"Non mi serve…" - rispose l'altro, lavando i tazzoni ed impilandoli - "Le conosco…"
"E…"
"E mi voglio godere queste ventiquattrore di pace, in modo assoluto… perché saranno le ultime per molti anni a venire…"

XVI
Doyle la scaricò davanti al cancello, mentre Spike, con la moto non sua, imboccava la discesa dei garages. Tranquilla, nel freddo della notte, attraversò il giardino. La pioggia non doveva essere cessata da molto, la terra profumava ancora dell'acqua che si era riversata in gran quantità.
E l'umidità aveva un sapore dolce.
Stringendosi tra le braccia, ignorando il male che le facevano i lividi, senza aspettare che Doyle parcheggiasse la macchina, si incamminò silenziosa tra le piante verdi.
Nessuno di loro si curava di tenerle in ordine. Crescevano un po' selvagge e venivano aggiustate solo quando invadevano i sentieri ed i piccoli spazi con le panchine in pietra.
Passando sotto l'arco che la palma disegnava, poco prima del portico, desiderò potersi sedere,con un bel libro e il ronzio dei moscerini.
Aveva avuto tanta paura, in quei giorni… tanta paura di non sentire più quel leggero pulsare del suo cuore…
Era strano. Faith, questo non riusciva ad ammetterlo neanche con se stessa…. Ma si era accorta di avere un battito cardiaco solo la notte in cui aveva desiderato che Angel lo spezzasse.
Sapeva che un cuore batte quando si è vivi. Ma non aveva mai creduto che il rumore del battito fosse nutrito dal sentimento, dall'affetto donato e ricevuto.
Era così…forse.
Forse Wes lo sapeva.
Frugò in tasca ed estrasse la Rosellina d'ambra. Quanto era stato importante averla, in quel viaggio che l'aveva portata a buttarsi tutto alle spalle…
Che strana, strana certezza…
Che pigra e spontanea considerazione… Wes potrebbe sapere. Ed io non gli ho mai chiesto…
Ma fu il porre la mano sulla maniglia del portone a darle l'ultima consapevolezza.
Poteva non tornare.
Per la prima volta, la prima volta in assoluto, ne fu dolorosamente certa.
Sarebbe potuta non tornare… era uscita da quella porta, correndo, piangendo. Era uscita e non aveva pensato a quanto fosse sicuro per lei quel grande albergo pieno di spifferi.
Spifferi… e persone. Sostò sulla porta, la mano sulla maniglia. Aveva paura di quello che era là dentro. Era realmente quello che voleva. Era davvero la casa dove c'era un posto per lei?
Forse non avrebbe dovuto abbassare la maniglia.
Non avrebbe dovuto.
E la maniglia le sfuggì di mano, le venne strappata dalle dita, mentre la porta si spalancava, inondando di luce il suo angolo buio.
Mentre le braccia di Angel forti e rassicuranti la stringevano, in una morsa di puro amore.

Non ci arrivava proprio. Protendeva le mani verso quel registro, come una bambina innanzi al suo albero. Si allungava tutta, protendendosi sulla punte dei piedi.
Ed arrivava a sfiorarlo solo con le dita. Inammissibile!
Inammissibile fino a quando non sentì due braccia forti afferrarla per la vita e sollevarla.
Afferrò il suo premio senza curarsi di chi fosse quel corpo caldo stretto a lei.
Lo riconobbe.
E girò su se stessa prima ancora di toccare terra con i piedi. Si girò, cercando di non colpirlo in testa con un gomito.
E Doyle si trovò abbracciato da Cordelia ed il registro.
La guardò, desiderando non posarla più a terra.
La guardò con occhi solo per lei. E si domandò se mai, ad un se stesso di un altro luogo ed un altro tempo fosse stato concesso di amare una tale donna.
Le sorrise, mentre sentiva il registro cadere a terra e le mani calde di cordelia sulle sue guance. Quel gesto che da lei aveva imparato. Quel gesto che aveva salvato la cacciatrice da se stessa.
