Tempo, Ricordi e Brindisi
I personaggi delle serie "Angel" e "Buffy, the vampire slayer", appartengono a Joss Whedon, la WB, ME e la Fox, l'autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.
Los Angeles.
Notte.
Una delle notti più buie che potesse ricordare.
Qualcuno, la sera prima, aveva fatto il tiro al bersaglio sui lampioni della via. E non c'erano grandi speranze che qualcosa venisse aggiustato prima di una settimana.
Non che a Faith dispiacesse, del resto.
Nel buio, i suoi passi rimbombavano maggiormente. Ma la sua camminata le sembrava di gran lunga migliore. Le piaceva sapersi muovere. Un passo dietro l'altro, ancheggiando serafica.
Vantaggi di essere una cacciatrice?
Poter camminare tranquille anche nelle strade più buie!
Vantaggi di una strada buia?
Azzardare movenze feline senza testimoni casuali!
Forse era anche il poter tornare finalmente a casa che la metteva così di buonumore.
Era stata di umore malinconico tutto il giorno. Una giornata all'insegna del massacro.
Era già un po' che seguiva la sua preda. Sapeva dove poteva trovare un sostanzioso gruppo di vampiri. Di quantità, più che di qualità. Una specie di gruppo, setta o, come li aveva definiti il suo Osservatore, minoranza etnica dedita a vivere appartata.
E quante risate si era fatto Spike per quella definizione!
Anche se poi non si distaccava molto dalla realtà.
Si muovevano in gruppo, sfruttando più la forza che l'astuzia. E prediligendo, disgustosamente, i grandi raccordi anulari della città come luogo di caccia. Autostoppisti, incidenti stradali, macchine speronate da loro stessi….
Non c'era dubbio che, una volta individuato il covo, per fare un lavoro ben fatto, si dovesse attendere il sorgere del sole.
E per quanto fossero tutti un po' recalcitranti ad assecondare questa strategia, alla fine avevano lasciato che facesse come preferiva.
Senza chiedere i particolari.
Una sola clausola, ovviamente.
Wes l'avrebbe accompagnata, mentre Angel e Doyle lavoravano ad un altro caso.
E avrebbe preferito di gran lunga riaccompagnarla fin sulla porta dell'albergo prima di raggiungere gli altri. Soprattutto perché non era certo che la sua cacciatrice accettasse così di buon grado di tornarsene a casa.
E solo dopo spiegazioni piuttosto convincenti, aveva acconsentito a lasciarla sull'angolo dell'isolato. Non sarebbe andata da nessuna parte. Sapeva benissimo perché tornare all'Hyperion. Se era il suo turno, era il suo turno.
Andava bene lo stesso….
Non si era messa avanti con il lavoro solo per stacanovismo, nelle ultime otto ore. Se lavorava di giorno voleva la notte libera e viceversa. O almeno quello che restava, della notte.
"Sicura?" - chiese ancora Wes.
"Andiamo, Westley, ho detto di sì, sul serio. Ed ho voglia di farmi una doccia. Poi mi medicherò i graffi e mi godrò qualcosa di non meglio identificato che Cordy mi avrà lasciato nel microonde. E spero sia precotto, perché se l'ha cucinato lei…"
"Aspetta…" - mormorò Wes, frugando in tasca, con sguardo apprensivo.
E porgendole una banconota.
"In quel caso, per piacere, fatti portare una pizza."

E così si era ritrovata per strada… a riflettere sulla sua situazione attuale. Mercoledì… meno di ventiquattro ore al suo compleanno.
Un motivo per cui non stare realmente allegri.
Aveva compiuto i sedici in coma a ridosso di un'Ascensione, i diciassette in galera e i diciotto durante una… non si ricordava nemmeno cosa…
Non si aspettava molto dai diciannove. Soprattutto così, con tutti i problemi affrontati negli ultimi tempi. Spike non si era ancora del tutto ripreso dall'agguato di Darla e Dru era ancora a piede libero.
No. Decisamente sarebbe stata una ricorrenza nella norma. Da accantonare e dimenticare.
Però.
Era come sentirsi una vocina pensierosa nella testa, abilissima a contraddirla. A raggirare tutti i suoi tentativi di imbroglio.
E non si capacitava di aver sprecato anche i compleanni. Non che fossero realmente importanti…
Non funzionava. Non si auto-convinceva per niente.
Le sarebbe piaciuto eccome un compleanno con tanto di torta… ma non osava chiederlo.
Le davano già abbastanza, l'appagavano già così tanto con il loro affetto che…non si osava, punto e basta.

Rientrò a casa silenziosamente, passando dall'ingresso principale. Le avevano lasciato le luci accese nella hall ed un biglietto piuttosto evasivo sulla loro meta, per essere certi di non assecondare nemmeno involontariamente la sua voglia di partecipare all'incursione.
Una piccola strategia che la fece sinceramente divertire.
Adulti, umani e non, capaci di partire per chissà quale avventura solo dopo essersi premurati di lasciare luci accese, biglietti e cena in caldo…
Oltre che, al piano di sopra, a centro stanza, un vampiro seminudo alle prese con una lunga ed estenuante seduta di meditazione.
Nel miglior stile di Angel.
Con movimenti pacati e regolari.
Efficaci…
E piacevoli pure da vedere, aveva apprezzato, entrando e girandogli attorno, per vederlo in viso.
"Ciao Faith." - l'aveva apostrofata distrattamente Spike, allungando le braccia e ridistribuendo il peso - "Non ti hanno aspettata, vero?"
"A quanto pare no." - aveva recriminato lei, avanzando fino a trovarsi di fronte - "Come ti senti?"
"Io? Benissimo!"
e qui, ovviamente, come da copione, le gambe gli avevano ceduto.

"Oh, oh, no!" - mormorò Faith, nel vederlo barcollare.

Che botta…
"Vampiro…o la tua vertebra inizia a fare il suo dovere, o io te ne sbriciolerò un'altra di persona."

Faith iniziava ad essere di cattivo umore.
Ed in un situazione imbarazzante.
Sdraiata sul tappeto, avvinghiata ad un vampiro.

La sua schiena non era ancora del tutto efficiente, anche se mancava poco per riavere il solito impertinente ed atletico Spike.
La sfacciataggine era già tornata da parecchio… la tonicità fisica si faceva un po' attendere, soprattutto se aspettata con l'impazienza che lo caratterizzava.
E Faith, al di là delle battute pungenti con cui lo teneva a freno, aveva reagito ad un moto di preoccupazione sincera, afferrandolo e sorreggendolo, nel momento in cui le era sembrato necessario. E per un istante era pure riuscita a restare in piedi, cingendogli il petto con le braccia e sentendolo appoggiarsi con il suo peso. Si era ritrovata ad un passo dal rassicurarlo che era tutto ok… o con qualsiasi altra sciocchezza… quando si era resa conto che non avrebbe retto ancora a lungo.
E dovendo scegliere… aveva deciso di battere lei la sua schiena dura.

Perfetto.

"Non la trovo una cosa così tremenda…" - sussurrava il colpevole, con tono vagamente lascivo.
"Tra un minuto perderai sangue dal naso…" - replicò, domandandosi perché queste cose capitassero a lei e non agli altri.
"Pensi di restare lì in eterno?" - ringhiò, mentre Spike, cercando di non schiacciarla con il peso, ma senza alzarsi, si puntellava con le braccia e la guardava.
"Te l'ho detto, non è così tremendo…" - ripeté, fissandola con uno sguardo allegro.
Aveva gli occhi che brillavano. Era realmente di buonumore.
"Come mai sei così felice?" - domandò, sospettosa, rinunciando a muoversi. E rassegnandosi all'idea che, se il vampiro aveva voglia di giocare, la sua doccia e la sua cena avrebbero dovuto aspettare.
"Niente di particolare." - lui scosse la testa ed i suoi capelli, un po' più lunghi del solito e vagamente indisciplinati, ne accompagnarono i movimenti, incoronandolo d'oro.
"Sarai anche un belvedere." - mormorò lei, fissandolo critica - "Ma io gradirei sul serio che ti levassi."
La guardava, maliziosamente.
"No."
"ti prego, Spike." - sospirò - "Ho fame, sono stanca…"
"E?" - domandò lui, rotolando sul fianco e sedendosi.
"Non è già abbastanza?" - replicò lei, togliendosi i capelli dal viso - "In effetti, ho anche un po' di mal di testa."
"E sei costretta anche a fare da balia al povero invalido?" - la punzecchiò, impertinente.
Potevano fingere che fosse un segreto, per evitare discussioni. Ma non erano bravi a nasconderlo. Con una scusa o con un'altra c'era sempre qualcuno a casa con lui.
"Non mi sembri così malmesso."
"Infatti non lo sono. Ma la mia mammina si preoccupa." - cinguettò petulante.
"Non sai quanto desiderava sentirtelo dire." - replicò Faith, restando sdraiata su un fianco. Prima di rendersi conto di cosa le era sfuggito dalle labbra.
Si voltò, per vedere che reazione avesse avuto. Ma era cosa da poco, un semplice sopracciglio alzato, con un sorriso malizioso.
"Spiegati, Faith. Tanto il danno l'hai già fatto." - mormorò, sapendo benissimo che non avrebbe mai voluto dire quello che aveva detto.
"Non ho niente da spiegare. Quando stavi veramente male, Angel desiderava solo che tu stessi bene e ti potessi lamentare che eri sotto una campana di vetro." - ribattè sbrigativamente, alzandosi.
Non aveva voglia di lasciarsi trascinare in un gioco o in una conversazione.
"Mi vuoi dire cosa ti è successo?"
"Nulla. Assolutamente nulla. Ho solo voglia di una doccia." - rispose. Sperando di essere convincente. Tendendogli una mano.
"Faccio da solo, grazie."
Gelido. Seduto con le gambe allungate e le braccia dietro la schiena.
Ma Faith non si lasciò intimorire.
"Spike, per piacere." - sospirò stancamente, dispiaciuta di avergli rovinato così l'umore - "Non farne una questione di orgoglio. La schiena ti fa male e fai fatica a rialzarti da solo. Lo sappiamo tutti e due. Accetta la mia mano, per favore."
Era proprio avvilita…
Spike la guardò, alzando la testa verso di lei e la sua mano protesa. Era intimamente triste. Per qualcosa che non voleva ammettere nemmeno con se stessa.
Gli sarebbe piaciuto aiutarla. Ma sembrava chiusa dentro una scorza molto dura da sfondare. Inespugnabile.
Qualunque cosa fosse, era nascosta in fondo al cuore, sotto strati e strati di quotidianità.
Si protese ad afferrare la sua mano, anche se con un'esitazione.
E non si sentì offeso da come lei, sollecita, gli si insinuò sotto il braccio, per tirarlo in piedi.
In altri momenti l'avrebbe probabilmente irritato, come una forma di scarso rispetto della sua indipendenza. Ma adesso capiva perfettamente che anche Faith aveva i suoi crucci. E l'aiuto che gli offriva era sincero.
"mi dispiace esserti franato addosso." - ammise.
"Non importa" - sorrise Faith - "sei ancora un po' indolenzito. È normale. Ti sei ripreso realmente in fretta. Ne sono contenta."
"Attenta cacciatrice… rischi di diventare affettuosa…" - l'ammonì blandamente, continuando ad appoggiarsi e lasciando che lo guidasse verso la poltrona più vicina - "Senti un po', ti faccio una proposta. Tu vai a farti la doccia ed io apparecchio. Non ho ancora cenato nemmeno io."
"Buona idea." - annuì, sollevata, mentre, in ogni caso, lo aiutava a sedersi - "E sai dirmi se ha cucinato Cordy? Perchè in quel caso dovremo dividere il tuo pasto…"

L'acqua calda era veramente un toccasana sul suo indolenzimento. Perchè no, anche su quello interiore. Le piaceva posare la fronte contro le piastrelle umide e fresche, ed assaporare un po' del vapore.
Respirare quell'aria calda la faceva sentire come nascosta in un morbido guscio protettivo. Chiuse gli occhi, per assaporarlo meglio ed I pensieri tornarono subito.
Per un attimo fu tentata di correre a dirlo a Spike. Raccontargli che la sera dopo le sarebbe piaciuto andare a ballare, sfrenatamente, con una maglietta nuova e magari i pantaloni di pelle nera che aveva adocchiato con Cordelia ai magazzini.
Le sarebbe piaciuto….
Ma non era una buona idea, si ammonì.
L'aveva visto con i suoi occhi. Per quanto ostentasse sicurezza e normalità, non era ancora al meglio. Non l'avrebbe mai ammesso, certo, proprio come era tipico della sua testa dura.
E poi quello che gli avevano fatto le provocava ancora molta amarezza; abbastanza da non essere certa che fosse gentile festeggiare.
Proprio lei, che degli altri se ne era sempre strabattuta, riusciva ad avere un pensiero tanto gentile.
"Oh, Faith, la vita in comunità ti rammollisce." - sussurrò al suo riflesso appannato - "Potresti anche prenderti la serata libera ed andare per gli affari tuoi. Sei grande…"
E stai per diventare più grande di un anno… un altro anno da ammucchiare insieme agli altri…
"E tu vuoi festeggiare veramente questa catasta di giorni incasinati?" - si chiese ancora - "Ci sarebbe da rallegrarsi se te ne abbuonassero qualcuno. Andiamo, sei sopravvissuta anche senza… perchè mai adesso vorresti di più."
Perchè ora ho delle persone a cui tengo. E che tengono a me. Ed io vorrei condividere tutto questo con loro. È un pensiero normale, credo.
See, certo. Adesso vuoi anche dei pensieri normali…

"Faith!" - la chiamò, appoggiandosi alla balaustra e guardando verso l'alto - "Ti accetto anche in accappatoio! Scendi che è pronto."
"Arrivo." - gli rispose una voce.
Accompagnata dal suono di passi leggeri.
Aspettò, per vederla scendere, con i calzettoni di spugna, impegnata ad aggiustarsi un orecchino con entrambe le mani.
Effettivamente in accappatoio.
"Toh, ciao Angel." - la sentì dire, alzando gli occhi verso qualcosa alle sue spalle.
"Ciao ragazzi." - mormorò lui, posando la sacca sulla sedia vicino alla porta.
"Stai bene?" - chiese formalmente Spike, guardando la mano insanguinata che ancora stringeva i manici del borsone.
"Certo. Cosa da poco."
Dietro di lui, con calma, stavano arrivando gli altri.
"Stavamo andando a cenare. Vi unite a noi?" - chiese Faith. Non riusciva proprio a bloccare il perno di quell'orecchino. E stava perdendo la pazienza.
Si guardò in giro, a caccia di un aiuto, visto che Spike era già sparito dietro a Angel.
"Westley, scusami…" - chiamò, quasi timidamente - "Ti spiace?"
Wes stava giusto posando la giacca.
In un attimo fu dove fino ad un attimo prima era stato il vampiro biondo.
"Dai, china la testa." - le disse, affettuosamente - "E tieni indietro quella criniera leonina."
Hai le mani fredde, rabbrividì.
"Scusami…"
"Come riesci ad avere le mani gelate in questa stagione?"
"Mi capita spesso quando sono stanco…" - replicò l'uomo, provando inutilmente - "E tu? Non sei ancora stufa della giornata?"
"Non me ne parlare… mi sembra che non debba mai finire…"
"Spike ti ha fatto disperare?"
"Non ne ha avuto il tempo." - mormorò lei.
"Guarda che ti ho sentito!" - urlò una voce dall'altra stanza.
"Tremendo. È veramente tremendo."- ribattè a mezza voce l'Osservatore - "Fatto."
"Grazie." - Faith gli sorrise. Quasi in imbarazzo. E Wes ebbe l'impressione che l'orecchino fosse un pretesto per dirgli qualcosa che, alla fine, non aveva trovato il coraggio di pronunciare.

"William… la smetti di ronzarmi intorno?" - domandò Angel, sfogliando alcuni fogli con la mano sana e tenendo rispettosamente l'altra nella tasca della giacca.
"Capisco che tu non sia soggetto ad infezioni, ma potresti levarti tutto quel sangue di dosso? Ha un odore irritante…" - ribattè prontamente Spike.
"Prima porto le armi di sotto in palestra." - rispose, voltandosi e prendendogli la sacca dalle mani. Prima che potesse protestare.
Incontrandone lo sguardo.
E sentendosi prontamente zittire.
"Non mi chiedere come sto. La risposta è sempre uguale."
"La tua salute è l'unica cosa su cui menti sempre." - constatò Angel, incamminandosi. Certo che l'avrebbe seguito subito. Rallentando volutamente il passo, per non affaticarlo.
"Rallenta ancora un po' e sarai fermo." - L'apostrofò velenosamente l'amico.
Preferì ignorarlo. E scendere le scale dello scantinato, accendendo le luci al passaggio e tendendo i sensi per accertarsi che riuscisse ad arrivare in fondo senza cascare.
Lo sapeva di essere effettivamente eccessivo. Ma non poteva assolutamente farci niente. Vederlo così bloccato era una situazione logorante per entrambi.
"Mi dai una mano?" - mormorò, aprendo la cerniera della sacca.
E ritrovandosi con due mani che gli sfilavano la giacca.
"Intendevo con le armi."
"So benissimo cosa intendevi. Ma io ho fame e voglio muovermi. Per cui fai vedere e ripulisci quella ferita."
Angel con uno sguardo tollerante tirò su la manica del maglione ed esibì una lunga linea rossa. Già rimarginata. O quasi.
"Puah! e da una cosa così piccola hai perso così tanto sangue? Sei proprio un novellino." - sentenziò l'altro senza sentire neanche il bisogno di sfoggiare le sue braccia sfregiate.
Angel lo fissò, con un'ombra di sorriso. Era bravo a dissimulare i suoi crucci. Veramente bravo. Si appoggiò la bancone e lasciò che iniziasse ad armeggiare con il contenuto del borsone.
"la schiena?" - gli domandò, incrociando le braccia per intralciarlo il meno possibile. "Mi tira qualche brutto scherzo. Ma sopravvivo." - commentò l'altro - "La tua coscienza?"
"Se ne sta tranquilla."
"Dovresti parlare con Faith…"
"Che le è successo?"
"Non lo so. Ma c'è qualcosa che la preoccupa."
"Lo farò."
Si fidava veramente delle intuizioni di Spike. Non aveva bisogno di fare altre domande o porsi qualche dubbio. Gli bastava quel semplice commento, senza alcun particolare aggiuntivo.
Il resto l'avrebbe detto Faith, se avesse deciso di parlargli.
"Non credo sia una cosa di cui preoccuparsi veramente. Ma la intristisce." - aggiunse Spike, posando l'ultimo paletto - "abbastanza da non avere nemmeno voglia di litigare con me…"

magari Doyle se ne ricorderà…
Quel pensiero accese in lei una pallida speranza. Subito spenta. Difficilmente Doyle poteva ricordarsi di una cosa che non sapeva.
Non ci si poteva mica aspettare che avesse letto la data del compleanno nelle stelle!
Lo guardò, stando ben attenta a non farsi notare. Poteva eludere tutti, ma Doyle riusciva sempre ad estorcerle informazioni, anche quando stava ben attenta a tenere la bocca chiusa.
In effetti, la soluzione migliore era che qualcuno se ne ricordasse per non so quale miracolo. Così le avrebbero fatto gli auguri.
Caspita, gli auguri…
In galera la sua compagna di cella doveva aver bofonchiato qualcosa, prima di aggredirla…. Ma forse non era così che andava di solito, il rituale del "Buon compleanno!"
E Cordelia? La soppesò con lo sguardo. Prima di ricordarsi che Cordelia nei compleanni non credeva. Il suo l'aveva proprio cancellato. Perché se anche era vero che ad una signora l'età non si chiede mai, bisognava essere previdenti e non dare appigli neanche alle supposizioni.
Niente compleanni, niente calcoli.
Chinò il capo e si concentrò su quello che aveva nel piatto.
Doyle e Cordelia scherzavano, come sempre. Lui stava cercando di convincerla che sapeva far sparire una moneta e farla riapparire senza trucchi di prestigio. E lei, con un piede puntato sullo sgabello, gli faceva notare come avesse sciupato la verniciatura dei sandali con il salto di quel reticolato.
Tutto sommato stavano avendo una delle loro conversazioni tipiche: quelle in cui non trovavano un argomento in comune ed ognuno dei due seguitava a parlare di ciò che voleva.
Faith li guardò, masticando pensosamente.
Sentiva la voce di Angel avvicinarsi, sempre con Spike appresso, intento a tormentarlo.
Anche quella era una costante. Angel che camminava davanti e, due passi indietro, con le mani in tasca ed il naso saccentemente verso l'altro, Spike, impegnato in un monologo sul fatto che fosse stufo di avere solo monologhi.
"Ciao piccola." - mormorò Angel, continuando ad ignorarlo, apparentemente - "Andata bene la caccia? Contusioni?"
"Poche. E tu?" - rispose Faith, giocherellando con la forchetta e indicando con il mento il braccio e le mani ormai pulite.
"Anch'io una cosa da nulla." - constatò, passando a fianco di Doyle che stava perdendo centesimi dalle tasche ed aprendo il frigo.
Tipico di Angel. In una cucina piena di persone era capace di registrare in un attimo come sul tavolo non ci fosse una bottiglia di latte ed un bicchiere per Faith.
Era così premuroso… talmente premuroso che Faith si era da molto tempo rassegnata al fatto di non potergli dire che, prima di conoscerlo, aveva annaffiato buona parte dei suoi pasti con birra rossa.
"Angel, quanti anni hai?"
la domanda lo sorprese. Dovette concentrarsi sul non versare il latte sul tavolo e sul bicchiere che stava riempiendo prima di rispondere.
"Di preciso? Devo essere nato nel 1754…" - aggrottò la fronte per essere certo di ricordare giusto - "quando Giorgio III è salito al trono dovevo avere circa sei anni…"
"Già" - Doyle alzò le braccia al cielo - "Il sovrano del disastro. Si prese l'Irlanda e si perse le Americhe…"
"Ti prego." - sospirò Wes, entrando con un fascio di documentazione sotto il braccio - "Non rimembriamo il triste giorno…"
"Vi sembra il caso di buttarvi in una discussione del genere?" - replicò Spike, sedendosi, contrariamente al suo stile, su uno sgabello e non sul ripiano della cucina. Vicino a Wes, per dargli manforte nella divergenza di credo, contro Angel e Doyle.
"Per carità." - sorrise Angel - "Non è nelle mie intenzioni."
"Nelle tue forse no…" - sospirò Doyle, lasciando ben intendere quanto ci tenesse a dire la sua.
"Nemmeno nelle tue mio caro." - lo zittì Cordy, afferrandolo con una mano per il colletto e baciandolo.
Doyle soppesò il 'consiglio', per un attimo.
"No. Nemmeno nelle mie." - disse prontamente - "Buonanotte ragazzi!"

"Però…" - constatò Spike, mentre i due si volatilizzavano - "Se questa non è l'America che conquista l'Irlanda…"

"Come mai ti è venuto in mente?" - azzardò Angel rivolto a Faith.
"Così, una curiosità. E sei nato…."
Quel terzo grado lo incuriosiva. Recuperò il tazzone suo e quello di Spike e si risedette.
"Pieno inverno. Figlio del freddo in piena regola." - commentò, bevendo un sorso. E nascondendo dietro un sorriso il suo spirito d'osservazione. - "E tu Wes?"
"Come? Ah, il mio compleanno." - rispose, cercando di mettere a fuoco l'argomento di uno stampato - " Aprile… 12 aprile. Sono dell'ariete."
"Testa dura senza paura." - commentò malignamente Spike.
"Sentiamo…" - adesso Wes si sentiva chiamato in causa. Posò i suoi fogli - "E tu?"
Adesso Faith iniziava a temere il suo turno, mentre Wes e Spike discutevano sulle ascendenze dei segni. La situazione le era sfuggita di mano. Non voleva che le chiedessero e lo scoprissero in quel modo.
Non voleva che pensassero che fosse una doppiogiochista.
"Signori, vi lascio alle vostre discussioni e vado a dormire." - esclamò, spolverando l'accappatoio per liberarsi delle briciole. Precipitosamente - "Buonanotte."
"Buonanotte."
"Ciao Faith."
Solo Angel la guardò pensosamente, mentre si allontanava. Rigirando la tazza tra le mani.
Buonanotte piccola, mormorò.
Quando fu certo che fosse lontana…
"Sai Spike, credo di avere capito il problema."
"Il problema di chi?" - Wes alzò la testa, prestandogli finalmente l'attenzione dovuta - "Faith? Faith ha un problema?"
"Oh sì." - annuì Spike, approfittando per continuare a tormentarlo - "E me ne sono accorto io… non di certo chi dovrebbe tenerla d'occhio. Vero, Osservatore?"
"Taci Spike." - ribattè distrattamente, fissando Angel - "Che problema ha Faith?"
Angel stava ancora guardando oltre le sue spalle, l'ingresso vuoto. Soppesava l'intuizione che aveva avuto.
Alla fine scosse la testa, divertito.
Sì, era veramente certo.
Di tutto quello che poteva essere…
"E' il suo compleanno, Wes."

II
"Eccolo qui." - comunicò, emergendo da dietro una scaffalatura - "Il fascicolo di Faith. Qui dovremmo trovare la conferma."
"Non facevamo prima a chiederglielo?" - mormorò Spike, disperdendo con una mano la polvere che si levava dalla cartella, mentre Angel la sfogliava. Stava comodamente seduto alla scrivania di Wes, al centro della sua biblioteca.
"Avesse voluto dircelo, l'avrebbe fatto…"
"E secondo te, perché non l'ha detto?" - insistette.
"William…" - rispose Angel appoggiando i fogli sul tavolo e chinandosi per visualizzarli meglio - "Tu hai detto a Wes la tua data di compleanno?"
Spike lo fissò interdetto.
"Oh, che centra questo! Stavamo discutendo…"
"Vero. Ma hai eluso la domanda. Chiediti il perchè…"
Wes, nel frattempo, leggeva da sopra la spalla di Angel. Con un'occhiata catturava le nozioni. Le poche nozioni.
Il più era fatto di rapporti, vecchie copie di resoconti per il consiglio e dal consiglio.
Tutte datate ad un'epoca remota.
Le informazioni base, quali tessera della previdenza, codice fiscale, cognome o altro… erano l'accozzaglia più frammentaria mai vista.
"Possibile che non ci sia?" - mormorò Angel, sfogliando il tutto per la seconda volta. "Molte informazioni sono rimaste a Londra. Le altre suppongo siano andate perse negli spostamenti… e nell'incendio del tuo primo appartamento." - commentò Westley - "possiamo chiamare Giles…"
"E tirarlo giù nel cuore della notte per una questione del genere? Non sanno che Faith è qui. E non le manderanno un regalo…" - ribattè Spike, buttando un'occhiata distratta ai fogli.
"Niente data di nascita…" - sospirò Angel, raddrizzandosi - "Trecento pagine di sue vicende e documentazione clinica e niente data di nasc…"
Fu allora che la vide.
La documentazione bancaria.
Angel aveva istituito un fondo fiduciario per Faith, quando era fuggita di prigione. Voleva essere certo che, qualunque cosa accadesse, sarebbe stata in grado di ricominciare a vivere agiatamente.
La documentazione era ovviamente basata su una falsa identità, costruita apposta.
Wes si era dichiarato garante per ogni operazione e si era auto-incaricato di conservare una copia della documentazione.
Avrebbe avuto accesso ai beni vincolati di Faith in qualsiasi momento, mediante l'esibizione di un codice numerico.
"Eccola." - mormorò Angel, fissando le scartoffie.
"Dove?" - Wes si sporse. Gli sembrava solo un rendiconto bancario. Un comunissimo plico di fogli fermato da una graffa - "Non sono tutti dati falsi?"
"Oh sì, certo…" - Angel posò un dito vicino ad un appunto a matita - "Tutti tranne la password… 160681… 16 Giugno 1981. Domani."
"Svelato il mistero…"
"Adesso che facciamo?"
"Violiamo la privacy di Doyle e Cordelia." - rispose semplicemente Angel, girandosi ed andando verso la porta - "Consiglio di guerra ragazzi…"
Era già a metà delle scale. Non li aveva nemmeno aspettati.
Wes lo guardò sparire e si voltò a fissare Spike che si stava mettendo in piedi.
"Tu non lo odi quando fa il condottiero in questo modo?" - si sorprese a domandare. E lo sguardo di Spike fu eloquentissimo.

Doyle girò la testa a destra e poi a sinistra.
Poi di nuovo a destra.
E un'altra volta a sinistra.
Stava seduto al centro del suo letto e si poteva supporre che, sotto il lenzuolo, fosse vagamente nudo. Per seguire meglio quello che gli stavano spiegando, aveva ripiegato le ginocchia e si era puntellato sui gomiti.
Girava la testa a destra e poi a sinistra.
Aggrottando la fronte.
Angel e Wes stavano ai piedi del letto e parlavano quasi in contemporanea.
Rispondendosi a vicenda.
Cordelia, seduta a gambe accavallate al suo tavolino da toelette, avvolta in un corto kimono rosa, tamburellava tristemente sul ripiano, tirando indietro i capelli che, lasciati finalmente sciolti, continuavano a ricaderle sul viso.
La sua espressione era vagamente annoiata. Ed il suo conforto erano le occhiate che lei e Spike si scambiavano.
"Ti va ancora bene…" - disse lui, per consolarla - "potevano sedersi per spiegarlo meglio."
"Fatemi capire." - li interruppe ad un tratto Doyle - "Tutte questi giri di parole vi servono per farmi capire che volete organizzare una festa di compleanno a Faith?"
"Bhe, in effetti…" - Wes annuì, colto alla sprovvista - "Direi che quello è il succo del discorso."
"Ottimo." - rispose Doyle, sollevato - "Allora che ci vuole. Compratele i regali. Io e Cordy andremo a prendere una torta ed organizzeremo il resto.
Domani a mezzanotte?"
"sì, direi che può andare." - aggiunse Angel.
"perfetto." - Doyle riguardò allargando le braccia. E perdendo quasi il lenzuolo - "Devo arguire anche che adesso vi leverete dalle palle?"
"Si… certo…"
"perfetto. E chiudete la porta."
Quando fu certo che fossero tutti e tre abbastanza lontani e che Spike stesse dicendo ad entrambi il fatto loro, frugò tra le coperte.
"Allora, amore…" - disse, emergendo, più arruffato che mai, con una bottiglia e due calici - "Stavamo dicendo?"

