Fuochi (Entropy)
I personaggi delle serie "Angel" e "Buffy, the vampire slayer", appartengono a Joss Whedon, la WB, ME e la Fox, l'autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.
***L'entropia e' la misura del grado di casualita' e di disordine di un sistema.
Luglio era appena cominciato. Ed il caldo li stava già stordendo tutti.
Era insopportabile e di certo non aiutava, nelle lunghe notti di missione.
Un caso sull'altro.
E pochi, pochissimi momenti per fermarsi.
Ed in quei pochi attimi di pace, si annidavano le loro tensioni incontrollate.
La morte di Buffy pesava ancora sui loro cuori, per quanto cercassero di tenerlo lontana dalla mente. Solo una cosa era certa, sia a Los Angeles che a Sunnydale, la vita continuava, affogando lentamente in una martellante quotidianità.
Per stordire ed illudere.

Chiuse gli occhi, radunando le proprie forze.
Concentrandosi. Percependo più chiaramente la consistenza dell'asse sotto i propri piedi. Cercando di essere consapevole di ogni millimetro di epidermide, della stoffa ruvida dei pantaloni.
Aspirando il profumo del cuoio appena ingrassato.
Caldo… denso…
Un equilibrio perfetto.
Un piede innanzi all'altro, in bilico.
E sotto di lei, il resto del mondo. Chissà se anche a Buffy era sembrato così intenso e offuscato, dall'alto di quella torre…

Ognuno, a modo suo, combatteva l'angoscia, si ricordò.
E tra i tanti, paradossalmente, solo Angel era apparentemente il più equilibrato. Come se essere il più assorto già di carattere gli permettesse di avere risorse nascoste.
Risposte per un vuoto che sentiva troppo grande.
Che tutti percepivano come un'anomalia inaccettabile.
Soprattutto Faith, dall'alto della sua indifferenza, si sentiva come monca, come scissa in due entità prive di equilibrio, una troppo reattiva ed una spenta e muta. E per quanto combattesse questa condizione, finiva sempre con il girare in tondo, destreggiandosi, incompleta, tra le pressioni del Consiglio e le aspettative personali.
La sua vita era tornata ad essere una caccia verso qualcosa di troppo lontano, come quella di Spike, sfuggente, sempre con la testa altrove. Pronto a partire, senza spiegazione alcuna.
E questo significava insofferenza, le poche volte che si incontravano, riflettè, con un lampo di irritazione. Come se uno nell'altro riconoscessero quel disagio esisenziale che li rendeva simili e pronti a respingersi.
Spike… la morte di Buffy l'aveva cambiato. E allontanato.
Era divenuto lo strano controsenso di se stesso. Pronto a spingersi lontano e a soffocarsi allo stesso tempo. E sempre con un piede fuori dalla porta, sempre in partenza per Sunnydale.
Dawn.
Dawn.
L'unica parola coerente che gli usciva dalle labbra…

Allargò le braccia, per poi ridistribuire il peso. E le preoccupazioni.
Quando lo fece, le borchie dei suoi bracciali riflessero per un attimo la luce che filtrava dal lucernaio.
Mosse le mani, per evitare che i suoi occhi si impigliassero in quel baluginio, portando alta la spada e facendola ruotare.
Lentamente.
In modo studiato,con ampio movimento sopra la testa, per sfilare dalla custodia sulla schiena un coltello. Contemplando per un attimo, per puro piacere personale, le finissime intarsiature che, come serpenti, percorrevano la lama.
Con une lentezza impressionante, fatta di muscoli brucianti.
Le bastò una rapida torsione del polso, per farlo ruotare e impugnarlo nuovamente per la lama. Con due dita, come fosse cristallo pronto a spezzarsi.
Accogliendo, con un brivido, il tepore del metallo scaldato dal contato con la pelle.
Girò su se stessa, tuffandosi in avanti. Fino a battere un ginocchio, tornando a fissare un immaginario punto.
Un bersaglio.
Un nemico.
Scattando.

E ritrovandosi afferrata per la vita, un attimo prima di precipitare nella tromba delle scale.
"Mettimi giù, idiota che non sei altro!" - sbraitò Faith, scalciando come una forsennata.
"Taci cretina e ringraziami." - ringhiò Spike, caricandosela in spalla e scendendo le scale. Ignorando i pugni che si stava prendendo sulla testa e sul collo.
C'era mancato un pelo, secondo i suoi parametri. Era arrivato per un soffio, così veloce da risultare quasi invisibile. Un'ombra fulminea che percorreva rampa dietro rampa.
Un'ombra… una semplice ombra aveva attratto il suo sguardo, al di sopra della sua testa. Una ragazza che apriva le braccia e si lanciava.
Una ragazza.
La visione di Buffy si era sovrapposta a quella di Faith. E Spike si era ritrovato con un urlo in gola. Un urlo muto di paura e impotenza.
Fatto di un'impotenza che non poteva accettare.

"Price!" - urlò, entrando nel salone e lanciando la ragazza furente sul divano - "ho trovato la tua Cacciatrice a camminare sulla ringhiera dell'ultimo piano stile gatto.
E dimmi, si è rincretinita tutta d'un colpo o è sempre stata così?"
Westley abbassò il giornale, aggrottando le sopracciglia, mentre Cordelia, seduta al tavolo grande, alzava gli occhi dalla sua immancabile contabilità.
In tempo per vedere un biondo e imbestialito Spike, con vistosi sbaffi di olio da motori sulla faccia, impegnato ad incombere sulla cacciatrice ed il suo Osservatore.
Una Cacciatrice vestita come un guerriero ed un Osservatore che, con il giornale arrotolato tra le mani, aveva l'espressione di uno che osserva una partita di ping pong. Solo che, al posto di una pallina bianca e leggera, tra quei due, stavano volando pesanti e funeree ingiurie.
"Fatti gli affaracci tuoi, vampiro! Mi stavo allenando!" - urlò Faith, sedendosi e fulminandolo con lo sguardo.
"Se ti schianti sulla moto che io sto sistemando quattro piani più sotto diventano subito affari miei!" - ribattè Spike voltandosi furibondo.
Ecco. Questa, per i parametri di Cordy, era un'informazione interessante. E agghiacciante, molto più dell'idea di Faith che cadeva.
"Moto? Moto?" - scattò in piedi, perdendo fogli ovunque - "Stai aggiustando la moto nell'ingresso? Sul pavimento che ho appena lavato?"
"E che ti aspetti, che faccia danni?" - replicò lui, girandosi e liquidandola con un gesto stizzoso che mise in vista due mani tremendamente nere.
"Tu! tu mi hai macchiato! Guarda che roba!" - Faith sbarrò gli occhi, tirando la maglietta per contemplare inorridita dieci oleose impronte digitali impresse all'altezza del suo ombelico - "Ma non sai fare altro che danni?"
"Ah!Questa è bella! E sarei io che faccio danni? Non tu che ti comporti da irresponsabile in piedi su una balaustra traballante?" - sbraitò, mentre la ragazza ricominciava a coprirlo di insulti.
Westley non commentava. Gli sembrava di aver intuito la causa del violento diverbio tra i due, ma non era certo di aver capito quale fosse la parte giusta dove stare.
E Cordelia non era di certo d'aiuto, visto che si stava precipitando sul pianerottolo.
"Dio, il mio pavimento." - gemette, affacciandosi nella tromba delle scale mentre Angel e Doyle salivano chiacchierando - "Doyle, guarda il mio pavimento…"
Doyle buttò un'occhiata fuggevole al pavimento ed alla moto mezza smontata prima di tornare a guardare la ragazza che, disperata, gli buttava le braccia al collo.
Perfetta come sempre, ai suoi occhi.
Gli occhiali dalla montatura metallica le donavano, in bilico precario sul suo naso diritto e sottile, quasi quanto la matita che le fermava scompostamente i capelli in cima alla testa.
"Urlano moltissimo." - constatò, parlando con Angel senza riuscire a districarsi la sua amata Cordy di dosso.
"Hai ragione."- Rispose distrattamente il vampiro bruno, gettando un'occhiata preoccupata all'interno della stanza. Vedeva Spike di spalle e Faith, seduta sul divano… ma soprattutto li sentiva tutti e due. E non era certo di poter ripetere buona parte delle parole che si stavano dicendo senza arrossire.
E Wes sembrava avere lo stesso problema di educazione.
"Doyle… hai visto…" - sospirò melodrammatica Cordelia, guardandolo in faccia - "Nessuno apprezza la mia fatica.. i miei pavimenti, i miei pavimenti lucidi…"
"bhe, Principessa…" - ribattè lui serio, mentre l'abbracciava di nuovo, affranta - "Dopotutto… c'è di peggio…"
Tornando a fissare perplesso la spada piantata nel corrimano, sei metri sopra le loro teste.

Ed i guai erano appena cominciati…

"Scusate…" - mormorò sbrigativamente una ragazza bionda, apparsa dal nulla.
Non era molto alta di statura ed aveva un'aria famigliare.
Angel si voltò appena in tempo per avere una fuggevole visione dei suoi capelli ondulati sopra una camicetta rossa ed una gonna leggera e fiorata, mentre marciava spedita, passando tra lui e Doyle.
Entrando nella stanza.
Faith interruppe la frase nel momento stesso in cui la vide afferrare il vampiro biondo per un braccio, obbligandolo a voltarsi.
Brutale.
Il suo istinto di cacciatrice riconobbe un pericolo e Faith scattò in piedi , combattiva.
Per poi fermarsi di botto.
Perché la ragazza non l'aveva colpito.
E se le era sembrata bellicosa, era solo perché… perché gli saltata addosso!
Baciandolo.
Posandogli deliberatamente le mani sul fondoschiena.
Afferrandolo, per il fondoschiena.
Gli occhi di Faith divennero enormi, grandi quasi quanto la sua bocca. E la bocca di Cordelia.
La ragazza lo stava violentando!
E nessuno faceva niente…Nemmeno Spike!
Anzi!
Non aveva avuto nemmeno un'esitazione, nell'afferrarla e stringerla. Le sue mani si erano riempite di quella stoffa leggera, alzandola, lasciando intravedere gambe tornite e delineando fianchi morbidi. E decisamente caldi.
Wes si lasciò andare indietro, sulla poltrona. Di colpo la temperatura doveva essersi alzata… oppure doveva avere le allucinazioni, ragionò, slacciandosi il colletto, perché vedeva qualcosa di decisamente impossibile…oltre che imbarazzante…
Nessuno accennava un respiro. Annichiliti contemplavano quella violenta prova ormonale senza riuscire a formulare un pensiero coerente….
O una domanda…
O un commento…
Nemmeno una reazione.
Nulla.
Un fiume in piena.
Spike ne fu travolto, nell'attimo stesso in cui quel calore e quel corpo lo avvolsero. In una morsa violenta. Prepotente, abbastanza da fargli dimenticare la visione di Faith che si librava sopra di lui.
Incurante, come Buffy. Buffy, che gli era sfuggita dalle dita…
Qualcosa si risvegliò in lui, fortissimo.
Da qualche parte, in fondo al cuore, il suo demone prese forza, riconoscendo un suo simile, cibandosi di lui.
Traendo da quel contatto selvaggio un appagamento che non sperimentava più da tempo. Come se dalle labbra sgorgassero di colpo, evaporando, la rabbia e il dolore. Senza la certezza di poter controllare i suoi lineamenti, il suo corpo e la sua anima allo stesso tempo.
Un contatto che si rese conto di desiderare disperatamente solo nell'attimo in cui fu stabilito. E, quando si sentì pronto a gettarla a terra e spogliarla, per finire ciò che aveva cominciato, con una furia inumana, ne fu atterrito.
Abbastanza da respingerla. Per quanto possibile.

Si liberò dalla stretta. L'afferrò per le spalle e se la sfilò letteralmente dalla bocca.
Ansimando, domandandosi perché di colpo il sangue gli ribollisse in quel modo.
Guardandola in viso e rassegnandosi all'idea che lo stesse ancora tenendo per il retro dei pantaloni. E che, conoscendola, non avrebbe facilmente mollato la presa.
"Anya…" - mormorò, cercando di riacquistare lucidità, fissandola nei suoi occhi falsamente innocenti - "Si può sapere cosa è successo?"

"Avevi ragione tu." - spiegò lei, serissima - "E' un idiota."

In barba alla temperatura salita di colpo, il tempo doveva essersi congelato…
Spike la guardò quella frazione di secondo che il suo cervello reclamava per assimilare una frase troppo breve e semplice per avere un significato netto.

"Con permesso." - Disse, a beneficio di tutti, spingendola fuori dalla porta e giù dalle scale. Ignorandoli, prima che si rendessero conto del quantitativo di risposte che desideravano.
Abbandonandoli prima ancora che le loro menti iniziassero a concepire i perché.
Afferrando lo spolverino e infilandoselo.
Ed uscendo, sempre tenendole una mano piantata a centro schiena, mentre la ragazza si lasciava docilmente spingere.
"Ho da fare… ci vediamo dopo…" gridò, armeggiando con la giacca ed il contenuto delle tasche.

Quando la porta sbattè, Cordelia ebbe un sussulto.
"Tu hai visto…" - esclamò, afferrando Angel per la giacca e scotendolo, come suo solito - "Hai visto?"
"Sì… visto…" - mormorò lui, come un automa.
Fissando Faith che apriva la bocca e la chiudeva, aggrottando la fronte.
Come alle prese con un concetto troppo difficile.

II
Anche Spike sembrava alle prese con un concetto troppo difficile. Con una mano spingeva la ragazza e con l'altra cercava di accendersi una sigaretta. Aveva un'espressione concentrata, Anya poteva vederla con la coda dell'occhio, voltandosi appena.
Anya abbassò lo sguardo, respirando a fondo. Spike non era intenzionato a rivolgerle la parola, almeno per il momento.
Era assorto.
Ed era arrabbiato. O almeno, lo era stato, fino a quando all'ira si era sostituita la perplessità.
Eppure, qualunque cosa gli stesse battendo in petto, era circondata di un fumo malsano.
Anya respirò a fondo, protendendosi verso di lui.
Riconosceva quei sentimenti, quelle sensazioni. Le sembrava di essere nata con l'unica capacità di percepire ciò che di più doloroso e insofferente fosse nell'animo umano.
Nata umana… divenuta demone…
Vendetta…
Spike non voleva vendetta. E non voleva giustizia.
Ma in lui batteva un cuore sordo ed offuscato dal dolore.
I suoi occhi erano omogenei, di un grigio quasi pastoso.
La fiamma dell'accendino non bastava a ravvivarli. Li rendeva opalescenti, come quelli di un gatto, impossibili a decifrarsi.