Accolse le sue labbra. Bevve di lei, senza smettere di cingerle la vita, senza smettere di percepire i capelli di lei che lentamente scivolavano sul suo viso e sul suo collo.
"Ti amo. Ti amo per quello che sei, per quello che mi insegni."
Amo la fiducia, la lealtà e la purezza che emani. Amo la tua consapevolezza, il tuo cuore ed il tuo sapore…
Non smetteva di sussurrarlo, baciandola, allontanando le labbra dalle sue e tornando ad assaggiarle.
"Ti amo, Principessa." - mormorò ancora quando, finalmente appagata, la sentì cingergli il collo e seppellire la testa sulla sua spalla - "promettimi che amerai sempre questo amore…"

Volumi grandi a destra. Volumi piccoli a sinistra. Sul tavolo la magia nera e sul ripiano basso della scaffalatura l'alchimia….
E se nel settore magia devo mettere vicini un volume grande ed uno piccolo? Westley si grattò pensoso la testa con la matita, prima di tornare a spuntare i titoli dal suo elenco. Seduto a gambe incrociate, in mezzo alla confusione, non si curava molto del trambusto che gli sembrava di sentire.
Lo stereo a volume sostenuto, spingeva nelle sue orecchie il concerto per pianoforte di Chaikovsky, isolandolo dal mondo alla perfezione.
No, non aveva voglia di confusione…
Ma il volume scemò, d'un tratto.
"Dai, Angel, non ci credo che ti da' fastidio…" - mormorò, senza voltarsi.
"la cosa che può darmi fastidio, Price, è non trovare più il mio stereo in camera." - replicò tagliente una voce.
Facendolo sobbalzare. Facendolo voltare, lasciando perdere la matita e gli appunti.
Ancora con la mano sulla manopola dello stereo, stava Spike. Con un sorriso che gli riempiva il volto.
Come lo definiva Cordelia? faccia da paletto nel cuore…
"sei tornato…" - constatò, con un sorriso di benvenuto.
"quale perspicacia…" - Spike inclinò un po' la testa, guardandolo storto. Poi ripose il disco nella custodia di carta ed armeggiò con la presa.
"Ehi, ehi, cosa fai!" - Wes arrancava per mettersi in piedi, mentre i libri gli partivano da sotto le mani, le ginocchia ed i piedi.
"è mio, me lo riprendo."
"Spike, non ti sembra di essere un po'…precipitoso?"
"non ti lamentare." - ingiunse il vampiro, caricandosi il suo fardello tra le braccia e marciando verso la porta. Per poi fermarsi e spostarsi un po', voltandosi a fissarlo.
"Guarda cosa ti lascio in cambio." Mormorò, lasciando entrare Faith.
E Wes si fermò. Dimenticando che stringeva gli occhiali tra le dita, che aveva uno straccio per la polvere nella tasca dei jeans ed era a piedi nudi.
Dimenticando che non sembrava affatto un Osservatore, dimenticando tutti i rimproveri pieni di logica che sarebbero dovuti uscirgli dalle labbra e scordando che l'inventario dei libri era di vitale importanza. Dimenticando le cose carine che aveva pensato e ripensato, perché fossero esposte nel modo migliore possibile.
Faith lo guardò, poi gli sorrise, incoraggiante.
"non sei male, conciato così." - constatò.
Sembrandogli solo una ragazza giovane e piena di paure nascoste. Paure, lividi e strafottenza.
"Ehm… ti ringrazio." - rispose, aggrottando le sopracciglia, senza capire bene a cosa si stesse riferendo.
Cercò di levarsi gli occhiali dal naso per pulire le lenti. E scoprì che non li aveva.
Chinò la testa per chiarirsi le idee, mentre Faith, senza smettere di squadrarlo, nascondeva dietro una mano il sorriso ormai sfrontato.
Avanzando tranquilla, scavalcando tutto ciò che le bloccava il passaggio.