Non aveva dormito molto.
La festa di Faith l'aveva tenuto sveglio. lui e Wes erano stato alzati a parlarne, come se fosse una questione di stato.
Spike, dopo aver rischiato un paio di volte di addormentarsi in poltrona, si era deciso a lasciarli e a tornarsene nei suoi appartamenti.
Testardamente, per quel che lo riguardava, avrebbe semplicemente comprato un regalo, un bel regalo con tanto di auguri.
Non ci vedeva niente di più.
Per Angel, e per Wes, la questione era leggermente più delicata.
Angel si ostinava sul fatto che c'era già stato ben più di un compleanno di Faith da quando si conoscevano e mai, mai, aveva pensato che potesse farle piacere festeggiarlo.
E Wes, con analogo cruccio, si accaniva a cercare soluzioni per festeggiamenti in grande. Guardando con astio Spike che gli suggeriva uno spettacolo pirotecnico nell'ingresso e una famiglia circense in giro per il giardino.
E poi c'era il fattore sorpresa…
Dovevano dirle che avevano scoperto il suo segreto e darle quindi un po' di preavviso per defilarsi se così preferiva o prenderla del tutto di sprovvista?
Doyle non era stato chiaro su questo aspetto organizzativo.
Ringraziando il cielo, sulla questione regali c'era l'imbarazzo della scelta. Faith non chiedeva mai nulla e non si aspettava nulla. Le poche volte che riceveva qualcosa era grazie a Cordelia, che assolutamente non voleva vederla andare in giro nuda come una selvaggia. E che finiva sempre con il tornare a casa gemendo per i negozi in cui Faith sceglieva magliette e pantaloni.
Ed una volta esauriti gli aspetti puramente pratici del discorso… allora, separatamente, restavano i propri pensieri.
Ed Angel non era certo avaro di ragionamenti.
Seduto in una poltrona, abbracciato al cuscino, fissava il soffitto e pensava.
Non sapeva nemmeno perché avesse poi scelto la sala grande del pianoterra, come angolo di ragionamento. Forse perchè gli sarebbe piaciuto accendere tutti i lampadari, lustrare il tavolo ovale e allestire una festa indimenticabile.
Una vera festa. Tutti insieme.
Quanto l'avevano cambiato quelle persone…
Il desiderio di una famiglia, di condividere una gioia, serenamente. Non avevano mai trovato il tempo per farlo…
Giorno dopo giorno, cruccio dopo cruccio, avventura su avventura.
Oh, sì, sarebbe stato bellissimo.
Anche lui, come Faith, non aveva mai avuto delle vere festività in famiglia. Oh, certo, il calendario irlandese era pieno di ricorrenze. Ma cosa sono le feste, se le passi con l'amarezza nel cuore ed il rancore negli occhi?
No. Decisamente no.
Solo il compleanno di Kathie era una gioia.
Lo aspettava nascosta nel granaio. Anche Kathie, come Faith, era nata nei mesi assolati e portava sempre quel tepore nel cuore. Lo aspettava nel granaio e restavano lì, nel caldo del primo pomeriggio, senza che nessuno li cercasse. Il poco tempo necessario per una storia o un disegno…
Per il regalo, comprato di nascosto.
Loro padre non avrebbe mai capito. Sprecare denaro per i balocchi di una figlia femmina.
Non sapere quanta gioia si poteva avere da una bambina con lo sguardo di giugno… L'alba doveva essere trascorsa da un bel pezzo, quando Cordelia apparve sulla porta. "Buongiorno." - sussurrò gentilmente, rannicchiandosi sulla poltrona di fronte. Con una bella tazza tra le mani.
Caffè… un' aroma così intenso da fargli desiderare di berne un sorso.
"Ce ne è ancora?" - chiese, guardandola.
"è una strana richiesta, detta da te. Comunque sì. No, lascia, vado io…" - aggiunse, alzandosi.
E tornando rapidamente indietro con una seconda dose.
"Grazie." - mormorò Angel, lasciando scivolare il cuscino, ad afferrando quel piccolo involucro di porcellana tiepida.
"Ti piace senza zucchero, vero?"
"Le poche volte che lo bevo, sì. Come fai a saperlo?"
"E' il mio lavoro, Angel." - replicò semplicemente - "Prevedere i desideri del capo…"
Angel le sorrise.
"Siamo ancora capo e segretaria, Cordy?"
"Solo ogni tanto. Per il resto siamo una bella squadra. Ed io sono quella che fa il bucato, la spesa… mi occupo di tutto perché tutti vivano bene qui." - disse - "E' strano, del mio futuro avrei pensato tutto tranne questo…"
"Rimpianti?"
"E perché? Le cose che non si riescono a sognare non devono per forza essere negative. Sono molto felice, sono amata… e so che devo tutto questo a te."
Angel la guardò.
Era veramente un essere meraviglioso. Lo era sempre stata, sotto strati e strati di trucco, sotto l'opacità della vita di provincia che l'aveva messa su un piedestallo. Era così tenace e così fragile allo stesso tempo…
"io sono stato fortunato ad avere te, Cordy." - ribattè - "Non ci fossi stata tu, questo sarebbe ancora un posto vuoto e buio. Sei tu che hai riportato la luce. Se adesso siamo tutti qui e siamo una famiglia è solo grazie a te."
"E a Doyle." - puntualizzò lei, guardandolo sottecchi.
"soprattutto tu, Cordy." - insistette Angel, non sapendo più bene nemmeno come esprimersi, per comunicarle tutto l'affetto traboccante che provava per lei.
La guardò, mentre alzava lo sguardo, contemplando i lampadari.
"Avrò parecchio da fare, oggi." - la sentì sospirare - "Stavo pensando di srotolare anche il tappeto, che ne dici?"
e visto che Angel la guardava interrogativo…
"Credi mica che il tuo compare mi abbia sussurrato paroline dolci, stanotte. Si è messo a pianificare tutto quello che gli sembrava necessario. Dice che abbiamo un sacco di cose da festeggiare…" - Cordy chinò un po' la testa, per giocherellare con una lunga ciocca - "Io ho deciso di sbrigare tutte le faccende, poi andrò dal parrucchiere e a ritirare la torta ed il vestito…"
Angel la fissava come se di colpo gli fosse sfuggito tutto di mano.
"Hai già deciso cosa comprarle?"
la domanda lo colse di sprovvista.
"io… sì, credo di sì… Wes andrà a vederlo più tardi… abbiamo deciso di comprarglielo assieme."
"Anche io e Doyle…" - annuì Cordelia, per niente preoccupata delle perplessità di Angel - "E Spike?"
"Ha detto che ha già quasi risolto." - mormorò - "Cordy, come la mettiamo con Faith? È una sorpresa?"
"E come si può nascondere tutti questi preparativi ad una cacciatrice? Non c'è manco da pensarlo! Le diremo che facciamo un po' di festa usando il suo compleanno come pretesto, che poi sarebbe anche la verità, e siamo a posto."
"Oh, eccovi qui." - commentò Doyle entrando - "Buongiorno."
"Ciao." -Angel alzò la testa verso di lui - "Mi è stato detto che abbiamo molto da festeggiare..."
"come no! Festeggiamo Faith, la guarigione di Spike, il mio ritorno e celebriamo tutto questo per avere la prima ricorrenza di famiglia! Buongiorno principessa." - si chinò a baciarla senza nemmeno levare le mani di tasca - "Non sei d'accordo?"
"non ci crederai, ma sono anche contento…"
"Allora festeggiamo anche questo: Angel contento perché facciamo festa." - Doyle lo soppesò con lo sguardo - "ne abbiamo tutti bisogno…"
Su questo non c'erano commenti da aggiungere. Erano state settimane estenuanti.
Un mese sull'altro, avevano accumulato fatiche e tensioni in quantitativo industriale. E gli attimi di quiete, tanto agognati, erano trascorsi fuggevolmente.
"ti ricordi di avvertire Lorne?" - chiese Angel, distogliendolo dai suoi pensieri.
"Certamente." - annuì - "Hai qualche particolare richiesta?"
"Solo una."
"Sentiamo."
"Dovresti ritagliarti una mezz'ora a fine pomeriggio. Ho bisogno di fare una commissione e credo che tu sappia dove andare a mettere le mani…"
"Sarà fatto."
"Ciao gente."
"Come mai già sveglio?" - chiese, vedendolo entrare con la sua tipica andatura.
"Come mai non sei andato a dormire?" - ribattè prontamente Spike.
"stavo pensando…"
"Ma non è già un secolo che lo fai? Non ti serve fare gli straordinari…"
"Vuoi sederti, Spike?" - chiese Cordelia, facendogli spazio sulla poltrona. Aveva imparato a sue spese che, con Spike, era meglio non saltare in piedi e cedergliela completa.
Rientrava in quella categoria che egli definiva "buona azione per il pensionato". E che, pertanto, avrebbe decisamente preso male. Perché, come ripeteva fino alla nausea, lui era un vero teppista.
"no, grazie." - replicò, restando in piedi vicino a Doyle - "In compenso, se è caffè che stai bevendo, potresti offrirmene un sorso…"
"Allora." - esordì, restituendo la tazza alla legittima proprietaria - "Come è il piano per la giornata di oggi?"
"Regali. Shopping e regali." - commentò Cordelia- "Tu ed Angel, che dovete stare qua fino al tramonto, mi darete una mano con i preparativi."
"Sai che ci vuole. Si comprano gli alcolici e un po' di dolcetti…"
"Oh, no. Facciamo le cose per bene. Organizzerò una cena, comprerò una torta ed illumineremo questa sala a festa." - spiegò la ragazza lasciando vagare lo sguardo, similmente ad Angel, sulle lenzuola che coprivano i mobili e sui vetri opachi - "sarà il compleanno di Faith, ma non solo."
Aveva gli occhi brillanti e le guance arrossate per la gioia.
"non abbiamo mai festeggiato nulla, insieme, come una vera famiglia. E visto che lo siamo, è ora di cominciare. Andiamo, ragazzi, lo sappiamo tutti: nella vita nulla è per sempre. Se adesso siamo qui, e siamo tutti insieme, dobbiamo festeggiare. Già solo per il fatto di essere noi."
"Adesso vi è chiaro perché la amo tanto?" - domandò Doyle raggiante.
"Oh, sì." - commentò Spike - "meno chiaro perché ti sia servita una resurrezione prima di deciderti a saltarle addosso."
"Spike!" - urlarono in coro tutti i presenti.
"Ecco! Ha sciupato tutta la mia poesia." - dichiarò, drammatica Cordy, lasciandosi ricadere contro lo schienale.
"oh, gattina, ma io ho apprezzato veramente quello che hai detto." - Spike si inginocchiò di fronte alla poltrona della ragazza. Con sguardo adorante e mani sul cuore - "Tu sei la luce che guida i nostri passi, l'anima del nostro focolare e mai con nessuno potremo barattarti con altro. Ben vengano tutte le tue decisioni!"
Sollevava pure lo sguardo ispirato verso il cielo. Con la mano alzata, da perfetto commediante. Mentre Angel si copriva gli occhi con un moto di rassegnazione.
"Ben vengano, dico io! Perché mai tra queste mura si sia respirata più allegria. Che questa serata adombri ogni altra…. Siamo d'accordo, Angel? niente musi lunghi per stasera."
L'aveva detto senza nemmeno girarsi. E senza neanche aspettarsi una risposta dal suo sire che, appoggiata desolatamente la guancia al palmo della mano, gli stava contemplando la nuca. Semplicemente affranto.
Restando inginocchiato. Fissando con aria adorante Cordelia. E la ragazza non aveva molte speranze di restare seria e imbronciata come voleva.
Lentamente e inevitabilmente le sue fossette tornarono a fare capolino. E lei si protese ad abbracciarlo.
Spike ne fu colto di sorpresa. Il suo sguardo si addolcì, nel ritrovarsi a posare le labbra su quella spalla profumata.
Non sapeva nemmeno se gli era concesso di ricambiare l'abbraccio di così tanta vita. Sorrise e si lasciò stringere.
"piccola peste." - si sentì sussurrare in un orecchio. Affettuosa, in quel piccolo vezzeggiativo stava racchiudendo tutta la preoccupazione che aveva provato per lui in quelle settimane. I mesi di discussioni petulanti e le volte in cui Spike l'aveva spinta a terra per proteggerla. Tutto.
Perchè anche Spike aveva bisogno di quella famiglia che cercava a tutti i costi di ignorare. Perché anche Spike faceva parte delle loro giornate e delle loro emozioni.
Spike, con le sue battute insensibili. E la sua anima così pronta a capire.
Cordelia si tirò indietro, per fissarlo negli occhi.
"Allora, mi darai una mano?" - gli chiese. Senza aggiungere altro al loro attimo di intimità. Sapendo che ogni cosa sarebbe stata superflua e sfrontata.
"Mi comprerai gli alcolici?" - la punzecchiò teneramente lui, ricambiando l'occhiata.
"Affare fatto." - esclamò lei, porgendogli una mano da stringere.
Angel sembrava assorto nei suoi pensieri. Ma Doyle non dubitava di come, dietro quello sguardo serio si nascondesse una quieta felicità.
Tipico di Angel… gioire per la gioia degli altri. Sentirsi appagato solo ad osservarli.
"Principessa…" - chiamò, gentilmente - "Prima che tu metta Spike a lucidare le maniglie, io avrei bisogno di parlargli."
"Al tuo servizio." - ribattè l'altro, mettendosi in piedi rapidamente, prima che le gambe si accorgessero dello sforzo a cui erano sottoposte.
"sarà tutto bellissimo." - commentò Angel, guardando i due che uscivano. Lo disse per se stesso e per Cordelia.
Per godere ancora di quel luminoso sorriso.
"Oh, certo che lo sarà. Lo organizzerò alla perfezione."

"Come, scusa?" - ripetè Faith, con gli occhi sbarrati.
Talmente sconvolta che Wes si levò gli occhiali dal naso per la terza volta, ricominciando a lustrare le lenti.
"Bhe, sì. È andata così." - ripetè impacciato - "Ieri non riuscivo proprio a ricordarmi… poi mi è venuto in mente e allora…"
non era certo di ricordarsi come finiva la frase.
E Spike seduto in poltrona fingeva di leggere un grosso volume. E lo lasciava nel suo disastro verbale.
Bastardo.
Sì. Pensava a Spike proprio in quei termini.
"Stavo dicendo…" - riprese, guardando se le lenti erano pulite e ricominciando a strofinarle.
C'era ancora Faith di fronte a lui. Lo guardava con occhi grandi e perplessi. Ed aspettava una spiegazione.
"Ecco… cioè… è il tuo compleanno, no?" - chiese Wes, inforcando gli occhiali.
"sì." - Faith annuì, sempre più disorientata - "ma… ma tu come l'hai saputo?"
"Io… io sono un Osservatore. È normale che io mi accorga di queste cose." - esclamò, prendendo coraggio.
Mentre Spike lo guardava e alzava gli occhi al cielo, continuando a sfogliare le pagine.
"Ah." - no, non si aspettava questa risposta - "e perchè… cioè… se lo hai scoperto…"
avrebbe sinceramente voluto sapere perché non l'aveva scoperto già l'anno passato. Ma le sembrava una domanda indelicata. Si torse le mani, in imbarazzo.
"e allora…"
"Allora cosa?" - Wes si sentiva male quanto lei - "oh, sì, allora. Mi hanno detto che… che…"
"oh, insomma." - Spike chiuse il libro con tale forza da farli sobbalzare entrambi - "è semplice. Se domani è il tuo compleanno, abbiamo piacere di organizzare e passare la serata insieme. Tu andrai di ronda e poi, a mezzanotte, ti trovi a casa, ti cambi e vieni a cenare con noi. È poi così difficile?"
"Faith…" - Wes lo stava fulminando con un'occhiata - "quello che Spike sta cercando di dire è che noi avremmo piacere di festeggiarti…"
"Non ho bisogno il traduttore, Price. Faith ha capito benissimo."
"io… sì, sì… ho capito." - Annuì lei - "posso… andare?"
"Puoi andare da Angel, ma non puoi scendere al pianoterra. E a questo proposito, possiamo fare la strada insieme." - aggiunse, alzandosi - "di sotto c'è qualcuno che mi aspetta."

Faith si era alzata tardi. Anzi, si sarebbe alzata ancora più tardi se la porta di ingresso non avesse cigolato così tante volte. Non che ci fosse un vero e proprio baccano. Solo tanti rumori circospetti, anomali.
Si era vestita, in fretta e non si era neanche truccata. Ed era scesa, senza incontrare nessuno.
In fondo alla tromba delle scale aveva visto rientrare Cordelia con qualcosa tra le mani. Poi l'aveva vista riapparire con Doyle. Erano nuovamente usciti chiacchierando e Faith si era domandata dove potessero andare quei due.
Dalla biblioteca di Westley sentiva provenire la voce di Spike e, un po' più attutita, quella dello stesso Wes.
Aveva bussato pro forma, sulla porta spalancata e, al primo cenno di riconoscimento, era entrata.
E qui, la bomba l'aveva centrata in pieno.
Lasciandola senza fiato.

Ancora adesso, scendendo le scale con Spike, rimuginava sulla notizia.
"come mai ti sei fermato?" - chiese, riscotendosi e fissandolo, in piedi sul penultimo gradino.
"Ti va di sederti?" - le domandò, seriamente - "sono dolorante e voglio parlarti."
"Certo." - rispose lei, sedendosi dove si trovava, mentre lui faceva altrettanto.
"Sei contenta?" - chiese, fissandola.
"Di certo non usi giri di parole." - commentò - "Io non so… non ho mai avuto un compleanno…"
"mai?"
"No, mai. A casa mia… non la si poteva nemmeno chiamare casa. E la mia Osservatrice… quella prima di Wes e Giles… non abbiamo fatto in tempo a festeggiarlo." - sussurrò, disegnando sul gradino - "io, non volevo dare così tanto fastidio…"
"Non è un fastidio." - Spike le sorrise - "e' un piacere. È una festa. Lo è per tutti. Guarda Doyle, ad esempio. Non riesce a starsene tranquillo. Ha trascinato Cordelia dappertutto oggi. E lei? Penso non aspettasse nient'altro…"
"io sarò all'altezza?"
"Non è un esame, Faith. È un compleanno." - insistette - "Non devi 'essere all'altezza'. Devi essere solo tu."
"ma non devo fare qualcosa di particolare? Che so… un discorso?" - chiese ancora. Era veramente in agitazione, se si aggrappava così al suo ginocchio.
"Niente di impedisce di farlo, se ti fa piacere. Ma non sei obbligata." - spiegò ancora - "Se vuoi puoi ringraziare dei regali. Quella è una cosa carina…"
Adesso l'aveva gettata nel panico!
"Regali?"
Non voleva gridare, ma la voce era salita abbastanza di tono.
Abbastanza da far apparire Angel sul pianerottolo.
"Ciao, disturbo?" - chiese educatamente, alzando lo sguardo verso di loro.
"Sali." - rispose Spike, facendogli un cenno.
Aspettando che si fosse seduto sul gradino sotto il loro, per spiegargli la situazione. "Faith ha qualche problema con la dinamica dei compleanni…"
La ragazza si stava scompigliando nervosamente i capelli e contrariamente al suo carattere, si stava mangiando le unghie.
"Non rovinarti le mani." - l'ammonì gentilmente, stringendo le dita con le dita - "Sentiamo, piccola, quale è il problema?"
"Angel, io non ho mai… come si fa? Cosa si dice quando ti danno i regali?"
"Basta un grazie. Ma puoi anche dire che non ti piace e che vuoi cambiarlo."
"Sul serio?" - Faith brancolava - "Ma io non voglio dire che non mi piacciono. A me i regali piacciono sempre. E non voglio offendere nessuno…"
"non potresti neanche mettendoti di impegno." - la rassicurò, senza smettere di tenerle la mano - "sarà tutto come sempre. Siamo solo noi, Faith…"
"Siete già troppo…" - mormorò. Le si stava rapidamente formando un groppo in gola - "Io intendo dire che… io non mi aspettavo nemmeno questo… e non so proprio come si fa ad avere un compleanno…."
"tutti abbiamo un compleanno." - sospirò Spike - "anzi,io ed Angel ne abbiamo due…"
"Sul serio?" - la curiosità era forte, come nei momenti in cui ci si appiglierebbe a tutto pur di non sentirsi tanto angosciati.
"Già." - Spike la guardò di traverso - "nel mondo dei vampiri si festeggia solo il giorno della vampirizzazione. Io ed Angel, con l'anima, abbiamo avuto anche la dispensa per festeggiare il compleanno mortale."
"Non mi stai prendendo in giro, vero?" - chiese, perplessa.
"No." - Angel scosse la testa - "Non ti sta prendendo in giro. Io e lui abbiamo due compleanni."
"A te piace compiere gli anni?"
"Vuoi la verità?" - sorrise e scosse la testa - "non l'ho ancora capito. Per me, il compleanno è un giorno pieno di ricordi. Le cose che hai alle spalle e quelle che cerchi di vedere nel futuro. Un po' come tutti i giorni in cui ti alzi dal letto. Solo che, al tuo compleanno, puoi anche festeggiare… o ricominciare tutto da capo."
"E tu, Spike?" - si girò.
E non le ci volle molto per capire come soppesasse quella domanda. E come cercasse di dare forma ad una risposta.
"io adoravo compiere gli anni." - ammise, ad un tratto, fissando la sua attenzione su Faith ed Angel - "era la festa di famiglia per eccellenza. Cascasse il mondo saremmo stati tutti a casa a festeggiare. Era la sera perfetta per fare e dire tutto. Non c'era niente che andasse storto. Per me aveva un senso incredibile. Poi… il resto è storia."
Non voleva dirlo.
"Comunque." - aggiunse bellicoso - "ci stiamo allontanando dal seminato. Non c'è niente di cui preoccuparsi nel festeggiare un compleanno. Sei giovane.. imparerai…"
Si alzò e proseguì per la sua strada. E Faith ed Angel si scambiarono un'occhiata. Erano abituati alle cose che Spike diceva e non diceva.
"Sei più tranquilla, adesso?"
"Non so. Continua a sembrarmi tutto così irreale… mi viene da pensare che prima di stasera andrà tutto storto…"
"Non succederà." - Angel la guardò seriamente - "Saremo tutti a casa all'ora giusta e Cordelia non brucerà la cena."
"devo vestirmi elegante?" - come se avessi qualcosa di elegante da mettermi…
"Anche a questo sono certo che penserà Cordelia. E adesso goditi la tua giornata nel migliore dei modi." - consigliò, alzandosi.
"Angel…"
"Dimmi." - le rispose, voltandosi.
"Non sono costretta a stare da sola…" - spostava il peso da una gamba all'altra - "cioè… non devo stare da sola a riflettere sul mio futuro o altro, vero?perché sai…"
Iniziava ad arrampicarsi su per gli specchi. Ed Angel non potè fare a meno di sorriderle.
"dai, vieni…"

le sette…
le otto…
le nove…
Faith si pettinò i capelli un'altra volta.
Poi li tirò su a coda di cavallo. Poi li lasciò ricadere.
Poi di profilo.
Poi dando le spalle allo specchio e voltandosi per vedere se cadevano scomposti ed eleganti come quelli di Cordelia.
Poi aprì l'armadio un'altra volta. E scaraventò un'altra manciata di magliette sul letto. Sedendosi in mezzo e selezionando critica.
"Buco, bruciatura, macchia… oh, questa non è mia…." - mormorò, sollevando una canottierina rosa con i fiorellini - "Camicia di Angel, maglione di Wes…"
Camicia di Angel… magari annodata in vita…
"Pantaloni! Pantaloni, pantaloni, pantaloni…" - saltò giù dal letto e ricominciò a frugare nell'armadio.
Non era un guardaroba. Era un enorme accozzaglia di vestiti non suoi, vestiti da battaglia e roba di poco prezzo.
"Ci si può vestire dark al proprio compleanno?" - domandò critica, sollevando un paio di pantaloni neri - "magari Cordelia ha qualcosa da prestami."
No. Non puoi chiedere anche i vestiti a Cordy! L'hai vista, quanto ha corso oggi. Prima di stasera sarà stanca e arrabbiata.
Cominci già ad essere viziata…
"Allora! Cacciatrice! Ma non te lo ha detto nessuno che i mostri non vivono sul serio nell'armadio?"
Faith si sporse da dietro l'anta. Sulla porta c'era Spike. con il giaccone di pelle indosso.
"dove stai andando?"
"Di ronda. E tu? Cosa stai facendo?"
"Niente." - rispose affrettatamente - "Non sto facendo niente."
"Certo." - Spike non si lasciava fregare - "E tra un minuto mi dirai anche che stavi riordinando l'armadio."
"Ohhhh, Spike." - si sedette con un tonfo, dove si trovava. Disperata - "non ho niente da mettere…"
"oh, cielo." - Spike alzò esasperato gli occhi al cielo - "Iniziate a sembrarmi matti. Io ti apprezzerei anche nuda come mamma ti ha fatto, stasera. Se proprio non scegli di accontentarmi, allora mi è del tutto indifferente cosa ti metti."
"Consolante." - gemette la ragazza - "mi sfotti quando sono in difficoltà…"
si coprì il viso con le mani, in un attimo di grande disperazione.
"no, dai, Faith, non volevo essere scortese…." - fece un passo avanti. E si fermò di colpo - "Sei una carogna, cacciatrice. Te lo ha mai detto nessuno?"
rideva. Si copriva il viso e rideva.
Un po' istericamente, forse, ma rideva del senso di colpa vampiresco.
"lasciamo stare." - sospirò rassegnata, riguardo al suo vestiario e all'opinione di Spike - "cos'è questa storia che stai andando di ronda?"
"Mi danno la serata libera." - replicò, con un'alzata di spalle - "Non mi vogliono tra i piedi e mi hanno chiesto di farti compagnia."
"Fantastico."
"possiamo anche andare ognuno per la sua strada."
"No, grazie. L'ultima volta che l'abbiamo fatto non è finita bene." - Faith si tirò in piedi, spolverandosi i pantaloni - "Andiamo…"
Al pianoterra le porte chiuse superavano di gran lunga la media settimanale.
Si sentiva un certo tramestio che salì di intensità quando Lorne, con le maniche arrotolate e l'espressione svanita uscì da una delle porte, richiudendosela alle spalle.
"Oh, ciao figlioli!" - esclamò, esibendo un bel sorriso - "andate a fare due passi?"
"Ronda." - commentò Faith, sventolando il paletto.
"Oh, giusto, ronda." - Lorne annuì, prima di sparire dietro un'altra porta chiusa - "Divertitevi…"
Faith lo guardò con un'occhiata che rasentava il panico.
"Spike…" - sussurrò.
"Faith…"
"mi offri una sigaretta per piacere?"
"per una signora questo e altro…"

"Non sei ancora stufa?" - domandò, seduto su gradino. Faith, a centro strada, stava finendo un altro vampiro.
"Mi porto… avanti… con il lavoro." - ansimò, accoppandone ancora uno con un calcio.
"non l'hai già fatto ieri?"
"non mi pare un buon motivo per stare con le mani in mano." - aggiunse. Finendo l'ultimo e girandosi.
Spike la fissava. Aveva smesso di aiutarla nel momento in cui era diventato evidente che stava cercando di scaricarsi i nervi.
Poteva sempre intervenire, certo. Ma se il caso non lo richiedeva…tanto valeva lasciarla sfogare.
"potevi darmi una mano…"
"Non ti serviva." - replicò, alzandosi -"Andiamo?"
"voglio fare ancora un giro dell'isolato." - spiegò, bellicosa - "perché ti risiedi?"
"perchè se stai cercando un pretesto per stare fuori di casa, possiamo anche metterci comodi, invece di correre in cerchio."
Faith lo squadrò, prima di raggiungerlo.
"Tu puoi dire quello che vuoi. Ma io dubito che sarò all'altezza, stasera."
"Faith… mi dici perché credi una cosa del genere?" - Spike la fissò - "E' un compleanno! La gente compie gli anni quasi tutti i giorni, tutti lo fanno, non c'è niente di particolare…"
"lo so. Ma sono io che non ho mai compiuto gli anni! Io… io non vorrei ripetermi, ma sono arrivata ai diciannove anni senza avere bisogno di una festa di compleanno!
Non capisco perché quest'anno, invece, non riesco a levarmelo dalla testa!"
"inizio a capire…" - Spike la guardò meglio - "Faith, adesso ti spiego una cosa. Ascoltami bene. Il compleanno non è un momento in cui si riceve soltanto. Tu sei preoccupata dal ricevere e non ricambiare."
"Si, ma…"
"Non mi interrompere! Stanno organizzando tutti la festa perché ti vogliono bene. E sono felici di potertelo dimostrare…"
"ma loro me lo dimostrano sempre! Tutti i giorni! Non serve un compleanno, per farlo meglio di quanto già non facciano!" - Faith era disperata - "Mi basta tutto quello che già ho…"
"Faith… posso dirti che c'è anche un altro risvolto del compiere gli anni?"
"Sarebbe?"
"il compleanno serve a te per dimostrare a loro quanto gli vuoi bene." - Spike le sorrise.
"io… non ho capito." - Faith lo guardò, interrogativa.
"organizzare il proprio compleanno è un modo per dire 'ehi, gente, un anno passato insieme! Festeggiamolo!' . Non ha a che fare con i regali che si potrebbero sentire costretti a farti. Ma con la gioia che tu provi a condividere con loro qualcosa di tuo." - scosse le mani, per cercare di schiarirsi le idee - "organizzi qualcosa, offri da bere… oppure ti limiti ad essere felice e tagli su tutti questi gemiti! … in effetti potevo spiegarmi meglio…"
Faith pendeva dalle sue labbra. Cercava veramente di seguire il corso dei suoi pensieri. Gli sembrava che Spike avesse un'idea difficile da rendere a parole.
Un'idea molto chiara…
"Spike…." - lo chiamò, interrompendo lo sproloquio - "Dimmi cosa facevi tu per i tuoi compleanni…"
"adesso? Vuoi saperlo adesso?"
"Noi stiamo parlando, adesso." - commentò Faith, sedendosi vicina - "perché non mi dici quando è il tuo compleanno, per esempio… hai detto che ti piace festeggiarli."
"Ho detto che mi piaceva." - puntualizzò - "E poi, se ti dico quando compio gli anni… magari poi tu decidi di festeggiarlo…"
Appariva decisamente in imbarazzo.
"Ma è così che va, no? Anche tu festeggerai il mio stasera." - Obbiettò lei. Iniziava a sospettare che, sulla questione compleanni, la loro opinione fosse perfettamente uguale - "ed io vorrei festeggiare il tuo."
E visto che lui taceva…
"Abbiamo lo stessa problema, vero?" - sussurrò.
"temo di sì." - ammise - "Il nostro problema è che non vogliamo sentirci legati. Non è così, Faith? Non hai paura di queste radici?"
Faith annuì, in silenzio, decidendo di lasciarlo parlare.
"non mi piace questa situazione. Vivo con voi da quasi sei mesi e già non riesco ad immaginare la mia giornata senza….senza tutte quelle cavolate che facciamo insieme! Cosa accadrebbe se, di punto in bianco, cominciassimo anche a festeggiare i miei compleanni, oppure…"
"Spike… guarda che è così per tutti." - strano, si ritrovava a consolarlo - "tutti abbiamo paura che tutto questo finisca. Mi fanno paura le date perché le persone se ne vanno e resta solo il ricordo del tempo vissuto. E restano dei giorni che non vorremmo aver mai visto finire… o che vorremmo non aver mai vissuto…."
"perché senza sarebbe più facile dimenticare." - concluse, parlando quasi a se stesso - "E' così, Faith. A volte mi sembra che sarebbe bastato un compleanno in meno per dimenticare meglio la mia famiglia."
"Li amavi tanto, vero?" - domandò, senza chiedersi se sarebbe stata indiscreta.
"tanto." - Spike non la guardava, per trovare il coraggio di esprimersi - "Volevo molto bene a tutti loro. Adesso, quando ripenso ai miei, a mio fratello… li riesco a ricordare solo perfetti. Perfetti."
Chinò la testa, e Faith gli carezzò una manica, timidamente. Sembrava così triste.
"Mi fanno paura, queste feste, Faith." - sorrise, girandosi a fissarla - "Ma sono felice, allo stesso tempo, di essere ancora qui a festeggiare il tuo compleanno."
"E noi abbiamo avuto così paura di perderti." - replicò, in un soffio, domandandosi se mai, lei e Spike erano stati così vicini - "Anch'io ho tanta paura che questo finisca. Nella mia vita nulla dura abbastanza da darmi certezza. Nulla."
"Cordelia dice che questo è un motivo in più per festeggiare."
"può darsi che abbia ragione… dovremmo provare." - sorrise, coraggiosamente - "stasera provo io. E tu… quando?"
Spike la fissò, con la sua solita penetrante occhiata.
"Ottobre. 24 Ottobre."
"ok." -annuì, ripetendosi la data per imprimersela nella testa.
"Già. 24 ottobre."
L'aveva detto. L'aveva detto dopo più di centoquaranta anni. Era come aprire un vecchio baule in una soffitta polverosa. E scoprire che gli oggetti al suo interno sono ancora vividi e perfetti.
Come ricominciare a udire voci ormai dimenticate. Risate. Amore. Così tanto da riempire una vita e chissà quante ancora.
"andiamo a casa, Cacciatrice?" - domandò, girando la testa perché non notasse i suoi occhi lucidi - "Ci aspettano."
"andiamo…"
Ed anche se sapeva che non aveva bisogno di un appoggio, Faith si insinuò sotto il suo braccio. Per restarci.
Il più possibile.