Come quella volta, non molte settimane prima…

Il rumore dell'accendino la fece voltare. Sulla porta, appoggiato allo stipite, con gli occhi incuranti persi nel riflesso degli anfibi, Spike non sembrava consapevole del fatto che Anya fosse poco vestita e poco amichevole.
"Allora, fiori d'arancio o piante carnivore?" - domandò, alzando la testa. E, vedendo i vestiti delle damigelle, si rispose da solo - "Decisamente la seconda…"
"Oh, smettila." - rispose lei, finendo di armeggiare con le spalline - "Mi allacci, per piacere?"
"Sì… certo." - rispose, sfogliando con due dita una mezza tonnellata di riviste per cerimonie.
"Sei qui non invitato. Allacciami e non fare storie." - ribattè, voltandosi e mostrandogli una schiena nuda e sottile affogata nel tulle.
"Sono qui invitato da Dawn." - puntualizzò, infilandosi la sigaretta in bocca, per avere entrambe le mani libere. Ed armeggiando maschilmente con la lampo - "Io le donne le spoglio, non le rivesto."
"Sì, certo. Intanto io mi sposo e tu sei zitello." - ribattè compiaciuta.
"Si dice scapolo, Anya. Scapolo."
"Chi se ne importa!" - esclamò, girando su se stessa - "Allora, ti piaccio?"
Era radiosa.
"Come ogni ragazza vestita di bianco." - rispose lui, prontamente - "Sai, il gusto del casto…"
"Mmm, tutto si può dire di me, tranne casta… chiedi a Xander." - replicò distratta, stiracchiando il vestito sui fianchi - "Tu sembreresti un dilettante a mio confronto…"
Finì di aggiustarsi davanti allo specchio. E quando si voltò, fu così vicina a sbattergli contro da sobbalzare per lo spavento.
"Niente respiro e niente riflesso." - commentò, guardandolo con sfida - "L'ideale per un delitto perfetto…"
ma Spike ignorò la battuta, tirando un'altra boccata alla sigaretta.
"Sei sicura di quello che stai facendo, Anyanka?" - domandò.
"Uff… tu e Halfrek mi dite le stesse cose. Fatti uno per l'altra, non c'è nulla da dire."
"Sai che ci vuole… siamo coetanei. Stessa epoca e stessi dissidi. Un caso di costume." - rispose, con un'alzata di spalle. Non sapeva nemmeno perché gli fosse sfuggita quella domanda - "Ma non mi sembra che tu abbia risposto… a Cecily cosa hai detto?"
"Ehi, smetti di fumare, mi appesti i capelli! E comunque nessuno la chiama più Cecily."
"Io sì. Era la mia ragazza, se voglio chiamarla Cecily, la chiamo Cecily."
"Giusto. E quando lo fai, dovresti dire anche: Grazie Cecily, di non avermi passato nell'acido."
"Allora l'acido non andava di moda." - replicò, cupo - "e… non cambiare discorso!"
"Sì. Sono sicura!" - rispose, interrompendolo - "Lo amo. E voglio invecchiare con lui. Sono stufa del tempo e del mondo. Voglio solo Xander e il suo amore. Ti basta?"
L'occhiata che le aveva rivolto le era sembrata interminabile.
"Mi basta." - concluse lui, sedendosi e accendendo la televisione - "Avvertimi quando arriva Briciola."

Anche allora… ma solo ora Anya riusciva a rendersene conto. Anche allora c'era quella nube in lui.
Ma lei era stata troppo felice e troppo speranzosa per prestare realmente attenzione a Spike, al biondo e sarcastico vampiro-tormento di Sunnydale.

"Spike. scusa…" - mormorò lei, con un colpetto di tosse - "Puoi smettere di spintonarmi?"
"Taci!" - replicò lui, stritolando il filtro con le labbra - "anzi no! Spiegati!"
"spiegare cosa?" - chiese lei, con aria stranita.
"Cosa? Cosa?" - Spike sbarrò gli occhi e per poco la sigaretta non gli cadde di bocca - "Uno: perché mi sei saltata addosso. Due: perché sei di nuovo un demone."
Anya stava per ribattere, quando la frase di Spike le giunse veramente al cervello.
Come aveva potuto pensare, anche solo per un attimo…
"Oh." - mormorò delusa, fissandolo - "Te ne sei accorto…"
"Anya…" - Spike si strofinò la faccia, esasperato, uniformando le macchie d'olio - "Mi spieghi come facevo a non accorgermene? Non mi hai propriamente stretto la mano…" - decisamente era a corto di parole. Allargò le braccia e la guardò interrogativo. Attendendo che si decidesse a spiegare almeno un mistero su due.
Oddio, non che le ragazze non gli fossero mai saltate addosso… ma…
Ma niente! Poteva anche saltargli addosso, gli ricordò il suo orgoglio maschile.
Il motivo era il suo innegabile fascino.
Ma doveva spiegare il ritorno della sua parte demoniaca. Subito!
"Ecco…" - Anya si torse le mani - "Sai come va, talvolta… che le persone…"
"Anya!" - si levò la sigaretta di bocca e le si avvicinò - "taglia corto! Perché sei qui!"
"Ohhh" - Anya piegò la testa e pestò un piede a terra - "Mi ha mollata! Mollata all'altare! Quel viscido, vigliacco…mi ha mollata perché non ero abbastanza per lui!" Non sembrava più l'Anya che aveva conosciuto, attaccata al denaro e con un sano senso del trucido. Adesso aveva un'espressione disperata, come se qualcosa si fosse improvvisamente polverizzato, in fondo al suo animo. Spike se ne accorse per l'attimo fuggevole in cui apparve, prima che la ragazza si voltasse, incrociando le braccia. Percepì il vuoto, come un soffio di vento freddo. Conosceva quella sensazione, l'aveva provata quando… era vivo…
No, non poteva essere. Represse le congetture, cercando di prestare maggior attenzione a quello che Anya gli stava raccontando.

Il matrimonio. Come aveva fatto a non capire?
Aveva deliberatamente declinato l'invito, non appena gli era apparso chiaro che, anche in questo caso, sarebbe stato un modo per dimenticare.
Tipico di Xander Harris. Sposare Anya a meno di due mesi dalla morte di Buffy.
Per far festa, per annegare in un tintinnio di brindisi l'imbarazzo della scomparsa. Creando una distrazione a beneficio di tutti. Ma mai, nemmeno da malfidente quale era, Spike avrebbe pensato che Harris non amasse Anya. Gli sembrava l'unica cosa positiva che quel cervello bacato avesse mai concepito.
Quindi, forte del pretesto che aveva, uno di quei casi che solo Doyle sapeva procurare, e dopo averne lungamente discusso con Dawn, era tornato per qualche giorno a Los Angeles.
E, in tutta sincerità, non si era molto curato del silenzio stampa che era seguito.
Certo del fatto che la sua piccola Briciola avrebbe chiamato, non appena i piccioncini fossero partiti per la luna di miele. Risparmiandogli smancerie e confetti.

Ed ora…

"E sono tornata demone perché mi hanno offerto i miei poteri. Perché volevo vendicarmi. Solo che… non riesco…"
Non posso… non voglio…
Sai di cosa sto parlando Spike? Io credo di sì. Amavi troppo la Cacciatrice per non sapere di cosa sto parlando. Amavi troppo Cecily, per non renderti conto di che buco può restare dentro al petto.
Un buco da cui passano le nostre inafferrabili volontà. Le nostre paure…
Non vuoi vendetta? Io sono la tua vendetta.
Tu potresti essere la mia.

La cosa era più complicata del previsto. Spike si grattò la testa pensoso, rinfilandosi la sigaretta in bocca.
"Fammi capire… lui ti ha mollata e tu vieni qui… perché…"
Era stato leggermente brutale. Ma lei fu decisamente peggio.
"A dopo le spiegazioni." - ringhiò, afferrandolo per la maglietta e aderendo saldamente alle sue labbra - "saltiamo i preliminari, baciami ancora…"
Tutto sommato non era poi una così cattiva idea...
"Anya, dannazione!" - urlò, con un salto indietro, levandole le mani di dosso nel momento stesso in cui si rese conto che stava armeggiando con la sua camicetta - "Se ho detto che devi spiegarmi, tu devi baciarmi… spiegarmi!spie-gar-mi! E smettere di lasciare liberi i tuoi ormoni."
Che sono dei gran begli ormoni…
Anya non diceva nulla. Aveva abbassato lo sguardo e, indipendentemente dalla natura di demone che emanava, la sua espressione era triste. E tradita.
"Mi serve il tuo aiuto, Spike. Voglio maledire Xander." - spiegò quieta, lasciando che le ciglia nascondessero occhi dorati troppo sinceri - "Ma qualcuno deve desiderarlo al mio posto…"
Adesso la dinamica dei fatti era un po' più chiara. Spike la fissò, mentre si riprendeva, alzando di scatto la testa.
"Qundi, dimmi subito che vuoi Xander bollito e riprendiamo da dove abbiamo interrotto!"
"E… perché?"
"Cosa perché?" - ripetè lei, senza capire.
"Perché dovrei volere Xander maledetto e soprattutto cosa c'entra il sesso!" - Spike iniziava a perdere la pazienza.
"Tu devi maledire Xander perché sono un'innocente ferita…" - spiegò lei rapidamente, sperando di essere credibile. Mentre gli occhi di Spike divenivano sempre più tondi - "Perché alla Angel Investigation fate così, aiutate gli innocenti in difficoltà… e quanto al sesso, tu mi vuoi…"

"che cosa?"

chissà se la vibrazione di quell'urlo per strada sarebbe giunta sino alle stelle, in un notte tanto limpida…

"Oh.. non mi vuoi?" - azzardò timidamente lei, inclinando un po' la testa. E sembrando più una bambola innocente che un demone della vendetta.
"Si può sapere come ti è venuta fuori quest'idea? Lo sanno tutto che sono innamorato della cacc…." - si interruppe, ricordandosi che non era vero. Era un vecchio ritornello, ripetuto così tante volte da essere ormai pronunciato in automatico.

E buffy, buffy era morta, si ricordò in un flash, rivedendola ancora, stesa nel suo stesso sangue, con gli occhi ancora sbarrati.
Come si poteva dire di amare una cosa… un corpo freddo, ormai privo di anima…Dio, Buffy, quanto mi ferivi con quella frase, e come ora mi ritrovo, con le stesse parole nella mente…

"Quale delle due?" - chiese il demone, drizzando le antenne, senza dargli il tempo di smentire.
"Nessuna! Nessuna delle due! Una più idiota dell'altra! Dicevo in generale." - ribattè lui rapidamente, cercando di sviare il discorso - "Ed in base a cosa avresti deciso che voglio saltarti addosso?"
"Non mi sembra che tu mi abbia respinto, prima…"
Prima? Prima quando? Quale delle due volte in cui ti avrei strappato i vestiti di dosso? Spike si morse la lingua, censurando quei pensieri caotici che stavano cercando di uscire.
Anya lo fissava e aspettava. Non le passava nemmeno per la testa di ridurre l'imbarazzo del vampiro.
Se di imbarazzo si poteva parlare…
"Anya, la risposta è no."
"No?"
"NO. Decisamente no. Non ti permetto di saltarmi addosso e non sarò complice nello scotennamento del decerebrato."
"Bollitura." - corresse lei, mettendo il broncio - "Lo voglio bollito, non scotennato."
"Fa lo stesso." - Spike lanciò la sigaretta e Anya ne seguì la scia rossa della brace che andava a schiantarsi a centro strada - "La risposta non cambia."
Ma non fece commenti in risposta a quel diniego.
In cuor suo non sapeva se sentirsi sconfitta o sollevata.
Xander sarebbe vissuto.
E lei sarebbe restata demone per l'eternità.
E, tra loro due, mai sarebbe divenuto chiaro chi fosse realmente sconfitto.

Sembrava avvilita.
E Spike, che l'avrebbe volentieri consolata a suon di baci, si fissò la punta delle scarpe, in cerca di una frase garbata da dire.
"Anya… senti… visto che sei qui… andiamo a bere qualcosa?"

III
"Per essere un demone." - brontolò Anya - "Ti comporti proprio da uomo…"
"Perché?" - si voltò sorpreso, puntellando meglio il piede sul cruscotto - "Adesso che ho fatto?"
"Quando hai detto che mi offrivi da bere…" - Anya bevve un'altra sorsata dalla bottiglia e la passò al suo interlocutore - "Pensavo mi portassi in un locale…"
"Nel cassetto ci sono i bicchieri." - replicò lui, allungandosi sulle sue ginocchia per trafficare nel cruscotto. Ed estrarre una coppia di bicchieri da tequila.
Los Angeles si stendeva ai loro piedi, delineata dalle luci. Era uno spettacolo atroce ed affascinante, agli occhi di entrambi.
"Dio…." - sospirò lei, mentre lui la fissava alzando un sopracciglio con sorpresa - "La prima volta che sono venuta qui non c'era nulla…"
"Sul serio?" - chiese, rendendosi conto, per la prima volta, di quante cose Anya potesse conoscere. Era la prima volta che si soffermava realmente a riflettere sul fatto che quella ragazza tanto minuta potesse avere alle spalle un'esperienza millenaria.
"già…" - tacque un secondo. Prima di riprendere con il solito tono - "Vedi, c'era la figlia di un puritano che aveva avuto…"
"No, frena! So benissimo come vanno a finire i tuoi aneddoti! E per l'uomo che ero, ti invito a piantarla!"
Non aveva fatto in tempo a mordersi la lingua. Bevve un'altra sorsata direttamente dalla bottiglia e cercò di diventare invisibile.
"In effetti quella volta ti è proprio andata bene…" - commentò lei, con il tono di chi la sa lunga.
E l'occhiata che ottenne fu indecifrabile.
"Possibile che Cecily non abbia ancora imparato a stare zitta?" - brontolò lui, scavalcandola di nuovo e aprendo di nuovo il cruscotto. Era evidente che Anya della sua vita umana e privata sapeva abbastanza… di tutte le amiche che poteva farsi… Cecily!

Sempre Cecily!
Una ferita destinata a non rimarginarsi.

Cecily…

Com'era bella…ancora la sognava, talvolta. La sognava incoronata delle luci pastello fatte per gli occhi umani. In una lattiginosa cornice di ricordi e di sensazioni ormai precluse dalla sue mente.
Cecily era ancora la regina del suo inconscio…

Saliva le scale, stringendo il ventaglio e un lembo della gonna tra le dita. Gli piaceva attendere di vederla passare, restando accanto alla pesante tenda damascata, di fronte alla porta del giardino d'inverno.
Sapendo che sarebbe scivolata nella luce dei candelieri, con occhi dai riflessi viola.
Per quella sera aveva acconciato i riccioli in un complicato chignon. E, qua e là, come appena spuntati per inebriare con il suo profumo, piccoli mazzi di gelsomino.
Come chinava appena il capo, quando si trattava di salutare…


"E non dire che non mi riguarda, perché i fatti della mia amica Halfrek mi riguardano sempre." - aggiunse Anya, allungando le gambe fuori dal finestrino.
"Ehi, ehi, che fai!" - esclamò lui, quando la sentì appoggiarsi con la testa alla spalla.
"Sta calmo. Mi metto solo comoda. Se hai detto niente sesso, è niente sesso. A meno che tu non abbia cambiato idea…"
Era preferibile ignorarla. E poi non era così male starsene in macchina in una serata del genere con una ragazza per scaldarsi. Il suo corpo gli dava un senso di realtà, distogliendolo dai ricordi. Ricordi, per la prima volta, senza brillanti e duri occhi verdi.
"Quello che ho sempre amato di voi demoni è la temperatura." - commentò, tenendo gli occhi fissi verso la città. E sentendo i suoi lungo la linea del profilo.
"E scommetto che ne hai sedotti molti." - commentò sarcastica.
"Abbastanza." - rispose, modesto.
"E Halfrek?"
Avrebbe dovuto scommettere su quella domanda. Halfrek… chissà in base a cosa aveva scelto di chiamarsi in quel modo.
Non aveva nemmeno pensato di chiederglielo, ritrovandosela di fronte, dopo secoli…