Fino ad abbracciarlo, con una lentezza che lo sorprese.
Come se volesse gustarsi quel gesto in ogni sua sfumatura.
Lentamente.
Posando il capo sul suo petto.
Respirando la polvere dei testi ed il profumo della sua camicia. Senza curarsi realmente se ricambiava. Prendendosi quel calore che desiderava.
Wes, la sua roccia.
"Lorne mi ha dato il tuo messaggio…"
si sentì sussurrare in un orecchio. E sorrise, chiudendo appena gli occhi.
"Sai, Faith, mi sono reso conto che ho da raccontarti una cosa molto importante…"
"sul serio?"
Gli aveva risposto per riempire un vuoto, un attimo di silenzio, come se fosse necessario.
E fu allora che Westley la strinse un po' più forte.
Perché Faith, per ciò che era, sarebbe stata sempre un po' sua.
Indipendentemente dall'amore.
Indipendentemente alle braccia a cui era destinata.
"Non adesso, piccola. Adesso voglio solo tenerti stretta stretta…"

"Tu…tu…."
"principessa, sembri un telefono occupato…"
"Doyle, io ti…"
"Fai quel che vuoi…" - Doyle scavalcò la poltrona e la strinse, guardandola negli occhi malizioso - "Ma rammenta che se mi spezzi le braccia non potrò stringerti così per almeno un mese."
"Doyle, non mi incanti….ohhhhhh…"

"Ciao Angel…"
"Ciao William." - rispose, fermandosi, sull'ultimo gradino del loro pianerottolo, con le mani in tasca - "Stai traslocando?"
"No, non ne ho bisogno." - replicò, entrando in stanza con il suo stereo in braccio - "la mia roba si sposta da sola appena giro l'occhio."
"se cerchi la tua raccolta di Poe, la sto leggendo io." - gli gridò dietro.
Per vederlo rispuntare dalla porta.
"Prendi ad esempio quell'impunito del tuo Osservatore?" - gli chiese, appoggiandosi con l'avambraccio allo stipite.
"No." - Angel scosse la testa - "Non avevo niente da leggere."
Si guardarono un istante eterno.
"è inammissibile" - borbottò l'altro, alzando prima gli occhi e poi le braccia al cielo - "uno si distrae un' estate…"
Riscomparve nelle sue stanze. Ed Angel, attraversando il pianerottolo, senza rinunciare alle mani in tasca, lo seguì.
"il letto mi serve.. e non portarti via i rubinetti perché voglio farmi una doccia." - si sentì apostrofare dall'interno di un armadio.
"Come ti senti?"
"Bene grazie."
"Tutto a posto con Faith?"
"Non mi ha impalettato. Me la sono cavata con un colpo d'ascia nella schiena."
"E con Buffy?"
Una domanda buttata a caso. Probabilmente sarebbe stato più d'effetto girarsi e lanciargli una penetrante occhiata per vedere se, come suo solito, avrebbe cercato con lo sguardo un tappeto sotto cui nascondersi.
Svelando la sua capacità di essere ancora umanamente vulnerabile.
Sarebbe stato più d'effetto. Ma Spike non si voltò e continuò a frugare tra i suoi vestiti.
"Allora sapevi dove eravamo…"
"No. L'ho scoperto stamattina, quando doyle ha telefonato a Cordelia."
Tacque.
E Spike si prese qualche istante per dosare le parole.
"Non le ho parlato molto." - ammise, lanciando sul letto una maglietta - "Doyle mi ha trascinato a Sunnydale, ma non ho quasi visto Buffy. era lui che doveva parlarle… a me, comunque, è sembrata la Buffy di sempre, solo…"
"Solo…"
non gli metteva realmente fretta. Non c'era una vera urgenza di sapere, nella sua voce.
"Solo un po' più triste del solito. Credo debba fare i conti con qualcosa che sa e non può dire a nessuno." - spiegò Spike, senza sapere quanto, con le sue supposizioni, fosse vicino alla realtà. Abbassando la voce, confidenzialmente - "le ci vorrà tempo per tornare alla vita di tutti i giorni… ma c'è già qualche segno."