"Ciao."
Angel li aspettava sotto al portico, appoggiato alla colonna.
Li aveva visti rientrare, così abbracciati. Ed era stato bene attento a non captare le loro parole.
"Ciao." - gli risposero, in coro, allegramente.
Ed Angel ne fu subito tranquillizzato. Aveva temuto che spedire Spike con Faith fosse un po' prematuro… ma si era sbagliato. Ed il consiglio di Lorne si era rivelato, come sempre, giustissimo.
"Ehi, eroe…" - l'aveva apostrofato. Indossava un completo sgargiante ed aveva il savoir faire del gentiluomo al ballo dell'imperatrice. Se non per il gergo - "Come ti butta?"
"Quasi pronti." - replicò Angel, spolverandosi le mani e sollevando un'altra nube di polvere. Alle sue spalle, puntellandosi contro il muro, Westley stava cercando di alzare il lampadario.
"Scusate…"
"oh, sì, scusa Wes…." - disse, precipitandosi ad aiutarlo. Senza aspettarsi che Lorne facesse altrettanto.
"Ingegnoso…" - mormorò, guardando il meccanismo che permetteva di alzare il lampadario e ribloccarlo, con uno scatto, al soffitto - "Dovrei farlo anch'io nella mia sala…"
"Come mai già qui?"
"Doyle e Spike mi hanno chiamato oggi e mi hanno chiesto di recapitare e nascondere una certa cosa… così ho pensato di venire prima. A proposito, dov'è il nostro saggio messaggero?"
"Doyle? Bella domanda." - Wes fece fare un altro giro alla fune prima di darle uno strattone - "E' tutto il giorno che corre in giro. Adesso credo che sia con Cordelia… ma non garantisco."
"Allora, fatto acquisti? E la festeggiata, dov'è?"
"E' stata con me fino a quando Doyle non è venuto a cercarmi. Poi ho perso le sue tracce. Credo sia stata rintanata in camera…"
"Ha fatto un giro anche da me." - si intromise Westley - "Cercava qualcosa da leggere…. Credo che non sapesse più dove poteva andare e cosa poteva chiedere…"
"Le state provocando un bel trauma." - commentò Lorne, decidendosi a collaborare ai lavori. Controllando la polvere sui mobili - "Avete fatto bene a non organizzarle una sorpresa…"
"Credo anch'io."
"Ah, Angel, a proposito di traumatizzati." - aggiunse, schioccando le dita, come se avesse avuto una grande idea - "Dovresti lasciare che Spike vada con lei di ronda."
"non ti sembra un po'… presto?" - chiese. L'idea di saperlo a spasso, su quelle gambe non proprio ferme….
"andiamo! Lo stai rendendo idrofobo, a forza di lasciarlo a casa! È grande, è un vampiro, è Spike." - enumerò - "Tre buoni motivi per fidarsi."
"Secondo me ha ragione." - aggiunse Westley, pulendosi le mani in uno straccio - "Faith si concentrerà sul non farlo massacrare di botte e dimenticherà per un po' questo grande evento…"
"Vedi? Due piccioni con una fava!" - Lorne si voltò, per il puro piacere di sentire la giacca frusciare e tornare impeccabile - "Faith si distrae e Spike riprende un po' di fiducia in se stesso."
"Pensi sul serio che si senta sfiduciato?" - chiese Angel, mentre Wes raccoglieva secchio e straccio e si dirigeva in cucina.
"No, non credo. Ma penso che stia mordendo il freno solo per farti piacere." - proseguì, visto che Angel, come suo solito, lo fissava e lasciava che parlasse - "Sa che ti sei preoccupato molto. Lo sente. Ed allora sta qui tranquillo. Dagli la tua approvazione e buttalo in strada. Male non può fargli…"
"Buona idea." - commentò Angel, più per se stesso che per l'amico.
"Io raggiungo la nostra cuoca provetta in cucina. Il tuo pupillo sta di sopra. Si sente la sua chitarra dal giardino…."

"serata tranquilla?" - domandò, tornando al presente.
"Certo. Faith ha fatto un buon lavoro ed io l'ho guardata molto volentieri." - commentò Spike.
E Faith si girò, con una finta esasperazione nella voce.
"Devi dirgli qualcosa! Questo tizio continua a dichiararsi in convalescenza e trascura i suoi obblighi di demone in redenzione!" - esclamò, allontanandosi - "E si prende gioco della mia buona fede per mettermi le mani addosso! Vedi?"
"tu non sei una cacciatrice. Sei una strega." - ringhiò lui - "vatti a lavare, prima che il mio naso abbia un collasso per il troppo lavoro."
"Non si parla così ad una signora!" - ribattè lei, incrociando le braccia.
"tu non sei una signora, sei Faith!" - Spike la guardò, con una punta di divertimento - "E adesso vai!"
E mentre Faith entrava in casa…
"Flagello! Non mi chiedi come sto?" - lo punzecchiò, con un tono di sfida.
"E perché… stai benissimo." - replicò serafico Angel.
"Aspetti qualcuno?"
"Aspettavo voi. E mi godevo la tranquillità." - rispose, guardando una macchina solitaria che passava sulla strada.
"Finiti i lavori?"
"Siamo pronti. È strano, non credi? Una festa. Una festa di compleanno."
"Quale è stata l'ultimo compleanno che hai festeggiato?" - chiese. Prima di mordersi le labbra. Avevano festeggiato insieme un compleanno di Dru. Lui ed Angelus. E Dru era stata deliziata di ricevere un cuore umano in regalo…
"Buffy, credo." - rispose Angel, ignorando quello stesso ricordo - "ho perso la mia anima, la notte del suo sedicesimo compleanno…"
"bene." - mormorò Spike, poco convinto - "con queste premesse, sarà una buona serata…"
"Ma sarà una buona serata, William. Abbiamo tutti dei compleanni da ricordare, belli o brutti. Nostri o delle persone che amiamo. Il compleanno di buffy è stato perfetto, per me. L'ho amata come non avevo mai amato nessuno prima di allora. Avrei solo voluto che quella felicità durasse di più."
Spike chinò la testa. La tristezza che si era già fatta sentire poco prima, parlando con Faith, tornava ad essere insistente.
"Nessun rimpianto, dunque." - replicò, combattendo quelle sensazioni.
"Io no. Almeno in questo caso. E tu?"
"Qualcuno… di quando ero vivo. Ma li avevo già allora…" - ammise, sedendosi sul gradino.
Ed Angel dovette trattenersi dal non aiutarlo. Stringendo le labbra nel notare i suoi polsi, per quel poco così vedevano, mentre allungava le braccia.
Le cicatrici.
Non sarebbero sparite in fretta. Anzi… probabilmente sarebbero passati anni. Era stato un lavoro a regola d'arte. Per ricordare. Non per lesionare.
Non gli avrebbero mai impedito nessun movimento. Sarebbero solo servite a ricordargli che anche le persone che si amano talvolta tradiscono. E uccidono.
Sedette vicino a lui.
Ed attese.
"24 ottobre." - dichiarò in un soffio, sorprendendolo - "Hai detto di pensare al perché non volevo dire la mia data di nascita. E io l'ho fatto. Ho pensato. Ed ho capito una cosa.
Ricominciare a compiere gli anni è come ammettere che il tempo ha ricominciato a scorrere. Che ho di nuovo nella mia vita cose a cui tengo e che potrebbero non durare. Mentre prima… il tempo era fermo, Angel. Non c'era nulla che avesse realmente importanza. Avevo solo Dru. E lei era eterna come me. Ed effimera allo stesso modo."
"Ora è tutto cambiato. Io sono cambiato. Ed anche se non sono più come quando ero vivo… provo nuovamente qualcosa." - Spike alzò lo sguardo verso le stelle,le poche che si potevano vedere, sopra una città fatta di luce - "E non posso neanche dire sia spiacevole."
"solo che ci sono anche le emozioni delle tue vite passate, vero William?" - disse Angel - "Anch'io ne so qualcosa. Il nostro problema è che non possiamo mai ricominciare. Possiamo solo proseguire, cambiando. E cercando di capire. E del nostro passato… possiamo parlare, se vuoi."
Spike si voltò a guardarlo, con un lampo di ironia nello sguardo.
"Angel… tu vuoi parlare? Proprio tu? Hai bevuto, per caso?"
"Io non parlerò molto, ma sono un buon ascoltatore." - commentò Angel. ricambiando la stessa identica occhiata.
Provocandogli un brivido. Un lampo, rapidissimo, mentre un volto del passato si sovrapponeva a quello del suo sire.
"William, stai bene?" - Angel si sporse, per cercare di vederlo in viso.
"Sì. Certo." - replicò, fissando i ciottoli del sentiero - "sto bene. È stato solo uno scherzo della mia memoria. Mi hai ricordato una persona che conoscevo, molto tempo fa."
"Spero fosse una brava persona…" - commentò, impacciato.
"Lo era…" - era il migliore fratello che si potesse desiderare… - "un giorno magari ti parlerò di lui…"
"Con piacere." - rispose Angel, alzandosi, per non lasciarlo così languire nella tensione - "Andiamo a vestirci, che ne dici?"
"A questo proposito…" - Spike gli afferrò la mano e si rimise in piedi. Era la prima volta che accettava un aiuto di Angel senza neanche pensarci.
E tale fu la sorpresa di Angel che per poco non finirono entrambi per terra.
"A questo proposito." - ripetè, una volta che furono faccia a faccia - "avrei da chiederti un favore…"
"Sarebbe?"
"Mi presteresti una camicia? Non ho niente di adatto da mettermi…" - rispose, mordicchiandosi un labbro, imbarazzato.

III
E mentre Spike ammetteva così la sua preoccupazione per la serata, Faith contemplava con una punta di panico la sua stanza.
Ed i vestiti che stavano sparsi dappertutto. E non c'era niente che le sembrasse adatto. Stava ferma sulla porta. Non riusciva nemmeno a decidersi ad entrare.
E nella sua testa iniziava a prendere forma l'idea di una fuga strategica.
"ciao bimba!" - esclamò una voce alle sue spalle.
Doyle stava salendo le scale e sembrava proprio diretto verso di lei.
Reggeva incurantemente con due dita, un grosso sacco di tela, posato su una spalla.
"oh cielo! Terremoto?" - mormorò, gettando un'occhiata dentro la stanza - "Cordelia sta arrivando. Mi ha detto di darti questo."
"Che… che cos'è?" - chiese, senza capire, mentre Doyle le porgeva un portabiti tinta nocciola, il 'coso' che Faith aveva notato e scambiato per un sacco.
"suppongo qualcosa che si mette." - spiegò serafico lui - "sempre che non sia qualcosa da mangiare. Sai, aveva un sacco di pacchi in mano e potei essermi sbagliato."
"sì, ho capito… ma che cos'è?" - insistette.
"Un anticipo del regalo di compleanno." - "rispose lui, mettendole il gancio della gruccia in mano - "Per altre spiegazioni, sta arrivando Principessa."
In effetti Cordelia stava salendo le scale. Era stata dal parrucchiere ed era già truccata. Impeccabile. Indossava un abitino tinta pastello e degli splendidi sandali dal tacco vertiginoso.
E sapeva camminarci senza sembrare una banderuola.
"Ciao." - la salutò, con il suo tono di sempre. Senza badare assolutamente a come Faith la stesse guardando, le prese dalle mani il pacco e si rivolse al suo demone - "Doyle, vatti a cambiare. Io e Faith abbiamo da fare."
"ah sì?" - chiese lei, sempre più disorientata. Stava tornando l'agitazione che Spike aveva fatto passare, a suon di confidenze.
"Già. Oh, cielo! - Cordelia si stava esprimendo come Doyle, riguardò alla stanza di Faith - "Immagino che tu abbia avuto problemi a scegliere cosa metterti… potevi anche chiamarmi…"
"Mi sembravi troppo occupata." - si difese lei.
"In effetti lo ero. Ma ho pensato anche a questo." - aggiunse, entrando e scavalcando qualche capo per raccoglierne altri - "Vai a farti la doccia. Ti aspetto…"

Faith non ci mise molto a lavarsi. Tanto più che Cordelia le era sembrata abbastanza determinata a non lasciare nulla al caso. Per tanto, era consigliabile muoversi e non contrariarla.
Eppure, quando uscì dalla stanza, si ritrovò a domandarsi se, per caso, si fosse aperto un passaggio interdimensionale.
La sua camera era perfettamente in ordine. Davanti all'armadio, intenta a piegare l'ultima maglietta, c'era Cordelia, senza neanche un capello fuori posto.
"ottimo." - commentò, guardando Faith che grondava acqua sulla moquette - "E adesso pensiamo a te."
Senza aspettare autorizzazione, la fece sedere.
E Faith restò imbambolata, mentre Cordelia le strofinava energicamente in capelli. Lasciò che li spazzolasse e li asciugasse.
Le forcine sembravano penetrarle dritte nel cranio, ma Cordelia non le chiese se stava facendole male. E quindi Faith preferì stare zitta e subire.
Non era certa di potersi lamentare…
"fatto."
Cordelia l'aveva pettinata abilmente e a tempi record.
Tra le sue mani si era materializzata una busta azzurra che Faith era certa di aver più volte visto nella sua borsetta.
"Stai ferma, adesso." - ordinò impugnando una matita per le labbra.
Si stava divertendo come una pazza. Non le riusciva facile ricordare che lei e Faith erano quasi coetanee. Per quanto la cacciatrice fosse sempre stata indipendente e piuttosto in gamba a sbrigare le sue grane, Cordelia aveva preso l'abitudine a considerarla più giovane di quanto non fosse.
Per questo, forse, avrebbe potuto anche dare la colpa a Doyle, che tendeva ad essere protettivo nei confronti anche dei vampiri plurisecolari.
Solo che Faith, per certe cose, era veramente da guidare. Soprattutto in una serata del genere…
"Ed anche questa è fatta." - sospirò, con un'ultima passata di pennello sulle palpebre - "Adesso pensiamo al vestiario."
Faith si girò, per guardarla, mentre marciava nuovamente verso l'armadio. Appesa all'anta stava la sacca che Doyle le aveva consegnato.
Cordelia abbassò la cerniera ed estrasse, in serie, alcuni capi di abbigliamento.
E Faith trattenne il fiato.
"Questi sono da parte mia e di Doyle. Il terzo te lo manda Westley. Con i nostri auguri di buon compleanno." - disse, orgogliosamente, posandoli sul letto, mentre Faith si avvicinava.
Cordelia, rispettosa dei suoi gusti, ma ben decisa a comprarle qualcosa di particolare, le aveva acquistato un completo pantalone, di uno splendido blu notte. Sportivo, perfetto per andare a ballare, con una maglietta che lasciava la schiena scoperta. Doyle, invece, aveva optato, dopo aver reso matta la commessa, per una gonna nera, lunga e scampanata, con una camicetta bianca. Un po' zingaresco, certo, ma perfettamente nelle grazie di Faith. Ed ovviamente i pantaloni di pelle, andando incontro alle ire di Cordelia.
"Oh, insomma!" - Aveva esclamato, pagando un conto salatissimo - "Se a quella bambina piacciono queste cose, io le compro. Così come compro a te quei buffissimi cosi che ti metti nei piedi…"
"io ti consiglierei quello di Wes…" - disse Cordelia, guardando soddisfatta l'espressione di Faith - "Non credevo avesse così buon gusto per gli abiti femminili."
Era stata una vera sorpresa. Wes era apparso a metà pomeriggio ed aveva trascinato Cordelia in una boutique, senza darle il tempo di dispensare consigli.
Era entrato e, puntando il dito, aveva educatamente chiesto che prendessero in vetrina il vestito. Senza esitazioni. Come se nella sua mente fosse già chiaramente stampato da tempo. Un vestito color latte, annodato in vita, lungo fino alle caviglie. Era una seta leggerissima, appena lavorata, stampata con fiori piccoli e leggeri, come farfalle dai colori tenui.
Era semplicissimo, con una scollatura morbida, senza maniche.
Faith non si osava neanche toccarlo. In tutta la sua vita non aveva mai avuto nulla del genere, da mettersi. Solo un uomo, malvagio quanto premuroso, le aveva comprato un vestito corto da ragazza.
Un vestito che non aveva mai potuto mettere.
"Attenta a non sporcarlo con il trucco." - mormorò Cordelia, estraendo dal fondo della busta un paio di sandali dorati.
"mi aiuti a metterlo?" - si voltò a fissarla, con occhi enormi - "io non so neanche da dove si cominci."
Cordelia la fissò, tenendo ancora i sandali tra le dita. Le appariva come una bambina troppo a lungo lasciata senza gioia.
Come potevano, in tutti quei mesi, aver trascurato questo aspetto del carattere di Faith?
Cordelia si era chiesta molte volte perché Angel fosse così indulgente nei confronti di quella ragazza che sembrava fatta più di ombre che di luce. E perché Doyle tendesse ad essere sempre molto tenero quando le parlava.
Oddio, lei ne era stata pure gelosa.
Ed ora, inaspettatamente, si trovava di fronte uno scricciolo spaventato dall'essere felice.
"Certamente." - rispose, arrivando a posarle le mani sulle spalle - "E scommetto che ti starà benissimo."
"Guardati." - aggiunse poco dopo, annodandole i nastri in vita - "Sei bellissima. Dovresti vestirti più spesso così."
"sì, certo." - rise nervosamente Faith - "già mi immagino cosa mi dirà Spike."

"No, non va, non va."
Angel aveva smesso di fare commenti.
Ormai era vestito. Se non era sceso era solo perché restava a far compagnia ad un tizio seminudo che gli stava vuotando l'armadio.
"William… cosa c'era che non andava nella camicia che ti ho dato?" - domandò cautamente, restando seduto in fondo al letto.
"Nulla. Ma non mi sta bene." - ribattè una voce.
"Ne sono dispiaciuto. Hai trovato qualcosa di tuo gradimento?" - domandò, inclinando un po' la testa. Aveva il dubbio che i pantaloni che Spike indossava fossero di Westley.
la giacca invece, sarebbe potuta difficilmente essere dell'osservatore…. Wes l'avrebbe probabilmente trovata… azzardata.
Ma per un vampiro come Spike era perfetta.
"no! Mi dici perché non ho una camicia bianca?"
"forse perché metti solo delle magliette." - rispose, appoggiando tristemente i gomiti alle ginocchia. Se c'era una cosa che odiava era vedere il suo guardaroba in disordine.
Cosa per cui Spike era un campione.
Lo vide scuotere la testa, disperato, prima di ricominciare a infilare le mani tra una pila e l'altra di maglioni.
"Nessuno ti ha detto che in quest'epoca si possono mettere anche le polo sotto le giacche?"
"perché allora non lo fai?" - gli rispose pungente, dal fondo dell'armadio - "Eppure ero sicuro che tu avessi una camicia come intendo io… eppure non riesco a trovarla."
"forse perché ce l'ho io addosso…" - commentò Angel.
E Spike si voltò a fissarlo.
Con un'occhiata che non lasciava dubbi.
"fammi spazio…" - sospirò, cominciando a slacciarsi i polsini - "Devo cercare qualcosa da mettermi…."

"possibile che non ci sia ancora nessuno pronto?" - mormorò Doyle, per l'ennesima volta, sprofondato nella poltrona al centro dell'ingresso.
Fissava da talmente tanto la prima rampa delle scale da non essere sicuro di riuscire più a girare la testa…
Con la coda dell'occhio poteva vedere Lorne che, con il suo inseparabile pettine, si aggiustava quello che riteneva un ciuffo ribelle.
E sarebbe stato difficile non vederlo, con quel colore incredibile indosso…
"Non disperare…" - gli consigliò il demone - "direi che sta arrivando Wes.."
In effetti anche Doyle lo vedeva adesso.
Scendeva le scale sportivamente, con una mano in tasca, aggiustandosi il collo della camicia.
Impeccabile.
"Non c'è dubbio sulla tua nazionalità." - commentò Doyle, squadrandolo con un sopracciglio alzato. Lui e Cordelia avevano discusso fino all'ultimo. Ma il demone era stato tassativo. La giacca, no! Non era ancora nata una giacca che gli stesse bene.
La giacca no!
Ed era per questo che Cordelia, insensibile, l'aveva trascinato in un enorme negozio e gli aveva fatto misurare un modello dietro l'altro, fino a sfinirlo. Ed averla vinta, ovviamente.
"grazie." - Rispose cerimoniosamente l'inglese, caricando un orologio da polso. In effetti il completo grigio gli donava parecchio.
Anche ora, anche se ormai lo smalto patinato da Osservatore era svanito come se non fosse mai esistito.
"Westley, ma che meraviglia!" - aggiunse Cordelia, scendendo la rampa con un'andatura da diva. Il suo tubino rosa pallido faceva risaltare ogni curva ed il suo incarnato perfetto.
"posso dire lo stesso di te, mia cara." - rispose Wes, porgendole la mano ed aiutandola a scendere dall'ultimo gradino - "e più ancora…"
"ballerai con me, stasera?" - chiese lei, dolcemente.
"certo. Te l'avevo promesso, ricordi?"
oh, sì.
Cordelia ricordava perfettamente.
Ricordava il ballo del diploma e Westley che la portava elegantemente a centro pista, mentre intorno a lei il mondo sicuro e sfarzoso stava già andando in pezzi. Mentre cominciava appena a familiarizzare con l'idea delle ristrettezze economiche e di un padre in galera.
Il primo vero uomo con cui aveva ballato.
Il primo che l'aveva trattata con un rispetto che mai nessuno le aveva dimostrato. Senza la pedante adorazione con cui la riverivano i suoi coetanei.
"Non lo credevo possibile… ma stasera sei ancora più bella di allora." - aggiunse, ricambiando il sorriso.
"Westley, stai facendo gli occhi dolci alla mia ragazza…" - l'ammonì blandamente Doyle, avvicinandosi, con le mani nelle tasche dei pantaloni.
"Stavamo ricordando, Doyle." - sussurrò Cordy, senza smettere di guardare Wes - "E tu sgualcirai la giacca, in quel modo…"
"Mia caara…" - Lorne le baciò la mano galantemente - "la tua bellezza adombra persino la mia…"
"mi sembra il minimo." - ribattè prontamente lei - "Non mi chiamavano QueenCordy senza un motivo…"
Si interruppe. Dal piano di sopra, in piena discussione scendevano Angel e Spike.
"Come loro solito…" - sospirò Wes, guardandoli.
Angel davanti e Spike un passo dietro. Elegantissimo, contrariamente ad ogni pronostico.
"Cordy…" - la salutò Angel. Per lui era più che un complimento.
E Cordelia non aveva bisogno di sentirsi dire altro.
Ricambiò radiosa il sorriso, mentre il vampiro le si fermava a fianco. Lui e Spike dovevano aver discusso parecchio sull'abbigliamento, considerò, visto che Angel indossava una camicia scura con il collo alla coreana… e Spike la camicia che avrebbe dovuto avere Angel.
Iniziava veramente a dargliele tutte vinte…
"non manca qualcuno?" - domandò Doyle - "la nostra festeggiata si sta facendo attendere…"
"Credo sia un po' tesa…" - commentò confidenzialmente Cordelia.
"me ne occupo io." - rispose Wes, salendo i gradini due e due, fino alla mansarda.
Aggiustandosi ancora una volta il colletto, prima di bussare.
"Faith? È permesso?"
"Sì, Wes, entra pure…"
stava ferma davanti allo specchio. Ed era semplicemente incantevole.
Wes ebbe una visione del suo riflesso, mentre già la ragazza si girava.
Si torceva le mani, come in imbarazzo.
Cordelia le aveva acconciato i capelli in modo che ricadessero naturalmente sulle spalle seminude. E per una volta, non nascosta sotto pesanti strati di matita nera, Faith alzava verso di lui uno sguardo dorato che la faceva risaltare.
"Come stai bene vestito così…" commentò, per spezzare il ghiaccio. Sperando di tutto cuore che Wes ricambiasse il complimento.
"ed io sono felice di vedere che il vestito ti è piaciuto…"
"Oh, Wes, non ho mai avuto niente del genere." - Faith camminò, fino quasi ad appoggiarsi al suo petto - "io non potrò mai ringraziarti abbastanza per tutto questo."
"Io non potrò mai ringraziare te abbastanza, Faith." - rispose lui, seriamente - "Perché hai saputo ricominciare a fidarti di me, dopo tutto quello che ti avevo fatto…"
"Non sono mai stata una brava ragazza, Wes." - Faith scosse la testa, adombrandosi - "E mi sono pentita di molte cose. Ma non mi pentirò mai di ricambiare la fiducia che tu hai nei miei confronti."
Wes le sorrise. Aveva un'espressione dolce che Faith gli aveva visto ben poche volte, che gli contornava gli occhi con leggerissime rughe.
Come se, in un'epoca lontana, avesse sorriso così tanto da imprimere ogni espressione nella sua pelle.
Aveva degli occhi chiari bellissimi. E comprensivi.
Faith lo guardò, spaventata di colpo dall'adorazione che sentiva per lui. Nel suo piccolo mondo, due erano i pianeti attorno a cui instancabilmente ruotava: Angel e Wes.
Il suo Wes.
Quanta paura, nel provare nuovamente un sentimento del genere. Quanta paura, a desiderare nuovamente che fosse il suo osservatore.
Anche se era una rinnegata.
E una poco di buono.
Wes le stava accarezzando una guancia, senza che nulla scalfisse la sua espressione.
"Hai scordato di mettere gli orecchini…" - l'ammonì.
Facendola sorridere.
Complice.
"Aiutami tu…" - rispose, voltandosi ad afferrare i cerchietti che Cordelia le aveva prestato.
Ma solo prestato! Come si era più volte raccomandata.
E Wes lo fece. Aggrottando la fronte, come aveva fatto meno di ventiquattro ore prima. Impegnandosi, come se fosse una cosa astrusa e complicata.
"Grazie." - mormorò educatamente Faith, quando finalmente sembrò aver terminato l'opera.
E, di tutta riposta, Wes si chinò ancora. Per darle un bacio sulla guancia.
Un bacio in cui cercò di condensare disperatamente tutto quello che Faith rappresentava per lui.
"Buon compleanno, piccola." - sussurrò.
Prima di offrirle galantemente il braccio.