"Anyankaaa…" - cinguettò un mantello turbinante. Con in cime una cascata di capelli scuri e ricci. Era apparsa in una nuvola di fumo ed ora, dando le spalle a tutti loro, stava posando un enorme regalo incartato in fucsia sul tavolo.
Mantello viola e carta da pacchi fucsia.
Era un incubo che feriva la sua vista sviluppata. Spike spense il televisore, stringendo gli occhi e fissando meglio quella turbinante demonessa che ancora non riusciva a vedere in viso.
"Halfrek! Mia caaara Halfrek!" - replicò Anya, raccogliendo il vestito tra le mani e saltando giù dalla pedana di prova, mentre Tara, con fare rassegnato, cercava di salvare la scatola degli spilli.
Alle sue spalle, Willow faceva altrettanto, con Dawn impegnata a sbirciare quella strana tipa.
"Assomiglia alla psicologa della scuola…" - commentò perplessa.
La prorompente sconosciuta stava inglobando Anya nel mantello. Saltavano entrambe, ridendo e tenendosi abbracciate.
"Oh Anyanka! È altamente disdicevole che tu decida di sposarti…" - commentava ad alta voce - "Ma sono coosì contenta di rivederti…"
aveva una voce calda e forte.
Una voce di una persona educata ai giochi di spirito e al non chinare mai la testa.
Altamente disdicevole…. Spike la guardò meglio, cercando di cogliere dove poteva avere sentito già una voce di quel tipo. E in quale epoca si fosse fermato il suo cervello, per usare ancora un'espressione del genere.
Un'intonazione così…
"E questo vestito! E' un amore per essere destinato a compiacere un uomo!" - aggiunse, scostandola per vedere meglio.
Mentre Anya, con movimento alla Marilyn Monroe, ancheggiando, girava su se stessa.
"Oh… Darling, sei splendida!"
Adesso non aveva dubbi. Sapeva benissimo da quale epoca e quale luogo fosse venuta fuori quella creatura tanto appariscente. Si sporse, fino a posare i gomiti sulle ginocchia, per vedere oltre la gonna a balze di Dawnie.
Aggrottando le sopracciglia.
Aspettando che si voltasse.
"Oh, Halfrek! Lascia che ti presenti i miei amici!" - esclamò Anya, sovrastando la valanga di complimenti che stava ricevendo.
E quando Halfrek, turbinando, si voltò, per vederli e seguire le presentazioni, la stanza cominciò a girare.
Ed il mondo si fermò.
"Ecco… willow, Dawn, Tara e seduto lì dietro…"
"William." - mormorò Halfrek. Sbarrando gli occhi. Degli occhi ancora color delle viole, anche se su un volto demoniaco.
Spike la guardò, sostenendo al panico. Resistendo al desiderio di mutare i lineamenti, per affrontarla.
Halfrek doveva averlo compreso. Mentre tutti la guardavano incuriositi, domandandosi dove fosse finita la sua esuberanza, abbassò gli occhi, tormentando un ricciolo, come in imbarazzo.
Ancora quel gesto... si tormentava ancora i capelli. Spike la contemplò, ricordando come, già allora, fosse l'unico gesto umano di cui era capace.
Halfrek aveva mutato i lineamenti. Quando alzò la testa, rivelò un viso squadrato e forte, in cui una bocca carnosa e piena spiccava come una frutto rosso.
Il volto dell'amore… dio, quale più grande banalità, scritta e riscritta sul taccuino di pelle…
"No, non William. Lui è Spike…" - insistette Anya.
"Anya…no." - la interruppe Spike, senza guardarla - "Ci conosciamo già. Non ci servono presentazioni."


Cecily era di nuovo innanzi a lui.
E, ironia del destino, se l'anima di Spike avesse avuto occhi… sarebbero stati i suoi.

"Lei no. Da demone no." - la amavo da umano e per l'umana che era… che mi appariva…
"E non hai mai pensato che ne valesse la pena? Insomma, dopotutto eravate tutti e due immortali…" - non le andava di farsi sfuggire la grande occasione di saperne di più.
"Dimentichi Dru." - rispose Spike, rassegnato all'impossibilità di levarsela dai piedi. "Già. L'anoressica isterica."
"Ti spiace essere più educata? Dopotutto, per quanto matta, è stata l'amore della mia vita." - e certe cose non passano mai… nemmeno se ti capitano quando non hai l'anima…
"Halfrek la chiama così."
"Cecily non è mai stata gentile con le avversarie. E comunque, non è mai stata gentile con nessuno che osasse contrariarla."
"Ha iniziato lei a chiamarti Spike?"
"Non mi ricordo…"
"Lei dice di sì."
"Può darsi…" - sarà… ma quando ci incontriamo mi chiama ancora William…
"Dice che eri un poeta tremendo."
"Detto da lei che non sapeva leggere…"
"Dice che eri un imbranato."
"Quanto parla ancora di me…"
"Dice…"
"Allora!" - si voltò a fissarla, lasciando che si puntellasse quando la spalla su cui si appoggiava venne a mancare - "La vuoi smettere di farti gli affari miei?"
"Insomma, Spike, non c'è niente di male, stiamo solo chiacchierando. Ed io di te so parecchio." - riusciva a spalancare gli occhi in un modo non adatto ai tempi in cui viveva. Dopotutto era rimasto qualche frammento dell'innocenza che doveva averla contraddistinta da viva.

Anya emanava emozioni intense. Starle vicino era come essere travolti da un fuoco troppo caldo.
Tutti in lei bruciava, di furia repressa e di potere. Era inebriante.
Era tempo che non stava a fianco di un demone del genere.
Anya era demone in tutto e per tutto. Semplicemente demone.
Non aveva gli eccessi di un'anima.
Non aveva sangue umano nelle vene per un paradossale mischiarsi genetico.
E non aveva missioni di alcun genere.
Era solo una creatura malvagia con un cuore.
Un cuore di demone. Solo apparentemente più semplice di uno umano.
"Cecily ha ragione." - disse, fissandola - "Ero un imbranato, un confuso ed un timido. E tu come eri?"
La trapassava con lo sguardo. E dentro quegli occhi racchiudeva l'esasperazione per un passato che rimpiangeva quasi quanto disprezzava. E Halfrek, quella Cecily che tanto criticava, era un perno di quel mondo perduto. Quella vita che aveva avuto lei come obbiettivo e su di lei si era irrimediabilmente infranta.
"Non voglio parlarne."
"Perché sei diventata un demone?"
"Perché ero stata tradita. E perché ero stupida ed ignorante, e non capivo mai niente di quello che mi circondava. E la vita era una bella favola!" - rispose, con uno scatto, mentre gli occhi dorati le si riempivano di fiamme.

Spike la fissò per un attimo. Per un secondo ponderò l'ipotesi di confidarsi con quella ragazza che aveva descritto così bene la vita di entrambi. Entrambi traditi da uomini e donne mortali. Li avevano amati… ed infine persi senza speranza. Perdendo la speranza stessa di una vita regolata da leggi naturali.
Decisi a soffocare ogni ribellione con lo scorrere del tempo.

Chissà chi aveva portato Anya a divenire un demone. William aveva scelto una bella straniera dai capelli scuri con le stelle nella voce suadente.
Ma anya? Perché aveva scelto una natura demoniaca al posto di una vendetta?
E Cecily? Perché Cecily aveva fatto altrettanto?

"William.. vi prego." - Cecily sorrise, nascondendo la bocca dietro la mano con gesto affettato - "Ma che sciocchezza! Innamorato! Voi! Vi prendete gioco di me!"
"Non potrei mai… miss Cecily, voi siete…"
"Vi prego!" - sobbalzò lei, posando teatralmente le mani sul divano e scostandosi, come se l'uomo potesse franarle addosso - "Non una parola di più! Non ho intenzione di ascoltare una singola parola! William, come ben sapete, la mia è un'ottima famiglia. E mi ha educata a non farmi mancare di rispetto da nessuno."
"Ma… ma io…"
"Non una parola, ho detto!" - gli occhi le si erano infiammati di bagliori di ametista - "oppure mi riterrò offesa. E sarai nei miei diritti esigere che il mio onore venga giustamente vendicato."


Eppure quella vendetta tanto ingiustamente invocata in vita, non era mai seguita al correre dei giorni.
E dio solo sapeva, quanto atroce fosse stato il piano perseguito da Spike per rendere l'altezzosa Cecily l'ombra di se stessa.
Spike l'aveva punita, fino a renderla paradossalmente una vittima. Proprio lei, la sua carnefice, la sua aguzzina. Ridotta in uno stato tale da richiedere l'intervento di un demone della vendetta, disposto ad esaudire il desiderio di rivalsa.
Perché, allora più che mai, non aveva scelto la vendetta?

"Allora abbiamo qualcosa in comune." - si limitò a commentare, tornando ad appoggiarsi allo schienale. Mentre Anya, imbronciata faceva altrettanto, rannicchiandosi contro la sua spalla.
"Non mi sono mai più vergognata tanto da allora." - mormorò, cercando di non incontrare lo sguardo del vampiro. Non riusciva ad ammettere con se stessa quello che aveva intravisto in fondo a quelle iridi chiare.
"Non hai motivo di vergognarti…" - disse, poco convinto. Poco convinto come uno che ormai da due secoli provava imbarazzo ogni volta che si trattava di nominare la sua vita mortale.
"Io sono sbagliata, Spike. Xander non mi ha voluto…" - tacque. Avrebbe voluto recriminare sul fatto che nemmeno spike la voleva… ma non era poi un particolare rilevante, alla fine dei conti.
Non se pensava a Xander.
Xander che la guardava e le diceva che non voleva sposarla.
Xander che credeva più ad uno sconosciuto che a lei, che al suo cuore.
Xander che si dichiarava dispiaciuto.
Xander che quando sorrideva le scaldava stranamente il centro del petto.
Il sospiro che le uscì dalle labbra fu talmente forte e sentito che Spike si girò a fissarla.
"Sei sicura che il verme si meriti tutti questi sospiri?"
"Non chiamarlo verme…" - aveva risposto senza pensare. Aveva appena difeso l'uomo che l'aveva vigliaccamente illusa e poi lasciata.
"Come no. Tra un attimo mi dirai anche che è stata mia l'idea di cuocerlo a fuoco lento…" - Spike scosse la testa, divertito - "Anya, dimmi una cosa. Perché sei tornata demone? Non potevi dire alla tua Halfrek di crocifiggerlo e levarti il pensiero?"
Anya scosse la testa, tirandosi a sedere.
Non era una cosa così semplice.
Non riusciva più a vedere il mondo in bianco e nero. Per quanto si sforzasse, il suo desiderio di vendetta si scontrava con una forza opposta… come se il suo animo si lacerasse ininterrottamente, cercando di correre in due direzioni differenti.
Lo guardò, disperata. Un groppo le ostruiva la gola, impedendole di articolare una spiegazione, una risposta lecita.
Ma Spike avrebbe capito, si ripetè. Non era venuta a Los Angeles, non fosse stata certa di questo…

"Oh, Anyanka…." - Halfrek la avvolse in un turbinio alla magnolia e seta viola -"Eccoti qui… sapessi quanto ti ho cercata."
Stava seduta per terra, al centro dell'appartamento di Xander. L'aveva atteso a lungo. Ma lui non era più tornato. Era uscito dalla chiesa e se ne era andato.
Ed Anya aveva atteso a lungo, tormentando le balze del vestito fino a strapparle.
Piangendo.
Annientata.
Rivivendo nella mente la scena, ininterrottamente. Senza riuscire mai, con la sola forza del pensiero, a cambiare gli eventi.
Si aggrappò all'amica, singhiozzando.
"Oh, Anyanka… avrei tanto voluto essermi sbagliata." - gemette, torcendosi le mani - "Ma era un uomo… e da lui non ci si poteva aspettare altro…"
E fu allora che se ne rese conto.
L'afferrò per le spalle, obbligandola ad alzare la testa. Per fissarla negli occhi, mutando volontariamente i lineamenti. Tornando al suo viso umano, a mostrare gli occhi chiari e gli zigomi larghi e regolari.
"Anya…" - sussurrò, chiamandola per la prima volta con nome umano - "Perché l'hai fatto? Perché … di nuovo un demone…"
le mancavano le parole. Ed Anya non la stava più ascoltando. Piangeva, rannicchiata sulle sue ginocchia, lasciando che i capelli scivolassero via dalla complicata acconciatura.
Halfrek le accarezzò la testa, ammutolita.
Se l'aveva cercata era stato per darle l'occasione di vendicarsi. Per sentirla esprimere la rabbia che solo l'amore può provocare… per sentire sulle mani il sangue di quello stupido ragazzino capace di giocare… ancora…
Ma Anya era divenuta troppo umana.
Troppo.
Più di quanto probabilmente fosse mai stata.
Anya era sconfitta. Come possono essere solo le persone che ancora accettano di riporre la loro fiducia dopo essere state orribilmente tradite.
Dagli altri.
Da loro stesse.
Anya, come lei, non aveva saputo vendicarsi.
Ed ora non avrebbe potuto più farlo. Era demone. E non poteva esaudire i suoi stessi desideri di rivalsa.
Un demone dal cuore spezzato…
Come potesse essere più semplice, alfine, rinunciare alla propria debolezza. Rinunciare all'amore, all'umanità, all'abbandono…perdere tutto questo, per affogare nel lato più oscuro della sua anima, rifiutando ciò che di positivo era in lei.
Ciò che la persona che amava non aveva visto.
Che non aveva compreso…che aveva saputo solo rifiutare, nella paura del confronto. Xander poteva provare a convincersi che era meglio per entrambi. Ma l'aveva fatto solo per se stesso.
E fu allora che, seguendo una lunga fila di pensieri sconnessi, si era finalmente resa conto di comprendere perfettamente Anya e Xander... perché, in un'altra vita… a modo suo… era stata entrambi…

Chiuse gli occhi e lo rivide. Rivide gli occhi di ghiaccio orribilmente annientati. Lo vide voltarsi e scappare. E ricordò come intuì, con un attimo di consapevolezza presto sepolto da mille sciocchezze rassicuranti, che non l'avrebbe più rivisto.
William, il poeta fallito. Ed i suoi occhi puri. Colpevole solo d'amore.
Lei l'aveva ucciso. Ed ancora non sapeva che non si sarebbe mai più perdonata quel delitto.

William… e l'illusione di saperlo salvo, quando conobbe Spike.
Un attimo, un singolo attimo di gioia, pagato a così caro prezzo.
Spike. Il demone che di lui aveva il volto. Ed i suoi occhi, come vetri incrinati.

Era stata lei a spezzare quel cristallo.

E fu lei a innamorarsene disperatamente.

Spike sciolse ogni suo nodo, finendo con irretirla e distruggerla. Renderla schiava, facendole rimpiangere William e quel modo discreto di sfiorarle la mano. Rendendola, ogni giorno, parte di un amore sbagliato eppure indispensabile.
Come il rimorso.
E per quel cristallo spezzato aveva punito se stessa.
Divenendo demone, come lui, rinunciando alla vendetta…
Lui…

"Anyanka…" - si chinò, per parlarle, così vicino all'orecchio da essere certa che le prestasse attenzione - "Parti. Va' via. Vai da… vai da William…"
Anya la guardava, senza capire.
"William. Spike." - le ripetè - "Vai da lui. Solo Spike può sapere cosa si prova. Solo lui può aiutarti."
Le asciugò le lacrime, frettolosamente. Con durezza.
"Sei un demone, ora. Sei forte, puoi sopravvivere anche a questo. Dovrai andare avanti. E William saprà indicarti una strada… che forse non sarà la migliore… ma sarà meglio di niente." - l'abbracciò, con un sospiro, sentendo i suoi sforzi per calmarsi - "Lui sa bene come un demone può arginare un dolore…"

Spike…
Anya aveva riflettuto su quel consiglio, mentre Halfrek, contrariamente alla sua natura demoniaca, la stringeva e la cullava. Pensò a Spike, al suo cinismo duro ed alla sua irriverenza. L'unico che avesse dubitato della sua scelta.
L'unico che aveva saputo, con un semplice abbraccio, infonderle un conforto senza pari. Un conforto fatto di durezza. Con il sapore del tempo e dell'oscuro, di quando il dolore si fonde con la rabbia.