"Del tipo?" - chiese ancora.
E fu allora che Spike si voltò, lanciandogli un'occhiata disgustata. Come se Angel non avesse recepito una verità perfettamente ovvia.
"Le brioches al cioccolato." - rispose seccato. Come se questo dovesse spiegare tutto.
Angel, ovviamente, non capiva. Lo guardava e aggrottava le sopracciglia.
Probabilmente.
Ma Spike poteva solo immaginarselo, visto che era tornato nuovamente a frugare nell'armadio.
"William…"
"See…" - un paio di jeans seguì la maglietta.
"Dovrei andare a Sunnydale?"
"Vuoi una risposta sincera o quello che vuoi sentirti dire?"
Beccato.
Senza neanche voltarsi.
Non c'era modo di imbrogliare Spike….
"Si vede così tanto?" - domandò ancora, senza alzare lo sguardo.
"Cosa? Che vuoi saltare sulla tua macchina e sbucare dalla notte? Se decidi di farlo, non entrare dalla solita finestra… quella è diventata la stanza di Dawn…"
"Deduco che la tua risposta sincera sarebbe di non muovermi da qui…"
"Flagello…" - Spike si girò, piantandosi le mani sui fianchi - "Non girarci intorno. Vuoi andare a Sunnydale? Andiamo. Lasciami fare una doccia e sono pronto…"
Angel lo guardava interrogativo.
"Vuoi andarci da solo? Prego, fai pure!" - gli rispose iroso.
"Guarda che non ho detto nulla…"
"Questo lo so anch'io Ma hai di nuovo la faccia da beagle…." - alzò gli occhi al cielo - "Io non ci casco negli occhioni sofferenti… prendi e vai!… perché non vuoi che venga?"
riusciva a passare da uno stato d'animo all'altro. Girava su se stesso, un po' ignorandolo, un po' dicendogli il fatto suo.
Perché andare da Buffy, perché non andarci…
Un fluire ininterrotto di parole, lamentele e prediche.
Lo Spike di sempre.
Non il ragazzo disperato che aveva lasciato a casa in una notte di pioggia.
"…In ogni caso, il mio consiglio è di non andarci. Non siete ancora pronti." - concluse, impilando i suoi vestiti puliti sullo sgabello del bagno.
"Ne hai impiegate di parole per arrivare a dirlo." - replicò Angel. aspettando l'occhiata inceneritrice.
"Sai una cosa? Vai dove ti pare…" - borbottò l'altro, tornando in camera già a torso nudo - "Anche se io avrei un'idea su dove mandarti…"
"te lo sei preso sul serio il colpo d'ascia…" - constatò Angel, notando una lunga linea rossa tra le scapole.
"Credevi che scherzassi?" - Spike iniziava a sentire un certo prurito alle mani - "Angel, vuoi litigare? Facciamo a botte?"
"Sei un violento." - lo punzecchiò - "Trasformi ogni sana discussione in una rissa…."
"Il tuo problema è non poter ammettere che ti batto sia a parole che a pugni… ignorando ovviamente il biliardo… in cui sei indescrivibile."
"Hai ragione."
"Come, scusa? In che cosa ho ragione? - adesso era il turno di Spike non capire.
"Possiamo giocarcela a biliardo. Fatti la doccia, ti aspetto di sotto."
Non sarebbe andato a Sunnydale.
Non avrebbe stretto Buffy tra le braccia.
Si sarebbe limitato a qualche dolce ricordo, seduto nella hall dell' Hyperion.
In fondo, potevano sempre incontrarsi nei sogni…

Era l'alba quando squillò il telefono. Spike rotolò tra le lenzuola, fino ad afferrare il telefono. I libri che aveva dimenticato sul letto, crollando per la stanchezza, scivolarono rumorosamente sul pavimento e Spike, puntellandosi sui gomiti, pancia in giù rispose con un 'Pronto' che era quasi un urlo.