Scesero le scale chiacchierando, e ridendo.
Cordelia aveva provveduto a comprarle anche una borsetta, una baguette, in tinta con i sandali, che Faith scuoteva, tenendola stretta nella mano destra.
Rideva, gettando indietro la testa, come se una felicità incrollabile iniziasse a travolgerla. Facendole brillare gli occhi.
Anche Wes rideva, chinando il capo, ogni tanto.
Ed erano ancora tutti fermi ai piedi della scala.
Tutti pronti a girarsi verso di loro, non appena raggiunsero la cime dell'ultima rampa.
E Faith, con un attimo di esitazione, decise di fermarsi.
La paura tornava a farsi sentire.
Una volta finiti quei gradini, sarebbe stato troppo tardi per tornare indietro.
Non sarebbe mai più stata sola. Definitivamente.
Come erano belli….
Voleva ricordarseli tutti così, con gli occhi alzati verso di lei.
Non per il rispetto che aveva quel gesto, ma per l'amore. L'amore che c'era nei loro occhi.
L'amore a cui nessuno l'aveva mai preparata.
L'amore per cui non si era mai sentita pronta.
Così.
Così come erano.
Doyle teneva Cordelia per la vita, quasi a dimostrare al mondo intero che quella meraviglia gli apparteneva. E sorrideva, a beneficio di tutti, come solo lui sapeva fare.
E vicino c'era anche Lorne, che era sempre gentile con lei, dalla prima volta in cui si erano visti.
Un passo dietro di lui, nel tentativo di essere distaccato, c'era Spike, elegante come non era mai stato, con una giacca di velluto nero, lunga fino a metà ginocchio. Una giacca che faceva risaltare la sua vita sottile e quella sua testa troppo bionda.
Ed anche lui alzava lo sguardo, per vederla, per rivolgerle uno sguardo a metà tra il complice e l'ammirato.
Nei suoi occhi si poteva leggere ciò che ancora non poteva ammettere.
Lui era parte di loro.
In lui brillava lo stesso legame.
Ed uno di loro stava salendo le scale.
Uno le stava venendo incontro.
Con un sorriso tenue dipinto sul viso.
Un sorriso che non erano abituati a vedere spesso.
"Angel…" - sussurrò, lasciando che le labbra si incurvassero in un sorriso enorme e involontario.
Mentre lui si fermava, un gradino più in basso, per non sovrastarla. Per guardarla.
E contemplarla.
Mentre Faith si protendeva e lo abbracciava. Con un braccio solo, cingendogli il collo, posando la guancia sulla sua camicia.
Senza lasciare andare la mano di Westley.
Li voleva vicini. Così vicini da sentirsi soffocare e proteggere allo stesso tempo.
Avrebbe voluto ridere e piangere. Ed invece restò così, aggrappata al suo collo, con gli occhi chiusi, fissata da tutti loro.
"Buon compleanno, piccola mia, buon compleanno." - ripetè lui, stringendola.
Chiudendo gli occhi. Cercando disperatamente di non ricordare le braccia della sua piccola Kathie che lo stringevano allo stesso modo.
Cercando di non pensare come Faith fosse come il mare che si infrange sullo scogliere dell'Irlanda, come potesse essere la risposta a molti suoi perché.
La strinse, preoccupato di sciuparle il vestito, allarmato dall'idea di non volerla mai più lasciare.
"Cosa sarei senza di te…" - le sussurrò, in un orecchio.
"Saresti Angel." - rispose lei, senza alzare la testa - "Ed io sarei nulla."

A malincuore si separarono.
Ma era la felicità perfetta.
Nulla più. La felicità era poter scendere le scale, stretta tra loro due. Sorridendo.
Ed iniziando a prendere gusto ai festeggiamenti.
"Pensate che mi lascerete abbracciarla, voi due energumeni?" - chiese Doyle, guardando gli Angeli custodi di Faith.
E stupendosi non poco, quando fu Faith stessa, ridendo, a buttargli le braccia al collo. Stringendo, per l'esattezza, in un unico abbraccio, lui e Cordy.
"Grazie. Grazie di tutto." - sussurrò.
"E non hai ancora visto niente." - esclamò Lorne, tendendole le braccia - "su, su! Qua, bambina! Un abbraccio a zio Lorne!"
"oh, Lorne!"
non riusciva a smettere di sorridere. Voleva andare avanti in eterno, ad abbracciarli, a passare da un calore del corpo all'altro.
Voleva nutrirsi da tutti loro.
In eterno.
E volteggiando così, inevitabilmente, arrivò davanti a Spike.
E Spike già li guardava tutti con aria di sfida, buttando in fuori la mascella.
Faith ebbe un'esitazione. Poi, con un certa ilarità repressa, gli porse la mano da stringere.
E Spike la guardò. Con gli stessi occhi che le aveva riservato, quando l'aveva vista apparire in cima alla scala, incoronata della sua gioia.
Non riconoscendola quasi, come una rosa improvvisamente sbocciata.
La guardò, se la impresse fino in fondo alla anima.
Bella, con le sue guance arrossate e gli occhi come stelle.
"Ma piantala." - l'apostrofò.
Abbracciandola così forte da toglierle il fiato. Stretta, prima ancora di sapere se sarebbe stato ricambiato.
Respirando del suo profumo, del suo palpito.
Non desiderando nulla che quest'attimo in eterno.
Sentendola ridere sul velluto della sua giacca. Prendendosi quasi la borsetta in testa, nella foga.
E sentendo ridere se stesso.
Sorprendendosi, nell'attimo in cui l'abbraccio si scioglieva, ad asciugarsi una lacrima che gli stava scivolando lungo lo zigomo.
Senza riuscire a smettere di ridere, neanche adesso, che forse stava facendo un po' la figura dell'idiota…
Faith lo guardò ancora, con quel bel sorriso di cui non sapeva fare più a meno. Poi decise di venire in suo soccorso.
Girandosi e guardandoli tutti, fermi dove li avevano lasciati.
Avrebbe voluto dire qualcosa, mentre Spike si ricomponeva. Ma dalle labbra non riusciva a far uscire nemmeno un suono.
Rimase ferma, senza neanche immaginare come loro stessero facendo come lei, imprimendosi ogni dettaglio nella mente.
"Allora?" - la voce di Spike, la fece sussultare - "Andiamo o restiamo qui impalati?" Le passò a fianco e camminò, fino a trovarsi in mezzo al gruppo.
Guardandoli tutti bellicosamente.
Prima di stupirli, come solo lui sapeva fare.
"Ehi, bellezza!" - disse, girandosi verso Cordelia e porgendole il braccio - "Facciamo gli onori di casa!"

E fu così che si avviarono in processione.
Cordelia e Spike, davanti, chiacchierando del più e del meno. Lui si stava rivelando, agli occhi della ragazza, galante quanto Wes. Le sorrideva, girandosi a guardarla in faccia, nel parlarle a raffica. Ed anche se il suo cuore ormai conosceva un inquilino fisso, Cordelia non poteva obbiettivamente negare che Spike fosse un… "bocconcino"…
Dietro di loro, sempre con due cavalieri, camminava Faith. Lorne e Doyle facevano battute sopra alla sua testa, impedendo al minimo silenzio di affacciarsi nell'atmosfera.
Ed in fondo alla fila, con un'andatura tranquilla, Angel e Wes.
Uno a fianco dell'altro.
"Quel vestito è perfetto, Wes. Cordy mi ha detto che è opera tua…"
"Non ho resistito." - replicò l'Osservatore - "Avevo qualche perplessità… ed invece… ma non è il vestito, Angel. E' lei che è perfetta."
"Lo so." - Angel ebbe una fuggevole visione del profilo di Faith. Faith, ridente, che alzava la testa verso Lorne - "E vorrei vederla così felice per sempre."

La felicità è stata creata per stupirci.
Ci riempie il cuore e trabocca, inondando ogni cellula.
E noi ci dissetiamo da lei, riempiendo con il suo ricordo i giorni a venire.
Eppure non ci basta mai. E quando pensiamo che essa ormai ci abbia del tutto invaso, cresce ancora.
E diviene luce.

Faith era ferma sulla porta.
E non era più la sua vita. Da quella soglia cominciava il suo sogno.
Non aveva mai badato al grande salone del pianoterra. Angel e Cordelia l'avevano chiuso molto prima del suo arrivo, coprendo meticolosamente i mobili, arrotolando i tappeti.
E dietro quelle porta chiuse, lo sfarzo dei tempi passati era rimasto sopito, sotto la coltre fatta di buio e lenzuola candide.
Ma ora…
Ora i lampadari splendevano ed i pavimenti erano lucidi. Al centro del salone, sotto le grandi e luminose gocce di cristallo, era apparecchiata una tavola ovale.
Ed i candelieri gettavano una calda luce sui piatti.
E c'erano candele ovunque, candele di cera bianca alle pareti e lungo i mobili.
Tutto era fatto di quella fiamma, tutto la rifletteva.
E c'era musica, musica tenue che si sprigionava dalle casse dello stereo. E dischi, i dischi di Wes, impilati su un tavolino.
Faith si portò una mano alla bocca.
Senza più nulla per esprimersi.
Fino a quando una mano gentile non la sorprese, posandosi sulla guancia.
"No, questa no." - mormorò Doyle, raccogliendo la prima lacrima.
E lasciando che Faith si perdesse in un sorriso.
IV
Cordelia aveva superato se stessa.
E fu a lei che dedicarono il primo dei brindisi.
A lei che sedeva ad un capotavola, deliziandosi dei complimenti che riceveva, orchestrando alla perfezione i piatti che si passavano.
"A Cordelia."
"A Cordelia!"
A Cordelia, che chinava lo sguardo arrossendo e stringeva la mano di Doyle, sotto il tavolo.
Prima di cercare, Angel, seduto all'altro capo.
"E' così che la vedevi vero?" - chiedeva con gli occhi - "Qui seduto, stamattina…non era così che doveva essere?"
"Oh, sì." - pensò Angel, annuendo per risponderle - "Così, amica mia."

La disposizione a tavola si era creata naturalmente e nel migliore dei modi.
Contrariamente alla tradizione, come ovvio all'Hyperion, Faith sedeva su un lato lungo.
Tra Spike e Wes.
Mentre di fronte, pronti ad esibirsi in botta e risposta, con aneddoti neanche immaginabili, Doyle e Lorne. Abilissimi a tormentare Westley, riguardo alla sua condizione di beato tra le donne.
"Tutta invidia, ragazzi." - ribattè pacatamente - "Queste fanciulle mi amano alla follia, dovete rassegnarvi."
"Tranquillo Doyle." - aggiunse Cordelia, inarcando indietro al testa per ricevere un bacio - "Anche tu mi piaci abbastanza…"
"E tu mi piaci troppo." - replicò lui.
Avrebbe fatto di tutto per Cordelia.
Ed era così felice e così vivo che Angel stentava a ricordare il dolore che avevano provato il giorno in cui avevano creduto di averlo perso.
Per sempre.
Doyle stava ridendo di qualcosa che Cordelia gli sussurrava ad un orecchio. Eppure i suoi occhi già puntavano quelli di Angel. Capendolo, come sempre.

"Uomo… come vedi ci si rincontra!"
"Cantastorie…" - mormorò Angel, levandosi la giacca e posandola - "mi stupivo non ti fossi fatto ancora vivo."
"Sei a Los Angeles solo da qualche giorno, ho pensato di lasciarti ambientare." - replicò, passandogli vicino e aprendo il frigo - "Non hai della birra? Non mi dirai che c'è solo sangue di maiale qui dentro."
"spiacente. Non amo gli alcolici."
"Questo lo so. Ma dovresti tenerne un po', per gli amici che passano a salutarti."
Io non ho amici. Replicò asciutto, Angel.
Avevo una ragazza che amavo. Avevo il suo calore. E lei era tutto. Ed ora lei ha il mio cuore.
E io più niente.
"Adesso hai anche un amico." - ribattè il demone, battendogli una mano sulla spalla - "E scommetto che sarò il primo di una lunga lista."
Angel lo guardò, mentre si buttava sul divano e, dal nulla, estraeva un mazzo di carte. "Cantastorie…" - esordì.
"Doyle." - lo interruppe l'altro, per niente intimorito - "Chiamami Doyle."


Doyle.
Com'era il mondo senza Doyle che mi ride in faccia?
Angel abbassò lo sguardo, celando un sorriso.
Cordelia aveva apparecchiato anche per lui. Pur sapendo che gli bastava un bicchiere colmo. Non le importa per niente del fatto che a fine serata lo troverà probabilmente pulito.
L'ha fatto perché a tavola ognuno ha un posto ed un piatto.
Ognuno ha un posto…

"E se ognuno sta al suo posto e fa il suo dovere, sono certa che questa agenzia investigativa farà soldi a palate."
"Cordelia, non è questo l'obbiettivo…" - sospirò Angel, seduto sul divano. Erano almeno venti minuti che Cordelia Chase, tornata nella sua vita da meno di ventiquattro ore, cercava di strabiliarlo con grandi investimenti.
E non metteva neanche in dubbio di essere stata assunta.
"Ma non importa!" - scosse la testa, come una che non riesce a farsi capire - "Mentre tu vai in giro a fare del bene, io farò quadrare i conti e prenderò le chiamate. È semplice. Ed io sono brava a trattare con la gente…"
lo era veramente… ma non per quello pensava lei…
E già allora, mentre parlava senza mai prendere fiato, esponendo un'idea più infantile dell'altra, Angel non faceva altro che domandarsi come non si rendesse conto dell'adorazione degli occhi di Doyle.


Com'era cambiata. Rideva e parlava, allungandosi sul tavolo per passare la bottiglia di rosso a Lorne.
C'era voluto così poco per far sbocciare quella ragazza snob che aveva tutto ai suoi piedi. Quella ragazza che era cresciuta nella certezza di non conoscere mai la fatica ed il dolore.
La ragazza che molti avevano apostrofato come stupida.
Senza uscire mai dalla loro mediocrità per poter vedere come proprio le difficoltà e le piccole cose l'avessero fatta crescere. Portandole amore e vita.
Amore e vita che lei era stata capace di elargire in egual misura.
Senza smettere mai di essere, semplicemente e sinceramente, Cordelia Chase.

Per lei. Perché tutto fosse perfetto.
"Ehi, Lorne, passa quel piatto." - disse Angel allungando una mano. E riempiendo il proprio.
Facendola sorridere ancora più luminosamente.

Anche Spike stava facendo onore a tutto. Rideva e cercava di essere se stesso al cento per cento.
Solo che... era più felice.
Per quanto cercasse di essere incurante come al solito, non poteva fare a meno di lasciarsi travolgere dall'esuberanza dei suoi commensali. Persino quel sostenuto del suo sire… poteva abbassare lo sguardo finché voleva, ma lo vedevano tutti che stava sorridendo.
Battute su battute.
Una sull'altra.
Fino a quando una piccola mano, insinuandosi nella sua non lo sorprese.
"Tutto ok?" - sussurrò Faith, mentre Spike si chinava verso di lei.
"Certo." - rispose lui, in un sorriso - "Sei felice?"
Non aveva bisogno di una conferma. Poteva leggerle in viso ogni più piccola emozione.
Eppure non aveva resistito all'idea di chiederlo.
All'idea vederla annuire, solo per lui.
"Sei bellissima, stasera." - sussurrò, prima di alzare la testa e rispondere ironicamente a Doyle che lo provocava.
Lasciandola senza fiato.
Perché mai pensava che l'avrebbe detto.
Wes si era alzato. Ed aveva girato il disco.

E questo aveva scatenato il secondo brindisi.
"A Wes!"
oh, sì, a Wes.
Che sta sorridendo rivolto verso lo stereo, e ci volta le spalle, perché non sa come rispondere a tutto questo.
A Wes.
Doyle alzò il calice, ancora più in alto, in segno di rispetto, innanzi all'eminenza di quell'uomo silenzioso. Uno dei più grandi uomini che avesse mai conosciuto.
A Wes.
Che, per quanto inglese, era degno di rispetto…

"Cordy!Angel!" - Wes lanciò tutte le sue valigie nell'ingresso e corse su dalle scale. Frenando in cima - "D-Doyle?"
"Così finalmente ci conosciamo…" - commentò il mezzo-demone, seduto sull'ultimo gradino. Intento a giocherellare con un mazzo di carte - "E non nego che per me sia un piacere…"
"Ma…come?"
Il cervello di Wes stentava ad accettare tutte le informazioni con cui era stato bombardato nelle ultime ore. Angel, avvelenato. Cordelia che lo chiamava nel cuore della notte…e Doyle, tornato da chissà dove…
"Come? O perché… qual è la domanda più interessante?" - lo canzonò blandamente - "possiamo parlarne… ma io probabilmente non saprò darti nessuna delle due risposte…"
"oppure sarò io a non capirle." - replicò prontamente l'osservatore, lasciando che i loro sguardi si incontrassero. Notando, per la prima volta, un sorriso leggero e garbato, sul viso del suo interlocutore.
"Forse…" - commentò, senza smettere di mischiare le carte - "Ma chi può dire…"


"Bene!" - esclamò,Lorne, riempiendo nuovamente tutti i bicchieri - "A chi tocca adesso?"
"Che domande!" - rispose Cordelia, rischiando di fare la doccia a Doyle, nell'alzare con foga il bicchiere - "A te! A Lorne!"
oh, sì. A te, narratore di anime.
A te, alla tua voce.
Alle tue battute idiote.
Alla tua vitalità ed al tuo incrollabile buonumore.
A te. E al calcio che sai darci per rimetterci sulla strada giusta…

"Ohibò!" - mormorò lo strano individuo vestito di giallo, emergendo dalle macerie.
"Scusa?ohibò a chi?" - rispose Cordelia, puntandogli addosso la balestra.
"A lui!" - ribattè l'altro, per niente intimorito dalla ragazza bruna e focosa, puntando un dito verso Angel - "A lui! Un vampiro con tanto di anima! Il vampiro con tanto di anima! Posso avere un autografo?"
"Ma cos…" - Angel lo guardò, interrogativo - "Tu, senti la mia anima?"
"No." - serissimo scosse la testa. Aveva dei buffi cornini ed un viso tutto verde, sotto la calce che lo ricopriva - "Io sento, leggo, mappo le anime… ogni tanto le palpo anche un poco. Ma mai senza permesso! Sono un gentiluomo, io!"
Ed era riuscito ad ergersi in tutta la sua statura, abbottonando la giacca, senza curarsi del disastro in cui si trovava.
Con un gesto che avevano impiegato poco a capire quanto fosse tipico della sua indole.


Antipasto, primo, secondo, contorno… di certo non si saltava neanche una portata.
Il contenuto dei piatti spariva e le candele si consumavano. Tutto senza fretta, lasciando scorrere un mare di vita e di ricordi tra loro.
Ricordare.
Ridere.
Parlare.
Essere, semplicemente.
E volersi bene.
Cordelia teneva la giacca di Doyle sulle spalle. Più per sentirlo vicino che per scaldarsi.
Era il cuore che desiderava calore.
E quella sera ne era pieno, tanto da traboccare.
C'era tutta la sua vita attorno al tavolo.
Poteva scorrere lo sguardo da uno all'altro e sentirsi intimamente orgogliosa per essere parte di quel gruppo.
Wes, Faith, Spike, Angel, Lorne e… Doyle.
L'ultimo dell'elenco ed il primo nel suo animo. Nulla più che un paio di occhi chiari e un cuore ambulante.
Ma cosa si poteva di chiedere di più?
Nulla.
Non è vero, Angel?
Vorresti di più dalle persone che ti circondano?

Effettivamente no. Non si può volere nulla di più.
Spike si godeva un attimo di quiete. Aveva allungato le gambe sotto il tavolo e si era acceso una sigaretta.
"ma tu guarda quello." - commentò Doyle, fissandolo - "pure il portasigarette…"
"bello, vero?" - Spike lo girò tra le dita, per farlo vedere bene - "non ricordavo neanche di averlo…"
"e puoi anche offrire? Non ho voglia di andare a prendere le mie…"
"lo prendi al volo?"
"non ti fidare…" - lo ammonì Lorne, allungando una mano - "Semmai lo prende in testa."
"Spiritoso…" - commentò Doyle, prelevando la sigaretta e ammirando l'oggetto. Un pezzo d'epoca, un argento pregevolmente intarsiato - "Hai anche da accendere?"
"Certamente." - rispose il vampiro, senza sfidare la sorte, in un lancio del suo Dupont.
"Spike e il suo accendino. Due entità inseparabili…" - declamò Lorne.
"In effetti ha ragione." - aggiunse Faith, girandosi a fissarlo - "quello zippo è veramente bello."
"Non è uno zippo." - rispose automaticamente Spike.
Prima di rendersi conto che lui ed Angel avevano parlato all'unisono.
Doyle aveva alzato gli occhi sopra la fiamma.
"Bene, bene…" - commentò, con la sigaretta con le labbra e la malizia nello sguardo - "Così viene fuori chi te lo ha regalato…"
"ma tu devi deciderti a parlare sempre nei momenti sbagliati?" - sospirò Spike, lanciando ad Angel un'occhiata trucida. Prima di mettere a posto Doyle - "Avanti, Irlandese, non dirmi che non lo sapevi…"
"io sì. Ma gli altri no."
In effetti, attorno al tavolo, erano molti quelli che si erano domandati da dove provenisse quello splendido oggetto che Spike teneva quasi cronicamente in mano.
Nel tempo avevano iniziato a non badare più a quel continuo scattare del coperchio, quando ci giocherellava. Un suono che, i primi tempi, era stato indisponente quanto lui.
"E se non è uno Zippo, che cos'è?" - insistette Faith.
"Si chiama Dupont. Lo Zippo francese." - tagliò corto Spike, spegnendo la sigaretta che stava fumando - "Angel me l'ha comprato perché smettessi di rompergli le scatole, quando è venuto a recuperarmi a Sunnydale."
Non era propriamente andata in questo modo. Ma Angel tenne per sé il motivo per cui aveva regalato quell'oggetto.
"Un oggetto per accendere le idee…" - commentò noncurante Doyle.
E Spike ricambiò l'occhiata. Cogliendo perfettamente l'allusione.
Ed ignorandola.
Per una frazione di secondo. Prima di puntargli addosso quegli occhi color del calcedonio.
"Le mie." - replicò - "A te accende solo le sigarette…"
"la smettete di punzecchiarvi, voi due?" - domandò Cordelia, guardando prima uno e poi l'altro - "Angel, fai qualcosa!"
"Perché io?"
"Perché uno è il tuo custode e l'altro il tuo pupillo!"
"Io non sono il pupillo di nessuno."
"Custode… che parolone… io sono solo un messaggero…"
"Come vedi, Cordy." - sorrise Angel, sopra le mani intrecciate - "Non ho ascendente su nessuno dei due."
"Allora il prossimo brindisi è per te" - commentò Spike. alzando il bicchiere - "ad Angel che non ha ascendente su nessuno ma è indispensabile per tutti."
"Ad Angel!"
"Per te, mulo irlandese…" - aggiunse sottovoce, buttandogli un'occhiata di traverso, prima di vuotare in un fiato il contenuto del calice.
Per Angel.
Brindavano per lui.
Per i suoi controsensi. Per la sua indole silenziosa e la capacità di dire la cosa giusta, per la sua espressione triste ed il suo sorriso aperto.
Per essere un solitario in compagnia.
Per la sua tormentata redenzione e la serenità che comunicava a tutti loro. Per tutto questo e più ancora.
Tutti con un buon motivo per levare alto il bicchiere e rivolgergli uno sguardo fatto di affetto e di amicizia.

"Forza!" - iniziava a diventare evidente come Lorne prendesse sul serio il ruolo del mattatore - "dopo aver svelato, almeno in parte, il mistero dell'accendino, proseguiamo! Nuovo giro e nuovo segreto. A chi tocca?"
" A nessuno." - Cordelia si alzò, lasciando scivolare la giacca di Doyle - "Perché siamo arrivati al dolce."
Oh no… il dolce!
Faith si ricordò di colpo un particolare.
Le candeline! Senza neanche volerlo, si aggrappava già al ginocchio di Spike.
Gli rivolse un'occhiata preoccupata, mentre gli altri si alzavano e davano una mano a sparecchiare.
"Che c'è, adesso?" - mormorò.
"Spike…"
non ebbe modo di finire la frase. Spike già rideva appoggiato al tavolo.
"Tu hai il panico da palcoscenico, ragazza mia! Perché scommetto la mia perspicacia sul fatto che stai pensando a come si soffiano le candeline…"
"ti prego, non mi prendere in giro…"
"Immagino che ti sentirai peggio, se ti dirò che con la torta arriveranno anche i regali…" - aggiunse, perfidamente.
"Oh, mamma…"
"A questo proposito…" - aggiunse, come se si fosse ricordato di colpo qualcosa - "Devi venire con me…"
"Dove? Perché?"
"Il dove è di là, il perché è lo stesso di oggi. Qui intralciamo."
La prese per una mano, per trascinarla. E Faith, per non inciampare, sollevò il vestito con una mano. Con un movimento estremamente femminile.
Fino nell'ingresso.
"Stai qui. Torno a prenderti." - le disse. Prima di girarsi e tornare indietro.
"Mi lasci qui?"
"Cacciatrice, come sei lamentosa…" - l'apostrofò, buttandole un'occhiata divertita, prima di chiudere nuovamente la porta scorrevole.

"Fatto. Mi sono liberato di lei." - commentò, sfregandosi le mani e tornando dagli altri.
"Avessi fatto più in fretta, avresti potuto aiutare…" - rispose Wes, posando sul tavolo la fantomatica torta.
"Cordelia?"
"Come da disposizioni di Doyle. Relegata in cucina."
"Dov'è Lorne?"
"E da quando fai così tante domande?" - Wes lo guardò, alzando un sopracciglio.
"Da quando il tizio in questione ha in consegna il mio regalo."
"Il tuo regalo gode di ottima salute, biondo rompiscatole." - declamò Lorne, arrivando con uno scatolone - "E' l'idea più malsana che potesse passarti per la testa, ma io l'ho procurato ugualmente. E senza un commento…"
"Ah, senza un commento…" - ribattè Spike - "Pensa che mi ricordavo diversamente…."
"Cosa le hai preso?" - Wes si avvicinò, curioso.
"io ti ho chiesto cosa hai preso? No. E allora fatti gli affari tuoi."
Doyle stava arrivando con due confezioni lunghe e affusolate, che depositò sul tavolo.
"Tutto a posto?"
"Dimenticavo…" - mormorò Wes, sfilando di tasca un sacchetto di velluto - "Il nostro…"
"Tu e Angel vi siete proprio sprecati." - lo importunò Doyle, valutando a occhio le microscopiche dimensioni del pacchetto. Sapendo, per giunta, benissimo, cosa conteneva.
"Siamo pronti?"
"Se lo chiedi un'altra volta…"
"D'accordo." - ripetè Doyle - "allora siamo pronti. Vado a prendere Principessa."
Ed io vado da Faith, replicò pacatamente Angel.

La cacciatrice camminava nell'entrata. Per il puro piacere di sentire la seta sulle gambe. Avanti e indietro, con le mani intrecciate dietro la schiena. Ed il naso verso l'aria.
Fantasticando.
Un lusso che non si era mai permessa.
Angel, silenzioso come sempre, non aveva disturbato quelle fantasie. Ed ora la fissava, dalla porta, aspettando che si girasse.
Si girasse per vederlo.
Restando immobile a centro stanza, mentre i capelli le si posavano nuovamente sulle spalle e la stoffa smetteva di emettere quel leggero battito d'ali.
Ferma, le mani ancora intrecciate, con il viso rivolto verso di lui.
Seria.
Perfetta.
"Angel…."
Faith si nutriva di quel nome. Lo pronunciava senza mai dargli seguito con una frase.
Racchiudeva quel nome in un respiro, un profondo e vitale respiro.
"Sono felice, Angel. Lo sono." - disse, camminando verso di lui. Ondeggiando su quei sandali sottili e leggeri - "Sono felice come non sono mai stata."
Ed Angel l'abbracciò.
"Perdonami, stasera, potessi, non farei altro…" - le disse, sorridendo. Prima di aggiungere - "Spike ha detto qualcosa riguardo le candeline…"
"E' proprio uno spione…" - replicò lei, scotendo la testa - "però ha ragione. Ho un problema con le candeline…"
"hai buoni polmoni." - commentò Angel, tirandole indietro un ricciolo ribelle e puntandolo con una forcina - "Prendi fiato, esprimi un desiderio e le spegni tutte in un soffio. E non dire il tuo desiderio, altrimenti non si avvera. Tutto qui."
"Sembra facile…"
"Hai trovato qualcosa di difficile, fin qui?"
"Tu lo sapevi, vero?" - Faith alzò lo sguardo, sorridendogli - "Sapevi che sarebbe stato tutto così semplice e perfetto."
"si sono impegnati tutti perché lo fosse. Non poteva essere altrimenti." - spiegò Angel - "Tu ci hai dato l'occasione di festeggiare il fatto di essere assieme."
"Spike dice che al proprio compleanno si può anche donare, oltre che ricevere… io vorrei potervi dare quanto voi state dando a me."
"lo fai e neanche te ne rendi conto." - Angel sentiva un groppo formarsi in gola. Tese la mano e, afferrando quella della ragazza, se la pose sul petto - "Faith, qualunque cosa accada, tu avrai sempre un posto qui. Proprio qui, nel mio cuore. Io ti proteggerò e ti vorrò bene in eterno…"
Lo guardava, levando su di lui quegli enormi occhi dorati.
Palpitando, come può fare solo una persona forgiata di vita ed energia pura.
"Credimi…"
"Io ti credo, Angel. ti ho sempre creduto."
V
"Finalmente! Stavamo tirando a sorte per vedere chi dovesse venire a cercarvi…." - commentò Spike, sdraiato su uno dei divani addossati alle pareti. Il tavolo era ingombrato di un quantitativo di pacchi impressionante. E gli invitati si erano spostati in un angolo, allestito come un salotto.
Divani, poltrone, un paio di vassoi di dolci sul tavolino basso e, con grande gioia di Spike, un carrello di ottone su cui facevano bella mostra delle bottiglie di liquore.
"Te le avevo promesse…" - rispose compiaciuta Cordelia, sedendosi contro il suo stomaco. E lasciandosi tranquillamente cingere con un braccio.
C'era un certa complicità tra loro due. Una complicità forgiata a suon di litigate e molto affetto.
Si era voltata, per rispondergli. E la luce l'aveva incorniciata, abbagliandolo.
Come quel giorno, quando aveva ripreso i sensi, trovandola seduta sul margine del suo letto…

"Spike…" - sussurrò, quando finalmente, dopo ripetuti battiti di ciglia, sembrò metterla a fuoco - "Mi riconosci?"
Spike la guardò ancora, abbozzando un sorriso. Un sorriso più vicino ad una smorfia. "Gattina…ciao…" - mormorò, sentendosi la bocca impastata.
"Ci hai fatto prendere un bello spavento…" - sussurrò lei, lasciando scivolare a terra la rivista che stava leggendo e chinandosi.
Spike era disorientato, faceva fatica a restare sveglio. Ma la mano di Cordelia sulla sua fronte era un balsamo, per riprendere contatto con la realtà.
"Angel…"
"Te lo vado a chiamare…"
"No….no…" - replicò Spike, con voce flebile, chiudendo gli occhi - "Non importa… resta qui…."
Cercando la mano con le sue.


"Spike, mi stai fissando…" - lo apostrofò, maliziosamente, riportandolo al presente - "Guarda che ho un fidanzato molto geloso…"
Spike le sorrise, aspettando che si girasse, per poter fissare il suo profilo, prima di chiamarla nuovamente.
"Cordy…"
"Dimmi Spike."
"Grazie. Di tutto."
E Cordelia, di tutta risposta, chinando lo sguardo, gli carezzò le mani, quelle mani tanto fredde eppure portatrici di affetto. Con un sorriso tenero, come può avere solo chi comprende.