Ed una lacrima le scivolò dallo zigomo. Rimase inginocchiata sul sedile, con le mani compostamente intrecciate e posate sulle ginocchia. I capelli le ricadevano sulle spalle, addolcendo i lineamenti spigolosi.
Piangeva senza muoversi, come aveva fatto quel giorno, il giorno del funerale di Buffy. Quando Spike non aveva saputo resistere al desiderio di stringerla forte, di abbracciare lei e le parole che aveva sussurrato. Prima ancora che Xander muovesse un passo, ricordandosi di essere un uomo. E che un altro stringeva e capiva la sua Anya meglio di lui.

Già allora, Anya, mi hai guardato con questi occhi… perché, perché, dannazione!
Perché anche tu credi così in me e nelle mie forze. Cosa ti fa pensare che avrai la risposta che cerchi… anche tu, come Dawn…
Io non ho salvato Buffy. Ed ora non ho armi per salvare nessuno di voi.

Scosse la testa di nuovo, prima di guardarlo in viso.
"Non potevo… non avevo il coraggio di desiderarlo sul serio…"
"Ed allora hai scelto di rinunciare alla natura umana…" - concluse Spike, guardandola - "perché, prima o poi, qualcuno desiderasse al posto tuo."
E lei annuì, lottando con le lacrime e l'angoscia. E rifiutandosi di parlare.

Spike la fissava. E mai i suoi occhi erano stati così duri e profondi. Grigi, non più del colore terso del cielo. C'era un demone in quelle profondità, avvolto su spire, stretto intorno ad un'anima martoriata. C'erano due solitudini in lui, quella dell'uomo e quella del demone. Incapaci di fondersi.
Come in lei. Troppo forti i due mondi, uno contro l'altro, in uno stesso cuore, in uno stesso corpo.
Lo guardò disperata e Spike si protese ad accarezzarle una guancia.
"Senti un po', piccolo demone." - disse, raccogliendo una lacrima con il pollice e sorridendole complice - "Se ti fa piacere, ti vendicherò. Ma da gentiluomo, accendendo questa macchina e andando a Sunnydale a gonfiare di botte quello stupido che si è perso l'occasione della sua vita. Oppure…"
lo guardava speranzosa, accennando un sorriso involontario.
"Oppure ti lascerò piangere, ti terrò stretta e ti consolerò fino a quando non avrai più lacrime." - aggiunse tristemente, cingendole il collo e trascinandola sul suo petto - "Piangi, piccola."
Piccola…
Sei un demone, Anya.
E purtroppo non sarai l'ultimo a versare lacrime per un cuore spezzato.

IV
"Sai…" - mormorò Anya, finendo di soffiarsi il naso - "La tua idea di venire qui non è stata poi così cattiva…"
Si sentiva decisamente svuotata. Parole e pianti l'avevano pulita e spossata allo stesso tempo.
Ed aveva irrorato le sue cronache con alcool abbondante, bruciandosi la gola.
Spike aveva fatto altrettanto, aggiungendo un po' degli incubi di Anya ai suoi, respirando un po' di rimpianto. Pensando con tristezza al vestito da sposa che si era strappata di dosso… quel vestito che Dawn aveva descritto come buffo e che gli era sembrato un po' l'emblema di quella grande vitalità che contraddistingueva Anya.
Anya, che gioiva per poco e che dichiarava il guadagno un risultato del vero patriottismo.
Che sapeva sorridere di nulla… e che ora soffriva per ciò che non poteva accettare. Da demone. E da umano.

Era ironico.
E sorprendente.
Ancora una volta la natura umana, insita in loro, lo stupiva e lo tormentava.
Perché Spike si era sempre definito una persona fantasiosa…
Ma mai avrebbe pensato di ritrovarsi sdraiato sul cofano della Desoto a bere tequila con un demone della vendetta, mancata sposa novella.

Con una bottiglia priva di risposte.
Ed una manciata di ricordi scomodi.

non urlava più.
I suoi occhi erano grandi e sbarrati.
La sua bocca tondeggiava per un urlo non espresso.
Un urlo muto sostituito dal lino strappato, dalla sua lunga camicia da notte.
Paura, fino a quando Spike non alzò la testa, sfoggiando un sorriso.
Complice e sottile.
E orrendamente falso.
La bocca di Cecily si inarcò in un sorriso spontaneo, mentre lo afferrava per la nuca e si spingeva contro di lui.
Con il corpo.
Ma soprattutto con lo spirito.
Lui la guardò, con un lampo di sardonico trionfo negli occhi.
"Adesso? Adesso non hai più preoccupazioni per il tuo onore?"
"Amore… William." - ansimò, aggrappandosi alla sue spalle, rendendosi conto di essere nuda - "Tra noi c'è solo amore…"

Amore… quale grandissimo inganno poteva essere.
Quale eterna illusione per un vampiro a caccia e per una donna ormai perduta.
Spike chiuse gli occhi, cercando di scacciare dalla mente il volto di Cecily. Senza riuscirci. Cecily lo trapassava con quegli occhi, con l'insistenza di una risposta. Appellandosi a lui come mai aveva fatto in vita.

Perché?
Che motivo c'era di immaginarla così proprio ora?

"Sul serio picchieresti Xander per me?"
"Molto volentieri. Lo picchierei per l'idiozia che, come al solito, riesce a manifestare." - ammise, incrociando le braccia dietro la testa e guardando la notte sopra le loro teste. Quasi fosse stufo di rimirare tutte quelle luci isteriche che coloravano il profilo cittadino. I pensieri gli si accalcavano nella mente, sovrapponendosi, passato e presente, e scavalcandosi.
"Sul serio Cecily parla ancora di me?" - domandò sovrappensiero. Dopotutto, era stata lei a consigliare ad Anya di andare da lui. Dopotutto era lei che adesso gli riempiva la mente, come allora.
Cecily… il fantasma del passato che, tutto sommato, lo conosceva veramente troppo. "Adesso un po' meno. Ti importa ancora di lei?"
"Non come mi importava allora. Eravamo ragazzi. Ora lei è un demone. Ed io un vampiro. William e Cecily sono svaniti da tempo. Trovo solo ironico che di quella vita che mi sembrava perfetta, rimanga solo lei. E che il resto sia polvere."
Che strano, rendersi conto solo ora… Cecily e William, uccisi dal dolore. E dalle ceneri dei loro cuori, Halfrek e Spike.
"Anche lei dice qualcosa del genere…" - la tequila iniziava decisamente a farle girare la testa - "E dice anche che l'amavi tanto…"
"e su questo ha perfettamente ragione. L'amavo decisamente troppo." - rise di quel ricordo - "Ed abbiamo avuto un paio di notti decisamente interessanti… io, lei e Dru…"
"Perché non l'hai uccisa?"
Bella domanda.
Forse perché, se si concentrava, poteva ancora vederla con gli occhi di allora. Ricordarla con il vestito dal collo alto in pizzo che faceva risaltare i lunghi capelli scuri e ricci. E gli occhi splendenti e alteri.

E soprattutto ricordava il buco che gli aveva fatto nel cuore.
Fino all'ultimo, quando l'aveva vista implorare per non essere lasciata. Per divenire una creatura della notte. Per ottenere un'eternità insieme. La stessa che da William aveva rifiutato, in un angolo poco illuminato del grande salotto di casa.
"Cecily non è mai stata stupida." - mormorò, come se questo spiegasse tutto - "Ma era sensibile solo verso se stessa e la sua sensibilità. Volevo che provasse sulla sua pelle le conseguenze delle sue scelte."

E non ho avuto bisogno di ucciderla, quando l'ho vista ammutolire nel disprezzo per se stessa. Mi sono semplicemente incamminato e l'ho abbandonata.

Traditrice degli altri… tradita da se stessa.

"William.. tu non puoi…" - singhiozzò Cecily, rannicchiandosi maggiormente nell'angolo. I capelli le ricadevano disordinatamente sulle spalle, incoronandola e facendola sembrava una belva terrorizzata.
"Ti sbagli. Io posso. Io non sono William. Io sono Spike." - si era accoccolato sui talloni, per parlarle. Eppure incombeva e gettava su di lei un'ombra buia - "Ed a Spike tutto è concesso."
"Tu… tu mi ami… non puoi vivere senza di me…"
"Fai confusione." - l'ammonì, accompagnando la critica ad uno schiaffo che la fece sbattere contro la parete - "per William eri il sole…William ti amava… non poteva vivere senza di te…ed infatti… è morto…."
L'aveva sibilato, venendole vicino, perché vedesse chiaramente le zanne ed il sangue. Mutando i lineamenti per la prima volta.
"Adesso, dall'ombra, la luce mi abbaglia…" - mormorò, in un ringhio - "E tu non sei che una stella spenta…"


Ed anche se era stata una vittoria, e ne aveva gioito fino all'esasperazione, Cecily era rimasta una goccia troppo amara, impossibile da dimenticare.
"Lei aveva respinto me ed io respinsi lei con la stessa dinamica." - concluse. E si voltò, per vederla, mentre si infilava in macchina dal finestrino per armeggiare con la radio - "Mi stai ascoltando?"
"Certo." - ribattè lei, camminando intorno alla macchina, traballante sui sandali - "Mi stavi dicendo che sei stato respinto, e poi sei stato un bastardo per il suo bene. Tutti uguali voi uomini…"
"Ehi, non farmi righe con i tacchi sul paraurti!" - esclamò lui, scattando a sedere per tendere una mano e aiutarla a salire sul cofano - "E poi, mi dici da che parte stai?"
Poteva essere vagamente ubriaca, ma la sua occhiata fu comunque eloquente e priva di equivoci.
"Giusto…" - annuì lui - "Domanda superflua."

"Se Xander ci vedesse…" - ridacchiò, a quel pensiero. Domandandosi perché quella risata suonasse così dura e disperata, in una notte tanto stellata e limpida.
Ed a fianco, con gli occhi alzati verso lo stesso cielo, un vampiro biondo assorto in chissà quale pensiero.
"Se Xander ci vedesse…" - commentò - "Io rischierei un paletto… e non sono sicuro che me lo piazzerebbe nel cuore…"
Anya rise istericamente, appoggiandosi alla sua spalla, mentre le lacrime tornavano a scendere. Sdraiata sul cofano di una vecchia macchina, posando le gambe nude sulla lamiera tiepida e cingendosi il corpo con le braccia, non poteva fare a meno di pensare a quanto la vita le avesse offerto. Ma che mai, istante dopo istante, da demone o da umana, ci fosse stata un momento tanto buio e denso.
E Spike la fissò sorpreso. Era così bella e così fragile… eppure avrebbe potuto ucciderlo. Era un demone, e lui non riusciva a scindere ciò che vedeva da ciò che sentiva.
Anya emanava un potere forgiato dal tempo e dal dolore.
Anya era un demone per un amore tradito, al pari di lui…

"Senti un po', ma non è che, per caso, sei un demone che non regge l'alcool?" - azzardò, cercando di zittire quelle considerazioni.
"Non lo so." - rise lei - "Non ricordavo di averne bevuto."
"Oh cielo." - sospirò il vampiro, mentre Anya gli posava il mento sullo stomaco e gli abbracciava la vita.
"Senti Spikey… perche scei così gentile con me?"
"Io sciono gentile con un sacco di gente." - ribattè lui, sorridendo suo malgrado innanzi gli occhi troppo brillanti e le guance troppo rosse - "Sei una brava ragazza, Anya. Ed io, in altri tempi ti sarei saltato volentieri addosso e reso molto felice. Solo che adesso…"
Anya alzò la testa, per fissarlo, sbuffando, per levarsi un ricciolo dagli occhi.
E Spike la contemplò, domandandosi dove l' avrebbero portato quello sguardo e quelle lacrime. Rendendosi conto troppo tardi di quella frase che non aveva formulato.
"Solo che adesso…" - l'incoraggiò, ridacchiando e solleticandolo con i capelli, sulle braccia nude. E strofinando il viso sul suo petto. Sui suoi muscoli…
"Nulla… non così importante…"
"Meglio… sono stanca delle persone che vogliono dirmi cose importanti. Risposte, risposte, risposte… ma chi le vuole, tutte quelle parole…"
L'aveva detto con un tono a metà strada tra il petulante e l'esasperato. E Spike si ritrovò a riderne. E ad essere d'accordo.

Le risposte… quale più grande beffa. Erano realmente prive di importanza, rispetto alle domande. Eppure, vivere senza risposte... o vivere avendone troppe…

Rimase assorto, fuggendo dietro quei ragionamenti. E scoprendo di aver chiuso gli occhi solo quando le labbra di Anya si posarono sulle sue.
Lontano, da qualche parte, stava suonando una musica lenta. Gli sembrava di sentirla, fin dentro allo stomaco. Rimase fermo, assaporando quel contatto, ricambiandolo pigramente, senza osare guardarla.
Deridendo se stesso nel correre con il pensiero ad una altra ragazza che mai aveva posto dolcezza nello sfiorarlo…

Buffy… alla fine se ne era andata, a modo suo, con un messaggio di speranza. Tutti sembravano coglierlo, tranne lui.
A lui restava solo la sensazione sgradevole della non vita di lei.
Di buffy che trovava più facile non tollerarlo, ma era capace di mostrarsi in lacrime senza vergogna. Di buffy che pendeva dalle sue labbra, per sentirsi parlare di altre ragazze come lei e negava l'importanza di quella conversazione con il disprezzo.
Quanto tempo era passato… domande, risposte, la sfida e la danza.
Solo forza. Mai nessuna dolcezza. Mai.
Per sé stessa. Per Dawn. E perché mai avrebbe dovuto averne per Spike.
E in quell'unico loro bacio rubato, in un attimo di follia, restava solo il ricordo della violenza. Della falsità, della finzione.
E del muto rancore con cui si erano separati.
Rancore per loro stessi e null'altro che sapore di solitudine sulle labbra.