"Ciao Spike." - era Dawn - "Non è che per caso dormivi?"
"Briciola, ti prego…." - si strofinò gli occhi per mettere a fuoco l'orologio - "Non ci crederai ma ho avuto una settimana tremenda…"
"Senti, devo chiederti un favore…"
"Dimmi." - si sedette sul letto e fece un cenno ad Angel, apparso sulla porta.
Con le labbra mimò la parola Dawn, aspettando che l'alto vampiro bruno annuisse, mentre Westley e Faith, allarmati dallo squillo inaspettato si affacciavano dal piano di sopra. "Dimmi, Briciola." - riprese - "E' successo qualcosa?"
la sua voce doveva avere un che di preoccupato, quando proruppe in un "Che cosa?".
Angel, che si era già voltato per andarsene, tornò sui suoi passi. E bastò quella semplice decisione per convincere Westley a scendere di un piano.
"Dawn…" - mormorò Spike, non convinto di aver sentito bene.
"Mi hai capito, Spike. Puoi, per piacere?" - c'era una certa impazienza nella sua voce.
"Sì, certo, certo." - borbottò questo. Poi, coprendo con una mano il ricevitore - "Angel…"
sembrava gli servisse un certo coraggio, per dire quello che Dawn voleva.
"Angel, mi puoi chiamare Faith?"
Faith era già dietro Angel. Gli passò a fianco ed entrò.
"Dawn vuole parlare con te." - disse Spike, tendendole il telefono. Restando a torcersi le mani, sdraiato a torso nudo sul suo letto, in un groviglio di coperte. Continuando a sospettare di non essere abbastanza sveglio per capire del tutto.
"Oh grazie!" - rispose allegramente la ragazza - "Me ne stavo scordando!"
Girò sui tacchi ed uscì.
"Ciao Dawnie! Si, stavo parlando con Wes, non mi sono accorta di che ore fossero. Sai…"
E rimasero inebetiti, sentendo la sua voce scendere di intensità, mentre saliva le scale.
Quella sì che era una novità…
Angel la seguì con lo sguardo fino a vederla sparire, fino a quando lo scattare della serratura non gli disse che era rintanata in camera sua.
Lui e Wes, come erano abituati a fare negli attimi di perplessità, si scambiarono un'occhiata.
Senza un commento. Senza che, a nessuno dei tre, passasse per la testa di dire qualcosa.
Qualsiasi cosa.
Non restava che una cosa da fare….
"Buonanotte William." - disse Angel, socchiudendogli la porta e lasciandolo solo con il suo nuovo guaio.

Silenzio.
L'alba era trascorsa da un pezzo.
Silenzio in tutti l'Hyperion.
Doyle, seduto in cucina, leggeva il giornale.
Aveva sentito il ragazzino tirarlo contro il portone. Era un ragazzino lentigginoso che prendeva il giardino del vecchio albergo come una sfida.
Un solo lancio per spedire il giornale fin sullo zerbino. A parabola sopra i cespugli. Più spesso dentro i cespugli.
Quella mattina gli era riuscito quel numero. Il giornale era planato contro le vetrate della porta principale. Ed era stato subito seguito da un grido di trionfo ed una sgommata di bicicletta.
Doyle era scivolato fuori dalle braccia di cordelia ed era uscito sotto il portico.
Che casa tranquilla.
Aveva sentito squillare un telefono, un paio d'ore prima. Si era svegliato quel tanto che bastava per sentire se scoppiava la terza guerra mondiale. E poi era tornato a girarsi ed abbracciare il profumo di Cordy.
Ma adesso, non valeva la pena di stare a letto.
Sedette in cucina, e respirò ancora quel silenzio.
Poi il rumore dei passi.
Alzò gli occhi e attese.
"Ciao." - che bel sorriso aveva Faith - "Sono tornata… sai se ci sono ancora dei cereali?"