"scusateci…" - rispose Faith, avvicinandosi e tenendo per mano Angel - "Ma lui è un vero chiacchierone…"
"Allora, cacciatrice, li vuoi i pacchetti?" - l'apostrofò malizioso il vampiro biondo.
"A dire il vero…no." - Faith scosse la testa - "Non ancora. Possiamo aspettare, vero?"
"Per me non ci sono problemi…" - replicò, con un'alzata di spalle - "Qualcuno si oppone?"
"Opporsi a proseguire la baldoria? Per niente!" - commentò Lorne, allungando bene le gambe e riuscendo a scaraventarsi, con un solo movimento del braccio, Faith sulle ginocchia - "Festeggiata! Come la mettiamo con la torta?"
"Aspetterà anche quella." - replicò lei con leggerezza. Allungandosi all'indietro per recuperare un paio di ciliegie candite. Per sé e per il suo cavaliere - "parliamo ancora un po'."
"Giusto." - Doyle sedeva sul bracciolo della poltrona di Angel e Wes si stava già accostando al gruppo una splendida poltrona Liberty - "Allora riprendiamo da dove avevamo interrotto. Stavamo parlando di segreti…"
"Già. Bella idea." - commentò Cordelia, girandosi verso Spike - "Su Spike, dicci un segreto di Angel…"
Spike la guardò con aperta ammirazione. Prima di rivolgerle un sorriso in cui i canini brillavano particolarmente.
Mentre Wes si lasciava sfuggire un fischio sommesso.
"Conversazione interessante." - sibilò, con un bel sorriso, beccandosi un'occhiata affranta da Angel.
"Anche tu, Bruto, figlio mio?" - gemette il vampiro dagli occhi scuri, rivolto all'Osservatore. Fissandoli poi tutti - "Avanti William… stroncami."
"Un segreto di Angel…" - meditò lui, ad alta voce, facendosi desiderare.
"il nome, ad esempio."
Si voltarono tutti a fissarla. E Faith di colpo si sentì in obbligo di giustificarsi.
"Se Angel è l'unico che può chiamarti con il nome di battesimo… tu saprai il suo." - spiegò, guardandoli entrambi.
"In effetti pensavo ad un altro segreto… ma anche questo credo possa andare." - mormorò Spike, fissando Angel. aspettando quel movimento impercettibile che gli avrebbe dato il consenso.
Era un gioco.
Ed un passato come quello di Angel e del suo demone, era pieno di giochi pericolosi, da non riportare a galla mai più.
I segreti che Spike avrebbe rivelato, lo sapevano entrambi, sarebbero state cose innocue. E lo stesso sarebbe valso per Angel. Era una regola che non avevano avuto bisogno di porsi razionalmente.
Angel gli lanciò un'occhiata fulminea, percepibile solo a chi fosse dotato di sensi sviluppati oltremisura.
Percepibile solo ad un vampiro.

"Liam. Mi chiamavo Liam." - rispose, al posto di Spike.
Spike che lo fissava, con un sopracciglio alzato, rallegrandosi, in cuor suo, di non aver dovuto rispondere a quella domanda.
Dopotutto, se non fosse stato per uno scherzo incomprensibile del destino, non avrebbe mai scoperto neanche lui il nome del suo Sire.
Il suo Sire… che ammetteva pubblicamente l'ultima cosa che ancora lo legava alla vita mortale. Con un coraggio che nessuno poteva immaginare.
"E' un bel nome…" - commentò Faith, impacciata, per rompere il silenzio.
Prima di cogliere un'occhiata che passava tra Wes e Doyle.
Westley si era proprio raddrizzato sulla sedia, sporgendosi in avanti.
"Liam?" - ripeté, con un'espressione stranita.
"Liam." - confermò Angel, guardandolo perplesso.
Gli capitava spesso, con l'osservatore. Era sempre un po' più veloce di lui a captare i particolari.
Solo che, questa volta, nel suo nome… bhe, non gli sembrava ci fossero particolari sconcertanti!
"Mi spieghi perché tu e lui continuate a guardarvi in quel modo?" - esclamò Cordelia, voltandosi a fissare Doyle.
"Vedi, Principessa…" - spiegò Doyle, con un lampo di ilarità nello sguardo - "Quello che tu non puoi sapere è che la traduzione dall'irlandese all'inglese del nome Liam è… William."
"Mi stai dicendo che… loro due… hanno lo stesso nome?"
Per poco Cordelia non si ritrovò seduta per terra. Non tanto per la sorpresa, quanto per il fatto che Spike si era tirato su di scatto.
E solo per un pelo si era ricordato di tenerla saldamente per la vita.
"Che cosa?"
"William…" - Angel lo guardava come se avesse le antenne - "Tu non lo sapevi?"
"perchè tu sì, invece." - replicò prontamente l'altro. Prima di ricordarsi che Angel, non solo era irlandese, ma parlava correntemente inglese e americano da almeno un paio di secoli.
"Questa sì che è una sorpresa…" - mormorò Faith, guardando l'irritazione di Spike, con un sorriso sempre crescente - "Questo gioco inizia a piacermi. E a te Lorne?"
"Ma non ti immagini quanto…" - commentò.
"Fantastico…" - borbottò Spike tornando a sdraiarsi - "Mi ci mancava solo questa."
"Non mi sembra una cosa così drammatica…"
"Drammatica forse no… strana, suppongo…" - replicò.
Anche divertente, aggiunse Westley, tormentandosi pensosamente il mento e quella peluria che appena lo ombreggiava. Una rivelazione, a suo parere, con risvolti interessanti…
"Come mai hai scelto di chiamarti Angel?" - domandò Lorne, facendosi passare un altro candito dalla bella ragazza che teneva sulle ginocchia.
"Questa è un'altra storia…" - replicò Angel, fissando lo sguardo nel vuoto - "Ho iniziato a chiamarmi Angel ai primi del novecento… per dissociarmi dal mio nome precedente, Angelus… comunque era un soprannome dell'infanzia."
Parlava senza fissare lo sguardo su niente di particolare. Aveva molti fantasmi sepolti nella memoria. Ma alcuni, per amore e per rispetto, erano più facili da evocare.
Non sapeva nemmeno perché le parole gli uscissero così facilmente dalle labbra.
Forse perché aveva imparato che, sotto le battute e gli scherzi, erano persone incapaci di giudicarlo. O, forse, più semplicemente, perché erano le persone che amava. A cui non poteva mentire.
"Mia sorella." - aggiunse - "Mia sorella diceva che ero il suo Angelo custode."
E l'ha sussurrato, mentre io l'ammazzavo.
Lo ricordò, ma non potè dirlo. Perché era la festa di Faith.
E mai l'avrebbe rovinata, con tristi ricordi.
"Non sapevo che tu avessi una sorella." - mormorò Cordelia.
"Ebbene sì." - rispose Angel, con una finta allegria nello sguardo - "di dieci anni più giovane."
"Ed ecco che si spiega il suo animo da protettore." - commentò Lorne - "La sindrome di Angel che protegge tutti quelli che respirano. Ed anche quelli che non lo fanno."
"Per l'esattezza si chiama Sindrome del fratello maggiore." - puntualizzò Angel, prendendosi vagamente in giro.
"Già." - aggiunse Faith - "Io e Spike ne sappiamo qualcosa…"
"Certo. Sappiamo che è un grandissimo rompiscatole." - Spike sapeva da molto tempo della sorella di Angel. La fine che aveva fatto era stata, per lungo tempo, motivo di vanto, per Darla.
"Ed ora lasciamo in pace Angel e trattiamo male Spike." - concluse Doyle, mettendosi più comodo. E così facendo, posando una mano amica sulla spalla di Angel.
Un contatto pieno di serenità. E comprensione che scaldava il cuore.
"Ottima idea." - disse Lorne - "Allora stessa domanda. Come mai hai cominciato a chiamarti Spike?"
Perché inchiodavo le persone con chiodi delle ferrovie, per poi dissanguarli con calma.
La risposta gli era passata negli occhi, fulminea.
E piena di dolore mal represso, così tanto da colpire Angel come una stilettata. Rapidamente cercò un modo per salvarlo da se stesso.
E, paradossalmente, riuscì ad essere più ironico e pronto alla risposta del suo cosiddetto pupillo.
"Perché quando era giovane lo sfottevano e dicevano che era meglio essere inchiodati, prima di ascoltare le sue poesie.
Ha provato a convincerci che sanguinario suonasse meglio… ma questa soddisfazione non gliel'abbiamo mai data."
La risata fu generale.
E Spike, ripresosi dalla sorpresa di vedere Angel improvvisare, gli rivolse un sorriso. Un sorriso di puro sollievo… prima di completare l'opera.
"Ero un incompreso, gente. Che ci volete fare…" - aggiunse, con leggerezza - "Ho precorso i miei tempi…"
"In effetti tu sei più retrò di lui…" - aggiunse Wes, rivolgendosi a Angel.
Come succedeva raramente, stava venendo fuori la sua punta d'ironia.
"Sono anche più vecchio." - rispose con naturalezza l'altro - "per me Spike è sempre stato avventato e sprovveduto già solo per quei novant'anni di differenza. Lui e i suoi contemporanei non mi piacevano per niente. Piena epoca vittoriana…."
"Non l'avevo mai vista in quest'ottica." - in Westley si era accesa una scintilla - "in effetti, Spike, tu potresti illustrarmi tuoi tempi. Sei una fonte diretta di quest'epoca d'oro…"
"Scordatelo." - rispose, senza mezzi termini - "Non so quanto ho impiegato a levarmi di dosso tutto quel perbenismo. E non ho nessuna intenzione di immergermi in un revival per la tua sete di cronista."
"Vittoriano…" - ripetè Doyle - "Nato nel…"
"1837… anno di morte dell'amato William IV. Primo anno di regno della mai dimenticata regina Vittoria… epoca di bacchettoni…" - aggiunse, sarcastico.
"Figlio di persone patriottiche." - commentò Faith, notando la corrispondenza tra il nome del sovrano e quello del vampiro.
"Non ti immagini nemmeno quanto." - ribattè Spike.
"E tuo fratello?" - chiese Faith, innocentemente. Ricordava di averlo sentito menzionare, quel pomeriggio.
Doyle sentì Angel irrigidirsi appena. Di sorpresa.
Angel non lo sapeva.
E Spike era imperscrutabile. Chiuso dentro la sua espressione più indifferente.
Non era un buon ricordo.
Ma Spike lo nascondeva bene, nel rispondere.
"Edward." - rispose - "Come molti re inglesi e nessuno in particolare…"
"Più grande o più piccolo?" - si informò Cordelia. Ormai il danno era fatto. Aveva sentito le mani di Spike stringerle involontariamente il ventre, prima di rilassarsi. Ed ora lo guardava dritto negli occhi, per comunicargli, con tutto il suo essere, che l'avrebbe cavato fuori da quel dolore.
"Più grande di quattro anni…" - Spike modulava le parole con un tono piatto… così disperato da far stringere il cuore ad Angel.
"Ehi tu!" - Cordelia si girò di scattò - "Doyle! Non è che adesso, per caso, te ne vieni fuori con una fiumana di mie potenziali cognate, vero?"
"Assolutamente no!" - ribattè lui, prontissimo a tenerle il gioco. E così orgoglioso di lei da desiderare nuovamente di dissetarsi dalla sua bocca - "Figlio unico molto viziato!"
"sapete che vi dico? Mi sono stufato di questo gioco!" - esclamò allegramente Spike. cercando di riportare il suo cuore a battiti regolari - "allora gattina, me lo concedi un valzer?… no! Aspetta! Fammi alzare! Facciamo le cose per bene…"
ci fu un po' di tramestio, mentre Cordy si metteva in piedi e lasciava passare Spike, che non aveva ancora il perfetto il controllo dei muscoli e già scoccava un'occhiata di fuoco ad Angel.
un'occhiata molto, molto, molto chiara.
"Faith." - mormorò Angel, alzandosi a sua volta e cedendo il posto a Doyle - "Mi concedi l'onore di aprire le danze con la festeggiata?"
"Io? Cos…." - Faith alzò lo sguardo verso di lui. Verso Angel che si inchinava, porgendole una mano, con il braccio sinistro signorilmente ripiegato dietro la schiena.
Avrebbe voluto dire che non sapeva ballare. E tirarsi indietro. Ma non poteva.
Ricordava. Ricordava di avergli estorto quella promessa…
Oh, sì, ricordava come l'aveva domandato, rannicchiandosi contro il suo petto.
Danzerai con me, un giorno o l'altro?
La sua mano già si posava su quella di Angel. Stringendo l'ampia gonna con due dita, mentre si lasciava condurre al centro del salone, laddove della luce delle candele giungeva solo il riflesso aranciato di puro calore.
Sotto il grande lampadario di cristallo.
Alle spalle di Angel, dopo un'occhiata di intesa con Doyle, Spike aveva offerto la propria mano a Cordelia. Con la stessa eleganza, con lo stesso rispetto.
Per portarla con sé in quello che sarebbe stato un viaggio nei ricordi.
Lorne stava già incamminandosi verso lo stereo. Non aveva bisogno che gli dicessero cosa cercare.
"lo sai che ti pesterò i piedi, vero?" - mormorò sottovoce Cordelia.
Soffrirò in silenzio, ribattè lui, guardandola.
La musica era iniziata. Ma nessuno dei loro due cavalieri si muoveva. E l'espressione delle ragazze era identica, mentre Angel e Spike, al di sopra delle loro teste, si scambiavano un'occhiata.
Sangue viennese… c'era da scommetterci… Lorne non si smentiva mai.
Perlomeno aveva buongusto…
"Non ci muoviamo?" - bisbigliò Faith, impaziente.
"Fidati…." - le rispose Angel, mentre le sue labbra si allargavano in un sorriso.
Aspettava un cenno.

E quando lo vide, con una naturalezza che li sorprese tutti, si mosse.
Che spettacolo. Gli occhi di Cordelia divennero enormi per la sorpresa. Ballare con Spike era come farsi portare in una nuvola. Come se non avesse bisogno di muovere le gambe. Spike teneva la testa alta e fissava un punto lontano, perdeva il suo sguardo in un corridoio di ricordi. E volteggiava perfetto, intrecciando i loro corpi in un modo impeccabile, mentre la musica saliva di intensità.
Faith non avrebbe mai smesso di guardarlo. Angel stava ballando con lei. E lei stava ballando con tutta la sua vita.
I suoi amori e le sue morti. I suoi respiri e i suoi dolori.
Non si sarebbe mai fermata. Quel vortice l'avrebbe portata sempre più in alto.
Ed il salone apparteneva solo a loro.
A Angel e Faith.
A Spike e Cordelia.
Sempre più veloce, verso il crescendo del valzer.
Sempre più verso la perfezione dei movimenti. Angel era un gran ballerino. Gli aneddoti di Spike a riguardo non gli avevano mai reso onore.
E l'unica volta che Faith l'aveva visto danzare, con il volto della morte e Darla tra le braccia, di lui aveva serbato solo un ricordo di tragicità e disperazione.
Nulla di tutto questo.
Angel ballava con lei per donarle tutto quello che non sapeva dire.
Esprimeva tutto.
Attendendo il giro finale.
Fino a separarsi, con un inchino perfetto.
Mentre, puri e ridenti, intorno a loro si levavano gli applausi.
Quelli reali.
E quelli ricordati.

"Cordelia…" - Spike la guardò, soddisfatto - "lo prendo come un complimento… ma faresti bene ad asciugarti gli occhi."
"scusami…"- mormorò lei. Mentre, alle sue spalle, un colpo di tosse attirava l'attenzione del suo cavaliere.
"Bellimbusto." - l'apostrofò Doyle, avvicinandosi - "il prossimo mi è stato promesso…."
"Ah sì? e quando?"
"che domande. In un sogno…"
Faith ed Angel erano ancora fermi a centro pista. E non avevano bisogno di dirsi nulla.
Uno rivolto verso l'alto. E così sarebbero rimasti, se il colpetto canonico sulla spalla, non avesse richiamato Angel all'ordine.
"posso avere il piacere di questo ballo?" - chiese, cerimoniosamente Wes.
Angel gli passò la mano di Faith che ancora stringeva tra le sue e, con un passo indietro, gli lasciò libera la via.
Ancora una volta Lorne non si smentiva.
"Libiam nei lieti calici…" - ridacchiò Spike, affiancandolo, con andatura sciolta - "potevamo aspettarci altro?"
"Oh, credo proprio di no." - rispose Angel, sorridendo - "Allora William, a quanto pare non siamo per niente arrugginiti…"
"In effetti facciamo ancora la nostra porca figura." - aggiunse l'altro, smentendo il suo stile da lord con il gergo moderno. Apposta, prima di voltarsi a guardare le coppie nella sala - "ed anche loro non vanno poi così male."
E se Doyle ne stava approfittando per parlare con Cordelia e dirle qualcosa che le arrossava le guance, Wes stava rivelando una certa competenza.
"Non mi avevi detto di saper ballare il valzer." - sussurrò Faith, alzando il viso verso di lui. Le piaceva quell'intimità al centro della musica.
"Nemmeno tu. Balli molto bene…" - si complimentò Wes. Iniziava a temere che le sue coronarie scoppiassero per l'orgoglio, alla prossima occhiata che le avrebbe rivolto.
"Mi ha insegnato Spike. Ha insegnato a me e Cordelia…"
"Avete avuto un ottimo maestro."
"Wes…"
"Faith…"
"Mi prometti che accenderemo ancora questi lampadari e balleremo qui, così, come stasera?"
"Certo. Non chiuderemo più questo salone. Mai più." - Sussurrò, alzando lo sguardo, insieme alla sua cacciatrice, verso i mille riflessi delle gocce di cristallo - "La luce non andrà via, mai più."

"Credevo che tu odiassi ballare…" - bisbigliò Cordelia.
"In effetti è così. Ma volevo un attimo di intimità. Solo tu ed io." - replicò Doyle, afferrandola per la vita e smentendo la sua nomea di attaccapanni sulla pista da ballo. "allora sai ballare…" - insistette lei.
"Assolutamente no. La mia natura demoniaca me lo impedisce."
"Non mi pare che questo impedimento si estenda al mio precedente cavaliere…"
"il vampiro? Lui è figlio del romanticismo, è normale che sia così." - Doyle stava guardandola in viso, scrutandola fin nel profondo dell'anima - "Ti ha fatto piangere…"
"E' stato struggente." - Cordelia aveva occhi grandi e umani - "E' stato come andare indietro nel tempo e respirare cose svanite e molto amate. Forse ti sembrerò stupida, ma, per un attimo, ho avuto l'impressione di poter sentire la sua tristezza."
"Non sei stupida. Sei solo la persona più sensibile che io abbia mai conosciuto. Eri bellissima tra le sua braccia, sei sempre bellissima. Perché ti viene da dentro…"
"Doyle…."
"No, Cordy, non mi interrompere. Non tutte le parole sono facili da dire. Ti prego Cordy, non mi interrompere, e non dubitare quando parlo della tua bellezza. Perché toglie il fiato, perché sei talmente splendente da farmi domandare ogni minuto della mia esistenza perché io, proprio io posso godere di questa luce. Perché proprio a me hanno concesso di amarti…."
"perché a me hanno concesso di amarti." - gli rispose Cordelia, ripetendo le sue parole - "Perché proprio io, ogni minuto della mia esistenza, possa godere della tua luce, del tuo sorriso, dei tuoi occhi. Tutto questo mi appartiene Doyle. Ed io appartengo a te. Per sempre."
"per sempre." - replicò, baciandola, sfiorandole appena le labbra,sorridendo ancora di quel miracolo.
Mentre attorno a loro saliva d'intensità la gioia del brindisi racchiusa nelle note.

Il valzer della Traviata li travolgeva dolcemente.
E Lorne se lo godeva, in piedi appoggiato allo stereo. e non aveva bisogno di guardarli ballare.
Perché, nel suo cuore, a scaldarlo in maniera inimmaginabile, sentiva volteggiare le loro anime.
E li avrebbe conservate.
Per sempre.
Strette nell'armonia di un abbraccio.
Perché cos'altro è la danza, se non l'amore?

Ballarono. E ancora. Ancora.
Fino a domandarsi se mai sarebbero caduti a terra stremati.
Le coppie si scioglievano e la musica non cessava mai.
Ballavano, tornando ogni volta a celebrare i loro legami.

"Non sei ancora stanca?" - chiese Westley, mentre Cordelia, gli afferrava le mani e lo riconduceva in pista.
"Assolutamente no." - replicò lei, ridendo, nel sentire già la sua mano sul fianco - "Non voglio smettere mai. Mai."
"Ti dirò, Cordy… nemmeno io."
"Vampiro. È il mio turno."
"Cacciatrice…" - Spike si tirò in piedi, rassegnato, mentre Cordelia, volteggiando, scivolava tra le braccia di Wes - "Avessi saputo che scatenavo due mostri del genere, quel pomeriggio vi avrei insegnato lo strip poker…"
"Wes dice che sei un buon maestro…" - gli confidò, mentre Lorne, cambiando genere, optava per una bellissima canzone moderna. Bella e piena di passione.
La sua mano era forte, tra le dita di Faith. Come estremamente bello fu il movimento con cui, in un rapido volteggio, la ricondusse contro il suo petto. Così vicino che le loro labbra si sarebbero potute sfiorare.
Gli occhi di Spike le carezzavano il volto, facendola sentire molto più donna di quanto si fosse mai sentita. Facendole ricambiare l'occhiata.
Dimenticando di essere la cacciatrice.
Dimenticando di essere tra le braccia di un vampiro. Levando il volto verso di lui.
E provocando un dolore quasi fisico ad Angel, che la stava guardando.
Il dolore di essere stato guardato, così, almeno una volta nella vita, da una cacciatrice. Averla stretta nello stesso identico modo, in mezzo ad una pista di pattinaggio vuota.
Senza un pensiero che non fosse fatto di gratitudine pura e profonda, per quel dono che poteva tenere tra le braccia.
La guardò, levare verso Spike il viso.
E pensò a Buffy, così intensamente da poter ancora sentire la spada penetrare nel cuore.
Non chiudere gli occhi, Spike.
Nella mente la voce risuonò disperata. Riempiendolo di terrore.
Non chiudere gli occhi, Spike…
Un battito di ciglia.
Un semplice battito di ciglia, prima di rendersene conto.
Faith e Spike non ballavano.
Faith e Spike, fermi in mezzo al salone.
E le mani di lei, serrate troppo strette attorno al suo torace.
"Non andare" - sussurrò Doyle, al suo fianco, facendolo sussultare - "Non te lo perdonerebbe mai…"
Faith lo stringeva.
Lo sorreggeva, senza una parola, con un sorriso strano che, su un altro volto, sarebbe stato fatto solo di tenerezza. E Spike, con occhi troppo grandi e indifesi, si nutriva della sua forza. Non più un predatore. Solo una fragile creatura, tra le braccia della sua morte.
Le sue gambe, le sue dannate gambe… capaci di cedere così, senza preavviso.
Lasciandolo inerme.
Ed il corpo della cacciatrice, che si tendeva, sotto quella seta profumata. I suoi muscoli, pronti fino allo spasmo, i suoi sensi e la sua tenacia che riaffiorava.
Non più un corpo morbido tra le braccia. La magia era svanita.
Tra le sua braccia la forza della sua stirpe. Ed il suo cuore, dal battito così forte da stordirlo.

"Doyle…" - la voce di Angel era carica di angoscia. Spike stava provando dolore. lo poteva vedere, percepire. Poteva quasi immaginare il dolore che gli si irradiava lungo la sua schiena, come una fiammata dai riflessi cupi.
"E' così che deve essere, Angel." - Doyle lo afferrò per un polso, temendo che scattasse verso quei due ragazzi - "Non potrai proteggerlo anche da se stesso. Devi fidarti di lui. E di Faith."
"Io mi fido di loro…"
"Tu li adori, Angel. ma non puoi correre da loro ogni volta… lei non è Buffy."
si voltò, come se Doyle l'avesse colpito. Doyle, che continuava a parlare, implacabile.
"Lei non è Buffy, Angel. Non farle questo torto. La storia non si ripete. Guardala, perché gli sta soltanto impedendo di cadere…solo lei può giungere dove tu non puoi andare… sarà sempre così."
"Cosa vedi, Doyle?" - mormorò, tornando a posare lo sguardo su di loro. Su Spike che ora le teneva una mano sulla spalla e le parlava, con la testa appena inclinata. Ed un sorriso. Mentre le braccia di Faith ancora sembravano stritolarlo.
"Vedo che li hai uniti. E che mai nessuno potrà più separarli…"

"Tutto ok?" - domandò Faith.
La musica si levava ancora alta. Ma per loro aveva ricominciato ad esistere solo da qualche secondo.
"Meglio dell'ultima volta che mi è successo…" - ribattè lui - "Per lo meno non siamo franati a terra…"
"Immagina la scena." - rise lei - "Aggrovigliati in tutta questa seta. Oddio, avresti potuto strapparmi il vestito!"
la sua voce suonava vagamente inorridita.
"Oh, sì, hai corso un tremendo pericolo…" - l'apostrofò - "Ma del resto ci sei abituata…"
"Ovvio. Io sono la cacciatrice." - ribattè lei con naturalezza.
"Oh, lo so, Faith. Lo so."
E lei lo guardò, come l'aveva guardato quel giorno, nel carpirgli il segreto.
Fin dentro le iridi. Fino a capire.
Ora era lei che aveva la sua vita tra le mani.
"Sei morto, vampiro." - sussurrò, mentre le labbra si inarcavano in un sorriso di consapevolezza. Mentre Spike ricambiava la sfida, con lo stesso lampo negli occhi.
Nulla avrebbe potuto negare la realtà dei fatti.
Lei era la Cacciatrice. E tra le sue braccia stringeva l'Uccisore. Facendolo sentire al sicuro.
Senza che paura alcuna sorgesse dal suo cuore.
"In effetti, se le cose avessero un corso normale, qui dentro, dovrei esserlo." - commentò, pensando alle mani della ragazza che lo stringevano per la vita, passando direttamente sotto la giacca. I loro corpi sembravano fondersi, uno dentro l'altro, inarcandosi - "Ed invece mi toccherà ringraziarti per avermi salvato la faccia."
"Dovresti." - commentò lei, con un lampo di ironia nella voce - "E sta tranquillo che dovrai ricambiare il favore."
Si sarebbe aspettata una risposta pungente. Si sarebbe aspettata di vederlo tornare sulla difensiva, di veder lo Spike di sempre che, sfruttando a suo vantaggio una posizione scomoda, si sarebbe votato a battute doppiosenso.
Per il puro piacere di vederle stringere le labbra, irritata.
Ma Spike non parlava. La sua bocca si era increspata in un sorriso. Un sorriso molto triste. Un sorriso che più volte gli era apparso sui lineamenti, in quella lunga giornata di attesa.
"Spike…" - lo sussurrò, prima ancora di sapere cosa dirgli. Prima ancora di rendersi conto che avrebbe ricambiato, con la stessa dolcezza negli occhi.
Prima ancora di capire che avrebbe dovuto avere forza per entrambi.
"La musica è finita." - bisbigliò, voltandosi con una sorprendente naturalezza e bilanciando il peso di entrambi sulle sue gambe - "Tienimi abbracciata, fai finta di niente e comportati da idiota, come tuo solito."
E Spike gettò la testa indietro, riempiendo la sala con una bella risata profonda. Le cinse prontamente il collo con un braccio, attirandosela più vicina e comandando, senza mezzi termini, al suo corpo di fare ciò che andava fatto.
Ovvero camminare.
"Non correre." - gli ringhiò lei, senza nemmeno voltarsi - "O finiremo veramente a terra."

"Possibile che ogni occasione sia buona per strofinarti contro la cacciatrice, Spike?" - lo ammonì blandamente Doyle.
"Ne approfitto." - rispose l'altro - "In occasione di stasera, abbiamo firmato una tregua. Anzi… adesso che ci penso…"
per completare il capolavoro di finzione che erano riusciti ad ideare, Spike si lasciò andare sulla poltrona, trascinando con sé Faith.
La quale, prima di proferire verbo, si ritrovò seduta tra le sue braccia.
Mentre Spike, con un'ombra di stanchezza, posava la testa contro il muro alle sue spalle. Lasciando che l'ultima ondata di dolore morisse nel sollievo di non dover più muovere un muscolo.
"Vampiro." - ribattè Faith, dandogli una leggera spinta sul torace - "Attento a non provocarmi…"
"comunque potevi lasciare Faith a centro pista e risparmiarle la camminata fin qua." - sospirò Doyle, facendo finta di non essersi accorto di nulla. E mentendo in modo sublime - "Perché adesso dovrà tornarci…"
"Ho fatto volentieri due passi…" - disse lei, alzandosi nuovamente.
"per ballare con me puoi anche levarti le scarpe…"
"No grazie. Mi piacciono troppo."
Lorne si era affezionato alla postazione DJ e Cordy alle braccia di Wes. Cosicché, in quell'angolo rimasero solo loro.
Angel osservò Doyle che, afferrata Faith per la vita, la trascinava in un tremendo casquez, per strapparle una risata sincera.
Poi tornò a voltarsi, a fissare Spike.
Aveva chiuso gli occhi.
Ed Angel, senza esitare nemmeno per un istante, si protese, afferrandogli un polso.
Senza ottenere una reazione.
"Immagino che tutta quella messinscena non ti abbia infinocchiato per niente." - replicò a quel gesto, senza aprire gli occhi.
Con la voce di sempre.
"Mi spiace." - sussurrò Angel.
"E per cosa. Per il fatto che hai un buono spirito d'osservazione? Mi sarei stupito del contrario. Non la perdi di vista un attimo..."
Non perdo di vista nemmeno te, neanche per un attimo…
"… senza contare che sentivo la tua occhiata piantata in mezzo alle scapole." - aggiunse, decidendosi a fissarlo. Con la sua espressione tiraschiaffi di sempre.
"Addirittura." - gli sorrise Angel. Tirando indietro la mano.
Ritrovandosi sbalordito quando, con una torsione del polso inaspettata, Spike gli riafferrò le dita.
Lo sguardo di Angel si posò sulla mano che stringeva la sua, prima di rialzarsi verso il viso di Spike. Fino a tornare occhi negli occhi.
"E' una Cacciatrice, Angel. La guarderò sempre in quel modo. Ma non le farò mai del male. Te lo prometto."
Spike sapeva.
Spike gli aveva letto dentro.
Senza alcuna esitazione, era andato a bersaglio.
Ed ora, pienamente appagato, lasciava andare la mano che aveva trattenuto con la forza.
"Sarà sempre un gioco pericoloso, Angel. Nessuno di noi potrà mai evitarlo." - sussurrò ancora, andando nuovamente lontano, con lo sguardo.
Guardando entrambi nella stessa direzione. Qualunque fosse il ballo che Doyle stesse conducendo, probabilmente non esisteva federazione di danza che lo riconoscesse come canonico.
Eppure era perfetto per Faith che volteggiava rapidissima intorno a lui. La gonna, sollevandosi, lasciava intravedere le sue belle gambe ed i tatuaggi, lungo le caviglie. "tatuaggi…." - commentò Spike, tornando al suo umore di sempre - "un'altra pessima abitudine presa da te?"
"Secondo me sì!" - esclamò Cordy, scivolando a sedere, mentre Wes le riempiva un bicchiere - "Uff, sono stravolta! Un altro passo e sarei morta!"
"Probabilmente anch'io." - aggiunse Wes, pescando dal secchiello del ghiaccio e riempiendo bicchieri per tutti - "Ti sei deciso a lasciare lo stereo, finalmente…"
"Che ci vuoi fare!" - sospirò, drammatico Lorne - "come la luce e le lucciole… la musica è la mia droga…"
"E quei due?"
A centro pista, Doyle e Faith erano fermi. E Doyle le stava parlando.
E qualunque cosa stesse dicendo, doveva essere bellissima.
VI
Il rossore le ravvivava le guance, facendole splendere gli occhi. Chinava appena il capo, con lunghi ciuffi ormai scomposti che le ricadevano in avanti, incorniciandola.
"Quel farfallone l'ha spettinata tutta." - sospirò Cordelia, scotendo un'acconciatura perfetta che non conosceva trauma - "Scommetto che se ne è uscito con una di quelle tirate storiche che ti fanno sentire il centro dell'universo."
"Ne sai qualcosa, vero gattina?" - la punzecchiò Spike, impertinente.
"Oh, certo. È molto seducente quando vuole. Sa ottenere tutto da tutti…"
Ed in modo anche simpatico, si sarebbe dovuto aggiungere. Faith rideva e scuoteva la testa, con fare paziente. E Doyle non accennava a smettere di sorridere e parlare.
E quando alla fine il suo profilo avrebbe potuto rivelare che stava tacendo, faith lo nascose alla visuale di tutti con un abbraccio esuberante e soffocante.