Solitudine. Anche Anya sapeva di solitudine e di rabbia. Eppure aveva labbra calde e morbide. Una via per una nuova consapevolezza…
Un sapore dolce, come il rimpianto e la nobiltà.
Si scostò appena, scivolando con le dita su quelle braccia calde. Accarezzandole la pelle, leggermente.
"Tu vuoi essere amata. Ed io questo non posso farlo." - disse, con un lampo serio negli occhi grigi - "Posso baciarti e strapparti i vestiti di dosso, ma non sarò mai abbastanza. Non sarò mai Xander che, per quanto deprecabile, è l'uomo che ami. È questo che vuoi? Un'illusione d'amore?"
"Non so. Non so cosa voglio." - ammise, in un sussurro - "Da quando Xander è andato via, non ho più desiderato nulla. Non posso desiderare… un demone non può desiderare nulla. La vendetta non è un desiderio, è solo un istinto. Potessi desiderare, vorrei solo tornare indietro e morire..."
"Anya…"
"Morire… anche quel giorno volevo morire… quel giorno. Non so che giorno fosse, il tempo dalle mie parti era il sole che calava e le foglie che ingiallivano. Faceva freddo ed io volevo cadere nel fiume. Ero al fiume per quel motivo, andavo a morire e uno strano essere mi ha fermata…"
Parlava come in trance. Lo sguardo ancora fisso, le mani ancora sul petto di Spike, ma nella mente le sensazioni di un vita ormai irrilevante.
"E' strano. Non ci avevo mai pensato… volevo morire… e se lo avessi fatto…"
"Ehi. Guardami" - Spike le afferrò il mento, per bloccarle lo sguardo con lo sguardo - "Non voglio nemmeno sentirti dire queste cavolate. Non servono a nulla. Non sei morta. E adesso non vuoi farlo. Hai paura ad essere viva, eppure vuoi esserlo. C'è forza, in te…"
"No…" - sussurrò lei, scotendo la testa. Le labbra di Spike, fredde eppure accessibili le avevano provocato un brivido. Un gusto proibito che non era fatto di sentimenti umani. E mentre Spike seguitava a parlare, questo dubbio si faceva strada prepotentemente.
Era l'inizio della perdita del controllo. Ed era il ritorno della parte demoniaca di se stessa. Essere demone ed ancora non volerlo essere, quale orribile scissione…

Per le prima volta da molto tempo sapeva cosa desiderare.
Voleva sentirsi senza freni.
Voleva sentirsi solo un corpo di pura fisicità. Non voleva più pensieri, voleva solo perdersi definitivamente. Voleva che il suo demone si sopisse in uno stremato silenzio. Voleva e, paradossalmente, voleva dare tutto questo a Spike.
Era strano… solo ora si rendeva conto che il freddo non proveniva dal suo corpo, ma dal suo spirito. Spike era fatto di ghiaccio, come i suoi occhi.
E la sua voce vibrava di un'irritazione e di un dolore così simili ai suoi…

"Cosa è più forte in te, Anya? La donna che soffre, o il demone che urla di rabbia?" - chiese ancora, mentre gli occhi assumevano una maggiore sfumatura metallica, fredda - "Cosa senti di più? Il cuore batte o si lacera?"

Parlava ad Anya oppure a se stesso?
Voleva risposte? Oppure domande?

In lui c'era tempesta.
Sentiva il tumulto crescere, facendo pulsare ancora più veloce il sangue. Sentiva risvegliarsi ogni istinto. Si protese, fulmineo, premendole una mano sulla nuca. Per spingerla verso la sua bocca. Per baciarla ancora, con una violenza maggiore, lasciando che le mani di lei si insinuassero, rabbiosamente, graffiandolo e stringendolo, perché non le sfuggisse.

C'era in lei quella tensione che solo Dru sapeva comunicargli, la resistenza che pochi oppongono al tempo e alle stelle.

Abbandonò la testa indietro, rendendosi conto solo in quell'attimo, di stringerla tra le braccia. E di sentire il suo capo sul petto. Ed il suo respiro scivolargli sul collo.
Chiuse gli occhi, come colto da vertigine.
"Io non posso essere la risposta ad entrambe le cose. Io sono ciò che il tuo demone desidera, un complice, un alleato. Non un consolatore. Forse non ho la forza per affrontare il dolore… forse non ricordo veramente cosa significa essere umani…"

Anya, come Dru, si ribellava a se stessa, alle risposte che non aveva voluto, alle soluzioni che la vita le aveva concesso.

Anya si ribellava e si lacerava rifiutando di essere un demone. Era impregnata, impregnata dell'amore umano, quello disfattista, quello che quando cessa porta via con sè il mondo intero. Anya sapeva delle scelte sbagliate che talvolta si fanno per un buon motivo.
E mentre la stringeva tra le braccia e litigava con i bottoni della camicetta che a stento riusciva a mettere a fuoco, non poteva non pensare alla parte di sé rimasta intrappolata nel primo amore. In quello più vero.
Nell'amore morto senza essere rivelato, dentro il rancore di un demone.

"Prendimi con te…." - rantolò Cecily, girando la testa quel tanto che bastava da bagnarsi le guance con il sangue che ancora perdeva dalla gola e dal seno - "Anch'io nella notte… la luce…"
"Sbagliato… qui cessa la tua luce… " - sussurrò, sdraiandosi a fianco e abbracciandola - "Ora sei rifulgente… godrai in eterno dello splendore che hai creato…"
si alzò, chinando lo sguardo.
"Guardami… sono io la luce che hai acceso. Guardami… perché è l'ultima volta…"
si voltò ancora, solo un istante, prima di scavalcare il davanzale.
"E sii felice… ti auguro una vita lunga e prosperosa…"
Cecily sapeva… si sorprese a pensare. Sapeva cosa poteva essere il dolore in un demone.

Lei era bruciata nel fuoco della sua rabbia, senza vederne la fine. E ne era uscita indenne e disperata, con troppe risposte che non voleva. Si era condannata in eterno alla consapevolezza del proprio abbandono e, con essa, dei propri sbagli.

Cecily aveva compreso molto più di quanto Spike credesse. Ed ora gli offriva Anya su un piatto d'argento.
Solo fuggevolmente, e con vergogna, Spike vide in Anya la vendetta di Cecily. Ma sapeva di sbagliarsi.
Ed era pronto a calare la scure. A colpirla e ucciderla del tutto.
Perché da quel fuoco inestinguibile risorgesse… e tornasse a vivere.

Spike doveva ucciderla. Liberare il suo demone, il demone di entrambi.
E attendeva solo un pretesto. Un misero pretesto per farlo.

Tutto era una farsa.
Tutto era caos. Le sue mani, sul corpo di anya, le mani di Anya sul suo. Solo passione e furia.
L'ordine delle cose era cessato, affogato in un turbine di urla e luce.
Morte, amore, demoni, anime e Cacciatrici. Così vicini a comprendere e così lontani a capire… Gli occhi di Anya brillavano. E piangevano, riempiendolo di una ferrea determinazione. Irrigidendolo, privandola di quel conforto che le stava dando.
Un conforto effimero, per entrambi.
"Non chiedermi amore che non puoi darmi, Anya. Non darmi amore che dovrei rifiutare." - sussurrò, domandandosi come potessero essere giunti a quel punto, correndo incontrollabili attraverso mille conversazioni - "Sento il tuo demone e questo mi eccita. Non ho mai smesso di sentirlo in te, nemmeno quando l'umanità sembrava la tua unica natura. Il tuo profumo, il tuo sguardo."
Anche Anya si stava allontanando. Per quanto i loro corpi fossero ancora come fusi nel loro palpitare, la sua mente sembrava ritrarsi, innanzi a quel vampiro.
Uno sconosciuto.
Null'altro che uno sconosciuto che ora la teneva ferma, facendole male.
E paura.
"Credevi sul serio che bastasse tornare demone? Credevi sul serio che bastasse mutare la propria natura per soffocare il proprio cuore? guardami, Anya, guarda il demone che è in me…."
Anya abbassava lo sguardo, cercando di liberarsi i polsi. Non voleva. Non voleva usare i suoi poteri.
"Anya, dannazione,guardami! Credi che non sappia come puoi leggere le mie negatività? Le mie paure? Credi che in un paio di secoli non abbia fatto in tempo a scoprire le doti di un demone della vendetta? Ti basta una singola occhiata per sapere di cosa ti sto parlando…"

Chiuse gli occhi, un attimo, nel momento stesso in cui si erano infiammati.

E rivide Xander, Xander che la guardava e la nutriva con una singola occhiata d'amore. Xander, ed il suo sapore.

"Non posso, mi dispiace." - si scusò, scendendo dalla macchina e avanzando, fino ad un passo dal dirupo.
Stupendosi di come quella presa ferrea si fosse sciolta come neve al sole, innanzi al suo rifiuto.
Abbracciandosi, come se solo ora si rendesse conto del freddo che le penetrava le ossa.
Rabbrividendo.
Senza riuscire a fermare le lacrime che ancora le scivolavano lungo le guance.
Le luci… sarebbe bastato un singolo desiderio di un cuore spezzato, per spegnerle.
Ma non il suo, non il suo cuore spezzato. Al suo era negato questo lusso. Poteva solo strapparselo dal petto. O lasciare che la avvelenasse.

Spike era alle sue spalle, in piedi. Immobile, come un predatore, sapendo di non poter essere nient'altro. Era rimasto appoggiato alla macchina, la camicia aperta ed i capelli scompigliati. Fermo, a constatare come la partita apparentemente vinta fosse ancora tutta da giocare.

Anya era tornata demone, ma il suo cuore era ancora umano.

"Vuoi piangere Anya? Vuoi piangere per aver perso Xander? Accomodati, scommetto che troverai una fila di amiche fuori dalla porta." - le disse, sapendo di essere violento, guardando le sue spalle incurvarsi sotto il peso di quelle parole - "Solo che, in questo caso, hai percorso centinaia di chilometri per nulla. Io non sono un'amica da piagnistei. Sono un demone, dannazione, rimango un demone anche se ho l'anima! E tu vuoi questo da me."

Pronunciava quelle bastardate con un'irritante sicurezza. Non era l'uomo che l'aveva stretta e confortata sulla tomba di Buffy.
Non era un uomo. Ma un demone.
Un demone che con quel tono freddo e cinico la tormentava.

"Cosa ti importa di quello che voglio! Non ti importa di me come non ti è mai importato di Halfrek!" - singhiozzò, voltandosi e colpendolo. Colpendolo come una donna, si sorprese a pensare, sentendo il viso bruciargli.
"Tu sei Spike, il grande Spike! Sei tutto di un pezzo ed il sangue ti ribolle solo per le Cacciatrici. Non puoi darmi amore e non puoi darmi un bel niente! Non vuoi vendetta e non vuoi sesso. Vuoi il mio sangue? Fai pure, anche se mi sembra una scelta idiota. Sei un demone, non sai cosa sia la solitudine, la pietà, la disperazione… cosa hai per capirmi?"
L'aveva colpito, ma Spike non si era mosso di un dito.
Aveva aspettato che finisse di sfogarsi, mordendosi le labbra, per non rispondere a quelle provocazioni, a quelle ingiurie.
E fu quando giunse quella domanda, le bloccò i polsi. Piantando le unghie, facendola sussultare per il dolore, intorpidendola con una scossa.
E la guardò.
Perforandola.
"Il cuore." - rispose, semplicemente - "E tu?"

"Era questo che Cecily voleva che scoprissi. non occorre un'anima per amare. E non c'è bisogno di essere umani per soffrire." - l'aveva afferrata per le braccia. E la scuoteva, con furia mal repressa, lasciando che le frasi gli sfuggissero dalla mente prima ancora di essere realmente formulate. Parlando di cose che avrebbe voluto tacere - " Il cuore, Anya, semplicemente il cuore. Cecily sa cosa significa avere il cuore spezzato. Sa che perdere o essere perduti è la semplice stessa cosa. Per questo sei qui, Anya! Perché anche un carnefice può soffrire…"

Era vero.
Anya lo fissò, perdendo ogni parola ed ogni pensiero.
Ora lo vedeva chiaramente.
C'era solo Spike, e la sua disperazione. La disperazione che era stata di William prima di lui, il dolore che gli aveva provocato Dru e la ferita ancora aperta di Buffy. E quant'altro, nel lacerarsi del suo demone per far spazio ad un'anima non più incatenata. Spike sapeva bene di cosa stava parlando.
E, come lei, ne aveva paura.

Divenne fragile tra le sue mani, rinunciando ad ogni energia e a se stessa, mentre la presa di Spike si faceva debole.
Perché trovasse la forza.
Si scostò, allontanandosi di qualche passo. Come un gatto che perde di interesse per il gioco faticosamente conquistato. Girandole le spalle. Attendendo.
"Spike…" - Anya abbassò lo sguardo, senza osare voltarsi. Protendendo appena la mano, dietro la schiena. Chiudendo gli occhi, perché l'istinto la guidasse alla sua mano.
Sorridendo della vittoria dei suoi sensi, quando finalmente ne incontrò le dita.
Respirando di quel contatto, come una donna. Respirando a fondo, mentre Spike si avvicinava e le accarezzava le spalle, invitante.
Rabbrividendo, per la sua voce profonda e le parole dannate che formulava.
"Non sei Buffy. sei bionda, certo, ma non sei lei.
E non sei Dru, o Faith.
Ma un demone, un mio simile… ancora una volta una persona con la mente piena di un altro, tra le mia braccia…"
Avrebbe voluto avere una battuta sarcastica. Ma non c'era. Non poteva ridere di qualcosa che era già grottesco.
Si girò, per guardarlo. E per sedersi sul cofano. Scivolando sulla lamiera, fino ad essere sdraiata. Aspettando che Spike la sovrastasse, schiacciandola con il suo peso, armeggiando con i vestiti di entrambi.
Guardandolo. Senza mai chiudere gli occhi innanzi a lui.
Per non scordare. Per non immaginare. Per non ferirlo con un torto umano come la fantasia. Per non sporcarlo, con qualcosa di sudicio come talvolta può essere solo la necessità.
Fissando talvolta le stelle, e ascoltando la verità che sussurravano. E infine, abbandonandosi a quel fuoco che sembrava divorarli. Ricambiando la sua forza con la forza.

C'è qualcosa di sbagliato nel lasciare. E nell'essere lasciati.
Qualcosa di crudele.
E freddo.
Qualcosa che rimane dentro, aspettando di risorgere, pugnalando e avvelenando ancora.
Anya era stata lasciata da Xander. E Spike aveva lasciato Cecily.
La verità semplice e paradossale, stava nel capovolgersi dei fatti.
Non era Spike che aiutava Anya. Ma William.
E la rabbia da cui era nato Spike.

Si lasciò travolgere, perdendosi nella sincerità dei loro gesti, in quel essenziale cercarsi, agitato e pulito. Inarcandosi, sotto le sue mani, rispondendo con la stessa furia, disposta a tutto, pur di non vederlo svanire.
Senza amore.
E senza soddisfazione.
Annullandosi, nel conforto del nulla e nel dolore di entrambi che diveniva uno. Afferrandolo, graffiandogli la pelle perché non le sfuggisse.
Fissandolo negli occhi e domandandosi come anche l'azzurro più puro potesse incendiarsi in quel modo.

Forse esisteva un mondo in cui Spike era il principe che uccideva il drago e salvava la principessa. Una principessa dai capelli biondi ed il cuore triste.
Forse esisteva un mondo in cui un bacio bastava a risvegliare una fanciulla dal suo torpore.
Ma in un mondo come il loro, tutto era solo una zona d'ombra.
Una zona d'ombra, fatta di caos e incomprensibili verità, dove talvolta i demoni si incontravano.
E dai loro corpi morti e dai loro dolori sopiti sapevano ancora far scaturire magia.

Aspettarono di giungere ad un passo dalla fine, per chiudere gli occhi, in un tacito accordo. Esorcizzando le proprie paure.
E fingendo, in un' eterno istante, di essere qualcun altro.
Qualcuno di umano. E semplicemente amato.

V
Era tutto finito. Ogni passione si era spenta.
Ed entrambi sapevano di essersi persi e ritrovati.
Spike la stringeva ancora tra le braccia, sdraiato su un fianco. La lamiera su cui riposavano sembrava incandescente sotto i loro corpi. E la musica lontana, aveva mutato il ritmo, divenendo potente e ricca di bassi.
Sbagliata, per il loro stato d'animo.
Sbagliata, per la loro spossatezza.
Era finito tutto. L'attimo era sfumato divenendo consapevolezza.
Alla fine era stato tutto e nulla.
"Spike…" - mormorò, pensierosa - "Tu credi che sia stato solo sesso e che gli stiamo dando troppa importanza?"
Si voltò, sorpresa, Spike ridacchiava, mordicchiandole una spalla.
"Di un po', Anyanka, un attacco di moralità?"
"No, non è quello. Cioè, fosse solo sesso non ci sarebbe niente di male… ma se c'è qualcosa di più… insomma… cosa c'è di più? Bhe? Di' qualcosa…" - insistette la ragazza.
"Anya, ti stai complicando la vita…" - replicò, divertito da quell'agitarsi - "Comunque, se vuoi una risposta seria… no, non è stato solo sesso. No, non è amore. Vuoi una sigaretta?"
L'aveva detto con un'espressione seria.
E la vide, con soddisfazione, passare dalle considerazioni confuse alle risate.
Sporgendosi per baciare quel sorriso che sentiva tutto suo.