Westley fu prontissimo. E non si dovette nemmeno alzare, per afferrare Cordelia al volo e sedersela a fianco.
"Ferma lì, tigre!" - esclamò, senza accennare a ridurre la presa - "E tu, mandrillo, leva le mani dalla cacciatrice e… e viceversa!"

"Gente di malafede." - commentò Doyle, tornando verso il gruppo con andatura flemmatica - "Le stavo facendo gli auguri… solo gli auguri…"
"Ed io non gli stavo mordendo un orecchio…" - ribattè Faith, con una certa perversa ilarità.
"Grazie della manforte, amore…" - sospirò Doyle, lanciandole un'occhiata rammaricata, prima di scivolare vicino a Cordelia.
Faith aveva stretto le mani dietro la schiena e, in piedi, in mezzo al gruppo, sprizzava veramente un'allegria inimmaginabile.
Ondeggiò un po', prima di girare su se stessa, per vederli tutti in viso.
"Allora!" - esclamò, impaziente - "Regali?"

Era pronta. Lo era veramente.
Adesso non c'era più nulla che i loro corpi ed il loro cuori non si fossero detti.
Ora poteva affrontare anche l'ultima fatidica prova…
Le candeline…
E, con esse, i suoi sogni.
Prima che giungesse un altro domani, un altro domani di violenza e battaglia.
Adesso era pronta.
Pronta a desiderare.
E sperare.
"Finalmente!" - esclamò Cordy saltando in piedi - "Quella torta iniziava ad avere un'aria afflitta! Andiamo, su, tiratevi in piedi!"
Già era partita per la sua missione, aveva ben diciannove candeline da accendere. E non erano certo un paio di tacchi che potevano rallentarla o farla desistere.
"Come mai tu non riesci a camminare così spedita, Cacciatrice?" - commentò Spike, alzandosi.
"Ti rivelerò un segreto…." - sussurrò, da cospiratrice, la festeggiata - "Cordelia ha i tacchi inchiodati ai talloni…"
"Faith! Guarda che ti ho sentito!" - sbraitò, elegantissima, soffiando sul fiammifero che reggeva tra le dita.
A tempo di record, mentre gli altri si avvicinavano, aveva già predisposto tutto.
Ed ora aspettava, in piedi, con Lorne, a cui diede uno spintone, non appena Faith fu innanzi al tavolo.
"Forza!" - esclamò Cordelia, assestandogli un colpo nello stomaco - "Canta!"
"ohi! Ma non si aspetta che abbia soffiato?" - replicò lui, massaggiandosi la parte contusa.
"Tu inizia, lei intanto pensa a che desiderio esprimere!"
E mentre Lorne, ormai succube, metteva la sua capacità polmonare a disposizione della ragazza, Faith abbassando lo sguardo e si concentrava su quella torta.
Una torta. Nient'altro che un dolce.
Eppure, per la prima volta, un dolce tutto suo. Avrebbe potuto mangiarlo completo, sotto i loro sguardi allibiti. Avrebbe potuto prenderlo e capovolgerlo…ma aveva solo voglia di guardarlo, di guardare tutte quelle lucine che lo ravvivavano.
Senza che nessuno le mettesse fretta.
Si tirò indietro i capelli e riempì i polmoni, stupendosi, per l'aria fresca che inalò. E si chinò, appoggiandosi al tavolo.
La voce di Lorne stava salendo di intensità. In piedi, con espressione assorta, si esprimeva dentro ogni nota. E guardava quella bella cacciatrice dall'anima profonda e buia come un pozzo. Un pozzo da cui sorgevano spezzoni di tante vite che faith non aveva mai narrato.
Poteva sentirla, anche se faith non stava cantando. Poteva sentire le anime di tutti loro, amplificate e vive. E si soffermava a contemplare quei gesti con cui si preparava a compiere un rituale a lei sconosciuto… spegnere tutte quelle luci, desiderando di vederne brillare una sola…
E fu a questo punto che decise di chiudere la mente… perché un segreto rivelato non si avvera… ed un po' di superstizione, e di rispetto, talvolta non guastano.

Ed un applauso. Faith sentì le braccia di Angel stringerla, le sue labbra sulla tempia.
E poi Wes, Doyle, Cordy. Si accalcavano, per abbracciarla, per augurarle buon compleanno.
Buon compleanno, mille volte, Faith.
Cento di questi giorni, cento di queste notti.
Auguri, auguri…
Auguri Faith…

"Allora! Sopravvissuta?" - sussurrò Lorne, soffermandosi in un abbraccio più lungo dell'usuale.
"Penso di sì…" - Faith appoggiò il mento sulla sua spalla, con aria beata, protendendosi, quasi sulle punte - "E poi… non saprei cos'altro desiderare…"
Lorne sorrise, di quella felicità che gli stringeva il collo. e, senza pensarci due volte, l'afferrò per la vita e la sollevò.
Abbracciandola, ignorando i suoi piedi che, a questo punto non toccavano terra.
Riscotendosi solo quando saltò il primo tappo da spumante.
"Un brindisi?" - gridò, riposandola a terra e voltandosi allegramente verso Wes, che riempiva i primi bicchieri.
"ovviamente!" - disse , di rimando, l'osservatore, finendo rapidamente di riempire fino all'orlo le flùtes - "A Faith!"
a Faith!
A faith, che non ha mai avuto nulla da questa vita, a Faith, che per il mondo ha smesso di esistere, a faith, che ha una tomba con un nome ed un numero per un' esplosione in un penitenziario.
A faith. Che ama ed è amata.
A faith che oggi compie diciannove anni senza aver mai avuto un compleanno… a faith, avvolta nella seta o incoronata di pioggia.
A faith… ed alle lacrime che adesso sta versando senza accorgersi.
Alla Cacciatrice che è in lei. Per lei leviamo questi nostri bicchieri.
E per questa occasione di essere, ancora una volta, semplicemente, tutti assieme.
Mentre già, ai loro occhi, come un vortice, si sovrapponevano le immagini di sei mesi di vita comune.
Le lacrime, i sorrisi….
Cordelia, bagnata fradicia,che insegue Doyle. E Doyle che lancia il secchio ormai vuoto a Spike.
Wes, ed il suo immancabile affacciarsi dalla tromba delle scale, con un libro in mano. Le bustine del the e lo zucchero… i cartoni della pizza disseminati sul tappeto e le sigarette fumate in silenzio.
La musica e le loro voci.
Le risate, la rabbia, le urla.
Ed ancora il silenzio. Ed Angel che sale le scale senza voltarsi, e faith che fa le flessioni in palestra.
Spike, alle prese con i sacchi della spesa e Lorne che si aggiusta il nodo della cravatta….
Quant'altro ancora, di comune e banale, racchiuso nel cerchio dei loro brindisi.
Quanto, affogato tra i riflessi e le bollicine di champagne.
Quanto, quanto ancora, che appartiene solo a loro. A loro sette e all'Hyperion.
A loro, che hanno vagato per il mondo da soli, prima di fermarsi tutti qui. A loro sette che hanno scoperto di avere in comune qualcosa di troppo grande.
Che hanno scoperto di avere in comune l'affetto uno per l'altro.
"A Faith." - ripetè Doyle alzando ancora una volta il calice - "Ed a questa magnifica occasione che ci ha donato… mettendo a disposizione il suo compleanno, perché diventasse la prima ricorrenza famigliare…."
Già. Angel alzò il bicchiere, facendolo tintinnare con quello di Cordelia. Non si poteva realmente dire che le cose fossero andate in quel modo… ma in fondo, non aveva nessuna importanza. Perché adesso, in fondo agli occhi di tutti loro, brillava una felicità che ben poche volte si era vista, nel susseguirsi dei giorni. Dei giorni fatti di battaglia e sangue. Di rabbia e fatica.

"Tagliamo corto, signori!" - esclamò Doyle, stappando ugualmente un'altra bottiglia - "la ragazza qui presente vuole i suoi regali! Chi vuole cominciare?"
"Mi sembra che abbiate già cominciato!" - ribattè Faith, con un giro su se stessa, per meglio sfoggiare sandali, vestiti e borsetta - "Senza contare tutto il resto…"
"Ma noi siamo intenzionati a fare di più" - canticchiò Lorne, avvicinandosi con un pacco prelevato dal tavolo alle sue spalle - "Comincio io. Pensiero numero uno…"
un biglietto.
Faith lo prese con un'esitazione quasi referente. Le sembrava che tutto iniziasse a scorrere troppo veloce, dandole alla testa, come i ripetuti brindisi.
Lo aprì con foga, rischiando di strappare la bella busta colorata.
Dentro c'erano poche parole. E faith le lesse due volte, prima di fissarlo raggiante.
"Tutte le volte?" - domandò.
"Tutte le volte." - confermò solennemente Lorne, porgendole la scatola - "Pensiero numero due."
Dal pacco era spuntata solo la prima frangia che già Cordelia, prontissima di intuito in campo vestiario, si era materializzata vicino a Faith.
Le loro teste vicinissime erano un'altra vittoria per quelle mura. Due ragazze agli antipodi, capaci di avvicinarsi spontaneamente e profondamente.
E di questo, tutto sommato, bisognava dare merito a Spike che, dal primo giorno, non aveva fatto altro che tormentare un e l'altra senza nessun problema.
Non gli importava del passato di Sunnydale, di nessuna delle due. Non aveva preso parte né all'uno né all'altro.
Senza contare il fatto che, nelle lunghe settimane di convalescenza…

"Gattinaaaa…" - tirava la testa indietro per sfruttare al massimo la capienza polmonare - "sono un povero vampiro affamatoooo…"
"Spike se non la smetti di gridare, tra poco sarai un povero vampiro pestato."
"Non alzare un dito su di me oppure…"
"Oppure cosa? Chiami Angel?" - ribattè prontamente la ragazza, desiderando un termometro da infilargli in bocca.
"Pensavo di chiamare Faith…" - ribattè l'altro, con un'innocenza falsa fino all'anima. Stava seduto sul suo letto, perfettamente vestito. E non c'era dubbio sul fatto che avesse appena finito di smaltarsi le unghie.
"Certo. Adesso vorresti anche che la Cacciatrice ti difendesse? Mi sembra una pretesa eccessiva." - gli porse il tazzone - "Ti serve una mano?"
"Assolutamente no. Faithhhhh…"
"Ma la smetti di gridare?"
"No. Faithhhhh…"
"Cordelia!" - sbraitò Faith, arrivando dallo studio di Angel - "Ma non riesci a farlo tacere? Stiamo discutendo un caso."
"Allora voglio venire anch'io!"
Di colpo la sua cena aveva perso di interesse. La posò fulmineo sul comodino e come un lampo fu in piedi. Lo slancio, come sempre, bastava per arrivare alla posizione eretta, ma entrambe sapevano che serviva solo a quello.
"Figo questo." - commentò deliziato, ritrovandosi una ragazza sotto ogni braccio - "come mai non mi capita mai quando sono sdraiato?"
"Faith…" - chiamò Cordelia, chinando la testa e solleticandogli il collo con i capelli - "Mi puoi dare un motivo per non lasciarlo andare?"
"Certamente. Quando lo scopro."


"Ma è bellissimo!" - esclamò Cordelia, con un entusiasmo che, per un attimo, la fece sembrare la festeggiata.
Faith teneva tra le mani uno scialle ricamato, del colore della notte. Pesante e morbidissimo.
"Doyle mi ha accennato ai vostri acquisti." - ribattè modesto Lorne, rivolgendosi a Cordy, sempre in adorazione - "Ed io credo che troverai certamente qualcosa a cui abbinarlo."
"E se non trovi nulla, potrai metterti solo quello… ahio!" - Spike si strofinò la testa, guardando inviperito Wes - "Mi hai picchiato!"
suonava come un'accusa. Nessun tono lamentoso.
"E' possibile che te lo meritassi." - ribattè, incolore Westley, massaggiandosi soddisfatto la mano incriminata - "L'ho fatto perché stai intaccando la reputazione inglese di buona educazione. E davanti ad irlandesi…"
"Non vorrai ricominciare!" - esclamò Doyle posando la bottiglia sul tavolo e puntandogli un dito contro. Dito che Cordelia afferrò prontamente,per distrarlo e farlo voltare. E per dargli un bacio.
Lasciandolo vagamente cianotico ed in tempi ridottissimi.
"Fatto." - constatò, fresca come una rosa - "Evitato il disastro! Proseguiamo, Faith, apri i tuoi regali."
"Forza Spike, dalle quel coso che mi hai fatto comprare." - lo punzecchiò Lorne. per poi rivolgersi a Faith - "Sappi che l'ho procurato solo perché me lo ha chiesto. E non ho fatto commenti."
"Ho capito." - annuì lei, serissima - "E quante volte hai già ripetuto questa frase?"
"Abbastanza." - commentò Spike, alzando gli occhi al cielo - "Comunque il regalo in questione è nello scatolone."
Era in effetti, uno scatolone bello grosso.
Ma, come molte delle cose riguardanti Spike, non era quello che sembrava.
All'interno, un altro contenitore.
Ed infine un baule. Di lavorazione orientale.
Che Wes si chinò a studiare, attento.
"Legno di canfora." - commentò, ammirato - "Bell'oggetto…"
"Grazie." - replicò Spike, mentre indicava a Faith di aprirlo - "Per dimostrarti che non sono un troglodita."
"E glielo dimostri scegliendo il regalo per me? Bravo Spike. bell'idea." - replicò Faith, sedendosi e cercando di aprire la serratura.
"Aspetta di vedere il contenuto." -Spike si intromise, per darle una mano e lei, docilmente, per una volta, lo lasciò fare.
Per una volta…
A Spike tutti lasciavano fare tutto….
Aveva un'incredibile capacità di manipolarti e poi guardarti con dei grandi occhi da bambola. Stupendosi, ancora del risultato!
Faith non era di certo una fanciulla in difficoltà. Ma Spike, di tanto in tanto, faceva le cose al suo posto, per il puro piacere di farla sentire un'incompetente.
Come adesso, che le apriva il regalo. Il regalo da parte sua, per l'esattezza.
Finalmente il lucchetto si era aperto, Spike si scostò, facendole segno di proseguire.
E mettendosi a fianco di Lorne, che, sconsolatamente, continuava a scuotere la testa.
Disapprovava dal profondo. Anche se era un regalo idoneo alla natura di Cacciatrice della ragazza. Per lui era … immorale!
Dentro la scatola c'era una coppia di bracciali. In cuoio. Lunghi e stringati. Ed una cintura, dello stesso cuoio.
Erano degli oggetti da battaglia di pregevole fattura. Belli, di certo non moderni.
"E questi dove li hai trovati?" - Wes stava di nuovo con il naso sopra il baule. Basandosi sulla fattura, era certo che fossero piuttosto rari da reperire. Ed intrisi di notevoli poteri arcani.
"Anch'io ho i miei informatori." - ribattè Spike, scoccandogli un'occhiata inceneritrice - "E vorrei sentire l'opinione di Faith, oltre ai tuoi mugolii soddisfatti…"
decisamente, la ragazza aveva gli occhi che brillavano. Si stava provando uno dei bracciali, aggiustandoselo. La chiusura era piuttosto complicata. E c'erano alcune placche metalliche da posizionare, da ribattere, per adattarli alle sue braccia.
Poteva essere vestita di seta, poteva essere giovane…. Ma la luce accesa nel suo sguardo era quella dei predatori.
Forte e calda.
Ed ora, giusta.
Completa. Non più la luce che l'aveva infiammata di follia negli anni passati. Non più. Spike questo non poteva ignorarlo. E dall'Uccisore non sarebbe stato giusto che la Cacciatrice ricevesse altro.
Nella scatola c'erano anche dei lunghi guanti neri, privi di dita, per proteggere la pelle dalle cuciture. Sotto la cintura, nascosto, c'era anche uno stiletto dal fodero scuro. Sarebbe stato perfetto alla coscia, oppure dentro uno stivale, constatò Faith, registrando rapidamente le caratteristiche dell'oggetto.
E capendo al volo che era stato aggiunto.
Quando lo prese in mano, scoprì anche che, retrattile, nell'impugnatura, celava un paletto in legno. Appuntito e letale.
Quell'oggetto era appartenuto ad una Cacciatrice. Fu una sensazione chiara e inequivocabile. Quanto inspiegabile.
E Faith ne fu così colpita da domandarsi se anche gli oggetti che le appartenevano sprigionavano la stessa forza. O se l'avrebbero mai sprigionata, in un domani.
Faith alzò lo sguardo e, spontaneamente, cerò gli occhi di Wes. Per scoprirlo già voltato verso Spike.
"Se stai ipotizzando che l'abbia portato via ad una vittima." - ringhiò - "Stai anche per prenderti un pugno."
Angel guardò l'oggetto e Faith, notando l'occhiata, glielo porse.
"Apparteneva ad una Cacciatrice." - commentò - "Basta tenerlo in mano per rendersene conto. Ovunque l'abbia preso Spike… è giusto che torni ad una Cacciatrice."
Si voltò a guardarlo. Non c'era intenzione da parte di Spike o di Wes, di mettersi a litigare. Ma Faith era disposta a tutto… tranne che a vedere quella serata rovinarsi.
"Su questo non posso che essere d'accordo." - rispose Westley - "è un oggetto stupefacente. E mi incuriosisce… non ne avevo mai visto uno, dal vivo…"
"E' così raro?" - chiese Cordelia, mentre Angel lo posava sul tavolo.
"E' raffigurato molto spesso." - spiegò Westley - "Appartiene ad un'epoca remota in cui la Cacciatrice era un vero e proprio guerriero…"
"perché… adesso no?" - domandò Faith, con un bagliore metallico nello sguardo.
"Wes, cambia discorso… parla del baule e del legno di candeggina." - comandò imperiosa Cordelia.
"Canfora, Cordy." - specificò, serioso, l'Osservatore - "Canfora."
Faith rispose l'oggetto e chiuse il coperchio. Quegli oggetti risvegliavano in lei una forza ed una sete di battaglia non trascurabile.
Qualcosa che mal si adattava alla serata. Qualcosa che faceva parte di lei, ma non le impediva di gioire per l'aver ricevuto un regalo.
"Ti prego…" - disse Spike, incurante, quando la vide avvicinarsi, grata - "Risparmiami le smancerie. Ho capito… ti è piaciuto. Sono contento così."
Non c'era bisogno di insistere. E Faith era troppo disorientata da quella valanga di oggetti comprati apposta per lei, da non aveva testa abbastanza per impuntarsi.
Dietro di lui, e per farla sorridere, c'era un demone verde con aria da martire.
"Mi dici perché disapprovi tanto?" _ chiese Doyle, voltandosi a fissare Lorne.
"Perché sono un uomo vecchia maniera." - spiegò, sofferente, aggiustandosi come suo solito la giacca - "Alle ragazze si regalano cose da ragazza, profumi, rose e cioccolatini. Non quei… cosi."
"I cosi sono utili."
"Non ha importanza."
"Allora sei destinato a disapprovare ancora." - mormorò Angel, incrociando le braccia. Il turno di Spike non sembrava ancora finito. Doyle aveva abbandonato Lorne e si era avvicinato al vampiro biondo, ed i due stavano confabulando qualcosa. Poi Doyle, con gesto imponente, per richiamare l'attenzione esordì.
"Signori! Sarei in vena di dire due parole. Mi prestate orecchio?"
"Ci sediamo anche o pensi che sarà una cosa breve?" - chiese Wes, di rimando.
Sorrideva e, non vista, Faith era tornata ad insinuarsi sotto al suo braccio protettore. E da quella visuale, aveva un ritratto di lui inaspettato e sorprendente.
Westley sorrideva. La luce del lampadario, come poco prima, durante il valzer che le aveva regalato, donava una sfumatura ancora più luminosa all'azzurro dei suoi occhi, mettendo in risalto il naso affilato ed i bei lineamenti.
Westley doveva essere stato, da adolescente, un ragazzino allampanato e goffo. Uno di quelli destinati, con il passare degli anni, a divenire più belli.
Oppure uno di quelli incuranti della loro bellezza, nascosti dietro lenti intellettuali e vestiti caldi e informi.
Era talmente bello, mentre sorrideva, che Faith fu colpita da un particolare inaspettato.
Era giovane.
Non era la saggezza fatta persona, come poteva essere Giles. Westley era un giovane uomo che sapeva forse troppo. E dietro quel troppo nascondeva tutto il resto.
Non poteva passargli inosservato, quella sguardo della sua Cacciatrice. Chinò il capo, volgendolo verso di lei. Sorridendole.
"Faith… cosa stai guardando?" - sussurrò, mentre intorno a loro esplodevano battute rivolte a Doyle ed al discorso serio che cercava di iniziare.
"Dovresti trovarti una ragazza, Wes. Sei piuttosto bellino, sai?"
Il Wes che era venuto a Sunnydale per lei, sarebbe inorridito. E l'avrebbe apostrofata per la sua superficialità
Ma questo… questo Wes le sorrise ancora.
"E' una proposta, mia Cacciatrice?" - chiese, rivelando una ironia non dissimile da quella con cui Spike la provocava.
Rise, posandogli la testa sulla spalla.
"Sei troppo vecchio per me…" - ribattè.
"Vecchio…" - sbuffò lui, fingendo di essere risentito - "Non arriviamo ad avere dieci anni di differenza e già mi dici che sono troppo vecchio… pazienza, mi cercherò una vecchietta nel pensionato all'angolo."
"Adesso che mi ci fai pensare… non sei troppo giovane per essere già stato un Osservatore a tempo pieno?"
lui finse di pensarci un po', alzando lo sguardo. Per poi annuire.
"In effetti non posso lamentarmi…"
"Allora! Posso parlare oppure no?" - urlò Doyle, per sovrastare tutte le conversazioni che si intrecciavano intorno al tavolo. Ed interrompendo, insensibilmente, le confidenze di Faith e Wes.
"Dovremmo aspettare ancora molto?" - domandò Lorne, come se fosse stato sempre in attesa, e non impegnato a discutere con Angel e Spike - "Rischio di perdere il pullman…"
"Signori." - esordì cerimonioso - "Ed ovviamente signore… ma che cavolo sto dicendo…"
"E non hai ancora nemmeno cominciato…"

"Taci Spike. Amici miei… così va meglio, decisamente. Amici miei, dicevo.
Io probabilmente non riuscirò a rendere a parole quale sia la mia gioia ad essere tra voi. Una volta ho detto a Principessa che non c'era paradiso che fosse paragonabile all'essere tra le persone che si amano. Non mi pentirò mai di questa mia idea.
È forse la più grande verità che potessi inventarmi.
Sono tornato per un buon motivo.
Sì, certo, lo sapete tutti. Sono tornato per salvare Angel, perché se qualcuno non lo tiene d'occhio, finirà con l'incasinare anche le poche cose tranquille che esistono nell'universo.
Ma soprattutto sono tornato per amore. E per amicizia. Sono tornato per avere l'occasione di conoscervi e apprezzarvi. Tutti.
Cacciatrici recalcitranti e vampiri biondi compresi.
Sono tornato perché Lorne potesse rivoltarmi come un calzino a suon di domande e Wes potesse deliziosamente tediarmi con un qualche trattato in cui la cosa più interessante è la rilegatura.
E sono tornato per Principessa, che poteva anche cercarsi un bellimbusto palestrato.
Ma che non l'ha fatto, dandomi una speranza anche nell'aldilà.
Sono tornato per tutto questo, perché faccio parte di questa terra caotica su cui camminiamo.
E quando sono qui, amici miei, la mia unica paura è di non dare a tutti voi quello che voi donate a me, in ogni giorno di questa strana vita.
Non aspettatevi grandi rivelazioni. Non ne ho nessuna. Per le Alte sfere sono attualmente in sciopero. Ho chiesto una dispensa, siete liberi non crederci, perché l'universo, per una volta, non avesse bisogno di noi per tirare avanti.
Questa è la nostra prima festa insieme. Oggi festeggiamo uno di noi. Perché sappia che al mondo ci sono veramente le persone che sanno voler bene. Questo siamo noi, potete credermi. Siamo persone che sanno amare. E per quel vecchio concetto che afferma che l'amore fa girare il mondo… bhe, signori, tirate le somme di quanto ne scorre qui dentro. E portatevelo dentro.
Sempre.
Avevo promesso un discorso breve e mi sono lasciato prendere la mano.
Ma non ho bisogno di essere richiamato all'ordine. Mi andava di dire qualcosa di cui probabilmente non si è capito nulla. Ma non importa.
Buon compleanno, Faith. Ed io, dal più profondo del cuore, ti ringrazio ancora, di questa occasione che hai donato a tutti noi."
Cadde il silenzio. Poi Faith alzò il bicchiere, guardandolo fisso negli occhi. In quegli occhi trasparenti che sapevano vuotarle l'anima.
"A Doyle! E all'amore!" - mormorò semplicemente.
Ed in quel silenzio, ognuno di loro levò il calice.
E brindò alla capacità di amare, ancora.
E ancora.
E ancora.

A Doyle. A Doyle che non sa aprire bocca senza forzare le nostre anime.
A Doyle che è capace di scegliere la terra ed i suoi dannati, chiudendosi alle spalle le porte del paradiso.
A Doyle. E al mondo in cui sa parlare della nostra vita.
E delle nostre anime.

"Bene." - mormorò infine l'irlandese, con un colpetto di tosse, abbassando gli occhi sospettosamente lucidi - "Finite queste smancerie, passiamo alla questione regalo. Faith, con i nostri auguri di buon compleanno, da parte mia e di Spike."
"Ancora?"
"Ancora. Soffriamo di un certo complesso di inferiorità…" - spiegò Doyle, prendendosi una gomitata misteriosa da Cordelia ed afferrando contemporaneamente un involucro gemello a quello appena consegnato alla festeggiata - "E questo, Principessa è per te."
Cordelia lo guardò cercando di formulare, almeno con le labbra, la parola 'perché', visto che la voce non voleva uscirle dalla gola.
Ma la risposta era scontata. Ed anche Doyle non aveva bisogno della voce per dirlo.
'perché ti amo'. Le sue labbra si mossero, per poi allargarsi in un sorriso.
Da sotto il tavolo era spuntato un altro scatolone. Uno di quelli marroni, da imballaggio. Su un lato la scritta 'Doyle' non lasciava dubbi su chi fosse il complice.
"Tu guarda…" - constatò l'irlandese, buttando un'occhiata distratta al suo nome - "scritto con tutti quegli svolazzi sembra pure un nome altisonante…"
Faith e Cordelia stavano spacchettando. Ad Angel bastò vedere le due custodie, lunghe e affusolate, in velluto, per girarsi, con uno sguardo di sorpresa ammirazione verso Spike.
"A questo tizio basta dire il nome di un oggetto e casualmente sa dirti dove trovarlo." - commentò il vampiro con un'alzata di spalle - "E voi tutti osate dire che sono io quello delle cattive compagnie…"
Angel aveva visto giusto. Dalle custodie, Faith e Cordelia estrassero due splendide spade, di fabbricazione spagnola. Due lame lucenti, con impugnature eleganti e maneggevoli. Solo gli intarsi sulla coccia permettevano di distinguerle.
"Ovviamente, Angel." - commentò Wes - "Tu sarai quello che insegnerà ad usarle."
"Tu lo sapevi?"
"Diciamo che sono stato consultato…" - replicò, pensando alle discussione furiosa intavolata con Spike. Indubbiamente Spike aveva avuto un buon maestro in campo spade… e, a giudicare dall'espressione con cui Angel soppesava l'arma che Cordelia gli porgeva, non c'era nemmeno dubbio su chi fosse stato.
Le ragazze si rivelarono entusiaste anche di quel regalo che Lorne definiva poco femminile. E Doyle fu subissato di baci e abbracci.
Faith stringeva ancora tra le mani la spada, quando, di colpo, si ritrovò Spike di fronte.
Faceva uno strano effetto, vestita come una ragazza, per una volta in vita sua, e con una spada correttamente impugnata nella mano destra.
Sorrise, di quello strano abbinamento. E non fece commenti. Intanto sapeva che Faith aveva perfettamente intuito il motivo della sua ilarità
Faith gli si avvicinò, quanto bastava per posargli la sinistra sulla spalla. E sporgersi, verso di lui, per baciarlo sulla guancia. Un bacio leggero come una farfalla.
"Grazie, Spike. " - sussurrò.
"Ed ora gli altri!" - Doyle si immerse nello scatolone - "Lorne… Wes… Spike.. e ovviamente Angel."
In rapida successione, senza dare il tempo per le recriminazioni, distribuì i suoi bei pacchetti.
E, a ogni obiezione, rispose testardamente con la stessa identica frase.
"Mi andava di comprarvi qualcosa. Non è un delitto e non è sbagliato. Potrete offrirmi da bere la prossima volta che usciamo per un pestaggio."

Adesso toccava a faith guardarli spacchettare, mentre, con una perplessità mista a contentezza, si accanivano sulla carta e sui nastri.
Lorne fu il primo a riuscire nell'impresa, finendo con il sollevare, con aria trionfante, il suo bottino.
Seguito, di poche lunghezze, da Wes e da Spike.

Ma fu sul regalo di Angel che si puntarono tutti gli occhi.
Angel, tra le mani, stringeva, un album da disegno rilegato. Un oggetto in cuoio lineare e morbido al tatto.
Angel lo fissava, respirandone il profumo caldo ed ammirando la perfezione delle cuciture. C'era addirittura una tasca, in cui riporre alcune matite.
Un bell'oggetto.
Lo pensavano realmente tutti.
Ma le loro menti erano piene di ben altre considerazioni.
Soprattutto perché la domanda fatidica era quasi corale.
Perché regalare ad Angel una cosa del genere?

Dopotutto Doyle lo conosceva meglio di tutti… se aveva scelto un oggetto del genere doveva anche offrire una spiegazione.
E così tutti i loro occhi si puntarono su di lui. Mentre questo prontamente si nascondeva dietro Angel.
"Non lasciare che mi fissino in quel modo!" - esclamò, indicandoli tutti ed aggrappandosi alla spalla di Angel - "Mi… mi mettono soggezione!"
"E' bellissimo, Doyle." - Angel non lo stava ascoltando. Si girò, con uno sguardo pieno di gratitudine. I suoi occhi scuri brillavano come poche volte poteva succedere. Doyle lo scrutò, con il solito cipiglio. Poi, con un movimento impercettibile della mano, indicò Spike, che stava facendo palesemente di tutto per svanire nel fumo di sigaretta.
Quando sentì gli occhi del suo sire addosso, Spike ricambiò con un'occhiata di sfida.
"Mi ha chiesto un parere." - ribattè, come se Angel gli avesse chiesto spiegazioni - " Non potevi pensare che prima o poi non lo scoprissero. Per cui…"
"William." - mormorò Angel, ascoltando quello sproloquio - "Non ti ho chiesto nulla…"
"Ma stavi per farlo. E quindi mi sono premunito. Insomma…."
"Spike, vuoi tacere un attimo, per favore?" - Cordelia guardò Angel, con fare indagatore - "Cosa serve a te, un album da disegno?"
"E perché non dovrebbe servirmi?" - Angel appariva vagamente perplesso.
"Perché sei un vampiro! Insomma…" - non era certa di riuscire a proseguire.
"Forza, Cordy." - l'incoraggiò Wes, appoggiandosi al tavolo, per prenderla meglio in giro - "Aspettiamo di sentire la tua teoria…"
"Gattina." - Spike alzò gli occhi al cielo - "Tu smettessi di far sniffare cipria ai tuoi neuroni, avresti capito che lui disegna."
"Angel disegna?" - Cordy lo fissava come avesse detto un'eresia - "Ma non è vero! vive con me da anni e non l'ho mai visto impugnare una matita!"
"Il fatto che tu non veda non significa che non lo faccia! Credimi, lui ha sempre disegnato. E scommetto che anche adesso continua a farlo…"
Aveva ragione. Come sempre a Spike non sfuggiva nulla.
Del resto, teneva nascoste nel suo studio le prove di capacità pittorica di Angel…
E queste lo rendevano talmente sicuro da parlare a ruota libera…
"Ti posso assicurare che continua a dipingere." - stava dicendo- "Mi ha disegnato così tante volte da rendermi idrofobo. È un fissato del ritratto, ne fa a tutti quelli che incontra…"
Iniziava a sentire una punta di panico, ad ascoltarlo. Non era veramente certo che si fermasse al momento opportuno. In effetti, Angelus ne aveva fatti parecchi di ritratti, negli anni…
Del resto, stava parlando con Cordelia che, alla parola ritratto…
"Tu dipingi?" - il suo tono continuava ad essere incredulo. Ma il suo obbiettivo era cambiato - "E mi hai mai fatto un ritratto? Ho sempre desiderato un ritratto da appendere in camera…."
Wes rideva di gusto di quell'accanirsi. Era decisamente peggio della volta in cui aveva deciso che, con un po' d'aiuto, si poteva fare il book artigianalmente. Aveva affittato macchine fotografiche e attrezzature, imponendo a lui ed Angel infiniti defilè con abiti stranissimi. E che coprivano ridottissime porzioni di pelle.
Piacevole, in effetti, da ammirare.
Ma le fotografie…
Le avevano rimosse in fretta.
E Cordelia aveva fatto uno splendido falò sul tetto dell'Hyperion. Di persona, per cancellare tutte le prove.

Ed ora?
Ora voleva un ritratto. E gli occhi di Angel, davanti alle richieste, diventavano sempre più grandi.
Faith ormai era in preda ad un riso incontrollabile. E con lei, Spike.
E, a poco a poco, le risate divennero corali e irrefrenabili.

"Manca solo un regalo, dunque." - mormorò Lorne, quando gli sembrò che gli invitati si stessero ricomponendo.
Angel alzò la testa, colpevole. Era talmente preso da quel taccuino da essersi scordato del tutto. Se non fosse stato per la frase di Lorne, probabilmente avrebbe ceduto alle richieste di Cordelia e si sarebbe seduto su uno dei divani, impugnando la matita.
Spike fece due passi avanti e gli sfilò il prezioso oggetto dalle mani.
"Tranquillo Flagello. Non scappa." - mormorò, posandolo su una sedia alle sue spalle.
"Devo ringraziare anche te, suppongo…."
"No, ringrazia solo il tuo connazionale. L'idea era sua. Ed io domanda rispondo sempre."
Voleva sembrasse una concessione. E non un piacere. L'ho disse con una leggera alzata di spalle, senza trasmettergli il piacere che aveva provato…

"Ok… a questo punto mi resta solo il regalo per l'Eroe." - commentò Doyle, infilandosi sotto il braccio la spada come fosse un ombrello e aggiustando la presa sulla busta con gli altri regali - "Cordy mi vuole a casa tra mezz'ora, per cui sarò anche puntuale… ci starebbe bene anche una birra…"
Dietro di lui, incurante, camminava Spike. non si era offerto di portargli i vari pacchetti e impegnava le mani e la testa in una sigaretta.
Guardava le vetrine e pensava ai fatti suoi, quando Doyle, con i suoi gemiti, lo richiamò al presente.
"Lo conosci come le tue tasche, saprai bene cosa comprargli…"
"Oh, certo, come le mie tasche. Ma Angel è una tasca bucata. Quando l'hai rovistata tutta, scopri che parte della roba e finita in una fodera quasi irraggiungibile. Sarà una metafora delle balle, ma rende l'idea. Allora, Spike, cosa compro ad Angel?"
spike lo guardò, perfettamente interrogativo, tendendosi a recuperare le spade che stavano scivolando sul marciapiede. Doyle aveva ripreso a camminare, voltandosi ogni tanto a buttare un'occhiata distratta alle passanti.
"Fai un elenco." - sbuffò, vedendolo così in crisi - "gli piace leggere, rimuginare e dipingere… hai l'imbarazzo della scelta…"
"Frena!" - Doyle si bloccò, voltandosi a fissarlo sorpreso - "Hai detto, scusa?"
"Cosa?"
"Dipingere? Hai detto dipingere?"
"Disegnare, per la precisione." - Spike alzò le sopracciglia, incredulo - "Non lo sapevi?"
"Non sono onnisciente. Ho spirito d'osservazione, tutto qui." - si difese l'altro - "Ma questa mi giunge veramente nuova."
"Sorpresa." - commentò Spike. alzò lo sguardo e attraversò la strada, senza aspettarlo.
Fermandosi davanti ad un negozio.
"Fatto." - disse, con un certo compiacimento - "Compragli quello…"


"Va bene! Ho capito." - Cordelia alzò le braccia in segno di resa - "Ma non credere che sia finita qui! Riprenderemo questo discorso in un altro momento."
Certo.
E ne riprenderemo molti altri. Angel lasciò vagare lo sguardo, una volta ancora, sui loro visi. Ognuno di loro rivelava una parte di sé, si svelava a poco a poco, con farsi interrotte e smorzate dalla confusione.
Ognuno di loro creava nuove passioni e nuovi legami. E condivideva emozioni apparentemente sopite.

Faith aspettava. Aveva intrecciato le mani dietro la schiena. E li guardava, con una certa impazienza.
Angel stava parlando con Spike, sottovoce, chinando il capo verso di lui. Ma Wes, come lei, aspettava, per poterle consegnare, finalmente, quel qualcosa di piccolo che stringeva tra le mani.
E non era certo meno sulle spine della sua Cacciatrice.
Si sarebbe potuto tranquillamente dire che non stesse più nella pelle.
Che strano… Lorne li guardò, dall'angolo in cui si era seduto, per godersi meglio la scena.
Erano tutte persone al confine della realtà, capaci di affrontare un'Apocalisse con lo stesso spirito con cui si evita ad un dolce di bruciare. Senza battere ciglio, senza porsi un problema in modo eccessivo. Senza arretrare mai…
E queste poche, normali emozioni, quasi comuni, quali un compleanno, un regalo ed un po' d'affetto… li gettavano in confusione.
Sembravano troppo innocenti, troppo sorpresi, per poterci realmente credere.
Si scambiavano sorrisi come gioielli troppo preziosi, da non potersi indossare tutti i giorni…

"Angel.." - domandò garbatamente Westley, arrivandogli vicino - "Ti decidi?"
"Sono pronto." - mormorò il vampiro, voltandosi - "Faith…"
La Cacciatrice si stava già movendo verso di lui. Ed in un attimo, con grande sorpresa di tutti i presenti, fu tra le sue braccia.
Aveva un profumo inebriante, privo della forza e della ferocia che manifestava per le strade di Los Angeles. Aveva l'aroma delle ciliegie candite che aveva gustato e dei dolci.
E indosso, leggero e appena percepibile, sui vestiti, il profumo di Cordy e l'aroma caldo di Doyle… il profumo costoso di Lorne, la colonia di Wes…
Incoronata con le loro essenze.
Angel la strinse ancora un attimo, per inebriarsi.
Spike lo guardava. Angel aveva chiuso un attimo gli occhi e le ciglia gli delineavano il profilo come una riga scura.
Un profilo inspiegabilmente dolce, un'espressione che Faith aveva attirato in superficie da chissà quale passato. La stringeva con le mani troppo basse, per la statura di Faith. La stringeva come fosse realmente una bambina.
Angel stava abbracciando un passato perduto. Stava abbracciando un cuore frenetico e pieno d'amore per lui.
Stava abbracciando… Kathie.
Lo capì, in un sussulto di sorpresa. Angel abbracciava qualcuno che amava più della sua stessa vita. Qualcuno che non era Buffy. qualcuno che aveva promesso di proteggere, fino alla fine.
Ed il dolore, con cui compiva quei gesti era così palpabile e così simile al suo che Spike, nel guardarli, non riuscì a frenare un ultimo disperato ricordo.

"Willy…" - Edward uscì in corridoio, finendo di annodarsi la vaporosa cravatta - "Sei pronto?"
"Arrivo, un attimo…" - come suo solito, William attraversò la soglia della sua camera a testa china, finendo di pulirsi gli occhiali. E sbattendo inevitabilmente contro Edward.
Dritto, con il naso, nella cravatta di seta.
Si scostò, strofinandosi la faccia ed Edward, senza nemmeno pensarci, lo prese per le spalle.
"Stai dritto." - l'ammonì, gentilmente, aggiustandogli anche il colletto - "Alza il mento."
Poi fece un passo indietro, incrociando le braccia, per squadrarlo.
William lo guardava in attesa delle sua approvazione.
Sapeva di non avere il portamento di Edward. Era più alto di lui ed i capelli, di un caldo biondo, pur essendo ondulati, non ricadevano scomposti, incoronandolo come una criniera.
Aveva gli occhi profondi e grigi, come le pietre dello stagno, non cangianti, dall'azzurro a varie sfumature in base agli stati d'animo.
E la sua espressione stava cambiando.
Dal cipiglio attento con cui si accertava che William non avesse un capello fuori posto, ad un'espressione vagamente divertita.
"William… puoi continuare a fissarmi… ma chiudi la bocca… sembri un tonno."
"Scusami." - William sussultò, con aria colpevole - "Stavo solo facendo un bilancio. Ogni volta che paragono una tua caratteristica ad una mia… viene fuori un bilancio…"
"Ehi, Willy…" - Edward si avvicinò - "io darei qualunque cosa per il talento che hai. Sei incredibile, sul serio. Dovresti credere in te. Vali più di quanto pensi."
"Vorrei assomigliarti di più." - ammise in un soffio.
Edward scosse la testa, sorridendogli, prima di abbracciarlo. Con naturalezza, come se per lui fosse indispensabile stritolargli qualche costola. Più volte al giorno, se il caso lo richiedeva.
"Dai tempo al tempo." - sussurrò, scompigliandoli quei capelli troppo indisciplinati. Prima di guardarlo, ancora… ed aggiustargli gli occhiali sul naso - "E mi metterai in ombra, prima di quanto immagini."
Si scostò da lui, con un movimento scanzonato, e si incamminò verso le scale. Voltandosi, per incitarlo a muoversi.


Poi svanì. E William, divenuto Spike, rimase ancora un attimo nel corridoio vuoto.
Prima di ritrovarsi nuovamente nel salone dell'Hyperion, illuminato a festa.
Ed Angel, con un impercettibile movimento del capo, si voltò verso di lui. Da dove si trovava, vedeva Spike con la coda dell'occhio. Angoscia, mischiata ad un profondo e indomato… rimpianto.
Eppure, per quanto fosse normale, per Angel, che Spike avesse dei rimpianti, in questa percezione vi era un che di inspiegabile.
Come se non fosse conseguenza dell'anima… ma di un ricordo… la sua angoscia, repentina e inaspettata, l'aveva colpito, come uno squillo di tromba, non smorzata nemmeno dalla grande felicità che Faith sprigionava.
Felicità che Spike mai avrebbe turbato. Reprimendo, anche con la violenza, tutto ciò che gli stava passando per la testa.
Edward non tornerà, si ripetè. Con una durezza che gli lacerò il cuore.
Sotto i suoi occhi, Wes stava porgendo un sacchetto di velluto a Faith, ancora nascosta tra le braccia di Angel.
"Faith…" - disse Wes, con un tono cerimonioso - "Buon compleanno."
Faith prese il sacchetto, per rigirarlo con le dita.
Un gioiello?
In effetti era un sacchetto di velluto… ma lei era certa di averlo già visto… sì, certo, in camera di Wes.
La catenina di Wes? Sarebbe stato bello e significativo… ma non sarebbe stato anche da parte di Angel…
Non voleva aprirlo.
Non voleva smettere di provare quel desiderio, quell'impazienza.
Voleva sentirla consumarsi, voleva non smettesse mai...
Lentamente le sue dita armeggiarono con il nastrino di chiusura. Fino a quando il contenuto non le scivolò sul palmo della mano.
Con sua sorpresa.
Abbastanza da alzare uno sguardo interrogativo verso entrambi.
Una chiave. Una bella chiave nera e argento.
Angel la guardava, senza dirle nulla, con le braccia conserte. E Wes approfittava nuovamente per lustrarsi le lenti degli occhiali.
"Faith…" - mormorò Angel, con un mezzo sorriso, innanzi alla sua perplessità - "Sotto il portico…"

Le ci volle un attimo, ancora, per capire che doveva voltarsi ed uscire. Quando lo fece, i passi degli altri risuonarono alle sue spalle.
Si voltò per essere certa di non ritrovarsi da sola.
E, una volta giunta nel giardino dell' Hyperion… li dimenticò tutti.
E restò impalata, innanzi al suo regalo.
Con la mente completamente vuota.

"Ecco cosa facevi qui, prima." - mormorò Spike, varcando la soglia dell'Hyperion - "Altro che aspettare noi…"
Angel si voltò, gettandogli un'occhiata di sbieco. Spike si stava sforzando di avere il solito tono pungente. Ma non c'era dubbio che avesse qualcosa per la testa. Qualcosa che non gli dava tregua.
Può darsi, mormorò evasivo. E Spike eluse la sua occhiata, in modo talmente studiato, passandogli accanto, da attirare anche lo sguardo di Doyle.
Uno sguardo che prontamente corse da Spike ad Angel.
Facendolo rallentare, mentre Cordelia si staccava da lui e avanzava fino a trovarsi vicino a Faith e Westley.
Angel lo fissò. Non c'era in lui una reale preoccupazione, constatò Doyle. Angel era un fascio di sensazioni contrastanti. Dolore, gioia, rimpianto ed esitazione.
Spike l'aveva sorpassato, allontanandosi, e lasciandolo con il tarlo del dubbio. E l'aveva fatto per non sentirsi vulnerabile.

E fu in quel mentre, a metà di quelle perplesse constatazioni, che Faith proruppe in un urlo.. un vero urlo di gioia, saltando in braccio a Wes, baciandolo, per poi fare altrettanto ad Angel.
"Una moto! Mi avete comprato una moto!" - gridava, coprendolo a rotazione di baci - "Una moto vera!"
"Fosse stata finta ti saresti incazzata come una bestia…"
"Oh, Spike! ti rendi conto? Una moto! e i vestiti, la spada… è tutto mio! Tutto mio, mio!" - esclamo, prendendolo per la giacca e scotendolo forsennatamente - "mio! non ho più sola la cella in galera con le cartoline alle pareti! Ho una famiglia, un a moto… e sono libera!"
Ed impazzita.
Come del resto stavano constatando tutti…
"Ed ho finalmente un compleanno!" - buttò le braccia la collo di Doyle, coprendolo di baci - "Doyle, ho un compleanno, un compleanno vero! E sono vestita come una signora!"
Wes chinò la testa per coprirsi gli occhi con una mano. Rideva come un pazzo, mentre la sua Cacciatrice, vestita da signora, dava in escandescenza.
"Ed ho una borsetta, in tinta con le scarpe. Ed ho una moto! una moto vera! Lorne! ho ballato un valzer, sceso una scala e mi sono divertita ad una festa senza provocare una rissa!" - non riusciva a calmarsi. Muoveva le mani, rischiando di perdere le chiavi ad ogni movimento - "Ed il tuo scialle mi piace un sacco. Ho sempre desiderato uno scialle e manco lo sapevo! E so camminare sui tacchi alti!"
Non riusciva proprio a fermarsi. Doveva raccontare a tutti loro una serata a cui, in rigor di logica, erano stati presenti.
Anche se, vista con i suoi occhi, andava assumendo dei colori ancora più intensi e incredibili.
Continuò a sproloquiare. E la lasciarono fare.
Disse tutto quello che le passava per la testa, non smettendo mai di ringraziare ed elencare tutto ciò che aveva ricevuto. E quando infine, ansimante, la mente le si vuotò del tutto, le sue braccia cinsero il collo di Lorne.
E Faith pianse buona parte delle sue lacrime e del suo rimmel nel risvolto della giacca.
Spike, aspettando, come tutti gli altri che la festeggiata ritrovasse un certo contegno ( o almeno una punta di lucidità) perlustrò critico la moto.
Era veramente notevole…
"Da quando ti intendi di motociclette?" - domandò, polemico, ad Angel che si avvicinava.
"Non io." - Angel scosse la testa - "Wes."
"Price?" - domandò Spike , sospettoso. Poco più in là, Doyle stava passando un fazzoletto alla festeggiata. Le lacrime erano state arginate con grande volontà, a quanto sembrava.
Ed ora, con gli occhi un po' arrossati, Faith appariva solo più giovane e luminosa.
Ed il senso di felicità che trasmetteva era inappagabile, quasi quanto il suo profumo.
"Price? Da quando capisci di motori?" - ripetè.
"Sono uno che legge…" - rispose evasivo Wes.
"Sì, certo… magari citerai anche un testo sumerico sull'argomento…"
"Spiritoso…"

"Scusate…"
la voce di Faith attirò l'attenzione come un fuoco d'artificio in salotto.
I loro occhi si puntarono tutti su di lei. Tra le mani tormentava ancora il fazzoletto di Doyle, attorcigliandolo. E non sapeva bene da dove cominciare a parlare.
"Vi chiedo scusa… anche se non sono brava a farlo. soprattutto a te, Lorne. mi incaricherò di persona di portare la tua giacca in tintoria. Non so cosa mi è preso..
cioè, forse lo so… siete voi tutti. Siete voi che mi avete preso, molto più di quanto pensassi.
Io non sono mai stata una brava ragazza. E domani, seppiatelo, sarò di nuovo l'emerita carogna di sempre. Stasera mi avete regalato ben più di una cena e dei regali. Mi avete regalato una famiglia. Ed io ne ho mai avuta una… è… è una cosa che da' alla testa!" - sorrise, con il labbro inferiore che ricominciava a tremarle, tirando indietro i capelli nervosamente - "Io non saprò mai ringraziarvi abbastanza…
oggi ho avuto un buon consiglio, da un amico… ha detto che al proprio compleanno si può donare, non solo ricevere. Io vorrei avere qualcosa da donarvi, qualcosa di grande e bello come tutto ciò che voi rappresentate per me. ma io non sono né grande né particolare… e voi dovrete accontentarvi. Ma io non vi tradirò mai. Ve lo giuro."
Chinò la testa. Forse stava di nuovo piangendo…
Ve lo giuro, ripetè.
Con di nuovo la sua dannata paura di sbagliare strada e ritrovarsi ancora, nella notte, in fondo ad una fossa da scalare.
"Angel…" - disse, con una vocina tremante - "Mi abbracci, per piacere?"
c'erano le braccia di Angel. ma non solo quelle. C'erano quelle di Lorne. E di Spike. E di Doyle e Cordy. E di Wes.
Non riusciva nemmeno a capire come fosse possibile. Ma tutti, la stavano abbracciando… tutti.
Tutti. E Faith teneva gli occhi chiusi, nella paura, ancora una volta, di essere consapevole di una malvagia illusione.
Restò ferma, tra le loro braccia. Respirando il tepore.
Fino all'ultimo…

"Benissimo!" - Cordelia si aggiustò il vestito e li guardò, con aria invitante - "E, a questo punto… chi vuole una fetta di torta?"
VII
L'alba… un nuovo giorno si stava preparando, dietro ai grattacieli, lungo l'orizzonte. Avvicinandosi, implacabile.
In lotta con la notte ormai conclusa.

Il salone era vuoto e muto. Ma ancora pieno di luce. E rimbombava, sotto i suoi passi. "angel..."
"William..." - si voltò, vedendolo riapparire - "Credevo fossi andato a dormire."
"Sbagliavi." - si fermò, con le mani in tasca, guardandolo, mentre percorreva il salone spegnendo le candele che non si erano consumate - "Vuoi una mano? spengo il lampadario?"
"No, quello lascialo acceso. faith tornerà a prendere qualche oggetto."
"come fai a saperlo?"
"Lo so…." - replicò pacatamente - "Tornerà…"
"Angel... quando hai finito, vieni a fare due chiacchiere?"- chiese. Aveva l'impressione di aver interrotto delle riflessioni.
Angel rallentò impercettibilmente il movimento della mano con cui proteggeva la fiammella prima di spegnerla. solo un attimo, irrigidendosi.
"Stavo per proportelo io." - replicò,con naturalezza. spegnendo la fiammella con le dita. con movimento talmente rapido da non provare nemmeno calore.
"Allora ti aspetto di là..."

Angel fece il girò del salone, attardandosi a chiudere il piatto dello stereo, a ritirare dei dischi rimasti senza custodia. Si fossero rovinati, anche solo per sbaglio, Wes ne sarebbe stato dispiaciuto. Teneva a quei dischi quasi quanto teneva ai suoi libri.
gli piaceva spegnere le luci. Era una tristezza dolce, adatta ai tempi passati e perduti. Alle cose dolci che sembrano non dover tornare mai.
Il suo cuore era come quelle fiammelle. Pieno di quel calore che il tempo avrebbe spento. Lasciando solo un pallido ricordo.
Triste e dolce. Allo stesso modo. Parte anch'essa della vita, la gioia, destinata ad esistere ed essere rimpianta allo stesso tempo.
La gioia... quanti brutti scherzi provocava, in un cuore di vampiro. Quanto faceva sentire vivi e intrappolati allo stesso tempo. Lui e spike ne erano la prova. Quella serata li aveva colpiti nello stesso identico modo, si era riempita di volti passati e ricordi apparentemente insabbiati.
E li aveva lasciati un po' più in guerra con loro stessi. ed un po' più in pace...forse. Difficile a dirsi.
Veramente difficile.

L'Hyperion era silenzioso. I passi di Angel rimbombavano e lui, sorridendo di quella camminata terribilmente umana, percorreva i corridoi e le sale.
Il 'di là' di Spike si era rivelato un po' meno scontato di quanto avesse immaginato.
In cucina, il persistente aroma di sigaretta ed il mozzicone mal spento gli avevano trasmesso quel senso di inquietudine che Spike si portava appresso da quando era iniziata la maratona del compleanno.
Prima incurante, poi menefreghista, poi triste, perplesso, agitato… ed infine felice, senza limitazioni.
Incomprensibile, come sempre, per riassumerlo tutto in una parola.
Tutto stava a scoprire dove si fosse rintanato… sul tetto, sarebbe stata la risposta più ovvia, se il sole non fosse già sorto...
Il portico?
Strano. Angel si fermò al centro dell'ingresso. Di colpo si era reso conto di cercarlo quasi umanamente, camminando senza metà, senza protendersi con i sensi, per rintracciarlo.
Quale imperdonabile distrazione, si apostrofò, ironicamente.
Essere umani… un'ambizione che aveva smesso di coltivare.
Si fissò la punta delle scarpe, incrociando le braccia.
Poi seppe dove andare. e si compiacque, nel rendersi conto che, dopotutto, lo sapeva già prima di cercarlo.