Era bello.
Qualunque cosa fosse stata, era già indimenticabile.
Rimasero così, pigramente abbracciati, con gli occhi persi nei baci che si scambiavano e nelle sciocchezze che si dicevano.
Ridendo, chini uno verso l'altro.

I capelli di Anya era morbidi e piacevoli, con un buon profumo. E Spike, senza remore, ci strofinava il viso. Fino a trovarsi nuovamente ad incontrare lo sguardo di Anya. Scoprendolo diverso.
E perdendosi un po', per la prima volta dopo molto tempo.

Aveva occhi bellissimi. Li aveva sempre avuti. Eppure Anya sapeva che ben pochi se ne erano accorti. Cosa c'era in quegli occhi, per irretirli in quel modo, per tormentarli, per irritarli… mistero. Un mistero di cui già da tempo si chiacchierava.
E per quanto fossero luminosi, sul fondo, sul fondo di quella luce sardonica, c'era il buio.
Spike era il buio. E molto ancora, si annidava in quelle profondità.

Ed era il momento.
Anya non poteva più nascondere a se stessa la verità di quel loro incontrarsi.
Era venuta per se stessa e per una paradossale coincidenza, quale la fine del suo amore eterno come ogni cosa umana.
Paradossale.
Come rendersi conto del perché Halfrek l'avesse mandata da Spike.
Del motivo che anche Spike ancora non conosceva e che ora avrebbe dovuto svelargli.

"Il mio sguardo come il tuo." - sussurrò, stringendosi di più a lui, rabbrividendo per le parole che voleva sussurrare - "Amore. Eri fatto di amore come me. E sei rinato demone per un tradimento umano. Solo tu avresti potuto capirmi."
Si alzò, per sovrastarlo. Per poi sedersi a cavalcioni sul suo petto, lasciando che le accarezzasse le gambe ed insinuasse le mani.
Piangeva, nell'usare le sue percezioni ed i suoi poteri, per la prima volta dopo lungo tempo. Dopo aver pensato di averne rinunciato per sempre.
Piangeva.
Ma i suoi occhi erano pura fiamma. E dello stesso bagliore, d'un tratto, si illuminò il ciondolo che portava al collo.
"Anche tu vuoi le mie braccia ed il mio corpo. Ed anche tu, come me, vorresti che io fossi un'altra. Anch'io sento il tuo demone, Spike, il tuo demone che si dibatte. Come sento il mio." - respirò a fondo, cercando di trattenere la rabbia verso se stessa. E verso le cose incomprensibili - "Il tuo dolore è forte, così tanto da non poterlo ammettere nemmeno con te stesso, non è vero?"
Tacque. Non c'era nulla che potesse aggiungere, o togliere, alle parole di Anya. I suoi capelli si animavano di vita propria, ondeggiandole intorno al capo. E sopra di essi, dello stesso colore, le stelle.
"Ti odi… non puoi fare a meno di pensare che sia colpa tua… la sua morte… non è così, Spike? Non hai temuto che l'anima ti fuggisse via dal petto, innanzi a quel disastro?" - sussurrò, chinandosi verso di lui, con occhi ambrati e lacrime trasparenti, svelando una comprensione delle cose di cui non si poteva scorgere la fine - "Non potevi respingermi perché anche il tuo demone gridava vendetta, quando stasera sono giunta a cercarti. Il profumo inebriante della tua rabbia… stavi perdendo il controllo… ed io con te… e ora dimmi... vuoi vendetta per te stesso, Spike?"
Era muto. E costernato.
Non poteva fare a meno di pensare che Anya fosse stata veramente creata per sorprenderlo. La sua domanda non era casuale, ma parte di un rituale ben preciso.
Non era Anya, a domandarlo. Ma Anyanka, il demone della vendetta.
E Spike era la sua missione. Era Spike il primo cuore spezzato a cui lei offriva i suoi servigi.
"Ero troppo presa dal mio dolore, per rendermene conto." - spiegò lei, tranquilla, seguendo senza fatica i suoi ragionamenti confusi - "Probabilmente sto rubando il lavoro a un collega, ma visto che sono qui…"
Lo vide sorridere, ironico come sempre. Tornare ad essere lo Spike di sempre, quello che dissimulava la sorpresa nell'ironia. E faceva finta di non rendersi conto.
E non si stupì, quando lo vide scuotere la testa. Prima di protendersi un po', per cancellarle le lacrime dalle guance.
"No, grazie. È meglio non giocare con i propri desideri. E soprattutto, con le proprie utopie…"

"Non possiamo restare così, in eterno, vero?" - domandò. Era tornata a rifugiarsi sotto il suo braccio.
"Me lo stavo chiedendo anch'io… ma non penso che tu voglia veramente la risposta. Secondo me rientra in quelle che non vorremmo sentire…" - sorrise lui. Provava lo stesso dispiacere a dover abbandonare quel demone caldo e solido.
Il legame che c'era tra loro non era amore. Non c'era neanche da sognare un lieto fine, se non per riderne.
Lo sapevano entrambi.
Eppure rifuggivano l'attimo in cui si sarebbero alzati. E separati.
"Stiamo rimandando gli addii o sbaglio?" - chiese Spike, puntellandosi su un gomito. "Si vede così tanto?" - replicò, con un mezzo sorriso. Non c'era motivo per incupirsi, per rovinare ciò che, dopotutto, tra alti e bassi, era stato perfetto - "Ti dirò, mi dispiace un po' non averti conosciuto quando eri solo demone."
"Perché?" - domandò, inarcando pericolosamente un sopracciglio - "Mi trovi inibito?"
"No." - rise lei - "Ma un po' meno di moralità da parte di entrambi…"
"Ohhh." - annuì lui, divertito, guardandola leccarsi maliziosamente le labbra - "E dimmi, Anyanka carissima, hai qualcosa in mente?"
Qualcosa di abbastanza particolare da decidere di sussurrarglielo in un orecchio. Facendolo sobbalzare.
"Forse hai ragione…" - commentò, alzando gli occhi brillanti per l'ilarità. Senza smettere di ridere e stringerla - "Dovevamo conoscerci prima…"

Dovevamo conoscerci prima…
Forse, dopotutto, non sarebbe cambiato nulla.
C'è un fiume di vita che ci separa. E molte cose che ci uniscono.
Vite che si incrociano, Spike. Non fatte per divenire una sola.

Si alzò, a malincuore. A modo suo, sapeva di avergli detto addio.
Si abbottonò lentamente la camicetta. Spalle contro spalle, anche Spike si stava rivestendo.
Era strano, sorrise, chiudendo gli occhi un istante. Era strano sentire il proprio profumo su di lui…

"Sai, Anya…" - commentò il vampiro, finendo di aggiustarsi - "Pensavo che sarei stato io ad andare via per primo… dopotutto…"
"Dopotutto sei cattivo e insensibile…" - terminò Anya, ravviandosi i capelli - "Lo so, lo so. Lo sanno tutti, direi. Solo che, se non mi alzavo, non ti avrei più lasciato…"
Rimase ferma, a riflettere sulla frase che aveva appena detto. E non si stupì, quando le dita di Spike si intrecciarono con le sue.

Rimasero così, senza guardarsi. Senza voltarsi, dandosi le spalle, come se non avessero nulla da spartire. Eppure con le mani intrecciate. Mani che si erano trovate senza bisogno di cercarsi.
"E' triste…" - mormorò Anya, guardando fisso di fronte a lei. Si vedeva riflessa nel parabrezza. E vedeva la sua mano, stringere il vuoto. E Spike non c'era…
Spike non c'era…
"Cosa, Anya… cosa è triste…"
"La vita… credo." - abbassò gli occhi, con un sorriso. Era una risposta scontata e troppo generica, forse. Ma non aveva realmente importanza - "No, dai, scherzo. È triste lasciarsi così… dopotutto, non è solo sesso. L'hai detto tu…"
"Anya… ti prego… non piangere." - sorrise, scotendo la testa. E asciugandosi gli occhi.
"Io? Perché io non posso e tu sì?" - ribattè, cercando di trattenersi. Non aveva bisogno di voltarsi, per sapere che alle sue spalle c'era un demone che fingeva di essere un duro. Era un demone anche lei… ed aveva molti modi per scoprirlo… ma, in questo caso, le bastava solo il cuore - "Ma noi dobbiamo lasciarci, non c'è motivo per essere tristi, non c'è motivo per piangere…"
Spike annuì, stringendo i denti. Non c' era motivo per piangere. Era una sciocchezza. Non aveva pianto per Buffy… ed ora non avrebbe pianto per se stesso.
"Grazie, Spike…"
"E di cosa? Di una notte di follie amorose? Figurati, sono la mia specialità…"
"Già… grazie per l'amore e per tutto il resto. Mi hai dato più di quello che credi…"
Le era mancata la voce. E con essa il coraggio di andare avanti.
"Dove andrai, adesso?"
"E dove vuoi che vada… torno a Sunnydale. Quando sei un demone non hai uno stipendio fisso. Ho il Magic Shop, da mandare avanti…" - rispose, imponendosi di essere felice. Sentendosi serena, per la prima volta.
A Sunnydale. Sul luogo del delitto.
Come se non le importasse nulla. Come un vero demone.
Ma non aveva nulla a che fare con la propria natura. Solo con il semplice accettarsi. Il demone era parte di se stessa. E non serviva a rendere le cose più facili…
"Non lascerai che ti faccia ancora del male, vero?" - chiese Spike, essenziale, abbassando il tono di voce.
"Non avere paura per me… posso sempre decidere di scotennarlo…"
"Ma non lo volevi bollire?"
"Già" - rise lei, guardando ancora le stelle. Scherzando con la loro tristezza- "Me ne ero dimenticata…"
"Allora… ci vediamo a Sunnydale…"
"Certo." - annuì, senza ricordare che non poteva vederla - "Adesso… vado…"
Le loro mani si strinsero, forti, fino a farsi male.
Ma quando si separarono, non c'era più paura in loro.

Anya fece due passi. Poi si fermò. Cosa avrebbe visto, voltandosi? Le sue spalle? i suoi occhi?

No.
Non aveva importanza.
Sorrise ed alzò la testa, con un lampo d'orgoglio.
Non erano destinate a lei le lacrime di Spike.
E, dopo un attimo, Spike seppe di essere rimasto solo.

VI
Guidò lento, per le strade troppo affollate. Le luci lo accecavano. Anya aveva detto che era esistito un tempo senza di esse, un tempo senza strade e senza luci. Ed era difficile crederle, ora.
Sembrava passata un'eternità, da quando era uscito, spingendola davanti a sé e domandandosi cosa avrebbe detto al suo ritorno, a tutti quei pettegoli con cui viveva. Probabilmente nulla. Non aveva nulla da giustificare.
E se lo stava ancora ripetendo, quando varcò la porta dell'Hyperion.
Silenzioso e deserto.
C'era solo una persona ad aspettarlo.
Ringraziando il cielo, la più discreta.
Tanto discreta da non dare nemmeno importanza al fatto che fosse tornato.
Angel stava a gambe incrociate, al centro dell'ingresso. E tutto attorno, sparsi, i pezzi della moto di Spike.

La moto… me ne ero dimenticato. Spike alzò lo sguardo, verso il ballatoio. Chissà se Faith dormiva. O se era ancora arrabbiata... bhe, in quel caso, avrebbe dovuto svegliarla… e dirle qualcosa di profondo e memorabile.
E soprattutto scusarsi. Magari non proprio con quei termini. Ne avrebbe goduto troppo…

Si sfilò la giacca, posandola sulla sedia. Ed arrivò alle spalle di Angel, senza una parola e senza illudersi di coglierlo di sorpresa.
"Il carburatore, vero?" - chiese, sporgendosi, per cercare di identificare il pezzo che stava meticolosamente pulendo - "Lo sospettavo…"
"Ciao William." - replicò Angel, finendo il suo lavoro, mentre Spike gli girava intorno, mani in tasca.
"Andiamo, chiedimelo." - sospirò, da martire, appoggiandosi alla moto.
"Chiederti cosa?"
"Flagello… il tuo naso funziona benissimo. Ho avuto una serata molto piacevole.
Molto, molto, molto piacevole." - sottolineò.
"E vuoi raccontarmela per filo e per segno?" - lo provocò blandamente l'altro. Era impegnato ad abbinare il pezzo che aveva in mano, meticolosamente lustrato, ad un altro.
"Faccio io, è meglio." - commentò Spike. Prendendo al volo l'occasione per sedersi, spalle alla moto. E per portargli via di mano il tutto.
Angel lo lasciò fare. Non valeva la pena discutere. Non ne aveva voglia. Era la prima volta, da mesi, che lui e Spike avevano una conversazione in grado di attecchire e superare i due minuti.
Si incrociavano, uno in entrata e l'altro in uscita.
E non gli sembrava una constatazione infondata, ritenere che Spike stesse nascondendo qualcosa a tutti loro.
Un malessere interiore, tanto piccolo da essere trascurabile.
E non aveva bisogno di fare grandi calcoli per accorgersi che non avevano più parlato dal funerale di Buffy.
"Come stai, William?" - azzardò. E ricevendosi l'inevitabile occhiata.
"Benissimo. A parte la tua cacciatrice che fa il funambolo e l'ex di Harris che viene dalla campagna per saltarmi addosso. Passami il cacciavite."
"Ex?" - commentò, passandogli l'attrezzo - "Questa è una novità interessante. Mi auguro sia stato mollato."
"Angel!" - alzò la testa, per guardarlo. Stupendosi di quanto gli fosse mancato il chiamarlo per nome - "Tu mi stupisci! Ma non eri superiore ai pettegolezzi? Non eri tutto casa e redenzione?"
"Quando si tratta di Harris, amo sprecare una buona parola." - replicò, magnanimo - "Non è cattivo, ma sa essere di una idiozia irritante."
"Comunque, spiacente di deluderti. L'ha mollata. Riconfermandosi re degli idioti anche nel mondo del paranormale. Credo che dovrà vedersela con una buona dose di amici e parenti di Anyanka…"
"Anyanka…" - ripetè, soprappensiero.
"Già. È tornata demone." - disse Spike. Prima che Angel gli ponesse la domanda. Adesso, a partita conclusa, quello che aveva fatto gli dava un certo malessere. Sulla piazza c'era nuovamente un demone della vendetta, pericoloso per natura. Ed una ragazza radiosa in meno - "Demone per una delusione amorosa… conosci una motivazione più stupida?"
Angel lo guardò, mentre armeggiava per rimontare il carburatore.
"C'è di peggio." - mormorò, lentamente - "Ad esempio ubriacarsi fino a non distinguere più il giusto dallo sbagliato."
Spike si fermò. Prima di girarsi lentamente a guardarlo.
"Vogliamo piangerci addosso insieme?" - chiese.
"Potremmo anche." - Angel inclinò un po' la testa, con un sorriso - "Sempre che tu non voglia raccontarmi cosa stai combinando con Anya… perché non hai la faccia dell'innamorato."
E nemmeno l'odore, se è per questo.
"Infatti tra me e Anya non c'è nulla. Solo che siamo abbastanza schietti da saltare a piè pari il rapporto platonico ed andare dritti al sodo." - non sapeva nemmeno perché lo stesse raccontando. E nemmeno perché lo stesse demolendo a parole, in quel modo. paura? Rimpianto? - "Per cui siamo andati dritti al punto ed abbiamo esorcizzato un po' di dolori."
Anche un po' dei tuoi? Avrebbe voluto chiederlo… ma sapeva che non avrebbe avuto risposta.
"Ci siamo amenamente saltati addosso, strappati i vestiti e rallegrati un po'…
E tu non immagini, con quella bocca…" - si interruppe, cambiando l'espressione da goduto a disgustato. Angel lo guardava, decisamente in imbarazzo.
"Già, dimenticavo. Sei troppo educato per apprezzare." - si interruppe, fingendo di pensarci su. Prima di riprendere, con espressione serissima - "Potrei parlare un attimo con Angelus, per piacere? Avrei una cosa carina da raccontargli…"