"Ciao…" - mormorò, comparendogli alle spalle.
"Ce ne hai messo di tempo." - rispose l'altro, prontamente polemico.
"Mi sono distratto." - sospirò, guardando il cortile pieno di luce. Il portico li riparava entrambi. Ed loro occhi, naturalmente, si abbeveravano di quella luce soffusa e intensa che non poteva raggiungerli.
Che li rendeva ancora più pallidi e intensi.
I capelli di Spike erano quasi luminescenti. In quelle settimane, contrariamente ad ogni legge fisica, erano cresciuti, si erano allungati. Ed ora il ragazzo li portava sparati verso l'alto, bloccati con il gel, rinunciando al suo amato stile patinato.
"Sei veramente molto biondo…" - commentò, guardando quelle punte con aria perplessa.
Ottenendo che si voltasse, per fissarlo, inarcando un sopracciglio.
"E te ne accorgi solo adesso?"
"Luce propizia." - rispose Angel, appoggiandosi alla parete e incrociando le braccia. Con gli occhi adesso cercava un punto immaginario, al di sopra del soffitto del portico, un punto in cui probabilmente splendeva il sole.
"e pensare che li porto biondi per risaltare al buio." - gemette, avvicinandosi e scivolando contro la parete, per sedersi. Quasi sui suoi piedi.
"Un vero narcisista…"
"Tu mi sfotti…"
"Ogni tanto. Per tenere la mente attiva." - aggiunse Angel. C'era una pigra indolenza nell'aria, sopra la città non ancora del tutto sveglia - "Gli altri?"
"Suppongo in giro. Doyle voleva fare colazione prima di andare a dormire. Credo siano usciti tutti…. Restiamo solo noi di guardia." - borbottò. Accendendosi una sigaretta.
"Doyle ha ragione. Quel portasigarette è un gran bell'oggetto."
"Lo so." - spike lo girò tra le mani - "Lo comprai perché era un bell'oggetto. Per nessun altro motivo. Allora non fumavo. E non fumava nemmeno il festeggiato…"
Era una frase ben strana. Angel chinò la testa, volgendola verso di lui.
"Non l'avevo comprata per me. L'avevo comprata per un compleanno. Me la ripresi …dopo…"
Dopo cosa?
Spike si era interrotto. Qualcosa l'aveva distratto, assorbendo la sua attenzione. Faceva roteare il portasigarette, seguendolo con lo sguardo. Vedendolo al rallentatore, imprimendogli sempre una maggior forza.
Fino a interrompere il movimento e stringerlo di nuovo tra le dita.
Prima di passarglielo.
Per resistere al desiderio di distruggerlo, di sentire la lamiera accartocciarsi sotto le sue dita, spezzandosi lungo le intarsiature.
"Per quanto non mi piaccia ammetterlo…" - disse, a denti stretti - "Credo di doverti delle scuse."
Angel non capiva. Lo guardò interrogativo, rigirando il portasigarette tra le dita. Quello che Spike stava dicendo, non combaciava con la sua impressione. Tra loro tutto sembrava tranquillo e le preoccupazioni di spike gli erano sembrate rivolte ad altro. Sembrare…. Sembrava, ma così non era.
"E… per cosa?" - chiese, perplesso.
"Per averti mentito. E per averti detto, per più di centocinquant' anni che ero figlio unico." - mormorò, spegnendo il mozzicone contro una mattonella, con una calma studiata che non gli si addiceva - "Se l'ho fatto è perché quando Dru mi ha trovato, ero, di fatto, figlio unico. Ed il prima… l'avevo dimenticato. Ho cominciato a ricordarlo…sai quando, no?"
oh sì, che lo sapeva. Nel momento stesso in cui era caduto, ai piedi della zingara, aveva nuovamente sentito il profumo delle lenzuola… e dei fiori che Kathie gli metteva sul davanzale. Solo un attimo, nel primo attimo, il suo volto era sorto dalle tenebre. E non se ne era mai più andato…
"Non sei obbligato a dirmi tutto del tuo passato." - rispose, sottovoce - "Non lo eri prima e non lo sei nemmeno adesso. Non hai motivo per farmi le tue scuse."
Spike non rispose. A capo chino, fissava un ciuffo d'erba. Il leggero soffio d'aria lo piegava e faceva ondeggiare. E, toccandolo con le dita, Spike percepiva un po' di quel calore che il suo corpo, addossato alla parete, non assorbiva.
A testa china. Come per nascondere qualcosa.
Angel si sedette. A gambe incrociate, rivolto verso di lui. Senza guardarlo, cogliendo appena, il movimento della mano con cui, rabbiosamente, si era sfiorato gli occhi. Come se non potesse ammettere nemmeno con se stesso quello che gli stava capitando.
"Gli volevi bene?"
Lo vide annuire. E contrarre la mascella.
"Molto." - rispose, duro - "Perché? Tu non volevi bene a tua sorella?"
Era stato offensivo. Se ne era reso conto mentre ancora la domanda aleggiava nell'aria. Aveva ferito Angel per non essere ferito.
"Adesso però le mie scuse sono appropriate." - mormorò.
"Non ha importanza…" - replicò pacatamente Angel. Posò a terra il portasigarette, con cura - "La mia era una domanda stupida. Ti prego di perdonarmi…"
"Come sei compito…" - sbuffò Spike - "sei più inglese di me, quando fai così."
"Non tutti gli irlandesi sono dei casinisti." - rispose. Ed il suo pensiero corse a Doyle che incarnava, quasi alla perfezione, lo stereotipo mondiale dei suoi connazionali. Festaiolo, con gli occhi chiari, uno spirito allegro, una certa passione per alcool e musica… sì, decisamente un personaggio da cinema.
Ed in se stesso? Poteva ancora trovare queste caratteristiche in fondo al cuore? Amava ancora la musica. Ed aveva amato quella serata in compagnia…
alcool…magia…forse Spike aveva ragione, tutto sommato….
"Angel… sei di nuovo loquace come un tappeto."
"Scusami. Stavo pensando." - replicò, automaticamente, senza perdere il filo del ragionamento. Prima di alzare gli occhi - "Vuoi parlarmi di lui?"
Questa offerta lo colse di sorpresa. Assolutamente. Si era preparato a mille domande, a dare risposte recalcitranti… come se Angel fosse uno che rintronava i suoi interlocutori a suon di richieste!
Non sapeva cosa voleva. Non aveva osato nemmeno pensare… la sua mente si era semplicemente riempita di immagini, provocandogli un tormento che non aveva limiti.
Ma Angel, del resto…
"Non mi avresti chiesto nulla, se non ne avessi parlato io, vero?" - E questo, Spike, non poteva che ammetterlo.
Angel gli sorrise, appena. E scosse la testa.
Era un sorriso pieno di comprensione. E consapevolezza.
"No, non ti avrei chiesto nulla." - rispose, chinando ancora lo sguardo - "So bene come ci si sente a pensare alla propria famiglia. Soprattutto quando si tratta di una sorella, o di un fratello. Io non ho mai immaginato, da vivo, che sarei andato così lontano da lei. Speravo in un futuro migliore del presente in cui vivevamo… E ho attraversato il mondo senza Kathie, senza nemmeno ricordarla, per decenni. Senza domandarmi come sarebbe divenuta crescendo… ed ora ci sono momenti in cui non riesco a fare altro che pensare al futuro che non ha avuto. Ed il mio passato senza di lei."
"e parlarne… non l'ho mai fatto. Non ho mai parlato di lei con nessuno. Non una descrizione, un aneddoto… nulla. Assolutamente nulla. Che importanza può avere adesso, quanto fosse bella, quanto amassi la sua voce e le sue risa… quanto? È morta, William. Io ho ucciso mia sorella, con tutte le sue potenzialità. L'ho uccisa e vivo in eterno. Proprio io, che ero molto più imperfetto di lei."
"Ed è giusto tutto questo?" - chiese Spike, più a se stesso che ad altri - "Me lo sono chiesto così tante volte… cosa avevo di particolare per ottenere questa immortalità?
Perché io, Angel? perché… cosa c'era in me da rendermi così adatto? E' ancora come allora… lui è morto… io sono sopravvissuto. Avevamo le stesse probabilità…"
"Il caso, il destino… in effetti l'unica cosa che possiamo scegliere è a quale delle due forze votarci. Il caos. Oppure l'ordine. Uno dei due guida le nostre vite… Doyle ti direbbe che è destino."
"E Cordelia mi direbbe che è casualità. Lo so." - concluse Spike, allungando le gambe - "Eppure quei due si completano, non credi?"
"E può darsi che sia questa la risposta giusta. Unire la predestinazione alla libertà." - commentò Angel. prima di tornare ad inoltrarsi nel discorso - "Ma questo non da' mai una risposta alle nostre domande. Io ho ucciso mia sorella. Tu hai perso un fratello. Ed entrambi li teniamo nascosti in un passato in cui forse, non abbiamo rimorsi."
Era vero. Edward apparteneva ad un periodo fatto di rimpianti e di pochi umani dispiaceri. Pochi, leggeri da portare, rispetto a quelli dei suoi anni sfrenati. Dei suoi anni al di fuori del logico, da predatore. Edward se ne era andato prima ancora che cominciassero i massacri.
"Ho sempre pensato che Edward…volevo credere che potesse vedermi, anche se non c'era più. Ed ora , se veramente mi sbilancio a credere che esista qualcosa oltre la morte… non posso far altro che pensare allo spettacolo che ho messo in piedi in questi secoli." - commentò Spike, con il tono pungente che era caratteristico delle sue riflessioni - "diceva sempre che mi avrebbe appoggiato, qualunque fosse la mia strada... ma ho difficoltà ad immaginarlo concorde con alcune mie scelte di vita."
Non aveva nulla con cui ribattere.
I pensieri sembravano invischiarsi nella luce del primo mattino. Erano densi, faticosi da rendere a parole. Li lasciavano senza fiato, stranamente spossati, come se ora, dopo lungo tempo a tormentarli, non volessero realmente rivelarsi per quello che erano.
Paura, dolore, solitudine.
E disapprovazione.
Ancora adesso.
Come allora.
Liam, l'eroe di sua sorella.
E William, l'ombra di Edward.
"L'avrei seguito in capo al mondo…" - commentò Spike. E non c'era nulla nella sua voce, se non un leggero stupore. Come se non riuscisse a capacitarsi, ancora adesso, di una certezza del genere.
Angel alzò gli occhi. E vide Spike come era stato in quegli anni. Come, per molti aspetti, era ancora adesso. Tenace, testardo, insofferente di ogni regola, troppo sincero per essere diplomatico e tremendamente affilato nei suoi ragionamenti. Come se il tempo l'avesse costretto ad essere il fratello maggiore di se stesso.
Non riusciva ad immaginarlo capace di accettare la guida di un altro con una fiducia del genere.
"Non farti un'idea idilliaca! Avremmo discusso di ogni decisione! Eravamo molto democratici!" - lo apostrofò prontamente Spike. Ed Angel aggiunse all'elenco appena stilato la voce "grandi capacità intuitive". Ancora una volta non aveva fatto in tempo ad aprire bocca che Spike già lo metteva a posto!
"Edward aveva un solo difetto… era perfetto." - riprese Spike. Sorridendo di quell'affermazione.
"Un difetto che hanno moltissimi fratelli maggiori." - ribattè Angel. E si sorprese da solo con quell'affermazione. Prima ancora che Spike lo fissasse passandolo da parte a parte.
Si alzò, quasi di scatto e camminando, giunse ad un passo dal cortile illuminato.
Anche lui era stato un fratello perfetto. Tra una sbornia e una litigata. Tra uno sbaglio ed un altro ancora. Per Kathie nulla di tutto questo era importante. Non aveva mai pensato di odiare suo padre per l'indifferenza che le mostrava…
"…Eppure per Kathie tutto questo non aveva importanza. Odiava nostro padre per il male che faceva a me." - confessò - "non le importava molto che non la notasse."
"Perché aveva te." - la voce di spike lo fece sussultare. Era in piedi, un passo dietro di lui - "Perché doveva desiderare altro? Tu probabilmente le davi molto più di quanto potesse immaginare. E le volevi bene."
"Io l'adoravo, William." - si voltò a guardarlo. E, senza volerlo, la sua espressione si addolcì. Come allora. Come quando Kathie lo guardava ed aspettava che parlasse - "E non ho dubbi sul fatto che tuo fratello Edward stravedesse per te. Lo si legge nei tuoi occhi…"
Lo vide sussultare. E fissarlo. E intravide quello che William era stato da vivo, in una frazione di secondo. Vide svanire l'espressione forgiata dai secoli, il cipiglio e la mascella volitiva. Vide il ragazzino biondo che era stato, il ragazzino che aveva un'espressione troppo fragile per il carattere che nascondeva.
Si voltò, tornando a guardare il giardino assolato.
"Hai lo sguardo di una persona che è stata amata, William. Sei uno che per amore saresti capace a fare di tutto. A rischiare tutto. E non solo per l'amore di una donna. Avresti veramente seguito tuo fratello in capo al mondo. Perché non sarebbe mai stato capace di farti del male."
Ed io avrei voluto proteggerti sempre, Kathie.
"Ed è per questo che adesso hai così paura, vero, William?" - domandò - "Hai paura di avere una nuova famiglia. Fai di tutto per tenerli fuori dal tuo mondo, da quando sei arrivato…"
"come te, del resto…"
L'aveva detto per nascondersi.
"No. Non come me." - Angel scosse la testa, con tristezza - "Non ho paura di legarmi. Ho paura che siano gli altri a legarsi a me. Sono pericoloso, William, lo sarò sempre più di te. E non ho mai avuto una famiglia, prima di adesso. Avevo solo Kathie, quando ero vivo, solo Kathie. Non una famiglia. Ma tu.. tu sai cosa si prova ad avere avuto dei genitori ed una casa da amare. Ed è per questo che non dovresti respingere queste persone. Credimi, è un'impresa disperata."
Aveva concluso scherzando, perché era più semplice. Perché non era certo di riuscire a trovare le parole giuste…
Spike lo fissò, inclinando la testa, con un mezzo sorriso. Poi aggrottò la fronte, con un'espressione perplessa.
"sul serio non sapevi cosa significava avere una famiglia?"
In un altro frangente sarebbe potuto sembrare petulante. O impertinente. Ma non aveva intento polemico. Era solo curioso.
Perché Angel, inconsapevolmente, era l'indiscusso collante sotto quel tetto.
Così ignaro delle sue capacità da poter scuotere la testa, prima di rispondere.
"Nemmeno un'idea di come poteva essere… credo sia stata Cordelia ad inculcarmi il concetto."
"Ha fatto un buon lavoro." - ribattè Spike dandogli una spallata amichevole. Un gesto che lo sorprese e lo fece sorridere. Era la prima volta che in quel contatto non c'era ironia o strafottenza.
"Hai ragione." - rispose, guardandolo - "Alla fine mi sono dovuto arrendere all'evidenza. Non sono riuscito a tenerla lontano. Né lei, né Wes."
"E poi sei divenuto il porto sicuro di Faith." - commentò Spike, riaccendendo nella sua occhiata una scintilla ironica - "Decisamente, ti porti a casa tutti i reietti che incontri."
Tacque.
Ma non a lungo.
"Incluso me." - aggiunse.
"Adesso ti definisci un reietto?" - lo punzecchiò - "William, tu mi sorprendi."
"Tu, Flagello, cominci a prendere gusto a sfottermi." - ribattè, scotendogli un dito sotto al naso - "E ciò è male! Molto male! Nessuno può prendere in giro il Sanguinario…"
"... senza pagare con la vita." - concluse laconicamente Angel, alzando lo sguardo al cielo - "L' hai ripetuto per dei decenni…. Non sei ancora stufo?"
"Ma sentitelo!" - sbraitò l'altro, alzando le braccia - "Sei una delle persone più noiose che io abbia mai conosciuto e ti lamenti di me? e, per di più, sei contagioso! mi hai rovinato! Stiamo qui a deprimerci con aneddoti vecchi di secoli al posto che dormire! Sei impossibile!"
Era partito.
Le lamentele piovvero copiose. Ed Angel non fece nulla per arginarle. Spike enumerò meticolosamente tutto ciò che c'era di piagnucoloso nel suo Sire. E lo fece per riprendere le distanze. Per non sentirsi troppo capito o troppo vicino a quel vampiro dagli occhi scuri che, per quanto taciturno, sapeva sempre dire la parola giusta.
Quello stesso vampiro bruno che adesso lo guardava senza ribattere e si lasciava sommergere dalle sue recriminazioni.
"ma vuoi dire qualcosa?" - esclamò, al limite dell'esasperazione.
Ma Angel non gli rispose nemmeno in quel caso. Inclinò un po' la testa, per cambiare l'angolazione da cui fissarlo. Imitandolo, con un bel sorriso.
Mentre Spike digrignava i denti.
"pensi anche di mordermi?" - domandò Angel, dando inizio al secondo tempo dello show.
Si sentiva bene. Si sentiva bene nel tormentare Angel, anche se fingeva di essere scocciato davanti alla sua accondiscendenza.
"Hai finito?" - lo provocò, Angel, a fine di una tirata particolarmente enfatica - "inizi a ripeterti…"
spike aprì la bocca, per ricominciare il monologo, mentre Angel, con aria rassegnata gli passava a fianco.
Ma le parole non gli uscirono mai dalle labbra. Angel si era chinato, per raccogliere da terra un oggetto dai baluginii metallici. Un oggetto che adesso educatamente gli porgeva.
Il portasigarette.
Spike lo guardò, in modo quasi ipnotico.
Prima di scuotere la testa.
"No. Tienilo." - mormorò, chinando il capo - "Lo so che non fumi ma… tienilo tu…."
Edward sarebbe contento di sapere che l'ho dato a te…
avrebbe voluto dirglielo.
Ma non ci riuscì.

Angel non disse nulla. Non ringraziò nemmeno. Sarebbe stato inappropriato.
Glielo leggeva in viso. Annuì, semplicemente, facendo scivolare la scatola in tasca.
Ed estraendo dalla stessa un piccolo oggetto, mentre rientravano in casa.
"A proposito, William… questo è per te." - disse, porgendogli un piccolo oggetto pendente, che il vampiro biondo fissò senza capire.
C'era una chiave. Ed un anello. Uniti da una semplice catenina.
Claddagh.
Inequivocabilmente.
Fissò Angel, senza capire. Poi i suoi occhi divennero due fessure sospettose, mentre le ipotesi, una peggiore dell'altra, gli passavano per la mente.
"Tu regali a me… un anello?"
La faccia di Angel gli avrebbe potuto far perdere dieci anni di vita. Ma in risate. I suoi occhi avevano raggiunto un diametro incredibile, diventando molto tondi e poco intelligenti. Obbligandolo ad uno sforzo enorme per replicare delle perfide allusioni del suo interlocutore.
"William. " - lo disse in un respiro, per sembrare tollerante al posto che sconvolto- "L'anello è un portachiavi. Ho pensato fosse giusto ne avessi uno, visto che ne sei vagamente ossessionato…"
Lo disse con leggerezza. Ma non era un segreto. Spike era legato a quell'anello d'argento. Più volte il suo inconscio l'aveva collegato ad un senso di sicurezza. Più volte, fino a quel pirotecnico esperimento di Doyle che per poco non era costato la vita ad Angel.
"E la chiave? Fammi indovinare…" aggiunse, enumerando sulle dita - "se il cuore è il bene che mi vuoi, la corona il rispetto che mi devi e le mani il tuo desiderio di strangolarmi… le chiavi che sono? "
"Un vero conoscitore della simbologia irlandese." - commentò Angel senza riuscire a trattenersi - "le chiavi sono un regalo che ti faccio e…"
"E cosa? Perché mi fai un regalo?" - era un tono sempre più allarmato e sospettoso. E già pronto a fare un altra domanda.
"Perchè…" - Angel lo zittì, interrompendolo - "non ero certo che tu mi dicessi la data del tuo compleanno. Ed anche se adesso la so e mancano sei mesi, non ho voglia di aspettare.
È un oggetto ingombrante che occupa troppo spazio in garage. Per cui fai che prenderlo. E calcolalo un regalo in anticipo."
Lo vide illuminarsi in viso, senza riuscire a controllarsi. La bocce gli si allargò in un sorriso enorme, mentre gli strappava l'oggetto di mano e si precipitava verso la porta. Angel lo seguì mentre Spike, senza neanche aspettarlo, scendeva i gradini e girava intorno alla macchina di Cordelia.
Ignorando per una volta la sua amata e caotica Desoto. Non aveva bisogno di sentirsi dire dove andare. Ed Angel lo vide frenare di fronte ad un oggetto informe, accuratamente coperto da un telone scuro.
Nero.
Come la moto nuova fiammante che nascondeva.
Spike quasi lo strappò, appallottolandolo e gettandolo in un angolo. Per poi restare a contemplarla, in stupefatto silenzio. Mentre Angel gli arrivava a fianco. Per beccarsi la canonica occhiata.
"Non vado spesso per negozi." - commentò incurante, con un'alzata di spalle - " Per cui, oggi, in concessionaria, ho pensato di mettermi avanti con il lavoro. Senza contare che così, tu terrai d'occhio faith ed io potrò rilassarmi."
Sarebbe potuto andare avanti a sfotterlo. Ma non c'era gusto. Perché Spike era semplicemente senza parole.
Si sarebbe potuto definire… inceppato.
Fissava la moto ed Angel, senza esprimersi, in assoluto, rigirando tra le dita le chiavi e l'anello. Giocherellandoci, meccanicamente. A metà strada tra l'imbarazzo e la riconoscenza.
Mai si sarebbe aspettato una cosa del genere.
Un regalo…
Si frugò in tasca ed estrasse l'accendino.
Lo strofinò tra le dita, per farlo brillare, vicino all'anello.
Senza un commento.
Con lo sguardo basso.
"Tra un attimo mi dirai che siamo di nuovo melensi?" - chiese Angel, ricordando la loro partenza da Sunnydale.
"Questa volta no." - replicò Spike, con un leggero movimento del capo. Prima di girarsi - "sono solo… sconvolto."
Avrebbe voluto dire molto felice. Ma non aveva parole che non gli bloccassero la gola.
Un regalo di compleanno.
Un vero regalo di compleanno. Non avevano importanza i sei mesi di anticipo, o di ritardo che fossero. Angel era tranquillamente uscito di casa e gli aveva comprato una moto.
Riusciva ad immaginarlo mentre, lentamente, come suo solito, camminava innanzi ad una interminabile fila di moto da corsa. Pensoso, fermandosi perplesso innanzi ad ognuna. Mentre Wes, probabilmente, intratteneva un commesso nervoso, in ritardo sull'orario di chiusura.
Eppure, a stento, riusciva a capire cosa gli fosse passato per la testa.
Si girò, cercando ancora disperatamente un modo per esprimersi. Un modo giusto per entrambi. Mentre Angel lo fissava in attesa.
Interrogativo.
Per un attimo aveva temuto di aver sbagliato tutto. Un certo imbarazzo, come se avesse esagerato. E si fosse reso conto troppo tardi dell'eccessività di quella moto.
Ma bastò quella singola occhiata di Spike, per dissipare ogni perplessità. Negli occhi di spike c'era la stessa sorpresa che aveva illuminato quelli di Faith. La stessa felicità incomprensibile. Lo stesso stupore…
No.
Non aveva esagerato.
Anzi.
Era adesso il momento di esagerare.
Allungò il braccio, fulmineo, prima che Spike potesse anche solo pensare di scostarsi. Gli passò il braccio intorno al collo e lo tirò verso di sé. Un gesto cameratesco. E sorprendentemente affettuoso. Uno strattone, per arrivare a scompigliargli i capelli gelatinati.
"Buon compleanno peste!" - mormorò, utilizzando il nomignolo che Cordelia gli aveva destinato.
A te, Spike.
A te che sei stato il mio peggior tormento ed il mio migliore antagonista.
A te, William, con i tuoi rimpianti e le verità che tieni solo per te stesso. Ai tuoi castelli di carta ed alla incredibile forza interiore che dimostri.
A te.
Nato uomo e divenuto guerriero.
A te, predatore con l'anima.
Sciolse l'abbraccio, prima di essere richiamato all'ordine. E si infilò le mani in tasca. "adesso lo dico io." - commentò, dondolando sui talloni - "stiamo diventando melensi."
Spike non si era ripreso ancora del tutto. Girò su se stesso, per vederlo meglio in faccia. E puntargli un dito contro. Anzi, la fantomatica chiave.
"TU!" - l'apostrofò - "tu sei melenso."
E per quanto cercasse non riuscì ugualmente a nascondere come fosse stato poco contrariato da quanto era successo. Soprattutto perché Angel gli sorrideva, così scanzonato da essere assolutamente irresistibile.
"Cosa dicevi sul fatto che ero contagioso?" - chiese, mentre la bocca continuava ad allargarsi senza riuscire a resistere all'ilarità che gli saliva dal cuore. E più rideva di quel disorientamento, più Spike non controllava il sorriso analogo che si stava dipingendo sul suo volto.
"Tu…" - ansimò, tra le risate, rimettendosi a posto i capelli con le mani, l'accendino e le chiavi - "Sei impossibile."
"Anche." - acconsentì magnanimamente il suo Sire.
Irriconoscibile, così allegro.
Cercando di ricomporsi, Spike gettò ancora un'occhiata alla sua rombante due ruote. Il serbatoio era pieno, sentiva ancora aleggiare il sentore di benzina dalla tanica appoggiata a fianco.
Attaccato al manubrio, c'era un casco integrale, nero, come il mezzo.
Fremeva dal desiderio di provarla. E sapeva anche che avrebbe dovuto aspettare.
Con un gesto rassegnato, fece scivolare l'anello in tasca, insieme all'accendino.
Sopra le loro teste c'era rumore di passi. I loro coinquilini stavano rientrando, con un passo stanco e allegro allo stesso tempo. Probabilmente, per una volta ancora, cuori di umani e demoni battevano all'unisono, nelle emozioni, dopo la gioia.
Per Spike era un segnale. Adesso, con il loro ritorno, si concludeva la giornata. Erano tutti al sicuro, tutti nei loro letti, o quasi.
E questo fu un altro pensiero che lo colse impreparato. Saperli in giro… e saperli al sicuro.
Con la pallida illusione di poterli proteggere dai pericoli.
Dannazione… aveva ragione Angel.
Era troppo tardi… non sarebbe più riuscito a tenerli fuori dal proprio cuore… nemmeno ribellandosi, con tutta la sua forza.
Anche se avrebbe continuato a provarci…
"Penso che, a questo punto, andrò a dormire…" - commentò, asciutto - "non vorrei che dopo un anello, un regalo ed un abbraccio decidessi pure di baciarmi…"

C'era di nuovo il silenzio. I passi di Spike, allontanandosi, si erano mischiati a quelli degli altri. Ed Angel, desideroso di un po' di oscura tranquillità, non l'aveva seguito.
Il garage era fresco, pungente di odori forti… vernice, benzina, cuoio. Era un impatto duro, con una realtà meno vivida ma forte.
Angel inalò più a fondo quegli aromi… benzina… l'aveva sempre associato a suo desiderio di fuga, a quell'isterico saltare in macchina e scappare, ogni qualvolta si profilava all'orizzonte un umano desideroso di strane compagnie.
Sessant'anni per le strade d'America… ne sapeva qualcosa di asfalto e liberazione…
ricordava le corse isteriche verso un riparo, senza arrendersi all'idea che la luce del sole, annientandolo, avrebbe posto fine ai suoi rimorsi. Ed ai suoi ricordi.
Le strade, da percorrere. Aveva fatto della sua vita la metafora della sua ricerca.
Attenendo, inconsapevolmente, che giungesse il momento della sua missione. Più di ottant'anni di vagabondaggio. Fino a cadere, in un vicolo, davanti ad un demone che gli parlava in irlandese, per essere certo di arrivare dritto al suo cuore. Perché solo il cuore, e non la mente, poteva condurlo su una giusta strada.
Ed ora? Ora era finalmente fermo. Ora aveva una casa. Aveva armadi pieni di oggetti, nuovi ricordi e persone che cercavano disperatamente di conoscerlo.
Ed aveva ancora segreti, paure nascoste e tormento.
Ma era tutto più dolce. Ed in certi momenti più facile da sopportare.
Rimase in piedi, a guardare la moto ancora per un attimo, prima di decidersi a ricoprirla, meticolosamente.
Adesso aveva Cordelia. Una buona amica ed una perfetta confidente.
E Faith. La sua bambina. La sua adorata Faith. Un'altra cacciatrice che nella sua vita sembrava significare troppo.
Wes e Doyle… se Lorne li chiamava i tre moschettieri, un motivo doveva anche esserci, si rammentò.
Ed infine… inaspettato e sorprendente, Spike. Giunto nella sua vita prima di tutti gli altri, sparito e ricomparso così tante volte da non contarsi nemmeno.
Capacissimo di capirlo e non farsi affatto capire. Una sorpresa dietro l'altra, per il piacere di vederli tutti strabuzzare gli occhi.
Forse tra loro due, alla fine, l'uomo del mistero non era propriamente Angel… e questa era un'evenienza che faceva veramente ridere.
Per non parlare, del resto, della necessità che aveva fatto di Angel un maestro. Angel, sempre a caccia di risposte e, di necessità, così pronto a darne di efficaci.
Finì di modellare il lenzuolo sopra al manubrio. Era stranamente affascinante, il disegno delle pieghe della tela, lungo il serbatoio, sopra al sellino.
Angel si chinò e raccolse la tanica della benzina, con aria vagamente colpevole. Quella moto aveva una buona ripresa. Ed avere il serbatoio pieno era stata una tentazione veramente irresistibile, anche per lui. Non gli era dispiaciuto per niente provarla, mentre Faith e Spike erano di ronda… un giro veloce, sul raccordo anulare, per sentir fremere il motore.
Rigorosamente senza casco.
Tutto il peggio.
Cancellando meticolosamente le prove, prima di lasciare le chiavi a Spike.
E cercando, a tutti i costi, di mettersi al riparo da qualsiasi tormentosa sfilza di domande impertinenti.
Domande da cui cercava di sfuggire almeno da un secolo e mezzo.
Si voltò, e risalì i gradini. Adesso aveva la certezza di non incontrare nessuno di loro. Ed era giusto così.
Infilò una mano in tasca, distrattamente. Incontrando subito la ruvidezza dell'argento intarsiato. Lo rigirò tra le mani, come aveva visto fare da Spike. I suoi sensi di vampiro gli permettevano di notare l'iridescenza dell'incisione, i tralci delicatissimi che si incrociavano e si univano su entrambe le facce.
Spike doveva aver dimenticato alcune sigarette al suo interno. Le si sentiva scivolare, nel muovere la scatola. Ed Angel la aprì, per accertarsene.
Quattro sigarette, dietro la staffa che le teneva bloccate. Ed una di traverso, nello spazio lasciato vuoto da quelle consumate nel corso della serata.
E dietro di essa, visibile solo in parte, un'altra incisione.
Un' incisione pienamente in stile con gli intarsi del coperchio.
Angel mosse la scatola, per incontrare un raggio di luce filtrante dalla finestra.
1857…
se suoi calcoli non erano sbagliati, William, a quei tempi, doveva avere circa vent'anni.
Angel ebbe una fuggevole visione di lui, una visione resa distorta dalle considerazioni di Angelus che la impregnavano. Biondo, sbarbato e, dall'espressione avida di Drusilla, tanto gentile da essere innocente.
Quale sbaglio madornale di classificazione… alla fine Spike era stato, probabilmente, una delle peggiori sconfitte di Angelus.
E una delle più grandi vittorie di Angel.
Di Angel, in piedi, inebetito a fissare l'incisione.
Con il cuore irregolare.
Con le parole di Spike ancora nelle orecchie. Quel tono di voce che non riusciva ad essere incurante con cui si era espresso. Con mille parole non dette.

"Tienilo. Lo so che non fumi ma… tienilo tu…."

E gli occhi pieni di quelle scritta.
"A mio fratello. Per la strada che percorreremo assieme. William"

Le stelle erano andate a dormire.
Ed il sole si stava alzando.
Non c'era più nessuno nell'Hyperion. Ovunque fossero, avevano lasciato un po' di loro, in quel salone.
E Faith, sdraiata su uno dei divani, giocherellando in punta di dita, perdeva il suo sguardo nel lampadario.
Angel aveva spento tutte le luci. E tutte le candele.
Solo il grande lampadario, il lampadario dei sogni, splendeva ancora.
Riflettendosi nei suoi occhi. E sul suo viso.
Si sentiva bella.
Si sentiva perfetta.
Sotto quella luce dorata, si sentiva come la bella Ofelia del quadro. Quel quadro che Wes amava tanto.
Ofelia, nell'increspatura dell'acqua, incoronata di fiori.
E d'amore.
Ofelia, resa folle dall'amore e dalla morte.
Un po' come le cacciatrici…
Sorrise di quell'analogia. Ne avrebbe parlato a Wes, magari.
Magari domani, per portare dentro ancora un po' di quella magia.
La magia…
Lentamente gli occhi si chiudevano. Avrebbe fatto di tutto per restare sveglia, pensò, mentre un cuscino scivolava già a terra. Vicino ai sandali, un po' sciupati da quei balli e da quella gioia.
Vicino alla borsetta, dimenticata lì da tempo.
Sulla poltrona c'era il regalo di Lorne. E faith, tendendo una mano, l'afferrò, per avvolgersi, sorridendo per il leggero solletichio delle frange.
Sentendo un po' di calore.
Un po' di calore e la voce di Lorne che si levava pura, cantando ancora per lei.
Le aveva promesso un'altra canzone se fosse andata a vederlo cantare.
Una canzone, ogni volta che varcava la porta del locale.
Avrebbe mantenuto quella promessa, su questo non c'era dubbio. Avrebbe cantato per lei una splendide parole liquide, fuse dentro la musica…
Faith si strinse un po' di più tra le braccia e chiuse gli occhi, senza riuscire a lasciare fuori la luce calda che ancora brillava.
Un lampadario di cristallo…
Forse l'aveva visto in un film, da piccola. In uno di quei cinema squallidi e grigi di periferia in cui sgattaiolava da piccola, per perdersi, ora dopo ora. Anche il pop corn sapeva di irrealtà, in un posto come quello.
Ed ora… ora qualcuno aveva creato un sogno per lei. Un sogno, un grande salone ed un valzer.
Sembravano cose così semplici, ora che le elencava… eppure la mente le si riempiva di musica e profumi. E amore, speranza, vita.
Tutto questo era il suo regalo di compleanno. La speranza. Sperare in un sogno che si esaudisce… in un desiderio soffiato per spegnere le tremolanti e incerte fiammelle, allineate su un dolce.
Non ricordava di aver mai sperato tanto nel domani…
E nel tempo che scorre, portando via tutto, prima o poi. Vita, morte, abbracciati e nel vento sospesi in volo…
Vita, morte…
Amore…
Quant'altro ancora, se non umane emozioni?
Gli occhi… erano pesanti. Tra poco avrebbe ceduto, addormentandosi. Lo sapeva, e non aveva più motivo per contrastare la stanchezza.
I sogni vissuti avrebbero reso pulito e tranquillo il suo sonno. Le sarebbe stato amico. Sarebbe stato seta sulla sua pelle.
Strano…
Non ci aveva mai badato…
Anche il silenzio è valzer…