"Cosa ne sai, tra parentesi, della mia faccia da innamorato?" - l'accusò, ad un tratto. Non accennava a voler interrompere il lavoro. Per tanto Angel aveva deciso di fermarsi, per continuare a passargli pezzi. E consigli.
"Avvita prima quella in alto." - l'ammonì, giocherellando con una tenaglia - "Si da' il caso che tu fossi lo spasimante di Dru che, casualmente, era di famiglia…"
"Già, Dru. In effetti l'ho veramente amata. E per molto tempo, ho anche pensato che sarebbe stata l'unico l'amore della mia vita."
"Ma così non è stato…"
"Già. Così non è stato. L'amore eterno è un pensiero a cui mi affeziono facilmente." - ripetè, concentrandosi su una vote particolarmente dura - "prima di lei c'era Cecily e dopo di lei per un po' c'è stata Buffy. E Anya… potrei innamorarmi di Anya."
Potrei, non amassi già…
"Potrei. Ma non lo farò. La vita è troppo complicata già da sola. E quando si aggiunge l'amore…"
"Per me, l'amore e la vita sono quasi la stessa cosa…"
"Perché sei un romantico, Angel. Passami quel pezzo."
"Può darsi…" - rispose vago.
"Sentiamo un po'." - Spike posò il cacciavite, nascondendo l'irritazione di non riuscire a collocare i pezzi nel giusto posto - "Confessami qualcosa che non so. C'era una ragazza, prima di Darla?"
"Prima di Darla?" - Angel si passò una mano tra i capelli, pensieroso - "Ce ne erano molte… ma nessuna veramente importante. Erano avventure, scommesse… nient'altro. E tu?"
"Lo sai. C'era Cecily." - rispose con serietà Spike.
"Già. L'avevo scordato." - tacque. Decisamente cecily doveva essere un capitolo da considerarsi morto e sepolto. E non sapeva quanto si stesse sbagliando
"Stasera ho scoperto una cosa interessante, Angel." - aggiunse Spike, smentendo i suoi ragionamenti - "Ho amato Cecily anche come vampiro, non solo come uomo. Era veramente bella come la immaginavo. Solo che non lo sapeva nemmeno lei."
"E posso chiederti come sei giunto a questa conclusione?"
"Ho fatto quello che fai tu. Mi sono soffermato a riflettere. Ed Anya, in questo, mi ha decisamente aiutato. Meglio tardi che mai, non credi?"
"Perfettamente d'accordo." - commentò, protendendosi con fare incurante. E collocando un paio di pezzi in sede - "Avvita qui, per favore."
"Se sapevi dove andavano già dall'inizio, perché non me l'hai detto?" - l'accusò Spike, dimenticando il discorso e le confidenze.
"Perché non volevo disturbarti. Del resto, inizio ad avere sonno…"

L'alba era come un soffio di vento troppo caldo.
Per quanto fosse lontano dalla luce, per quanto mancasse ancora tempo, prima del sorger del sole, Spike poteva già sentirla arrivare.
Angel, contrariamente alle sue dichiarazioni di stanchezza, si era ancora fermato a parlare. Una conversazione fatta di frasi brevi e battute, apparentemente in normalità.
Una conversazioni in cui le cose più importanti erano quelle che non si erano detti.
E che tra loro si erano librate, restando in sospeso, galleggiando tra mille altre.

Adesso, però, Spike era solo, sotto il portico. Stava seduto, con le gambe allungate, su una vecchia sdraio. L'aria della notte ancora aleggiava, con il suo profumo. Presto sarebbe tornato il caldo,sostituendo quel tepore stellato.
Era comodo e piacevolmente rilassato. Per quanto sapesse che lo attendeva un'ultima prova, prima di poter dichiarare conclusa la notte, permaneva in lui il pigro abbandono che aveva condiviso con Anya. Il semplice affidarsi al tumulto degli eventi, il perdersi, fino a sentirsi stremati.
L'amore senza amore…
L'antico incontrarsi di due corpi eternamente giovani. E l'interrompersi di un'eterna solitudine.
Mai avrebbe pensato che potesse accadere una cosa del genere. Anya era tornata ad essere un demone. Il suo grande e scontato amore con Xander Harris era finito.
E buffy era morta già da tempo. Non avrebbe fatto battute sulla questione, non avrebbe detto frasi che riteneva profonde e non si sarebbe abbandonata a commenti scontati su Spike e sul suo approfittare di una fanciulla in difficoltà.
Buffy non c'era più.
Era un pensiero strano, una semplice constatazione. E talvolta, a questa indiscutibile consapevolezza, seguiva il desiderare che non fosse mai esistita.
Un'utopia così pericolosa da non osare nemmeno pronunciarla.

Pensieri. E stupidi ragionamenti.
In attesa di vederla arrivare.
Sapendo che sarebbe venuta.
Sapendo che doveva essere vicina.
E vedendola finalmente varcare il cancello. E camminare lenta per il vialetto.
Si mosse, felpato, come un predatore, posando i piedi a terra e misurando quale distanza lo separasse da quella creatura in movimento.
Accettando di fare la prima mossa.
"Ti stavo aspettando… Cecily."

VII
La vide fermarsi, con aria vagamente colpevole. Era vestita con un moderno tailleur pantalone, scuro. E sul collo, in bella vista, brillava il ciondolo di ametista viola in cui risiedevano i suoi poteri. Fu rapido. Tanto da sorprenderla.
In una attimo le fu vicino, con la mano serrata attorno al ciondolo.
La vide sbarrare gli occhi dello stesso colore ed attendere, senza una parola.
Augurandosi di apparire furibondo.
"Allora, mia amata, cosa ne pensi? Stringo e sbriciolo questo gingillo? Non ti va di sperimentare un'altra vita umana? Magari ti farà passare la voglia di manipolare il tuo prossimo…"
Cecily lo guardava. E sapeva di meritarsi quel rancore. Aveva spinto Anya nelle braccia di Spike, convinta di prendere due piccioni con una fava, senza curarsi delle conseguenze che avrebbe potuto provocare.
Qualcuno doveva risvegliare Anyanka dal torpore in cui era scivolata. E Spike, il prossimo nella lista dei suoi clienti, aveva abbastanza rabbia da riuscirci.
E non era abbastanza stupido da non sapere le regole del gioco.
"Sono venuta a chiederti scusa, William." - sillabò, guardandolo in viso.
Restando ferma, con le mani in tasca, maschilmente - "Mi dispiace, ma non avevo altra soluzione…"
"Oh, certo che l'avevi. Potevi arrangiarti e lasciarmi fuori." - ringhiò, ancora.
"Non sarei mai stata così brava." - commentò, senza smettere di fissarlo.
Guardandolo perdere di colpo di interesse ed abbandonare la presa.
"Mi hai chiesto scusa. Puoi andare." - la congedò, accendendosi una sigaretta.
Ma Cecily non si mosse.
Restò ferma dov'era, a fissare la schiena dura e sottile.
"Stasera avrei dato qualunque cosa per essere Anya. Volevo dirti anche questo."
Lo vide irrigidirsi e voltarsi, con una lentezza impressionante. E si sentì trapassare da occhi come fessure, letali come pugnali.
"Avrei dato di tutto, per essere lei." - ripetè, per cercare la forza di proseguire - "E ci sono momenti in cui desidero tornare indietro, ed essere diversa e riavere te. Ma so che sarebbe sbagliato. Perché ora so che avevi ragione, William.
Con i miei sbagli ho veramente creato una luce nel buio."
Tacque. Sapeva di avere ancora molto da dire. E sapeva quanti fossero i pensieri sciocchi pronti a scivolarle dalle labbra.
Restò immobile, a sostenere il suo sguardo. A domandarsi cosa passasse per la testa di Spike. Leggendo in lui il rancore e la paura. Scorgendo nuovamente quel senso di vuoto che a stento sopportava, riguardo alla bionda cacciatrice, morta poco prima del suo arrivo a Sunnydale.
E, soprattutto, intravedendo un amore a cui non era pronto.
No.
Non c'era posto per lei in quel suo cuore tanto sofferente…

Quando la vide chinare lo sguardo, con una tacita rinuncia al proprio orgoglio, Spike si sorprese a seguire il proprio istinto.
Camminando, fino ad arrivarle così vicino da sfiorarsi. Porgendole una mano, educatamente.
"Vieni dentro. Non divento cenere per te…"

Era strano. Era l'impossibile che si realizzava.
C'era Cecily con lui. Impegnata a sorseggiare un caffè, reggendo la tazza con entrambe le mani. E gli occhi che mai smettevano di seguirlo, mentre si affaccendava in giro per la cucina.
Metodico.
"Ti spiacerebbe piantarla di fissarmi il fondoschiena?" - commentò.
"E' decisamente migliorato, nei decenni…" - commentò, ammirata. Azzardando un sarcasmo che Spike riconobbe subito.
"Gelosa, immagino…" - ribattè. Voltandosi e posando lo strofinaccio sul lavandino. E allungandosi, al suono del timer, a recuperare nel microonde la sua cena.
"Oh, no!" - Cecily era saltata in piedi, come una molla, inorridita - "Mi trovi ingrassata? Ti sembro ingrassata?"
Girava su se stessa, controllando di non aver violato le norme del pesoforma. E dando occasione a Spike di ammirare le curve procaci che gli abiti moderni rendevano evidenti.
Aveva intrecciato i riccioli, disciplinandoli in una chignon moderno quanto antico.
"Porti ancora gelsomini tra i capelli?" - domandò, meditabondo, senza soffermarsi su quello che aveva detto. Rimanendo impalato, in piedi, con un boccale tiepido tra le dita.
Aspettando che si fermasse, per guardarlo, con un sorriso triste e ironico.
"E tu? Porti ancora quei buffi occhiali rotondi?"

Si risedettero, studiandosi apertamente, sorseggiando con lentezza le loro bevande. Cecily aveva perso la grazia patinata dei suoi tempi quasi quanto lui. Rimanevano solo gli occhi brillanti di cui si era innamorato.
La squadrò, aspettando di vedere quanto potesse irritarsi…
Aspettando di vedere un lampo nei suoi occhi. Un lampo che ben conosceva.
"William…" - mormorò, pacata, posando compitamente il suo caffè sul banco - "Non sai che non si fissano apertamente le ragazze? non è buona creanza…"
Le sorrise, sardonico, senza smettere di guardarla. Appoggiando il mento alla mano, per provocarla meglio.
"Sono bella come mi ricordavi?" - disse, stringendo le labbra, iniziando a sentirsi furibonda.
"Anche di più." - ammise, serafico. Contemplandola mentre giocherellava con un ricciolo e abbassava gli occhi, soddisfatta.
"oh… anche tu…"
"Non sei obbligata a ricambiare il complimento. L'ho detto perché mi andava. Non per lusingarti."
"Lo so. Tu non menti mai…" - replicò - "almeno, così mi han raccontato."
"Infatti è così. Non vale la pena mentire, se hai la verità in pugno. Un inutile spreco di fatiche e concentrazione." - si protese, cercando un posacenere - "Allora, Cecily, dove hai passato gli ultimi due secoli?"
"In giro. Qui un massacro, là un'esecuzione… ho avuto decisamente degli anni impegnati. E tu?"
"Pressappoco uguale. Poi sono approdato sulla Bocca dell'Inferno. E presso quel dannato catalizzatore può accadere di tutto. Non credi?" - gli piaceva quest'incuranza. Come poco prima con Anya, sembrava poter tenere lontano i loro fantasmi.
"Eccome. È la prima volta che combino un macello e mi tocca annullare una maledizione…." - commentò.
"Sul serio?" - Spike sbarrò gli occhi, accennando un sorriso - "Perdi colpi?"
"Già." - rise lei, nascondendo nelle mani le guance che arrossivano - "Ho fatto un pasticcio con una ragazzina. Lei ha espresso il desiderio di avere la casa sempre piena di gente. Ed io allora ho intrappolato tutti quelli che c'erano… me compresa!"
Era bellissima mentre rideva, sfiorandosi le guance e tamburellando sul tavolo. Gli occhi le brillavano, irrimediabilmente.
"E' stato un pasticcio, credimi…"
"Ci credo, ci credo…" - rise lui, scotendo la testa.
E ridendo un po' di se stesso e del timido desiderio di baciarla. Erano cresciuti. Ed ora, seduti a quel tavolo, sembravano più due vecchi compagni di scuola ritrovatisi per caso, due vecchi amici a cui il tempo aveva portato via i dissapori - "Me ne sono successe di più in quel buco di città che nei trent'anni passati in Asia… tre Cacciatrici, due Apocalissi, un Chip…"
Le raccontò un po' di tutto. E Cecily, pendendo dalle sue labbra, ricambiò con la stessa moneta.
Erano divertenti, i suoi aneddoti, trucidi, come quelli di Anya, e raccontati con lo stesso entusiasmo.
Non c'era da stupirsi, che fossero diventate amiche. A modo loro conservavano una passione per la vita e il divertimento unici nel loro genere.
A Spike piaceva restare in silenzio e guardarla. Come quando era giovane e con più sogni, impegnato ad ammirare quella sconfinata gioia di vivere della ragazza di buona famiglia dagli occhi viola.

L'aveva attratto come solo il proprio opposto può riuscire.

"William, toglimi una curiosità." - mormorò Cecily, spegnendo l'ennesimo mozzicone nel posacenere ormai colmo. Era tremendamente sensuale, con quella sigaretta stretta tra i polpastrelli. Con la stessa grazia con cui, una volta, sapeva giocherellare con il carnet dei balli.
"Spara." - ribattè lui, ravviandosi i capelli.
"Perché eri così innamorato di me? Cosa avevo di così speciale per farti girare la testa in quel modo…"
Era una domanda importante. E, per una frazione di secondo, fu tentato di non risponderle. La Cecily che aveva di fronte era fondamentalmente diversa da quella del passato. Eppure, nella mente di Spike, la sua immagine continuava a sovrapporsi a quella della ragazza che era stata. Senza adombrarsi con il ricordo del fagotto urlante che aveva abbandonato al suo destino.
Come sarebbe suonata la risposta giusta?
"Non penso ci fosse una motivazione particolare. Eri bella, ed avevi un sacco di spasimanti…" - replicò, come se questo potesse spiegare tutto.
"Certo, a centinaia." - commentò, cercando di non ricordare come tutti quei visi sorridenti fossero ormai polvere - "Ma tu eri fondamentalmente diverso. Da loro e da me. E non credo che per te fosse solo una questione di bellezza e patrimonio di famiglia."

Probabilmente era per questo che mi piacevi. Eri l'opposto di me. Volevo essere felice come te.
Perché diavolo dovrei ammettere certe cose! Perché diamine dovrei dire delle cazzate del genere! Infelice... non ero infelice, ero semplicemente troppo stupido. Troppo stupido per l'alta società, troppo stupido per i miei tempi e troppo stupido per essere accettato.
Non volevo essere felice… mi sarebbe piaciuto essere almeno normale.

"Non invidiare la felicità degli sciocchi." - Cecily lo guardò, mentre tornava al silenzio ed ai suoi pensieri. Inclinò la testa, sussurrando dolcemente - "Non fare di nuovo lo sbaglio di idealizzarmi, William. Di idealizzare me e tutto quel mondo perduto. Sembrava così solido e profondo, così ottimista… ed io ero come lui. Non avevo paure perché non sapevo di doverne avere. Semplicemente, non me ne rendevo conto."
"Cecily…" - sospirò Spike, con aria martire - "Ti prego… non penserai sul serio di infinocchiarmi con questi paroloni. Io sono Spike, ed ho avuto anch'io due secoli per trarre le mie conclusioni. Perché mi piacessi? Assolutamente non lo so. Non lo sapevo allora e adesso ho smesso di pormi il problema."
"William… tu non vuoi sapere se ti ho mai amato?"
"Certo che mi hai amato." - commentò lui, con un lampo di rabbia gelida negli occhi - "Io sono l'amante che ti ha reso quello che sei, spezzandoti il cuore. Occhio per occhio, Cecily…"
E cuore per cuore…

"Ti sbagli." - sorrise lei - "Non sto parlando del vampiro che mi lacerava le vesti e mi violentava fino a farmi impazzire. Non sto parlando del mio carnefice. Ma del ragazzo che ho ucciso."

"Piantala Cecily. Stai dicendo un sacco di idiozie." - scattò, alzandosi e girandole le spalle. Coprendosi gli occhi con una mano, quando un raggio si sole sembrò colpirlo, filtrando dalle tende.
La luce…
Temeva la luce. Era così facile dimenticare di aver vissuto all'aperto, sotto il sole. Era facile limitare i propri ricordi a feste nel lume di candela.
Convincersi che mai fosse esistito un tempo fatto di luce reale.
"Cercavi la luce, William. Ed io te l'ho portata via per sempre. Io, non quell'anoressica isterica di Dru, lei, e tutte quelle sciocche verità sul destino che attende ognuno di noi.
Io.
Con il mio orgoglio, il mio egoismo e tutte quelle futilità del mio eterno presente. È vero, ora sei come una torcia che brilla nel buio. Ma a caro prezzo…
Vorrei avere una spiegazione all'altezza dei fatti. Ma non è così." - Cecily lo afferrò per un braccio e lo girò, colpendolo, con le sue iridi violacee e la sua essenza demoniaca - "E' stato infantilismo. Uno sbaglio, un grosso madornale sbaglio che ho compiuto.
Ho pagato, certo! Ma ciò non toglie che mai, in tutto questo tempo avrei pensato di potertelo dire.
Di poterti dire tutto questo."
Lo lasciò andare, rimanendo in piedi, di fronte a lui.

Era bella come allora, quando dalla sua bocca sgorgavano frasi dure e reali.
Eppure era fuggito il desiderio di abbassare gli occhi davanti alla sua bellezza altera. Spike poteva guardarla in viso e ricambiare l'ostilità. Come mai William aveva saputo fare.

"Ti attendevo ogni notte. Ti desideravo, anche se sapevo che non eri più William. Eri un buon modo per non sentire più la mia coscienza. Tutta quella gente che parlava di te… ogni frase di circostanza, ai ricevimenti, mi sembrava un'accusa. Io ero quella che ti aveva spinto a suicidarti. Io ero quella che ti aveva spinto tra le braccia del tuo omicida. Oh, sapessi, quante storie sono fiorite sulla tua morte. Adesso che sostavi così spesso nei nostri discorsi, ti sentivamo come uno di noi… Eravamo annoiati, non sapevamo cosa fare. Ma tu eri morto. Morto sul serio. Ed era una cosa a cui nessuno voleva pensare. Perché ci avrebbe resi mortali. E vulnerabili.
Eppure io non potevo far altro che ricordare come ti avevo ferito, con il mio imbarazzo. Dio! Avrei fatto di tutto perché non mi sfiorassi, con le tue poesie e le tue mani!
E poi è giunto Spike. Aveva i tuoi occhi, aveva il tuo sorriso. Ma non aveva più il tuo cuore. Non c'era più niente di puro da cui fuggire. Niente che mi facesse realmente paura. In te c'era il vuoto che era in me. Io ero come te, anche se ancora possedevo un'anima.
Ed ogni volta che venivi a me, il mondo in cui vivevo diveniva più vuoto. E non c'era nulla di valore in cui credere. Aspettavo solo te. Ogni notte.
Illudendomi che fossi William."
"Non mi amavi. Volevi solo che il rimorso finisse." - ringhiò Spike, mentre gli occhi si riempivano di lacrime incontrollabili.
Lacrime di esasperazione.
Anche lei, come Buffy, come Anya. Anche lei pronta a farsi amare per estinguere le proprie solitudini, i propri timori. Anche lei, una vittima per il mondo e che il mondo poneva sulla strada.
Perché si prendesse il conforto di cui sentiva necessità.
"Cosa vuoi da me, Cecily? Vuoi ancora un risarcimento, vuoi ancora un attimo di quiete? Cos'altro ancora." - la spinse contro il bancone, senza riuscire a controllarsi. Slacciandole la giacca, senza permetterle di divincolarsi - "Vuoi rimembrare i vecchi tempi? Accomodati! Sono passati secoli e cambiati i tempi. Eppure spogliare una donna e divertirsi è ancora una cosa da niente!"
Lacrime di rabbia, di un dolore fatto per tenere a bada un demone furibondo e urlante. Afferrarla per la gola, strapparle quel ciondolo… ucciderla…
Portare a termine la sua vendetta.
E vedere quegli occhio viola spegnersi per sempre.
Quegli occhi che ora, come i suoi, erano di un demone. Ed erano privi di una reale paura, per una malvagità che ben conoscevano.
E che non riusciva a mutare, dopotutto, gli umani che erano stati.
"oh, ti sbagli. Ti ho amato. Imparai ad amarti non appena ti persi. Rimpiansi la mia passione per il potere, il mio amore per il buon nome che mi avevano resa cieca. Ti amai perché ogni volta che mi stringevi, sapevo di non poterti più avere."
Spike scosse la testa, arretrando. E voltandosi. Sembrava che le gambe non potessero reggerlo. Chiuse gli occhi, picchiando un pugno sul ripiano di marmo. Sentendo le ossa frantumarsi e ricomporsi.
Dominando i lineamenti, fino a tornare al suo viso umano, riempiendosi la mente con Anya. Anya che credeva in lui e nelle sue capacità. Anya che lo guardava, sotto un tetto di stelle,
Sentendo il suo corpo tra le braccia e ritrovandosi a spalancare gli occhi.
Cecily. Tra le sue braccia. Cecily, con un sorriso piangente.
"Perché… perché mi stai facendo questo…" - sussurrò. Finalmente Cecily, finalmente Cecily contro il suo corpo.
"Ti amavo, William." - singhiozzò, alzando verso di lui quella bocca perfetta e quegli occhi luminosi - "Solo che l'ho imparato tardi."

Anche il cuore di un demone si può spezzare.
Gli era bastato il tempo di un respiro per sussurrare questa verità. Eppure solo adesso ricordava l'eterno buio che segue quel piccolo dolore.
E mentre tra le braccia stringeva Cecily, Spike non poteva che piangere per tutto quel passato perduto.
Quel passato fatto di chiacchiere e risposte certe, così simile al presente.
Fatto di regole che nessuno si prendeva la briga di violare e di piccole letali ipocrisie. I loro corpi singhiozzavano all'unisono, di quel semplice ritrovarsi nato da morte e vendetta.
Piangevano, per i fuochi ormai estinti e per quelli che ancora divampavano.

Una lunga notte. Una notte passata stringendo a sé donne che non sarebbero mai state della sua vita. Passate, fuggevolmente, scivolando via. Lasciando solo profumo e sguardi vitali. Un ricordo di corpi, suoi per un singolo istante, per un'illusoria eternità nell'universo.
Demoni e cacciatrici… tra le sue braccia tornavano ad essere semplici anime. In cerca di un'illusione in cui continuare a credere, per continuare a vivere.

"però… quante donne nella tua vita, William." - sospirò Cecily, senza muoversi da quel caldo abbraccio. Senza spostare di un millimetro il capo dal suo petto. Sentendo le sue labbra sulla tempia.
"Ci manca solo che da quella porta entri Dru…" - replicò, sostando ancora un po' con il viso in mezzo a quei riccioli strettamente intrecciati. Forse i gelsomini erano da tempo appassiti. Ma c'era ancora il loro profumo… - "Di questo passo, non mi basteranno le mani, per contare le donne veramente importanti della mia vita…"
"Un vero problema, oh dongiovanni…" - rise lei, alzando il capo e fissandolo - "Mi risulta che tu goda di una situazione paritaria. Demoni e Cacciatrici. Amore e morte nel miglior stile ottocentesco."

Io, Drusilla, Buffy e Anya… hai ragione, siamo già in quattro. Ma qualcosa mi dice che saremo presto in cinque. Cuori, quadri, fiori e picche.
E la prossima…Jolly o Asso pigliatutto?

"Cosa stai pensando?"- le chiese, sospettoso. L'espressione del demone era cambiato. Negli occhi viola brillava una lucina maliziosa.
"Niente. Mi è tornato alla mente un vecchio gioco." - sussurrò, scoprendo una fila di denti bianchi come perle.
Guardandolo, mentre accennava quel suo sorriso ironico e tiraschiaffi.
Quante cose sapeva di lui. E quanto poco lo conosceva.
Solo adesso, stretti come erano, si rendeva conto di come leggende e racconti sul suo conto fossero pallidi riflessi.
L'uccisore delle Cacciatrici, il vampiro di una stirpe gloriosa ed ora l'eroe a fianco di un paladino come ne esistono pochi e ne esisteranno mai, su questa terra.
Sovrannaturale e predestinazione, umanità e casualità.
"Ma guardaci…" - sospirò, cingendogli il collo con le braccia.
"Entropia, Cecily. Null'altro che entropia. Null'altro che il caos dominante." - ribattè, sfiorandole le labbra e dando forma ai suoi pensieri- "La forza incalcolabile che tutto domina. La forza per cui ci incontriamo e non ci incontriamo mai."
"Ed allora…" - replicò, scivolando dentro un bacio - "un brindisi all'entropia…"

"Rimarrei qui per sempre…" - lo sentì mormorare.
Era un'ammissione sincera. Ma le fece male.
Non sarebbe rimasto per lei.
Ma per non ricordare più.
Non si mosse. Sapeva che sarebbe finita così. Lo sapeva da quando l'aveva visto seduto sotto il portico, in attesa.
Spike non era più un semplice demone con umani contrasti. Ormai era una pedina sulla scacchiera del destino. E per quanto si ribellasse, per quanto ne soffrisse, avrebbe percorso la sua strada. Anche se adesso non sapeva di averne una da percorrere.
"Oh, William…" - mormorò ancora, più per se stessa.
"Non più spike?" - chiese ancora, con un mezzo sorriso.
"Mai." - asserì lei - "Mai, spike. Mai e mai più."
Lo vide aggrottare le sopracciglia, perplesso. Ma non aggiunse nulla. Il tempo aveva molte più risposte convincenti di quante lei ne sarebbe mai riuscita a formulare.
"Devo andare, adesso." - aggiunse, semplicemente, sciogliendo l'abbraccio.

Per la seconda volta, in una sola notte, le sue braccia erano nuovamente vuote. Per la seconda volta il calore lo abbandonava, per non tornare più.
"Sta diventando mia prerogativa essere lasciato." - commentò, seccato, ritrovando il suo spirito pungente. E perdendo nuovamente il motivo di tristezza.
Cecily si voltò a fissarlo, dopo essersi aggiustata la giacca nel riflesso della porta.
Era rimasto fermo, come se niente fosse, per guardarla ancora.
Per nascondersi di nuovo in se stesso. Meticolosamente chiuso a doppia mandata.
"William." - lo chiamò. Aspettando che lasciasse i suoi ragionamenti per ascoltarla - "c'è un altro motivo per cui sono venuta…"
"Lo so." - commentò lui - "Anyanka ha già cercato di rubarti il lavoro. Ma la risposta è uguale per entrambe. No. Niente vendetta."
Sfoggiava un sorriso sicuro. E Cecily non aveva motivo per imporsi. Anche se sapeva che stava sbagliando.
"stai rischiando." - commentò - "Con una rabbia come la tua non si va lontani…"
Rabbia… buffy era divenuta la sua rabbia. Saperla morta spegneva il suo cuore, lo avvelenava molto più di quanto si immaginasse.
"Esploderai, incontrollabilmente. E farai del male…" - aggiunse, non potendo ignorare quella consapevolezza che poteva raggiungere grazie ai suoi poteri. Sapendo che, se il vampiro avesse espresso il desiderio di non aver mai incontrato Buffy, sarebbe stato peggio per il mondo… ma meglio per le sue certezze.
"Non succederà." - replicò, sicuro, Spike.
E Cecily ritenne, davanti a quello sguardo duro e infiammato, che fosse meglio non replicare.

"Bhe? Non stavi andando?" - la provocò, con atteggiamento da spaccone.
"Non mi fermerai, vero?"
"Non si aggiustano i cristalli spezzati, Cecily. Siamo morti tutti e due. Ed una seconda occasione rovinerà anche quel poco di buono che c'è tra di noi e che finalmente si è deciso a venire fuori…" - commentò, sedendosi e incrociando le braccia.
Aveva ragione.
Per la prima volta, tra loro due, c'era stato qualcosa di buono.
Dopo essersi a lungo cercati e rifiutati, inseguiti e persi.
"Già." -sospirò. Avvicinandosi, ondeggiando appena sui tacchi vertiginosi. E chinandosi, per sfiorargli la tempia, con un bacio caldo e salato - "Addio William…."

Faceva troppo caldo per dormire. Soprattutto per Cordelia che divideva il letto con una stufa ambulante a cui bastava un sorriso per mandarla in fiamme.
Si era districata con lentezza dalle braccia di Doyle e si era alzata. E dopo centocinquanta spazzolate davanti allo specchio del bagno, lo smalto su tutte le unghie dei piedi e dieci magliette metodicamente piegate, il suo stomaco aveva avuto la meglio.
Le era bastato arrivare nell'ingresso per accorgersi che anche qualcun altro non riusciva a dormire. E tanto valeva scoprire chi fosse. Magari con una sbirciatina preliminare, prima di entrare con fare disinvolto.
Strano… le era sembrato che Spike fosse in compagnia di una sconosciuta. Una ragazza alta e bruna, dalla voce squillante, in piedi, al suo fianco.
Eppure, adesso, in cucina, incorniciato dalla porta, vedeva solo lui.
Lo vide sedersi, a braccia conserte e capo chino. Con lo sguardo perso nel riflesso sul bancone. Ed un espressione strana, in volto.
Si sarebbe detto che…
"Spike…" - avanzò cauta. Fermandosi, quando lo vide alzare di scatto la testa.
E capì di averlo colto di sorpresa.
"Disturbo?"
"Tutt'altro, Gattina." - ribattè lui, con un sorriso. Con occhi troppo luminosi - "Ho solo avuto una nottata lunga una vita…"